Zana, secondo anno: preparazioni a confronto

04.02.2022
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Filippo Zana (in apertura foto Barioglio) è uno dei corridori italiani più attesi. Il veneto, classe 1999, ha già iniziato la sua stagione agonistica, la terza tra i professionisti. Ogni anno il corridore della Bardiani Csf Faizanè è cresciuto sempre un po’.

E proprio da qui partiamo: dalla crescita. Vogliamo fare un confronto fra la sua settimana tipo, di questo periodo, fra il primo e il terzo anno da pro’. Iniziamo…

In Spagna, Zana (in terza ruota) ha messo nel sacco i primi giorni di corsa. Prossima gara l’Oman
In Spagna, Zana (in terza ruota) ha messo nel sacco i primi giorni di corsa. Prossima gara l’Oman
Filippo, facciamo prima di tutto un breve sunto che spieghi un po’ le differenze della tua preparazione dell’inverno 2019, quello del debutto tra i grandi, e quello 2022…

La cosa principale di cui mi sono accorto è che mancava la forza e infatti ho incrementato la palestra. Adesso cerco di farla tutto l’anno. Da neopro’, verso gennaio smettevo.

E i chilometri?

Più o meno sono quelli, anche se a fine stagione, visto il mio calendario, saranno 5-6mila in più. Quel che secondo me è cambiato nell’allenamento è l’intensità: magari non faccio troppe ore, ma le faccio più di qualità. Mi sono accorto che mettendo dentro più soglia e tanto medio si fa la differenza. Ma poi c’è un’altra cosa che ho notato, soprattutto quest’anno.

Quale?

Il peso. Quest’anno sono arrivato alle prime gare di stagione in Spagna già con il peso giusto, cosa che non facevo in passato. E devo dire che ho notato una bella differenza, soprattutto in salita. Ho avuto buone sensazioni. Gli altri anni mi presentavo con un paio di chili in più.

Quanto sei alto e quanto pesi?

Sono alto 1,85 metri per 65 chili.

Per i dislivelli così importanti nelle sue distanze Zana ha la fortuna di avere salite lunghe come il Monte Grappa
Per i dislivelli così importanti nelle sue distanze Zana ha la fortuna di avere salite lunghe come il Monte Grappa
Caspita! Quindi non lo fai perché vuoi dimagrire nel corso della stagione?

No, non è mai stato un cruccio per me il peso. Però partire meglio sotto questo punto di vista ti consente poi di non perdere forza. Poi magari in stagione un altro chilo tra le alte temperature e le tante gare lo perderò, ma non è un obiettivo.

Passiamo alla tua settimana tipo. Facciamo il “ping pong” tra il Filippo 2019 e quello di quest’anno. Partiamo dal lunedì…

Due ore tranquille. E questo non è cambiato.

Martedì?

Adesso vado in palestra. Faccio i classici esercizi a corpo libero come addominali, flessioni, dorsali… Passo poi allo squat con il bilanciere su cui carico circa 60 chili e alla pressa con 75-80 chili… Non un carico enorme, perché faccio molte ripetute, 30. Dopo la palestra esco per un’ora e mezza in scioltezza, cercando di non scendere mai sotto le 90 pedalate, sia che vada di 39 che di 52.

E il vecchio martedì?

Non c’era la parte in palestra. Per fare la forza uscivo in bici e facevo le classiche SFR in salita. Devo dire che la differenza la sento parecchio.

Zana in allenamento con la bici da crono. Il vicentino nelle preparazione è seguito da Paolo Artuso, con cui lavora da 5 anni
Zana in allenamento con la bici da crono. Il vicentino nelle preparazione è seguito da Paolo Artuso
Passiamo al mercoledì…

Faccio 3 ore 30′ – 4 ore, con lavori al medio per un totale di un’ora. Per esempio 3×20′, poi dipende anche dalle gare che si profilano e quanto manca alle corse. Faccio il medio sia in pianura che in salita. Il farlo anche in pianura è la differenza maggiore rispetto al passato. Prima infatti lo facevo quasi esclusivamente in salita. Invece ho visto che eseguire il medio in pianura è molto utile per la crono. 

A proposito, usi mai la bici da crono?

Sì, almeno una volta a settimana. Soprattutto il lunedì. Un paio d’ore che sono importanti per la guida, per abituarsi alla posizione…

Una curiosità, Filippo: ma quando un professionista dice che fa il medio a quanto va in pianura? E su una salita intorno al 6-7%?

In pianura si oscilla tra i 40 e 45 chilometri orari. In salita su quelle pendenze siamo sui 20 all’ora.

Giovedì…

Cerco di fare almeno 5 ore, insomma la distanza. Faccio salite lunghe, ma senza forzare, anche più piano del medio, come si dice in gergo con la “catena in tiro”. La differenza rispetto al 2019 riguarda non tanto le ore quanto il dislivello. Adesso arrivo regolarmente a 2.500-3.000 metri, prima ero sui 1.500. Ho la fortuna di avere salite importanti vicino casa come Asiago o il Monte Grappa.

E siamo al venerdì…

Adesso ripeto quanto fatto il martedì, quindi palestra e bici. Prima facevo 2-3 ore con delle SFR. Con la palestra mi trovo bene e soprattutto d’inverno oltre a fare forza prendo anche meno freddo.

Filippo con il suo… amico Vior (foto Instagram)
Filippo con il suo… amico Vior (foto Instagram)
Sabato?

Sono altre 3 ore con dei lavori sempre sulla forza. Stavolta faccio le SFR al medio per un totale di circa un’ora. Solitamente le mie ripetute sono da 10′ ognuna e terminano con una volata per velocizzare un po’. Prima di ogni lavoro, faccio almeno una quarantina di minuti di riscaldamento. Rispetto al mio vecchio sabato, cambiano le SFR: prima le facevo da 5′ e anche con un po’ meno d’intensità. Adesso riesco a girare un rapporto un po’ più duro.

Infine ecco la domenica…

Faccio 4 ore, 4 ore e 30′ con dei bei lavoretti di intensità. Inserisco della soglia e del fuori soglia. Faccio dei 20”-40” e dei 40”-20”, suddivisi solitamente in tre serie da 5′. Prima e dopo faccio un po’ di medio. Inoltre non manca una salita a soglia con l’ultimo minuto fuori soglia.

Che differenze ci sono con la tua vecchia domenica?

La differenza principale è che non facevo i 40”-20”, ma più medio.

E poi torni a casa… Com’è il tuo recupero attuale e quello di tre anni fa?

Quello è lo stesso. Torno, mangio, mi sdraio un po’ sul divano e poi vado a trovare il mio cavallo, Vior… Mi rilasso così.

Con Diego Rosa “raggi X” sulla settimana del debutto stagionale

28.01.2022
6 min
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Dopo un’intero inverno passato a prepararsi, settimana dopo settimana, arriva il momento di correre. D’iniziare la stagione. Ed è sempre un passaggio molto intenso, anche delicato se vogliamo… Analizziamo quindi con Diego Rosa gli ultimi sette giorni che portano alla prima gara.

Il corridore della Eolo-Kometa ha iniziato il suo decimo anno da professionista lo scorso mercoledì, il 26 gennaio, al Trofeo Calvia. Vediamo come ha approcciato il suo debutto 2022.

Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa. Eccolo nel ritiro di Oliva in Spagna (foto Maurizio Borserini)
Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa. Eccolo nel ritiro di Oliva in Spagna (foto Maurizio Borserini)
Prima di addentrarci nello specifico della tua settimana, Diego, facciamo un sunto della tua preparazione sin qui…

Ho ripreso ad allenarmi il 9 novembre. Le prime due settimane le ho dedicate alle attività alternative: corsa, nuoto, palestra… giusto per ricordare al mio corpo che ero un pro’! Poi ho preso la bici.

E cosa hai fatto?

Ho iniziato con la base: palestra e bici. Ho lavorato parecchio sulla forza. Dopo le sedute in palestra, nel pomeriggio uscivo in bici e facevo qualche altro esercizio di forza. Nel tempo è aumentata la parte aerobica e man mano anche quella anaerobica.

