Alla Vuelta con Hindley, parole e gambe da leader ritrovato

29.08.2025
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Dietro al sorriso di Jai Hindley si nasconde una gran voglia di tornare a stupire. Tutti guardano Vingegaard o si interrogano sul dualismo in casa Uae, ma zitto zitto il vincitore del Giro d’Italia 2022 si sta ritagliando un ruolo in questa Vuelta e sogna di arrampicarsi fino al podio di Madrid.

Le prime frazioni ci hanno restituito l’australiano che avevamo imparato a conoscere sulle nostre strade con il secondo posto del 2020 e l’apoteosi rosa di due anni dopo all’Arena di Verona. Sembra superato l’incidente nella tremenda sesta tappa del Giro dello scorso maggio (poi neutralizzata dalla giuria) che l’aveva costretto a un lungo recupero. Tant’è che proprio in questi giorni di Vuelta è arrivata anche l’attesa convocazione in nazionale per i mondiali in Rwanda. Ulteriore testimonianza di una gamba convincente.

E’ il 29 maggio del 2022 quando nell’Arena di Verona Hindley festeggia la vittoria del Giro con l’allora Bora-Hansgrohe
E’ il 29 maggio del 2022 quando nell’Arena di Verona Hindley festeggia la vittoria del Giro con l’allora Bora-Hansgrohe

Talento ritrovato

La Red Bull-Bora-Hansgrohe si è assicurata per gli anni a venire Remco Evenepoel, così da tamponare anche un eventuale ritiro nelle prossime due stagioni di Primoz Roglic, che ai media sloveni ha confessato il desidero di tornare agli sport invernali. Ritrovare un Hindley al top può ulteriormente rafforzare la corazzata tedesca per il 2026 e aprire più scenari.

«Ritornare a fare il capitano – comincia a raccontare il ventinovenne di Perth – è bello. Abbiamo tanti leader e tanti ottimi corridori in squadra, per cui bisogna cogliere l’occasione quando si presenta. Aspettavo la Vuelta da inizio anno perché sapevo che avrei avuto spazio. E’ stato davvero brutto essere costretti a lasciare così presto il Giro a causa di una caduta. Da quel momento ho cercato di riprendermi e concentrarmi per arrivare con la miglior forma a questo appuntamento».

La partenza da Torino ha gasato Hindley, che ama l’Italia essendo stato anche U23 in Abruzzo
La partenza da Torino ha gasato Hindley, che ama l’Italia essendo stato anche U23 in Abruzzo

La guardia italiana

A Limone Piemonte la Red Bull ha lanciato Pelizzari per provare a scardinare le certezze di Vingegaard. Il piano non è riuscito, ma ha dimostrato che il sesto posto al Giro del ventunenne marchigiano, che ieri ad Andorra ha invece conquistato la maglia bianca, è soltanto l’inizio. «Jai lo vedo tranquillo – dice Pellizzari – è sereno. Ama l’Italia per cui l’inizio di Vuelta nel nostro Paese l’ha caricato e noi crediamo molto in lui».

Accanto a lui, Aleotti e Sobrero compongono la guardia italiana del leader. Nella cronosquadre, Sobrero è stato vittima di un’altra caduta (la sua ruota anteriore ha toccato quella di Aleotti), ma i raggi in ospedale hanno scongiurato il peggio. Il risultato di squadra a Figueres, al netto dell’incidente, è stato confortante, con appena 12 secondi persi dalla Uae della strana coppia Almeida-Ayuso e appena quattro dalla Visma di Vingegaard.

Della guardia italiana di Hindley alla Vuelta fanno parte Pellizzari e Aleotti (con lui in apertura) e anche Sobrero
Della guardia italiana di Hindley alla Vuelta fanno parte Pellizzari e Aleotti (con lui in apertura) e anche Sobrero

Futuri sposi

«Abbiamo tre italiani giovani e forti», prosegue Hindley. «Giulio ha un grande talento e sono certo che sarà una delle stelle del vostro movimento ciclistico per il futuro. In più, è anche un bravissimo ragazzo, così come Matteo e Giovanni, che sono sempre molto disponibili».

Anche se poi in zona mista si nasconde dietro il più sicuro inglese, Jai capisce l’italiano, che viene talvolta utilizzato in corsa in casa Red Bull. D’altronde, la promessa sposa ed ex ciclista a livello giovanile Martina Centomo è lombarda: i due convoleranno a nozze al termine della stagione, a novembre. Ed è stata proprio la futura signora Hindley a raccontarci qualche retroscena, dopo aver terminato l’impegno con l’organizzazione per la partenza italiana della Vuelta (ha tradotto in inglese per le tv internazionali la team presentation di Torino) ed essere tornata in modalità tifosa sia alla cronosquadre sia nell’arrivo in salita in Andorra.

«Fa il timido – rivela Martina – ma a volte l’italiano lo parla e si sforza. Anzi, proprio l’altro giorno, uno dei tecnici mi ha detto che anche in radio l’ha utilizzato per segnalare un pericolo. Dicendo: occhio a sinistra».

Giro 2025, Hindley con Martina, sua futura moglie. E’ il giorno prima della caduta e del ritiro
Giro 2025, Hindley con Martina, sua futura moglie. E’ il giorno prima della caduta e del ritiro

Lei che lo vede da vicino, conferma le nostre buone impressioni: «Nonostante la sfortunata caduta di Matteo, il risultato della cronosquadre ha evidenziato che sono un team molto affiatato. Jai l’ho visto ricaricato e, dall’altro lato, anche rilassato e sicuro di sé e del lavoro che ha fatto per arrivare al meglio in questa Vuelta. In più, è contentissimo della convocazione mondiale, perché sarà leader anche lì».

L’intervento al naso

Insomma, per il podio bisognerà fare i conti con la voglia di riscatto dell’australiano che oramai è anche un po’ italiano. «In pochi lo considerano in chiave classifica finale – continua Martina – forse anche per le sfortune che ha avuto di recente, ma lo vedo finalmente tornato al top.

«Lo scorso anno è stato un calvario, perché è sempre stato ammalato tra una gara e l’altra. Non è riuscito a dar seguito al buon terzo posto della Tirreno-Adriatico (dietro a Vingegaard e Ayuso, ndr). Così, a fine stagione, si è sottoposto a un’operazione per sistemare il setto nasale deviato, visto che poi lui soffre di parecchie allergie di stagione. E devo dire che quest’anno ne ha tratto i benefici».

Il 2024 si era aperto con il terzo podio alla Tirreno dietro Vingegaard e Ayuso, poi Hindley ha dovuto operarsi al setto nasale
Il 2024 si era aperto con il terzo podio alla Tirreno dietro Vingegaard e Ayuso, poi Hindley ha dovuto operarsi al setto nasale

Resettato al 100 per cento

Hindley ha dimostrato anche una grande resilienza, quando la sfortuna si è messa di nuovo di traverso con la caduta al Giro, come conferma la compagna.

«Ricordo com’era conciato quando sono andato a trovarlo in ospedale – ricorda Martina – appena mi sono liberata dagli impegni di lavoro con Rcs al Giro. Ha avuto un sacco di aiuto dalla squadra e poi è dovuto stare una settimana a casa dei miei genitori in provincia di Varese perché non poteva muoversi. Poi ha continuato con la riabilitazione suggerita dal team, al Red Bull Athlete Performance Center in Austria, sia dal punto di vista fisico sia mentale. Era molto giù di morale dopo quanto accaduto. Vedeva i suoi sforzi vanificati da un incidente di corsa, ma si è tirato su le maniche e si è preparato al meglio per la Vuelta. Tra riabilitazione, fisioterapia e attenzione alla nutrizione, l’hanno resettato al 100 per cento e da luglio era pronto per l’allenamento in quota a Livigno».

