E’ giusto fare una corsa a tappe dopo il grande Giro?

10.06.2024
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Il grande Giro e poi la corsa a tappe a seguire: va sempre bene? Si dice che dopo le tre settimane si abbia una grande gamba e allora perché non sfruttarla? 

In questi giorni abbiamo visto diversi corridori che dopo il Giro d’Italia hanno preso parte al Delfinato o al Giro di Svizzera o stanno per partire allo Slovenia: Tiberi, Fortunato, Piganzoli, Quintana, Caruso, Conci (questi ultimi due si notano nella foto di apertura)…

Cosa comporta questa scelta di calendario? E cosa accade nel fisico? C’è una frase di qualche giorno fa di Lorenzo Fortunato che torna con prepotenza: «Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti del lavoro. Non si usano più i Grandi Giri per allenarsi. A me è capitato di fare il Giro d’Italia e poi andavo allo Slovenia oppure alla Adriatica Ionica Race, dove il livello era un pochino più basso e mi salvavo. Ma per come si va adesso, il Grande Giro deve essere l’ultimo atto di un cammino iniziato prima proprio per questo». 

Michele Bartoli, preparatore di molti professionisti e della Bahrain-Victorious, è pronto a rispondere alle nostre questioni.

Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele, il grande Giro, il Giro d’Italia ovviamente in questo caso, e poi una corsa a tappe: si può sfruttare la condizione che lasciano le tre settimane?

Io cambio un po’ le vecchie teorie, per me non è più così. Oggi si è talmente al limite sia mentalmente che fisicamente che qualcosa salta. Se dopo il grande Giro c’è la concentrazione e la voglia di mangiare ancora bene, di riposare il giusto… allora bene, ma è molto, molto complicato. Prima era vero il contrario: era complicato andare piano!

Perché? Cosa è cambiato adesso?

Il modo di correre, si pesano i grammi del cibo, si deve assumere un tot preciso di carboidrati, lo stress in gara e soprattutto ci si arriva già al top col peso senza quel chiletto in più, la condizione è subito alta dopo il grande lavoro a monte (la teoria di Fortunato, ndr). Si deve pensare davvero a tante cose e quando arrivi al termine del tuo Giro ti viene voglia di mollare. Ed è normale, è comprensibile.

Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Diversi corridori del Giro sono andati al Delfinato e altri allo Svizzera: passano 6 giorni tra Giro e Delfinato, 13 fra Giro e Svizzera e 16 fra Giro e Slovenia. Incide questa differenza?

Sì e secondo me peggiora con passare dei giorni. Se ci si deve togliere il dente, meglio farlo subito. Poi chiaramente, dipende sempre dalla mentalità dell’atleta. Ma non è facile dopo il Giro mantenere la concentrazione. Tenere duro altri sei giorni magari ancora è fattibile, ma per lo Svizzera diventa più dura. Sì, si ha un po’ più di recupero. Puoi rifare qualche piccolo allenamento, ma ormai l’obiettivo grande è passato.

Abbiamo capito che la componente mentale è centrale, ma da un punto di vista prettamente fisiologico, muscolare?

Difficile scindere le due cose. Quando poi assaggi il riposo, la tranquillità, dopo che sei stanco il gioco si fa duro. Meglio fermarsi, mettere un punto e poi riprendere dopo aver recuperato. Chiaramente parlo per Delfinato e Svizzera e di chi deve andare lì per fare bene. Ma se vieni dal Giro e sai che poi staccherai queste corse non ti danno nulla o ti danno poco. Poi, attenzione, non dico che il grande Giro non ti lasci la buona condizione, però oggi mentalmente pesa di più. Oggi non è fattibile o è molto più difficile.

E se fosse per una corsa di un giorno?

Cambia tutto. Il Tour per l’Olimpiade (o la Vuelta per il mondiale) sono il top. Lì la concentrazione è massima e se ne trae il massimo beneficio. Il Giro è l’unico dei grandi Giri che poi non ha questo tipo di obiettivi a seguire.

Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Che poi, a meno che non si è Pogacar, se non si punta decisi alla classifica, un grande Giro lo puoi gestire in vista della gara di un giorno. Pensiamo a Van der Poel l’anno scorso con il Tour…

Esatto, quella è la preparazione migliore. Non hai lo stress della classifica, puoi mollare di tanto in tanto, puoi gestire gli sforzi, mangi bene, fai ritmo, fai i massaggi tutti i giorni.

E invece, tornando alla corsa a tappe che segue il grande Giro: c’è differenza se lo fa un giovane o un esperto? Per esempio abbiamo visto Tiberi al Delfinato e Caruso allo Svizzera…

Per me è peggio per il giovane, anche perché oltre ad una situazione di recupero, a cui magari è più abituato l’esperto, ritorna il discorso delle motivazioni. Ad un atleta come Caruso cosa può dare un piazzamento al Delfinato o allo Svizzera della situazione? Per Tiberi già è un discorso diverso è giovane e nonostante non sia andato bene non condanno la sua scelta di provarci.

Chiaro…

Penso a Fortunato per esempio. Ha fatto un buon Giro, ma al Delfinato nonostante sia stato bravo a mettersi in mostra che fatica ha fatto? Si staccava da 20-25 corridori mentre al Giro era tra i migliori. Però per lui un Delfinato ha più senso che per un Caruso. Per lui un quinto posto diventa importante anche ai fini di un contratto, di visibilità, d’importanza.

E se Pogacar facesse anche la Vuelta? Pensieri con Pino Toni

03.06.2024
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A tenere banco è sempre lui, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha fatto qualcosa di gigantesco al Giro d’Italia e per come lo ha vinto già tutti sognano la doppietta ad occhi aperti. E se oltre alla doppietta Giro-Tour ci fosse altro? La Vuelta, per esempio…

L’asso della UAE Emirates potrebbe andare anche in Spagna? E come? Per vincere o per preparare il mondiale, che ha già detto di aver messo nel mirino? E’ possibile tutto questo? Oppure è troppo anche per un fenomeno assoluto come Tadej?

Proviamo a sviscerare questi dubbi con il supporto di uno dei nostri preparatori di riferimento, Pino Toni. E proviamoci soprattutto per capire se ciò è tecnicamente possibile.

Toni 2022
Il coach toscano Pino Toni
Toni 2022
Pino Toni è pronto a scommettere sulle qualità dell’austriaco, visto in Francia
Pino, prima della Vuelta una domanda sul Tour. Questa fatidica doppietta è fattibile dopo aver visto come è andato il Giro?

Al Tour de France  per me lo vedremo ancora più forte. Al Giro ha fatto un bellissimo e funzionale blocco di lavoro. Adesso recupererà e lo metterà a frutto. Pogacar non si è tirato il collo più di tanto. Quelle accelerate che abbiamo visto le ha dovute fare…

La famosa attivazione di cui ci dicevi…

Esatto, altrimenti avrebbe dovuto fare i rulli a fine tappa.