Sino ad arrivare alla settimana che ti ha portato al debutto stagionale al Trofeo Calvia…

Con queste gare majorchine, abbiamo completato il secondo ritiro. Due settimane in Spagna ad Oliva e appunto queste gare, in pratica un bel blocco di tre settimane, tra lavoro e recupero. Ed è importante perché anche con la testa si entra in modalità gara.

Veniamo quindi a questa particolare settimana che va da mercoledì (19 gennaio) a mercoledì (26). Partiamo dal 19, Diego…

E allora aspettate che apro Training Peaks! Il 19 abbiamo fatto scarico, in quanto il giorno prima avevamo fatto 5 ore. Una sgambata di 51 chilometri nei dintorni di Oliva.

Giovedì 20?

Abbiamo fatto 5 ore abbastanza intense: doppia, fila, lavori intermittenti (40”-20”; 30”-30” e 20”-40”) e verso il finale una salita di 20′ a tutta. In pratica un test. Infine, per rientrare in hotel abbiamo fatto dietro motore.

Passiamo a venerdì 21 gennaio…

Distanza: 6 ore con 3.500 metri di dislivello. Abbiamo tenuto un ritmo abbastanza regolare: un po’ di doppia fila, soprattutto all’inizio, e qualche lavoro di forza (SFR)… Rispetto al giorno precedente sono stati lavori più lunghi, ma meno intensi. La velocità media è stata di 31,3 chilometri orari.

Sabato 22 gennaio…

Di nuovo scarico. In Eolo-Kometa facciamo un po’ meno di 2 ore. Anche in questo 50 chilometri circa.

Spesso hanno fatto la doppia fila in allenamento (foto Maurizio Borserini)
Spesso hanno fatto la doppia fila in allenamento (foto Maurizio Borserini)
Domenica 23 gennaio…

E’ stato il giorno più intenso: 4 ore e 10′ a tutta! Qualche nostro compagno iniziava a correre (e a vincere, come Lonardi, ndr) e quindi abbiamo simulato anche noi una gara. Abbiamo fatto dei tratti di sfida. Non è mancata della doppia fila e il dietro motore nel finale.

Cosa significa simulare una gara?

E’ un allenamento particolare, che non si fa quasi mai. Lo abbiamo fatto dall’attacco delle salite e fino in cima. Solitamente chi non è uno scalatore va in fuga e poi noi dobbiamo rintuzzare da dietro, scattare. Una volta in cima poi ci si aspetta. Si mangia, ci si copre per la discesa e si riparte tutti insieme.

Hai anche parlato più volte di doppia fila, come la fate?

Ci si divide in gruppi di 7-8 atleti, altrimenti a girare in 20 diventa un po’ complicato. Come in gara, ci poniamo in due file e giriamo spalla a spalla. Ce ne sono due tipi, almeno per noi: uno per scaldarsi ed è un’andatura un po’ più allegra, ma nulla di che, e uno per fare “ritmo”, che è un medio.

Riprendiamo la settimana. Lunedì 24…

Scarico, un’ora e mezza totalmente tranquilla.

Martedì 25, vigilia della gara?

Abbiamo fatto ancora scarico: un’ora e 25′ nel pomeriggio. Eravamo già a Majorca però, non più ad Oliva.

Al Calvia, Diego ha chiuso 50°, ma con ottimi dati, come i 334 watt medi sui 60′, davvero non male visto il suo peso (circa 65 chili)
Al Calvia, Diego ha chiuso 50°, ma con ottimi dati, come i 334 watt medi sui 60′, davvero non male visto il suo peso (circa 65 chili)
E infine la gara: il Trofeo Calvia, il 26 gennaio…

Eh una bella faticata! Siamo andati subito a tutta. E’ stata una gara nervosa (anche nel percorso, ndr). La corsa è esplosa più o meno a metà: davanti si è fatto un gruppetto e dietro era tutto “rotto”. Per me buone sensazioni dai, serviva per tornare “in corsa”.

Sin qui, Diego, abbiamo parlato soprattutto di allenamenti in bici, per quanto riguarda il resto: palestra, core zone… come ti sei gestito?

Solitamente in ritiro facciamo i massaggi quasi tutti i giorni (nella foto di apertura Diego è con il suo massaggiatore, Carmine Magliaro). Io poi la sera faccio degli esercizi di core zone tutti i giorni. Molto spesso poi utilizzo la “pistola a percussione” per sciogliere un po’ i muscoli.

Veniamo all’alimentazione…

Avendo sempre fatto molte ore di bici, per di più con “orari” spagnoli, i pasti sono gestiti quasi come in una gara a tappe. Il problema semmai è quando fai scarico. Facendo molto meno, passi tanto più tempo in camera, ci si annoia un po’ e la noia fa venire fame.

Si dimagrisce in ritiro?

Personalmente non ho mai avuto problemi di peso, ma in questa settimana che precede la gara paradossalmente si mette peso. Questo perché s’inizia ad aumentare la quantità di carboidrati, ma si fa di meno, quindi c’è più ritenzione. Noi abbiamo la bilancia e ci pesiamo tutte le mattine e c’è anche chi ha preso 1,5 chili, ma chiaramente sono tutti liquidi. Sei come una macchina che gira col serbatoio pieno.

Niente dolci in ritiro. In Eolo-Kometa ci si affidava allo yogurt
Niente dolci in ritiro. In Eolo-Kometa ci si affidava allo yogurt
Illustraci la tua alimentazione a ridosso della gara. Partiamo dall’ultimo allenamento intenso di domenica 23…

A colazione quel giorno ho mangiato come fossi in gara praticamente: due bicchieri d’acqua, cosa che faccio anche a casa, tre bianchi d’uovo e un uovo sodo intero (a casa posso farmi un’omelette), mezzo avocado con del pane e quindi il porridge che io faccio con miele, banana, avena ed acqua. Infine due caffè: uno al termine della colazione e uno prima di salire in sella. Il 24 invece che c’era scarico, ho mangiato le proteine della carne, in questo caso è stata della fesa di tacchino. Ho preso meno pane e ho aggiunto uno yogurt con un frutto. E i due caffè…

A pranzo e a cena? Sempre in questi due giorni…

Il 23 siamo arrivati tardi in hotel quindi abbiamo trovato giusto un po’ di riso e tonno. Il 24 invece avendo fatto poco abbiamo mangiato un’insalata con del pollo e un paio di fette di pane. A cena invece l’unica differenza è stata la parte di carboidrati. Il giorno prima della gara abbiamo mangiato una mezza porzione di pasta, il 23 invece no. Completano la cena la parte proteica e le verdure.

E il dolcetto non si prende in ritiro?

Posto che io non sono un amante dei dolci, qui proprio non c’erano. Al massimo un frutto o uno yogurt.

Ultima curiosità: hai parlato di orari spagnoli, spiegaci meglio…

Qui ci si sveglia alle 8,30 ed è una pacchia per me visto che a casa con i bambini da portare a scuola mi sveglio alle 6,45! Usciamo in bici alle 11, mentre a casa esco alle 9. Il pranzo, come detto, dipende dalle ore di bici (e spesso si salta). In ritiro ceniamo alle 20, mentre a casa mangio presto, alle 19 adeguandomi agli orari dei miei bambini.

Pro’ e corsa a piedi, è boom. Ma per Morelli è un rischio

26.01.2022
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«Per andare a comprare il pane, prendi la bici». «Cerca di non fare le scale». «Cammina il meno possibile e stai con le gambe all’aria». Qualsiasi corridore ed ex corridore che abbia più di trent’anni si è sentito dire dal proprio direttore sportivo almeno una volta una di queste frasi. Non solo ciclismo e camminata erano distanti, erano proprio agli antipodi. Figuriamoci la corsa a piedi!

