I “mezzi alternativi” nel giorno di scarico

14.08.2023
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Utilizzare un “mezzo alternativo” nel giorno di scarico: il variegato mondo della preparazione propone anche questo. In frontiere sempre più evolute, che cercano il capello, non sono pochi gli atleti che nel giorno del riposo attivo scelgono di salire su una Mtb, sulla bici da crono o in qualche rarissimo caso anche di nuotare (vedi Wurf che spesso è impegnato nei suoi triathlon) o chi inforca la gravel bike.

Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan
Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan

Andare piano

Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan ci spiega i perché di tali scelte. «Partiamo dal presupposto che il giorno di scarico e quello di riposo totale sono importanti, se non di più, dei giorni di allenamento o di carico, perché se non recuperi bene poi anche i successivi lavori non verranno bene, né si assimileranno quelli precedenti, quindi qualsiasi attività si faccia questa va intrapresa bene.

«Se mezzi alternativi alla bici da corsa – spiega Notari – come la Mtb o la bici da crono piacciono è giusto usarli. Oggi rispetto a qualche anno fa è diverso. Si è più aperti a certe variazioni. Una volta non si doveva camminare, stare in piedi… Oggi una camminata di 30′ si può anche fare. Ma certo se nel bel mezzo della stagione si fa una scarpinata in montagna o si va a correre non è il massimo. Parliamo sempre di uno sport di elite, estremamente specifico».

«Mtb, gravel e bici da crono vanno benissimo, a patto che, soprattutto in mtb, non si faccia troppo dislivello. Perché per quanto si vada piano, alla fine le salite specie quelle offroad, fanno faticare. E lo stesso vale per la bici da crono, ma in relazione alla velocità. Ci si può stare anche un’ora e mezza, ma a ritmi blandi».

Riguardo al nuoto Notari non si dice contrario, ma anche in questo caso vige la regola delle basse intensità. «E conta molto l’attitudine che ha il corridore con il nuoto, perché se è bravo e lo fa abitualmente può anche starci una nuotata, altrimenti meglio evitare. Specie se si è nel pieno della stagione. Sarebbe un gesto troppo diverso».

Gli “altri” muscoli

E quest’ultimo concetto relativo al nuoto ci proietta verso il tema dell’utilizzare muscoli differenti. Quali vantaggi ci sono nel salire in sella ad una bici da crono, ad una Mtb o, come accade sempre più spesso, in sella ad una gravel?

Anche se la gravel in virtù di una posizione pressoché identica a quella da strada è la migliore per certi aspetti, come quello mentale e la tecnica di guida, è meno efficiente per altri, come quello muscolare… se si ha l’obiettivo di variare chiaramente.

«Il vantaggio – prosegue Notari – è quello di variare la propria attività abituale. Si dice che vengono chiamati in causa altri muscoli, ma questa definizione non è precisa. Se utilizzo la bici da crono o la mtb i muscoli sono quelli, ma in virtù di angoli diversi possiamo dire che gli stessi muscoli vengono utilizzati in maniera differente. In Mtb, ma tutto sommato anche con la bici da crono, stando più avanzati si utilizzano di più i quadricipiti».

Notari insiste soprattutto sulla bici da crono. Secondo lui utilizzarla nel giorno di scarico è importante in quanto l’atleta si abitua a cambiare bici: un passaggio utile nelle corse a tappe. Il giorno dopo la crono infatti non è raro che i corridori ne risentano, che abbiano dolori ai muscoli e se si tratta di uomini da corse a tappe, non va chiaramente bene. Ma non va bene neanche se si è dei cacciatori di tappe e il giorno dopo la crono c’è una frazione adatta a quel corridore che sia un attaccante o un velocista.

Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)
Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)

Dai muscoli alla mente

Ma come ci spiegava recentemente Germani (e non solo lui), o ascoltando in passato i racconti di Ballerini, utilizzare un altro mezzo, in questo caso la Mtb, è anche uno scarico mentale. Non a caso per la foto di apertura abbiamo scelto Germani durante un’escursione zaino in spalla con la ruote grasse. Si percorrono nuove strade, non è quello il “proprio sport” e tutto si vive in modo diverso. In molti casi non si utilizzano né cardio, né potenziometri.

«Utilizzare un altro mezzo – dice Notari – è anche uno scarico mentale e va bene. Spesso si pensa che noi preparatori lobotomizziamo i ragazzi con i numeri e tabelle… ma perché tutto funzioni ci vuole la testa, la motivazione e questa si trova anche così. Altrimenti se contassero solo i numeri, basterebbe capire chi ha la soglia più alta e si potrebbe stilare l’ordine d’arrivo già prima del via.

