MILANO – La nuova vita di Matteo Sobrero riparte dalla Bora-Hansgrohe. Il piemontese ha scelto di cambiare all’inizio dell’estate, in una di quelle fasi stonate della vita che ad ogni atleta è capitato di passare almeno una volta. Dopo le classiche lo attendeva il Giro, ma assieme alla squadra decise di non farlo. Non sarebbe potuto andare in altura e tirava da troppo tempo la corda: meglio recuperare e puntare sul Tour. Invece Sobrero al Tour non c’è andato e questa volta la scelta non è stata condivisa. Anzi, la cosa lo infastidì al punto che negli stessi giorni della Boucle, vinse una tappa al Giro d’Austria digrignando i denti. A quel punto si era già sparsa la voce che avrebbe cambiato squadra. Per chiudere il 2023, non gli restava che sfiorare una tappa della Vuelta e centrare il secondo posto anche nel Mixed Team Relay degli europei di Drenthe. E poi, chiusa la pagina e consumate le corroboranti ferie colombiane, è arrivato il momento di guardare al prossimo anno.
«Siamo già al 2024 – racconta mentre intorno sta per andare in scena il Giro d’Onore della FCI – e si riparte con una nuova maglia. La decisione di cambiare è una storia lunga. Da una parte mi dispiace, perché nei due anni alla Jayco-AlUla mi sono trovato benissimo e credo che per loro sia stato lo stesso. Sono cresciuto molto e cambiare non è stato facile, anche se sono contento della decisione. Ho già fatto un ritiro con la Bora, anzi prima uno in Germania, poi in Austria. E prima di andare in vacanza, sono andato anche a Morgan Hill, da Specialized, per fare i test in galleria del vento…».
L’incontro con Sobrero si è svolto al Giro d’Onore, al Teatro Manzoni di Milano (foto Borserini/FCI)L’incontro con Sobrero si è svolto al Giro d’Onore, al Teatro Manzoni di Milano (foto Borserini/FCI)
Nel 2022 eri un uomo da corse a tappe, nel 2023 sei passato alle classiche non avendo ancora la solidità necessaria per i grandi Giri. Alla Bora avrai una direzione più precisa?
Diciamo che uno degli scopi principali sarà quello di offrire supporto nei grandi Giri. Invece avrò un po’ di libertà nelle corse a tappe di una settimana o le corse di un giorno in primavera. Non mi mancheranno le occasioni di correre per me. E poi dovremo vedere se farò Giro o Tour, perché non lo so ancora.
Quando hai firmato, l’arrivo di Roglic non era nei piani. Cosa significa l’arrivo in squadra di uno così?
Onestamente sono contento, perché è un valore aggiunto alla squadra. E’ meglio averlo con noi, che come rivale. Anche per me, poter lavorare in un grande Giro per un capitano così, è una grande soddisfazione e uno stimolo in più.
Il 5 luglio, a Steyr, Sobrero vince una tappa al Giro d’Austria: è la sua rivincita sull’esclusione dal TourIl 5 luglio, a Steyr, Sobrero vince una tappa al Giro d’Austria: è la sua rivincita sull’esclusione dal Tour
I test in galleria del vento a Morgan Hill significano che si torna al primo amore della crono?
Questo mondo mi ha sempre appassionato e sono stato sempre curioso di vedere dove si possa migliorare. Siamo andati già in California per vedere a che punto fossi, come migliorare i materiali, l’abbigliamento, il casco e tutto il resto. Non punterò sulle cronometro come uno specialista puro, bisogna sempre difendersi. E in una specialità come la crono, se ti fermi, sei perduto.
Avrai in ammiraglia Enrico Gasparotto, che è stato anche tuo compagno di squadra ai tempi della NTT Pro Cycling, che effetto fa?
Particolare, anche perché mi bacchettava già prima da compagno di squadra, perché lui era il vecchio e io ero il giovane. Non ho dubbi che adesso continuerà a bacchettarmi, quindi diciamo che non cambia niente, anche se di base c’è una bella amicizia.
Gasparotto e Sobrero sono stati compagni nella NTT Pro Cycling. Ora si ritrovano alla Bora: tecnico e atleta (foto Instagram)Gasparotto e Sobrero sono stati compagni nella NTT Pro Cycling. Ora si ritrovano alla Bora: tecnico e atleta (foto Instagram)
Che cosa ti sembra del nuovo ambiente?
Mi sembrano molto organizzati, molto precisi su tutto. Però fino a quando non comincerà la vera stagione sarà difficile dirlo, però per il momento ho un’ottima impressione.
Hai già un’idea del programma? Da dove comincerai?
Non so ancora nulla, perché diciamo che l’arrivo di Roglic in squadra ha un po’ scombussolato tutti i programmi. Hanno deciso di riaprirli praticamente tutti, sicuramente non è semplice. A dicembre nel primo ritiro, saprò quello che farò. Sicuramente non comincio in Australia, questo mi sento di dirlo.
La vittoria della crono finale del Giro 2022 a Verona è una delle perle di Sobrero, ottenuta collaborando con PinottiLa vittoria della crono finale del Giro 2022 a Verona è una delle perle di Sobrero, ottenuta collaborando con Pinotti
Alla Jaico-AlUla lasci Pinotti con cui hai fatto dei grandi progressi, chi si prenderà cura di te alla Bora?
Ho trovato Paolo Artuso, con cui ho già parlato e con cui mi sono trovato parecchio. Mi dispiace lasciare Pinotti, però d’altra parte sono contento di aver trovato uno come Paolo che mi sembra molto preparato.
Quest’anno il Tour è stato un boccone andato di traverso. E’ fra i desideri del prossimo anno?
Mi piacerebbe farlo. Entrambi, sia il Giro che il Tour passano dal Piemonte. Il Tour che passa dal Piemonte e per giunta vicino casa mia penso sia una cosa che non capita mai (sorride come un bimbo davanti al paese dei balocchi, ndr). Quindi partecipare è un bell’obiettivo, ma capisco anche che con l’arrivo di Roglic potrebbe essere più difficile. Bisogna fare una squadra compatta e poi vediamo come andranno le cose.
Le recenti parole di Pogacar: al Tour non sarà più Jumbo contro UAE, ma ci sarà anche la Bora con Roglic. Le memorie del Giro 2019: Nibali e Roglic super favoriti che si marcano e alla fine vince Carapaz. Allora ci siamo chiesti se proprio Roglic non possa diventare il terzo incomodo fra Pogacar e Vingegaard, approfittando del fatto che il peso della corsa come al solito sarà tutto loro. E chi meglio di Enrico Gasparotto può guidarci in questa sorta di chiacchiera da bar, poggiata però su elementi molto concreti? Il friulano al momento si trova a Lugano. Dal primo ritiro della Bora-Hansgrohe a Soelden è iniziata la fase della programmazione, che lo vede coinvolto in prima persona e andrà avanti per tutto novembre.
Gasparotto è dal 2022 alla Bora-Hansgrohe, anno in cui vinse il Giro con Hindley (foto matthispaul)Gasparotto è dal 2022 alla Bora-Hansgrohe, anno in cui vinse il Giro con Hindley (foto matthispaul)
Avete una squadra pazzesca, con Hindley, Vlasov, Kamna, Higuita e Uijtdebroeck cui si aggiunge Roglic. Potrete essere il terzo incomodo?
Dipenderà da come andrà Primoz prima del Tour de France. Ovviamente ha vissuto tutta la sua carriera nello stesso ambiente, quindi gli automatismi dopo tanti anni hanno sempre funzionato alla grande. Quindi credo che, nonostante “Rogla” sia un compagnone che riesce a farsi voler bene dal gruppo, anche lui dovrà capire i compagni e i compagni dovranno capire di cosa ha bisogno. Le gare che farà prima del Tour serviranno anche a questo. Quindi io presumo che magari possa arrivare al Tour vincendo meno del solito, proprio per queste dinamiche e non perché lui vada più piano.