Il 4° posto della Red Bull-Bora nella cronosquadre di Figueres, a 12″ dalla UAE Emirates, parla di una squadra molto unita
Il 4° posto della Red Bull-Bora nella cronosquadre di Figueres, a 12″ dalla UAE Emirates, parla di una squadra molto unita

Voglia di podio

Jai non si tira indietro e fissa l’obiettivo: «Il percorso della Vuelta propone diverse opportunità per attaccare e tanti begli arrivi in salita in cui posso far bene. Più che una singola tappa, la priorità è sempre un bel piazzamento nella classifica finale. Vingegaard è in grande forma e abbiamo visto come ha vinto a Limone, rientrando persino dopo una caduta: chapeau! Comunque, noi combatteremo ogni giorno e vedremo che risultato verrà fuori».

Delle due precedenti partecipazioni spagnole, il miglior risultato resta il nono posto del 2022, quando a trionfare fu il futuro compagno Remco. Vediamo se la Vuelta italiana lo riporterà sul podio di un Grande Giro. 

Evenepoel e le grandi manovre per restare il terzo incomodo

10.08.2025
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Mentre la Red Bull-Bora-Hansgrohe sta vivendo una fase insolita della sua stagione, con il licenziamento apparentemente immotivato di tre tecnici nel cuore dell’estate, in Belgio si fa un gran parlare dell’arrivo di Evenepoel nella squadra tedesca. Si va per punti e dubbi, con una serie di domande cui nessuno può ancora fornire risposta. Il mondo Red Bull è impenetrabile, hanno imparato con la Formula Uno e quello sembra essere il loro standard di riferimento.

«Dobbiamo trovare il Max Verstappen del ciclismo», disse lo scorso anno Ralph Denk, fondatore e manager della squadra subito dopo l’accordo con Red Bull, che ha fatto della squadra uno dei colossi del WorldTour. Stando al quotidiano tedesco Bild, il budget sarebbe passato da 40 a 50 milioni di euro, raggiungendo il UAE Team Emirates e la Visma Lease a Bike. Purtroppo però Denk ha dovuto accettare il fatto che il divario sportivo sia ancora notevole e che di questo passo il Max Verstrappen del ciclismo non sarebbe mai arrivato. Per questo alla fine si è puntato su Evenepoel, il ragazzo d’oro, quello che dovrebbe mettere le ali alla Red Bull.

Ralf Denk ha chiuso il rapporto con il ds Gasparotto dimenticando che deve a lui la vittoria del Giro 2022
Ralf Denk ha chiuso il rapporto con il ds Gasparotto dimenticando che deve a lui la vittoria del Giro 2022

La squadra spaccata

Remco non vedeva l’ora e ha accettato, con il benestare della Soudal Quick Step che forse non vedeva l’ora di perderlo. Nell’annunciarne la partenza, la squadra belga ha anche bruciato l’annuncio della Red Bull, svelandone la destinazione. Da più parti all’interno della squadra si faceva notare che Evenepoel fosse una stella a se stante, avulso dal concetto di Wolfpack. Per questo anche i compagni, forse, hanno iniziato a voltargli le spalle.

Dopo la prima tappa del Tour, quando Remco è rimasto attardato a causa dei ventagli, le sue parole alla stampa contro la squadra hanno lasciato il segno. Tanto che all’indomani del suo ritiro, fatto un lavoro stellare per far vincere Paret Peintre sul Mont Ventoux, il suo amico Van Wilder ha dichiarato: «Dicevano che non eravamo abbastanza forti. Ora dico loro: Fanculo perché stiamo vincendo sul Ventoux».

Se però la sua ambizione è quella fondata di avere una squadra più forte, alla Red Bull-Bora troverà fior di corridori con cui insidiare Pogacar e Vingegaard. Hindley, Vlasov, Dani Martínez, Pellizzari (speriamo di no!) e persino Roglic, se a Primoz starà bene.

Evenepoel e Vanthourenhout: i due hanno vinto mondiali e Olimpiadi di strada e crono. Qui Wollongong 2022
Evenepoel e Vanthourenhout: i due hanno vinto mondiali e Olimpiadi di strada e crono. Qui Wollongong 2022

Lo staff stellare

Oltre ai corridori, Evenepoel troverà un ambiente fortemente vocato allo sviluppo tecnologico, a partire da Specialized, con cui Remco ha un rapporto personale e che fornisce al team anche l’abbigliamento. In aggiunta, dello staff della squadra fa parte Dan Bigham, l’ingegnere che nello sviluppare la bici per Ganna stabilì a sua volta il record dell’Ora. E dato che Remco sogna di batterlo a sua volta, la presenza del britannico potrebbe servirgli in una doppia chiave: le crono e la pista.

La squadra dovrebbe ingaggiare il suo storico direttore sportivo, Klaas Lodewyck, a sua volta in scadenza di contratto con la Soudal-Quick Step. Dalla Visma è arrivato Asker Jeukendrup, autorità in materia di nutrizione sportiva. Dan Lorang, allenatore di Jan Frodeno, il più grande triatleta di tutti i tempi, allenerà singoli atleti. C’è anche Peter Kloppel, Responsabile delle Prestazioni Mentali presso il Red Bull Performance Centre, che ha lavorato anche con Verstappen. Remco sarà circondato dai migliori esperti e su tutti vigilerà Sven Vantourenhout, l’ex tecnico della nazionale belga, che ha guidato le più grandi vittorie di Evenepoel ai mondiali e alle Olimpiadi.

Al Tour di quest’anno, Evenepoel ha vinto la crono di Caen, ma con distacchi meno ampi del previsto
Al Tour di quest’anno, Evenepoel ha vinto la crono di Caen, ma con distacchi meno ampi del previsto

Lipowitz e i tedeschi

Come la mettiamo con Lipowitz? La squadra è tedesca, Florian pure. L’eco delle sue prestazioni al Tour ha riacceso i riflettori sul ciclismo nel Paese che lo aveva bandito dopo i casi di doping del passato: come verrà digerito l’arrivo del campione belga?

Nel suo primo Tour, a 24 anni, Evenepoel è arrivato terzo dietro Pogacar e Vingegaard. Lipowitz ha fatto lo stesso, mentre quest’anno Remco al Tour ha deluso in modo importante, subendo per giunta la supremazia di Lipowitz anche al Delfinato.

In questa fase da chiacchiere da bar, la stampa belga si attacca anche a dettagli che sarebbero risibili, ma bastano per infiammare i tifosi. Scrivono infatti che nel Tour del 2024, Evenepoel produsse un rapporto tra watt e chili migliore rispetto a quello di Lipowitz quest’anno. Lo stesso distacco da Pogacar penderebbe dalla parte del belga, staccato di 9’18” lo scorso anno, contro gli 11′ di Lipowitz qualche settimana fa.