«Va bene quindi utilizzare un mezzo alternativo, in questo caso mi riferisco più alla mtb che varia di più rispetto al quotidiano. Ma vado oltre, se un atleta conosce bene questo mezzo, può anche farci dei lavori specifici o uscite di endurance (vedi Ballerini, ndr). Ben venga dunque il mezzo alternativo a livello di testa».

Milan “poco brillante”? Fusaz ci spiega perché

10.08.2023
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Ne avevamo parlato direttamente con Jonathan Milan e lo stesso friulano ha ribadito il concetto dopo l’inseguimento iridato: «Sono stanco. Ho fatto fatica a recuperare dopo il Giro d’Italia». Il tutto con un bronzo al collo! Il che non può che farci ben sperare. Pensiamoci un po’: se a 23 anni, dopo aver preso parte al tuo primo grande Giro, con giusto una manciata di giornate in pista per allenarti arrivi terzo in un mondiale, il bicchiere è decisamente mezzo pieno.

Tuttavia con il suo coach, Andrea Fusaz abbiamo voluto analizzare meglio la situazione del “Jonny nazionale” e capire meglio il perché di questo recupero lento e di questa stanchezza latente rimasta nelle sue gambe.

Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale
Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale

Il primo GT

Fusaz fa un discorso semplice, ma al tempo stesso importante, che lega il grande Giro alla stanchezza delle gambe, ma anche a quella mentale. E c’è un aspetto che in tutto questo discorso resta sempre centrale. E questo aspetto non è tanto il grande Giro, quanto il primo grande Giro. Una differenza fondamentale.

«Sicuramente – spiega Fusaz – Milan non aveva la stessa brillantezza che si può avere prima di un grande Giro, ma tutto ciò per me è normale, tanto più alla sua età. Jonathan è partito per la corsa rosa senza pressioni, nessuno gli ha chiesto nulla. Poi è stato lui stesso a mettersele a suon di risultati, con la vittoria, la maglia ciclamino… tutto ciò lo ha portato a tirare un po’ troppo la corda non solo fisicamente». Gli mancava cioè quel guizzo che ti fa andare oltre i tuoi limiti.

Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo
Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo

Calo fisiologico

Secondo Fusaz la stanchezza mentale incide quando non si “performa” – come si dice adesso – o almeno non lo si fa a livelli che vanno oltre certi limiti. Perché comunque va ricordato che Milan non è andato piano. A Glasgow si è espresso su standard molto alti ed importanti. E parlano i risultati: terzo con un 4’05″868.

«A volte – riprende Fusaz – ci si dimentica che siamo di fronte a degli esseri umani e non a delle macchine. Tecnicamente Milan non era stanco, altrimenti non sarebbe riuscito a fare ciò che ha fatto. Come ho detto, era meno brillante.

«Non cambierei nulla del suo post Giro. Abbiamo rispettato le tempistiche necessarie. Dopo il tempo di recupero bisognava riprendere a lavorare per gli obiettivi successivi, però è chiaro che se esci stanco ci metti un po’ di più a ritornare al top. Ma torniamo al solito discorso, al punto di partenza: Milan era al primo grande Giro. In più bisogna considerare che a metà stagione è più difficile recuperare. Non è come lo stacco d’inverno in cui puoi stare davvero due settimane senza fare nulla totalmente.

«E’ fisiologico per un ragazzo della sua età, al primo grande Giro pagare un po’. Non stiamo parlando di un ragazzo di 28-30 anni che di Giri ne ha fatti già due, quattro o sette… Jonathan si è ritrovato di fronte ad un carico di lavoro enorme per 20 giorni per la prima volta e per di più con degli obiettivi importanti». Non poteva mollare, come invece hanno potuto fare altri “girini”».

Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo
Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo

Guardando avanti

Questo non vuol essere un processo. Il ricordo va ai mondiali di Roubaix 2021 quando Ganna fu terzo nell’inseguimento individuale e tutti restammo scioccati. Lo stesso Villa ha ricordato quell’episodio. Tra l’altro a giocarsi l’oro ci andò proprio Jonny!

«Sento parlare di certi risultati quasi come se fossero negativi – dice Fusaz – ma alla fine siamo stati secondi al mondo nel quartetto, primi e terzi nell’individuale. La Danimarca aveva atleti che fanno solo pista. I nostri vengono dalla strada e questo conta… Siamo ad eventi di portata mondiale: qualcuno che ti mette la ruota davanti lo puoi anche trovare».

