Gp Liberazione, certi valori non devono tramontare mai

07.04.2022
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Ci sono stati anni in cui si aveva quasi paura di parlarne. Il Gran Premio della Liberazione doveva essere una festa di sport e su quel nome così particolare si preferiva glissare, soprattutto quando al governo del Paese c’era chi ne sminuiva la portata e forse se ne vergognava.

Invece oggi durante la presentazione dell’edizione 2022, svolta nella meravigliosa Sala Protomoteca del Campidoglio a Roma, la presenza in prima fila degli atleti ucraini ha ricordato a tutti che l’uomo non impara e che la storia può purtroppo ripetersi.

Silvia Salis, vicepresidente vicario del Coni ed ex lanciatrice del martello, ha parlato della Resistenza
Silvia Salis, vicepresidente vicario del Coni ed ex martellista, ha parlato della Resistenza

«Il ciclismo ha un forte legame con la Resistenza e la Liberazione – ha detto Silvia Salis, Vicepresidente Vicario del Coni – e anche le donne in bicicletta hanno recitato un ruolo di primaria importanza, rischiando la vita per portare ordini. Io vengo da Genova, città Medaglia d’Oro per la Resistenza e sono cresciuta con questi valori. La Resistenza e la Liberazione non sono concetti superati, ma qualcosa che da un momento all’altro potrebbe tornare nelle nostre vite. Come dimostrano i ragazzi seduti qui davanti. Essere attivi nella solidarietà è impegnativo e siamo orgogliosi di vedere l’impegno di tante società e delle persone che le compongono, come Claudio Terenzi, nell’accogliere gli atleti ucraini. L’Italia è un Paese accogliente e in questo momento lo sta dimostrando».

Tre giorni di bici

Tarda mattinata di una giornata di sole a Roma. Fra migliaia di turisti tornati nella Capitale d’Italia, il Team Bike Terenzi ha riunito forze sportive e politiche per raccontare l’imminente edizione della corsa che si è moltiplicata su più giorni e assegnerà titoli agli esordienti, agli allievi, agli juniores, alle donne elite e agli under 23. Unendo al pacchetto anche una pedalata cicloturistica, declinata a sua volta in più percorsi. Nel corso dei vari interventi, alcuni concetti hanno lasciato il segno e di questi vogliamo raccontarvi.

Al tavolo erano seduti, da sinistra, Silvia Salis, Alessandro Onorato, Roberto Tavani, Claudio Terenzi e Maurizio Brilli
Al tavolo erano seduti, da sinistra, Silvia Salis, Alessandro Onorato, Roberto Tavani e Claudio Terenzi

Ricostruire la credibilità

«E’ bello accogliere una manifestazione rivolta ai giovani – ha detto Alessandro Onorato, Assessore allo Sport e i grandi eventi del Comune di Roma – questo ci sta davvero a cuore. Il percorso è un museo a cielo aperto, che ci permetterà di dimostrare al mondo quale potrebbe essere la nostra caratteristica principale. Sport e turismo vanno di pari passo. Vogliamo destagionalizzare i flussi e la bicicletta è un ottimo modo. Per questo abbiamo destinato delle risorse in più sul turismo e sulla mobilità alternativa, facendo però in modo che si possa andare in bicicletta in modo sicuro e non come accade adesso. Roma è la città che ha detto no alle Olimpiadi e ha perso il Giro d’Italia a causa delle sue buche. Credo che aver consolidato il Gran Premio della Liberazione sia un ottimo inizio per ricostruire la nostra credibilità, per riportare questi grandi eventi nella Capitale d’Italia».

Alessandro Onorato, assessore allo sport e i grandi eventi del Comune di Roma
Alessandro Onorato, assessore allo sport e i grandi eventi del Comune di Roma

Obiettivo grandi eventi

Dalla Città Eterna alla Regione Lazio, con Roberto Tavani, che prima ha ricordato Eugenio Bomboni e Mario Carbutti che in anni diversi hanno sostenuto il Liberazione, poi ha dimostrato di aver colto la portata dell’evento per una città come Roma.

«Dobbiamo puntare a far tornare a Roma e nel Lazio i grandi eventi – ha detto – non solo il Giro d’Italia, ma anche la Gran Fondo. Nello scorso fine settimana, alcuni miei amici erano in Belgio per il Giro delle Fiandre, credo che dal punto di vista sociale e storico una manifestazione del genere a Roma non avrebbe niente da invidiare alle Fiandre. Abbiamo tutto quello che serve per calamitare i grandi eventi e fare del Gran Premio della Liberazione e quello che ci gira attorno un elemento che possa consolidare la comunità».

Presente anche Tommaso Depalma, referente FCI per la Bikeconomy
Presente anche Tommaso Depalma, referente FCI per la Bikeconomy

Non solo rose e fiori

L’aspetto sportivo, insomma, come sfondo per una manifestazione con 75 anni di storia alle spalle, che però fa fatica a trovare le risorse per vivere. Soprattutto da quando un grosso sponsor nel ramo dell’energia ha rinunciato ad appoggiarla per sostenere la popolazione ucraina, privando però gli organizzatori di un supporto quasi vitale. Per questo a tratti nello sguardo di Claudio Terenzi è passata un’ombra, ricacciata però indietro con la consueta e grande fierezza. Organizzare la corsa che sognò di vincere è a sua volta un sogno, racconta e forse un po’ si commuove.

Il ciclismo è stato di casa a Roma fino agli anni Sessanta, poi si è spostato al Nord e ora, al netto di un cicloturismo straripante, le società che fanno attività sono poche e gli sponsor hanno occhi solo per il calcio. Non è davvero facile organizzare il Gran Premio della Liberazione.

Grande orgoglio e tanto lavoro da fare per Claudio Terenzi
Grande orgoglio e tanto lavoro da fare per Claudio Terenzi

Prova per nazionali

«Ero presente alla prima edizione della prova delle donne – racconta Dino Salvoldi, tecnico azzurro degli juniores – e il 24 aprile sarò testimone interessato di quella dei miei ragazzi. Nei miei giri per tutte le società d’Italia ho percepito il grande interesse per questa gara, che è un appuntamento da cerchiare di rosso. E credo che la gara junior alla lunga diventerà la più importante. Al punto che, Claudio – ha detto rivolgendosi a Terenzi, che ha alzato gli occhi al cielo – si potrebbe pensare di farla per squadre nazionali. Di sicuro il suo vincitore non sarà un nome qualunque».

Le maglie delle varie prove indossate dagli atleti ucraini presenti in sala e ospitati all’Aquila
Le maglie delle varie prove indossate dagli atleti ucraini presenti in sala e ospitati all’Aquila

Maglie all’Ucraina

Si comincia il 23 aprile con la Pedalata Ecologica. Il giorno dopo gara juniores, allievi ed esordienti. Il 25 aprile, il Liberazione delle donne elite e degli under 23. Il programma è chiaro e ben illustrato nel sito. Al via ci saranno i ragazzi ucraini accolti a L’Aquila, cui nel corso della presentazione è stata consegnata la nuova maglia della nazionale con il patrocinio del Comitato regionale laziale e di Cisalfa Sport (foto di apertura). La sensazione lasciando il Campidoglio è di aver assistito alla presentazione di un grande evento e che non tutti, grandi sponsor in primis, se ne rendano ancora conto.