Ma tutto sommato, perché la squadra dovrebbe scegliere? La Visma non ha dimostrato che agendo con due leader si riesce a correre meglio contro Pogacar? Durante il Tour uscì la voce per cui il giovane tedesco non volesse rinnovare il contratto finché non si fosse fatta luce sull’arrivo di Evenepeol. In realtà pare che Lipowitz abbia ancora un anno di contratto, per cui i due dovranno imparare a convivere. Evenepoel sarà in grado di aiutare il compagno se egli si rivelasse più forte? Oppure chiederà che Lipowitz venga mandato al Giro, tenendo per sé la ribalta del Tour?

Anche Lipowitz, come Evenepoel, si è piazzato terzo a 24 anni nel primo Tour della carriera
Anche Lipowitz, come Evenepoel, si è piazzato terzo a 24 anni nel primo Tour della carriera

I dubbi su Evenepoel

Tutto questo dando per scontato che Evenepoel possa trovare nel suo motore il necessario per tenere testa a Pogacar e Vingegaard. Ha vinto una Vuelta in modo rocambolesco. E’ arrivato terzo al Tour del debutto. Ma per il resto ogni sua altra partecipazione ai Grandi Giri ha lasciato a desiderare, sacrificando nel suo nome le sue chance nelle grandi classiche.

La Red Bull ci crede e obiettivamente il suo nome, per ora sulla fiducia, è il solo spendibile, a parte quello di Ayuso, in una ipotetica rincorsa alla maglia gialla. Remco è davvero all’altezza di quei due? Non sembra così, ma forse può crescere. La Red Bull-Bora intanto sembra sempre più la BMC dei primi tempi che si riempì di schiere di corridori forti senza mai riuscire a farne una squadra.

L’allontanamento dei tre tecnici continua sembrarci alquanto strano. Ci può stare che la squadra voglia uno staff votato alla causa di Remco e non gente che difenda le potenzialità dei corridori che già ci sono, ma perché farlo ora? Puoi anche decidere che il modo migliore per ristrutturare la tua casa sia buttarla giù e costruirla dalle fondamenta. Solo che abbatterla mentre dentro c’è ancora gente suona francamente poco lungimirante.

Roglic e Lipowitz: analisi, tattiche e speranze Red Bull

24.07.2025
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COURCHEVEL (Francia) – Nel bene e nel male, sono stati i protagonisti della giornata: parliamo dei ragazzi della Red Bull-Bora. Nel bene perché ci hanno provato, nel male perché probabilmente i piani non sono andati come si aspettavano. La carne al fuoco per la squadra tedesca non mancava: il podio, la maglia bianca, la tappa (in apertura foto ASO / Billy Ceusters).

E infatti oggi sul Glandon sono stati tra i primi ad accendere la miccia con Primoz Roglic, peccato che la loro tattica si sia scontrata con il “famigerato piano” della Visma-Lease a Bike, quel piano che vanno millantando fin dalla vigilia del Tour de France

Ma torniamo a noi e alla Red Bull. Proviamo dunque a fare un’analisi della giornata tattica in tre passaggi: la squadra, l’azione di Florian Lipowitz e quella di Roglic.

Dai chilometri finali della Madeleine fino quasi al termine della sua discesa, Florian Lipowitz è rimasto a lungo da solo
Dai chilometri finali della Madeleine fino quasi al termine della sua discesa, Florian Lipowitz è rimasto a lungo da solo

La squadra e la corsa

Come detto, la carne al fuoco non era poca e per fortuna, oseremmo dire. In fin dei conti, lo squadrone di Ralph Denk fin qui ha raccolto davvero poco: un secondo posto ieri con Jordi Meeus. Vero ci sono ancora in ballo un possibile podio e una possibile maglia bianca. Ma è relativamente poco per una corazzata simile.

E così ecco che in fuga ci va Primoz Roglic. Per la tappa e per portarsi avanti. In questo modo avrebbe chiamato allo scoperto, come poi è successo, anche Oscar Onley e gli altri immediati inseguitori nella classifica generale. In modo da far restare coperto Lipowitz.

E tutto sommato il piano architettato dal direttore sportivo Enrico Gasparotto stava andando benone. A rompergli le uova nel paniere, come detto, ci ha pensato la Visma sul Col de la Madeleine. Lì l’accelerazione di Jorgenson e Vingegaard ha distrutto il vantaggio di Roglic e messo in difficoltà Lipowitz. Il quale poi, costretto al recupero, ha speso l’ira di Dio in vista della scalata finale.

Recupero che, una volta fermatosi Jorgenson, si è trasformato in contrattacco per Lipowitz. Insomma, la squadra sin lì si era mossa bene.

Il tedesco ora conserva podio e maglia bianca per soli 22″ su Onley
Il tedesco ora conserva podio e maglia bianca per soli 22″ su Onley

La tenacia di Lipowitz

Sulla Madeleine, la risposta agli affondi di Vingegaard è costata cara a Lipowitz. Per oltre 45 minuti, la maglia bianca ha lottato in solitudine per cercare di rientrare. Quando c’è riuscito, è partito al contrattacco.

Questa azione non è stata facile da comprendere e poteva sembrava quantomeno azzardata. Ma poi, analizzando i tempi di scalata, forse si è rivelata la mossa giusta per salvare capra e cavoli, vale a dire podio e maglia bianca. Di fatto, Florian si è avvantaggiato e ha fatto tutto, ma proprio tutto, il Col de la Loze di passo, come fosse una cronoscalata.

Lipowitz ha sempre perso terreno, dal primo all’ultimo metro della Loze. Giusto quindi mettere nel sacco quei 2’20” all’imbocco dell’ultimo colle. Tanto più che Oscar Onley, a dire il vero anche un po’ a sorpresa, ha tirato fuori dal cilindro una prestazione mostruosa. Non dimentichiamo che sulla Madeleine si era staccato. Era finito nel gruppo con Vauquelin e Johannessen e quando Lipowitz è scattato l’inglese ancora era dietro. Ora l’atleta della Pic Nic-PostNL è a soli 22” da podio e maglia bianca.

«Perché ho attaccato? Ho cercato di spingermi oltre – ha detto Lipowitz a una radio tedesca – ma negli ultimi dieci chilometri ho capito che l’energia era finita. Da lì in poi è stata una vera tortura. In particolare gli ultimi due chilometri: sono stati un inferno. Sinceramente non credevo che Onley e Johannessen sarebbero rinvenuti sul nostro gruppo visto quanto erano dietro. Sono stati molto forti, quindi mi tolgo il cappello davanti a loro. Anche Roglic è andato forte. Dovremo fare un piano per domani».

Roglic (con a ruota Onley) potrebbe essere l’ago della bilancia di questa doppia sfida. Siamo curiosi di vedere come andrà domani
Roglic (con a ruota Onley) potrebbe essere l’ago della bilancia di questa doppia sfida. Siamo curiosi di vedere come andrà domani

L’esperienza di Roglic

Di certo l’avvicinamento di Roglic a questo Tour de France non è stato dei migliori. Si è ritirato dal Giro d’Italia con più botte che tappe fatte… e aveva già due settimane di corsa nelle gambe. Poi i vari malanni quando era in altura a Tignes. Eppure eccolo lì: è quinto nella generale. E’ andato benissimo nelle due cronometro e oggi, a un certo punto, è stato anche sul podio virtuale della Grande Boucle.

Nella discesa dalla Madeleine, nonostante fosse stato in fuga, per qualche breve tratto si è anche messo a disposizione di Lipowitz. E’ successo in un paio di occasioni, quando Felix Gall aveva provato a scappare.