Un necessario periodo di adattamento?
Quando si cambia ambiente dopo tanti anni, ci metti sempre un po’ perché tutto vada nella maniera migliore. Se poi saremo il terzo incomodo, vorrà dire che c’è qualcosa da migliorare e siamo pronti per farlo. Se saremo uno dei due litiganti, vorrà dire che l’avvicinamento al Tour è stato perfetto.
Per abitudine di squadra sarà meglio arrivare al Tour sotto traccia o gonfiando il petto?
Se la domanda la fate a me, io ho sempre preferito andare ai grandi appuntamenti con un profilo basso, preferendo semmai sorprendere positivamente. Magari dentro di me sono convinto delle potenzialità dei corridori, ma prima di fare grandi proclami, c’è la legge della strada che dà i suoi verdetti. Comunque sulla carta Pogacar e Vingegaard hanno più esperienza di corse con i loro compagni, conoscono l’ambiente in cui sono e tutto questo torna utile al Tour de France. Lo vince uno solo, ma l’importanza della squadra si è vista. Insomma, basso profilo e poi vediamo come va.
Giro d’Italia 2019: Nibali e Roglic si marcano stretto e alla fine la maglia rosa la conquista CarapazGiro d’Italia 2019: Nibali e Roglic si marcano stretto e alla fine la maglia rosa la conquista Carapaz
Sarà Primoz a doversi adattare alla squadra o viceversa?
Credo sia 50 e 50. Ogni leader ha il suo carattere e il suo modo di correre, quindi la squadra si deve adattare alle sue esigenze. Un esempio banale: Hindley ama correre sempre nelle prime posizioni del gruppo. E’ la sua indole, l’ha sempre avuta e ha chiesto ai compagni di aiutarlo. Quest’anno al Tour ci abbiamo messo un po’ di giorni prima che si adattassero a Jai, perché non avevano corso abbastanza gare in avvicinamento insieme a lui. Perché avevamo tanti ragazzi che hanno fatto il Giro e poi anche il Tour. Queste sono dinamiche importanti, che riguardano per metà il capitano e per metà la squadra.
Quando nascerà il gruppo Roglic?
E’ ovvio che noi in testa abbiamo già qualche idea. Questo è il periodo delle programmazioni, quindi abbiamo già delineato la nostra idea. Deciderà la squadra il momento in cui verrà resa pubblica. Il fatto che debba nascere un gruppo di lavoro è una necessità oggettiva. Cercheremo di farli correre quanto più possibile insieme, in base alle esigenze dei percorsi e in base alle esigenze dei ragazzi. Da un certo momento in poi, se ci sarà da correre assieme, si correrà assieme. Però è chiaro che le varie situazioni saranno progettate, analizzate e messe in funzione step by step, gara dopo gara.
Hindley e Roglic svolgeranno programmi comuni oppure l’australiano avrà il suo spazio?Nel ritiro di Soelden i corridori della Bora hanno stretto i rapporti e si sono divertiti (foto Anderl Hartmann)Hindley e Roglic svolgeranno programmi comuni oppure l’australiano avrà il suo spazio?Nel ritiro di Soelden i corridori della Bora hanno stretto i rapporti e si sono divertiti (foto Anderl Hartmann)
Primoz sa essere spettacolare, mentre a volte aspetta la volata perché sa di avere un grande spunto. Nell’ottica di capovolgere un Tour, sono doti che funzionano?
Credo che nell’ultimo anno e mezzo abbia fatto un salto in avanti a livello tattico. Nelle gare dove c’ero io, per esempio alla Tirreno, mi ha colpito il giorno dell’arrivo in salita a Sassotetto con tanto vento. Lui ha corso molto in coda, consapevole di avere probabilmente una gamba atomica o comunque di essere sul pezzo. Ha corso in maniera intelligente anche al Lombardia, dove per sua stessa ammissione non si sentiva al top. Ha lasciato sfogare gli altri, ha lasciato loro tutto il lavoro, ha sempre corso di rimessa. Ha fatto uno sforzo unico per rientrare anziché rincorrere tutte le volte e alla fine ha fatto ancora il podio dietro Pogacar e Bagioli. Invece all’Emilia, quando è andato non l’hanno più preso.
Sa adattarsi alle situazioni?
Va in base alle sensazioni che ha in corsa. Ed è chiaro che lo spunto veloce sia a suo favore, quindi è normale che cerchi di usarlo nel miglior modo possibile. Ma alla fine, sono le situazioni di corsa che decidono la maniera migliore di correre.
Tu l’hai trovato migliorato tatticamente, alla stampa appare più solare e meno chiuso…
Questo onestamente non l’ho percepito. Ho smesso da poco e quando ero da solo sul Teide, c’era sempre anche lui, quindi bene o male con me è sempre stato molto aperto. E’ chiaro che più passano gli anni, più vinci e più diventi consapevole dei tuoi mezzi e acquisisci serenità. Le tante attenzioni dei media significano anche avere tante domande a volte scontate. E’ raro trovare giornalisti di ciclismo che facciano domande a cui noi non siamo pronti a rispondere. Mi metto dentro anche io come ex corridore. Alla fine più o meno sono sempre quelle, cosa vuoi che ti dicano?
Vlasov e il manager Ralph Denk: il contratto del russo scade nel 2024, ma potrebbe essere una spalla per RoglicVlasov e il manager Ralph Denk: il contratto del russo scade nel 2024, ma potrebbe essere una spalla per Roglic
Hai saputo che arrivava all’ultima ora oppure era un obiettivo che si è concretizzato in extremis?
E’ stata totalmente una cosa dell’ultima ora. Credo che primi contatti siano iniziati davvero tardi. Sono stato coinvolto per parlare dell’arrivo di nuovi corridori e il problema più grande era il budget, quindi non ho mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere. Evidentemente, come si è letto sui media, è nato tutto dopo la Vuelta ed è stato molto veloce. Non è servito molto tempo per decidere. Onestamente non sono abituato a tutti questi movimenti a fine stagione di gente che ha già un contratto e cambia squadra.
E’ ipotizzabile, visto lo schema di lavoro della Jumbo, che Hindley o Vlasov vadano al Tour a lavorare per Roglic?
A questo ora non riesco a rispondere. Di sicuro, i ragazzi avranno le loro possibilità. Hindley, Vlasov e Kamna hanno il contratto in scadenza nel 2024, quindi ci sentiamo in obbligo di dare a tutti la possibilità di emergere, senza chiudergli le ali solamente perché c’è Primoz. Lui sicuramente è un corridore vincente, visto che nel 2023 ha vinto 15 gare e la Bora, senza campionati nazionali, ne ha vinte 17. Si capisce che è su un livello superiore, però è anche giusto dare spazio ai ragazzi che abbiamo.
Anche perché non c’è solo il Tour…
Non è un segreto che la Bora-Hansgrohe non sia abituata ad arrivare decima nel ranking. Sono sempre stati fra le prime cinque o sei, ma facendo l’analisi di quest’anno, purtroppo ci sono mancati i risultati degli atleti di punta. Dobbiamo ripartire da questa analisi e far sì che quando i ragazzi fissano un appuntamento, siano in grado di competere per una top 5. Credo che abbiano il talento per farlo.