Fra colpi di tosse, la strada di Conti verso il Giro

28.03.2022
4 min
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Che fine ha fatto Valerio Conti? Ricordavamo l’entusiasmo per il nuovo inizio con l’Astana. La voglia di non accontentarsi come gli era successo al UAE Team Emirates e l’esigenza di mettersi nuovamente alla prova. E poi? Debutto a Murcia: ritirato. Seconda corsa ad Almeria: ritirato. E poi di nuovo in gruppo al Catalunya dopo 40 giorni, senza finirlo. Ce n’è abbastanza per una telefonata e la raffica di colpi di tosse che accoglie è più eloquente delle parole che seguono.

«Ho debuttato a Murcia – dice dopo un po’ – sono caduto, mi sono tagliato una mano e ho dovuto mettere i punti dal pollice al palmo. Impossibile prendere in mano il manubrio. Tra una cosa e l’altra sono andati via dieci giorni. Poi sono andato al Catalunya e mi sentivo un po’ strano. E alla fine è venuta fuori una febbrona a 39. La dottoressa della squadra ha fatto un doppio kit per capire se sia Covid o influenza ed è venuto fuori che è influenza. E ha detto che probabilmente (colpo di tosse, ndr) sono partito per il Catalunya avendola già addosso…».

In queste settimane, Martinelli è alle prese con diverse sostituzioni per motivi di salute
In queste settimane, Martinelli è alle prese con diverse sostituzioni per motivi di salute

Jella Astana

Come dire che il momento nero dell’Astana Qazaqstan Team prosegue. La Parigi-Nizza in cui Felline è stato il solo corridore del team kazako (e anche il solo italiano) a tagliare il traguardo finale, i malanni di Moscon, gli acciacchi che hanno impedito a Nibali di correre la Tirreno-Adriatico e la caduta di Lutsenko che mentre si allenava sul Teide si è rotto clavicola e spalla. Eppure il romano, che in questi giorni è a casa dei suoceri in Veneto, appare ancora molto motivato.

«Mi trovo benissimo – dice dopo un altro colpo di tosse – ho ritrovato umanità e tranquillità. Sono contento, potevo decidermi di cambiare prima. Certo, ho fatto poche corse, ma ad esempio il gruppo del Catalunya era spettacolare. In UAE vivevo più stress (colpo di tosse, ndr), si partiva per fare punti in tutte le corse, mentre qui la stagione è focalizzata sui grandi obiettivi, principalmente i grandi Giri. Non a caso hanno sempre preso corridori per le gare a tappe, perché c’è una bella organizzazione per quel tipo di corse».

Baschi fra 7 giorni

E adesso dove lo rivedranno i suoi tifosi? Quando ripartirà Conti sulle tracce di quel se stesso che nel 2019 vestì a lungo la maglia rosa e autorizzò speranze mantenute soltanto a sprazzi?

«Il programma era di correre al Gp Indurain e poi al Giro dei Paesi Baschi – spiega – ma il primo non lo farò sicuramente. Inizia a una settimana esatta da oggi, il 4 aprile. Stamattina (colpo di tosse, ndr) ho preso il primo antibiotico, provo a rientrare per i Baschi, poi si vedrà come sto. Se riesco a prendere ritmo gara, potrei andare in altura a preparare il Giro. Altrimenti, se non si riesce a rientrare, si può pensare di stare anche senza altura e fare il Giro di Sicilia e poi il Tour of the Alps. Con questo fatto che i più forti stanno male, vedo che a Martinelli sta fumando il cervello. Lui sta sempre attento ai programmi (colpo di tosse, ndr) e spostare un corridore per sostituirne un altro significa squilibrare un’altra situazione. Il momento non è dei migliori».

Conti è pro’ dal 2014: da quest’anno è all’Astana. E’ alto 1,72 e pesa 61 chili
Conti è pro’ dal 2014: da quest’anno è all’Astana. E’ alto 1,72 e pesa 61 chili

Tutto sul Giro

In ogni caso, il suo focus resta il Giro d’Italia: le classiche ardennesi non sono nei programmi. E al Giro si arriva correndo o andando in quota, come nei piani di Nibali.

«Il leader per la maglia rosa – colpo di tosse – dovrebbe essere Lopez, che ad ora non ha avuto niente. E poi c’è Vincenzo, che non si può mai dire. Certo se sta con i primi, saremo tutti pronti ad aiutare anche lui. E poi lo sapete com’è all’Astana, non si fa catenaccio come magari potrebbe fare il Team Ineos. Qui si sgancia gente in fuga perché possa giocarsi le sue carte e io spero di riuscire a fare anche questo. L’importante sarà arrivarci e possibilmente bene. Per adesso (colpo di tosse e risata sconsolata, ndr), il mio obiettivo è solo questo…».

La storia di Daniel e il coraggio di dire basta (a 19 anni!)

09.02.2022
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Questa è una storia che pochi racconteranno. La storia di Daniel, 19 anni, ragazzino che sognava di fare il corridore, ma che a un certo punto si è guardato allo specchio. Aveva una bici e una squadra da under 23. Con la solita ostinazione avrebbe potuto continuare e sperare di andare avanti. Eppure la faccia in quel vetro non era più la sua. E così, piuttosto di diventare uno dei tanti arrivati lunghi all’appuntamento con la vita, Daniel Quaglietti ha riconsegnato maglia e bicicletta. Ed è subito entrato in cantiere con il padre, anche lui dilettante negli anni Novanta.

Quando di recente Un noto brand automobilistico tedesco ha inaugurato il suo nuovo store nel centro di Roma, il responsabile tecnico dell’evento era proprio Daniel, gonfio di soddisfazione. I lavori erano durati per mesi, per progettare uno showroom pilota a livello mondiale. Fatto di schermi, pannelli, proiettori, luci, dettagli. Vederlo realizzato è stato la conferma di aver scelto bene.

«Quella è stata una giornata particolare – racconta Daniel, in apertura durante l’inaugurazione in un’immagine di Tg2 Motori – un’emozione unica. Prima pensavano che fossi un invitato, poi quando gli dicevo che eravamo stati noi della D&D a realizzare il lavoro, mi facevano tutti i complimenti. Più o meno come vincere una corsa. E’ stato il primo showroom al mondo di questo genere e averlo realizzato è stato un onore».

Da junior passa alla Big Hunter Seanese, mentre l’amico Germani va alla Work Service
Da junior passa alla Big Hunter Seanese, mentre l’amico Germani va alla Work Service
Quando hai deciso di smettere?

L’ultimo anno non era stato come i precedenti. Io sono sempre stato attento alla dieta e agli allenamenti e ho notato che già quando finivano le corse, mi ritrovavo a mangiare tantissimo. A fine dicembre mi sono ritrovato in forte sovrappeso. Non andavo per niente o comunque meno degli altri anni, mentre vista l’età sarei dovuto andare più forte. Avevo bisogno di mangiare, avevo proprio fame. Prima facevo 5 ore e mezza e stavo attento fino alla cena. Di colpo invece sentivo il bisogno di mangiare, ma era una fame nervosa, perché mangiavo biscotti e tutte le… schifezze che prima non avevo mai comprato.

