«Non ci pensiamo, non è un obiettivo. Ma semmai raggiungeremo le 60 vittorie, vi prometto che ne parleremo assieme». In una delle solite nostre chiacchierate pre-gara al Giro Donne, Elena Cecchini ce lo aveva detto forse con un pizzico di scaramanzia, benché sapessimo bene che per la sua SD Worx il traguardo fosse assolutamente raggiungibile. La cifra tonda è stata toccata al Simac Ladies Tour con la generale conquistata da Kopecky (in apertura, il podio finale).
Intanto al Tour de Romandie grazie a Vollering il… tassametro del team olandese è salito a quota 62 successi stagionali, proprio come la Jumbo-Visma, l’altra corazzata dei Paesi Bassi. Se tra i maschi il divario tra i gialloneri e le formazioni inseguitrici è ridotto sotto le dieci lunghezze, tra le donne ci vuole quasi la somma di quattro squadre per totalizzare i successi della SD Worx. Una differenza evidente nei numeri, ma spesso anche di più in gara. Con Cecchini – ora impegnata agli europei di Drenthe (ieri argento nel Mixed Team Relay) – abbiamo ripercorso i punti chiave, compresa qualche osservazione esterna, che hanno portato il suo team ad un 2023 straordinario.
Doppio conteggio
Statisticamente per la Sd-Worx sono andate a segno undici atlete oltre ad una cronosquadre. Vollering comanda con 17 vittorie, seguita da Kopecky con 13, Wiebes con 12 e Reusser con 7 poi via via tutte le altre. Nel bottino, tra le tante, ci sono 40 gare WorldTour e 7 classifiche generali. E potremmo sviscerare ancora questi risultati.
«A dire il vero – confessa Cecchini – in squadra teniamo due conteggi distinti e con quello che comprende anche le gare nazionali (all’incirca l’equivalente delle gare open italiane, ndr) saremmo a quota 69, forse addirittura 70. Però avevamo deciso di contare solo quelle UCI disputate con la maglia della squadra, perché a quel punto dovremmo aggiungere il mondiale di Lotte (Kopecky, ndr) ed altri sigilli in pista o nel ciclocross. Sicuramente siamo tutte consapevoli che stiamo finendo di vivere una annata praticamente irripetibile. Ci aspettavamo una quarantina di vittorie, non così tante».
Da dove nascono questi successi?
Sono frutto di tanti aspetti messi assieme. Principalmente dai training camp invernali, nei quali ci affiatiamo sia in bici che fuori. Dai carichi di lavoro e dalla intensità che abbiamo negli allenamenti durante la stagione. In gruppo sviluppiamo una mole tale che non puoi fare da solo e lì cresci per forza di cose. Poi lo diciamo fin dalla prima vittoria all’UAE Tour a febbraio che per noi sono importanti tutte le gare. Certo, le classiche del Nord le corri già con una grande motivazione, specie se in squadra hai ragazze belghe o olandesi, così come Vuelta, Giro o Tour, ma anche le altre le abbiamo sempre onorate senza pensare di essere più forti.
Qual è il segreto per mantenere questa fame?
Non ce n’è uno in particolare. Abbiamo sempre pensato a noi stesse e non agli altri team. Stabiliamo le tattiche e partiamo consapevoli che avere una nostra idea di gara ci aiuta tanto. I nostri direttori sono stati bravi ed intelligenti a trovare un status interno molto equilibrato, scegliendo un roster giusto per ogni gara. Le nostre leader hanno corso meno rispetto a quelle degli altri team, quindi arrivavano alle gare cariche e con la voglia di spaccare il mondo in due. Poi bisogna dire che, facendo gli scongiuri, siamo state anche molto fortunate nel non avere infortuni, influenze o cadute.
Avere leader come le vostre poteva essere un’arma a doppio taglio ai fini del risultato?