Forse neanche lui si aspettava un Onley così forte nel finale. Roglic ha pagato dazio negli ultimi tre chilometri del Col de la Loze, incassando quasi 50” da Onley. Però… C’è un però che rende il bicchiere mezzo pieno per Roglic e per la Red Bull-BORA. Stamattina al via da Vif, per lo sloveno il podio distava 2’39”, stasera 1’48”.

E sì che i due ragazzini che ha davanti, uno dei quali è il suo compagno Lipowitz, potrebbero pagare le fatiche di oggi sommate a quelle di domani, con altri 4.500 e passa metri di dislivello. Roglic è uno che esce alla distanza.

Insomma, la sfida per il podio e per la maglia bianca è apertissima e super intricata. Immaginiamo che questa notte il direttore sportivo Enrico Gasparotto avrà più di qualche pensiero per difendere podio e maglia bianca. O per attaccare…

Crescita e speranze di Lipowitz, parla il cittì tedesco

05.07.2025
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Siamo veramente sicuri che Primoz Roglic sarà l’unico capitano alla Red Bull nel Tour che parte oggi? Perché se c’è qualcosa che il Giro d’Italia ha insegnato al team tedesco è avere un’alternativa. La corsa rosa ha visto l’esplosione piena di Pellizzari, al Tour molti confidano che arrivi quella di Florian Lipowitz, capace all’ultimo Delfinato di dare battaglia anche ai grandi favoriti della corsa francese: Pogacar e Vingegaard. E’ vero, una corsa di tre settimane cambia tutto, ma alla Red Bull ci credono e tengono il loro gioiello molto protetto, preservandolo anche dai contatti con la stampa.

Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?
Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?

La voce del cittì

C’è però qualcuno che ormai lo conosce bene e punta forte su di lui anche per ragioni personali. E’ Jens Zemke, il nuovo cittì della nazionale teutonica, anche se il termine “nuovo” non è forse quello giusto.

«Sono già stato allenatore della nazionale per quattro anni – racconta – fino all’appuntamento di Wollongong nel 2022. Poi mi sono ritirato perché non riuscivo più a conciliare il mio lavoro con quello dei diesse alla Bora Hansgrohe. Troppe gare. Troppi contatti da tenere, considerando le varie selezioni perché non si parlava solo di quella elite. Tra l’altro, è un ruolo per il quale non si percepisce stipendio in Germania. Se lo fai, lo fai quasi gratis. Così dopo il quadriennio è subentrato André Greipel. Quest’anno però la federazione me l’ha chiesto di nuovo: “Conosci le strutture, conosci tutti, ci sei ancora dentro. Sei molto vicino a tutti gli atleti del ciclismo, quindi puoi farlo di nuovo?” Io sono incuriosito dall’esperienza in Rwanda, non vedo l’ora, così ho detto sì».

Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Quest’anno europei e mondiali avranno un percorso difficile, per scalatori: è un percorso adatto ai corridori che hai in mente?

Sì, perché sta arrivando una nuova generazione di scalatori tedeschi. Con Florian che è un po’ la guida, ma non c’è solo lui. C’è Marco Brenner, ad esempio. Io sono molto ottimista e penso che possiamo raggiungere qualcosa d’importante. Se guardi agli ultimi anni, siamo sempre stati bravi negli sprint. Ma per le scalate, arrivare tra i primi tre, cinque o dieci, era difficile. Abbiamo avuto Schachmann che è stato protagonista anche alle Olimpiadi. Ma io devo pensare anche che non tutte le squadre sono contente di mandare i propri corridori in Rwanda. Anche perché serve un ritiro in alta quota prima, quindi almeno una settimana. E’ uno dei miei primi compiti, contattare tutti i corridori e faremo anche una chiamata con la Federazione per spiegare qual è il nostro piano.

Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Florian Lipowitz secondo te è solo un uomo da corse a tappe o può emergere anche nelle corse di un giorno?

Nelle corse di un giorno non ha fatto grandi cose. Nelle corse a tappe ha trovato la sua dimensione. Quello mondiale è un percorso super duro, con quasi 5.000 metri di dislivello. Potrebbe essere adatto a lui, dipende da come ci arrivi. Ho già parlato con il suo allenatore, dobbiamo convincerlo delle sue possibilità. Vedremo come andranno le prossime settimane.

Tu hai corso all’epoca di Ullrich: c’è qualcosa che te lo ricorda?

Per certi versi sì. Lipowitz lo conosco sin da quand’era giovanissimo e correva con la Tirol. E poi l’ho visto nel 2021, al suo secondo anno nel team austriaco. L’ho incrociato con la Bora e in salita faceva la differenza. Così l’ho invitato per gli europei a Trento. Erano tutti corridori di piccoli team. Così sono entrato in contatto con lui, si è evoluto piano piano. Sia sulle tattiche, come stare in gruppo, come muoversi e trovare spazio. Ma si vedeva che ha un motore enorme, quindi lo abbiamo portato alla Bora come stagista.

Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Che cosa potrà fare alla Grande Boucle?

Non mi aspetterei troppo. Il capitano lì è Roglic. Ma lui può ritagliarsi degli spazi. E’ un ragazzo super simpatico e determinato, saprà cogliere le occasioni ma bisogna anche stare attenti a non pretendere troppo, va lasciato tranquillo. Farà quello che la squadra gli chiede. Lo conosco e spero che facciano bene con lui. Perché quello che avete visto nel Delfinato è stato incredibile. Anche nella cronometro. Ma il Tour è un po’ diverso, tutti arrivano in ottima forma e ognuno fa l’ultima messa a punto, quindi dobbiamo vedere.

Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Nell’epoca di campioni di oggi, quanto è difficile per i giovani farsi strada nelle squadre del WorldTour?

Ora è anche più facile di prima. Io sono diventato professionista a 27 o 28 anni. Vincevo ogni anno, ma nessuno se ne accorgeva. Ora se mostri un po’ di talento da junior hai la strada spianata. Hai subito un contratto con la squadra di categoria. Se mostri buone prestazioni nella squadra di categoria, ti prendono nella squadra professionistica. E’ uno sport che diventa sempre più giovane e non è detto che sia solo un bene. Qui devi migliorare ogni anno per mantenere quello che hai.

Sobrero: «Non vedo l’ora di tornare (veramente) in gruppo»

12.06.2025
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Matteo Sobrero stava viaggiando su un treno con destinazione Svizzera. E’ questa la Nazione che ha visto e che vedrà riprendere la sua stagione agonistica: il Tour de Romandie a maggio, adesso il GP Aargau e soprattutto il Tour de Suisse.


L’alfiere della Red Bull-BORA non si era visto per un po’, quando a metà marzo è caduto in allenamento, riportando una commozione celebrale e la frattura dello zigomo, tanto che è stato trasportato in ospedale con l’elisoccorso. Poi finalmente è riapparso al Romandia, anche se per lui ci sono state solo quattro tappe. Ma l’importante era esserci. E adesso? Adesso è lui che ci spiega come stanno le cose…

Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Matteo, si ricomincia insomma?

Si ricomincia. Avevo ripreso al Romandia ma è già passato un po’. Poi il ritiro in quota a Sierra Nevada e ora ho proprio voglia di ributtarmi nel gruppo.

Come è andata con quella caduta?

Adesso tutto bene e ormai è un capitolo chiuso. Mi sento meglio. E’ stato un brutto incidente, ma anche la squadra è stata molto vicina nel recupero e mi ha dato tempo per il rientro. E infatti sono cambiati i piani.