Poi passano gli anni e ti ritrovi in un inverno in cui vedi che Adam Yates fa una maratona. Primoz Roglic esce a fare una corsa persino sulla neve. Tom Dumoulin si sciroppa un 10.000 e arriva secondo in un evento podistico a Maastricht col tempo di 32’38” (3’16” al chilometro). Egan Bernal (a lui tutti i nostri auguri di una pronta guarigione), prima delle sue sessioni in palestra si scalda correndo sul tapis roulant. Senza contare Van Aert, Van der Poel e Pidcock che col ciclocross sono ben più giustificati.

 

Ma quindi, questa corsa fa male o fa bene? Andrea Morelli, del Centro Mapei Sport, presso cui si recano anche molti podisti, ci aiuta a fare chiarezza. Spesso sono anche “mode”, è vero, ma un parere scientifico… non guasta mai. (In apertura James Whelan ex pro’ dell’EF Procycling – foto Twitter)

Lo scorso autunno Dumoulin stupì tutti col secondo posto nella Groene Loper Run di Maastricht (foto J. Timmermans)
Dumoulin ha stupito tutti col secondo posto nella Groene Loper Run di Maastricht (foto J. Timmermans)
Andrea ma cosa succede con questa corsa a piedi?

Ci sta che i ragazzi più giovani, vedi i Van der Poel, vadano a cercare cose così, come andare a correre… Però la cosa va analizzata per bene. Perché un conto sono i professionisti che vanno a correre e un conto sono gli amatori. La corsa a piedi è un’attività aerobica complementare alla bici d’inverno. E vale anche il discorso contrario: chi è passato dalla bici alla corsa si è poi trovato subito bene. Penso ad Armstrong ma anche allo stesso Cassani, che hanno fatto delle maratone. Per un crossista o un biker ha più senso questa attività alternativa, per uno stradista di altissimo livello sinceramente lo vedo un rischio troppo alto. 

Perché rischio?

Perché la contrazione muscolare cambia, è una contrazione eccentrica. La contrazione eccentrica si sviluppa quando il muscolo si contrae allungandosi (fa da freno per intenderci). Un effetto negativo di questo tipo di contrazione sono i DOMS (Delayed Muscle Onset Soarness, Indolenzimenti muscolari a insorgenza ritardata, ndr). I DOMS sono il segnale di una “rottura delle cellule muscolari”, con conseguente infiammazione ed i processi di riparazione sono più lunghi di quelli “normali”. Si manifestano dopo circa 48-72 ore di distanza da questo tipo di allenamento. Però se un atleta non è abituato a questa attività è facile che crei dei danni, penso anche alle articolazioni e ai tendini. Danni che possono essere importanti.

Prima, Andrea, hai parlato di giovani e crossisti, però Roglic e Yates non sono proprio dei giovani…

Dal punto di vista energetico e metabolico, la corsa a piedi non fa male. Anzi si consuma più energia, c’è un maggior consumo d’ossigeno, 30′ di corsa sono due ore di bici. Addirittura ci sono degli studi che dicono che correndo o andando in bici, insomma facendo un’attività diversa da quella solita, si va a stimolare il consumo d’ossigeno. Quindi la corsa può anche essere una tecnica per sviluppare il Vo2Max. E’ anche utile per il controllo del peso. Però ripeto per me il rischio è troppo alto e sono un po’ scettico per un ciclista professionista.

Quindi non fa bene per alcuni aspetti, andrebbe bene per altri…

Esatto. Se si hanno problemi con il freddo, per esempio, ci sono altre attività che potrebbero andar bene, penso al nuoto o allo sci nordico. E poi dobbiamo fare una valutazione: quante volte vado a correre in settimana? Non è facile inserire la corsa all’interno del programma di preparazione. E se poi si commette anche un danno? Non vedo dei vantaggi. Prima avete parlato di Roglic, ma Primoz viene da un’altra attività, dal salto con gli sci. Sicuramente lui avrà avuto una certa abitudine con la corsa, con i salti, con la pliometria e sa cosa lo aspetta. Questo passaggio alla corsa a piedi pertanto lo paga meno di altri che iniziano da zero.

Nella tua carriera da preparatore hai mai avuto dei professionisti che correvano anche a piedi? O ti hanno fatto questa richiesta?

No, né io ho mai inserito la corsa nell’ambito della preparazione. Addirittura ricordo che alcuni atleti hanno avuto problemi ad eseguire il riscaldamento con il salto della corda (come i pugili, ndr). Quei 2′-3′ hanno creato dei problemi anche grossi. Mentre ho avuto corridori che facevano sci di fondo, penso a Morabito. O chi andava a camminare… Addirittura un anno in Liquigas avevano previsto delle ciaspolate nella preparazione.

E se invece si effettua subito la trasformazione? Aiuta, cambia qualcosa?

Anche su questo aspetto ci sono dei dati contrastanti. Per esempio, se faccio un lavoro di pura forza in palestra e poi a seguire faccio un transfer aerobico, sembra che questo sia controproducente. È come se limitasse il lavoro fatto in palestra. Dovrebbero passare almeno sei o sette ore prima di eseguire un lavoro aerobico. Se invece in palestra eseguo un lavoro di “circuit training”, non c’è problema, perché quello è già un lavoro aerobico in qualche modo e con la trasformazione che si fa sui rulli o su strada lo andrei semplicemente a continuare.

Anche a Tignes Roglic non rinuncia a correre. «Ci va tutti i giorni», dice il coach della Jumbo-Visma, Mathieu Heijboer (foto Instagram)
Anche a Tignes Roglic non rinuncia a correre tutti i giorni, come dice il coach Mathieu Heijboer (foto Instagram)
Quando parli di forza pura ti riferisci agli esercizi con grande peso, giusto?

Esatto, agli esercizi con grande sovraccarico di peso, tempi di recupero molto lunghi ed esecuzioni lente: insomma la forza massima. In questo caso è meglio non fare la trasformazione. Poi c’è anche chi è dell’idea che non farla sia sbagliato, perché magari poi il giorno dopo non sta bene, o è troppo vicino alle gare. Il problema di base per rispondere a questa domanda è sempre lo stesso.

Quale?

Che sostanzialmente di studi relativi ai professionisti ce ne sono pochi.

Perché?

Perché è molto difficile fare degli esperimenti su un atleta professionista, che mentre si allena svolge il suo lavoro, non può rischiare di perdere tempo a “sbagliare” il suo allenamento. Al massimo se ti va bene puoi farlo con qualche under 23. Pertanto quando si fanno certi studi si cerca di prendere dei buoni atleti, di gente ben allenata, e si lavora e si traggono i dati da questi soggetti. Per logica poi i risultati si applicano anche ai pro’. Poi però il professionista parte da una base di forza aerobica totalmente diversa e per lui eventuali miglioramenti con molta probabilità sarebbero molto più piccoli.

Tra ritiro e casa, come cambia la settimana di Bagioli

24.01.2022
6 min
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Cosa fa in allenamento? A che ora si sveglia? Come gestisce il suo tempo? Andiamo alla scoperta della “settimana tipo” di Andrea Bagioli. La settimana tipo in ritiro e quella di chi è chiamato ad iniziare abbastanza presto la sua stagione. Bagioli dovrebbe infatti iniziare al Saudi Tour (1-5 febbraio).

Con il talento della Quick Step-Alpha Vinyl abbiamo fatto una sorta di paragone fra le due settimane appunto: quella del ritiro e quella che passa a casa. 

Nel giorno di scarico anche Bagioli prende la bici… per andare a prendere un caffè (foto Instagram – Wout Beel)
Nel giorno di scarico anche Bagioli prende la bici… per andare a prendere un caffè (foto Instagram – Wout Beel)
“Settimana tipo”, Andrea: partiamo da quello che avete fatto in ritiro. Come viene ripartita la tua giornata durante il training camp?

Alle 8 abbiamo il risveglio muscolare con gli esercizi di core zone. Io mi alzo alle 7:50, proprio all’ultimo! Facciamo 30′-40′ minuti di esercizi e poi andiamo a fare colazione. Torniamo in camera, ci prepariamo e tra le 9:30 e le 10 usciamo. Partiamo a scaglioni, dipende dal gruppo in cui si è inseriti. In ritiro infatti ci dividono in tre gruppi che partono separati 10′ l’uno dall’altro.