Finale drammatico alla Vuelta. Roglic attacca e fa il vuoto. Evenepoel buca, ma lo sloveno cade in volata. Domattina ripartirà? Il colpo è stato terribile
Mentre i corridori sono in vacanza, la macchina organizzativa del team che nel 2023 ha vinto Giro, Tour e Vuelta lavora a pieni giri. La squadra di Richard Plugge ha presentato infatti il dossier per la registrazione 2024, ma non è ancora chiaro se il primo nome sarà ancora Jumbo oppure se la catena di supermercati si ritirerà con una stagione di anticipo. Alcuni ipotizzano che il team potrebbe chiamarsi Visma-Lease a Bike, mentre parrebbe tramontato l’interesse da parte di Amazon e di Neom, una nuova megalopoli miliardaria di prossima costruzione nel deserto saudita.
Il marchio Lease a Bike, che promuove il noleggio di biciclette all’interno delle aziende, è un marchio dell’olandese Pon Group, già proprietaria di Cervélo e delle scarpe Nimbl che vestono i corridori del team. Il budget, per quello che ipotizza Wielerfits, sarà di circa 40 milioni di euro anche per il 2024. Saltata la fusione con la Soudal-Quick Step, quando lo stesso Plugge parlandone con l’UCI si è reso conto dei tanti esuberi che avrebbero colpito entrambe le squadre, il manager olandese si è nuovamente rimboccato le maniche.
Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorieQuest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie
Uscite e mercato
Nel frattempo, non è prevista a breve una fuga di talenti: i corridori sono sereni, anche perché la temuta necessità di ridurre gli stipendi parrebbe scongiurata. La fuoriuscita di Roglic ha origini sportive e non economiche, il ritiro di Van Hooydonck è stato dovuto a problemi cardiaci, Michel Hessmann è fermo per la positività a un diuretico.
Ai corridori già in rosa, si sono aggiunti Bart Lemmen e i due giovani norvegesi Johannes Staune-Mittet (21 anni, vincitore del Giro Next Gen) e Per Strand Hagenes (20 anni, vincitore di tappa alla Quattro Giornate di Dunkerque e iridato da junior su strada a Leuven 2021), oltre all’olandese Loe van Belle (21 anni). Corridori che non hanno ingaggi da primi della classe, mentre gli arrivi di Matteo Jorgenson dalla Movistar e Ben Tulett dalla Ineos avranno avuto certamente un costo superiore.
Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)
La lezione di Roglic
Resta da stabilire quali saranno i nuovi assetti all’interno del team. Ad ora, infatti, le punte della squadra per i grandi Giri sono due: Jonas Vingegaard, re di due Tour, e Sepp Kuss, la cui vittoria alla Vuelta è stata certamente propiziata dalla… complicità di Roglic e Vingegaard che hanno scelto di non attaccarlo. In ogni caso, se Roglic fosse rimasto in squadra, l’imbarazzante senso di abbondanza si sarebbe riproposto.
«Penso che sia stato meglio per tutti – ha detto Kuss – che Primoz sia andato in un’altra squadra. Adesso riceverà il sostegno che merita. Primoz ha portato la nostra squadra dove è oggi. Ha spinto tutti a dare il meglio di sé e ci ha mostrato che fare abbastanza bene non era sufficiente. Ho imparato molto da lui. Non significa necessariamente che mi abbia insegnato delle cose, ma osservarlo crescere, sbagliare e migliorarsi è stato una lezione molto importante. Se il tuo leader commette un errore e lo vedi correggerlo alla corsa successiva, vale più di tante parole».
L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?
Il destino di Kuss
Il punto ora è capire se il livello di Kuss nella Vuelta dominata dai tre compagni di squadra basti per farne un leader nelle prossime grandi corse a tappe. La squadra olandese partirà al Giro d’Italia con il numero uno, ma non si sa ancora con chi potrebbe correrlo.
«Penso che alla Vuelta – dice Kuss – mi sono mosso in molti ambiti diversi. Sono stato gregario, ma a un certo punto ho scoperto l’istinto di vincere. Sono stato orgoglioso di come ho gestito la situazione, ma ho anche capito che molti dei vincitori hanno una mentalità diversa dalla mia. Il difficile sarà trovare quell’equilibrio senza perdere di vista il mio modo di essere. Fare classifica al Tour? Vedremo il percorso, ma penso che la Vuelta sia più adatta…».
LIUZHOU – Dopo l’arrivo in salita di Nongla, Aleotti si è seduto a terra e si è preso tutto il tempo per respirare ancora. Gli ultimi 1.500 metri della quarta tappa al Tour of Guangxi sono stati una lunga apnea e chiunque non avesse le gambe migliori l’ha pagata a carissimo prezzo. Qualcuno ha annotato che raramente si vedono simili facce stravolte dopo un arrivo, in realtà si trattava delle stesse facce del Muro d’Huy, in un periodo dell’anno in cui tuttavia la condizione è meno buona.
«La prima parte della tappa – sorride Aleotti – è stata abbastanza tranquilla, quasi facile. Poi gli ultimi 10 minuti li abbiamo fatti a fiamma ed è stato l’ultimo sforzo vero della stagione. E dopo la scorsa settimana con due cadute, anche quella del Lombardia, l’ho pagata con 19 secondi di ritardo».
Quattordicesimo a Nongla, con 19 secondi di ritardo da Vidar, Aleotti ha dato tutto quel che avevaQuattordicesimo a Nongla, con 19 secondi di ritardo da Vidar, Aleotti ha dato tutto quel che aveva
Il 2023 è stato un calvario. Gli obiettivi sono sfumati, la lista delle sfortune è interminabile e la sensazione che Giovanni sia in un ambiente che va avanti bene anche senza di lui ce l’abbiamo addosso da qualche tempo. La Bora-Hansgrohe si è rinforzata con l’arrivo di Roglic. Ci sono Hindley e Vlasov, Higuita e l’emergente Uijtdebroeks. Qualunque piccolo spazio, l’emiliano dovrà conquistarselo con la forza e un po’ più di fuoco addosso.
Che stagione è stata questo 2023?
Un po’ complicata e specialmente nella prima parte ho avuto tanti problemi. All’Oman mi sono ammalato, poi sono tornato e sono caduto in allenamento. Mi sono aperto la mano e sono stato di nuovo fermo. Prima del Giro ho avuto un’infezione all’occhio, sono guarito a tre giorni dal via. E appena ho recuperato, ho preso il Covid e mi sono ritirato dopo la tappa di Napoli. Nel ciclismo di adesso in cui è tutto così al limite, trovarsi a inseguire non è facilissimo. Invece da agosto in poi ho avuto un buon periodo, in cui mi sono sentito molto bene. Ho trovato continuità, motivo per cui abbiamo deciso di venire qui in Cina. E’ l’ultima corsa WorldTour, c’era una sola tappa di salita. L’obiettivo era probabilmente un piazzamento nei 10, ma quello che si è visto è ciò che è rimasto nel serbatoio. E allora sono contento di essere qua e di finire qua la stagione.
A ruota di Cesare Benedetti, veterano della Bora-Hansgrohe, c’è Aleotti. E sullo sfondo i grattacieli di NanningAleotti a ruota di Benedetti, veterano della Bora-Hansgrohe. E sullo sfondo i grattacieli di Nanning
Un bel percorso a ostacoli, purtroppo rispetto agli obiettivi di partenza è stata una stagione deludente…
Diciamo che voglio finire prendendo il poco di buono che si è visto in questi ultimi mesi. Dal Polonia in poi mi sono sentito bene, sono stato davanti e diciamo che voglio prendere questo in prospettiva dell’anno prossimo.
Forse abbiamo visto il Giovanni migliore in occasione delle due vittorie al Sibiu Cycling Tour, che idea ti stai facendo di te? Anche perché con l’arrivo di Rogic forse gli spazi si chiuderanno…
Credo che con Roglic tutta la squadra farà un passo in avanti. Io continuo a crescere e spero di avere un po’ più di continuità. Come dicevo, nel ciclismo in cui si va a mille all’ora, trovarsi a inseguire per problemi fisici non è il massimo. So che ho lavorato bene, ma se per ogni passo che fai in avanti, poi devi farne due indietro, tutto si complica.
