Intuito Tratnik: arriva Pogacar, si rialza e lo lancia verso l’iride

03.10.2024
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ZURIGO (Svizzera) – «Ho capito che Tadej stava arrivando – dice Tratnik – perché quando con la fuga abbiamo iniziato la salita, avevamo un vantaggio di circa due minuti e mezzo. Poi improvvisamente è sceso a un minuto e mezzo: un minuto in meno in pochissimo tempo. A quel punto la moto passando mi ha detto che avevano attaccato. E poi, qualche minuto dopo, ho visto sulla tabella che il numero 22 aveva 20 secondi di vantaggio sul gruppo: il numero 22 era Tadej. Da lì ho capito che era da solo e in quel momento ho deciso di aspettarlo per cercare di fargli risparmiare un po’ di energia».

Restiamo ancora un po’ sul mondiale. Le parole di Vanthourenhout hanno riportato l’attenzione su Jan Tratnik. Averlo visto nella prima fuga, ha raccontato il tecnico del Belgio, faceva pensare che Pogacar si sarebbe mosso. E sia pure con imprevedibile anticipo, così è stato. A quel punto i belgi si sono ritrovati con l’inseguimento sulle spalle, mentre Tadej davanti scriveva la storia. Ma non era solo, con lui c’era il compagno di nazionale.

Tratnik, 34 anni, era al via del mondiale in supporto per Pogacar o Roglic
Tratnik, 34 anni, era al via del mondiale in supporto per Pogacar o Roglic

Attacco a sorpresa

Tratnik era là, solido e pronto. La sua è stata finora una carriera a metà fra il protagonismo e la generosità. E’ stato capace di vincere un europeo U23 a crono, poi una tappa al Giro e anche l’ultima Omloop Het Nieuwsblad. Ma ha anche scortato capitani come Caruso, Roglic, Kuss e Vingegaard verso grandi risultati. E questa volta si è ritrovato davanti al mondiale con il più giovane connazionale che a suo modo era partito verso un’impresa leggendaria.

«Sono venuto a Zurigo – racconta – solo per aiutare Tadej e Primoz. Non ho mai nemmeno pensato alle mie possibilità personali. Sapevamo che loro due erano i nostri capitani e siamo andati lì solo per aiutarli. Però non mi aspettavo di vederlo arrivare così presto. Quando sono andato in fuga, sapevo che in qualche modo Tadej avrebbe avuto un vantaggio dalla mia presenza, ma pensavo che si sarebbe mosso nel giro successivo. Mi ha davvero sorpreso che abbia attaccato così presto, il piano non era assolutamente questo».

Un giro dopo aver lasciato Pogacar, Tratnik si è fermato e lo ha atteso al traguardo col resto della squadra (foto Vid Ponikvar)
Un giro dopo aver lasciato Pogacar, Tratnik si è fermato e lo ha atteso al traguardo col resto della squadra (foto Vid Ponikvar)

A tutta fino alla cima

Immaginate la scena, oppure riavvolgete il nastro e andate a rivederla. Tratnik è nella fuga in cui viaggia anche Cattaneo. Sembra tutto normale, come può essere normale essere inseguito da un gruppo così pieno di campioni. Eppure di colpo si rialza e smette di collaborare. Gli altri lo guardano e qualcuno capisce.

«Quando i ragazzi della fuga hanno visto che non tiravo più – sorride – hanno capito che forse stava succedendo qualcosa dietro. Quando poi mi sono staccato e mi hanno visto rientrare con Tadej, hanno smesso immediatamente di collaborare. Sapevano esattamente cosa stavamo facendo. Tadej non mi ha chiesto niente. Io invece gli ho detto di stare seduto alla mia ruota e di non fare niente. Ci avrei pensato io fino alla cima della salita, poi però avrebbe dovuto cavarsela da solo. Il mio compito era quello e poi vederlo andare via a tutto gas.

«Le poche cose che ci siamo detti sono state per dirgli di stare calmo, che avrei tirato io. E una volta sulla cima, gli ho augurato il meglio possibile e gli ho detto che speravo che sarebbe diventato campione del mondo. Io invece dopo un altro giro mi sono fermato e ho chiuso lì il mio mondiale».

Tratnik assicura che anche il lavoro di Roglic è stato prezioso per la conquista di Pogacar
Tratnik assicura che anche il lavoro di Roglic è stato prezioso per la conquista di Pogacar

Il lavoro di Roglic

Dal prossimo anno, Tratnik tornerà con l’amico Roglic alla Red Bull-Bora. Eppure in nazionale ogni rivalità sparisce. Soprattutto quando, come quest’anno, tutta la squadra sa di poter portare in patria la maglia iridata, che per ultimo Mohoric era riuscito a conquistare nel 2013 da under 23.

«Con Tadej siamo buoni amici – dice Tratnik – ci alleniamo insieme a Monaco, a volte andiamo a cena insieme. Siamo amici ed è un tipo che mi piace. E’ davvero rilassato e un vero campione. L’atmosfera della nazionale attorno ai nostri leader era davvero buona. Anche Primoz ha fatto un lavoro incredibile. Forse non si è visto, magari la televisione non lo ha inquadrato, ma praticamente ha lanciato lui l’attacco di Tadej. Si è molto impegnato. Abbiamo vinto la maglia e chiaramente Tadej è stato il più forte, ma Primoz lo ha aiutato molto. E’ stato anche lui una parte importante di questa vittoria.

«La sera la squadra era felice. Abbiamo festeggiato davvero bene e non importa in quale team corriamo. Eravamo semplicemente felici che questa nuova maglia fosse in Slovenia e che tutti abbiano lavorato per portarcela. A partire dai corridori, tutti hanno fatto un lavoro incredibile e tutti si sono impegnati. C’era davvero una bella atmosfera anche da parte dello staff e delle persone che ci hanno aiutato. Posso dire che è stato davvero bello». 

Sul pullman, anche per Tratnik la foto ricordo della fantastica avventura iridata di Pogacar (foto Vid Ponikvar)
Sul pullman, anche per Tratnik la foto ricordo della fantastica avventura iridata di Pogacar (foto Vid Ponikvar)

Orgoglio sloveno

Il tempo di tornare a casa e mettere nella valigia i capi con i colori della Visma-Lease a Bike e Jan Tratnik tornerà a lavorare per la sua squadra. Per festeggiare il mondiale, ne siamo certi, ci sarà tutto l’inverno, prima di andare magari nel raduno di Soelden con cui la sua nuova squadra tedesca è solita aprire la stagione.

«Dal prossimo anno – ammette – sarò di nuovo in squadra con Roglic. Penso che Primoz sia una persona adulta e sappia che questa volta Tadej era il più forte ed è anche per questo che lo ha aiutato. Qui non ci sono rancori, alla fine, siamo tutti amici. Forse non è neanche questo. Siamo sloveni, quindi se possiamo aiutarci a vicenda, lo facciamo. Poi però nelle gare normali, gareggiamo l’uno contro l’altro. Quindi nessun rancore o risentimento per aver aiutato un rivale. Avevamo un obiettivo chiaro. Volevamo vincere questa maglia, volevamo farlo e tutto ha funzionato alla perfezione. E io sono davvero felice di averne fatto parte».