E quali erano?

Dovevo fare le Ardenne, il Giro d’Italia e prima la Sanremo. E ora vedremo se farò il Tour de France o la Vuelta.

Che poi, da quel che abbiamo saputo, hai avuto problemi anche di equilibrio?

Di equilibrio e non solo. Ho avuto una commozione cerebrale pesante. Facevo persino fatica a guardare il telefono, dovevo stare al chiuso, al buio. Non sopportavo la gente o la confusione. Ho iniziato con i rulli, ma solo dopo 15 giorni di fermo assoluto. Poi, dopo un’ulteriore settimana, ho ripreso su strada. E’ stato un vivere alla giornata. Di positivo c’è che almeno ho passato parecchio tempo a casa.

Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
E come è andata al Romandia?

Ho fatto una grande fatica. Ho fatto fatica proprio a tornare in gruppo. Tante cose che erano normali, normali non lo erano più. Mi richiedevano una certa concentrazione. E’ stata una cosa strana.

Quando hai sentito davvero di aver fatto uno step in avanti?

Dopo due mesi dall’incidente ho iniziato a sentirmi come prima e mi sono detto: ci siamo. In bici facevo quello che volevo e da lì ho ricostruito la condizione fisica. Poi l’altura con la squadra, riprendere quella routine mi ha aiutato tantissimo. E mi ha dato modo anche di non pensarci troppo.

E ora a correre finalmente! Come affronti questo Giro di Svizzera?

Diciamo che è importante questo blocco: GP Aargau e Tour de Suisse. Il capitano sarà Vlasov, magari io avrò qualche possibilità in qualche tappa, visto che di ondulate ce ne sono diverse. Tappe ideali per fughe e attacchi.

E gli italiani?

Stavo per dire infatti che dopo la Svizzera per me ci saranno i campionati italiani: sia a crono che su strada. E lì, in quei giorni, saprò se farò il Tour o la Vuelta. In entrambi i casi dirò okay. E lo farò con un sorriso sincero.

Perché?

Perché il Tour è il Tour, ma anche la Vuelta quest’anno non è cosa da poco per me. Passa da dove sono cresciuto, Alba, e quindi ci tengo parecchio. Per entrambe le corse la motivazione non manca, mettiamola così!

Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Che ci dici dei tuoi compagni al Giro?

Eh, il Giro l’ho seguito. Mi è dispiaciuto per Primoz. So che ora sta facendo l’altura, ma per conto suo: è a Tignes. E’ davvero tanto che non lo vedo, dal Teide. E dire che invece dovevamo fare parecchie gare insieme, ma poi è andata come è andata. Tra quelli che mi hanno colpito chiaramente c’è Giulio.

Pellizzari, ovviamente…

Avevo detto subito che sarebbe esploso. Lo avevo già detto a tanti che avrebbe fatto vedere qualcosa di buono molto presto perché lo vedevo in allenamento. E sono davvero contento per lui, perché oltre al corridore è davvero un ragazzo bravissimo. Solare, attento… E’ bello lavorare con lui.

A proposito di compagni, chi c’era con te a Sierra Nevada?

Eravamo in otto in tutto: Vlasov, Lipowitz, Pithie, Fisher-Black, Adrià, Fisher-Black… Un bel gruppo, lavorato bene.

Chiudiamo con un po’ di progetti e speranze, Matteo. Prima hai detto che in questo Tour de Suisse ci sono diverse tappe ondulate. Ne hai già segnata qualcuna di rosso? O non si dice nulla per scaramanzia?

No, no… Guarderò il da farsi giorno per giorno. Poi consideriamo anche che dopo l’altura è sempre un po’ un enigma. Curiamo prima di tutto Vlasov e poi ogni giorno sarà diverso. Io non dico niente, non so a che percentuale di forma sono. Prima corro e poi saprò giudicare. Diciamo però che sto bene…

Quattro minuti di sorrisi e promesse correndo accanto a Pellizzari

03.06.2025
4 min
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ROMA – Il popolo che si stringe attorno a Giulio Pellizzari è composto da persone che ne apprezzano la semplicità e la grinta. Solo che rispetto allo scorso anno, si tratta di un popolo ben più numeroso. E così camminare e parlare con il marchigiano della Red Bull-Bora dopo l’arrivo dell’ultima tappa del Giro d’Italia significa essere investiti da continui richiami, complimenti e applausi. Lui sorride a tutti e intanto racconta, con quel sorriso luminoso che ha mostrato dopo ogni arrivo: anche i più duri.

Lo abbiamo già detto: al Giro non doveva neppure esserci. Poi dalle parole del coach Artuso abbiamo scoperto che le sue prestazioni erano parse già così buone al Catalunya da aver persuaso la squadra a valutare l’opzione rosa. Felice come un bimbo, Giulio si era perciò presentato al via da Tirana, orgoglioso e motivato dall’idea di aiutare Roglic. Quando poi lo sloveno è caduto e si è fermato, la squadra ha dovuto resettare le impostazioni di partenza e lui ha raccolto con motivazione lo scettro di Primoz. Il bello, il segno del riconoscimento da parte dei compagni è stato nel loro votarsi alla causa. Anche Martinez, secondo nel 2024, e come lui Aleotti, che dopo quel Giro andò a vincere il Giro di Slovenia. Pellizzari capitano non è parsa un’idea balorda. E lui, stringendo i denti, in cinque tappe si è arrampicato dal diciottesimo al sesto posto generale.

Questa intervista è stara realizzata camminando accanto a Pellizzari subito dopo il traguardo finale di Roma
Questa intervista è stara realizzata camminando accanto a Pellizzari subito dopo il traguardo finale di Roma
Quanto è stato difficile cambiare il chip in questo giro?

Credo – sorride – che quella forse è stata la cosa meno dura di questo Giro. Alla fine ho fatto quello che avevo fatto anche nelle prime due settimane, sono stato sempre davanti con Primoz. Solo che nella terza settimana non c’era lui, ma ero solo.

Nel giorno in cui lui si è fermato, tu sei arrivato terzo a San Valentino. E’ vero che eri più dispiaciuto per lui che soddisfatto della tua prova?

Abbastanza, è vero. Quando ho realizzato che non avremmo vinto il Giro con lui sono rimasto parecchio male. E’ stato un dispiacere. Però alla fine ho visto che lui era sereno e contento che continuassimo e mi sono buttato nella terza settimana come meglio ho potuto.

Hai dovuto fare i conti con un ruolo nuovo per te, con un intero squadrone che ti ha eletto leader. Come è stato?

Alla fine mi sono divertito. Sono convinto che in futuro si potrà fare e questa è la consapevolezza maggiore che mi porto a casa dal Giro d’Italia.

La maglia bianca l’ha vinta Del Toro con 5’32” di vantaggio, a Pellizzari la palma di miglior giovane italiano
La maglia bianca l’ha vinta Del Toro con 5’32” di vantaggio, a Pellizzari la palma di miglior giovane italiano

Pellizzari-Caruso: gregari diversi

Lo chiamano per nome. Lo incoraggiano. Lo sospingono. Per qualche secondo ci fanno cogliere il privilegio di essere accanto a raccogliere le sue parole. Nel Giro in cui Caruso è stato il primo degli italiani, Pellizzari ha acceso la fantasia con un attacco che ne lasciava presagire altri. Li avevamo accomunati in un singolare articolo che li dipingeva come gregari diversi – Caruso per il giovane Tiberi, Giulio per l’esperto Roglic – ed entrambi sono diventati leader delle loro squadre.