Ogni più piccolo spazio si dovrà conquistare?
Spero che l’arrivo di Roglic non tolga spazio e anzi porti più professionalità alla tanta che c’è già in questa squadra. Sicuramente l’arrivo di una superstar dà qualcosa in più a tutti e magari per me sarà anche un campione da cui imparare.
Partenza dell’ultima tappa del Tour of Guangxi, da qui si potrà andare per un po’ in vacanzaPartenza dell’ultima tappa del Tour of Guangxi, da qui si potrà andare per un po’ in vacanza
All’inizio della stagione avete la possibilità di indicare le corse che vorreste fare?
Di solito i nostri desideri e i programmi si condividono sempre con i direttori sportivi e con i preparatori. Anche l’anno scorso avevamo un programma che prevedeva la partenza dall’Australia, ma per vari motivi da lì in avanti sono saltati. L’Oman e la Coppi e Bartali erano i miei due obiettivi di inizio stagione. In Oman mi sono ammalato e alla Coppi e Bartali non sono partito per la caduta in allenamento. La squadra ascolta e io sono il primo ad ascoltare quello che mi consigliano di fare. Però la voglia di provare a mettermi alla prova c’è ed è tanta.
La domanda serviva per capire se tu sia rassegnato a un ruolo da comprimario o abbia voglia di batterti per vincere.
Penso che ormai sia sempre difficile vincere, perché vincono quasi sempre gli stessi. E anche per i giovani penso serva più tempo, specialmente se si parla di scalatori. Magari il velocista riesce a inserirsi meglio, mentre in salita la tattica conta poco e alla fine contano le gambe. E’ un ciclismo in cui vincono quasi sempre gli stessi. Io penso che sicuramente anche la fiducia in se stessi porti a fare risultati. Quindi quello che spero è sicuramente di avere continuità di prestazioni e di sensazioni. E di ricostruire questa fiducia. E poi non ci starebbe male un po’ di fortuna…
Juan Sebastian Molano vince a Guilin la quinta tappa del Tour of Guangxi. Aveva già vinto alla Vuelta. Ma qui gli sprint sono da mal di testa. Ecco perché
TRENTO – Un abbraccio rosa e sogni a tinte gialle. Dopo aver fatto da grande ospite alla presentazione del Giro d’Italia 2024, Primoz Roglic si è raccontato al Festival dello Sport di Trento, ripercorrendo la sfavillante carriera fino al trionfo sul Monte Lussari che gli ha consegnato la sua prima Corsa Rosa dopo le tre affermazioni alla Vuelta (in apertura, foto di Mattia Pistoia). Ora resta il Tour de France per chiudere il cerchio e, proprio perché l’ex campione mondiale juniores di salto con gli sci non è uno che si accontenta, ecco la nuova sfida con la Bora-Hansgrohe.
Il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia, Roglic ha incontrato il pubblico di Trento (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)Il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia, Roglic ha incontrato il pubblico di Trento (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Comincia una nuova era: che cosa ti aspetti?
Le aspettative non devono mai essere troppo alte, perché altrimenti c’è il rischio di rimanere delusi. Diciamo che voglio rimanere sorpreso, non vedo l’ora di scoprire tutto. Voglio vedere come lavorano e come sono, ma dall’altro lato spero che ci stimoleremo a vicenda per essere i migliori.
Hai parlato con Jay Hindley alla presentazione del Giro?
Un pochino sì. Abbiamo già avuto qualche incontro informale con lo staff e questa settimana ci sarà il primo raduno tutti insieme, per cui sono davvero curioso di conoscere tutti.
Hai detto che hai cominciato a pensare al cambio di squadra a inizio 2023: perché?
Sono passato dal salto con gli sci al ciclismo, un cambiamento direi abbastanza marcato, mentre stavolta passo soltanto a un’altra squadra, per cui direi che le differenze sono minori. Sono una persona che ama le nuove sfide, provare cose differenti. Quando ti trovi ai piedi di una salita, devi arrivare in cima, ma per farlo ci vuole un percorso e non sai cosa troverai dopo, finché non l’hai raggiunta. Per me è così, andare a caccia di qualcosa di diverso.
Il 27 maggio Roglic vince la cronoscalata del Lussari davanti ai suoi tifosi: il Giro è conquistatoIl 27 maggio Roglic vince la cronoscalata del Lussari davanti ai suoi tifosi: il Giro è conquistato
Perché proprio la Bora?
Diciamo che è andato tutto così veloce, alla fine. Tante squadre erano interessate, ma poche diciamo che avrebbero potuto permettersi di avermi in squadra. Da quando abbiamo parlato con Bora, c’è stato subito entusiasmo e abbiamo trovato immediatamente un buon feeling, andando alla ricerca di una sfida comune. Vedremo come andrà nel corso della prossima stagione.
Come la lasci la Jumbo-Visma?
Diciamo che non è stata un’avventura passeggera. Abbiamo cominciato insieme nel 2016 e insieme siamo arrivati al vertice. Il ciclismo è cambiato molto e tante squadre ora lottano per la vittoria, per cui sarà divertente. Lascio la miglior squadra del 2023, quindi non mi aspetto di trovarne una ancora più forte, è chiaro, ma vedremo cosa porterà il futuro.
Pensi mai al Tour che ti ha strappato Tadej Pogacar nel 2020?
Avrei potuto vincere quel Tour, è vero, ma forse poi non avrei ottenuto tanti altri successi: posso affermare che quel secondo posto mi abbia insegnato molto. Tutto dipende sempre da come guardi quello che ti capita nella vita. Puoi essere deluso, ma devi sempre prendere qualche aspetto positivo da cui ripartire per costruire il tuo futuro.
Roglic ha avuto la conferma di essere uno dei beniamini dei tifosi italianiRoglic ha avuto la conferma di essere uno dei beniamini dei tifosi italiani
Ci racconti qualche retroscena dell’ultima campagna spagnola?
Alla Vuelta ci siamo trovati in una nuova posizione, con tre compagni ai primi tre posti. Forse, se mi fossi spinto al limite, avrei potuto distruggere questo quadretto, ma non si può mai sapere quello che sarebbe potuto succedere. Il ciclismo è uno sport di squadra ed ero il primo a essere felice perché Sepp se l’è davvero meritata. E’ stato il migliore e non ha mostrato debolezze. E’ stato incredibile essere sul podio con i due ragazzi che sono cresciuti alle mie spalle e hanno imparato qualcosa anche da me, diventando campioni. E’ stato speciale essere parte di questa storia.
Pensi che avrai più libertà nella nuova squadra?
Direi soprattutto in alcune corse, in particolare al Tour de France. Ho sempre voluto avere il massimo supporto, con 7 compagni che lavorano soltanto per me e prima era impossibile. Voglio vincere ancora tanto, sono affamato, ma preferisco prendere una cosa alla volta e godermi quello che faccio, senza caricarmi di troppe pressioni. So quello che manca nel mio palmares e tutto quello che, invece, ho vinto: il Tour non è un’ossessione.
Che consiglio daresti ai giovani che sognano di seguire le tue orme?
Abbiate passione e godetevi quello che fate. Lottate sempre per quello che amate, non è mai facile, ma per ottenere le vittorie più dolci, dovete spingervi oltre i vostri limiti e superare ostacoli che a volte sembrano insormontabili.