Il lunedì cosa fate?

Più che del lunedì solitamente noi facciamo blocchi di tre giorni di carico e uno di riposo. E questo vale sia in ritiro che a casa. Lo scorso lunedì per esempio abbiamo fatto scarico.

E come si gestisce il giorno di recupero in ritiro?

C’è chi preferisce il riposo totale senza bici e chi invece vuole fare un’ora, o un’ora e mezza, giusto per andare a prendere il caffè al bar. Io faccio parte di questa seconda schiera. Lo faccio più che altro per non stare tutto il giorno in hotel e per far passare un po’ meglio il tempo. Poi con molta tranquillità andiamo a pranzo. Facciamo qualche chiacchiera al bar, i massaggi… Quindi cena e poi letto.

Per Bagioli core zone al mattino (col resto del team) quando è in ritiro, la sera quando è a casa (foto Instagram – Wout Beel)
Per Bagioli core zone al mattino (col resto del team) quando è in ritiro, la sera quando è a casa (foto Instagram – Wout Beel)
E non fate neanche esercizi di stretching o core zone nel giorno di recupero?

No, riposo totale. Almeno per me è così.

Tornando al lavoro in ritiro, dopo il giorno di recupero cosa avete fatto?

Il primo giorno è dedicato ai lavori di forza. Un’uscita sulle 4 ore. Abbiamo fatto delle SFR, almeno noi che facevamo parte del gruppo degli scalatori. I velocisti in questo caso restano un po’ anche in palestra.

Come eseguite queste SFR?

Sono delle ripetute solitamente che durano 8′. Non facciamo partenze da fermo.

Andiamo avanti, nel secondo giorno di carico cosa fate?

Lavoriamo sulla soglia e sul fuori soglia. È il giorno più intenso. Facciamo 4 ore 30′ – 5 ore. Si tratta di lavori con variazioni di ritmo tra medio e soglia/fuorisoglia. A volte capita di fare qualche “garetta”, soprattutto quando in gruppo c’è Alaphilippe. E’ sempre lui a lanciare la sfida.

E il terzo giorno?

Distanza. E’ un giorno tutto sommato tranquillo. Facciamo anche 6 ore. Però andiamo regolari, le salite le facciamo più o meno al medio. Solitamente in ritiro si superano i 3.000 metri di dislivello, anche i 3.200.

E invece a casa? Quali sono le maggiori differenze tra l’allenarsi a casa e in ritiro? Oltre alla compagnia, chiaramente…

Uscendo con i compagni l’andatura è certamente più “allegra”. Si riescono a fare più ore, tutto passa in modo un po’ più veloce. Fare una tripletta di 4, 5 e 6 ore a casa è certamente più difficile. A livello di media oraria cambia un bel po’. In ritiro non sei mai in meno di 6-8 atleti, pertanto non resti al vento tutto il tempo, ogni 15′-20′ cambi.

Che differenza di media oraria c’è tra la distanza fatta a casa e in ritiro?

Una distanza di 6 ore e circa 3.000 metri di dislivello fatta a casa da solo significa una media di 29-30 chilometri orari. La stessa eseguita in ritiro è sui 33 all’ora.

Se c’è l’iridato Alaphilippe e ci sono da fare lavori di soglia, la bagarre è assicurata (foto Instagram – Wout Beel)
Se c’è l’iridato Alaphilippe e ci sono da fare lavori di soglia, la bagarre è assicurata (foto Instagram – Wout Beel)
Veniamo quindi alla tua settimana tipo a casa… Il lunedì cosa fai?

Faccio 3 ore con qualche sprint. Si tratta di volate brevi tra i 6”-10”. Le faccio da lanciato sui 30 all’ora. L’ultima volta ne ho fatte una decina e il recupero tra l’una e l’altra è stato di 3′-4′. Recupero che faccio ad un’andatura regolare: né alta, né bassa.

Il martedì…

Faccio 4 ore con i lavori di forza. Un qualcosa di molto simile a quanto fatto in ritiro. Quindi niente partenze da fermo, almeno in questo periodo a ridosso delle gare. Quelle, infatti, preferisco farle nella prima parte della preparazione a novembre-dicembre. Le inserisco nella “base”.

E siamo al mercoledì, terzo e ultimo giorno del blocco di carico…

Al terzo giorno faccio la distanza. Almeno 5 ore, regolari. Niente sosta Coca-Cola, mi sono fermato solamente in cima alle salite per indossare la mantellina.

E il giovedì quindi hai riposato?

Esatto, anche se proprio quest’ultima settimana ho scelto di fare due giorni di recupero.

In questa tua “settimana tipo”, Andrea, non hai mai nominato la palestra: come mai?

Perché ormai a questo punto della stagione l’ho finita. La faccio ad inizio preparazione, mentre mantengo il core zone. Questo tipo di esercizi li faccio tutto l’anno, tre volte a settimana. Solitamente li eseguo nei giorni in cui faccio un po’ meno in bici e sono un po’ più fresco.

E la tua giornata tipo, come è cadenzata?

Mi sveglio intorno alle 8. Faccio colazione con molta calma e verso le 9:30-10 esco in bici. Quando torno, pranzo e subito dopo mi riposo sdraiandomi sul divano. Nel pomeriggio, con la mia fidanzata Letizia, magari andiamo a fare una passeggiata a piedi o a sbrigare le commissioni. 

E verso che ora ceni?

Non abbiamo un orario fisso, ma solitamente intorno alle 20. Poi magari ci vediamo una serie TV su Netflix o se c’è un bel film vediamo quello. Quando sono le 22:30, le 23 al massimo, andiamo a dormire.

Andrea, abbiamo parlato dei pasti in base agli orari, ma cosa mangi? Partiamo dalla colazione…

Cerco di introdurre sempre una buona parte proteica in tutti i miei pasti. Proteine al fianco dei carboidrati. La mattina magari mi faccio delle uova, una frittata. Mangio poi delle fette di pane. Se invece devo fare dei lavori più intensi aggiungo qualche fetta biscottata con miele o marmellata. Insomma aumento un po’ gli zuccheri. Per quanto riguarda le bevande il caffè lo prendo ogni tanto, altrimenti opto per il latte vegetale (soia o riso), mentre se è il giorno di scarico prendo il the.

A pranzo?

Un piatto di pasta affiancato ad un piatto di proteine, che può essere del pesce o della carne. A volte anche le proteine del latte: un pezzo di formaggio o una mozzarella. Il tutto sempre accompagnato ad un po’ di verdure. Per quanto riguarda i condimenti non sto lì a centellinarli, faccio ad occhio ma cercando di non abbondare.

In ritiro gli atleti della Quick Step – Alpha Vinyl si avvalgono del buffet
In ritiro gli atleti della Quick Step – Alpha Vinyl si avvalgono del buffet
Anche in ritiro ti comporti così o pesate cibi e condimenti?

E’ la stessa cosa, semplicemente abbiamo i nutrizionisti che ci danno qualche dritta di fronte al buffet.

E a cena?

La cena dipende molto da cosa devo fare il giorno dopo in bici. Se è previsto scarico cerco di tenermi leggero. Quindi mangio un minestrone o una zuppa con giusto un po’ di pane. Le proteine invece non mancano mai, inverto quelle che ho mangiato a pranzo. Se a mezzogiorno ho preso del pesce, la sera mangio della carne e viceversa. Se invece il giorno successivo ho la distanza o devo fare dei lavori più intensi, anche alla sera mangio un risotto o un po’ di pasta.

In bici, Andrea, cosa mangi?

Una banana la porto quasi sempre. Prima di partire però mi piace preparare qualche panino con la marmellata o con del prosciutto (nella foto di apertura, ndr). Porto via anche una barretta. Se invece devo fare dei lavori intensi mando giù anche un gel. Lo prendo poco prima dello specifico.

Ogni quanto mangi in allenamento?

