La rivolta di Moser: «A chi piace il ciclismo senza scontri?»

31.03.2024
7 min
Salva

Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?

Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.

Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…

Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.

Hai usato il verbo “schivare”.

Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.

Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…

Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.

Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?

Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.

Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.

Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…

In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppa del mondo e funzionava molto bene…

Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.

La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioni
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!

Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.

Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?

Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.

Oggi freschezza e prima sfinimento?

In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.

La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testa
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?

Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.

Chi vince il Fiandre?

Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!

Intanto Zana incamera chilometri pensando al Giro e non solo

26.03.2024
5 min
Salva

Con il 19° posto alla Tirreno-Adriatico, l’ex campione italiano Filippo Zana ha chiuso la prima porzione stagionale. Chi guarda solamente ai numeri potrebbe dire che squilli non si sono sentiti, eppure dei segnali ci sono stati, soprattutto in ottica Giro d’Italia che è il suo vero obiettivo stagionale. Zana ha assommato 14 giorni di gara, appena uno in meno rispetto alla passata stagione, quando la miglior forma era ancora di là dall’arrivare.

Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno-Adriatico, senza particolari squilli, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard
Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard

Lo stesso si può dire stia succedendo quest’anno, ma Filippo sente che qualcosa è cambiato: «Per me è stato un buon inizio. Qualche gara è cambiata, ad esempio ho saltato le prime classiche francesi e il Catalogna partecipando invece alla Tirreno-Adriatico e il 19° posto finale dice che sono sulla strada giusta perché la corsa a tappe italiana era davvero ben frequentata e con corridori già molto avanti nella condizione, molto più di me. Nel complesso posso dire di stare meglio rispetto allo scorso anno e questo mi rende ottimista».

Sei solito partire abbastanza tranquillo, quasi col freno a mano tirato. E’ parte di un tuo modo di essere, di una tua assuefazione maggiore ai mesi caldi?

Probabilmente è così, la mia condizione cresce proporzionalmente all’aumento dei gradi che percepiamo. A inizio anno non vado mai molto forte, vedremo come saranno le cose con il prosieguo della stagione, ma so che queste gare sono fondamentali proprio per quello, infatti non guardo molto i risultati.

Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Dopo il Giro dello scorso anno con la vittoria di tappa e il vederti protagonista anche nei tapponi alpini, molti preventivavano per te un Giro da caccia alla classifica. Sarà così?

No, non parto per la corsa rosa con questo obiettivo dichiarato. Io punterò a qualche tappa, lavorando per Eddie Dunbar che sicuramente può far bene ed è ben attrezzato per cercare un piazzamento di prestigio. Se poi la corsa si metterà in un certo modo vedremo come gestirla, ma io andrò soprattutto a caccia di occasioni e per farlo la forma dovrà essere quella giusta.

Ha colpito la tua prestazione alla Strade Bianche, quel 9° posto finale è stato finora il tuo squillo maggiore. Te lo aspettavi?

La Strade Bianche mi piace moltissimo, probabilmente in quella gara riesco a esprimere le mie radici che vengono dal ciclocross. Mi piace molto e mi esalta correre su quel tracciato così diverso dal solito, infatti riesco sempre a ottenere buoni risultati, pur non essendo al massimo della forma.

La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
Cominci a capire che tipo di corridore sei e quindi in quali gare riesci maggiormente a emergere?

Credo che la mia dimensione ideale sia quella delle corse a tappe brevi, quelle fino a 5-6 giorni dove posso puntare anche alla classifica. D’altronde un elemento che vedo è in crescita è la resistenza, anche al Giro d’Italia nella terza settimana stavo bene, avevo recuperato dagli sforzi e tenevo anche i più forti, ma da questo a puntare alla classifica finale ce ne corre, perché in quel caso non puoi avere defaillance e questo non è semplice. Io comunque per indole guardo a qualsiasi gara come a un’occasione per me.

Questo è il tuo secondo anno alla Jayco AlUla, come ti stai trovando?

Con loro mi sono trovato bene da subito, in questa squadra ho i miei spazi, credono in me e nelle mie possibilità e soprattutto mi stanno dando il tempo per maturare, alzando ogni anno l’asticella di un po’. E proprio questa situazione mi sta dando quella tranquillità necessaria per concentrarmi sui miei obiettivi.

L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
A fine marzo comunque 14 giorni di gara non sono molti se confrontati con altri che ambiscono alla corsa rosa…

E’ una scelta che reputo giusta per arrivare il più fresco possibile all’obiettivo, ma se guardate bene anche altri che puntano al Giro, a prescindere dalle finalità, stanno facendo lo stesso. Ad esempio lo stesso Pogacar ha ridotto di molto i suoi impegni. Se vuoi essere competitivo per tutte e tre le settimane devi programmarle per tempo e risparmiare le energie perché ho imparato che il Giro consuma molto. La mia stagione poi non si fermerà certo alla corsa rosa…

A tal proposito, pensi di riprovare con la Vuelta? Lo scorso anno la tua esperienza spagnola è durata poco…

Sicuramente ho una grande voglia di riprovarci. Nel 2023 ero partito con le migliori intenzioni, ma tutta la preparazione è stata buttata via per colpa della caduta e della conseguente frattura della clavicola. La Vuelta per me è ancora da scoprire, uno stimolo molto forte al quale però penserò quando sarà il momento.

Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Prima di quella ci sono però le Olimpiadi. E’ vero che di posti a disposizione ce ne sono appena tre, pensi di poter comunque rientrare nella rosa se avrai prestazioni all’altezza al Giro e al campionato italiano?