Nel 2023 Roglic ha vinto il Giro d’Italia, in precedenza per tre volte la Vuelta (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)Nel 2023 Roglic ha vinto il Giro d’Italia, in precedenza per tre volte la Vuelta (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Hai mai pensato a quanto ancora potremmo goderci le tue gesta in sella?
Ho cominciato tardi col ciclismo, per cui non mi metto a contare gli anni. Quando hai la possibilità di coronare i tuoi sogni, devi continuare a farlo finché ti piace. Continuerò a pedalare finché mi diverto, mi piace e sono felice di come mi colloco nel mondo del ciclismo. Quando capirò che è tempo di dedicarmi ad altro, darò spazio ai giovani che stanno emergendo velocemente.
Ci ricordi che cosa ti ha portato dalla neve all’asfalto?
Quando avevo 22 anni e non ero ancora un campione olimpico e la mia carriera non stava andando secondo i piani, ho capito che forse era ora di cambiare sport. Mi sono reso conto che il ciclismo era fatto per me e così mi sono lanciato in questa sfida. Il salto con gli sci era una disciplina totalmente diversa e sono passato da fare uno sforzo di pochi secondi a uno di ore. Però, il background che avevo mi è servito, in particolare la meditazione e le tecniche di visualizzazione, mentre ho dovuto lavorare tanto sulla resistenza. La tenacia è stato sempre uno dei miei punti forti.
Chiamato all'ultimo secondo, Matteo Fabbro si è aggregato con i suoi compagni alla spedizione per la Vuelta. I lavori nelle gambe ci sono, speriamo ci sia anche un po' di spazio personale
NANNING – Della Bora-Hansgrohe che in origine si chiamò NettApp sono rimasti ormai soltanto in due: Ralph Denk che nel 2010 la creò e Cesare Benedetti che vi approdò quello stesso anno quando era ancora una continental. Ora in questa squadra tedesca, che lo scorso anno ha vinto il Giro e sogna il Tour, arriverà Primoz Roglic.
L’ingaggio è importante, pur se inferiore a quello che fu di Sagan. E allora la curiosità è proprio capire in che modo la squadra sia cambiata negli anni e come si sia adattata ai vari campioni che l’hanno scelta. O se siano stati loro a doversi piegare. Benedetti è l’uomo giusto per raccontarlo, con quel pizzico di orgoglio di chi c’è sempre stato e ne va giustamente fiero. Fuori il caldo è duro da assorbire, l’umidità qui in Cina è elevata. La città ha 7 milioni di abitanti, siamo abbastanza vicini al confine con il Vietnam. E nessuno intorno parla inglese.
E’ il 2011 e la NettApp, in cui Benedetti è passato l’anno prima, diventa una professionalE’ il 2011 e la NettApp, in cui Benedetti è passato l’anno prima, diventa una professional
Tu sei in questa squadra praticamente dall’inizio. L’hai vista cambiare. Che effetto fa essere in una squadra da così tanto tempo?
Ho visto passare tutti, fra corridori e personale. Ho seguito questo percorso quasi naturalmente. Non sono mai stato un uomo mercato, avendo quasi sempre fatto le trattative da solo. Ho trovato un bell’ambiente, anche guardando indietro, non vedrei la necessità di cambiare. Ho preso questa routine, conosco i posti dove andiamo. In più è una squadra internazionale e mi dà soddisfazione poter parlare tedesco oppure inglese. Ho conosciuto tante persone anche fra gli sponsor, per cui spero che, vista l’età (sorride, ndr), quando smetterò potrò avere qualche opportunità.
C’è un filo che in qualche modo unisce le tante stagioni di questa squadra?
Penso sia il team manager: Ralph Denk. Preferisce che le cose siano fatte in casa. I nostri sponsor e le persone con cui lavoriamo vengono tutti dalla Baviera. Per questo in passato abbiamo avuto anche sponsor più piccoli e tutti locali. E’ un team manager giovane, che però ragiona alla vecchia maniera. Per lui una stretta di mano conta più di tutto il resto.
Alla presentazione delle squadre al Guangxi Tour, i bambini accompagnavano i corridori alla firmaAlla presentazione delle squadre al Guangxi Tour, i bambini accompagnavano i corridori alla firma
Che tipo è Ralph Denk?
All’apparenza è un po’ chiuso, invece è molto alla mano. Ha diversi figli, quindi una volta che l’hai conosciuto e lui conosce te, arriva anche a capire le esigenze dei singoli. Anche le mie. Ho due bambine e su certe cose ci si capisce. Comunque, nonostante i tanti anni, non ho con lui il grande rapporto di confidenza che semmai può crearsi con un direttore sportivo. In questi 15 anni, ho sempre tenuto la distanza, come penso debba essere. Quando arriva sul bus prima di una corsa importante, mi mette ancora un po’ di soggezione.
E’ la squadra che si è adattata ai vari campioni oppure è toccato a loro inserirsi? Sagan ha cambiato le abitudini?
Penso che Sagan abbia cambiato qualcosa, allo stesso tempo anche lui ha dovuto adattarsi. Avevano un direttore sportivo, dei corridori, un massaggiatore e l’addetto stampa, ma erano in minoranza. La struttura era la nostra. Adesso arriva Roglic e ci sono voci non ancora confermate che porterà con sé il suo allenatore. Per cui magari da quel punto di vista continuerà a lavorare allo stesso modo. Però penso che dovrà adattarsi, in qualche modo ridimensionarsi. Anche se sono certo che la squadra soddisferà anche le sue esigenze, soprattutto a livello di calendario e di preparazione.
Giro d’Italia 2022, a Verona Ralph Denk festeggia con Jai Hindley in maglia rosaGiro 2022, a Verona Ralph Denk festeggia con Hindley in maglia rosa
Perché secondo te Benedetti è prezioso in questa?
Perché è sempre stato fedele. Ho sempre portato rispetto per tutti ed è un rispetto che mi è tornato indietro. E’ importante conoscere le dinamiche in squadra e io mi sono adattato a fare un lavoro che viene apprezzato da diversi compagni.
In squadra c’è una grande componente italiana, avete fatto un gruppo Whatsapp di italiani?
In effetti siamo parecchi. Ci sono Fabbro e Aleotti, poi ci sono io. Gasparotto in ammiraglia. Dal prossimo anno ci sarà Sobrero, dallo scorso abbiamo un meccanico e un massaggiatore e poi c’è Artuso fra i preparatori. Rispetto agli inizi, sicuramente la squadra è molto più molto più internazionale, ma il gruppo Whatsapp non l’abbiamo fatto. Ci sono abbastanza stupidate che girano, manca solo di avere un altro gruppo.
Milan 23 anni, Benedetti 36: in questi giri il trentino ha lavorato per il compagno Wandahl, in testa alla classifica dei GPMMilan 23 anni, Benedetti 36: in questi giri il trentino ha lavorato per il compagno Wandahl, in testa alla classifica dei GPM
La squadra ormai punta forte sui Giri. L’anno scorso è venuto il Giro e ora arriva Roglic per il Tour: cosa te ne sembra?
Negli anni abbiamo vinto la Roubaix, quindi una prova Monumento. Abbiamo vinto il Giro, ma il Tour de France è la corsa che dà più visibilità al mondo, non solo come ciclismo, ma proprio come evento sportivo. Nella confusione che si è creata nel dopo Vuelta, visti i corridori disponibili, penso che Roglic fosse l’unico a dare questa speranza e che almeno abbia dimostrato di potersela giocare. Logicamente gli anni passano anche per lui, però sarà là davanti a lottare. Diciamo che se si doveva prendere un rischio, lui sul mercato era la scelta migliore.
Per dargli un consiglio, qual è un comportamento da evitare con Ralph Denk e uno che invece lui apprezza?