Metterle d’accordo tutte non è stato un compito facile per i nostri diesse. Credo che non lo sia mai da nessuna parte, ma loro ce l’hanno fatta. L’incomprensione tra Vollering e Kopecky sul traguardo delle Strade Bianche, poi subito chiarita, è stata l’occasione per i direttori di ribadire certe dinamiche visto che eravamo ad inizio stagione. E da quel momento in poi non è più successo nulla di simile. Anzi, direi che Kopecky, Wiebes, Vollering e Reusser, le nostre quattro leader, non si sono mai sentite in concorrenza fra loro e si sono migliorate correndo assieme.
C’è una vittoria alla quale siete più legate? Anche se immaginiamo che risponderai il Tour Femmes…
Beh certo, quello in Francia è stato un successo di squadra incredibile, la ciliegina sulla torta. Personalmente però sono affezionata a due gare. Vado d’accordo con tutte, ma ho un debole per Demi (Vollering, ndr). Abbiamo un rapporto profondo se non altro perché siamo arrivate alla SD Worx nello stesso anno e ci misero subito in camera assieme. Ci sono stata tantissime altre volte e ho condiviso con lei parecchie vigilie. La prima è la vittoria dell’ultima tappa alla Vuelta all’indomani di quell’attacco, mentre era ferma per un bisogno fisiologico. Si è subito riscattata senza farsi distrarre troppo dalla vicenda. La seconda invece è stata alla Freccia Vallone. Tutti le avevano messo pressione addosso dicendo che era la nuova Van der Breggen (che ne ha vinte sette consecutive, ndr) e che doveva vincere per forza. Su questo con me si è confidata, quasi sfogata, nei giorni precedenti. Poi in corsa ha fatto tutto lei vincendo alla grande.
Nell’ultima intervista con Bronzini ci ha detto che molti team avversari sembravano darvi una mano in gara anziché mettervi in difficoltà. Altri invece vi hanno mosso qualche critica perché vincete sempre. Avete mai avvertito un clima ostile nei vostri confronti col passare del tempo?
In linea di massima direi di no, poi è ovvio che non possiamo piacere a tutti. Diciamo che tutto quello che avviene attorno alla SD Worx è amplificato. Lo abbiamo visto alla Vuelta e al Tour con l’esclusione del nostro diesse Stam. Nessuno ci ha risparmiato nulla. Ho letto ciò che dice Giorgia e tuttavia posso dire con estrema umiltà che forse alcune squadre vedendo il nostro roster al via partivano un po’ demotivate, però noi non abbiamo mai dato nulla per scontato. Sicuramente in molte gare potevamo prenderci qualche pausa perché il nostro bottino stagionale ce lo permetteva. Molte squadre dovevano cercare per forza la vittoria, mentre a noi poteva cambiarci poco. Ma alla fine quando arrivi in fondo ti giochi le tue carte, come è giusto che sia. Anche perché quando è toccato a noi prendere in mano la situazione, lo abbiamo sempre fatto senza problemi.
Al Giro Donne ci avevi detto che non eri assillata dal cercare la vittoria personale. La pensi ancora uguale oppure vorresti essere la prossima atleta della SD Worx ad andare a segno?
Resto dell’idea di quello che vi avevo detto a luglio. Naturalmente vorrei tornare al successo e forse quest’anno in alcune gare avrei potuto togliermi una soddisfazione. Penso al Thuringen che avrei dovuto correre e dove hanno vinto cinque mie compagne diverse. Oppure allo stesso Simac Ladies Tour. Qualcuno mi dice che dovrei essere più egoista, però io sono molto contenta così. Ero presente in tutte le corse più importanti. A me interessa che vinca la squadra e poi mi sento valorizzata per quello che faccio. Sto lavorando per migliorare e per restare davanti il più possibile con le mie capitane nei finali di gara. Chissà che nel 2024 o prima non ci sia anche per me un’occasione per ritrovare la vittoria.