Quindi?

Era finita la testa del corridore. Non avevo più voglia di andare, ma lo stesso sono riuscito a rimettermi in riga e sono arrivato abbastanza bene, 3-4 chili sopra il mio peso forma. A febbraio, un mese prima della San Geo, mi si è incastrata la mantellina nella ruota dietro. Sono caduto e mi sono microlesionato un tendine del ginocchio. Sono stato quasi due settimane senza pedalare e ho cominciato a mangiare l’impossibile. Ho preso 6 chili in due settimane e quello penso che sia stato la causa che ha fatto scattare tutto.

In che senso?

Andavo in bicicletta e sentivo dolore. Facevo di tutto pur di non allenarmi. Dopo 20 chilometri della San Geo ho bucato e non sono riuscito a cambiare la ruota. Alla fine ho fatto 500 chilometri per andare e 500 per tornare a casa, finire la corsa dopo 20 chilometri è stato brutto. Il giorno dopo sono tornato in ritiro a Malmantile, dovevo fare 4 ore con dei fuori soglia e ne ho fatte due con mezza salita fatta piano. La sera dopo sono tornato a casa e il giorno dopo dovevo fare 3 ore con la bici da cronometro. Ne ho fatta una e sono passato dal bar. E la sera ho detto a mio padre che smettevo. Con la squadra ho preso tempo, perché avevano speso dei soldi per me. Lo hanno saputo ad aprile. Ho detto loro che avevo dei problemi, ma non avevo più niente da dare.

Nel 2018, in maglia Velosport Ferentino, vince a Castelfidardo il Trofeo Garofoli Porte per allievi
Nel 2018, in maglia Velosport Ferentino, vince a Castelfidardo il Trofeo Garofoli Porte per allievi
Può essere dipeso dai risultati non all’altezza?

Io non mi sono mai buttato giù, perché ero sempre orgoglioso dei risultati che facevo. Comunque stavo lì, però è scattata quella cosa e ho detto basta. Non ho avuto il rigetto della bici, perché poi una l’ho comprata. Anche se adesso sono impegnatissimo col lavoro, il ciclismo resta la mia passione. L’altra mattina alle 5, mentre facevo colazione, guardavo in tivù gli high-lights delle corse.

Pensi mai alle tue corse?

Guardo i video. L’unica cosa che mi dispiace è non fare più le cronometro, che per me sono l’essenza del ciclismo. Deve funzionare tutto alla perfezione, devi stare attento al minimo dettaglio. Che poi è la stessa precisione che serve sul lavoro. Nello showroom BMW c’è una parete curva con dei proiettori che diffondono immagini a 360 gradi. Un proiettore costa 10.000 euro e deve essere preciso al millimetro. E’ un meccanismo che funziona come un orologio svizzero, come quando si vuole fare bene il ciclismo, come i cambi del quartetto su pista.

Colazione alle 5? 

Mi sono sempre alzato presto. Per me è più faticoso andare a letto tardi che svegliarmi presto la mattina. E’ un’altra vita, però.  Prima magari la mattina facevo sei ore di allenamento e poi il pomeriggio comunque stavo a casa, fra riposo, relax, massaggi. Prima viaggiavo, adesso invece alle 5 mi sveglio e vado in cantiere. Continuare avrebbe significato prendersi in giro e prendere in giro chi puntava su di me. Io ammiro i ragazzi che continuano, ma non ha senso farlo senza arrivare ai risultati. Un mio amico a Roma a 28 anni suonati andava girando in cerca di un posto che sarebbe spettato di più a un ragazzo giovane. Le mie soddisfazioni me lo sono tolte e sono contento.

Suo padre Daniele lo allenava dietro moto: il ciclismo resta comunque di casa
Suo padre Daniele lo allenava dietro moto: il ciclismo resta di casa
Che cosa ti ha lasciato in eredità il ciclismo?

Sei abituato a faticare. Mi aiuta a rimanere concentrato tutta la giornata. Quando la sera si fa tardi, gli altri scappano perché sono morti, io invece posso continuare. Il giorno dopo c’è gente che non si alza, io invece sono pronto perché l’ho sempre fatto.

Quando hai detto a tuo padre che avresti smesso?

Fra mio padre e me c’è il rapporto che tutti vorrebbero, perché ci troviamo con uno sguardo. Devo tutto a lui, come anche a mia madre. Però con mio padre c’è un rapporto particolare, quando ero in ritiro da solo, lo chiamavo molto spesso. Mio padre è stato sempre il mio migliore amico, però quando c’era da bastonarmi mi ha sempre bastonato.

Daniel con suo padre Daniele Quaglietti che nel 1992 corse nella Cuoril di Ennio Piscina
Con suo padre Daniele Quaglietti che nel 1992 corse nella Cuoril di Ennio Piscina
E adesso lavorate insieme…

Alla D&D, che sta per Daniele e Daniel. Andiamo d’accordo, però mi tratta peggio degli operai. Se succede qualcosa, il primo con cui se la prende sono io. E’ giusto che sia così, lo fa per me e lo capisco. A lui devo tutto, non cambierei per nessuna cosa al mondo. Un giorno mi ha detto: «Quando te la senti di smettere, smetti!». Aveva capito quello che sentivo perché le stesse sensazioni le aveva già vissute lui.

A che ora ti alzerai domattina?

Sveglia alle 5. Alle 5,30 sono al capannone, 10 minuti prima di mio padre. Sistemo i furgoni e gli altri arrivano alle 6-6,20. Dovrei finire alle 16, ma non si smette mai prima delle 18,30. E’ così dal lunedì alla domenica e il poco tempo libero lo passo con la ragazza. Niente da fare, per adesso la bicicletta sta ferma…

GP Liberazione e Merida, per Acquaroli tre giorni d’oro

20.01.2022
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Una manifestazione sportiva è grande anche grazie a chi crede nelle sue possibilità e l’appoggia. E’ su queste basi che il Gran Premio Liberazione è ripartito. E ha trovato in alcuni sponsor non solo i fondi, ma anche e soprattutto la fiducia per rilanciarsi. La filiale italiana di Merida, grande brand ciclistico internazionale, ha subito capito quali potevano essere le prospettive e ha investito sull’evento fin dallo scorso anno, rimanendo naturalmente partner anche per la nuova edizione del 25 aprile prossimo. 

Dario Acquaroli e Claudio Vettorel al Liberazione 2021, tra ricordi di mondiali di Mtb e progetti futuri
Dario Acquaroli e Claudio Vettorel al Liberazione 2021, tra ricordi di mondiali di Mtb e progetti futuri

L’esperienza sul campo

A testimoniare proprio quella fiducia è il marketing manager dell’azienda, in carica dall’aprile dello scorso anno. Dario Acquaroli non è un nome comune nel mondo delle due ruote, perché parliamo di uno dei più grandi biker della storia italiana. E’ stato due volte campione del mondo giovanile di cross country e vincitore di tantissimi eventi di mountain bike.

«Nel mondo del ciclismo – dice – sono praticamente da tutta la vita. Ho imparato che è qualcosa in continua evoluzione, un mondo nel quale s’impara ogni giorno, si fanno tante conoscenze, si apprezzano tanti eventi. Il Gran Premio Liberazione è sicuramente uno di questi».