Però guardando avanti, al resto della stagione e alla Vuelta, non sarebbe troppo anche per lui?

Prendiamo l’intensity factor (quanto si sforza in generale, ndr) lui forse è arrivato a 0.9, neanche ad 1. Faceva 5′ a 7 watt/chilo per staccare gli altri e poi si metteva a 5,9-6 watt/chilo e continuava a guadagnare. Chiaramente sono stime che ho provato a fare con i dati a mia disposizione, per essere precisi bisognerebbe conoscere i suoi file. Ma conoscendo qualche numero di chi era dietro è possibile fare una stima attendibile. E poi la prova era Majka. Dopo che Rafal terminava il suo lavoro e si spostava poteva restare con chi inseguiva.

E’ possibile da un punto di vista fisiologico per Tadej andare anche alla Vuelta?

Sì, è possibile. E molto dipende dal Tour, ma per quel che si è visto al Giro se al Tour non emerge qualche fenomeno nuovo, non vorrei esagerare che farà come al Giro, ma si potrà gestire.

Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Però in Francia ci saranno Vingegaard, Roglic…

Il livello è ottimo, ma Roglic ha qualche annetto in più e per Vingegaard un incidente come quello che ha avuto non si recupera in tempi così stretti per essere super. Pertanto in ottica Vuelta tutto dipende da lui: dalla sua tranquillità e dai suoi stimoli, cose che Tadej mi sembra abbia entrambe. Pogacar non ha bisogno del motivatore. E poi c’è un’altra qualità.

Quale?

Almeno vista da fuori, lo scorso hanno non ha patito troppo la sconfitta da Vingegaard. E questo è un punto di forza. Cerca le sue motivazioni senza patire la sconfitta.

Che per un atleta del suo calibro che abbatte ogni record non è poco. A quel livello un secondo posto o una sconfitta diventano un macigno… Per te cosa dovrebbe fare dopo il Tour?

Prima di tutto bisogna vedere come esce dalla Grande Boucle. Che nelle tre settimane del Giro vada tutto bene tutti i giorni è già una fortuna, che ciò accada anche al Tour, lo sarebbe ancora di più. Basta una notte che dormi male, un giorno di malattia, un mal di pancia… e tutto si complica. In nove settimane, la Vuelta, diventa tutto un terno al lotto. Quindi, ripeto, vediamo come esce dal Tour. Recupera, non credo correrà, ma volendo potrebbe inserire nel mezzo anche una corsa di 5 giorni e poi andare in Spagna. Ma questa gestione così capillare può stabilirla solo che gli è strettamente vicino e lo conosce bene sotto ogni punto di vista.

Però dopo il Tour ci sono le Olimpiadi: anche questo appuntamento va valutato. E poi forse proprio in virtù di queste forse non è l’anno buono per andare anche alla Vuelta…

In effetti è tanta carne al fuoco, ma se devi fare un record unico, se deve mettersi al di sopra di tutto di tutto il mondo, questo è l’anno buono. La stagione gli si è messa bene sin dall’inizio. Cosa che non gli è successa l’anno scorso. In più prima del Giro ha corso poco.

Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Invece il fatto di non aver fatto ancora l’altura è un vantaggio che si è tenuto nel taschino?

Tecnicamente per recuperare sì, per la testa non so. Quanto lavorerà in altura? Io immagino la farà per rigenerarsi, per risollevare le scorte di ferro e qualche punto ematico. Di certo lui di energia ne produce tanta e ha bisogno di recuperare. L’importante è che in altura prima del Tour non prenda neanche un raffreddore.

Se Pogacar andasse alla Vuelta, che comunque dobbiamo ricordare lui ha già scartato, come ci andrebbe: per vincerla o per preparare il mondiale?

Gente come Pogacar ha già dimostrato che non ha bisogno di fare un grande Giro per arrivare pronta ad un determinato appuntamento. Se avesse bisogno di gareggiare in quel periodo avrebbe a disposizione molte corse di un giorno e in questo modo arriverebbe al mondiale più riposato, più fresco. Perché poi l’obiettivo di questi super campioni è arrivare freschi all’obiettivo.

Chiaro…

Quindi se ci va, ci va per vincerla. Anche perché non so quanti arrivi in salita abbia la Vuelta stavolta, ma è sempre un “boom-boom”, tra l’altro alcune tappe neanche sono cortissime. Per me sarebbe impegnativa in ottica mondiale. E poi alla fine verrebbe dopo Giro e Tour e 63 giorni di corsa non sono pochi neanche per uno come Pogacar, se poi dovesse fare anche il mondiale.

Quanto ha speso sin qui davvero Pogacar?

17.05.2024
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Quanto ha speso realmente Tadej Pogacar sin qui. In questo Giro d’Italia si è dibattuto parecchio sul suo modo di correre. E di fatto ci sono due “partiti”: quello di chi sostiene che l’asso della UAE Emirates abbia speso troppo e quello di chi dice che va bene così, che Pogacar non ha speso troppo. Nella foto di apertura lo si nota pedalare in scioltezza nel drappello di testa.

Alla vigilia della cronometro di Desenzano del Garda che con grandi probabilità segnerà distacchi sensibili tra lo sloveno e gli immediati uomini di classifica, facciamo il punto sulla “spesa rosa” di Tadej Pogacar con Pino Toni. Il coach toscano ricalca più o meno quanto fatto con Van der Poel nell’analisi della schiacciante vittoria alla Parigi-Roubaix.

Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Prima di tutto, Pino, qual è il tuo giudizio sul Giro di Pogacar sin qui?

Io penso che abbia fatto una bellissima programmazione di questa sua corsa rosa, sia per come ci è arrivato, che per come la sta gestendo. E’ partito col piede giusto. Forte nella prima settimana, poi si è messo tranquillo. Non solo, ma ha messo tutti gli altri nella condizione di lottare per il secondo posto e di farlo con distacchi ravvicinati.

Ti riferisci alle marcature?

Esatto. Vedete come stanno correndo? Gli altri ormai lottano già per difendere la propria posizione. Si è visto con Bahrain-Victorious o Bora-Hansgrohe anche ieri. Si corrono contro e questo fa gioco a Pogacar e alla sua squadra. Anche perché con il WorldTour il modo di correre è cambiato. Una volta tra ammiraglie ci si accordava, si poteva fare un’azione coordinata, adesso non ci si parla più. Ogni team tira l’acqua al suo mulino. Fare andare via gente che è ottava o sesta in classifica e gli fa gioco… anche da un punto di vista energetico.

Perché?