Cerco di alimentarmi ogni 30′-40′.

Lonardi riparte. E Marangoni lo fa puntare sulle volate

22.01.2022
5 min
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Giovanni Lonardi è in Spagna e probabilmente starà facendo una volata (in apertura foto Maurizio Borserini). Prima di passare professionista era un dilettante davvero “corposo”. L’atleta veronese sapeva vincere ed essere costante nelle sue prestazioni. Tre anni alla General Store- Essebi, una stagione alla Zalf-Euromobil-Fior, la maglia azzurra e infine il grande passaggio alla Nippo-Vini Fantini.

E anche al debutto tra i grandi si trovò a suo agio, tanto da conquistare alcune corse e da guadagnarsi un posto per il Giro d’Italia. Era il 2019 e Giovanni non aveva ancora 23 anni. Alla Eolo-Kometa è pronto a ripartire, dopo due stagioni un po’ meno brillanti di quanto ci si poteva attendere alla Bardiani Csf Faizanè. Però anche nei momenti più duri non ha mai smesso di vincere. Segno che la stoffa c’è, eccome.

Sta al suo preparatore, in questo caso Samuel Marangoni, fratello minore di Alan, tirare fuori questa stoffa, anzi per meglio dire esaltarla. Come farà? Ne avevamo parlato con Stefano Zanatta e ora lo chiediamo direttamente al coach del team di Ivan Basso.

Giovanni Lonardi (a sinistra) e coach, Samuel Marangoni, già preparatore di team pro’ dal 2014 (foto Maurizio Borserini)
Lonardi (a sinistra) e Samuel Marangoni (foto Maurizio Borserini)
Samuel, come si rilancia Lonardi?

Giovanni non si deve rilanciare solo con il preparatore, ma con la squadra intera. Gli stimoli giusti possono arrivare da ogni parte: dalla preparazione okay, ma anche dal punto di vista medico, dalla nutrizione, dai diesse.

E dal punto di vista del preparatore?

Io ho conosciuto Lonardi quest’anno. Ho parlato con lui per un’ora e mezza, anche due, chiedendogli tutto quanto fatto finora. E’ stato un modo per conoscersi e per capire, secondo la mia opinione, le cose che gli sono mancate e dove può fare meglio. Ma come ho detto non è un aspetto che riguarda solo il preparatore. Penso anche ai diesse e ai massaggiatori. Questi ultimi giocano un ruolo importante dal punto di vista psicologico. Sono dei confidenti.

In cosa può migliorare Giovanni?

In questo primo periodo abbiamo cercato di lavorare soprattutto sull’aspetto della forza. La forza in bici e quella in palestra. Ma devo dire che il lavoro si è concentrato soprattutto sui lavori in bici.

Cosa ha fatto?

Principalmente ha lavorato sugli sprint… facendo degli sprint. Spesso ridendo gli dicevo: «Fai tante volate finché non sei distrutto!». Abbiamo lavorato sull’esplosività, sulla forza in palestra, abbiamo fatto partenze da fermo. E non sono mancati i lavori intensi.

Lonardi al Giro 2019. Si fermerà dopo 12 tappe, ma cogliendo comunque due piazzamenti nei primi dieci
Lonardi al Giro 2019. Si fermerà dopo 12 tappe, cogliendo due piazzamenti nei dieci
Avete fatto anche delle SFR o essendo lui una ruota veloce avete tralasciato questa tipologia di forza?

Sì, ci sono anche quelle, anche se in tal senso abbiamo lavorato più in palestra, mentre in bici abbiamo sviluppato la forza massima. La forza resistente l’andiamo ad allenare in altri modi, anche stando in bici.

Sin qui hai notato delle lacune?

Per me è difficile da dire, non ho conosciuto il suo lavoro nelle squadre precedenti. Bisognerebbe chiedere ad altri preparatori che lo hanno avuto o direttamente a lui. Io lavoro con Giovanni dal 1° novembre e cerco di fare al massimo il mio lavoro per farlo migliorare.

In questo tempo invece qual è il punto di forza che hai notato?

Che ha una volata bella lunga. Lonardi è molto resistente. Magari può crescere ancora qualcosina sul picco, sulla volata a breve. Ma per il momento la cosa più importante è riuscire ad essere presente negli sprint… e farli bene.

Alla Nippo può aver fatto il passo un po’ più lungo della gamba prendendo parte al Giro d’Italia, quando forse non era pronto?

Sinceramente non ho parlato con lui di questo fatto. Far fare un Giro d’Italia ad un neopro’ è sempre una questione combattuta anche all’interno dei team stessi. C’è chi preferisce preservarli, chi invece buttarli direttamente nella mischia per fargli fare esperienza. Non tutti sono Pogacar e spesso dipende anche dal soggetto. Poi un conto è un neopro’ di 19 anni e un conto uno di 22-23 anni. Personalmente, in generale, io tenderei a preservare un po’, almeno nel primo anno.

Come proseguirà adesso il vostro lavoro?

Dipende anche dai programmi: in base ad essi valuteremo. Ma sono dell’idea che continueremo a spingere in questa direzione: volate e spunto. Poi dopo le prime gare vedremo se bisognerà aggiustare il tiro. Penso che la palestra sarà portata avanti per tutto l’anno.

E’ il 21 marzo 2019 quando Lonardi vince la sua prima corsa tra i pro’. E’ la 5ª tappa tappa del Tour of Taiwan (foto Instagram)
Il 21 marzo 2019 Lonardi vince la prima corsa tra i pro’ al Tour of Taiwan (foto Instagram)
Insomma, vuoi recuperare il punto forte di Lonardi, la sua volata. Il che è più che legittimo…

Più che lavorare sulle salite lunghe, sulle quali un corridore così fa sempre fatica, meglio pensare alle volate. Semmai può migliorare sulle salite brevi, quelle tra i 2 e i 6-8 minuti. E questo si fa con i lavori più intensi.

In effetti non è facile vincere oggi per un velocista, tanto più con i percorsi sempre più ondulati. Basta pensare che Van Aert batte Ewan…

Beh, noi abbiamo idea di fare gare un po’ più “piccole”, ma se poi va bene non è detto che non si possa pensare anche alle tappe della Tirreno o del Giro. Intanto è importante prendere un certo feeling con queste corse e magari anche con la vittoria.

Qual è il calendario di Lonardi?

Inizierà la prossima settimana a Mallorca: farà due delle cinque gare previste. In più valuteremo quale corsa a tappe farà a febbraio. Una la farà, sicuro.

In Spagna abbiamo visto che avete lavorato molto. Lo hai fatto a tutto tondo anche con i test. E come ti sono sembrati?

Nello specifico ho visto che tiene davvero bene negli sprint, ha dei buoni valori. Ma anche sulla soglia sta migliorando. Oggi è difficile porsi degli obiettivi, quello che vogliamo noi è che si migliori in generale. E magari arriverà anche qualcosa.

Coach Quinti ci illustra la preparazione del Consonni leader

21.01.2022
5 min
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Da gregario a capitano. Da ultimo uomo a velocista finalizzatore: Simone Consonni è chiamato al grande salto. Un salto che, probabilmente, implica dei cambiamenti nella preparazione e più in generale nell’approccio alla stagione. Un discorso che vogliamo portare avanti con Luca Quinti, preparatore del lombardo, nonché direttore di Energy Fitness Center, una palestra e un centro di preparazione in provincia di Monza-Brianza.

E tutto sommato è anche il momento di fare questo step per Consonni. Per l’ex campione italiano under 23 e campione olimpico del quartetto su pista, si tratta della sesta stagione da pro’. Su pista ha fatto bene. Benissimo… La stessa cosa dovrà farla su strada. 