Credo che il percorso per la sua conformazione sia più adatto a un altro genere di corridore, ma per ora voglio pensare al Giro. Se si paleserà la possibilità di guadagnarmi un posto mi farò comunque trovare pronto, questo è sicuro. La logica dice che non ho grandi speranze, ma in fondo un pensierino c’è…

Enervit (“complice” Suntimes) presenta il nuovo spot televisivo

11.03.2024
3 min
Salva

In occasione della recente Strade Bianche – quale migliore coincidenza, verrebbe voglia di dire… – Enervit è tornata in televisione con un proprio originale spot per raccontare Tadej Pogacar, e i suoi successi, con il “behind performance” del talento sloveno. E a firmare questa coinvolgente campagna di comunicazione ha pensato ancora SUNTIMES, l’agenzia strategico-creativa milanese, ma dal cuore spezzino, legata ad Enervit già dal 2022.

Il nuovo spot Enervit, pensato da Suntimes e girato in Spagna a dicembre, parte dai successi a dir poco “stellari” centrati da Pogacar in passato, per poi svelarne i retroscena. Su tutti, l’attenzione minuziosa e costante ad ogni singolo e più piccolo dettaglio per arrivare nelle migliori condizioni in quei momenti decisivi che possono portare alla vittoria.

Una vera e propria narrazione ritmata e incalzante dei “Momenti per cui vivo” del corridore fenomeno del UAE Team Emirates. Lo spot, come già anticipato andato in onda per la prima volta sabato 2 marzo durante le Strade Bianche, sarà “on air” nei prossimi mesi con un’importante pianificazione sia su Eurosport che sui canali RAI. La stessa campagna vivrà contemporaneamente anche su digital e su social.

Con questa grafica, Enervit ha celebrato la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche sui suoi social

Uno spot coinvolgente

«Siamo molto soddisfatti di aver girato, con un Ambassador come Pogacar, questo spot che in pochi secondi racconta ed emoziona – ha dichiarato Paolo Calabresi, il Direttore Marketing Sport & Fitness di Enervit – uno spot in grado di mostrare alcuni momenti intimi e intensi che sono dietro alle quinte della performance e delle vittorie di un campione davvero unico. In questi anni abbiamo instaurato un rapporto proficuo con tutto lo staff del Team UAE e con Pogacar stesso, per mettere a punto prodotti altamente innovativi che soddisfino appieno le esigenze del ciclismo moderno. Da questa collaborazione è difatti nata la nuova linea Enervit C2:1PRO».

«Siamo estremamente felici del percorso che stiamo facendo con la Divisione Sport di Enervit – ha ribattuto Francesco Pelosi, founder di Suntimes – perché la nostra è una partnership di assoluto valore che ci consente di sostenere la leadership di Enervit. E questo spot ne è in qualche modo la conferma. Durante il 2023, Tadej Pogacar ha fatto qualcosa di incredibile e da subito abbiamo pensato a come interpretare e valorizzare questo atleta. Abbiamo girato in tempi davvero… sfidanti, sulle strade spagnole attorno a Benidorm, in dicembre, ma grazie all’expertise verticale del nostro team sport siamo riusciti a costruire uno spot ingaggiante  e molto coinvolgente».

Enervit

EDITORIALE / Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar

04.03.2024
5 min
Salva

La bellezza di uno sguardo. Sono le 14,34, chilometro 134 di corsa, quando Pogacar si ritrova in testa nella seconda parte di Monte Sante Marie. Si volta e forse per un secondo il dubbio balena nei pensieri. Poi incrocia lo sguardo di Wellens, vede che dietro sono tutti in dolorosa fila indiana e i dubbi spariscono. E’ il momento dell’attacco, con il coraggio che si richiede a un leader che sia davvero tale. Si alza. Dieci pedalate e dietro si fa il buco.

La cavalcata dello sloveno verso la seconda Strade Bianche della carriera inizia così, con 81 chilometri davanti e la sensazione di averla fatta davvero grossa. Incontrerà nuovamente Wellens e il suo sguardo sei minuti dopo aver vinto. Nell’attesa (speriamo breve) che il ciclismo italiano trovi un Sinner, un Tomba, un Pantani o un nuovo Nibali, questo sloveno è un capitale da tenersi stretto.

Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?
Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?

Dove sono i fenomeni?

Qualcuno ha detto che gli è riuscita facile, non avendo fra i piedi rivali del suo livello: quelli che ugualmente piegò lo scorso anno al Giro delle Fiandre. Tuttavia, nel rigettare l’obiezione, cogliamo l’osservazione per andare oltre. Dove sono finiti i fenomeni?

Tempo fa, parlando con Bartoli dell’esuberanza di Van der Poel e Van Aert, giungemmo alla conclusione che prima o poi avrebbero dovuto darsi una regolata: il momento è arrivato. In realtà qualcosa ha iniziato a cambiare dallo scorso anno, quando proprio Van der Poel selezionò tre obiettivi – Sanremo, Roubaix e mondiale – e ad essi sacrificò il resto. Scordatevi il VdP della Strade Bianche e degli attacchi alla Tirreno. Mathieu usò la corsa dei Due Mari per prepararsi alla Classicissima, tirando le volate a Philipsen. Vinse la Sanremo e si portò avanti la condizione fino alle classiche: secondo ad Harelbeke e al Fiandre, primo a Roubaix. Anche il Tour diventò banco di prova per il mondiale: nessuna rincorsa alla maglia gialla o risultati parziali, ancora volate da tirare e alla fine ebbe ragione lui. A Glasgow si pappò la concorrenza con una superiorità imbarazzante.

Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?
Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?

Van Aert in crisi

Bettini l’ha detto chiaro e a ragion veduta, pur attirandosi i commenti degli altrui tifosi: Van Aert è sempre protagonista, ma cosa ha vinto? E Wout ha iniziato a far di conto, ritrovandosi nei panni di quelli che dal 1999 al 2005 sognarono di vincere il Tour. Bisognava specializzarsi, altrimenti contro Armstrong tanto valeva non andarci. Lasciamo stare il motivo di tanta superiorità, quel che scattò a livello psicologico nei rivali e nei loro tecnici somiglia molto a quanto sta mettendo in atto Van Aert.

Il Fiandre e la Roubaix sono un’ossessione, Van der Poel è il suo demone e per batterlo il belga ha cancellato tutto. Niente più corse dal 25 febbraio al 22 marzo: un mese in cui lavorare in altura per sfidare il rivale di sempre. Ha rinunciato alla Strade Bianche e alla Sanremo dicendo di averle già vinte: punterà tutto sui due Monumenti del Nord, poi verrà al Giro, ma con quali obiettivi? A Van Aert piace vincere, si butta dentro e si afferma anche non essendo al top, come a Kuurne. Ha scelto lui il nuovo programma oppure qualcuno lo ha scritto per lui?

Anche altri hanno evitato la sfida della Strade Bianche. E se “paperino” Pidcock è sempre lì che lotta e come nel cross alla fine gli tocca accontentarsi delle briciole, la scelta di puntare sulla Parigi-Nizza ha fatto sì che a Siena mancassero Bernal, Evenepoel, Roglic e lo stesso Moscon. Mentre Vingegaard, atteso alla Tirreno-Adriatico, ha preferito lasciare spazio alle riserve della Visma-Lease a Bike, che non sono state all’altezza dei capitani. Il campione europeo Laporte è arrivato oltre i sei minuti e gli altri ancora più indietro.

Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)
Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)

Benedetto sia Pogacar

In tutto questo programmare, necessario per raggiungere gli obiettivi e avere una carriera più lunga, Pogacar resta un’eccezione. E’ vero che non prenderà parte alla Tirreno e non è alla Parigi-Nizza, ma lo vedremo alla Sanremo, alla Liegi, al Giro, al Tour, alle Olimpiadi e ai mondiali, con mezza porticina sulla Vuelta che non si chiude perché non c’è necessità di farlo ora. La differenza rispetto a Van der Poel, è che Pogacar lotterà per vincere in ciascuna di queste corse, unico esempio di uomo da grandi Giri che vince anche le classiche, in attesa che Evenepoel individui la sua strada.

Pogacar piace perché preferisce allenarsi piuttosto che correre in modo deludente, ma quando corre lascia il segno. Al netto delle grandi vittorie e delle sconfitte che probabilmente si troverà a vivere, il vero fenomeno è lui. Gli altri sono grandi atleti, grandissimi atleti, con motori impressionanti, ma con qualche deficit a livello di empatia.

L’anno del Covid ha falsato il contesto, perché ha permesso a pochi di essere in forma nelle pochissime gare disputate. Ora che i calendari sono nuovamente pieni, anche i fenomeni degli anni scorsi hanno capito di non poter fare tutto. Solo Pogacar continua a tenere l’asticella molto in alto. Che sia per talento, incoscienza o per il piacere di correre in bici, noi ce lo teniamo stretto. Non sarà italiano e probabilmente anche al Giro non incontrerà avversari del suo livello, ma da che mondo è mondo, la colpa è degli assenti. Chi vince ha sempre ragione.

Francesco Busatto, debutto tra i giganti senza paura

04.03.2024
5 min
Salva

SIENA – Sotto al fango si nasconde un sorriso profondo sul volto di Francesco Busatto. Il ragazzino della Intermarché-Wanty all’improvviso si è ritrovato tra i giganti. In una corsa storica già di suo ed esaltata dall’impresa di Tadej Pogacar, c’è anche lui… al debutto nel WorldTour.

Il campione italiano under 23 e re della Liegi 2023, firma autografi e racconta non senza stupore. «Era già tanto stare lì, ritrovarmi con i più forti poi… Non pensavo neanche io ad un debutto così. Sono contento. La Strade Bianche è la mia gara preferita. Ero felicissimo di essere  davanti, poi quando ero lì la motivazione è aumentata».

Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT
Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT

La sua corsa

Regna stupore dunque in Busatto. Ed è normale. Ha tagliato il traguardo tra Healy e Wellens. Madouas e Bardet. Il veneto è passato quest’anno nelle file della prima squadra. Prima faceva parte della devo belga. Ha affrontato un buon inverno. «Un inverno con più chilometri, più intensità perché con certe corse non si scherza. E la differenza l’ho avvertita. Ma anche prima delle corse perché un anno in più si è fatto sentire».

E infatti la sua stagione è iniziata benone. Il quinto posto alla Muscat Classic diceva di un ragazzo che aveva lavorato bene. E che sa correre. Anche lo scorso anno, quando Francesco ci ha raccontato del tricolore, aveva ragionato con grande lucidità, nonostante l’acido lattico che offusca i pensieri. Anche questa è una delle doti di un campione.