Acquaroli è approdato alla Merida Italy dopo 10 anni di esperienza alla Vittoria, richiamato da un altro grande del passato della Mtb italiana, Gianluca Bonanomi: «Lì mi occupavo anche del settore commerciale, ma quella lunga palestra mi è servita molto. Io non ho fatto studi specifici di marketing, ma mi sono accorto che quello che impari sul campo è impagabile. Chi esce dall’università magari si ritrova in un mondo ben diverso da quello che ha studiato. Molti, l’ho visto io direttamente, hanno gettato la spugna dopo breve tempo».

Acquaroli Liberazione 2021
La Merida è già stata sponsor del Liberazione nel 2021, riscontrando la sua ritrovata popolarità
Acquaroli Liberazione 2021
La Merida è già stata sponsor del Liberazione nel 2021, riscontrando la sua ritrovata popolarità

Una grande opportunità

«Quando sono arrivato in Merida – racconta il 46enne lombardo – l’accordo con la manifestazione romana era già stato preso, ma io il Liberazione lo conoscevo bene. Tanti compagni di allenamento quando correvo lo preparavano e sentivano sulla loro pelle tutto il prestigio di un evento che, a livello dilettantistico, era davvero una classicissima. Per questo ho pensato che essere partner di un simile evento era una grande opportunità e un motivo di orgoglio».

In Merida dall’aprile 2021, Acquaroli sta curando l’impegno aziendale per il Liberazione
In Merida dall’aprile 2021, Acquaroli sta curando l’impegno aziendale per il Liberazione

Tante proposte pronte per Roma

L’evoluzione della manifestazione, quest’anno articolata su tre giornate, si sposa perfettamente con l’idea ciclistica della Merida.

«Un festival del genere mi ricorda molto quanto si è abituati a vedere oltre Atlantico. Ad esempio con la Sea Otter in California, quindi ci dà la possibilità di interagire con il più alto numero di persone possibile. Merida non è un marchio dedicato solo all’agonismo, proponiamo ogni tipo di bici, da quelle per bambini a quelle da passeggio, secondo una concezione che inquadra il ciclismo a 360° e il nuovo Liberazione va proprio in questa direzione».

La Merida sarà naturalmente presente alla kermesse romana con un suo stand: «Non potremmo mancare, avremo i nostri modelli esposti e contiamo di avere anche bici per bike test, se la regolamentazione sanitaria del momento lo consentirà. Lo scorso anno eravamo come in una bolla, eppure fu un’esperienza bellissima, che vogliamo ripetere non solo quest’anno».

Acsi e Federazione, prove di intesa a Roma sulla sicurezza

03.11.2021
6 min
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«Quello della sicurezza non è un tema nuovo purtroppo – dice Nibali al tavolo dell’Acsi – per questo anno dopo anno sono stati aggiunti nuovi strumenti. Il primo fu l’uso obbligatorio del casco in corsa. E’ normale, con la grande cultura del ciclismo in Italia, che tanti ragazzi si avvicinino alla bicicletta, in più l’e-Bike ha messo in sella tante persone alle prime armi. Il popolo italiano è cresciuto con le auto e anche se un po’ sta cambiando, i numeri degli incidenti che coinvolgono le bici sono impressionanti. Come utenti più esperti, riusciamo ad anticipare i problemi. Per gli altri la situazione è più complicata…».

Il forum sulla sicurezza voluto dall’Acsi si è svolto nel Salone d’Onore del Coni a Roma
Il forum sulla sicurezza voluto dall’Acsi si è svolto nel Salone d’Onore del Coni a Roma

Nibali e Agnoli

Roma, pomeriggio d’inizio novembre, Salone d’Onore del Coni al Foro Italico. L’Acsi ha organizzato un forum sulla sicurezza e ha scelto per farlo la casa dello sport italiano. Il presidente Malagò passa per gli onori di casa, risponde con due frasi di maniera, poi torna a un meeting sugli aspetti fiscali delle associazioni sportive. Fra gli ospiti chiamati a intervenire ci sono la Federazione e vari soggetti che di questa battaglia hanno fatto una ragione di impegno quotidiano. Per cui si riconoscono l’avvocato Federico Balconi, creatore di Zerosbatti, il Prefetto Sgalla in collegamento su Zoom, la stampa di settore e appunto Vincenzo Nibali. 

Il siciliano è arrivato da Fiuggi, dov’è ospite dei suoceri, assieme a Valerio Agnoli. La mattina l’hanno passata in gravel a coprirsi di fango. Il tempo di un saluto al telefono al neo cittì azzurro Bennati, scherzando sui 150 battiti medi di Valerio in appena due ore mentre lo Squalo si è fermato a 100, e il discorso prende il largo.

Tutto lo staff di Acsi, con Nibali. Da sinistra, il presidente Antonino Viti e accanto il suo vice Emiliano Borgna

Nel 2019, 253 morti

Antonino Viti è il presidente dell’Acsi. E’ un signore discreto che trasmette buone maniere, che prima racconta che l’associazione che presiede nacque proprio a Roma nel 1960 in occasione delle Olimpiadi. Ma quando snocciola i numeri, nella sala cala il silenzio.

«I dati Istat riferiti al 2019 – dice – parlano di 3.173 morti sulla strada, di questi 253 sono ciclisti, con un aumento del 15 per cento dal 2018. Nel 2020 la pandemia ha fatto esplodere il numero dei praticanti. La bici è sempre più amata, per allenamento, gara e turismo. Parliamo per l’Italia di 55 milioni di pernottamenti di turisti in bicicletta. Il prossimo passo è abbattere la barriera tra professionisti e praticanti per condividere le stesse esigenze e le problematiche comuni».

Il casco obbligatorio

Roberto Sgalla ha un curriculum imponente. E anche se adesso è direttore del Centro Studi Americani, in passato ha rivestito anche il ruolo di direttore della Polizia Stradale, per cui sul tema sicurezza ha sempre avuto l’occhio critico e la propensione a non… propendere necessariamente dalla parte dei ciclisti, ravvisandone spesso i comportamenti impropri. La Federazione però l’ha inserito nella Commissione sicurezza e in questa veste parla nel microfono del suo iPad.

«Il ciclismo – dice – è lo sport con più alta mortalità in rapporto al numero dei praticanti. In Italia c’è un numero eccessivo di gran fondo, che espongono i partecipanti a rischi impensabili. Abbiamo dei video che lo dimostrano (dirlo a casa di chi ha nelle gran fondo la sua ragione sociale è piuttosto singolare, ma il tema c’è, ndr). L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui il casco non è ancora obbligatorio. In cui sotto Covid si sono fatte ciclabili semplicemente comprando secchi di vernice e tracciando righe bianche, mentre ci sarebbe bisogno di infrastrutture più stabili».

Crisafulli, consigliere Fci, ha parlato di azione nell scuole e di scuola guida
Crisafulli, consigliere Fci, ha parlato di azione nell scuole e di scuola guida

Iniziare dalle scuole

Ci sarebbe bisogno soprattutto di concretezza, viene da pensare ascoltando gli interventi. E forse, come fa notare Nibali, anche una semplice striscia di vernice bianca sulla strada consente alle auto di sapere quale sia la loro corsia e mostra alle bici dove stare.