Con Pogacar e la nazionale slovena è “iridata” anche Alé

02.10.2024
3 min
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Il trionfo della squadra slovena nella gara maschile su strada ai Mondiali di Ciclismo di Zurigo 2024, grazie alla straordinaria prestazione di Tadej Pogacar, ha portato ulteriore lustro alla collaborazione tra il team sloveno e Alé, un marchio noto per la grande qualità produttiva in ambito abbigliamento per il ciclismo. Questa partnership, iniziata nel 2022 tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena (KZS – Kolesarska zveza Slovenije), ha “vestito” alcuni dei più grandi ciclisti del mondo, come appunto Tadej Pogacar, Primoz Roglic e Matej Mohoric, nelle competizioni più prestigiose, tra cui mondiali, europei e Giochi Olimpici.

Pogacar sotto al traguardo di Zurigo diventa campione del mondo e con lui il suo kit Alé Cycling
Pogacar sotto al traguardo di Zurigo diventa campione del mondo e con lui il suo kit Alé Cycling

Momento storico

E il successo ottenuto ai recentissimi Mondiali di Zurigo rappresenta davvero il culmine di una collaborazione che ha già prodotto risultati di grande rilievo. La vittoria di Pogacar, supportato da un team a dir poco eccezionale, ha segnato un momento storico per il ciclismo sloveno, e Alé non ha tardato a congratularsi con il campione e con tutta la nazionale per la prestazione memorabile.

«E’ stato per noi un onore immenso vedere il logo Alé sul gradino più alto del podio ai mondiali di ciclismo su strada 2024 – ha commentato entusiasta Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG, l’azienda che controlla il brand – collaborare con alcuni dei migliori ciclisti al mondo, grazie alla partnership con la Nazionale slovena di ciclismo, è un vero privilegio. Ringraziamo la KZS per questa grande emozione e ci congratuliamo con il vincitore e con tutto il team».

Alessia Piccolo con Tadej Pogacar
Alessia Piccolo con Tadej Pogacar

Partnership vincente

La partnership tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena non si limita solo alla fornitura di divise da gara, ma comprende anche l’abbigliamento tecnico sia per la stagione estiva che per quella invernale. I capi, inclusi i body utilizzati nelle competizioni, sono caratterizzati dal verde distintivo della Slovenia, conosciuto come “Slovenian Green”, abbinato a dettagli in blu scuro, creando un look elegante e riconoscibile. Questi capi appartengono alla collezione PR-S di Alé, una linea dedicata alle squadre professionistiche che utilizza le tecnologie più avanzate nel campo tessile per ottimizzare le prestazioni degli atleti. Ogni capo è difatti studiato nei minimi dettagli, con un “fit racing” pensato per migliorare l’aerodinamica e il comfort durante le gare più impegnative.

La collezione PR-S di Alé rappresenta il punto di incontro tra design all’avanguardia e performance, rendendo questi capi ideali per atleti di altissimo livello come quelli della nazionale slovena. La maglia indossata da Tadej Pogacar durante il suo trionfo è l’emblema di questa perfetta sinergia tra tecnologia e sport.

Con il primo posto ottenuto ai Mondiali di Zurigo, la partnership tra Alé e la nazionale slovena ha dimostrato ancora una volta di essere un connubio vincente, capace di portare i suoi atleti a dominare le competizioni più prestigiose del panorama ciclistico internazionale.

Alé Cycling

Cham, parlano gli sloveni. E Pogacar sfida Evenepoel

27.09.2024
7 min
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CHAM (Svizzera) – Si capisce che la Slovenia abbia la certezza di essere diventata una grande nazione del ciclismo quando viene annunciato che la conferenza stampa di Pogacar e Roglic si svolgerà inizialmente in sloveno. I primi 15 minuti per loro e i quindici successivi per noi che invece ricorriamo all’inglese.

Prima dell’inizio, il microfono viene ceduto ad Hans-Peter Strebel, un medico che con due colleghi ha messo a punto una terapia modificatrice della sclerosi multipla recidivante, della quale hanno beneficiato circa 600.000 pazienti in tutto il mondo. E’ lui il proprietario di OYM, l’hotel per sportivi in cui alloggia la Slovenia, pieno di impianti sportivi e la cucina con 8 chef e nutrizionisti che cucinano per gli atleti.

Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama
Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama

La Slovenia cresce

Poi dopo il meritato applauso e la sua richiesta almeno di menzionarlo, inizia il flusso delle domande in sloveno. Pur registrando le risposte da decifrare con qualche provvidenziale traduttore, non si può far altro che guardarsi intorno e scrutare le espressioni sul volto dei due campioni che domenica in corsa dovranno aiutarsi oppure evitare di pestarsi i piedi.

«Il flusso dei giornalisti è per noi – dice il cittì Uros Murn – ogni anno devo dire che la nostra nazionale cresce. Ogni anno siamo più bravi ad attirare sempre più attenzione e penso che questo sia un ottimo segnale per gli sloveni e il ciclismo sloveno. Siamo tutti consapevoli che sarà necessario fare qualcosa nella corsa su strada e credo che da un lato questa sia una grande sfida per loro. Dall’altro credo che abbiano bisogno di un po’ di incoraggiamento prima della corsa forse più importante della loro carriera».

Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante
Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante

Mondiale e classiche

Si comincia con Pogacar. La stanza è un anfiteatro, i corridori sono in basso sulle poltroncine. Ricordiamo tutti quando Tadej, dopo il terzo posto nel mondiale di Glasgow 2023, disse di esserne uscito distrutto. La corsa più dura della sua vita.

«Il mondiale è una gara molto diversa – dice – è una gara di un giorno con la nazionale, cosa che non facciamo quasi mai. L’anno scorso è stata una delle gare più dure che abbia mai fatto, perché non era percorso adatto a me. Era troppo esplosivo nelle ultime 3 ore di gara, quindi dopo l’arrivo ero davvero esausto. Quest’anno però il percorso è molto meglio e così vedremo cosa ci riserva la gara.

«E’ diverso da una classica. Corriamo tutto l’anno con la squadra. In teoria potresti paragonare i monumenti ai campionati del mondo, ma quelli lì corri con la squadra dove i compagni potrebbero essere migliori rispetto a quelli della nazionale. Si tratta di dinamiche diverse. Anche il fatto che non hai le radio in gara e che si corra in circuito fa la differenza rispetto a una gara che si svolge da una città all’altra».

Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari
Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari

Un grande obiettivo

Roglic seduto accanto ascolta e deve aver capito che la maggior parte delle domande sarà per il giovane compagno di nazionale, che già una volta gli ha tolto il Tour e adesso gli porta via la luce. Sapranno convivere? E mentre facciamo questa riflessione, la domanda per Pogacar riguarda la maglia iridata.

«La maglia iridata è qualcosa di veramente speciale nel ciclismo – ammette – la maglia più unica. Tutti la vogliono, credo. Puoi indossarla tutto l’anno e ti definisce come il miglior ciclista del mondo. Quindi ovviamente è un grande obiettivo per me da un paio d’anni. Mi impegnerò. E se non sarà quest’anno, ci riproverò nei prossimi».

A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?
A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?