Penso che per tenere buoni rapporti, bisogna essere onesti. Non fare niente o parlare dietro la schiena. Come dire: se ti dà una mano, non prendere il braccio, perché dopo te lo taglia. Così in una risposta sola gli abbiamo detto cosa fare e cosa no…
Un viaggio in Toscana per ritrovare un vecchio amico e un grande campione. Anche lui, come Roglic al Tour, perse la maglia il penultimo giorno. Ricordate?
All’epilogo del 2023 su strada manca pochissimo, col calendario che prevede gli ultimi impegni di classe 1.Pro e World Tour. In questi giorni si sta correndo ancora in Turchia, in Veneto, in Cina e in altri angoli più isolati del mondo. Tutte gare che per qualche corridore potrebbero riequilibrare (parzialmente o meno) l’annata ma che non andrebbero a stravolgere la graduatoria di chi ha convinto o di chi è stato al di sotto delle aspettative.
Abbiamo voluto interpellare Luca Gregorio (che ci ha anticipato ciò che ha detto nel suo podcast) e Francesco Pancani, rispettivamente le prime voci delle telecronache Eurosport e Rai Sport, per conoscere i loro personalissimi “top&flop” della stagione. Un compito forse meno scontato del previsto.
Il rischio di trovarsi di fronte all’imbarazzo della scelta, sia in positivo che negativo, nell’esprimere i propri verdetti c’era eccome.
Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023
I promossi
Sentiamo che nomi ci hanno dato, motivandoli con il loro stile e non necessariamente in ordine di importanza. E partiamo dai promossi.
GREGORIO: «Inizio da Tadej Pogacar. E’ semplicemente il migliore. Numero uno della classifica mondiale, sempre sul pezzo da febbraio a ottobre. Protagonista nelle classiche e nelle corse a tappe. Vogliamo dirgli qualcosa? Fiandre e Lombardia (il terzo di fila come Coppi e Binda) nello stesso anno. Pazzesco».
PANCANI: «Filippo Zana. Parto con i cosiddetti top sotto un’ottica diversa, inserendo due nomi italiani. Il primo è il veneto della Jayco-AlUla. Personalmente ero molto curioso di vederlo in un team WorldTour e penso che abbia dimostrato grande personalità. La vittoria a Val di Zoldo al Giro d’Italia è la ciliegina sulla torta della sua stagione, oltre alla generale allo Slovenia. Però più che questi successi, mi è piaciuta la regolarità con cui ha lavorato alla grande per i suoi capitani».
GREGORIO: «Il secondo nome che faccio è Mathieu Van der Poel, un cecchino infallibile. Anno magico per lui e per questo merita il premio, per me, di migliore del 2023. Sanremo, Roubaix e un Mondiale da leggenda nel giro di sei mesi. Fenomenale».
Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per PancaniSenza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani
PANCANI: «Dico Filippo Ganna perché secondo me anche il giorno che non correrà più sarà sempre un top. Ha fatto un grande inizio di stagione con un bellissimo secondo posto alla Sanremo e pure durante la stagione, specie nel finale alla Vuelta, si è riscoperto anche velocista. Poi, anche se non parliamo di strada, non posso dimenticare quello che ha fatto in pista ai mondiali di Glasgow nell’inseguimento individuale».
GREGORIO: «Proseguo con Jonas Vingegaard, a mio parere il più forte corridore attuale nei grandi giri a tappe. Dominante in salita, efficace a crono, sempre sul pezzo e con attorno una squadra super. Ha vinto anche Baschi e Delfinato e avrebbe potuto prendersi pure la Vuelta. Ice-man».
PANCANI: «Ovviamente Tadej Pogacar. E’ un corridore che vince da febbraio ad ottobre e non si tira mai indietro. Ha vissuto una primavera fantastica vincendo Parigi-Nizza, Fiandre, Amstel e Freccia. Solo una caduta alla Liegi lo ha messo fuori gioco compromettendogli la preparazione al Tour. Nonostante tutto in Francia ha ottenuto il suo quarto podio finale. Ha fatto secondo, un piazzamento che pesa. Ha chiuso poi alla grande col Lombardia».
GREGORIO: «Aggiungo Primoz Roglic. Ha vissuto la stagione dei sogni. Il suo peggior risultato è un quarto posto, ovviamente non considerando i piazzamenti nelle tappe parziali di un grande giro. Può piacere o meno come stile e modo di correre, ma è quasi infallibile. Giro d’Italia, Tirreno, Catalunya, Emilia, terzo alla Vuelta. Il modo migliore per salutare i calabroni. Garanzia».
Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato GregorioUno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio
PANCANI: «Un altro che non può mancare è Mathieu Van der Poel. Credo che sia veramente l’unico corridore che riesca ad entusiasmare il pubblico col suo modo sfrontato anche più dello stesso Pogacar. VdP quest’anno ha centrato tutti gli obiettivi che si era prefissato. Sanremo, Roubaix e mondiale. Già queste valgono una carriera, figuratevi una stagione. E come le ha vinte. Caro Mathieu, per me sei il top del 2023».
GREGORIO: «Infine dico Wout Van Aert. Questa quinta menzione dovrebbe essere per Evenepoel (cifre alla mano), ma scelgo Van Aert perchè è una benedizione per questo ciclismo. C’è sempre. Comunque e dovunque. E’ vero, ha vinto poco e non corse di primo piano, ma nello stesso anno ha fatto secondo al Mondiale e all’Europeo, terzo alla Sanremo e alla Roubaix, quarto al Fiandre e ha regalato una Gand a Laporte. Commovente».
PANCANI: «Il mio ultimo nome è Jonas Vingegaard. Forse è il meno personaggio fra tutti i suoi rivali e personalmente mi piace moltissimo questo suo essere naturale, con atteggiamenti apparentemente distaccati. E’ andato forte da inizio stagione. Al Tour ha cotto a fuoco lento Pogacar e gli altri. La crono di Combloux è stata qualcosa di incredibile. Si è meritato una menzione anche perché è andato alla Vuelta, correndola da protagonista e finendola col secondo posto. Per me ha preso ulteriore consapevolezza dei suoi mezzi».
Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di PancaniTanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani
I bocciati (o rimandati)
Si passa poi alle note dolenti. E qui non mancano le sorprese, come Vlasov per esempio, ma anche i giudizi concordi. Scopriamoli…
GREGORIO: «Enric Mas. il primo anno del post-Valverde sarebbe dovuto essere quello della consacrazione per il maiorchino. Zero vittorie e un sesto posto (anonimo) alla Vuelta ci hanno raccontato il contrario. Eterno incompiuto».
Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come MasTra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas
PANCANI: «Wout Van Aert. Inizio andando controcorrente. Sembrerà quasi un’offesa perché parlo di un grandissimo atleta ed uno dei fenomeni di questi anni. Il belga della Jumbo-Visma però sta allungando la sua lista di secondi e terzi posti che lo rendono sempre più una sorta di “Paperino” del ciclismo. E onestamente mi fa molto male vederlo così. Diciamo che lo definirei un flop di stimolo».
GREGORIO: «Alexander Vlasov. La Bora lo aveva preso nel 2022 per puntare almeno al podio in un GT. Quest’anno, come sempre, ha chiuso in crescendo. Ma non basta. Stesso discorso di Mas. Buon potenziale, ma resa non all’altezza. Vorrei ma non posso».
PANCANI: «Voglio esagerare in modo un po’ provocatorio e dico Remco Evenepoel. E’ vero che ha vinto la Liegi, pur con la fuoriuscita di Pogacar qualcuno potrebbe dire, ed il mondiale a crono ma in altri appuntamenti ha steccato. Al Giro, per tanti motivi. Alla Vuelta è andato fuori classifica subito e al Lombardia, sempre complice anche una caduta, non ha fatto risultato. E’ uno dei tanti talenti attuali e forse quest’anno sui piatti della bilancia pesano più gli obiettivi mancati che i successi».