Perché se tu schianti la squadra per correre dietro a tutti poi diventa dura, anche per loro della UAE Emirates. Nella terza settimana sono concentrati oltre 20.000 metri di dislivello dei 44.000 complessivi e i suoi sono gregari, danno il massimo, ma non hanno il Damiano Caruso della situazione che lotta oltre le sue possibilità al 110 per cento se dovessero andare in crisi. Quindi questa situazione di classifica che si è creato per me è perfetta per Pogacar.

Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Domani c’è la crono: cosa potrà fare Pogacar?

Io credo che su un percorso del genere agli uomini di classifica, al migliore di loro, potrà dare anche un minuto e mezzo. Se gli andrà così se la sarà giocata benissimo. Forte nella prima settimana, poi ha controllato. Io credo che almeno un secondo e mezzo a chilometro possa darglielo senza problemi.

Anche dal punto di vista dei numeri, dei famosi watt e dei kilojoule Pogacar ha speso poco?

Sì. Mi chiedo se dall’inizio del Giro avrà fatto 50′ di Z5 complessivi: per me no. Ho visto i file (quelli veri) di alcuni atleti della crono di Perugia. Gente che è andata forte ha fatto 6,45 watt per chilo nella salita finale. E visti i distacchi che ha inflitto lui in quel tratto terminale, posso dire che di margine ne ha molto quando si pedala in gruppo. E ne aveva anche nel tratto in pianura di quella crono.

Quindi quando dicono che ha speso troppo…

Non è vero. Lui è il più forte e spende sempre meno degli altri. Se i suoi avversari sono al 70 per cento, lui è al 60. Questo significa che arriverà bene in fondo. Non dico che finisce le tappe con più glucosio degli altri, perché ormai tutti si alimentano bene, ma che recupera prima sì. Per questo mi chiedo: li avrà fatti 45′-50′ di Z5 o più dall’inizio del Giro?

Eppure stando ai dati di Velon, ci sono diversi momenti in cui è andato davvero forte. I 4′ a Fossano, i 12′ nella salita della crono di Perugia, i 21” a Prati di Tivo o i 37” Napoli. In questi contesti ci sono wattaggi medi impressionanti…

Ma quella è attivazione. Parliamo di pochi secondi o al massimo di pochi minuti. Quello che veramente ti consuma e ti logora sono i 20′ a tutta sopra la soglia. Sono quelli che ti lasciano la fatica addosso. Gli sforzi che avete elencato voi, se poi hai modo di recuperare bene, alla fine non incidono. Sono le andature che non riesci a sopportare, quelle che ti portano al limite e oltre che ti mettono in difficoltà. E l’unico in salita che lo può mettere in difficoltà e che va più forte di lui, è Vingegaard… che al Giro non c’è.

La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
Paradossalmente quell’attivazione gli serve per non ingolfarsi?

Adesso non starei ad esagerare nel dire che ci si allena, ma gli fa bene per il sistema cardiocircolatorio. Se tu sei sempre al medio poi alla lunga fai più fatica a richiamare bene tutte le fibre muscolari. In questo modo invece Pogacar si ritrova sempre una buona motricità.

Se la sta giocando bene anche in chiave doppietta Giro-Tour?

Per me sì, si sta muovendo bene come ho detto, perché anche tatticamente si è messo nella condizione di controllare la corsa e quindi i suoi sforzi. Lui in questa sfida ha davanti 42 giorni di corsa e anche per statistica in 42 giorni il giorno o i giorni che qualcosa non vada bene o che non sia al top ci sono. Deve cercare di limitarli al massimo e avere un margine di sicurezza: come sta facendo.

E sempre in chiave doppietta ti è piaciuto il suo avvicinamento al Giro con solo dieci giorni di corsa?

Sì, giusto. Se lo può permettere. Poi noi dobbiamo considerare anche i training camp. Quelli non sono giorni di corsa ma incidono. Sono grandi blocchi di lavoro, l’unica differenza con la corsa è che lì puoi gestire il tuo recupero: oggi sono stanco, quindi faccio di meno. E in questo modo sfrutti al massimo la supercompensazione. Il Giro in parte svolge questo ruolo, ma essendo una corsa se un giorno è stanco non può recuperare. Ma questo vale per tutti.

Doppietta crono e arrivo in salita: una gestione delicata

08.05.2024
5 min
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Questo Giro d’Italia propone due doppiette particolari: la crono e la tappa di montagna a seguire. Sarà così dopodomani con la tappa contro il tempo di Perugia e il successivo arrivo a Prati di Tivo, e  fra otto giorni con la crono di Desenzano del Garda e l’arrivo di Livigno a seguire.

Doppiette simili mettono un filo di più in allarme gli uomini di classifica, specialmente gli scalatori. La gestione è importante e va inquadrata nelle due giornate, come ci spiega Paolo Artuso, preparatore in seno alla Bora-Hansgrohe, squadra che tra l’altro ha Daniel Felipe Martinez, un papabile del podio di Roma.

Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe nel 2023
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe nel 2023
Paolo iniziamo dall’avvicinamento alla crono. Forse dalla tappa precedente, quella di Rapolano in questo caso. Come ci si approccia alla crono e alla doppietta che dicevamo?

Il protocollo di recupero di base è sempre quello che precede una crono, almeno noi in Bora facciamo così. L’obiettivo resta uno: recuperare il più velocemente possibile dalla tappa precedente. La vera differenza più che nella doppietta in sé sta nel tempo fra luna e l’altra. La prima infatti arriva dopo sette tappe, la seconda dopo 14. 

Con gli atleti che saranno più stanchi…

Esatto. Per questo ragioniamo su una doppietta alla volta. Intanto affrontiamo al meglio questa, poi fra sette, otto giorni si vedrà. Si valuteranno i ragazzi e vedremo.

Quanto conta il tipo di percorso della crono?

Noi, come altri, abbiamo già fatto i sopralluoghi. Abbiamo i nostri dati, i filmati. Sono due cronometro lunghe, specie la prima. Verso Perugia ci sono 33 chilometri pressoché piatti che vanno in una direzione, poi c’è questo chilometro e mezzo molto duro, e a seguire un tratto ondulato che porta al traguardo: pertanto abbiamo studiato una strategia “no aggressive”. Cioè non bisogna andare in over pacing…

Cioè fuorigiri nella prima di queste tre parti. E allora come si fa? Si balla attorno alla soglia?

Consideriamo che durerà sui 50′ e quindi non si può andare a tutta dall’inizio alla fine. Quindi nella prima parte si viaggerà tra un 4-6% sotto la soglia. Sullo strappo si guarda il Vo2 Max e non la soglia e nel finale si dà tutto. Poi molto dipenderà dal vento.

Cioè?