Il precedente di Imola

La memoria va a quando Pogacar e Roglic si ritrovarono in nazionale a Imola 2020, appena dopo lo… scippo della maglia gialla da parte di Pogacar. Già allora ci si chiedeva come avrebbero convissuto, ora la curiosità esplode. Lavorerete insieme? Roglic ride e prova a sviare, poi risponde.

«Se si tratta di tattiche e cose del genere – dice – io non sono io il tipo giusto, chiedete al nostro tecnico. Penso a tutti gli scenari che possono accadere e a come reagiremo. Mi sono detto spesso che Tadej sta vincendo tutte le gare di un giorno, quindi è uno dei migliori. Io ne faccio solo un paio all’anno, forse neanche quelle, quindi è una bella sfida».

«Abbiamo una squadra davvero forte – si inserisce Pogacar – grandi nomi e grande squadra. Direi una delle migliori al mondo di sempre. Abbiamo due carte molto forti, forse anche tre, da giocare nel finale. Quindi penso che siamo avvantaggiati in questo, ma dobbiamo comunque stare attenti e correre in modo intelligente».

Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic
Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic

A proposito di Van der Poel

Di nuovo per Pogacar, che ha ascoltato con attenzione le parole del primo mentore. Parla un collega olandese e gli chiede se a suo avviso Van der Poel potrà difendere la maglia iridata.

«Mathieu è in buona forma – dice – e l’anno scorso ha conquistato la maglia iridata molto bene e altrettanto bene l’ha vestita. Ha ottenuto vittorie davvero incredibili, ma domenica è un’altra gara in cui dovrà difendere il titolo. E’ un po’ più dura per lui, c’è un po’ più di salita. Ho sentito da qualche parte che ha perso un chilo e mezzo, forse è stato bravo a prepararsi solo per questa corsa. Vedremo come andrà, non possiamo escluderlo. Lo teniamo sicuramente a mente per il finale, può essere pericoloso se si sveglia in una buona giornata.

«Ci sono molte salite – prosegue – nessuna davvero lunga. Ma anche dopo la salita, non c’è una discesa dritta, quindi non c’è molto tempo per recuperare. Immagino tanti scenari diversi e fra questi mi viene da dire che c’è tanto spazio per attacchi a lungo raggio o per rendere la gara più dura. E’ davvero difficile dire quale salita farà la differenza, ma penso che la differenza sarà nei chilometri finali».

Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling
Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling

A proposito di Hirschi

I discorsi vanno avanti. Gli chiedono come se la caverebbe in un finale allo sprint e lui risponde che non immagina un grande gruppo. E in ogni caso aggiunge che lo sprint dopo 270 chilometri è qualcosa di completamente diverso rispetto ad altre situazioni. Piuttosto, fra i rivali da tenere d’occhio, Tadej ha già inserito da tempo Marc Hirschi, che alla fine dell’anno lascerà la AUE Emirates, per approdare alla Tudor Pro Cycling. Poi l’attenzione approda ai piedi di Roglic, cercando di capire come si senta.

«Ora mi sento bene – risponde – vedere come mi sentirò dopo i 250 chilometri è sicuramente un’altra questione. Alla fine in questa settimana ho fatto quello che potevo, per cercare di prepararmi bene».

Pogacar applica l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata
Pogacar attacca l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata

Forchettata a Evenepoel

La chiusura, prima che Pogacar si trattenga per raccontare la bicicletta con cui correrà il mondiale, lo porta a parlare di Remco Evenepoel. A ben pensarci, è la prima volta che i due si sfidano nella corsa di un giorno, dopo la caduta di Pogacar alla Liegi di due anni fa e quella di Remco ai Paesi Baschi del 2024.

«Remco sembra super bravo nella crono – spiega Pogacar – ha gestito bene anche la pressione dopo il salto della catena sulla linea di partenza. Da quello che ho letto, non aveva il misuratore di potenza, quindi immagino che si sia preparato davvero bene, soprattutto per la cronometro. E’ la disciplina in cui brilla di più ma penso che domenica sarà un gioco diverso».

Maini: «Gara nella gara. Non è stata una Vuelta monotona»

12.09.2024
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Sono iniziati ieri gli europei in Limburgo (in modo fantastico per l’Italia con l’oro di Affini e il bronzo di Cattaneo nella cronometro individuale) che la Vuelta sembra già lontana molto più dei quattro giorni che sono trascorsi dalla frazione conclusiva di Madrid. Questo non è altro che la conseguenza dell’effetto-lampo del ciclismo attuale, dove si va sempre più veloce in gruppo e pure nel passare con l’attenzione alla gara successiva.

Noi però abbiamo tirato i freni per un attimo andando a ripercorrere gli highlights della corsa spagnola vinta da Roglic in compagnia di Orlando Maini. Il tecnico bolognese è momentaneamente giù dall’ammiraglia, ma ovviamente resta un assetato di ciclismo. Non si è perso nemmeno una tappa della Vuelta, gara che gli è rimasta nel cuore da quando vinse la Saragozza-Soria nel 1984. Ecco la sua analisi.

Orlando Maini (qui con Canola al GiroE) non si è perso una tappa della Vuelta
Orlando Maini (qui con Canola al GiroE) non si è perso una tappa della Vuelta
Orlando da dove vuoi iniziare?

Partirei dall’ultima tappa solo per indicarvi un dato che mi ha impressionato. Hanno fatto la crono di Madrid a medie orarie folli, dopo una Vuelta molto dura. Kung l’ha vinta sopra i 55 chilometri orari. Solitamente l’ultima crono di un grande giro a tappe è l’indicatore della condizione. E molti stavano bene. Cattaneo e Baroncini sono andati molto forte, Affini appena dietro, ma lui era già andato bene in quella di apertura. Non mi stupisce che i primi tre della crono europea siano reduci dalla Spagna.

Qualcuno dice che è stata una Vuelta noiosa. Cosa rispondi?

Ci sta che il pubblico da casa voglia sempre che tutti i migliori dieci corridori al mondo si scontrino in ogni tappa. Per le volate, in salita o nelle frazioni ondulate. Ma non può essere così perché innanzitutto c’è un calendario molto fitto e le energie vanno dosate. Poi perché il livello medio è altissimo. Si va forte ogni giorno, basta guardare i dati dei computerini dei corridori. Anche nella penultima tappa, che aveva più di 5.000 metri di dislivello in 170 chilometri, sono andati molto forte (oltre 37 km/h di media, ndr). Le differenze sono minime in certi casi.

Alla 6ª tappa O’Connor trova la fuga, vince e guadagna minuti preziosi in classifica. Chiuderà secondo cedendo solo al terzultimo giorno
Alla 6ª tappa O’Connor trova la fuga, vince e guadagna minuti preziosi in classifica. Chiuderà secondo cedendo solo al terzultimo giorno
Alla fine secondo te ha vinto la Vuelta chi doveva vincerla?