GREGORIO: «Fabio Jakobsen. Sette vittorie all’attivo (solo la tappa alla Tirreno, però, pesa), ma da uno dei primi 2-3 velocisti al mondo era lecito attendersi molto di più. Cambierà aria (Dsm) e speriamo gli faccia bene».
PANCANI: «Fabio Jakobsen. Sono completamente d’accordo con Luca. Anch’io da un velocista come lui mi aspettavo tanto ma tanto di più».
Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corseChiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse
GREGORIO: «Julian Alaphilippe. Mi piange il cuore perché è il mio idolo indiscusso, ma vedere Loulou confinato a gregario di lusso a 31 anni mi fa sanguinare. Due vittorie appena e ormai nemmeno mai in gara per un buon piazzamento nelle classiche. Fine della storia?».
PANCANI: «Richard Carapaz. Diciamo che è stato bravo a nascondersi fino a luglio cogliendo solo una vittoria a fine maggio. Al Tour è stato sfortunato con una brutta caduta alla prima tappa ma forse aveva sbagliato ad improntare la sua stagione solo con la gara francese. E’ stato buono il recupero di condizione nel finale di stagione con alcuni bei piazzamenti ma potevamo aspettarci qualcosa di più».
GREGORIO: «Hugh Carthy. Il terzo posto alla Vuelta del 2020 ci aveva fatto pensare a un corridore potenzialmente in crescita. Ma il britannico ha bucato anche questo 2023. Mi viene da pensare solo a una cosa. Meteora».
PANCANI: «David Gaudu. Dopo il secondo posto alla Parigi-Nizza era lecito aspettarsi qualcosa in più da un corridore che è una promessa da un po’. Di fatto ha costretto Demare a lasciare la Groupama-Fdj per avere la squadra al suo servizio al Tour, dove ha chiuso nono nella generale. E anche nelle classiche non ha inciso. Al momento non sembra essere lui il primo francese che potrebbe rivincere il Tour. In ogni caso, nel 2024 deve fare il definitivo salto di qualità».
Faccia a faccia con Pogacar nella festa organizzata da A&J All Sports. Il ragazzo come tanti sul campo da padel e il campione che punta i suoi obiettivi
Il marchio Emirates sulla maglia di Pogacar, ma anche del Real Madrid e del Milan. Quanto vale lo sport per la compagnia? Risponde il vicepresidente Boutros
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BERGAMO – Un affondo apparentemente banale, in un punto non cruciale della corsa, e Tadej Pogacar si è portato a casa il suo terzo – consecutivo – Giro di Lombardia. Lo sloveno è riuscito a trasformare in poesia quei 30 chilometri finali.
Un affondo drammatico, sul limbo dei crampi. Con il tuo connazionale, Primoz Roglic, che vuol chiudere con una vittoria il suo viaggio nella squadra che lo ha reso grande. Con quei chilometri che sembrano non passare mai e con la consapevolezza di non essere il più forte. O almeno il solito “schiacciasassi”.
Altro che classica d’autunno: il 117° Giro di Lombardia si è corso con temperature quasi estiveAltro che classica d’autunno: il 117° Giro di Lombardia si è corso con temperature quasi estive
Tattica 10
«Questa mattina Tadej non stava bene – confida il manager della UAE Emirates, Mauro Gianetti, dopo il traguardo – aveva un po’ di tosse. “Ma vedrai che che col caldo passerà”, gli dicevamo… Non era il più brillante? E’ vero, ma ha fatto un capolavoro.
«La tattica era di fare forte quel tratto. Ha visto che Roglic era un po’ dietro e, visto che tirava da un po’, ci ha provato. Ha pensato che stando a tutta da diversi minuti avrebbe fatto fatica ad inseguirlo subito. Però quando ha avuto quel crampo abbiamo tremato».
Ecco perché dicevamo che era uno scatto banale solo in apparenza. Altroché. C’era acume tattico, una freddezza glaciale. Pogacar oggi non era il più forte. Conoscendolo, se lo fosse stato, al primo scatto sul Ganda avrebbe salutato tutti. E invece non è successo.
Rifornimento galeotto: ai -11 km Pogacar ha i crampi. Marzano lo affianca e gli passa un gel. Gianetti: «Felice di pagare la multa»Rifornimento galeotto: ai -11 km Pogacar ha i crampi. Marzano lo affianca e gli passa un gel. Gianetti: «Felice di pagare la multa»
Pogacar l’umano
Però non ha mollato e dove non sono arrivate le gambe è arrivata la testa. Ci tornano in mente le parole di Hauptman, il direttore sportivo che meglio lo conosce: «Vedrete che Tadej si farà trovare pronto per il Lombardia». Non aveva sbagliato.
E’ sicuramente un dato di fatto che la sua stagione dopo la caduta della Liegi abbia subito una piega diversa da quella prevista. Dopo quello stop Pogacar ha vinto, ma non ha più convinto. Al Tour de France ha salvato la piazza d’onore grazie anche alla squadra e in queste gare di avvicinamento all’ultimo Monumento non ha alzato le braccia al cielo, né “giocato” come era solito fare.
Evidentemente anche i supereroi pagano dazio in questo ciclismo al limite. Ma questo non fa altro che elevare il mito di Pogacar. Un Pogacar umano. E questo piace. Piace tanto. Il boato quando è salito sul podio di Bergamo è stato più forte persino di quello di Andrea Bagioli, che giocava in casa.
Poche volte abbiamo visto lo sloveno soffrire così. Eccolo nel bagno di folla (splendido) di Bergamo AltaPoche volte abbiamo visto lo sloveno soffrire così. Eccolo nel bagno di folla (splendido) di Bergamo Alta
Più testa che gambe
Dopo il traguardo lo abbiamo visto insolitamente commosso. Lo sloveno ha festeggiato come mai prima. Braccia al cielo. Abbracci forti. Forse un accenno di commozione dietro agli occhialoni. Tutti elementi che ci dicono che la vittoria oggi era affatto scontata.
«Ho provato ad attaccare in salita – ha detto Pogacar – ma non sono riuscito a fare la differenza. Quando passava in testa Vlasov faticavo. Credo che oggi lui sia stato uno dei più forti in salita. Io però credevo nella vittoria di questo Lombardia, mi ero allenato bene in queste settimane.
«Sull’ultima salita, che conoscevo davvero bene, ho tirato fino in cima perché speravo che io e Alexander saremmo arrivati insieme al traguardo. Poi, all’inizio della discesa, quando gli altri erano ancora lì e ho visto che c’era un piccolo buco, mi sono buttato. Ricordavo la discesa. Di certo meglio di due anni fa quando fu un disastro!».
Pogacar racconta poi quanto sia stata dispendiosa proprio la discesa. La planata dal Ganda, che poi è Selvino, richiedeva un grande impulso vista la scarsa pendenza. Era un continuo rilanciare se si voleva fare velocità.
E infatti lo stesso Tadej ha detto: «Stavolta è stata dura finire l’attacco da così lontano. In pianura poi ho avuto i crampi. Prima un crampo a destra, poi uno a sinistra. Pensavo che fosse tutto finito, così ho calato un po’ il ritmo e la potenza. Ho cercato di essere più aerodinamico possibile, di chiudermi con le spalle. Ma ormai ero in ballo e mi sono concentrato su come salvarmi per lo strappo finale. Fortunatamente dietro non hanno collaborato al meglio. E in quel momento ci speravo».