«Bisogna intervenire nelle scuole – spiega Gianantonio Crisafulli, consigliere federale addetto al cicloturismo – partendo magari dai ragazzi delle superiori, che si avviano a prendere la patente. Bisogna che si parli di più di biciclette nei corsi di scuola guida. I fondi europei per la ripartenza dal Covid hanno stanziato 750 milioni di euro per la creazione di ciclovie e per la ciclabilità urbana. In Italia la pista ciclabile è promiscua, ci sono ciclisti e pedoni, all’estero no. E’ bello andare al lavoro in bici, ma bisogna essere certi di ritrovarla all’uscita, per cui servono depositi sicuri. La manutenzione delle nostre strade è da Terzo Mondo. E da ultimo, bisognerebbe che i ciclisti fossero più educati. Sarà un percorso lungo, il Governo è a fine legislatura, magari non è il momento di affrontare il tema, sperando che nel frattempo quelle risorse vengano spesi nel modo giusto».

Il vero appello alla concretezza è arrivato da Emiliano Borgna, presidente di Acsi Ciclismo
Il vero appello alla concretezza è arrivato da Emiliano Borgna, presidente di Acsi Ciclismo

Basta parole

Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta che conduce il dibattito con Antonello Orlando della Rai, fa notare che anche l’ultima volta il Governo era in scadenza e si disse che non fosse il momento di parlarne. E a un tratto ti assale la sensazione che l’esercizio verbale abbia preso nuovamente il sopravvento sulla concretezza, che però torna quando parlano Emiliano Borgna e Federico Balconi: loro la concretezza l’hanno sposata.

«Dopo il lockdown – dice Borgna, vicepresidente Acsi e presidente di Acsi Ciclismo – sulle strade si è riversata un’utenza nuova e concordo sul fatto che per creare una cultura diversa servirà del tempo. Però intanto dobbiamo fare formazione per chi utilizza la bici e dobbiamo farlo insieme. Come Acsi ci occupiamo di sport di base, la Fci di sport olimpico: il nostro sforzo deve essere comune per il bene di chi va in bici».

Il patto tra Fci e Acsi l’ha annunciato a parole Crisafulli prima di scappare verso l’aeroporto ed è qualcosa su cui terremo lo sguardo, viste le tante promesse del passato. Fra i due enti non corre buon sangue. La Fci non vede di buon occhio l’Acsi per i numeri del tesseramento totalmente dalla loro parte, grazie a tariffe più abbordabili e a un’elasticità organizzativa che in Federazione per ora non sono in grado di garantire. E adesso che alla tessera Acsi si aggiunge l’iscrizione gratuita a Zerosbatti e l’accesso gratuito alla tutela legale, il pacchetto è completo.

Balconi e Nibali, Zerosbatti ha preso il volo grazie alla loro collaborazione
Balconi e Nibali, Zerosbatti ha preso il volo grazie alla loro collaborazione

L’omicidio stradale

Federico Balconi, che con Nibali e Johnny Carera, anche lui presente, s’è inventato Zerosbatti infatti chiude con parole nette e finalmente chiare. Intanto racconta la breve storia della sua associazione, che già da tempo vi abbiamo raccontato, poi fa notare che nell’ultimo anno, i 350 casi gestiti hanno visto incidenti fra ciclisti solitari e automobilisti distratti, dal telefono o chissà cos’altro. Il loro intervento è di supporto e mediazione. La base degli avvocati si è estesa a tutta Italia, con una rete territoriale che sta diventando sempre più importante (Nibali conferma ad esempio che Fausto Malucchi, suo avvocato di sempre, è entrato nella squadra).

«Anche se il codice della strada si riferisce alle bici in modo superato – chiude Balconi – vi è prevista la fattispecie del sorpasso delle bici ed è previsto anche il reato di omicidio stradale. Perciò, rivolgendomi anche e soprattutto agli amici della stampa, quando vi trovate davanti a un ciclista ucciso, smettete di usare parole come fatalità e parlate di omicidio. Forse è il modo perché la gente apra finalmente gli occhi».

C’è concretezza anche nell’annuncio che in settimana Antonino Viti sarà a colloquio con Valentina Vezzali, Sottosegretario allo Sport nel Governo Draghi, e le sottoporrà anche il delicato tema della sicurezza. Quei 253 morti e quelli che purtroppo verranno meritano leggi e non parole.

Collinelli: studentessa, un po’ modella e testa da campione

08.10.2021
6 min
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Anche se il 2021 è stato un anno storto per l’infortunio al Giro d’Italia del 2020, Sofia Collinelli pensa in grande e ha messo nell’obiettivo le Olimpiadi di Parigi. Effervescente come si deve essere a vent’anni, la romagnola che fra il 2018 e il 2019 ha vinto un mondiale e un europeo nell’inseguimento a squadre, nel frattempo si è trasferita a Roma. Come Letizia Paternoster prima di lei, infatti, Sofia è entrata a far parte della Luiss Sport Academy, nata nel 2015 presso l’Università romana per agevolare il percorso accademico degli sportivi di vertice. Fra i nomi, quello di Gianmarco Tamberi e Filippo Tortu, oro a Tokyo, di Pessina e Avola.

«Ho fatto domanda – sorride – e sono riuscita ad entrare. Sono nel corpo atleti, per essere ammessi devi avere certe credenziali e siamo davvero pochissimi. Paolo Del Bene, che è il capo dello sport in Luiss, mi ha preso sotto la sua ala (foto di apertura, ndr). Sono iscritta al primo anno di Scienze Politiche, vivo negli alloggi Luiss e loro mi mettono al 100 per cento nella condizione per allenarmi e studiare. Non mi fanno mancare assolutamente niente. Mi sveglio, faccio ginnastica, vado in bici. Siamo vicino alla Salaria. Mezza giornata mi alleno, l’altra mezza sono all’università».

Giro dell’Emilia 2020, prime corse dopo il lockdown
Giro dell’Emilia 2020, prime corse dopo il lockdown
Da Ravenna a Roma il passo è grande, allenarsi non è semplice…

Per ora esco da sola. Però Luigi Bielli, che è l’allenatore della squadra sportiva Luiss, mi ha messo in contatto con un gruppo di persone che escono in bici e ho cominciato ad orientarmi. Per l’inverno starò qui, perché il clima è migliore e le ore di bici sono meno. Poi è chiaro che quando inizieranno le corse, tornerò in Romagna e seguirò le lezioni online. Ho messe le cose in chiaro, prima per me c’è la bici. E non avendo obbligo di frequenza, si riesce a fare tutto con estrema calma. Ognuno di noi ha un tutor che lo segue per lo svolgimento delle lezioni e per il programma degli esami. E’ fatto tutto ad hoc per ogni atleta. 

Che stagione è stata il 2021?

Un’annata molto dura. L’anno scorso mi sono infortunata al Giro d’Italia, ho preso una pubalgia cronica agli adduttori e sono stata per un anno a curarmela. Sono tornata alle gare negli ultimi due mesi, ho ottenuto il bronzo al tricolore derny e qualche piazzamento. Ora mi sono voluta fermare per recuperare al massimo e prepararmi bene per la stagione prossima. A ben vedere non ci sarà un momento in cui mi fermerò realmente, perché sono stata ferma tanto tempo. Si pensa alla preparazione invernale in vista del 2022.