«Ho cercato di stare davanti – spiega Busatto in Piazza del Campo – per risparmiare più energie possibili, evitare buchi e cadute. Non ero in grado di seguire gli uomini migliori, ma di tenere duro e cercare di portare il miglior risultato possibile. Però sono fiducioso, per le prossime corse e per i prossimi anni.

«Sul Monte Sante Marie quando ho visto che ero rimasto davanti con 20-25 corridori mi sono detto: Cavolo, qui si può far bene veramente. Mentre ho sofferto parecchio sul Colle Pinzuto. Lì, mi sono staccato dai primi dieci. A quel punto ho continuato a cercare di fare del mio meglio. Ma negli ultimo 30 chilometri è stata una lotta con i crampi».

Non solo, Busatto racconta di un “piccolo” rimpianto. Nel settore prima di Sante Marie ha forato. «In pratica sono rimasto dietro. Eravamo rimasti uno per uno. Mi sono ritrovato con Bardet, Huiguita… per rientrare. Devo ringraziare Colleoni che mi ha dato un bella mano. Solo che per tornare in gruppo ci ho messo 20 chilometri e ho speso davvero tanto. Magari si poteva entrare nei primi dieci».

La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire
La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire

Testa da campione

All’arrivo la classifica dice : 14° a 6’26” da Pogacar: lui, Lenny Martinez e Romain Gregoire sono stati i più giovani a concludere la Strade Bianche. Certo, quel gap può fare spavento, ma se poi vedi gli altri ti puoi consolare. Tuttavia chi mira a vincere però guarda la testa della corsa.

«Almeno per il momento – dice Busatto – Pogacar è irraggiungibile. Io cerco di lavorare il meglio possibile e vedremo di ridurre questo gap. Cosa mi insegna la Strade Bianche? Che devi crederci sempre, fino alla fine. La questione è tutta lì. Tutti alla fine siamo cotti e diventa solo una questione di testa. Chi ci crede di più porta a casa il risultato migliore. E poi mi dà un po’ di maturazione in più».

Tra l’altro mentre parla sembra recuperare meglio di tanti altri intorno. C’è chi si accascia sulla bici. Chi addirittura si getta a terra e ha bisogno di assistenza, come Healy. Sarà la felicità, ma Busatto è palesemente il più fresco di coloro che ci sono attorno.

Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)
Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)

Sopralluogo in solitudine 

Prima Francesco ha parlato della Strade Bianche come la sua corsa preferita. Ci teneva molto a questo suo debutto nel WT. Sentite cosa ha combinato.

«Due settimane fa – prosegue Francesco – sono venuto qui da solo. Ho provato gli ultimi 120 chilometri proprio perché ci tenevo molto. Devo dire che in allenamento con velocità più basse gli strappi mi sembravano più duri. Per assurdo in corsa è stata più facile! La squadra me l’aveva messa in calendario. Ma se non lo avesse fatto, avrei alzato la mano e credo non ci sarebbero stati problemi perché sono flessibili e credono molto in me.

«Avere vicino due corridori come Rota e Petilli è stato un bell’aiuto, mi hanno dato consigli. Petilli è un gran limatore. Non si tratta solo di prendere i settori davanti, ma di fare le linee giuste, stare riparati e comunque navigare nelle prime posizioni. Certe volte meglio spendere un po’ prima ma stare davanti, che poi spendere dopo per recuperare.

«E anche aver potuto vedere da dentro Rui Costa l’anno scorso (l’ex iridato fu quarto, ndr) mi ha consentito di imparare molto. Vedevo come correva. Tutti loro per me sono stati fondamentali. In più d’inverno esco spesso in mtb e forse sullo sterrato mi sono trovato bene anche per quello. Mi diverte guidarci».

Ancora una volta Francesco colpisce per la sua lucidità. La sua voglia d’imparare. Guardate che non è banale quella frase su Rui Costa. Dice di un ragazzo attento, che studia, incamera, riflette.

A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)
A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)

Sognando il Fiandre

Da domani lo vedremo alla Tirreno-Adriatico. Poi dovrebbe tirare un po’ il fiato. Niente Giro d’Italia dunque, dove è inserito come riserva. Ma un talento così, consentiteci di dire, va gettato nella mischia. Anche perché i tempi sono quelli che sono e i giovani li vediamo cosa combinano. E Busatto ci sembra più pronto di tanti altri.

«Mi piacerebbe fare il Giro – saluta – c’è anche una tappa vicino casa, quella del Monte Grappa e avrei tanto tifo. Comunque ci sono tante corse belle. Penso al Giro di Svizzera, che potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche. Un sogno è quello di correre da qui a breve il Giro delle Fiandre».

Nonostante Lefevere e la iella, Alaphilippe ci crede ancora

04.03.2024
5 min
Salva

Alaphilippe è caduto anche alla Strade Bianche, dopo identico destino alla Omloop Het Nieuwsblad. Alle coincidenze della corsa di sabato si aggiunge il fatto che il francese cadde anche nel 2022 per una violenta folata di vento, proprio mentre Pogacar spiccava il volo. Difficile dire se Julian cada così spesso per sfortuna, per via dell’età o perché poco concentrato. Di sicuro, la situazione in squadra non è per lui delle più idilliache. La pressione esercitata da Lefevere non accenna a diminuire e questo non contribuisce a costruire il giusto scenario attorno al due volte campione del mondo.