Il quadro di Fusaz va a braccetto con le parole del cittì Marco Villa, il quale pensando alle Olimpiadi del prossimo anno ha già indicato la via: dopo il Giro tutti all’appello da lui. E’ chiaro che il tutto rientra in un programma più generale. In cui si progettano con ampio anticipo certi “macrocicli” di lavoro. Queste esperienze, vedi il Ganna sfinito a fine 2021 o il Milan poco brillante dopo il Giro di quest’anno, non fanno altro che tracciare la via. Quella giusta chiaramente.

Al top per Glasgow. Colbrelli punta sulla freschezza mentale

03.08.2023
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OPOLE – Si parla molto della condizione con la quale i corridori arriveranno al mondiale di Glasgow. Di solito la preparazione è molto più lineare e si sfrutta la Vuelta. Stavolta c’è il Tour de France, ma le due gare a quanto pare non sono proprio la stessa cosa. La prova francese è più snervante.

In più il percorso scozzese non è così duro. Sì, alla fine propone oltre 3.000 metri di dislivello, ma la disposizione dello stesso agevola i corridori più “pesanti”. E’ lecito dunque pensare se possa essere il viatico migliore per la prova iridata.

Qualche giorno fa Alessandro Ballan ci ha detto che chi esce dal Tour ha un’altra gamba – e questo è innegabile – ma poi ha aggiunto un aspetto che ci ha fatto riflettere: l’ultimo che ha vinto il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Mads Pedersen. E guarda caso il percorso era piuttosto simile. Questi dubbi li abbiamo “girati” a Sonny Colbrelli, il quale è con Valsir sulle strade del Tour de Pologne.

Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Sonny, ma dunque è davvero fondamentale passare dal grande Giro in vista del mondiale? O si può arrivare bene a Glasgow anche  intraprendendo altre vie?

I corridori sono diversi l’uno dall’altro. Io, per esempio, riuscivo ad allenarmi bene in altura: ne uscivo con una gamba da Tour de France o quasi. Altri invece hanno bisogno di più gare. E’ indubbio che qui al Polonia chi è uscito dal Tour abbia un’altra gamba. Prendiamo Almeida, va forte, ma non è super brillante, come Majka, Mohoric o Kwiatkowski.

Chiaro…

Certo, il grande Giro ti dà una grande condizione: una condizione con la quale non dico che arrivi a fine stagione, ma quasi. Molto dipende però da come lo si è fatto. Vingegaard chiaramente ha speso tutte le cartucce, altri no. E se sei riuscito a risparmiare qualcosa, può darti molto.

Tu hai nominato tre corridori che qui al Polonia stanno brillando, ma dalla fine del Tour c’è stata una settimana di riposo, poi la settimana del Polonia, appunto, e domenica si corre il mondiale: la condizione non è infinita…

No, non è infinita, ma come ho detto conta molto come si è usciti dal Tour che è dispendioso sia di gambe che di testa. Io avrei fatto il grande Giro, finito quello di nuovo l’altura e poi il mondiale. Ma mi rendo conto che non è facile ripartire per l’altura dopo un grande Giro. Mi ricordo che nel 2021 ho finito il Tour de France, sono stato cinque giorni a casa e poi mi sono diretto a Livigno e ci sono rimasto un mese. Quella è stata la mia mossa vincente.

In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
Stavolta non ci sarebbe stato neanche il tempo per andare in altura dopo il Tour. Semmai bisognava farlo dopo il Giro. Ma torniamo a cose più concrete: questo mondiale non è durissimo, magari anche arrivarci con più brillantezza, più forza esplosiva facendo altre gare può essere vantaggioso?

Una corsa come il Polonia può essere un ottimo viatico per Glasgow. Bene o male le tappe sono abbordabili. Le strade sono larghe, non c’è stress a parte nei finali, dove se vuoi ti puoi staccare. Puoi a fare il tuo lavoro senza appesantirti. 

Prima hai detto che uno come Vingegaard, o comunque un corridore che punta alla classifica, ne esce sfinito, ma altri possono risparmiarsi. Ti riferivi a qualcuno in particolare?