La differenza rispetto al Pellizzari dello scorso anno sta nel fatto che la doppia scalata del Monte Grappa fu il gesto di un giovane fuori classifica, lasciato andare e poi sbranato da Pogacar. Gli attacchi di quest’anno sono venuti dal gruppo dei migliori e la differenza non è certo banale.

Insieme sul traguardo di Sestriere, a 7’10” da Harper. Fra Pellizzari e Del Toro rivalità e amicizia
Insieme sul traguardo di Sestriere, a 7’10” da Harper. Fra Pellizzari e Del Toro rivalità e amicizia
Che effetto fa sentirti chiamare così?

E’ un’esperienza, un’emozione unica. E speriamo che siano sempre di più.

Dopo San Valentino pensavi fosse più facile, ammesso che sia mai stato facile?

Lo ammetto, credevo che avrei avuto altre possibilità e che sarebbe stato più facile, ma forse è stata solo l’emozione del momento. Perché la gamba di San Valentino non l’ho più avuta. Sono andato bene sul Mortirolo, ma se avessi avuto la gamba dei giorni precedenti, avrei guadagnato di più.

Ugualmente, se prima del via ti avessero detto che avresti chiuso il Giro al sesto posto, come avresti risposto?

Impossibile (ride di gusto, ndr).

Qual è stato il momento più duro?

Quando dopo la tappa di Siena, Primoz ha perso due minuti e mezzo. E’ stato il primo giorno in cui ho creduto che forse non ce l’avremmo fatta a vincerlo.

E il più bello?

Sempre dopo la tappa di Siena, quando ci siamo fermati in Autogrill a prendere delle birre e abbiamo festeggiato il giorno di riposo…

Pellizzari, il Catalunya, il Teide, il Giro: coach Artuso racconta

30.05.2025
8 min
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CESANO MADERNO – Tutti i giorni entro le 19, gli allenatori della Red Bull-Bora-Hansgrohe devono inviare al tecnico responsabile del Giro l’analisi dei dati di gara dei loro atleti. Da quest’anno, la squadra di Ralf Denk ha stabilito che i coach non siano presenti alle gare, ma si occupino dei training camp. Per questo motivo, Paolo Artuso in questi giorni si trova a Sierra Nevada con il gruppo del Tour e lì lo raggiungiamo telefonicamente alla vigilia della tappa di Champoluc, quella in cui il suo pupillo Giulio Pellizzari potrebbe replicare l’ottima prestazione di San Valentino di Brentonico.

La curiosità è tanta: quanto vale il marchigiano in questo Giro conquistato in extremis, in cui si trova per giunta senza il capitano che lo aveva voluto al via? Non si parla chiaramente di un neoprofessionista, ma di un atleta giovane che corre tra i grandi già dal 2023, eppure il salto nel WorldTour è una prova impegnativa, per la quale finora Giulio si è fatto trovare pronto.

Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla Bahrain
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla Bahrain
Dicci, Paolo, come sta davvero Pellizzari?

Fino ad ora, è andato veramente forte. Già nella tappa dello sterrato ha fatto numeri importanti, come pure nella tappa di Asiago e anche in altre occasioni era sempre lì che sgambettava. Sia a livello numerico che soprattutto a livello di feeling, la situazione è ottima. La tappa di San Valentino lo ha fatto vedere. Per quelli che sono i suoi valori, ha fatto un numerone. Più che altro ha espresso ottimi valori dopo 5.000 metri di dislivello. E’ stato quasi vicino al suo best dell’anno: era già andato molto forte anche al Catalunya. Anche nei test ha fatto un bello step in avanti rispetto agli anni scorsi e il trend di questo Giro sta mostrando delle grandi prestazioni in sforzi dai 5 ai 30 minuti.

Il fatto che riesca a fare un best dopo 5.000 metri nella terza settimana vuol dire che abbiamo di fronte un atleta per i Grandi Giri?

Noi l’abbiamo preso, vedendo in lui un talento per i Grandi Giri. Stavamo cercando un corridore per questo tipo di terreno. Non è un atleta per sforzi brevi ed esplosivi, ma ha un grande motore per le salite lunghe. Poi, se necessario, ci si può anche dedicare a corse come le Ardenne oppure una Tirreno-Adriatico qualora il percorso non fosse tanto duro, allenando delle qualità su cui al momento magari è un po’ meno brillante.

Da quanto tempo lavori con lui?

Lo conosco da un po’ di anni, gli ho fatto un test quando era allievo di secondo anno o juniores di primo. Giulio è un po’ anche veneto per parte di suo padre, ha i nonni veneti che abitano abbastanza vicino a casa mia, nell’altra valle. In passato ci siamo visti qualche volta e gli ho fatto dei test. Invece a livello puramente professionale, abbiamo iniziato a ottobre dell’anno scorso, senza toccare nulla di quello che faceva con la Bardiani. Ci siamo visti al Giro del Veneto l’anno scorso, che era l’ultima gara e da lì abbiamo iniziato a lavorare un po’ più a stretto contatto per la transizione da una squadra all’altra.

Giro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lunghe
Giro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lunghe
Se dovessi dirlo ora, che corridore era il Pellizzari che hai trovato a ottobre?

E’ molto forte. Lo è sul passo, quindi ha delle potenze molto alte a livello di soglia. In più ha anche un buon motore a livello di massimo consumo d’ossigeno. Diciamo che non ha una grande potenza anaerobica: è poco glicolitico, come diciamo noi. Vuol dire che sulle salite brevi soffre perché a livello muscolare ha fibre lente. Di conseguenza, più sono lunghe le salite, più viene fuori la sua qualità maggiore. Quando ci sono 5.000 metri di dislivello, lui fa un po’ meno fatica degli altri. La doppia scalata del Monte Grappa dello scorso anno è la prova di questo, ma noi lo seguivamo già da tempo.

Avete dovuto cambiare di tanto la sua preparazione rispetto a quella precedente?

Devo dire che ha lavorato bene. Quando prendo un nuovo corridore, faccio anche una ricognizione del suo storico. Vado a vedere che cosa ha fatto e in che modo e devo dire che con Reverberi ha lavorato molto bene. Ha fatto una base ottima, quindi l’atleta che abbiamo accolto aveva già un ottimo livello, sia sul piano strutturale che mentale. Quindi nel suo caso il progetto giovani della Bardiani sta funzionando, non possiamo dire il contrario, e lui ne era il faro. Poi però quando è arrivato nella struttura più grande della nostra squadra, abbiamo messo un po’ di ordine nelle cose.

In che modo?

Essendo WorldTour abbiamo un calendario gara più certo e questo fa sicuramente comodo. Abbiamo impostato il lavoro in altura in modo da dargli due stimoli prima del Giro d’Italia, che era quello che volevo. Due periodi di tre settimane, che puoi concederti perché avere un budget superiore ti aiuta anche a lavorare meglio. Magari in passato non riusciva a fare due blocchi prima del Giro e tantomeno blocchi di tre settimane. Quindi fondamentalmente abbiamo lavorato così. Giulio ha passato un inverno tranquillo e con una progressione graduale del carico. Abbiamo aggiunto più palestra, più base aerobica nell’inverno, poi avrebbe dovuto fare il UAE Tour, ma si è ammalato. Per questo lo abbiamo spostato sul Catalunya e gli abbiamo prospettato un’altra altura, perché anche in Spagna sarebbe stato un uomo importante per Roglic.

Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)
Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)
Quando si è cominciato a parlare del Giro?

Durante le alture, nei test che facciamo per vedere come stanno, avevamo già iniziato a parlarne nello staff performance. C’erano numeri che facevano propendere per quella scelta e così, proprio durante il Catalunya, abbiamo deciso di impostarlo sul Giro d’Italia che inizialmente non era nel programma. Di solito funziona che prima facciamo un ragionamento tra di noi, poi lo proponiamo al corridore, perché se è motivato nel fare le cose, funziona molto meglio. E lui è stato subito contento, perché già gli avevamo fatto un mezzo… torto a non farlo partecipare alla Tirreno, che arrivava davanti casa sua. Così quando gli abbiamo detto che avrebbe corso in Italia, era super contento.

Cosa ha previsto il cambio di piano?

Dopo il Catalunya abbiamo fatto una settimana di riposo completo, senza toccare la bici. E poi siamo ritornati al Teide. Sono state tre settimane scarse, perché ho preferito mandarlo alla Liegi perché facesse esperienza e perché non l’aveva mai fatta.

Un ragazzo così giovane sul Teide con Roglic: come si è trovato?

Giulio è vivace, di conseguenza è tutto più facile. Inoltre il gruppo del Giro d’Italia è ottimo, vanno tutti d’accordo. Un inserimento super naturale.

I tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più gioviale
I tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più gioviale
Hai parlato di aumento del carico, ma stiamo parlando di un corridore che era già professionista da tre anni, no?

Chiaramente non si è lavorato come con un neopro’. Abbiamo dosato i carichi, ha fatto un po’ meno volume di quelli più grandi. Poi lo abbiamo mandato a casa per 10 giorni prima del Giro d’Italia, per aiutare l’aspetto mentale. Gli ho tolto un pochettino di alta intensità e ho mantenuto la palestra anche sul Teide e prima del Giro d’Italia. Abbiamo aumentato il minutaggio di soglia, perché alzandola di un po’, vai a migliorare anche il massimo consumo d’ossigeno. Insomma, quando c’è un motore grosso, allenarlo è abbastanza semplice.

Se dovessi individuare ora un miglioramento necessario?

Dobbiamo ancora capire quanto sia forte a cronometro e a livello aerodinamico. Dobbiamo spendere del tempo su questo e lo faremo sicuramente il prossimo inverno. Deve migliorare a livello tattico, deve sprecare un po’ meno. Se sei forte tatticamente, vuol dire che sei forte anche mentalmente e questo avviene con la maturazione naturale. Stare sempre davanti e sempre al posto giusto mentalmente è molto dispendioso. Perciò non deve avere fretta di bruciare le tappe, perché ancora può crescere, non è ancora al massimo.

E’ preciso nel lavoro?

Fa tutto al 100 per cento. Mi sono seduto con lui parecchie volte per spiegargli le cose. Se capisce perché deve fare certi lavori, lui come gli altri, ti seguono al massimo. Io di solito spiego sempre le motivazioni per cui fanno determinate cose piuttosto che altre. Il nostro lavoro è quello di individualizzare il carico di lavoro. Ogni corridore è differente dall’altro e questo si capisce dai file e dai profili fisiologici. Per cui si inizia a fare il test del lattato, poi il massimo consumo oppure si calcola la capacità glicolitica e via dicendo. Facendo tutte queste cose, hai un quadro veramente generale dell’atleta ed è più facile per noi individualizzarne il lavoro.

Bene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormente
Bene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormente
Giulio è parso irresistibile a San Valentino, un po’ meno a Bormio: cosa dicevano i suoi file?

Ha fatto il Mortirolo molto bene e nel finale, con quel tipo di percorso più esplosivo e meno adatto a lui, si è difeso bene. Poi sicuramente aveva speso molto il giorno precedente, ma complessivamente bene anche nella tappa di Bormio.

E come sta recuperando?

Avere tante fibre rosse lo aiuta a recuperare velocemente. Ogni giorno mi scrive: «Incredibile, che gamba che avevo!». Ci sentiamo tutti i giorni, perché guardare solamente i numeri è limitante. Dobbiamo abbinare i numeri al feeling del corridore, come quando fai un test del lattato. Guardi la frequenza cardiaca, guardi la potenza media, riguardi la concentrazione di acido lattico, però l’altra cosa che chiedi è la percezione dello sforzo. Perché se anche la percezione dello sforzo corrisponde alla fatica metabolica, allora tutto quadra e la lettura è corretta.

Il resto è uno spiegare il ruolo del coach di riferimento con cui scambiare feedback giornalmente, che si prende cura persino degli orari dei voli da prenotare in funzione degli allenamenti. E’ una struttura complessa, individuata dal team per avere ogni aspetto sotto controllo. E’ il professionismo 3.0, necessario per correre a certi ritmi. Speriamo solo che al dunque, se si tratterà di scattare, Pellizzari attinga ai numeri dell’anima, getti via la bandana e morda l’aria come ha fatto martedì. Quel tipo di agonismo non passa nel computer, basta guardarlo negli occhi per capirlo.

Attacco di Pellizzari, primo assaggio. Il Giro è ricominciato

27.05.2025
5 min
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SAN VALENTINO – Pellizzari arriva, si ferma, beve, indossa la mantellina, poi resta in silenzio. Nel giorno in cui Roglic è stato costretto al ritiro dai dubbi precedenti e da un’altra caduta, il marchigiano della Red Bull-Bora-Hansgrohe ha attaccato sulla salita finale, mancavano 11 chilometri all’arrivo. Del Toro staccato, come aspettava di fare da almeno due anni. Le mani al centro, sempre seduto, il rapporto lungo girato rapidamente. In questi mesi nella nuova squadra, la sua posizione è diventata più composta ed efficace. Si è fatto riprendere da Carapaz che arrivava da dietro come una furia, poi lo ha staccato nuovamente. Terzo al traguardo, nono in classifica generale e ancora resta in silenzio.

Piazzola sul Brenta, Pellizzari al via: Giulio è un po’ veneto per via di suo padre e il pubblico qui lo adora
Piazzola sul Brenta, Pellizzari al via: Giulio è un po’ veneto per via di suo padre e il pubblico qui lo adora

Fresco e allegro

Potresti immaginare che gli passi per la testa chissà cosa, invece di colpo si scuote, si rivolge a Umberto Martini che è lì col suo microfono RAI e gli dice: «Allora, si comincia?». Ride quando l’altro gli dice che stava aspettando che si riprendesse, ma la verità è che Giulio sta bene. E’ fresco e risponde con il tono di chi sapeva già tutto.

«Ve l’avevo detto – sorride – che arrivava il mio momento e oggi è arrivato. Lo abbiamo detto ieri, è arrivato oggi. Quindi a volte basta essere solo un po’ un po’ fiduciosi. E questa storia dei team WorldTour stranieri non è assolutamente vera, perché se uno ha le gambe ti lasciano andare senza problemi».