Luca Quinti, diplomato Isef con lode, è anche un appassionato ciclista (è stato un dilettante). Eccolo con con Simone Consonni
Luca Quinti, diplomato Isef con lode, è stato un dilettante. Eccolo con con Consonni
Luca, Consonni ha 27 anni, non avrà più Viviani a cui dover tirare le volate. Anche per lui è arrivato il momento di aprire le ali…

E’ il momento di esplodere sì, ma Simone ha già fatto tanto. Ricordiamo che è esploso già in pista e non mi riferisco solo al quartetto, ma penso anche all’americana. Il problema è che nel ciclismo di oggi se vinci tutti ti dicono bravo, se fai secondo, terzo o quarto sembra che tu non abbia fatto nulla. E Simone ne ha fatti di piazzamenti. Su strada ha fatto molto, ma sin qui ha tirato spesso per Viviani. E poi c’è da dire una cosa.

Che cosa?

Che Simone è davvero un bravo ragazzo, un generoso, pertanto si vota totalmente alla causa. Se c’è da tirare per qualcuno non si risparmia. La sua forza è il suo entusiasmo. Sa gasarsi e fare gruppo. Soprattutto quest’anno, sta cercando di farsi voler bene.

E quest’anno sarà il leader del treno Cofidis…

Sì, quest’anno sarà il velocista, anche se nel Team Cofidis ce ne sono altri di ragazzi veloci, comunque lui è quello più importante. L’obiettivo è quello di riuscire a fare questo salto di qualità. Di arrivare alla vittoria, che ancora manca. Anzi, l’obiettivo è di prendere confidenza con la vittoria, magari già dal Saudi Tour per poi fare bene alla Sanremo. E lo stesso nelle classiche a lui più congeniali.

Cosa significa fare bene alla Sanremo?

Significa scollinare sul Poggio con i migliori e poi giocarsi la volata. In questi anni Simone ha sempre lavorato per gli altri e non ha potuto vedere veramente come affrontare il Poggio in un certo modo.

Luca, da quanto tempo lavori con Consonni?

Questo è il quarto anno. L’ho preso a metà del secondo anno in UAE Team Emirates. Prima non lo conoscevo. E’ arrivato a me tramite Fausto Masnada, di cui sono molto amico, e di cui lui stesso è amico. Non si trovava alla perfezione con il preparatore di quel team e decise di cambiare.

Quanto è cresciuto in questo lasso di tempo?

Direi che è cresciuto parecchio e deve crescere ancora, anche mentalmente per essere protagonista nelle gare importanti. Noi stiamo lavorando per farlo migliorare in salita, per tenere in quelle corse con un dislivello un po’ più elevato in cui non arrivano i velocisti puri, ma gruppetti ristretti, perché Consonni non è un velocista puro.

In queste due stagioni alla Cofidis, Consonni (in primo piano) è stato molto spesso al supporto di Viviani (in maglia di campione europeo)
In queste due stagioni alla Cofidis, Consonni (in primo piano) è stato spesso al supporto di Viviani
Come cambia l’aspetto della preparazione dall’essere un uomo che tira le volate all’uomo che invece le finalizza? Insomma, da gregario a leader?

La preparazione è sempre quella: sia che tiri la volata, sia che devi vincerla. Io come preparatore non cambio, cerco di portare il mio atleta al massimo della condizione. Dobbiamo pensare che il team potrebbe chiedergli anche di fare altro, in quel caso lui deve essere pronto ugualmente. Quando si parla di preparazione con Consonni si tratta di un progresso di crescita generale degli ultimi anni. L’obiettivo, come ho detto, è quello di migliorare in salita e di aumentare la potenza in volata.

Lavorate anche sull’aspetto mentale? Lo vedi più propenso ai sacrifici con i gradi di capitano?

Ecco, qui sì che cambia tutto. Simone è gasato… Come il suo preparatore! Noi cerchiamo di “non dare importanza” a quello che si fa. Se tu sei sereno, dai il meglio, se invece inizi a pensare che sei il capitano, che hai delle responsabilità, che devi fare questo e che devi fare quello, ecco che poi non fai più nulla. Questo distaccamento è la forza dei campioni. Che poi è quello che abbiamo fatto per le Olimpiadi: una preparazione fatta per bene, le stesse procedure di approccio alla gara e via a dare il massimo. Serenità e non responsabilità.

Si limita la pressione…

Ripeto, se inizi a pensare a quanto è importante la Sanremo te la fai sotto. Se invece immagini la Sanremo in modo scientifico cioè che sono 300 chilometri, che dopo un determinato tempo di gara arriva il Poggio, che poi c’è la volata… okay, riesci a dare il meglio di te stesso. L’importante è arrivare a questi momenti con la miglior condizione atletica possibile e la serenità mentale fa parte di queste condizioni. Troppa razionalità e troppe emozioni sono un freno, l’atleta deve sentirsi libero.

Prima Luca, hai parlato di migliorare in salita ma anche di incentivare la potenza in volata, la preparazione di Consonni passa anche attraverso la palestra?

Certamente, questa è una componente molto importante per un velocista. La forza esplosiva si fa in bici soprattutto, ma il supporto dei pesi è fondamentale, così come la scelta degli esercizi.

In allenamento per Consonni anche tante volate e non solo lavoro in salita (foto Instagram – Cimo89)
In allenamento per Consonni anche tante volate (foto Instagram – Cimo89)
E in tal senso che esercizi fate? In queste settimane abbiamo sentito molti corridori, soprattutto velocisti, lavorare a corpo libero, anche tu sei di questa opinione o resti fedele ai macchinari?

Sentite, io dico la mia: per me lavorare sul discorso della propriocettività, del core zone per atleti di questo livello non serve a nulla. Un conto è farlo con un ragazzino che deve acquisire certe caratteristiche, che deve imparare a condurre la bici, ma con un professionista che quando è in sella sarebbe in grado di farsi la barba per me non ha senso.

Quindi macchinari…

Sì. Partiamo dal presupposto che quando sono in palestra “perdo” del tempo in quanto non sono in bici. Pertanto se devo fare degli esercizi devo farli per bene e per bene intendo con tanto peso. Un peso che mi faccia migliorare. Ma se carico molto, lo squat libero con il bilanciere diventa rischioso, ci si può far male. Che senso ha andare in palestra per poi magari rompermi la schiena? Con il macchinario invece posso caricare di più in sicurezza, posso allenare al massimo le mie possibilità con il minimo rischio, pertanto pressa tutta la vita.

Cosa ti ha colpito di questo “Consonni 2022”?

Posso dire che l’anno scorso c’era stata qualche problematica in più, mentre per adesso tutto sta filando liscio. Ha fatto già dei ritiri al caldo, sta bene con il peso e i test sono stati ottimi.

Nizzolo, misure (quasi) identiche: con la Factor è subito feeling

19.01.2022
5 min
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Giacomo Nizzolo (in apertura nella foto Noa Toledo Arnonphoto) si appresta ad affrontare la sua dodicesima stagione da professionista. Il milanese è approdato alla Israel – Premier Tech, dove sarà uno dei fari in assoluto e di sicuro la ruota veloce più preziosa del team.

Giacomo è un ragazzo molto tecnico, preciso sia dal punto di vista dei materiali che della preparazione e con lui vogliamo cercare di capire quanto si sia fatto sentire questo cambio di “casacca”.

La scorsa Gand andò a Van Aert. Nizzolo (a destra) fu secondo. Terzo arrivò Trentin, quarto Colbrelli
La scorsa Gand andò a Van Aert. Nizzolo (a destra) fu secondo
Giacomo, eccoci ad una nuova stagione e ad un nuovo team. Questo ha implicato anche dei cambiamenti dal punto di vista della preparazione?

Beh, diciamo che ormai ho una certa esperienza e una certa età, pertanto mi affido molto a me stesso. Le linee guida sono sempre le stesse. Anche se con i nuovi preparatori qualcosa è cambiato.

E dicci di quel “qualcosa”…

Parliamo di sfumature. Faccio un po’ più di palestra rispetto agli anni scorsi, ma la base è sempre la stessa, è semmai aumentata un po’ l’intensità a parità di periodo. Ripeto parliamo di piccole cose. Sostanzialmente sono aumentati un po’ i carichi. E anche in bici tendo a fare qualcosa di più “corto”.