Come ha scritto di recente L’Equipe, Lefevere è prima di tutto un contabile e mal digerisce il dover pagare troppo un corridore, soprattutto se non vince. Per intenderci, lasciò andare Philippe Gilbert nonostante avesse appena vinto Fiandre e Roubaix, ritenendolo alla fine del viaggio. Nonostante l’agente di Alaphilippe neghi la presenza di Marion Rousse alla firma dell’ultimo contratto, il manager belga lo ha inserito fra i motivi di fastidio. Al pari del fatto che nessun compagno vorrebbe più dividere la stanza col francese per lo squillare ininterrotto del telefono a tutte le ore. Vero o falso che sia, il clima non è disteso. E quando guidi al limite su strade impegnative con bici che non perdonano errori, basta un battito di ciglia fuori posto per perdere il controllo.

Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)
Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)

La voglia c’è

Eppure Alaphilippe ci crede. I 31 anni e le 618 corse disputate da professionista sono un bel fardello, soprattutto per il modo di correre esplosivo e sbarazzino che si infrange sempre più spesso sulle identiche abitudini di corridori più potenti come Van der Poel e i suoi… fratelli. E mentre la Total Energies gli spalanca le porte, il francese fa la sua professione di fiducia, ammettendo qualche errore nelle ultime due stagioni.

«La voglia c’era ancora – dice – ma il fisico non sempre l’ha assecondata. Così un po’ per disperazione, tendevo a distruggermi sapendo che non avrei potuto vincere. Ora sento che posso tornare al mio miglior livello e sto facendo tutto il possibile. Già alla fine della scorsa stagione sentivo che sarei potuto essere di nuovo me stesso. Quindi, ho deciso di fare semplicemente quello che so fare dopo una bella pausa. Non ho fatto niente di pazzesco durante l’inverno, niente allenamenti lunghissimi o intensità pazzesche, ho solo gettato le basi per la mia condizione».

Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico
Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico

L’arrivo di Remco

La coincidenza dell’esplosione di Evenepoel non può passare inosservata. Avere in casa il giovane portento, per giunta belga, ha fatto sì che la squadra abbia spostato tutte le attenzioni su di lui. Ed è un fatto che difficilmente i programmi dei due coincidano, salvo quando a Julian viene chiesto di aiutarlo.

«Remco e io – dice Alaphilippe – non abbiamo mai avuto problemi o gelosie. L’ho visto arrivare in squadra, progredire e farsi strada. Ha realizzato cose incredibili e sono super felice per lui. E’ stato un enorme piacere aiutarlo alla Vuelta 2022 e sono stato sinceramente felice per lui quando è diventato campione del mondo in Australia. E’ capitato anche a lui di correre per me, ad esempio in una tappa del Giro dei Paesi Baschi. Avrebbe potuto vincere, invece mi ha tirato lo sprint e questo ha dato più valore alla mia vittoria. Abbiamo sempre sentito una forma di rispetto reciproco. Ha visto che negli ultimi due anni non sono stato al livello di prima, ma questo non lo ha reso diverso nei miei confronti». 

Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)
Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)

La scelta del Giro

Intanto però Remco punta alla Liegi (che ha vinto per due volte) mentre Alaphilippe va a fare il Fiandre: lui che una Liegi la buttò in modo… blasfemo nel 2020. Remco va al Tour e Alaphilippe passa al Giro

«Il fatto di correre in Italia – dice – è una decisione venuta da me e approvata dal team. Ho sempre detto che non avrei voluto chiudere la mia carriera senza aver corso il Giro almeno per una volta. Dato che il mio obiettivo primario per quest’anno è tornare al miglior livello e presentarmi al 100 per cento al Fiandre, è bene per la mia testa sapere che porterò poi la condizione fino al Giro e per una volta non avrò la pressione del Tour. Dopo due stagioni così difficili, è bello avere un nuovo obiettivo. Da quello che ho visto in televisione, il Giro è una delle gare più dure del calendario. E’ molto più probabile trovare pioggia e freddo che al Tour, ma ora non vedo l’ora di scoprirlo. Sogno di vincere una tappa, ma non ho ancora guardato nulla. So solo che sono 21 tappe e saranno tutte molto dure».

Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)
Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)

La famiglia al centro

Del resto preferisce non parlare, quantomeno si guarda bene dal trascinare la sua famiglia in disquisizioni inutili. Come ha ben detto Saronni, un manager può avere qualcosa da dire a un suo atleta, ma fa meglio a dirlo in privato e senza coinvolgere pubblicamente la sua famiglia.

«Adoro passare del tempo con mio figlio – dice Julian in una lunga intervista a L’Equipe – adoro il suo atteggiamento spensierato e sto imparando da papà a stare calmo, a preoccuparmi per lui, affinché non soffra. La famiglia è importante, mi sarebbe piaciuto che mio padre lo conoscesse. Nei momenti brutti, quando le cose non vanno bene, ho accanto Marion. Lei sa che ci vuole tempo e forse riesce a fare un passo indietro più facilmente grazie alla sua esperienza ciclistica. Tutte le mogli dei corridori conoscono la durezza del lavoro, dei sacrifici, dei viaggi, delle assenze. Non è mai cattiva e fa molto bene il suo lavoro di opinionista televisiva. Mi piace il suo modo di lavorare e mi piace ancora di più vederla divertirsi in quello che fa. E’ sempre più coinvolta nel ciclismo femminile, è fantastico per lei e il suo coinvolgimento è fantastico per le altre ragazze».

Altro da dire non c’è. Non resta che iniziare la Tirreno-Adriatico in cui ha già vinto tre tappe nel 2019 e nel 2021 e sperare che tutto fili in modo regolare. Che Lefevere lo lasci un po’ in pace. E che la fortuna giri finalmente dalla parte giusta.