A Van der Poel. Lui si è messo a disposizione del suo capitano, Philipsen, per le volate e, a parte due o tre tappe in cui si è mosso per dare un po’ di spettacolo, non ha speso troppo. La sua testa era al mondiale. Penso che VdP quest’anno ha una grandissima occasione, tra l’altro è già salito sul podio in quel circuito quando Trentin ha vinto l’europeo. Il mondiale per lui sarebbe la ciliegina sulla torta di una stagione d’oro. E poi la squadra è tutta per lui. I belgi invece sono due: c’è Remco e c’è Van Aert, che al Tour, anche se si è ritirato ha speso più di Van der Poel.

Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Ballan ci ha fatto notare che l’ultimo a vincere il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Petersen. Il percorso di Glasgow non è troppo diverso: magari rispetto ad altre volte il grande Giro potrebbe essere meno importante?

In parte sì, specie dopo un Tour de France corso come negli ultimi anni: sempre a mille, resta nelle gambe. Ma se il corridore riesce a smaltirlo, può aiutarti per un altro paio di settimane. Quello che più conta però è un’altra cosa.

Quale?

La freschezza mentale. Il mondiale è anche una gara lunga e non conta solo essere veloci o arrivare con la gamba ancora buona. E’ importante la freschezza mentale con cui si arriva all’appuntamento clou, l’ho capito sulla mia pelle. Ed è’ quello che ho fatto nell’ultimo anno in cui ho corso. Prima mi sfinivo, mi mettevo delle pressioni addosso da solo, poi ho iniziato a pensare diversamente. «Sono alla Roubaix, all’Europeo, all’italiano – mi dicevo – ma alla fine sono corse come altre: come vanno, vanno… Il prossimo anno ce ne sarà un’altra». 

Come abituarsi al grande caldo? Ce lo spiega “doc” Pollastri

02.08.2023
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OPOLE – Quando si va al di sopra dei 30 gradi le cose cambiano di netto per i corridori. E’ quel che abbiamo visto al Tour de France (il caso Pogacar è forse il più emblematico) e in molte gare di questo scorcio di stagione. Abituarsi al caldo pertanto è fondamentale per evitare il temuto calo di prestazioni.

Nell’era del ciclismo che nulla lascia al caso, i corridori curano anche questo aspetto. Il dottor Luca Pollastri, della Jayco-AlUla, ci spiega quali metodi applicano gli atleti della sua squadra per ovviare a questa problematica.

Luca Pollastri, medico della Jayco-AlUla
Luca Pollastri, medico della Jayco-AlUla
Dottor Pollastri, qui in Polonia non fa caldo, però veniamo da corse in cui il solleone si è fatto sentire. Lo abbiamo visto al Tour de France, dove c’è stato soprattutto un elevato tasso di umidità: ebbene come si abituano i corridori al caldo? Si fanno degli allenamenti specifici? 

C’è gente che in passato si è anche allenata in sauna, ma noi non l’abbiamo fatto. Tuttavia abbiamo impostato delle strategie che prevedono una sorta di acclimatazione, o comunque di adeguamento al caldo, utilizzando ad esempio la sauna nell’arco della giornata (ma senza bici, ndr) oppure utilizzando le ore più calde per uscire proprio per simulare le condizioni che si troveranno in gara. Si creano degli adattamenti i cui benefici poi si sentono durante la competizione.

L’abbigliamento gioca un ruolo sempre più importante sia per l’aerodinamica che per la termoregolazione. Ci sono maglie e pantaloncini sempre più sottili e traspiranti. Magari i corridori si allenano con qualcosa di leggermente più pesante per poi indossare appunto quei capi leggeri in corsa?

No, questo devo dire che non ci è capitato. Piuttosto si evita di avere tutte quelle accortezze che si hanno invece in gara. Quei comfort a vantaggio dell’atleta per il caldo appunto.

Quali?

Penso alle “ice socks”, le calze con i cubetti di ghiaccio, che il corridore posiziona normalmente nella regione cervicale dentro la maglia. Oppure all’attenzione che lo staff dedica alla temperatura delle borracce, che sono sempre fresche. Sono portate ad una temperatura tendenzialmente controllata all’interno dei frigo box che abbiamo nelle macchine. Penso alla temperatura sul bus… Tutte cose che non si curano durante gli allenamenti quando i ragazzi non hanno il supporto dello staff. Quindi in allenamento l’acqua sarà un po’ più calda, non avranno il ghiaccio da mettere sulla schiena, non riposano in ambienti ideali… Sono piccole cose che mettono il corpo sotto stress. Stress, che al contrario cerchiamo di evitare o ridurre al minimo durante la competizione.