Se è contro, per fare un chilometro orario in più si spreca di meno. Se è a favore, con le aerodinamiche che ci sono, per aumentare di un chilometro orario si spende molto di più.

Hai parlato del recupero: a livello d’integrazione come si fa?

Come dicevo prima, tutto resta uguale, poi ogni team ha la sua strategia specifica e il suo protocollo. Adesso prima delle crono si è soliti usare il bicarbonato, che aiuta l’atleta ad andare un po’ più in profondità negli sforzi ad alta intensità (prolunga la resistenza allo sforzo lattacido, ndr). Però il suo utilizzo è molto soggettivo. In più ha l’effetto collaterale, chiamiamolo così, che trattenendo i liquidi, il giorno dopo si pesa quel chiletto in più… non è il massimo per fare una tappa di montagna.

Il bicarbonato di sodio, qui in forma pura ma presente negli integratori, si utilizza in previsione di sforzi massimali
Il bicarbonato di sodio, qui in forma pura ma presente negli integratori, si utilizza in previsione di sforzi massimali
Però è anche vero che il giorno dopo, magari prima della scalata finale quel chiletto in più di liquidi si è perso strada facendo…

Sì, ci sta. Come detto è molto soggettivo l’uso del bicarbonato. E tutto sommato, in una tappa come quella di Prati di Tivo in cui la vera parte dura è quella finale, si ha tempo di “svuotarsi”.

Pozzovivo ci diceva che gestire questa due giorni non è facile, anche a livelli di posizione, di muscoli, di utilizzo di materiali diversi… Cosa ne pensi?

Che ha ragione. Si utilizzano muscoli differenti a partire da alcune parti del quadricipite e del gluteo, tuttavia non credo che le difficoltà derivino, almeno se non hai problemi di base con la bici da crono, dall’utilizzo di materiali e posizioni diverse. Perché comunque oggi i ragazzi escono molto con la bici da crono. Il fisico ci è abituato. Si fanno i lavori. Un accorgimento è che nel defaticamento post gara per le due tappe precedenti, sui rulli si mette la bici da crono, così da riprendere il feeling con la posizione. Insomma, non è tanto un problema di posizione, ma di sforzo della due giorni.

Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
E come si gestiscono questi sforzo?

Appunto con una buona strategia a partire dalla crono. Magari spendi e spandi per fare 15” in meno nella crono e poi il giorno dopo a causa di quello sforzo ulteriore ne perdi 30”. Poi nella tappa in salita non puoi fare troppe tattiche, devi spingere e basta nella scalata finale.

A livello di massaggi, si fa qualcosa di differente? Magari s’interviene più sulla parte alta…

Non è il mio terreno, ma di base direi no. A meno che non ci siano problematiche specifiche. Come dicevo, gli atleti sono abituati ad utilizzare le due bici. Se ci sono così grandi problemi c’è qualcosa che non va nella preparazione. Noi da mesi abbiamo lo scheletro di quel che si deve fare giorno per giorno.

Paolo, hai parlato di defaticamento: come avviene nelle tappe che precedono questa doppietta?

Non è diverso dagli altri defaticamenti. Di solito si fanno dai 10′ ai 12′ in Z1, con qualche breve passaggio in Z2, in agilità. Almeno noi in Bora facciamo così.

Chi è più a rischio in questa doppietta: lo scalatore o il cronoman?

Se parliamo di scalatori che sono anche uomini di classifica, ormai c’è poca distinzione, visto che gli stessi scalatori vanno forte anche a crono. La doppietta va a sfavore di chi non sta bene. Per esempio crono così lunghe piacciono a Dani Martinez. E’ uno che la bici da crono la usa spesso, riesce a restare concentrato a lungo, cosa affatto banale, e in salita va bene.

Test e valori prima del via. Il cuore conta più dei watt

02.05.2024
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Samuel Marangoni, coach della Polti-Kometa è di ritorno dal Giro di Turchia. La corsa è servita, come spesso capita, per rifinire la condizione prima di un grande appuntamento, in questo caso il Giro d’Italia, chiaramente… 

I ragazzi di Marangoni, tra l’altro, si sono ben comportati vincendo una tappa con Lonardi e stando spesso nella mischia. 

Ma in queste corse di preparazione cosa guarda davvero un allenatore? Quali sono gli ultimi test, i valori e i dati che analizzare? Da cosa capisce veramente come stanno i suoi atleti? Quesiti che abbiamo sviscerato appunto con Marangoni.

Samuel Marangoni, coah romagnolo che segue i ragazzi della Polti- Kometa, durante un test (foto Instagram)
Samuel Marangoni, coah romagnolo che segue i ragazzi della Polti-Kometa, durante un test (foto Instagram)
Samuel, dunque, partiamo da questa serie di quesiti…

I test sono più relativi alla parte di allenamento e si fanno prima, sia a ridosso dell’evento che nei mesi precedenti, dell’ultima gara, in questo caso del Turchia. Del nostro team presente al Giro abbiamo fatto il ritiro in altura suddiviso in due gruppi. Una parte era al Teide e una a Sierra Nevada. In quell’occasione sono stati effettuati i test base prima del Giro d’Italia.

Che tipo di test?

Il classico incrementale in salita, facendo dei tratti sali e scendi, fino ai 4 millimoli di accumulo di acido lattico. E poi quelli della critical power sui 5′, 10′ e 20′ per verificare le massime prestazioni degli atleti in quei lassi di tempo.  Ma questi ultimi si possono verificare anche in corsa e sono in quel caso legati anche alla performance.

In corsa cosa guarda un coach in questa fase della preparazione?

Non ci sono solo i watt, sia in ritiro che in corsa si monitorano diversi parametri legati al cuore: frequenza cardiaca del mattino, variabilità cardiaca, il medico misura la pressione e si bada soprattutto agli scostamenti di questi parametri più che ai valori in sé per sé. E poi oltre ai dati si osserva anche la corsa, la performance come dicevo. 

Una fascia cardio: il cuore assume grande importanza per la valutare lo stato di condizione
Una fascia cardio: il cuore assume grande importanza per la valutare lo stato di condizione
Alla fine il ciclismo non è fatto di soli numeri, questo è il concetto?

Esatto, è la strada che dice quello che hai fatto e come stai veramente. E quando scatta la corsa vera e propria e gli atleti fanno performance buone, cioè si fanno trovare pronti, sai che hai lavorato bene. Poi per me è anche molto importante parlare con i corridori per confrontare sensazioni e stati d’animo con tutti i vari parametri e i vari momenti della gara.

Samuel, hai dato una certa importanza ai valori cardiaci. Perché?

Perché sono parametri importanti e non solo quelli in attività ma anche quelli in fase di riposo. Si hanno riscontri sulla condizione anche in base al recupero: quanto ci mette, in che “quantità” avviene… E  ovviamente si valuta anche il recupero durante lo sforzo. Un parametro molto indicativo per esempio in questo caso è la deriva cardiaca.