Un abbraccio a papà Andrea Collinelli: «Una delle persone più importanti della mia vita»
Un abbraccio a papà Andrea Collinelli: «Una delle persone più importanti della mia vita»
Strada e pista o ci sarà da scegliere?

Entrambe, ma non è un mistero che pensi più alla pista. Alle Olimpiadi puoi andarci solamente così.

Sfogliando il tuo profilo Instagram, si capisce che il modello della ciclista un po’ maschiaccio è tramontato…

Le cicliste (ride di gusto, ndr) non sono più come una volta. A me piace farmi vedere in bici e anche in modi diversi. E’ fondamentale far vedere alla gente com’è oggi il nostro ciclismo. Che anche se è uno sport duro, abbiamo la nostra femminilità. Qui mi vedono in bici oppure in tuta, poi al pomeriggio tiratissima e sono un’altra persona. Noi donne abbiamo diverse sfaccettature ed è bellissimo che noi cicliste nascondiamo sotto la femminilità questo lato forte.

E’ davvero così duro questo sport?

Durissimo, sia mentalmente che fisicamente. Eppure proprio con l’infortunio ho capito che cosa io voglia fare davvero nella vita. Ho iniziato ad andare in bici che avevo 6 anni, mi è sempre uscito molto bene e molto facilmente. L’infortunio mi ha costretto a stare a casa, a non fare nulla e ho trovato la grinta. Voglio essere una ciclista affermata, è per questo che ho preso da anni la decisione di impegnarmi al massimo.

Pensi che tuo papà (Andrea Collinelli, ha vinto l’oro olimpico dell’inseguimento ad Atlanta 1996, ndr) sia stato l’ispirazione per cominciare?

Sicuramente il fatto di mio babbo mi ha aiutato molto, è difficile che una bambina di 6 anni scelga uno sport duro che fanno solo i ragazzi. A Ravenna eravamo solo due bimbe a praticare ciclismo. Ma senza di lui forse non avrei mai avuto la possibilità di avvicinarmi alla bici.

Collinelli-Sagan, foto ricordo alla Tirreno.Adriatico (foto Instagram)
Collinelli-Sagan, foto ricordo alla Tirreno.Adriatico (foto Instagram)
Secondo te una ragazzina di sei anni che vede le tue foto su Instagram può avere la voglia di cominciare a correre?

Sono sicura – dice con orgoglio – inizia anche lei. Questa cosa secondo me aiuta tantissimo. Quando avevo sei anni non conoscevo nessuna ragazza più grande di me che lo facesse. C’erano solo amatori, anziani e maschi. A Forlì già c’era più movimento. Il movimento femminile si è ampliato tantissimo ed è un bene per tutti. La prima volta che sono uscita a Roma ho trovato due ragazze che mi hanno indicato la strada da prendere e sono rimasta colpita. Due ragazze affiancate sulla Salaria, tranquillissime…

Prima hai parlato di Parigi. Potrebbe essere un obiettivo?

Parigi è l’obiettivo, assolutamente. Sono comunque giovane, perché avrò 22 anni, ma ce la metterò tutta per arrivarci. C’è una bella concorrenza interna. Loro a Parigi avranno l’età giusta, io sarò ancora giovane. Bisogna tenere i gomiti larghi, ma fra noi abbiamo tutte dei bei rapporti e non vedo l’ora di tornare in pista fra un paio di mesi.

Nel 2019 ad Harrogate, Sofia Collinelli è stata ottava al mondiale juniores della crono
Nel 2019 ad Harrogate, Sofia Collinelli è stata ottava al mondiale juniores della crono
Con Salvoldi continui a sentirti?

Con Dino abbiamo buonissimi rapporti. Mi ha chiesto come stessi con l’infortunio. Il suo consiglio è stato curarmi al 100 per cento, non c’è fretta. Un po’ per il periodo e un po’ perché sono giovane. Ho avuto l’infortunio a 19 anni, è meglio curarsi bene per essere libera poi di spingere. Non mi ha dato pressione e anzi è stato un bell’appoggio.

Com’è passare da Ravenna a Roma?

Roma è gigante, infatti dico a tutti che mi sembra di stare in ritiro. Metà giornata in bici e metà a studiare. Per andare in centro minimo devi avere tre ore da perdere. Da quando sono qui, non sono riuscita ad andarci, eppure a due chilometri e mezzo c’è via del Corso. Qui ho pochissime distrazioni, tutti i giorni a duemila. Questa cosa mi piace tantissimo, penso solamente a me stessa e a fare le cose per bene.

Nei primi test di preparazione agli esami, già un 28 e un 29: si marcia bene… (foto Instagram)
Nei primi test di preparazione agli esami, già un 28 e un 29: si marcia bene…
C’è un po’ un clima da villaggio olimpico?

Non ancora, perché di atleti di alto livello in questi giorni siamo davvero pochi. C’è in giro Avola (scherma, ndr), mentre gli altri sono ancora in stagione. A volte vengono per gli esami in presenza, quindi è il modo per incontrarci. Veniamo trattati da atleti olimpici al cento per cento. Finalmente ho trovato un ambiente ottimale per allenarmi, quindi per inseguire i miei sogni, e per studiare. E’ la prima volta che in Italia ci sia una cosa del genere.

E allora in bocca al lupo…

Grazie, crepi!

Viviani a Roma, la maglia olimpica e quella del 2022

10.06.2021
5 min
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Facciamo il punto, ti va? Elia Viviani, primo ciclista portabandiera alle Olimpiadi, è a Roma per la presentazione della maglia con cui correranno a Tokyo le squadre di ciclismo, anche se poi la maglia presentata ieri nel Salone d’Onore del Coni è quella da allenamento, dato che in tutte le specialità si correrà con il body. Nei giorni scorsi e già durante il Giro si è parlato delle condizioni del veronese e tante voci si sono sommate senza che lui abbia detto la sua. Perciò in attesa di correre alla Adriatica Ionica Race e prima di entrare nella fase decisiva della preparazione per Tokyo, eccolo qua. Calmo, lucido, rinfrescato dagli otto giorni passati a Livigno.

Viviani ha portato a Roma un ricordo di Rio per il Presidente del Coni Malagò e il Segretario Generale Mornati (a sinistra)
Viviani ha portato a Roma un ricordo di Rio per Malagò e il Mornati
Un primo bilancio prima di ripartire?

I risultati dicono che il Giro non è andato troppo bene. Però sono tornato a stare bene in bici. Sento di essere me stesso e ho ripreso a lavorare in modo diverso. La Adriatica Ionica Race si farà per mettere ancora ritmo in un mese in cui non ci saranno gli europei.

I compagni che saranno con te dicono che faranno di tutto per farti vincere la prima tappa ad Aviano.

La vittoria alleggerisce tutto. L’assenza degli europei pesa. Il quartetto ha comunque il riferimento del cronometro, ma non sai che tempi fanno gli altri. Sarà così per tutti, perché tranne qualche gara classe 1 come Fiorenzuola (30 giugno-5 luglio) e San Pietroburgo (8-11 luglio), non ci sarà attività. Correre sarebbe servito per chi fa la madison per affinare l’intesa. In allenamento lavori sulla tecnica, ma non riuscirai mai a simulare l’imprevisto della gara.