Tutti i team, qui la Groupama-Fdj, quando fa caldo in corsa distribuiscono le borracce e le calze di ghiaccio
Tutti i team, qui la Groupama-Fdj, quando fa caldo in corsa distribuiscono le borracce e le calze di ghiaccio
Una curiosità dottore, perché quelle calze col ghiaccio si mettono nella zona cervicale? C’è una motivazione specifica?

Perché è una delle zone sicure, non reca danni all’intestino o ad altre parti sensibili. E’ anche una zona che fa percepire un maggior senso di freschezza. E poi la questione è anche molto pratica: questi ragazzi sono in bicicletta, quindi di fatto non abbiamo poi tutti questi punti dove metterle. La zona cervicale pertanto è una posizione comoda dove metterle. Senza contare che, banalmente, il ghiaccio che si scioglie cola verso la parte bassa della schiena e l’area interessata al fresco si allarga e quella gocciolina dà una piccola scossa. Talvolta queste calze vengono posizionate anche anteriormente, sul petto. Ma questo va parecchio a discrezione del corridore.

Quindi ci si abitua al caldo non tanto con allenamenti specifici, quanto togliendo quei rimedi che riducono lo stress.

Esatto.

E invece alla lunga per controbattere il caldo è importante recuperare bene. Vediamo spesso che si immergono nelle nelle vasche di ghiaccio…

Esatto, recuperare bene aiuta in tutto ciò. Per quel che riguarda le vasche di ghiaccio è importante farle nell’immediato post tappa. Basta immergersi per pochi minuti. Si tratta di un’immersione pressoché totale, lasciando fuori ovviamente solo la testa.

L’acqua a che temperatura è?

Le temperature sono basse ma non bassissime. Solitamente siamo un po’ sopra i 10 gradi. Il ghiaccio serve ad abbassare la temperatura dell’acqua che si ha a disposizione.

È molto importante per il recupero dal caldo trovare temperature adeguate al rientro negli hotel. I massaggiatori impostano l’aria condizionata sui 20 gradi
E’ molto importante per il recupero dal caldo trovare temperature adeguate al rientro negli hotel. I massaggiatori impostano l’aria condizionata sui 20 gradi
E quanto ci stanno?

Sui 5′-6′. Quando non si ha la fortuna di avere una vasca di ghiaccio, è ancora più importante che sia ben accogliente il bus.

Ci spieghi meglio…

Al rientro sul bus i corridori devono fare una doccia non particolarmente calda, anzi… Oltre a questo il bus ha una temperatura abbastanza fresca e adottiamo una strategia simile anche negli hotel. Ai ragazzi viene fatta trovare una temperatura definita in modo che l’impatto iniziale sia di un certo tipo, fino a che non vanno a dormire. Per questo gli chiediamo di mantenere l’aria condizionata accesa. Aria che poi devono spegnere nel corso della notte.

Di che temperature parliamo?

Sui 20 gradi, anche se poi dipende un po’ anche dalla temperatura esterna (più è alta e più si alza quella interna, ndr). Quindi direi tra i 20 e i 22 gradi.

Niente Grande Boucle? La Eolo-Kometa fa così…

14.07.2023
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Luglio senza Tour: va avanti il nostro viaggio tra le squadre che non sono in Francia. Dopo aver ascoltato la Corratec-Selle Italia e la Green Project-Bardiani ecco la Eolo-Kometa. A fare gli onori di casa è ancora una volta un direttore sportivo, Giovanni Ellena.

Il tecnico piemontese era uno dei pezzi storici della compagine di Gianni Savio ed è arrivato quest’anno alla corte di Basso e Contador. L’esperienza però di certo non gli manca e ci illustra come stanno affrontando questo mese.

La Eolo-Kometa in ritiro sulle strade della Valtellina (foto Instagram)
La Eolo-Kometa in ritiro sulle strade della Valtellina (foto Instagram)

Più ritiri meno gare

Rispetto alle due precedenti formazioni, la sensazione è che in casa Eolo si punti più sulla preparazione in generale che non sulle corse. Corse che comunque non mancano, sia chiaro. Dopo il Giro d’Austria i ragazzi di Ellena torneranno a mettersi il numero sulla schiena il 25 luglio alla Prueba Villafranca.

«Nella parte centrale di questo mese – dice Ellena – sono andato a Bormio a seguire i ragazzi in ritiro. C’erano Stefano Zanatta e Biagio Conte, quest’ultimo è fisso lassù, ma volevo fare un salto anche io. Poi mi sposto proprio in questi giorni al Giro della Valle d’Aosta, corsa alla quale sono legato e che mi piace seguire».