Di cosa si tratta?

E’ quel valore del cuore che dice quanto si alza la frequenza cardiaca a parità di watt nel corso del tempo. Faccio un esempio con numeri totalmente a caso: nella prima ora per fare 250 watt le pulsazioni sono 150, dopo 5 ore per esprimere sempre 250 watt di pulsazioni ne servono 157. Ecco, quella differenza di 7 pulsazioni è la deriva cardiaca. E più questa è ridotta e più l’atleta sta bene. 

Tra Teide e Sierra Nevada gli ultimi grandi volumi di allenamento prima del Giro per i ragazzi della Polti-Kometa
Tra Teide e Sierra Nevada gli ultimi grandi volumi di allenamento prima del Giro per i ragazzi della Polti-Kometa
Insomma più cuore che watt?

In questo caso di valutazione sì, ma è chiaro che i watt restano importanti. In questo periodo se hanno lavorato bene, se stanno bene in corsa vedi i valori migliori, magari anche qualche picco eccellente. Anche questi sono indicativi. Da qui comunque capisci tanto, se uno scalatore si stacca da 50 corridori ovviamente c’è qualcosa che non va, specie se non raggiunge i suoi standard.

Un tempo si diceva che quando il cuore saliva bene, il corridore era fresco. Vale ancora questa regola?

Vale ancora, ma quel che conta ancora di più è che il cuore sia elastico, cioè che salga tanto, ma anche che scenda tanto. Ma questo valore emerge soprattutto durante il Giro, con l’accumularsi della fatica tappa dopo tappa. In corse di un giorno o di poche tappe, le differenze emergono meno.

Due secondi in due giorni: Vendrame riflette, ma la gamba c’è

26.04.2024
5 min
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«Come sto? Bene, ma un po’ incavolato. Parecchio incavolato. Due secondi posti in due giorni…». Andrea Vendrame sta per raggiungere il suo hotel dopo la tappa di Marecottes che lo ha visto sfiorare il successo, andato invece al fiammingo della Lidl-Trek, Thibau Nys.

Vendrame ha avuto sin qui una stagione altalenante. Molto buona a tratti, molto meno in altri, come la caduta a La Roue Tourangelle dove ha riportato un trauma cranico. Ma adesso, sulle strade del Tour de Romandie, il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale sembra essere sulla giusta via. Due giorni fa era stato secondo dietro al compagno Godon e ieri appunto dietro a Nys. Nel primo giorno cercavano punti e abbuoni, nel secondo la vittoria.

L’arrivo di ieri a Marecottes, Vendrame è secondo. La delusione è palpabile
L’arrivo di ieri a Marecottes, Vendrame è secondo. La delusione è palpabile
Andrea partiamo dallo sprint di oggi (ieri per chi legge)…

Non ho sbagliato nulla: né durante lo sprint, né durante la tappa. Siamo stati davanti a coprire la maglia di leader di Godon e poi sono andato in fuga. Il finale è andato esattamente come immaginavo, anche perché me lo ero visto ed ero ben guidato dall’ammiraglia.

Anche se la curva era diversa, vagamente ricordava il finale caotico della tappa di Castelmonte al Giro 2022…

E infatti anche per questo ci sono entrato in testa, non volevo restare chiuso in nessun modo. Ho affrontato lo sprint nel miglior modo possibile. E’ arrivato ancora un secondo posto, ma ho dimostrato che la condizione c’è. Sono qui per rifinire il lavoro in vista del Giro d’Italia.

Guardando ai risultati hai fatto una buona primavera: secondo al Laigueglia, due top 10 alla Tirreno e appunto questi due podi…

In realtà ho avuto dei bei problemi, specie dopo la caduta alla Roue Tourangelle: ho riportato un trauma cranico e per protocollo non potevo salire in bici per una settimana. La squadra mi ha voluto alla Freccia del Brabante, ma non sapevo come sarebbe andata dopo una settimana di stop. Invece ho svolto un bel lavoro per Godon e Cosnefroy piazzandoli bene per il finale, tanto che siamo riusciti a portare a casa la corsa (con Cosnefroy, ndr). In squadra quest’anno c’è un bel clima, collaboriamo bene.

Il giorno prima invece il veneto era di tutt’altro umore. Secondo sì, ma dietro al compagno Godon e in un arrivo non del tutto per lui
Il giorno prima invece il veneto era di tutt’altro umore. Secondo sì, ma dietro al compagno Godon e in un arrivo non del tutto per lui
Questo inverno hai lavorato più sulle lacune o hai insistito sui punti forti?

Diciamo che a casa ho svolto il mio bel lavoro. Proprio due sere fa ne parlavo col mio preparatore e dicevamo che con i numeri ci siamo. Andiamo benone… E infatti per questo mi girano le scatole di non essere riuscito a cogliere il risultato. Sono stato io a chiedere di andare in fuga, anche per ultimare il lavoro in vista del Giro. La squadra mi ha dato carta bianca e mi sono gettato all’attacco. Ripeto, peccato per il secondo posto, ma la condizione c’è. E non ho fatto l’altura.

Come mai?

Perché tra lo stop per il trauma cranico e la Freccia del Brabante, non ci sarebbe stato troppo tempo. Avrei dovuto fare sette giorni, poi scendere per due e andare in Belgio, poi ancora risalire e venire direttamente al Romandia. Quindi due giorni a casa e via al Giro. Troppo stress a quel punto. Avevo pensato di fare la tenda (la tenda ipossica, ndr), visto che ora si può. Ma la mia compagna scherzando mi ha detto che con il rumore del motorino non ci avrebbe dormito: o io o la macchinetta della tenda! Insomma alla fine non ho fatto né l’altura, né la tenda! Ma sono fiducioso perché il volume di ore è stato buono.

Prima hai detto che in squadra c’è un bel clima: perché, cosa è cambiato?

Magari prima c’erano elementi con più individualismo, adesso invece ci aiutiamo di più. Io credo anche che dipenda anche dal fatto che i materiali funzionino bene. Adesso siamo competitivi e oggi è importante avere materiali validi. Le maglie sono nuove, le bici sono nuove. Tutto questo aiuta a distendere il clima, a creare armonia. Siamo amici.

L’obietto di Vendrame per questo Romandia ora è quello di difendere la maglia della classifica a punti
L’obietto di Vendrame per questo Romandia ora è quello di difendere la maglia della classifica a punti
Guardiamo al Giro: ci sono molte tappe mosse, perfette per Vendrame. Le hai studiate?