Pensi di poter rientrare in ballo per il quartetto?

Penso ad allenarmi e dare il meglio di me. La selezione del quartetto è facile: se fai il tempo, sei dentro. Ma dovremo essere tutti in grado di dare un contributo per fare in due giorni tre quartetti da 3’48”. Credo che Villa farà le sue scelte nelle ultime prove.

La selezione si farà nei giorni in cui si sarebbero corsi gli europei?

Esatto. E bisognerà arrivarci bene. L’europeo sarebbe stato di passaggio, ci avrebbe aiutato a definire i ruoli. Manca un mese e mezzo alle Olimpiadi, non si dovrà essere al massimo a fine giugno.

Quindi sarebbe stato auspicabile correre gli europei con le scelte di Tokyo già fatte?

Magari non definitivamente, perché la selezione si sarebbe svolta su campo. La gara sarebbe servita per dare gli ultimi segnali, non per cercare la prestazione. Dobbiamo comunque andare con garanzie. Sappiamo benissimo che ci sono delle pedine fisse e altre che devono guadagnarsi il posto. I ragazzi lo sanno, la tensione a Livigno si sentiva.

Ecco la maglia della nazionale per Tokyo anche se gli atleti correranno con il body
Ecco la maglia della nazionale per Tokyo anche se gli atleti correranno con il body
Quando hai fatto l’ultimo quartetto di alto livello?

Di fatto dagli europei di Glasgow nel 2018, che vincemmo. Ora spingono due denti in più, ma già allora tecnicamente ci si era spostati in questa direzione.

Il Giro tornerà utile in vista di Tokyo?

E’ stato un bel blocco di lavoro, svolto nei tempi giusti. Ora si può aggiungere la qualità tramite i lavori specifici.

Si è letto che lascerai il tuo treno e andrai a correre alla Eolo-Kometa?

Non c’è niente di definito e il problema è che non mi piace fallire, come è stato finora. Io so di essere ancora il Viviani di due anni fa e non voglio voltare le spalle al mio gruppo. Ogni risultato aiuterà a cambiare le cose, per cui a Lombardi (il suo procuratore, ndr) ho chiesto di lasciarmi tranquillo fino a dopo Tokyo. Ma fra le opzioni, tengo ancora bene in vista la Cofidis. Mi piacerebbe continuare con Consonni, Sabatini e mio fratello Attilio. Solo non è questo il momento di pensarci. Abbiamo appena visto la maglia delle Olimpiadi…

A Roma, anche la Pinarello per le prove di gruppo, nel colore per Tokyo, legato alla maglia
A Roma, anche la Pinarello per le prove di gruppo, nel colore per Tokyo, legato alla maglia
Che effetto fa?

E’ sempre un momento particolare. Viene voglia di onorarla, è l’inizio ufficiale dell’avventura. Dobbiamo arrivare a Tokyo, guardarci indietro e dirci di aver fatto tutto il possibile. I due giorni di Rio in cui ho vinto l’oro sono stati i più facili della mia carriera. Proprio per tutto quello che avevo fatto prima.

Gazzoli vince il Liberazione e lo dedica a Silvia Piccini

25.04.2021
6 min
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«Sono entrato secondo in curva – racconta Gazzoli che ha appena vinto il Gran Premio della Liberazione – era una volata lunga. Mi sono messo a ruota di un corridore molto forte: Puppio. Per me è stata proprio l’entrata perfetta e sicuramente anche la pista mi ha dato una mano, perché mi ha dato la freddezza di far partire un altro corridore prima di me, in modo da accorciarmi la volata. L’ho preso come punto d’appoggio ed è stata la volata che sogni dalla sera prima. Sinceramente nei giri precedenti non ci ho pensato, per non fasciarmi troppo la testa. Non ho mai guardato neppure l’entrata in curva, anzi… l’ho sempre sbagliata! Il piano poteva essere che i compagni mi tirassero la volata, ma li devo ringraziare per tutta la fatica che hanno dovuto fare prima. Non è semplice fare un lavoro del genere negli under 23. Abbiamo un morale che è sopra alle stelle». 

Il Team Colpack, tirato da Gidas Umbri, ha controllato tutto il giorno
Il Team Colpack ha controllato tutto il giorno

Due presidenti

Alla fine del rettilineo di arrivo, Gazzoli parla accanto a Giuseppe Di Leo, direttore sportivo del Team Colpack-Ballan. Poi di colpo Michele si sposta e va verso il centro della strada, dove sono appena arrivati Persico e Boscaro.

«Questa è per voi, ragazzi – dice – la devo a voi ed è per voi. Grazie!».

Si abbracciano e si scambiano pacche che parlano di un viaggio finito bene e di un’intesa forte. Alla festa manca Gidas Umbri, che ha tirato come un martello per più di due giri, quando davanti c’era la fuga e bisognava tenerla a tiro.

Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli
Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli

Roma ha accolto la corsa con una giornata finalmente primaverile. Nella zona del traguardo, mentre i corridori si rincorrevano, si sono visti il neo presidente Dagnoni e poco distante anche l’ex Di Rocco. C’era De Candido, cittì degli juniores, venuto a seguire i più giovani. E c’era Fausto Scotti, tecnico del cross, che con la sua società sportiva ha organizzato il Liberazione degli allievi, ultima prova di giornata.

Tutti per uno

Il Liberazione è tornato dopo due anni di buco: il primo per l’impossibilità degli organizzatori di metterla in strada, il secondo per il Covid. La concomitanza sfortunata ha voluto che un bel numero di corridori fosse al Giro della Romagna di ExtraGiro: questo fornisca uno spunto a chi compone i calendari.

Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato
Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato

Fughe ci sono state, su tutte quella del giovane Vinokourov con la maglia del Principato di Monaco, ma prima la Israel Cycling Academy e poi il Team Colpack hanno messo i fuggitivi nel mirino e non c’è più stato spazio per nessuno. Volata doveva essere, volata è stata.

«E’ andata come volevamo – dice Di Leo, tecnico della Colpack – siamo partiti per Gazzoli, perché è quello che stava meglio. Si è assunto le sue responsabilità. Abbiamo dovuto lavorare tanto, chiudendo ovunque, però se la sono meritata ed è bello raccogliere quello che semini. La vittoria di Gazzoli è la ciliegina sopra alla torta. Lo abbiamo coperto, lo abbiamo protetto, ci abbiamo creduto. Toccava a lui, ma sono stati bravi tutti i ragazzi. Persico sapeva di dover lavorare per lui. Non è scritto nulla, nelle fughe dai la possibilità a tutti, però negli ultimi sei giri ci siamo messi davanti, andando regolari e tirando per Michele. Questo risultato lo sblocca. Non viene da un momento facile. Non è stato bene, ma ci ha sempre creduto. E’ un ragazzo che lavora tantissimo, sa di essere forte e di poter ottenere buoni risultati».

A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga
A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga

Un anno storto

Adesso Michele è in attesa di essere premiato e i minuti trascorsi gli permettono di mettere in ordine le idee.