Lo staff si prende cura di lui come del cucciolo di casa. Gli danno da bere. Gli passano la mantellina e poi il fasciacollo. Il berretto. Lo aiutano a indossare tutto e intanto scambiano il cinque e il sorriso. Il ritiro di Roglic è stato un duro colpo per la squadra venuta in Italia per vincerne il Giro, ma forse la scoperta di Pellizzari può rendere il boccone meno amaro. Se non fosse stato per Primoz, Pellizzari al Giro non sarebbe neppure venuto. E forse è un segno che nel giorno del suo ritiro, il testimone sia stato raccolto proprio da lui. Come quando nel 1997 Pantani si ritirò per la caduta del Chiunzi e il testimone passò a Garzelli, che imparò a vincere e chiuse quel Giro al nono posto. La stessa posizione di Pellizzari, che può fare ancora molto per migliorarla.

Con Del Toro, bestia nera negli U23, nella tappa di Asiago, che Pellizzari ha corso accanto a Roglic
Con Del Toro, bestia nera negli U23, nella tappa di Asiago, che Pellizzari ha corso accanto a Roglic
Quando si è capito che Primoz si stava fermando, ti è arrivato il via libera della squadra?

Sì, è stato tutto uno scoprire. Abbiamo aspettato di vedere come stava Primoz, perché era giusto che continuassimo a credere in lui. Poi quando lui si è fermato, mi hanno detto: «Giulio, fai la tua gara!». Primoz invece non ha detto nulla, ma credo fosse normale. Non era un bel momento, abbiamo solo saputo che si stava fermando. Purtroppo in una rotonda è caduto di nuovo, quindi forse era il segno che era meglio che andasse a casa e che recuperasse. Sappiamo tutti il corridore che è e non c’era bisogno di mostrarlo qua con tutta questa sfortuna.

Sapevi di stare così bene?

Sì, lo sapevo e sono semplicemente andato a tutta. Sono partito dal basso perché avevo in testa la vittoria, ma sapevo anche che la fuga aveva ancora tanto margine. Alla fine sono arrivato a 55 secondi, non è bastato. E allora ci riprovo, proviamo a vincere una tappa. So che andando in fuga dall’inizio è sempre un po’ rischioso, ma avendo le gambe posso permettermi di rischiare sull’ultima salita. Oggi ci sono andato vicino, ma non finisce qui.

Il secondo attacco per togliere di ruota Carapaz e conquistare il terzo posto
Il secondo attacco per togliere di ruota Carapaz e conquistare il terzo posto
Carapaz ti ha ripreso e andava fortissimo, però tu sei riuscito a staccarlo nel finale. Significa che hai una grande condizione?

Un po’ quello e un po’ diciamo che forse negli ultimi giorni avevamo accumulato tanta rabbia. Domenica stavo davvero bene, ma sono restato vicino a Primoz ed era giusto così. Oggi volevo solo dimostrare che stavo bene. Sulla penultima salita ho preso tanto morale e quindi alla fine mi sono divertito.

Da quanto tempo non aprivi così forte il gas per un risultato personale?

Diciamo che alla fine questo è il sesto mese di Red Bull, quindi da sei mesi. Ma ora ci saranno altri 10 anni per aprire il gas.

C’è qualcosa che in questi giorni sei riuscito a rubare da Roglic, correndo al suo fianco?

Ho cercato di rubargli tutti i segreti del pre e del dopo tappa. In gara lui corre sempre molto bene, sempre davanti. A volte è un po’ un po’ sfortunato, però il suo modo di correre mi affascina e cerco di imparare il massimo.

Si può dire che oggi hai dimostrato di essere il più forte in salita?

Magari in qualche tappa mi sono risparmiato, quindi oggi ho riscosso per tutti i fuorigiri non fatti.

Appena arrivato, le cure del suo massaggiatore e poi le parole con gli inviati presenti
Appena arrivato, le cure del suo massaggiatore e poi le parole con gli inviati presenti

La dedica speciale

Ci sono giorni nella vita di un inviato che restano nella memoria e diventano metri di paragone. Non ha vinto e non sappiamo se lo farà nelle prossime tappe. Ma ha messo sull’asfalto la sua bellissima sfrontatezza e gli crediamo quando dice che si è divertito. Ora è coperto di tutto punto, risponde a due domande in inglese e poi si avvia verso la discesa per raggiungere il pullman, con l’immancabile fischietto al collo.

Stasera saremo a cena a casa di Stefano Casagranda, ex pro’, organizzatore della Coppa d’Oro e padre della sua compagna Andrea. Gli racconteremo di averlo visto scattare e siamo certi che la battuta arriverà affettuosa e spietata come sempre. Come siamo certi che scendendo Giulio abbia avuto nel petto la dedica che avrebbe voluto fare. E conoscendolo siamo altrettanto certi che non perderà l’occasione per riprovarci. Che abbia vinto o no, questo è un giorno che in tanti ricorderemo a lungo.

Hindley toglie ogni dubbio: «Al Giro tutti per Roglic»

04.05.2025
3 min
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LIENZ (Austria) – Una delle ultime occasioni per guardare negli occhi i protagonisti del prossimo Giro d’Italia ce l’ha offerta il Tour of the Alps. Così, al termine di cinque giorni davvero tosti nei quali ci sono stati continui rimescolamenti di classifica, è giunto il tempo di fare dei bilanci concreti. O per lo meno di cercare di farli. Se la Lidl-Trek e la Tudor hanno trovato le risposte che cercavano da parte dei loro leader non si può dire lo stesso della Red Bull-Bora-hansgrohe

Il team tedesco era venuto a correre con Jai Hindley nei panni del capitano e leader unico. Dopo il ritiro in altura le sensazioni sono state altalenanti, con prestazioni che sono andate di pari passo. Lo squillo del campione è arrivato con il secondo posto di San Candido. Per il resto l’australiano con la verve del surfista è stato lontano dai riflettori ogni volta che la strada saliva e lui, inesorabilmente, si staccava.

Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Cosa porti a casa da questa corsa, ti aspettavi molto…

Vero, mi aspettavo sicuramente un risultato diverso. Sono state tutte giornate complicate a loro modo, sia per la difficoltà del percorso sia per il maltempo che ha colpito la penultima tappa. 

E’ stata una corsa molto aggressiva?

Siamo stati tutti al limite, credo. I protagonisti hanno corso alla grande e sono andati tanto all’attacco. Storer su tutti ha fatto vedere ottime cose. Non è stata una corsa ottimale per me, ma certe cose vanno così e va bene. Non resta che sperare di star meglio.

Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Dopo questo Tour of the Alps quale sarà il tuo passaggio verso il Giro?

Rilassarmi e prendere qualche giorno di riposo. Si è trattata di una corsa davvero dura, con salite impegnative. Penso sia stato un bene prendervi parte ed essere qui per fare un altro passo importante. 

Al Giro tutti per Roglic o dividerete i gradi di capitano?

Saremo tutti per lui e al suo servizio. Sarà lui il grande leader. Il Giro però è una corsa lunga e bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato.

Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Con l’arrivo di Roglic sono cambiati un po’ gli equilibri per te e la squadra?

Sicuramente le occasioni di essere il capitano unico in corsa sono meno rispetto a prima e bisogna sfruttarle (al Tour of the Alps Hindley non è riuscito in questo intento, ndr). Nonostante tutto credo che il ciclismo moderno, soprattutto nei grandi appuntamenti, sia destinato a questo. Le squadre forti come la nostra devono avere più di un leader. 

E’ una cosa che preclude qualche chance?

In realtà non proprio.  Ci si può giocare le occasioni e controllare meglio il finale. Penso sia una modalità che possa aiutare tutti.