Non molto, a dire il vero. E infatti anche i direttori iniziano a mettermi pressione per fargli sapere cosa voglio fare, che intenzioni ho. Ma al momento non ho cerchiato nulla. Di base però non sono uno a cui piace fare programmi e proclami a lungo termine. Intanto finiamo bene questo Romandia, poi da lunedì mi concentrerò bene sul Giro.

Finire bene il Romandia significa pensare anche alla generale o è troppo visto che sei secondo?

Domani (oggi, ndr) c’è la crono di 15 chilometri e non è la mia specialità: mi penalizza. Sì, a casa ci lavoro. E’ ormai un esercizio indispensabile e il percorso è anche vallonato, ma è troppo. Magari la prendo come un giorno di “riposo”. Poi dopodomani c’è un arrivo in salita simile a quello di oggi (ieri, ndr), ma immagino se lo vorranno contendere gli uomini di classifica. E domenica il classico arrivo in volata allo sprint a Ginevra. Visto che sono leader della classifica a punti cercherò di portare a casa questa maglia. E intanto continuo a lavorare per il Giro.

A proposito di Giro, O’Connor sarà il vostro leader?

O’Connor sarà il nostro leader e in seconda battuta ci sarà Aurelien Paret-Peintre. Credo che per il Giro abbiamo proprio un bel team. Forte, equilibrato e in generale una squadra ben organizzata.

Nasce GICO Lab, biomeccanica e preparazione al top

18.04.2024
4 min
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NIBIONNO – Lo scorso 6 aprile è stato inaugurato ufficialmente GICO Lab, un nuovo centro polifunzionale dedicato alla biomeccanica e alla preparazione legata al ciclismo. Il centro si trova a Nibionno, nel cuore della Brianza, e a crearlo è stato Giacomo Conti che, nonostante la giovane età, porta in dote un bagaglio di esperienza di tutto rispetto, maturato prima sui campi di gara, poi sui banchi dell’università ed infine in un importante negozio specializzato ciclo dove, come si suol dire, ha avuto modo di “farsi le ossa”.

Per saperne qualcosa di più sulla nuova struttura e sui servizi offerti, abbiamo deciso di far visita a GICO Lab pochi giorni dopo la sua inaugurazione per incontrare lo stesso Giacomo Conti (foto di apertura).

Giacomo Conti ha un passato da corridore prima di laurearsi in Scienze Motorie
Giacomo Conti ha un passato da corridore prima di laurearsi in Scienze Motorie
Partiamo da quella che potrebbe essere, e forse lo è davvero, una domanda banale, ma utile per presentarsi. Chi è Giacomo Conti?

Ho 25 anni. Per 13 anni ho praticato ciclismo, prima in mountain bike e poi su strada. Ho corso fino al 2019 fra gli under 23 nel Velo Club Mendrisio, che è stata la mia ultima squadra. L’ultimo anno in cui stavo gareggiando ho deciso di mettermi a studiare e nel 2021 ho conseguito la laurea triennale in Scienze Motorie. Nello stesso periodo ho ottenuto l’abilitazione a direttore sportivo di terzo livello.

Dalla laurea nel 2021 all’inaugurazione dei giorni scorsi quale è stato il percorso professionale che ha intrapreso?

Dopo aver conseguito la laurea, ho avuto l’opportunità di fare il tirocinio post universitario con il dottor Luca Pollastri, che fa parte dello staff medico della Jayco AlUla. Un’esperienza formativa che mi ha permesso di accrescere notevolmente le mie conoscenze in merito ai traumi subiti da atleti professionisti e alle patologie di cui possono soffrire. Contemporaneamente ho lavorato prima presso Guerciotti. Un esperienza che mi è servita molto a livello di conoscenza della bici come mezzo meccanico. Successivamente per due anni presso un importante negozio ciclo della Brianza occupandomi di biomeccanica. In quel periodo ho effettuato oltre mille posizionamenti. Mi piace dire che quei due anni mi sono serviti per “imparare a fare un lavoro”. L’apertura di GICO Lab è in un certo senso la naturale chiusura di questo lungo percorso di formazione. 

Nel suo laboratorio vengono fatte analisi biomeccaniche
Nel suo laboratorio vengono fatte analisi biomeccaniche
Per quale motivo aprire un centro autonomo e non inglobato in un negozio di biciclette?

La scelta di aprire un centro di biomeccanica e preparazione staccato da un negozio di bici è una cosa fortemente voluta. Ho sempre pensato che fosse il modo migliore per valorizzare il servizio offerto, evitando così che fosse visto come qualcosa di accessorio alla vendita di una bicicletta.

Quali sono i servizi offerti da GICO Lab e a chi si rivolge il centro?

Siamo un centro di biomeccanica e preparazione atletica. Ci rivolgiamo a chiunque ami andare in bicicletta, dall’agonista che vuole ottimizzare la sua performance, all’amatore che vuole risolvere ma anche prevenire possibili disturbi che si possono presentare andando in bicicletta. Per tutti loro abbiamo previsto dei pacchetti differenziati per biomeccanica e preparazione.

Il centro prevede altri servizi oltre alla biomeccanica e alla preparazione atletica?

Assolutamente sì. Il mio obiettivo è quello di creare un centro in grado di offrire servizi a 360 gradi. Ogni utente del nostro centro ha le sue esigenze e i suoi obiettivi che lo differenziano dagli altri. Diventa quindi importante avvalersi di figure professionali specifiche. Fin da subito abbiamo attivato delle collaborazioni a partire dallo stesso dottor Pollastri, passando poi per Rossella Ratto, ex professionista, e oggi bravissima biologa nutrizionista. Collaborano con noi, un osteopata, un urologo e, visto che sono sempre più le donne che vanno in bici, anche un ginecologo. Per quel che riguarda la nutrizionista e l’osteopata è possibile fissare un appuntamento direttamente presso il nostro centro mentre per quel che riguarda il medico sportivo, l’urologo e il ginecologo presso i rispettivi studi.

Ma non solo, l’obiettivo di Conti e di farne anche un laboratorio di preparazione per atleti pro’ e non
Ma non solo, l’obiettivo di Conti e di farne anche un laboratorio di preparazione per atleti pro’ e non
C’è un motivazione specifica alla base di tutte queste collaborazioni?

Come dicevo prima. Il mio obiettivo è che GICO Lab sia un centro in grado di offrire tutti i servizi necessari a stare bene in sella, ma anche una volta scesi dalla bicicletta. Il cliente non deve venire qui da noi con il semplice obiettivo di sistemare la bicicletta e basta. Deve venire qui per ottimizzare la sua posizione in sella per poter così ottenere una migliore performance e più in generale un maggiore benessere. Come ripeto spesso: “La biomeccanica non è solo un servizio per la bicicletta, ma per la persona che la utilizza”.