Alle spalle di Tadej, stremati tra fatica e stupore

02.03.2024
4 min
Salva

Se qualcuno, vedendolo attaccare, ha pensato che Pogacar stesse scherzando, può riporre la bici nel camion e cambiare lavoro. Il problema semmai è che tutti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, come quando in salita partiva Pantani ed era meglio non provarci nemmeno. Quando Tadej s’è alzato in piedi e ha dato le dieci pedalate in più che l’hanno staccato dal gruppo di testa, nessuno ha avuto il coraggio di seguirlo. Ne serve tanto per andare all’attacco a 81 chilometri dall’arrivo.

Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima dietro l’attacco di Tadej
Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima

Il rimpianto di Pidcock

Pidcock è arrivato a Siena da vincitore uscente e con una condizione accettabile. L’ottavo posto dell’Omloop Het Nieuwsblad poteva essere un buon viatico per giocarsi la Strade Bianche, ma forse neppure lui immaginava di doversi confrontare con un simile attacco. Le gambe forse c’erano, perché quando poi ha deciso di cambiare ritmo, non ha avuto grosse difficoltà a liberarsi della compagnia.

«Anche prima che Tadej si muovesse – ammette in serata – eravamo a tutto gas. Quando poi ha attaccato, sembrava che fossimo nel grupetto dei velocisti, intorno c’erano solo cadaveri e io ho aspettato troppo a lungo. Ho fatto troppo poco e troppo tardi. Se me la fossi giocata un po’ meglio, sarei potuto arrivare secondo. E’ stato come se stessimo correndo sul vecchio percorso, ma quando si aggiungono 40 chilometri tutto diventa più difficile, anche se non credo che il risultato sarebbe cambiato.

«Ho mangiato senza sosta per tutta la gara, oggi era fondamentale e stasera penso che non mangerò nulla. Quando vai a tutto gas già nei primi 80 chilometri, mangi come se fosse in finale e poi devi continuare allo stesso modo sino in fondo. Non mi aspettavo che Tadej attaccasse in quel punto e quando lo ha fatto ci siamo guardati in faccia senza sapere cosa dire. Ho pensato che non avesse senso andare con lui in quel momento, perché mancavano ancora 80 chilometri e non volevo finire in rosso, ma potevo sicuramente fare diversamente».

Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils
Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils

La soddisfazione di Skuijns

Toms Skuijns è arrivato secondo, staccando nel finale Van Gils che per primo era riuscito ad avvantaggiarsi dalla testa del gruppo. Il lettone della Lidl-Trek si era già mosso bene in Belgio, ma il secondo posto di Siena è il suo miglior risultato in una grande classica.

«Onestamente – dice – senza la squadra non sarei arrivato secondo. E’ la prima volta che sono il leader designato in gara e spero di averli ripagati per questo. Ho forato due volte prima di cadere ed entrambe le volte ho preso le ruote da Jacopo (Mosca, ndr) ed entrambe le volte Eddie e Fabio (Theuns e Felline, ndr) mi hanno aspettato per riportarmi in testa al gruppo. Hanno fatto davvero tutto il possibile.

«Peccato che contro Tadej non ci fosse molto da fare, ma penso che con tutto quello che è successo oggi possiamo essere più che soddisfatti. Quando è partito avevo il cambio che saltava, è stato un momento molto difficile. E’ stata una battaglia: non solo fisicamente, ma anche mentalmente. E’ uno dei podi più belli che potessi ottenere, è una gara molto speciale. Sai sempre che sarà un giorno pazzesco in cui dovrai lottare senza sosta. Già lo scorso fine settimana in Belgio avevo fatto passo avanti e questo è l’obiettivo di ogni anno: fare un passo avanti. Ci sono altre gare in arrivo, il team sta crescendo e sono molto felice di farne parte».

Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio
Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio

Van Gils, un passo avanti

Van Gils, 24 anni, è partito all’attacco sulla salita delle Tolfe, dando l’impressione di avere ancora gambe. E forse la sua idea sarebbe stata la migliore, se qualcun altro lo avesse seguito. Anche se forse a quel punto le forze erano al lumicino per tutti.

«All’inizio della gara ero nervoso – ha detto il belga della Lotto Dstny – ci siamo impegnati così tanto per prepararla. Ho provato a seguire Tadej, poi sarei potuto restare alla sua ruota. Ma c’erano altri corridori prima di me e non sono riuscito a rispondere. Così Tadej se ne è andato, perché era semplicemente troppo forte per tutti. Quando ho attaccato, speravo di portarne altri con me, ma nessuno mi ha seguito, a parte Skujins. Sapevo che la Strade Bianche è adatte a me, questo podio è la conferma che posso competere con i grandi. E’ davvero bello sapere di aver fatto un altro passo avanti. Sono completamente esausto ora, ma super felice di questa prestazione».

Vittoria moderna, dal sapore antico: a Siena è Pogacar style

02.03.2024
6 min
Salva

SIENA – Due anni fa titolammo: “La solitudine del numero uno”. Per la Strade Bianche di quest’anno potremmo riprendere quel titolo. Tadej Pogacar è stato ancora autore di un’impresa. Di quelle dal sapore antico, ma figlia più che mai del ciclismo moderno.