Delle tre grandi corse a tappe, quella spagnola è quasi sempre quella col risultato più aperto, specialmente quest’anno. Senza fenomeni come Pogacar, Vingegaard e Evenepoel, il favorito principale era Roglic, anche perché i rivali diretti sulla carta non erano al top. Almeida si è ritirato all’inizio, Adam Yates è andato a corrente alternata, Landa era in buona condizione, ma non abbastanza e Mas è un regolarista cui manca sempre il guizzo decisivo. Tuttavia la vittoria di Roglic non era scontata, nonostante ne avesse già conquistate tre. Infatti abbiamo visto com’è andata. Ha dovuto rosicchiare il vantaggio di O’Connor fino alla fine. Per me è stata una Vuelta che è andata oltre le attese.

In che modo?

Sostanzialmente ogni giorno c’era una fuga numerosa e quindi si assisteva ad una gara nella gara. Una per la vittoria di tappa, l’altra per la generale. Abbiamo visto lampi che hanno reso interessante la corsa. Ad esempio in una di queste azioni da lontano, O’Connor è andato a prendersi un successo parziale, la maglia rossa e alla fine pure il secondo posto finale. Guardate che fare un podio nelle grandi corse a tappe non è facile, anche se non ci sono i soliti tre tenori che dicevo prima.

La fuga di O’Connor ha ricordato quella di Arroyo al Giro del 2010 che gli permise poi di chiudere secondo dietro Basso in classifica. Secondo te ha scombinato i piani di molti uomini?

Penso proprio di sì. Bisogna dire però che rispetto ad Arroyo, O’Connor alle spalle aveva un quarto posto al Tour del 2021 e al Giro di quest’anno, quindi era già abituato a certi piani alti. Però per me ha fatto un grande numero. Idealmente gli do un voto alto perché ha giocato molto bene le sue carte. E’ vero che gli hanno lasciato molto spazio e lui ha guadagnato molti minuti con quella fuga, però gli va dato atto che è stato bravo a crearsi quella occasione. E bravo successivamente a gestire gli sforzi. Tutti pensavano che saltasse prima, invece ha ceduto solo al terzultimo giorno.

La Kern Pharma ha ottenuto tre vittorie (qui con Castrillo a Estación de Montaña Manzaneda). Un ottimo bottino per un team professional
La Kern Pharma ha ottenuto tre vittorie (qui con Castrillo a Estación de Montaña Manzaneda). Un ottimo bottino per un team professional
Lato velocisti invece cosa ci dici?

Le tappe se le sono divise in due rispettando abbastanza i pronostici. Mi è dispiaciuto tantissimo per la caduta e il relativo abbandono di Van Aert. Peccato, stava andando fortissimo, mi ricordava quello del 2022 al Tour. Ha raccolto tre vittorie, era sempre in fuga, anche in montagna, aveva una condizione incredibile ed era al comando di due graduatorie. Non so se avrebbe vinto la classifica dei gpm, ma di sicuro quella a punti, che poi è andata a Groves, autore di tre successi nelle altrettante tappe per velocisti.

C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare?

Sicuramente le vittorie delle formazioni professional. A parte quello di Woods della Israel, che è già stata nel WorldTour, i tre successi della Kern-Pharma con Castrillo e Berrade mi sono piaciuti. Penso che vadano a beneficio del nostro sport. Sono di certo vittorie figlie della Vuelta che si è creata come dicevo prima, ma sono importanti perché danno un segnale. Che anche le squadre più piccole possono riuscire a vincere nei grandi giri. Pensate al Giro d’Italia se una professional italiana vincesse tre tappe. Per gli sponsor sarebbe una manna e magari servirebbe per attirarne di nuovi.

Van Aert sembrava quello del Tour 2022. Tre vittorie, fughe, maglie di classifica, ma anche la solita sfortuna. Abbandona per una caduta
Van Aert sembrava quello del Tour 2022. Tre vittorie, fughe, maglie di classifica, ma anche la solita sfortuna. Abbandona per una caduta
Cosa ti ha deluso?

Devo dire con onestà che mi sarei aspettato di più da Landa. Non tanto in termini di generale, quanto più per una vittoria di tappa. Però per come stava andando ed è andata la Vuelta, la Soudal avrebbe dovuto cambiare tattica. Ovvero non lasciare andare via la fuga e poi inventarsi qualcosa nel finale. Oppure far uscire di classifica Landa subito e cercare la fuga come fanno spesso in tanti per avere più libertà d’azione. Certo, non è così semplice. Una conseguenza di tutto ciò però ha portato a fermare Cattaneo nella diciottesima tappa per aspettare ed aiutare Landa staccato. Mi è spiaciuto molto per Mattia che meritava di giocarsi la vittoria siccome aveva dimostrato di stare bene.

Nella 18ª tappa Cattaneo era in fuga, ma è stato fermato per aiutare Landa staccato. Avrebbe meritato di giocarsi le proprie carte
Nella 18ª tappa Cattaneo era in fuga, ma è stato fermato per aiutare Landa staccato. Avrebbe meritato di giocarsi le proprie carte
Orlando Maini come ha guardato la Vuelta?

Ho un debole per le gare spagnole e per questa in particolare. L’ho corsa da corridore e l’ho fatta tante volte da diesse. Ogni giorno appena mi collegavo alla televisione cercavo di capire com’era la situazione e mi immedesimavo nei direttori sportivi, sia degli atleti in fuga sia di quelli in lotta per la maglia rossa. Cercavo di interpretare le tattiche e magari vedere se i miei pensieri combaciavano con ciò che vedevo. D’altronde noi addetti ai lavori guardiamo le gare in questo modo, valutando aspetti che spesso la gente da casa non tiene in considerazione.

Migliore degli italiani alla Vuelta. Ma Fortunato voleva di più

10.09.2024
5 min
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Lorenzo Fortunato ha chiuso la Vuelta al 16° posto, primo degli italiani, a 40’43” da “padron” Roglic. Questi dati non bastano però per definire la sua corsa, molto più complessa nella sua definizione attraverso le tre settimane di gara. Lo stesso portacolori dell’Astana Qazaqstan team fa un po’ fatica a darsi un voto, fra un piazzamento di livello ma non pari alle sue aspettative e un andamento nelle tappe difficile da gestire.

Su un aspetto però il bolognese tiene subito a mettere l’accento: il livello generale della corsa. «Ho sentito dire in giro che la Vuelta era di livello inferiore rispetto agli altri due Grandi Giri ma io, che ho corso anche il Giro d’Italia, posso dire che non era assolutamente così. Nel complesso si è andati davvero forte, non si stava tranquilli mai, neanche nelle tappe che finivano allo sprint, si andava sempre a tutta tanto è vero che anche le fughe nascevano con difficoltà».

Il bolognese nella tappa di Moncalvillo, con Rodriguez e Vlasov, chiusa al 14° posto
Il bolognese nella tappa di Moncalvillo, con Rodriguez e Vlasov, chiusa al 14° posto
Perché allora la corsa spagnola è stata giudicata con un po’ di sufficienza?

E’ un errore che si verifica sempre più spesso: se non ci sono i fenomeni come Pogacar, Vingegaard, Evenepoel allora si pensa che vale di meno. Non è così: guardate l’ordine di arrivo finale, togliendo quei tre, gli altri big c’erano tutti e in corsa si vedeva. Ma io vado anche oltre: ne parlavo con gli altri e tutti, ma dico tutti, mi hanno detto che i valori erano più alti, in salita ma non solo. E proprio in salita si vedeva che si andava più forte.