Ricordiamo che GICO Lab si trova a Nibionno, in provincia di Lecco, in via Parini 7. Il centro è aperto il lunedì dalle 14:00 alle 18:30. Il martedì, il giovedì e il sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18,30. Il mercoledì e il venerdì dalle 14 alle 20.

Riceve solo su appuntamento che si può prenotare direttamente sul sito www.gicolab.it scegliendo giorno, orario e i servizi di cui si ha bisogno.

GICO Lab

Dainese: l’incidente, il rientro, la vittoria, Sierra Nevada… il Giro

15.04.2024
5 min
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E’ caduto il 9 febbraio rovinosamente, ha vinto il 4 aprile: in meno di due mesi Alberto Dainese si è ritrovato dalle stalle alle stelle. Il corridore della Tudor Pro Cycling era incappato in un incidente durante un allenamento in Spagna. Aveva riportato una grande botta alla testa e danni seri alla bocca.

Poi alla Région Pays de la Loire Tour, breve corsa a tappe francese, ecco quasi a sorpresa, la vittoria. A Château-Gontiere braccia alzate e tutto, o quasi, sparisce.

In questi giorni Dainese si trova a Sierra Nevada per l’ennesimo ritiro in quota. Sta lavorando in ottica Giro d’Italia.

«E quassù – dice il veneto – già ci ero stato due settimane prima del rientro dopo la caduta e ci starò fino al Romandia. Poi qualche giorno di relax a casa ed ecco il Giro».

Alberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’inverno
Alberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’inverno
Alberto, partiamo dalla caduta. Hai recuperato possiamo dire…

Diciamo di sì. All’inizio è stata un po’ tosta. Le botte alla bocca e alle labbra si sono fatte sentire. Avevo un bel po’ di punti e non ero affatto bello! Mi vedevo con queste ferite, mi mancavano quattro denti. Facevo anche fatica a mangiare. Poi è subentrato anche un versamento ad un ginocchio. Insomma ci ho messo quasi due mesi a riprendermi. Ma la cosa buona è aver recuperato al 100 per cento.

Alla fine quanto sei stato senza bici?

Poco in realtà. Forse troppo poco, cinque giorni. In pratica fino a che non mi hanno rimesso i denti provvisori. Ho fatto un po’ di rulli. Ma era troppo presto. I punti tiravano e avevo vari dolori. Poi è emerso il problema al ginocchio. E sono stato fermo un’altra settimana. Alla fine prima di riprendere per bene è passato un mesetto.

Ma come hai fatto a livello di preparazione? Hai ripreso da capo?

La base era solida. Avevo fatto davvero un buon inverno, senza malanni e con un grande volume: questa è stata la salvezza. Se avessi avuto un inverno meno buono sarebbe stato un bel casotto. Invece quando ho ripreso, non ero proprio a zero. 

Dainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo inverno
Dainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo inverno
E cosa hai fatto quando hai ripreso con costanza?

Ho iniziato con due, tre ore molto semplici. Dalla terza settimana ho inserito anche un po’ d’intensità. Ma questa era anche la prima che facevo a Sierra Nevada in quota. E non ho fatto poi molto. Parlo di 15 ore complessive. Mentre dalla settimana successiva, ho inserito più ore e più volume. Ho fatto due lavori di Vo2Max, sempre in altura, e sono andato a correre in Francia.

Caspita! Solo due lavori e sei stato subito vincente e competitivo (prima della vittoria Dainese ha ottenuto due quinti posti, ndr)?

E infatti questo un po’ ha sorpreso anche me e mi ha dato tanto morale. Ma ripeto, la base era buona. Sono anche consapevole che non era una volata di livello stellare. Non c’erano Philipsen o Merlier, però Marijn van den Berg, con cui battagliavo ha dimostrato di andare forte. Ora sono consapevole che con questo altro ritiro in quota e il Romandia si potrà crescere ancora. Non dico che tutti i dubbi siano spariti, ma so che al Giro dove il livello sarà più alto sarò competitivo.

Hai dovuto riprendere anche il lavoro in palestra?

No, quella no. Dopo due sedute ho dovuto abbandonarla in quanto mi dava problemi al ginocchio destro, quello del versamento. Emergevano dei dolori alla bandelletta e così abbiamo deciso di evitare la palestra. Al suo posto abbiamo compensato con delle volate e delle partenze da fermo. Ne ho fatte un po’ più del solito.

Alberto, raccontaci un po’ quelle volate dopo il rientro. C’era anche della paura?

Le settimane dopo l’incidente sì. Avevo paura ad andare in bici, specie in discesa o col vento. La caduta era avvenuta in modo improvviso e temevo di ricadere da un momento all’altro. Poi è andata scemando. Mentre il giorno della volata no, nessuna paura.

Quest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoria
Quest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoria
Si è chiusa la vena del velocista!

Esatto. Non ci ho proprio pensato, anche se forse è stato lo sprint più pericoloso che ho fatto da pro’ dopo quello del Polonia in discesa. In particolare la volata che ho vinto è stata anche abbastanza pulita. Nell’ultimo chilometro la velocità era alta ed eravamo tutti in fila. Robin Froidevaux mi ha portato ai 200 metri in posizione e dovevo saltarne solo due.

Per te che ogni volta dovevi partire da dietro, due corridori in effetti erano pochi!

Sì, sì… rispetto al passato è una bella differenza. Prima avevo Bardet che poverino è uno scalatore e mi lasciava in ventesima posizione. E infatti come mi suggerì anche Petacchi, persa per persa a quel punto, partivo lungo. Adesso invece ho un treno.

E sul fronte dei valori, quelli della volata che hai vinto erano buoni? E’ un dato curioso dopo l’incidente…

Il misuratore non funzionava. Non posso rispondere pertanto a questa domanda con precisione, però non credo siano stati cattivi. Quel giorno ho sbagliato rapporto. Ho fatto la volata con il 54×10 ed ero durissimo. Mi sembrava stessi facendo una partenza da fermo! Il picco di potenza in questi casi, con quel rapporto così duro, non è altissimo. Però la volata l’ho tenuta a lungo e comunque se riesci a girare quel rapporto male non stai. Io poi non amo andare duro negli sprint. 

Persico: «Battere le grandi? Bisogna coglierle in giornata no»

03.03.2024
5 min
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SIENA – Alla vigilia della Strade Bianche Silvia Persico, era pronta alla sfida. Il morale magari non era stellare, ma di certo era in ripresa. E lo era perché in ripresa erano anche le sue gambe. Il suo inizio di stagione sin qui è stato costellato da alti e bassi: quinta nella gara d’esordio, il Trofeo Palma Femina, bene al UAE Tour Women, malino alla prima in Belgio, l’Omloop Het Nieuwsblad.