In questi mesi i tuoi colleghi velocisti ci hanno parlato molto del ricorso al bilanciere libero, del fare pesi senza utilizzare i macchinari: anche per te è così?

Sì, il bilanciere è una cosa che ho sempre utilizzato senza la guida, perché è più reale e la muscolatura lavora in modo più completo nello squat.

Con voi professionisti di alto livello si parla sempre di dettagli, c’è qualcosa che state mettendo a punto ancora?

Il discorso dell’alimentazione, per esempio, dobbiamo ancora affrontarlo, ma su questo fronte già ero abbastanza preparato sin dagli anni scorsi. Come detto, finora i cambiamenti più importanti hanno riguardato gli aggiustamenti fatti in palestra.

Hai parlato di carichi maggiori in palestra, quindi più esplosività e allenamenti più corti: sei d’accordo con questa linea?

Sì, sono il velocista della squadra e devo concentrarmi sulle volate, ma al tempo stesso non mi reputo uno sprinter puro, per questo mi sono posto anche altri obiettivi come le classiche. Vorrei fare bene, quindi non devo tralasciare l’aspetto della tenuta sulla distanza.

Ti riferisci a qualche classica in particolare?

Sapete, dopo il secondo posto della Gand l’anno scorso stavolta vorrei vincerla! Poi ci sono la Sanremo e un po’ tutte le classiche del Belgio e del Nord, ad esclusione della Roubaix.

Squadra nuova dicevamo, stai già lavorando ad un tuo treno?

Assolutamente sì, avrò l’ottimo supporto di Matthias Brandle, Rick Zabel e Alex Dowsett… Tre nomi importantissimi per me. E infatti cercheremo di fare il più possibile lo stesso programma, di correre insieme. Abbiamo già fatto delle prove in allenamento, ma la gara è tutt’altra cosa.

Giacomo, passiamo anche ai materiali. Oltre alla bici, cosa hai cambiato?

Sostanzialmente la bici, le ruote e il manubrio. Scarpe, sella e pedali, i tre punti di appoggio, sono sempre gli stessi.

E della tua nuova Factor che sensazioni hai?

Che è molto leggera e le prime sensazioni sono state subito positive, anche perché di fatto sono riuscito a riprodurre le mie stesse misure. Il solo cambiamento che c’è stato ha riguardato il manubrio. Davanti sono un po’ più basso di un paio di millimetri.

Come mai? Scelta tua? Senti la differenza?

Non è stata una mia scelta, semplicemente con questo modello di manubrio andavo a finire così. Sono “a battuta”, tra attacco e tubo di sterzo. Se avessimo inserito uno spessore sarei stato troppo alto. La differenza non la sento, anche perché questo manubrio mi ha consentito di sistemare diversamente le leve, sulle quali posso muovermi abbastanza. Se poi uno va a vedere, finisce che magari qui sono più alto che in passato!

Perché il manubrio è diverso in quanto a misure?

Sì, leggermente. Anche nella larghezza. L’anno scorso ne utilizzavo uno particolare che aveva una larghezza diversa tra la parte alta e quella più bassa. Ma con questo comunque mi trovo bene lo stesso.

E poi avete il nuovo gruppo Shimano?

Sì, ma la guarnitura è la Rotor, la stessa che avevo anche lo scorso anno, una bella casualità. Come rapporti ho scelto il 54-42 davanti.

Hai cambiato anche marchio di gomme?

Sì, sono passato a Maxxis, la sensazione è che siano delle coperture molto scorrevoli, ma vedremo nel corso dell’anno. Per ora ho scelto dei tubolari da 25 millimetri.

Coach Mattiussi su Olivo: il motore e il perché della rinuncia al cx

18.01.2022
5 min
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Bryan Olivo resta l’argomento del momento a quanto pare. Il talento friulano è stato più volte chiamato in causa, soprattutto per il fatto che quest’anno non ha corso nel cross dove sembrava essere un predestinato dopo la conquista del tricolore juniores della passata stagione. Bryan è passato al CTF e tra i suoi preparatori c’è anche Alessio Mattiussi (i due sono insieme nella foto di apertura).

Alessio segue Bryan già da un po’, in quanto lo stesso team di Roberto Bressan aveva posto l’attenzione sul ragazzo, lui pertanto potrà darci delle indicazioni concrete da un punto di vista tecnico. Che motore ha? È tagliato per la strada? Oppure può fare molto bene anche su pista e nel cross?

Si dice che sia fortissimo per la strada, forte per la pista e per assurdo meno portato per il ciclocross. Proprio da questi “dubbi” partiamo con Mattiussi.

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Alessio, abbiamo visto Olivo impegnato in questi anni su più fronti. Qual è secondo te quello dove potrà fare meglio?

Bryan per tanti anni ha corso nel cross e nella strada, dall’anno scorso ha provato anche la pista. La sua vecchia squadra, l’UC Pordenone, giustamente gli ha fatto provare più discipline e forse lui è uno degli atleti più multidisciplinari che abbiamo. Su strada si è mostrato molto generoso, ha corso spesso all’attacco. Ma io sono convinto che con le sue qualità di endurance tra i dilettanti possa fare ancora meglio, perché negli juniores le gare sono più brevi, il modo di correre è più “intermittente”. Anche se quell’argento ai mondiali su pista conta abbastanza.

Come mai non è stato fatto gareggiare nel cross?

Non volevamo appesantirlo troppo. Ricordiamoci che lui adesso è un primo anno. I ragazzi hanno anche la scuola e mettere troppa carne al fuoco può essere controproducente. Noi vogliamo dargli tempo. Non è detto poi che il prossimo anno qualche gara di cross non possa farla, chiaramente programmandola a dovere.

Che caratteristiche ha il motore di Olivo?

È un corridore molto endurance, ripeto, ma analizzando i suoi dati nell’inseguimento, quindi in quei 4′ circa, si è visto che può andare molto forte anche sotto questo punto di vista, anche pensando alla sparata. Di sicuro non è un ragazzo superveloce e neanche uno scalatore. Però in salita si difende bene. Io lo definirei un passista-scalatore.

Quanto è alto e quanto pesa?

È alto 1,80 metri per 66,5 chili.

Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
In pratica l’identikit perfetto che cerca Pontoni!

In effetti fisicamente è cresciuto molto quest’anno. Negli ultimi tre anni ha avuto un grande sviluppo, ma sono certo che trarrà grandi benefici da questo inverno. Non ha fatto il cross, è vero, ma ha lavorato molto sulla base aerobica e anche in palestra.

Prima, Alessio, hai parlato di endurance, ma come fai a capire che sono queste le sue qualità migliori?

Come preparatore il potenziometro è la nostra fonte di dati principale. Dati che assumiamo in modo costante, anche in gara, cosa che fino a qualche anno fa non era possibile. E altri strumenti ci consentono di incamerarne altri, penso per esempio alla pressione o alle pulsazioni prese al mattino. Più dati abbiamo e meglio è per il futuro. Oggi moltissimi juniores utilizzano il potenziometro, a volte anche troppo, però questo permette di verificare la crescita dell’atleta e i suoi miglioramenti. Come lo vediamo: analizzando la sua curva di potenza. Da questa emergono pregi e difetti.

E come si comporta in questo caso la curva di Olivo?

Capiamo che sia portato per l’endurance perché dopo un certo periodo di sforzo la sua curva non va mai in picchiata. Se a questo aggiungiamo che sui 10 secondi non ha valori altissimi, possiamo dedurre che sia più portato per gli sforzi prolungati.

Quindi ha ragione Bressan: in teoria nel cross non servono queste attitudini di endurance, o quantomeno non sono quelle che ti fanno emergere a livelli mondiali… Ma torniamo a noi, Alessio: tu che Olivo lo conosci già da un po’ cosa gli piace di più?