Secondo te la fuga di O’Connor, in lizza per la vittoria fin quasi alla conclusione, ha cambiato un po’ l’evoluzione della corsa?

Io penso di sì. Ha soprattutto stravolto la meccanica di corsa perché la Decathlon, che pure si è dimostrata squadra molto forte, non controllava il gruppo, non imponeva la sua legge. La Red Bull però non ne approfittava più di tanto, forse perché Roglic voleva aspettare la parte finale della Vuelta come poi è avvenuto. Inoltre va considerato il fatto che 21 giorni sono lunghi da gestire, quindi hanno preferito lasciare mano libera e questo ha un po’ stravolto le tattiche.

L’emiliano in salita ha avuto valori più alti di quelli del Giro, ma non è bastato per emergere
L’emiliano in salita ha avuto valori più alti di quelli del Giro, ma non è bastato per emergere
Ciò ha coinvolto anche te?

Per certi versi. Alla vigilia si era partiti con l’idea di fare classifica e siamo andati avanti su quella linea. Se avessi preso mezz’ora nelle prime tappe, avrei avuto mano maggiormente libera per entrare in una fuga, così invece ero marcato stretto perché la Top 10 è qualcosa che fa gola a molti. La corsa ha poi dimostrato che con quel livello riuscire a entrare nei primi 10 era praticamente impossibile. Io non posso nascondere che buona parte di quelli che mi sono finiti davanti erano più forti di me, io comunque non rinnego la scelta che abbiamo fatto.

Facendo il paragone con il Giro finito al 12° posto, pensi di essere andato più forte?

Io dico di sì, me lo dicono i valori in gara ma anche il mio rendimento. Andavo più forte, anche in base agli ordini d’arrivo. Torno al discorso di prima: se fuori dai 10 trovi gente come Yates o Kuss, significa che il livello era davvero alto e chiaramente facevo più fatica, anche Dunbar che pure ha vinto due tappe è rimasto fuori.

Al Giro d’Italia Fortunato aveva chiuso 12°, finendo 4° nella tappa di Oropa
Al Giro d’Italia Fortunato aveva chiuso 12°, finendo 4° nella tappa di Oropa
Dicevi però che hai mantenuto il punto: ti senti sempre più un corridore da Grandi Giri, ossia da classifica?

Da questo punto di vista sono convinto della scelta, pur tenendo presente che vado bene in salita ma non sono uno dei top. Cerco però di essere a quel livello, l’unica cosa che mi dispiace e che influisce un po’ sul giudizio generale sulla mia Vuelta è che avrei voluto almeno emergere in una tappa, ma i piazzamenti a Pico Villuercas e Alto de Molcalvillo sono un po’ lo specchio del mio valore in quella corsa paragonato agli altri. Ribadisco, andavano più forte, niente da dire.

Questo rientra anche in un discorso più generale di ristrutturazione dell’Astana, molto attiva sul mercato e che ha preso gente proprio dedita alle corse a tappe, soprattutto per quelle medio-brevi…

Sì, è un po’ la chiave per il futuro del team nella quale io mi rispecchio, considerando che ho il contratto per il prossimo anno. Oltretutto sarà un anno decisivo per la permanenza nel WorldTour e faremo di tutto per confermarci, lavorando soprattutto nelle prove di più giorni. La squadra si sta rinforzando proprio in questi termini.

Riconfermato per il 2025, Fortunato conta di aiutare l’Astana a rimanere nel World Tour
Riconfermato per il 2025, Fortunato conta di aiutare l’Astana a rimanere nel World Tour
In definitiva dai un giudizio positivo sulle tue tre settimane?

Lo dico un po’ a denti stretti ma sì, anche se sono convinto che valevo di più proprio facendo il paragone con il Giro. Ho finito comunque rispecchiando la mia dimensione, anche se è chiaro che alla vigilia mi aspettavo e proponevo di più. Ma alla fine bisogna anche saper accettare il verdetto della strada.

Con Belli il premonitore il bilancio della Vuelta

10.09.2024
6 min
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«Ben  O’Connor finirà tra i primi cinque. Vedrete». Wladimir Belli ha azzeccato in pieno il pronostico sul conto del corridore della Decathlon-AG2R. L’ex corridore lombardo, oggi commentatore per Eurosport, ha seguito la Vuelta molto da vicino e tra il suo occhio lungo e il fatto di stare sempre sul pezzo è la persona giusta per tracciare un bilancio del grande Giro spagnolo.

Sempre Belli aveva azzeccato anche la vittoria di Roglic, questa più pronosticabile, certo. L’unico dubbio circa lo sloveno era: arriverà a Madrid? O sarà bloccato, come spesso gli succede, da qualche caduta?

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Vuelta finita Wladimir, partiamo proprio dalla tua visione su O’Connor…

O’Connor è un buon corridore, magari non è un vincente, né un super campione, va bene in salita, si difende bene a crono e ha un grande livello di continuità. Ormai si sa gestire: si conosce. Conosce i suoi limiti e sa sfruttare bene le sue qualità. Non ha vinto chissà cosa, ma se andiamo a guardare il suo palmares è uno di quelli che non crolla mai. Quarto al Giro d’Italia, quarto al Tour de France.

Ha guadagnato un gruzzoletto di minuti nella sesta tappa, quella che ha vinto, ma davvero ti aspettavi un risultato simile?

Io sì, alla fine dopo quel giorno quanto ha perso nei confronti degli altri? Faccio un esempio. Prendiamo il Pozzovivo di qualche anno fa. Se gli lasciavi 10′ non so se il Roglic della situazione lo riprendeva. Semmai solo lui. Ma gli altri no. Pozzo si sarebbe staccato tutti i giorni, ma non avrebbe mollato mai. Sarebbe andato su al massimo delle sue possibilità e non avrebbe avuto un giorno di enorme crisi. E quindi sarebbe andato sul podio. 

E poi c’è Primoz Roglic: quarta Vuelta. Cosa ne pensi?

Sono gli altri che hanno perso una buona occasione, quella che lui, ancora una volta ha sfruttato bene. Ad un certo punto credo si sia anche spaventato un po’ con il vantaggio che aveva O’Connor e tutto sommato questo distacco ha tenuto viva la Vuelta stessa. Io avevo ipotizzato che Roglic avrebbe ripreso la maglia rossa ai Lagos de Covadonga: non ce l’ha fatta per 5”, ma ricordiamoci anche della sua penalizzazione di 20”.

O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
La sensazione, al netto dei nomi che erano anche buoni, è che sia stata una Vuelta un po’ in caduta in quanto a livello di forma. Tu come la vedi?

Roglic secondo me non è andato forte come i suoi standard. Non era il solito Roglic, ecco. Come ho detto prima gli altri hanno perso una buona occasione. Carapaz ha lottato, ha detto che voleva vincere la Vuelta, ma alla fine ha fatto il suo. O’Connor con quella fuga ha fatto molto e ha messo pepe all’intera corsa. La Vuelta è spesso un esame di riparazione, a parte per gli spagnoli che la sentono e la vivono in modo diverso. 

A tal proposito Enric Mas è andato forte….