L’atleta della UAE Adq sperava in una top 10 nella classica toscana. Non ci è andata lontana. Alla fine ha chiuso 14ª e tutto sommato è stata autrice di un buon finale, visto che non era nei primi due gruppetti quando mancavano gli ultimi due sterrati. Dopo il traguardo, prima di sedersi a terra, con lo sguardo perso nel vuoto, Silvia ci ha parlato di una gara dura, di crampi e di un finale confuso. Poche parole. Il resto lo dice la foto sotto.

Silvia Persico (classe 1997) stremata all’arrivo di Siena
Silvia Persico (classe 1997) stremata all’arrivo di Siena

La Strade Bianche era un antipasto per la Persico 2.0, lasciateci dire così. Nuovo allenatore, nuovi obiettivi, nuovi approcci alle gare e alla stagione stessa, visto che non ha preso parte al ciclocross come da sua abitudine.

Per Silvia ci sono in vista tutte, ma proprio tutte, le classiche del Nord: dalle Fiandre alle Ardenne, monumenti e non solo.

Quest’anno la lombarda punta decisa alle classiche. Correrà sia quelle fiamminghe che quelle delle Ardenne
Quest’anno la lombarda punta decisa alle classiche. Correrà sia quelle fiamminghe che quelle delle Ardenne
Silvia come stai?

Dopo il UAE Tour Women ho passato un periodo down. Adesso – ci aveva detto alla vigilia della Strade Bianche – mi pare di essere in fase di ripresa. L’Het Nieuwsblad non è andata come appunto immaginavo, però la stagione è ancora lunga.

Da cosa dipende questo down, come l’hai chiamato te?

Sinceramente non lo so. Dopo le gare, in UAE stavo davvero bene, avevo delle buone sensazioni. Pensate che in salita ho fatto il mio personal best sulla mezz’ora. Sono tornata a casa e ho iniziato a non stare bene, non spingevo più gli stessi watt. Quindi ho passato dieci giorni così così. Dieci giorni in cui neanche mi sono allenata tantissimo proprio perché non stavo bene. Cercavo di recuperare. Le gambe erano legnose.

Potrebbe essere stato il cambiamento di temperatura?

Forse, davvero non lo so. Anche perché negli ultimi 3-4 mesi, cioè da quando ho cambiato coach (ora è seguita da Luca Zenti, ndr) mi sono sempre sentita molto bene. Ma quel che conta è che negli ultimi giorni mi senta meglio. La gamba risponde in modo diverso rispetto ad una settimana fa.

Nell’intervista di dicembre, avevi insistito sul discorso delle corse di un giorno, di andare a caccia delle tappe nei grandi Giri. Ci stai lavorando col nuovo coach? E come?

Le nostre gare sono diventate più lunghe, quindi mi alleno di più settimanalmente. Arrivo anche a 22-23 ore, prima ero sulle 15-6, massimo 18. Sto lavorando comunque sulla quantità e ho iniziato a fare dei lavori diversi per quanto riguarda la qualità. Degli specifici che non avevo mai fatto.

Sul Jebel Hafeet la sensazione di una grande prestazione. Persico “stoppa” subito il computerino per registrare i dati. Ne usciranno numeri importanti
Sul Jebel Hafeet la sensazione di una grande prestazione. Persico “stoppa” subito il computerino per registrare i dati. Ne usciranno numeri importanti
Tipo?

Non faccio sempre le SFR o i 30”-30”, i 20”-40” o i 40”-20”… E‘ un’intensità un po’ diversa. In più ho incrementato un po’ la palestra. E dalle prime corse fatte in Spagna avevo degli ottimi valori, molto più alti dello scorso anno. Però è anche vero che il livello medio si è alzato. Eravamo su una salita: se quei valori li avessi espressi due anni fa, saremmo rimaste in dieci. Quest’anno eravamo ancora 40-50 atlete insieme. Pertanto l’asticella la devo alzare ancora se voglio vincere.

Visto che hai parlato di corse di un giorno, che richiedono esplosività, ti manca un po’ l’intensità del cross? Almeno in questo periodo post ciclocross appunto…

Forse un pochino, ma neanche più di tanto. Comunque l’intensità l’abbiamo fatta, magari non quella che ti dava il cross, ma l’abbiamo inserita nella preparazione. Poi ho notato che in questo periodo, dopo le stagioni di cross, ero sempre un po’ già in calo. Non avevo più la stessa forma di gennaio. L’anno scorso, di questo periodo, credo fossi in condizioni peggiori. Ma gli appuntamenti importanti arrivano fra un mesetto.

Come ti sei trovata sullo sterrato senese? E’ tanto diverso da quello del cross? Richiede una guida simile o non c’entra proprio niente? E certe skills tornano utili?

Sì e no, io ho una guida un po’ particolare, mi butto un po’ troppo! A volte mi esce la vena da kamikaze della crossista! E questo può essere un difetto. Avere una certa dimestichezza con lo sterrato del cross forse un pochino ti aiuta, ma soprattutto con l’aggiunta dei nuovi settori serve potenza. Potenza pura. Semmai certe capacità di guida ti consentono di essere più sciolta nei tratti gravel, ma se non hai la forza puoi aver fatto tutto il cross di questa vita che non vai da nessuna parte.

Alla Omloop che fatica: ecco Persico comunque nel gruppo delle big. Si riconoscono Vos, Balsamo… e davanti a lei l’iridata Kopecky
Alla Omloop che fatica: ecco Persico comunque nel gruppo delle big. Si riconoscono Vos, Balsamo…
Silvia, come si battono queste super atlete? Kopecky, Vollering, Vos… loro sì che ne hanno di potenza.

Andando forte! Ho visto una Demi Vollering in forma e una Lotte Kopecky potente. Lei in realtà potente lo è sempre stata, ma credo che quest’anno sia dimagrita ancora… e penso possa e voglia vincere il Tour de France. Immagino che per batterle dovrò sorprenderle nella giornata no!

Si studiano queste campionesse in corsa? Hai il tempo di metterti alla loro ruota?

Dipende anche dalla gara, però un po’ le studi. Anche se devo dire che preferisco vederle come persone normali e non come super atlete. Ho avuto modo di passare del tempo con loro oltre alla bici, dopo il mondiale di gravel, e sono semplici.

E sul bus, per esempio, o nei vostri meeting fate delle analisi tecniche per conoscerle? Per esempio: questa ragazza ha tenuto questi watt per tot tempo…

Proprio così, no. Abbiamo fatto delle stime col mio coach, in base ai dati sulla salita dell’UAE Tour Women, io quel giorno ho sviluppato 30 watt in più dell’anno scorso. In quell’occasione abbiamo cercato di capire i watt medi di Kopecky. Generalmente sul bus, invece, si parla più di tattica che di numeri.