«Alla fine, anche se doloroso, mi sono goduto gli ultimi chilometri. Questa è stata la vittoria più difficile delle tre, anche perché sono arrivato da solo. E’ stata una giornata bellissima, abbiamo anche vinto la classifica WorldTour a squadre e devo ringraziare tutti i ragazzi ancora una volta. Mi dispiace solo per Bax che si è rotto il femore. Un peccato perché stava benissimo».
Il podio con Pogacar, Bagioli e Roglic. Il drappello degli inseguitori è arrivato a 52″ dallo slovenoRoglic felice e sereno dopo l’arrivo. Era l’ultima gara con la maglia della Jumbo-Visma. Ha ringraziato i compagni uno ad unoSe Roglic ha utilizzato una corona da 54 denti, sulla Colnago di Pogacar ce n’era una da 54. Cassetta posteriore 11-34 Bravo Marcellusi! Martin è stato tra i più attivi della fuga di giornata e vincitore del premio del GhisalloIl podio con Pogacar, Bagioli e Roglic. Il drappello degli inseguitori è arrivato a 52″ dallo slovenoRoglic felice e sereno dopo l’arrivo. Era l’ultima gara con la maglia della Jumbo-Visma. Ha ringraziato i compagni uno ad unoSe Roglic ha utilizzato una corona da 54 denti, sulla Colnago di Pogacar ce n’era una da 54. Cassetta posteriore 11-34 Bravo Marcellusi! Martin è stato tra i più attivi della fuga di giornata e vincitore del premio del Ghisallo
Roglic senza rimpianti
Dietro non hanno collaborato al meglio. Il rivale numero uno Primoz Roglic, a cui tutti guardavano, piomba sull’arrivo di Bergamo in terza posizione. E’ stanco ma ride. E mentre gira la bici per andare al podio dice: «No rimpianti, no rimpianti».
«Semplicemente – ha detto Primoz – non avevo le gambe, ma ho dato tutto. E’ stata una lotta molto, molto lunga. Ma quando Pogacar è scappato non potevo fare nulla. Non avevo scelta.
«Se penso a come ho iniziato la mia stagione e all’infortunio da cui venivo, non posso che essere soddisfatto di questa annata. Voglio ringraziare la mia squadra. Siamo stati uniti fino alla fine».
E anche la Jumbo-Visma ha ringraziato lui. Dal team manager Plugge ai compagni, fino al personale che lo attendeva al bus con delle pizze fumanti.
«Abbiamo lavorato al massimo per lui fino alla fine, con la massima serietà. Primoz è il nostro campione. Dopo otto anni non poteva essere diversamente», ci ha detto Ard Bierens, addetto stampa del team olandese.
Da una serie di frasi lette durante la settimana, la curiosità di far luce sulla figura del leader. Quali qualità lo rendono tale? Ce lo spiega la psicologa
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Che la grande fusione fra Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma avvenga o meno, resta il senso di malinconia per il cinismo dei due attori e la gestione miope da parte di chi dovrebbe scrivere le regole. In gruppo se ne parla. La fusione di due grandi team mette sul piatto i destini degli atleti e ancor più del personale, che oggi potrebbe ricevere la lettera di licenziamento. E si parla anche della volontà delle squadre del Nord Europa di contrastare lo strapotere economico di quelle arabe. UAE Emirates, Bahrain e AlUla stanno infatti formando un blocco importante. Il primo a prenderne atto e andarsene è stato Roglic, altri seguiranno?
Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corsePlugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse
Sport e quattrini
Sport e quattrini vanno da sempre a braccetto. Ma se i quattrini diventano dominanti rispetto allo sport, allora il giocattolo si rompe e il sistema smette di essere interessante. Lo dicono gli analisti di Buzz Radar, che hanno messo sotto la lente il crollo di interesse della Formula Uno per lo strapotere Red Bull. Ilcalo è del 70 per cento sul fronte delle menzioni social nei primi cinque mesi del 2023 rispetto al 2022. Il calo di nuovi follower è del 46 per cento. Il ciclismo non c’è ancora arrivato, ma il malcontento per lo strapotere Jumbo-Visma è ricorrente. E se nelle corse di un giorno i discorsi sono ancora aperti grazie ad attori come Van der Poel ed Evenepoel, nei Giri la situazione è imbarazzante. Soprattutto quando la Jumbo schiera il “dream team” del Tour, riproposto poi alla Vuelta.
Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)
Il salary cap
Nonostante i budget di questi grandi team, il ciclismo non è uno sport ricco e forse proprio per questo viene gestito da dirigenti più propensi all’inchino che all’autorità. Certo questo è il punto di vista di un italiano che assiste da anni al saccheggio dei vivai nostrani da parte dei devo team WorldTour. Resta il fatto che nel più ricco basket NBA, le regole perché i budget non sviliscano la competizione esistono da anni.
Il salary cap (tetto salariale) per la stagione 2022-23 è stato previsto in 123,65 milioni di dollari e potrebbe aumentare fino a 134 nella prossima stagione. Il valore viene stabilito dal contratto collettivo di lavoro della NBA in percentuale rispetto alle entrate delle squadre. Il tetto agli ingaggi ammette eccezioni, ma serve a impedire che le squadre con superiore capacità di spesa schiaccino le altre. Le squadre che sforano il tetto, sono penalizzate con la “luxury tax”. Il totale delle multe a fine anno viene ridiviso fra le squadre che sono riuscite a rimanere sotto la soglia. A ciò si aggiunga il sistema di reclutamento del Draft, attraverso cui le squadre hanno accesso regolamentato ai talenti provenienti dai college. La differenza rispetto al nostro mondo, in cui gli agenti vendono i corridori al miglior offerente, salta agli occhi.
Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui GianettiIl salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti
La resistenza dei team
Cambiare non è semplice, ma è possibile. Quando in seguito alle critiche di Marc Madiot ne parlammo con Gianetti, ovviamente lo svizzero fu piuttosto scettico, vedendo limitato potenzialmente il proprio potere sul mercato.
«Non si può ridurre la discussione al salary cap – disse il manager della UAE Emirates – senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente».
Probabilmente sarebbe scettico anche Richard Plugge, boss della Jumbo-Visma che ha appena salutato Roglic, ma le regole non le fanno le squadre: spetta all’UCI, che invece resta ancorata a schemi superati.
Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?
La ribellione di Roglic
Il primo a ribellarsi è stato Roglic, fresco vincitore al Giro dell’Emilia. Con schiettezza pari a quella di Simoni, lo sloveno ha chiesto alla Jumbo-Visma di rompere il contratto che lo legava alla squadra fino al 2025. Primoz si è sudato la vittoria del Giro con una squadra meno potente rispetto a quella del Tour. E quando poi si è trattato di giocarsi la Vuelta, gli è stato messo il bavaglio perché lasciasse vincere Kuss. Non si discute l’amicizia, ma quando un campione lavora per vincere, certi regali fa fatica a concederli, soprattutto quando le cose si svolgono seguendo un copione così imbarazzante. E se anche Kuss è servito a non far litigare Roglic con Vingegaard, il problema di abbondanza si fa ancor più evidente.
Conosceremo la destinazione di Roglic dopo il Giro di Lombardia, inutile mettersi qui a ricordare le varie ipotesi di mercato, mentre aspettiamo di capire se Evenepoel sarà il prossimo a declinare fastidiose convivenze. In questo Risiko di milioni e assenza di regole, c’è da sperare che siano i campioni a rimettere le cose a posto. Tutto ha un prezzo, ma il talento merita rispetto.
Nonostante il carattere battagliero, le parole di Evenepoel e Ayuso nel giorno di riposo ci avevano incuriosito. Così le abbiamo rilette con Manuella Crini
Sugli sterrati du Troyes, nona tappa del Tour, Pogacar fa il diavolo a quattro, ma alla fine non guadagna. Vingegaard si difende sornione con la squadra
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