«La squadra mi ha dato tutta la fiducia possibile – racconta – tutti i miei compagni. Devo ringraziarli tantissimo, perché hanno fatto un lavoro superbo. La fuga era segnata perché c’eravamo noi. Eravamo qua per fare gli ultimi 400 metri a tutta e siamo contenti, perché finora è stato un anno d’oro per la Colpack. E’ la 13ª vittoria in due mesi e quando si corre così si fa molta meno fatica e viene tutto semplice.

Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985
Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985

«Quanto a me… la vittoria mi sblocca tanto! Quest’anno è stato difficile. Il 4 gennaio ho preso il Covid. Me ne sono sbarazzato il 25, quindi sono stato fermo quasi un mese. Ho ricominciato per due giorni, ho avuto un problema a un ginocchio e sono stato fermo altri 20 giorni. Ho ripreso oltre metà di febbraio, sono andato in Croazia e il 13 marzo sono caduto e sono stato fermo per 8 giorni. Adesso è un mese che sono in bici. Provo sensazioni molto migliori dell’anno scorso, anche perché ho una fiducia in me stesso che sono riuscito a ritrovare l’anno scorso e questo mi dà molta gioia. Ho ritrovato il Michele di prima. Ho fatto due anni un po’ cupi, perché non riuscivo a trovare me stesso. Grazie alla mia ragazza Camilla che mi è stata vicino, sono riuscito a riprendermi e a ricredere a me stesso e così ora me la godo. E oggi però mi godo Roma, perché saremo qui fino a domani»

Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci
Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci

Dedicato a Silvia

Il passaggio finale però dà i brividi. Anche Michele cambia tono e per qualche istante la gioia della vittoria sparisce dai suoi occhi.

«Quando siamo in bici – dice – noi abbiamo sempre paura. Questa settimana abbiamo perso Silvia Piccini, un’altra ragazza giovanissima. Dedico a lei questa vittoria. E’ la conferma di quanto sia pericoloso per noi andare sulle strade, quindi questo vuole essere un appello a tutti a prestare più attenzione sulle strade. Non abbiamo la corazza, abbiamo il nostro corpo e per quanto possiamo sembrare grandi, restiamo fragili. Mando un grande abbraccio ai suoi genitori. Volevo sensibilizzare sull’argomento della sicurezza stradale. A casa abbiamo tutti una famiglia che ci attende, quindi deve esserci rispetto reciproco».

Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla
Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla

Il minuto di raccoglimento prima del via ha riportato l’argomento al centro della strada, guai abbassare la guardia. Questo è il momento per sorridere, mantenere la concentrazione sul tema sicurezza è dovere di tutti noi.

Roma in bicicletta e il GRAB: ne parliamo con Conti

31.03.2021
4 min
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Cosa ci fa Valerio Conti con la sua Colnago nel Parco degli Acquedotti, poi sull’Appia Antica, lungo la ciclabile del Tevere e sul Ponte della Musica di Roma? Per un giorno il corridore del Uae Team Emirates si è messo a nostra disposizione, andando a scoprire le rotte del Grab, il Grande Raccordo Anulare della Bicicletta.

Cos’è il GRAB

L’hanno definito “la più bella ciclovia virtuale del mondo”. Un anello di 45 chilometri dedicato alla mobilità ciclopedonale di Roma, che per ora resta solo sulla carta. Collegherebbe centro storico, quartieri periferici, parchi naturali, urbani e rurali, i due fiumi della città, piste ciclabili esistenti e future. Via Appia Antica, Terme di Caracalla, Ghetto, Lungotevere, Villa Borghese, Villa Ada, riserva naturale dell’Aniene, parco degli Acquedotti, museo Maxxi, Auditorium. Sono solo alcuni tra i siti più noti uniti dal raccordo delle bici. Il progetto, costruito da associazioni locali e nazionali (VeloLove, Legambiente e altre), in collaborazione con cittadini e studi professionali (tutti volontari), ha l’ambizione di riqualificare spazi urbani degradati, riconquistando aree di vivibilità per milioni di cittadini e turisti.

L’acqua da uno dei tanti “nasoni”, tipiche fontane della Capitale
L’acqua da uno dei tanti “nasoni”, tipiche fontane della Capitale

Roma e le bici

Non è per niente facile il rapporto tra la Capitale e il mondo delle due ruote, ma qualcosa si muove. Tra 2019 e 2020 il boom di richieste per il bonus bici ha fatto letteralmente sparire le biciclette dai negozi di Roma. In un anno le vendite sono aumentate del 200%. Per quanto riguarda le infrastrutture, però, è tutta un’altra storia. Un anello che in altre metropoli europee si realizzerebbe in pochi mesi, nella Capitale stenta a decollare.

«Eppure non si tratta di un semplice girotondo – ricorda Alberto Fiorillo, ideatore del Grab – ma di un volano per riqualificare il territorio con risvolti economici considerevoli, capace di attirare, secondo uno studio di Confindustria, fino a 600mila turisti l’anno».

Tradotto in euro: 14 milioni di euro il primo anno che si triplicherebbero nell’arco dei quattro successivi.

Il tratto di ciclabile lungo il Tevere è uno dei più battuti
Il tratto di ciclabile lungo il Tevere è uno dei più battuti

L’esperienza dei pro’

Con Valerio Conti, 28enne ciclista professionista romano, abbiamo percorso alcuni tratti della ciclovia. Ci ha svelato i luoghi dei suoi allenamenti e ci ha raccontato le sue impressioni sulle piste ciclabili capitoline. Valerio corre dal 2017 per il UAE Team Emirates e quando torna nella sua città, nel suo quartiere di Colle Prenestino, per allenarsi preferisce le salite delle colline tra Tivoli e San Polo dei Cavalieri, non entra mai in centro.

«Purtroppo a Roma non ci sono buone piste ciclabili – dice – mentre in Belgio e in Olanda le percorro spesso per allenarmi. Sono realizzate bene, sono pulite. Lì si respira una cultura diversa, che favorisce la ciclo-mobilità. Anche in Liguria, a Sanremo, esiste la ciclovia della Riviera dei Fiori: è fatta talmente bene che ci si può anche correre. La frequento spesso». 

Pulite e sicure

Sulle caratteristiche che dovrebbero avere le piste ciclabili per essere appetibili anche da un professionista come lui, magari solo per una passeggiata sulle due ruote, Valerio ha le idee chiare.

«La sicurezza in primo luogo – dice – gli automobilisti non possono parcheggiare sulla pista e molto spesso a Roma è la prassi. Devono essere abbastanza larghe, in modo tale che due ciclisti riescano a incrociarsi comodamente».

Corsa a ostacoli

Una storia lunga e segnata da ostacoli, quella del Grab. Ma la vicenda non era partita male: il progetto nel 2016 era stato finanziato, assieme ad altre nove ciclabili di importanza nazionale, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il ministro di allora era Graziano Delrio, quello che inforcava tutti i giorni la sua bicicletta e che s’innamorò a prima vista del Grab. La palla è finita al Comune e sono passati ormai cinque anni. 

I tempi della politica e della burocrazia in Italia, purtroppo, non sono gli stessi immaginati da chi auspicherebbe una rivoluzione della mobilità e un cambio di passo rapido verso una drastica riduzione delle auto in città.