Sì, molto. Però va anche ricordato che il livello era quello che era. Ho l’impressione che Mas non sia al pari di quei 3-4 corridori che difficilmente sbagliano. Magari un giorno potrebbe provare a vincere la Vuelta sfruttando quell’occasione di cui dicevo, ma è anche vero che il tempo passa e dietro c’è gente che spinge.

In generale chi ti è piaciuto?

Beh, questo Pablo Castrillo ha fatto dei bei numeri. E’ stato un corridore inaspettato. Un gran bel lottatore. Mi è piaciuto molto anche Kaden Groves. E’ vero che i velocisti veri non c’erano, però oltre che a fare bene in volata ha tenuto su percorsi mossi e difficili nonostante la sua stazza. Alla fine si è portato a casa tre tappe e la maglia verde. E bene anche Richard Carapaz, mi è piaciuta la sua solita tenacia. Alla fine non è andato lontano dal podio.

Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
E degli italiani cosa ci dici?

Non si sono visti moltissimo a dire il vero. Ma mi sono piaciuti Aleotti, Baroncini e Cattaneo. Baroncini ha delle qualità… quando non cade e si frattura, quindi è sfortunato. Anche quando Velasco vinse l’italiano ricordiamoci che forò nel finale e lui era nettamente il più veloce. Battè Girmay al mondiale under 23, e questo vuol dire molto, va forte a crono. Insomma è un bel corridore. Aleotti mi è piaciuto per quel che ha fatto. Ha svolto un ottimo lavoro, è stato sempre presente e secondo me ha trovato il suo posto in gruppo. Per fare classifica non ha ancora la forza necessaria a crono, in salita e nel recupero, ma ha il suo spazio ed è un corridore molto utile alla causa.

Non abbiamo ancora parlato di Van Aert. Fin quando è stato in corsa, sembrava in netta crescita…

Sì, ma per le sue caratteristiche vince poco. Era in lotta per gli sprint, per le tappe, per la maglia verde e tutto ciò a cosa lo ha portato? A precludergli il finale di stagione. Pensate a Van der Poel: quante volte lo abbiamo visto davvero attivo al Tour? Poche. E magari quando si vedeva provava a vincere. E’ vero che Wout è più duttile va forte su più terreni e si mette più in gioco, ma così no.

Dici che deve selezionare insomma?

Sì, e poi c’è un’altra cosa che penso al suo riguardo: uno come Van Aert non dovrebbe fare mai il gregario. Si fa in quattro per aiutare questo o quello. Lo portano al Tour per Vingegaard. Lo fanno andare in fuga, lo fermano per attenderlo, per farlo tirare, ci si aspetta che poi vinca lui stesso. Okay la sfortuna, ma quest’anno ha vinto cinque corse: poco per uno forte come lui. Vi faccio un esempio…

Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Vai…

Ripenso, e mi arrabbio, alla prima tappa del Tour di quest’anno, quella che ha vinto Bardet. Una tappa ideale per Van Aert. Bastava che su una di quelle salite finali, quando il gruppo era tornato ad aver la fuga a vista, Vingegaard facesse una tirata delle sue di 250 metri e Van Aert avrebbe chiuso o si sarebbero eliminati del tutto i velocisti. Cosa sarebbe costato a Vingegaard? Quanto avrebbero inciso 250 metri di tirata sul Tour del danese? Non è facile per Wout stare in quel team.

Torniamo alla Vuelta: c’è qualcuno che invece ti ha deluso?

Vlasov. Alex lo conosco bene, so delle sue doti. Lo allenavo io quando vinse il Giro Under 23. Ma dopo tanti grandi Giri quante tappe ha vinto? Nessuna. E ha sempre avuto una o più giornate no. E poi in generale non mi è parsa brillante la UAE Emirates. E’ vero che hanno perso Almeida (il leader, ndr) per covid ma poi Adam Yates non ha reso come ci si poteva attendere, evidentemente le fatiche del Tour si sono fatte sentire. Non è facile essere competitivi tanto a lungo. E poi avevano avuto già prima quel problema con Ayuso. Se fosse stato bene sarebbe di certo entrato nei primi cinque, perché lui è un corridore vero.

Nella gran festa di Madrid, brindano in due: Roglic e Kung

08.09.2024
6 min
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Gli assenti hanno sempre torto, ma chissà perché finiscono sempre nei discorsi. Primoz Roglic vince la quarta Vuelta Espana senza avere davanti chissà quali avversari. Il suo percorso fino al trono di Madrid è lo stesso delle prime tre volte: cadute o batoste al Tour e poi la redenzione in Spagna. Roglic ha avuto per anni il livello di Pogacar, almeno finché questi ha salito il gradino che Primoz non potrà mai raggiungere. Per questo, era abbastanza scritto che, se fosse tornato al suo meglio, avrebbe conquistato la maglia rossa.

Alle sue spalle si piazzano Ben O’Connor, il cui miglior risultato finora era stato il quarto posto nel Tour del 2021. E poi Enric Mas, che per tre anni è arrivato secondo alla Vuelta e ormai ci si dovrà chiedere se chi la dura la vince o questa sia la sua dimensione definitiva.

Cadute e redenzioni, la prima

La prima nel 2019. Aveva chiuso terzo il Giro d’Italia vinto da Carapaz su Nibali, cui era arrivato vincendo la Tirreno-Adriatico e il Romandia. Era partito conquistando la maglia rosa nella crono di Bologna, poi si perse nei battibecco con Nibali e chiuse terzo. Arrivò in Spagna correndo nel mezzo soltanto il campionato nazionale, conquistò la maglia rossa nella crono di Pau alla decima tappa e la portò sino in fondo, lasciandosi dietro Valverde e un giovane connazionale di cui si diceva un gran bene: Tadej Pogacar.

La seconda nel 2020

La seconda nel 2020, dopo che quello stesso ragazzino impertinente gli rovinò il sogno del Tour. Roglic tenne la maglia gialla per undici tappe e la perse nella famigerata cronoscalata a La Planche des Belles Filles. Quel giorno gli astri si disallinearono e lo scaraventarono nella polvere. Riprendersi fu dura, ma Primoz trovò la forza in qualche angolo sperduto della mente. Andò in Spagna, prese la maglia il primo giorno, la lasciò andare per quattro tappe e si prese la seconda maglia rossa, precedendo Carapaz e Carthy.

La terza nel 2021

La terza l’anno dopo, quando si ritirò dal Tour dopo la caduta nella tappa di Tignes. Ugualmente si rimboccò le maniche, andò in Spagna, prese la maglia il primo giorno. Trascorse la maggior parte della Vuelta in terza posizione, lasciando l’incombenza del controllo alla Intermarché. Infine se la riprese vincendo la tappa ai Lagos de Covadonga, a quattro tappe dalla fine e vincendo anche la crono finale di Santiago de Compostela.

La quarta giusto oggi

Il meccanismo perfetto si inceppò l’anno dopo. Si ritirò dal Tour per caduta dopo aver aiutato Vingegaard a battere Pogacar e cadde anche alla Vuelta. Si arrotò in una improbabile volata nella tappa di Tomares, quando era chiaro che avesse le gambe per rimontare Evenepoel, che così conquistò il suo primo Grande Giro. Lo scorso anno, infine, vinse il Giro d’Italia e quando arrivò in Spagna trovò sulla sua strada i suoi compagni di squadra. Dovette arrendersi alla scelta di far vincere Kuss, lasciando il secondo posto a Vingegaard.

