L’altura è un elemento sempre più importante nell’insieme della preparazione. E si cerca di effettuarla in modo sempre più specifico e dettagliato. Per primo conta la location. Già, ma come si sceglie? E perché?
Paolo Artuso, uno dei coach della Red Bull-Bora, ci accompagna in questo viaggio tecnico, relativo appunto all’allenamento in quota. Solo qualche giorno fa Franco Pellizotti ci aveva spiegato perché aveva preferito portare Tiberi e gli altri ragazzi in rotta verso la Vuelta al Pordoi anziché a Livigno o magari a Sierra Nevada.
Paolo, dunque, come si sceglie il luogo dell’altura?
La discriminante principale resta la quota e quella ottimale è intorno ai 2.200-2.300 metri. Il secondo aspetto di cui si tiene conto è logistico: quanto è pratico quel luogo da raggiungere per lavorare e in che periodo della stagione si è. E per questo, d’inverno si tende ad andare sul Teide e d’estate si va a Tignes, sul Pordoi, Isola 2000, Sestriere… Mentre se devo fare scarico tra Tour e Vuelta, Livigno va benissimo. Il terzo aspetto è la metodologia che s’intende intraprendere, che a sua volta si basa su tre filosofie.
Quali?
Uno: vivo e dormo in alto e mi alleno in basso. Due: vivo e mi alleno in alto. Tre: mi alleno in alto e vivo in basso. Quest’ultima opzione, con gli anni, almeno nel ciclismo si è visto che funziona meno di tutte. Personalmente invece preferisco la prima di queste tre filosofie.
Perché? Anche Pellizotti più o meno era sua tua stessa linea…
Perché allenandosi in basso si riesce a lavorare meglio sulla soglia e sui volumi, mentre da quota 1.500-1.600 inizia a diminuire la potenza espressa e tutto diventa più complicato da gestire: i consumi… il logorio degli atleti… il recupero…
E per questo spesso in questa fase della stagione viene scartata la location di Livigno: non si può lavorare a quote troppo basse…
Poi è chiaro, se magari devi preparare anche qualche tappa che prevede salite altissime tipo lo Stelvio, magari fai anche qualche lavoro in quota.
Però proprio perché è più difficoltoso, se si spinge forte alle alte quote non si migliora di più?
Faccio fare qualche lavoro in quota, ma parliamo di cose corte: al massimo di 15″-20″. Quando si effettua un allenamento ci sono due carichi: quello interno, quindi soglia, battiti, fatica, e quello esterno, in pratica ciò che produci. Se lavori in quota guadagni da una parte, il carico interno, ma perdi dall’altra, il carico esterno. E allora qui ci si chiede: qual è l’obiettivo dell’altura? E’ aumentare la massa emoglobinica e da qui di conseguenza il Vo2Max e l’aumento della prestazione. Ma in tal senso è importante anche la preparazione del camp stesso.
Cioè?
Il camp in quota si prepara già la settimana prima facendo scarico. Al ritiro in altura si deve arrivare freschi altrimenti il rischio è quello di ammalarsi. Se si è stanchi e le difese immunitarie sono basse cambiando sede e andando in quota si aggiunge altro stress al fisico. Per questo che so, dopo un Catalunya, non li mandiamo subito in quota ma ai ragazzi facciamo fare scarico per almeno due o tre giorni. Semmai gli faccio fare un testa a casa, così da avere i parametri di riferimento per zone d’intensità e lavori.
Quale test?
Un classico incrementale. E da qui s’intensifica anche il contatto con lo staff medico e il nutrizionista per eventuali supplementazioni, visto che si consuma di più. Non mi riferisco solo all’alimentazione ma anche ad un supplemento di ferro, vitamine del gruppo B e vitamina D. E dopo si va in quota.
E lì cosa si fa?
I primi quattro giorni sono di totale adattamento. Quindi tre giorni di endurance tranquilli e uno di riposo. Dal quinto s’inizia a lavorare. In questa fase è importantissima tutta la parte del monitoraggio: saturazione, peso, qualità del sonno… L’altura di può dare vantaggi, ma è anche facile combinare dei “casini”.
Quanto dura l’altura? Una volta si parlava di due settimane…
Vero, se si arriva a 21 giorni è meglio. Lo dimostrano gli studi. Però dipende anche un po’ dalla testa del corridore. Non è facile per tutti restare in quota perché si fa davvero una vita monastica: mangiare, dormire, allenamento, massaggi. Stop. In queste tre settimane si cerca di aumentare il volume complessivo: si fanno anche 30 ore a settimana, ma mantenendo i lavori che si fanno solitamente a casa. La vera differenza, oltre alla quota, tra un camp e l’allenamento a casa è il monitoraggio dell’atleta.
Paolo, ma i lavori massimali non si fanno in altura? In teoria allenandosi forte in ambienti difficili la resa finale dovrebbe essere elevata.
Come detto prima se si fa parliamo di lavori corti, di pochi secondi in cui si resta nella fase anaerobica. Poi magari qualcuno li fa fare, ma personalmente preferisco di no. Non ho mai scritto nel programma dei miei atleti 5′ a blocco. In altura faccio fare gli stessi lavori che si fanno in basso: base, forza, Fat Max, soglia… La densità mitocondriale porta efficienza muscolare ma quando i mitocondri ci sono. Se faccio fare dei lavori a tutta e creo un ambiente acido i mitocondri muoiono. A tutta per davvero ci si va solo in gara.
Chiaro…
Alla fine si va in quota per avere dei miglioramenti a livello ematico cosa che apporta l’esposizione all’altura. Da qui l’incremento della massa emoglobinica.
Massa emoglobinica?
Stando in quota non solo aumenta la densità del sangue (più globuli rossi, ndr) ma anche la quantità. Faccio un esempio: se tu hai un chilo di emoglobina nel tuo corpo e in altura riesci ad alzarla anche solo dell’1 per cento significa che hai aumentato la tua massa emoglobinica di un grammo, ma questo aumento fa sì che nel consumo di milllimoli al minuto durante l’attività tu hai migliorato il tuo Vo2Max. Hai più trasporto di ossigeno. In pratica con poco hai un miglioramento importante.
Tornando invece alla scelta del luogo, voi preparatori vi basate anche sull’orografia del sito? Cioè su che tipo di strade ci sono?
In parte sì, ma come detto all’inizio conta la quota e in particolare quella dove si vive, si dorme. E conta anche la tipologia di atleta. E’ chiaro che un velocista sul Teide fa fatica. Lì o sali o scendi. In questo caso meglio Livigno, almeno lì ha la possibilità di fare anche un po’ di pianura, per di più in quota. Mentre per lo scalatore ci sono meno problemi riguardo alla location. Il Pordoi mi piace molto in tal senso, però è anche vero che d’estate soprattutto nei weekend c’è davvero troppo traffico per allenarsi. Sierra Nevada la conosco meno però in basso c’è pianura e poco traffico e si può allenare bene. Ma il top, anche per la vita che si fa, per me è il Teide. Anche per questo se è un camp di recupero Livigno va bene: consente anche qualche distrazione.
E se si deve usare la bici da crono?
Quella con gli uomini di classifica si usa sempre e si usa di frequente. Ma la scelta del luogo incide fino ad un certo punto: un tratto di pianura o pianeggiante si trova sempre. Al Teide per esempio si va sulla salita di Chio che ha lunghi rettilinei e tratti pianeggiante o al 2-3 per cento dove poter stare bene in posizione.