Devo dire che la prestazione in pista lo ha colpito parecchio. Bryan è cresciuto nel cross e di certo questo gli è rimasto nel cuore, però si è fidato del nostro giudizio e non ha avuto ripensamenti. Con il campionato italiano a Variano in casa, magari un pensiero ce lo ha fatto, ma è anche consapevole che adesso sta entrando nel mondo vero del ciclismo. Noi del Team Friuli, come sapete, facciamo spesso delle competizioni all’estero ed è quello il mondo che dovrà affrontare.

Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Che Olivo vedremo in questo 2022?

Adesso Bryan è in Spagna con il team, l’idea è quella di partire bene, di farsi vedere subito. Come ho già detto, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un ragazzo di primo anno, che deve ancora completare la sua crescita e che ha anche la scuola, cosa che per noi è importante. Lo vedremo all’attacco. E dopo la scuola lo vedremo ancora di più. Al CTF abbiamo l’idea di fargli fare qualche corsa a tappe… una volta finita la scuola.

Bryan è cresciuto, questo vi ha fatto rivedere anche la sua posizione in bici? E lo avete ottimizzato per la strada in qualche modo?

Sì, da quando lo abbiamo preso sotto la nostra ala, in parallelo alla preparazione, c’è stata la sua messa in bici. Certamente qualche accortezza nel passaggio dal cross alla strada c’è stata, penso alla posizione un po’ più aerodinamica. Però il lavoro con lui è stato costante: tre volte l’anno lo vedevamo e tre volte l’anno adeguavamo le misure alla sua crescita.

Olivo forte su strada e su pista: vedi delle analogie con Jonathan Milan?

Jonathan è Jonathan! Lui è diventato campione olimpico ed è ancora giovanissimo. Va detto che anche Jonathan è emerso alla fine del primo anno da dilettante ed è esploso durante il secondo. Da juniores ha vinto “poco”…  e chi lo sa!

Proviamo a capire meglio come lavora Pogacar

29.12.2021
5 min
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Un po’ di mistero, come quello dello chef che difficilmente svelerà nei dettagli la ricetta migliore. Così Inigo San Millan, preparatore di Tadej Pogacar (in apertura nella foto di Alen Milavec), accetta di parlare della preparazione del suo pupillo, evitando tuttavia di scendere nei dettagli. Lo strappiamo per qualche minuto alle vacanze di famiglia con le nostre domande. Così, in attesa di chiedere direttamente allo sloveno, ecco un primo assaggio del modo in cui si allena il vincitore degli ultimi due Tour, della Liegi e del Lombardia.

Inigo è basco e lavora all’università di Denver. Il suo ruolo è coordinare il lavoro dei preparatori del UAE Team Emirates, ma ha tenuto per sé Hirschi, Ayuso e appunto Pogacar.

Pogacar preferisce uscire da solo in allenamento (foto Alen Milavec)
Pogacar preferisce uscire da solo in allenamento (foto Alen Milavec)
Il lunedì dopo la corsa, che cosa prevede il suo programma?

Normalmente un giorno di riposo.

Come è organizzata la settimana di Pogacar? Ci sono lavori specifici ogni giorno?

Sì, strutturo gli allenamenti sugli obiettivi bioenergetici (parla dei fattori che influenzano direttamente la prestazione, come il massimo consumo di ossigeno, la massima potenza metabolica, il costo energetico, ndr).

Quindi?

Alcuni giorni alleniamo specificamente la capacità ossidativa che migliora l’ossidazione dei grassi (bruciandoli), la funzione mitocondriale e la capacità di eliminazione del lattato. Altri giorni stimoliamo la capacità glicolitica (il Turbo, le reazioni che aiutano a estrarre energia dal glucosio, ndr) che è fondamentale per il ritmo della competizione. In altri giorni infine stimoliamo la capacità anaerobica e in altri solo il recupero.

E’ previsto un giorno di riposo durante la settimana?

Normalmente sì, ma dipende dalla struttura di quella settimana e dal calendario delle gare che Tadej ha appena fatto o che stanno per arrivare.

Si allena con Urska Zigart, sua futura moglie, nei giorni di scarico (foto Instagram)
Si allena con Urska Zigart, sua futura moglie, nei giorni di scarico (foto Instagram)
Tadej ha la libertà di improvvisare la scelta dei percorsi o alla luce del programma di lavoro ci sono già dei percorsi individuati?

Di solito non improvvisiamo la struttura degli allenamenti, ma Tadej ha la libertà di scegliere le sue strade preferite.

Porta con sé qualcosa da mangiare o si ferma per strada?

La nutrizione è importante per l’allenamento. Abbiamo un grande nutrizionista, Gorka Pietro, e comunichiamo tutto il tempo. Quindi la dieta di Tadej è progettata specificamente in base al suo allenamento quotidiano. A volte ha bisogno di fermarsi e prendere del cibo extra in alcuni giorni specifici.

Pranza quando torna a casa, anche se si allena intorno all’ora di pranzo? Oppure mangia solo poche cose aspettando la cena?

Come già detto, la sua alimentazione è studiata appositamente per tutti i giorni, in base ai suoi allenamenti.

Gli capita di allenarsi con Urska, la sua compagna?

Sì, soprattutto nei giorni di scarico di entrambi.

Fa massaggi ogni giorno?

In gara sì, con Joseba Elguezabal, suo massaggiatore personale. Durante gli allenamenti normalmente no, solo quando necessario. Tuttavia, durante i ritiri anche Joseba è sempre con lui.

Pomeriggio in palestra oppure stretching a casa?

Abbiamo programmi specifici di core e stretching da eseguire dopo l’allenamento e più volte alla settimana.

Pogacar risiede a Monaco e si allena tra il Principato e la Slovenia (foto Instagram)
Pogacar risiede a Monaco e si allena tra il Principato e la Slovenia (foto Instagram)
Quante distanze fa durante la settimana? Quante ore?

Dipende dallo specifico sistema bioenergetico che vogliamo prendere di mira, dal tempo del macrociclo e dal calendario.

Usa solo il misuratore di potenza durante l’allenamento o viene controllato anche il consumo di glucosio nel sangue?

Riceviamo un’enorme quantità di informazioni dal misuratore di potenza e da numeri esterni ai misuratori di potenza, che uso per monitorare il suo allenamento, la sua progressione e l’assimilazione dei nutrienti.

Quante volte usa la bici da crono durante la settimana? In quali giorni?

Dipende. Ad esempio, quando si prepara per una crono, si allena per uno o due giorni sulla bici speciale.

Si allena anche dietro moto? Quante volte alla settimana?

Normalmente è lui la moto (ride e glielo concediamo, ndr).

Guardando i dati, si allena spingendo forte o non raggiunge mai il massimo?

Ho una metodologia specifica per comporre la sua specifica intensità di allenamento, in base ai suoi parametri metabolici e ai sistemi bioenergetici che vogliamo raggiungere. Ogni giorno è diverso e mirato in modo specifico.

Nonostante gli schemi, Pogacar è libero di… giocare. Qui vince il cross di Lubiana (foto Alen Milavec)
Tanti schemi, ma Pogacar può… giocare. Qui vince il cross di Lubiana (foto Alen Milavec)
Simula mai il passo gara in allenamento con i compagni?

Sì, durante i ritiri.

Preferisce allenarsi da solo oppure in gruppo?

Da solo.

La routine quotidiana assomiglia a quella delle gare?

Anche in questo caso, la gestione della giornata di allenamento è diversa e specifica per le singole necessità energetiche, sia per la nutrizione sia per il tipo di lavoro. A volte la sua alimentazione è simile a quella delle gare e altre sono diverse. Il nostro nutrizionista Gorka controlla sempre questi parametri e rimaniamo in contatto tutto il tempo per comporre sia l’allenamento che la nutrizione.

Ci sarebbero altre duemila domande, soprattutto di ordine pratico. Desta curiosità il continuo richiamo ai sistemi bioenergetici. Quello anaerobico alattacido. Il sistema aerobico glicolitico. E quello aerobico lipolitico. Il resto lo chiederemo magari a lui, per capire come si muova in questa routine e come essa venga tradotta in esercizi di più facile lettura. Di certo per continuare a veleggiare a certe quote, non c’è nulla che possa essere improvvisato.