Un affare fra sloveni

Quest’anno doveva essere quello dell’assalto deciso e decisivo al Tour. Il passaggio alla Bora-Hansgrohe, diventata nel frattempo Red Bull-Bora-Hansgrohe. La preparazione certosina e lo scampato pericolo al Giro dei Paesi Baschi. E quando al Tour sembrava che, pur essendo indietro, avrebbe potuto giocarsi al meno il podio, la caduta verso Villeneuve sul Lot, provocata da Lutsenko e da una posizione troppo arretrata nel gruppo, lo ha rilanciato ugualmente verso la Vuelta. A tre anni dall’ultima vittoria e con 35 candeline da spegnere a ottobre. Nella stessa stagione, per giunta, in cui Pogacar ha vinto Giro e Tour: la Slovenia continua a comandare.

«E’ bello – dice Roglic – avere il record per il maggior numero di vittorie alla Vuelta. Oggi volevo finirla. E’ stata dura, ma è andato tutto bene e sono felice. Ho visto la prestazione di Kung. Sappiamo tutti che è forte in questo tipo di cronometro pianeggiante. Tuttavia, ho cercato di motivarmi per provarci, altrimenti sarebbe stata ancora più dura. Ho spinto e non ce l’ho fatta, per cui voglio congratularmi con lui, perché ha fatto un ottimo lavoro. Kung è stato incredibilmente forte oggi. Non ho parole, è incredibile che la Slovenia abbia vinto tutti e tre i Grandi Giri nel 2024. Ci sono da fare molti sacrifici, non solo io. La mia famiglia, le persone che ho intorno, ci sacrifichiamo tutti. E io sono felice di avercela fatta, per dare un senso alle tante rinunce. Apprezzo molto il supporto che ho ricevuto. Mi hanno già chiesto se vincerò la quinta, ma diciamo che per adesso quattro possono bastare».

La vittoria di Kung è stata netta: era lo specialista più forte in gruppo
La vittoria di Kung è stata netta: era lo specialista più forte in gruppo

La prima di Kung

Stefan Kung ha trent’anni ed è professionista dal 2015. Eppure, nonostante abbia vinto europei e titoli nazionali, non aveva mai vinto crono nei Grandi Giri. Oggi quel gap è stato chiuso ed è per questo che il sorriso dello svizzero era secondo forse soltanto a quello di Roglic.

«E’ incredibile – dice Kung – ho lottato per vincere una tappa di un Grande Giro per molto tempo. Volevo davvero la vittoria oggi e sapevo che con questo percorso dovevi dare il massimo e tenere duro fino alla fine. E’ quello che ho fatto, ho sofferto molto, ma penso sia stato così per tutti. C’è voluto molto tempo, ma è sempre bello se vinci con più di mezzo minuto. Dimostra che sei stato assolutamente il migliore, non è stata una coincidenza. E’ davvero bello e ripaga tutto il lavoro che abbiamo fatto come squadra, anche per sviluppare la nuova bici con Wilier.

«Cerco sempre di essere professionista al 100 per cento. Cerco sempre di tirare fuori il massimo da me stesso. E quando si vince, è una bella sensazione. Ci sono molte grandi cronometro ancora e aver vinto oggi mi darà la sicurezza per restare sull’onda. Penso che la Vuelta sia stata per me la migliore preparazione possibile per gli europei e per i mondiali di Zurigo, che saranno molto duri».

Roglic vigila, Dunbar vince, fra Mas e O’Connor ballano 9 secondi

07.09.2024
5 min
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Doveva essere la tappa regina, ma con la sensazione che i giochi fossero già fatti, alla fine il poco che si è visto ha riguardato la lotta per il secondo posto. Con l’arrivo posto sulla settima salita di giornata, ad alzare le braccia al cielo è stato per la seconda volta in questa Vuelta Eddie Dunbar. L’irlandese del Team Jayco-AlUla è stato freddo ad aspettare il momento giusto, ha agganciato Sivakov a lungo in fuga e ha piazzato la zampata vincente. Alle sue spalle, dopo 7 secondi Enric Mas ha preceduto Roglic e altri 7 sono stati necessari per veder arrivare Ben O’Connor, che ha così mantenuto il secondo posto nella generale con 9 secondi sullo spagnolo. Si decide tutto domani nei 24,6 chilometri vallonati della crono di Madrid.

Eppure sull’arrivo irto di Picon Blanco a domani non si pensa ancora, tra la soddisfazione legittima del vincitore e della sua squadra, guidata in Spagna da un italiano – Valerio Piva partito per lasciare il segno.

«E’ fantastico – dice il tecnico mantovano – sapevamo che Eddie fosse in forma e super motivato per la tappa di oggi. La vittoria era un sogno e ora è realtà. Sono molto felice per lui. La squadra lo ha aiutato il più a lungo possibile e abbiamo capito che era il momento giusto quando tutti i leader si guardavano perché non aveano più gregari. Eddie è stato incredibilmente forte, perché rimanere davanti quando gli uomini di classifica si attaccano a vicenda non è facile. Ha mostrato una qualità e una forma fantastiche. Ha concluso questa Vuelta in ottima forma e questa è un’ottima notizia per lui e per noi».

L’astuzia e le gambe

Dunbar, che in classifica occupa l’undicesima posizione, è davvero al settimo cielo. La sua stagione era stata finora abbastanza sfortunata per non immaginare che prima o poi la sorte gli avrebbe sorriso. Il ritiro dal Giro d’Italia, in cui avrebbe fatto classifica, dopo appena due tappe meritava vendetta e le due tappe in questa Vuelta in qualche modo pareggiano i conti.

«Ho sempre saputo che sarebbe stata una tappa davvero difficile – dice – ma con il modo in cui sono state affrontate le ultime tre settimane, pensavo che molti sarebbero stati stanchi. Soprattutto i corridori della classifica generale, che hanno dato il massimo ogni giorno. Io sono un po’ indietro rispetto a loro e sapevo che se fossi rimasto agganciato, avrei potuto fare un bel risultato. Non mi avrebbero mai lasciato andare in fuga, per cui l’unico sistema sarebbe stato arrivare con loro. I compagni hanno fatto un lavoro fantastico negli ultimi giorni, tenendomi lontano dai guai. Mi hanno davvero sostenuto. Finiremo la Vuelta soltanto in cinque, ma hanno tutti corso in modo superbo.

«Quando ho attaccato, sapevo che avrei dovuto tenere il mio ritmo e pedalare alla soglia. Se qualcuno avesse voluto rientrare, avrebbe dovuto sostenere un grande sforzo. Però solo a 200 metri dall’arrivo ho pensato che avrei potuto vincere. Mi sono voltato e ho visto quanto spazio c’era e finalmente a 50 metri dall’arrivo ho iniziato a godermi la vittoria».