Si diceva che l’allungamento del percorso, con l’inserimento del circuito delle Tolfe, potesse addormentare la corsa. Che Sante Marie non sarebbe stata decisiva come in passato. E che forse, ma forse, Pogacar non avrebbe attaccato così da lontano e invece… Invece Pogacar ha fatto Pogacar! E’ andato in fuga da solo. Se pensiamo che era al debutto stagionale, in pratica era in fuga dal Giro di Lombardia!

Sul traguardo, dopo un momento d’incredulità e, forse di compiacenza, Tadej scende di sella. Alza la bici in segno di trionfo e la mostra a tutta Piazza del Campo che lo ha accolto con un boato pazzesco. Come un attore sul palco: prima da una parte, poi si volta dall’altra.

Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire
Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire

Trionfo moderno?

La cronaca è molto breve: una fuga che fa fatica ad uscire. Quando lo fa è super controllata proprio dalla UAE Emirates e dopo un “mezzo ventaglio”, ma comunque sempre con un compagno di Tadej in testa, Wellens, ecco l’affondo dello sloveno a 81 chilometri dall’arrivo. Sì, avete capito bene: 81 chilometri da Piazza del Campo.

Matej Mohoric ce lo aveva detto chiaro e tondo questa mattina che Pogacar era il favorito. Aveva ragione. Ma come è possibile che alla prima corsa della stagione si possa fare un numero del genere? Non dovrebbe mancargli qualcosa, cioè il famoso ritmo gara?

«La prima gara della stagione – ha detto Pogacar – è sempre dura dal punto di vista mentale. Mi sono preparato molto bene durante l’inverno. Durante la fuga chiedevo solo dei distacchi».

In questi giorni con la ripresa delle classiche e i big che man mano tornano e vincono, si è parlato di  approcci moderni alla gare, di freschezza muscolare. Lo stesso Brambilla l’altro giorno ci aveva avvertiti che poco avrebbe inciso il fatto che Pogacar fosse alla prima corsa dell’anno.

Piani all’aria

E allora possiamo dire che paradossalmente il non aver corso prima lo ha favorito in una gara tanto dura?

«Alla prima corsa della stagione non sai mai davvero come stai – dice il direttore sportivo Andrej Hauptman – noi sapevamo che Tadej stesse bene, ma così non avremmo potuto dirlo. Attacco vecchio stile: in realtà avevamo pianificato di partire più tardi. Ma poi quando Tadej sta bene non lo ferma nessuno. Improvvisa.

«Poi non è facile prepararsi per le corse di un giorno senza gareggiare, ma posso dire che abbiamo trovato un percorso di avvicinamento, un protocollo giusto, anche per le classiche».

Il tecnico sloveno preferisce non entrare nel dettaglio. Ed è comprensibile in un mondo che sempre di più assomiglia alla Formula 1, ma ci confida che non mancano i chilometri dietro motore, che Tadej preferisce fare dietro moto e non dietro macchina.

«Ogni campione – conclude Hauptman – è diverso e ha il suo modo di allenarsi e di trovare il suo top. Sapevo che stesse bene perché ha passato un buon inverno. Quando lo sentivo era sempre molto tranquillo. Ma di fatto la corsa resta il miglior test e così è stato anche per noi oggi. Insomma non è stata così facile questa vittoria».

Pogacar style

Mentre Tadej è sul palco, al bus della UAE i sorrisi sono lampanti. Dopo aver parlato con Hauptman ecco arrivare Joxean Fernandez Matxin. Anche allora partì su Sante Marie.

«Trionfo moderno? Io direi un trionfo Pogacar style – dice Matxin – ieri, dopo la ricognizione, abbiamo fatto la riunione e gli abbiamo chiesto: “Secondo te quando è il momento giusto per partire? “. E lui ci ha risposto: “Al primo passaggio sulle Tolfe”. “Bene, lì mancano 49 chilometri. Facciamo un passo forte prima e poi vai”. Mi sembrava giusto. Poi quando ho visto che è partito nello stesso punto del 2022 ho detto… va bene lo stesso. Solo che mancavano 81 chilometri!

«Però per un numero così bisogna fare i complimenti anche alla squadra. Perché ragazzi di altissimo livello, tutti, che si votano così a Tadej, che ci credono… danno molto a Pogacar stesso. Li ho visti disposti a menare come se la gara finisse lì a 100 metri. E Tadej ogni volta si dimostra leader e non capitano. Li ringrazia, li coinvolge».

Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga
Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga

Quella cena in Spagna

Anche con Matxin si tocca il tasto della preparazione, della freschezza fisica. E tutto sommato il tecnico spagnolo condivide la nostra disamina. E tira in ballo anche il tema dei giorni di corsa ad hoc.

«Di sicuro – racconta Matxin – ho visto un ragazzo che aveva tanta voglia di correre. Quando qualche settimana fa eravamo alla Comunitat Valenciana, Tadej si stava allenando da quelle parti. Così, una sera sono andato a cena con lui e il suo coach, il quale mi ha detto proprio che fosse fresco. Che era in condizione. Anzi quasi, quasi doveva rallentare per un paio di settimane, altrimenti sarebbe stato troppo avanti.

«Però noi abbiamo fatto un plan da gennaio a ottobre, per Tadej come tutti gli altri, e con quello andiamo avanti. Pogacar farà quattro gare, per un totale di 10 giorni di corsa prima del Giro d’Italia. Questa è la strada».

Duello toscano. Vince Kopecky ma Longo Borghini la fa tremare

02.03.2024
5 min
Salva

SIENA – Il gomito si allarga ma Lotte Kopecky non passa. Elisa Longo Borghini deve così affrontare il muro di Santa Caterina in testa. C’è solo da capire quando l’iridata scatterà…

Una freccia. Kopecky passa al doppio della velocità Elisa e tutto sommato questa netta differenza riduce il dispiacere. Probabilmente anche se le avesse dato un cambio, il risultato non sarebbe cambiato.

Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena. Qui aveva vinto già nel 2022
Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena

Tre verdetti

Mentre arrivano le ragazze su Siena torna a scendere la pioggia. Come se non bastasse a complicare le cose di una gara tanto bella, quanto complessa anche nella sua logistica.

Ma a parte questo, la Strade Bianche Women ci ha detto tre cose a nostro avviso inequivocabili.

La prima: Lotte Kopecky è forte, ma non è quella dominatrice mostruosa che ci si aspettava o che abbiamo visto lo scorso anno al mondiale, al Tour e in tante classiche. Perché? Molto probabilmente perché è dimagrita e in salita va più forte, ma inevitabilmente ha perso qualcosa nella sparata. Chiaramente è un’ipotesi, anzi una “vox populi” da circus WorldTour. Ma è un fatto che Lotte sia più scavata in volto.

Seconda. Il livello medio si è alzato e di tanto. Forse è la prima volta che vediamo una corsa femminile tanto dura e tanto combattuta. Erano in molte nel finale, gli ultimi 20-25 chilometri, a giocarsela.

Le classiche voci che “il ciclismo femminile sia in crescita” , oggi hanno trovato una risposta anche sul campo. Una risposta tecnica. Distacchi più piccoli e bagarre: bene così.

Terza. Alla fine c’è sempre lei a tenere alti i colori dell’Italia: Elisa Longo Borghini non manca mai all’appello. Cambiano i percorsi ma la campionessa italiana c’è sempre.

E questo è possibile grazie a grinta, serietà e tanto, tanto lavoro specie dopo una stagione tanto tribolata come quella passata. Lei stessa ha parlato di un grande lavoro di endurance per recuperare le mancanze dell’anno scorso.

La bellezza dei paesaggio toscani. La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati
La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati

Grinta Longo

Oggi la piemontese era un falco. Attenta sugli sterrati e sull’asfalto. Marcava Vollering e Kopecky come nessun altra. Chiudeva facile su di loro. Si vede che la gamba era brillante.

«E’ vero, stavo bene – dice Longo Borghini – la gamba era attiva e reattiva. Tutto è andato bene. Ho avuto due intoppi, due piccole cadute, ma nulla di che. Anche il setup era buono. Ho fatto le mie prove e la scelta della copertura da 28 andava bene. Devo poi dire che il circuito finale che ha coinvolto tutto questo pubblico è stato proprio… figo!».

Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…
Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…

Senza rimpianti

Elisa è irrimediabilmente gentile ed educata. Siena l’ha accolta con passione e un grande abbraccio. Al netto dei belgi, giunti in massa in toscana, per Kopecky e per la granfondo di domani, il pubblico ha capito lo sforzo dell’atleta della Lidl-Trek. Quando ha girato la bici per andare al podio, si è alzato un grande applauso e lei ha ricambiato.

La questione dei cambi, anzi dei “non cambi”. «Il ciclismo è anche questo – dice Logo Borghini – con sportività – Ognuno fa la sua tattica. Sapevo che sarebbe stato difficile contro Lotte, ma avuto l’okay dall’ammiraglia per andare e… è andata così. Mi spiace perché oggi la squadra aveva lavorato tanto e benissimo. Eravamo nella fuga di giornata e abbiamo cercato di fare la gara.  Essere seconda dietro la campionessa del mondo comunque è un onore. E’ mancata la vittoria, dispiace… Il secondo posto era il massimo che avrei potuto ottenere. E bisogna essere contenti di questo».

Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio
Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio

Le paure di Lotte…

Anche Kopecky non si è nascosta. Alla fine la campionessa belga partiva da super favorita. Una delle domande più ricorrenti che le venivano poste in partenza era: «Senti la pressione sulle tue spalle?». Lei replicava di no, che voleva solo dare il massimo, che l’importante era la vittoria di squadra.

Poi però, anche nella ricognizione – come abbiamo avuto modo di vedere giovedì scorso – era serissima. silenziosa. Sulle Tolfe aveva fatto lo stesso identico scatto che poi ha replicato oggi in gara.

Ha dichiarato che l’atleta che più temeva nel finale era proprio Elisa Longo Borghini. Non era così felice di trovarsi con lei nel finale. E infatti chiudeva subito su di lei.

«Vedevo – dice Lotte – che in corsa rispondeva in modo brillante. Ha fatto una grande gara».

E forse anche per questo, pur essendo sicura della sua “sparata”, in quel chilometro che portava allo strappo di Santa Caterina non ha dato il cambio e anzi ha fatto girare la gamba in agilità.

Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile
Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile

I margini di Elisa

Elisa si conferma in ottima condizione. Ma non era scontato e dice: «L’inizio di questa mia stagione è decisamente meglio di quello che mi sarei aspettata. Anche perché dopo tanti mesi avevo lavorato molto sulla base, visto che all’UAE Tour Woman erano sette mesi che non attaccavo il numero sulla schiena. E per questo non ho fatto molta intensità».

E questa è una grande notizia. Significa che c’è molto margine in vista delle classiche del Nord. Ora  Elisa tornerà in altura e poi darà assalto alle Ardenne.