Roglic è salito sul podio con la mascherina: meglio evitare scherzi. Ma con i figli, difese abbassate…
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Un altro giorno di classifica

Roglic sta bene e si vede. Ha corso con la testa, mettendo a segno il colpo del kappaò proprio ieri. Con i 50 secondi rifilati a Mas e 1’49” a O’Connor sull’Alto de Moncalvillo, lo sloveno ha blindato la maglia e si avvia alla crono con leggerezza. Ben più di quando era leader al Tour del 2020 e Pogacar trovò le gambe per giustiziarlo. Ben più del Giro dello scorso anno quando a Monte Lussari toccò a lui giustiziare Thomas e prendersi la maglia rosa. Domani per Primoz non ci saranno altre preoccupazioni che quella di arrivare sano e salvo al traguardo, con 2’02” su O’Connor e 2’11” su Enric Mas.

«La squadra oggi non era al meglio – dice il leader nelle interviste post tappa – ma tutti hanno dato il massimo. Ho per loro grande rispetto, hanno dato tutto quello che avevano. Fortunatamente sto abbastanza bene, quindi è stata una bella giornata. Abbiamo fatto un bel lavoro in queste tre settimane e ora dobbiamo solo finirlo. Aspettiamo domani! Siamo un giorno più vicini alla meta, stiamo andando nella giusta direzione, ma domani sarà un’altra giornata importante. Dico sempre che non sono uno specialista delle cronometro. Dovrò nuovamente dare tutto sulla strada».

Anche oggi, O’Connor si è difeso alla grande, dimostrando di avere ancora forze
Anche oggi, O’Connor si è difeso alla grande, dimostrando di avere ancora forze

Metà delusione, metà speranza

I precedenti negli scontri diretti fra O’Connor e Mas non danno ragione all’uno né all’altro. Nella prima crono, Mas ha fatto 26 secondi meglio di O’Connor. Alla Tirreno-Adriatico, O’Connor fece 8 secondi meglio di Mas. Tuttavia osservando gli scontri diretti di questa Vuelta, la sensazione è che Mas abbia una marcia in più e anche una superiore attitudine in virtù dei progressi degli ultimi anni. Tanto che dopo l’arrivo O’Connor parla di giornata positiva, mentre lo spagnolo è deluso.

«Devo accontentarmi di quello che c’è – dice Enric Mas, leggermente abbacchiato – non posso chiedere di più. Mi sarebbe piaciuto prendere un po’ più di tempo su O’Connor, ma non è stato possibile. Mi è mancato qualcosa e per questo non sono del tutto contento. Pensavo che Carapaz avrebbe collaborato di più, ma adesso dobbiamo solo accettare la realtà e sperare domani di fare una super cronometro. Devo andare a dormire pensando a questo. Corro in Spagna, darò tutto e sono sicuro che andrà bene. Il podio è qualcosa di bello, ma siamo qui a parlare di guadagnare 9 secondi per salire un altro gradino del podio, mentre eravamo venuti per vincere. Perché ovviamente non credo di poter dare più di due minuti a Roglic».

Vuelta, si riparte. Roglic fiuta la maglia, ma non si sbilancia…

03.09.2024
4 min
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La conferenza stampa di Roglic nel riposo di Oviedo è piuttosto laconica. Lui è spiritoso e dispensa sorrisi, ma di base non c’è tanto da ridere. Se ne sono andate due settimane e O’Connor è sempre là davanti, solido come un brutto sogno. Non che le rimonte dell’ultima ora siano impossibili e tantomeno sconosciute allo sloveno, che al Giro del 2023 conquistò la maglia rosa soltanto nella crono finale del Monte Lussari. In ogni caso, i venti secondi di penalizzazione non sono stati una notizia di poco conto. Come minimo hanno vanificato tutti gli studi fatti sulla bicicletta presa per fare la differenza in salita.

«O’Connor è in gran forma – dice Roglic – è un grande corridore che ha già ottenuto ottimi risultati. Non è una sorpresa vederlo a questo livello».

Il riferimento probabilmente è al Tour de France del 2021, quando l’australiano arrivò quarto a 10’02” da Pogacar e a 2’59” minuti dal terzo posto di Carapaz. Richard ora lo segue, a sua volta quarto, a 2’44” dalla testa della corsa.

Questo è il rientro incriminato: scia prolungata dopo il cambio della bici
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La schiena va bene

Domenica sul traguardo del Cuitu Negru, il cronometro gli aveva regalato un margine di 38 secondi sulla maglia rossa, che gli avrebbe permesso di affrontare la tappa di oggi ai Lagos de Covadonga con meno di un minuto. Invece i 20 secondi di penalizzazione rendono tutto più complicato.

«Non me ne va mai bene una – ha ironizzato il tre volte vincitore della Vuelta – ma naturalmente non è divertente, perché sono venti secondi in più che devo recuperare. Che io sia d’accordo o meno, non importa. Naturalmente non sono contento di perdere venti secondi in quel modo, ma posso farci poco. Se non altro sento di stare bene. Cerco di non pensare troppo al mal di schiena e di non fare movimenti troppo strani, che possano complicare le cose».

Roglic completa la scalata di Cuitu Negru assieme a Enric Mas
Roglic completa la scalata di Cuitu Negru assieme a Enric Mas

Un lento risalire

Difficile prevedere come proseguirà la corsa. Sta di fatto che al momento O’Connor può contare su un grande morale e una squadra sufficientemente attrezzata. L’australiano della Decathlon-Ag2R ha conquistato la maglia rossa con la fuga e la vittoria a La Yunquera. Da quel giorno si è ritrovato in testa con 4’51” di vantaggio, che Roglic ha iniziato lentamente a intaccare con piccoli morsi. Il primo affondo deciso di Primoz è venuto sul Puerto de Ancares alla tredicesima tappa di venerdì (foto di apertura). Quel giorno, arrivando a 10’54” dal vincitore Michael Woods, Roglic ha rifilato 1’54” a O’Connor, arrivato a 12’49”. Domenica salendo verso il Cuitu Negru il passivo del leader sarebbe stato di 38 secondi, prima che si abbattesse la mannaia della giuria.

«Non so come andrà a finire – ironizza Roglic – è complicato sapere per quanto tempo potremo riprendere, perché non conosciamo lo stato fisico dei nostri avversari. Manca un minuto, darò il massimo».

Sul Cuitu Negru, Florian Lipowitz ha conquistato la maglia dei giovani
Sul Cuitu Negru, Florian Lipowitz ha conquistato la maglia dei giovani

Fattore Lipowitz

Oltre a Vlasov che ha dimostrato di stare bene, accanto a Roglic si sta muovendo in modo davvero interessante il tedesco Lipowitz, che ha 23 anni ed è a sua volta in classifica. Sesto a 4’33” da O’Connor, a 3’30” dal suo capitano.

«Florian sta volando – spiega Roglic – è la prima volta che corro con lui, ma quest’anno aveva già dimostrato di essere fortissimo con grandi prestazioni. Lo dimostra anche qui alla Vuelta. E’ la maglia bianca e sono fortunato averlo con me».

Da domani inizieranno i fuochi d’artificio, con sei tappe che decreteranno il vincitore della corsa. Delle sei, quattro sembrano davvero importanti per gli uomini della classifica generale. L’arrivo ai Lagos de Covadonga. Moncalvillo. Picón Blanco e la cronometro di 24,6 chilometri a Madrid. Quel che resta, cioè le tappe di domani e dopodomani (Santander e Maeztu), sarà per cacciatori di tappe e velocisti