E al Valle d’Aosta Ellena troverà anche i suoi ragazzi: c’è infatti la continental della Eolo-Kometa impegnata in questa dura corsa internazionale.

«Vado a Bormio e al Valle d’Aosta anche perché quest’anno alla fine li ho vissuti poco i ragazzi. Quando sono andato a firmare il contratto in Spagna il primo ritiro era già finito praticamente, quindi questo è il primo training camp che vivo con loro.

«E poi credo che stare sul campo, a contatto con i ragazzi sia fondamentale. Ci sono cose che non emergono in una telefonata. Non li vedo in faccia. E’ vero, ci sono le videochiamate, ma non è la stessa cosa. Invece dal vivo, magari dopo tre caffè, oppure una birra, esce qualcosina di più. Si ha qualche percezione di qualcosa che magari ti sei perso per strada».

Giovanni Ellena è da questo inverno un direttore sportivo della Eolo-Kometa
Giovanni Ellena è da questo inverno un direttore sportivo della Eolo-Kometa

A tutta Europa

E poi ci sono le gare. Gli Eolo correranno praticamente in tutta Europa: dalla Spagna alla Repubblica Ceca. Però nel complesso fanno qualche giorno di gara in meno rispetto alle altre due professional italiane. Per esempio non sono in Cina.

«Il discorso – riprende Ellena – è che abbiamo corso fino a fine giugno. Una stagione già molto intensa e nella quale siamo anche riusciti a portare a casa discreti risultati. C’è dunque bisogno di uno distacco, un punto morto in cui recuperare e “fare il punto” in vista del resto della stagione. Ed è giusto farlo nel mese di luglio, in cui c’era il giusto numero di corse».

«Si tirano un po’ le somme tra chi ha corso di più, chi è stato male, chi sta bene. Si mettono sul piatto tutte le problematiche».

La Eolo in questo luglio ha corso solo al Giro d’Austria
La Eolo in questo luglio ha corso solo al Giro d’Austria

Oltre il Tour

Recupero, lavoro e qualche corsa: è questa dunque la ricetta di luglio in casa Eolo-Kometa. Alla fine il Tour sta lì e per molte squadre è quasi un bene che ci sia questo evento “spacca-stagione”. Si ha davvero modo di ripartire e preparare al meglio gli obiettivi che sono concretamente raggiungibili.

«Alla fine – conclude Ellena – a noi il Tour non toglie nulla. O sei una professional di alto livello, strutturata in un certo modo, e ce ne sono due o tre al mondo, vedi Israel-Premier Tech, Lotto-Dstiny o Total Energies, o altrimenti è inutile andarsi a cercare delle grane.

«Già riuscire a fare bene il Giro d’Italia con otto uomini non è facile, figuriamoci ad un Tour de France. È impensabile. A meno che all’improvviso non cambi qualcosa, hai tanti soldi in più e lavori bene… Penso alla Uno-X, che adesso è ad un buon livello».

Overtraining in altura (e la non-menata di Ganna)

28.06.2023
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Altura, caldo e allenamento: argomento che attira sempre, specie d’estate. Oggi i corridori salgono in quota praticamente tutto l’anno, ma la stessa altura può anche essere controproducente se non la si fa a dovere. Il rischio di overtraining è dietro l’angolo.

In tempi più o meno recenti ci sono stati casi di corridori che, scesi dall’altura, non sono andati come ci si aspettava per sospetto di overtraining. Un paio di corridori italiani all’ultimo Giro, per esempio. Oppure la Zalf al Giro U23 di due anni fa e persino i corridori della Ineos Grenadiers qualche stagione addietro dopo una lunga permanenza in altura e il successivo Giro di Colombia. Per approfondire questo argomento abbiamo interpellato il preparatore Pino Toni.

Le squadre, almeno quelle più importanti, ormai si allenano spesso insieme in quota. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)
Le squadre ormai si allenano spesso insieme. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)
Pino, altura e overtraining come è possibile che le due cose coincidano?

In teoria non ci sono le condizioni per l’overtraining in altura. Quelle sono condizioni fisiologiche e non di performance e oggi i corridori in overtraining in altura non ci arrivano, almeno i top rider che sono ben seguiti, che si allenano con criterio. Poi ci può stare che non si ottengano i benefici che ci si aspettava.

Eppure il caso degli Ineos di qualche tempo fa fu eclatante…

Attenzione, non sbagliarono l’altura, trovarono chi andava più forte di loro. Adesso non conosco i valori precisi di quel ritiro, ma non erano bassi. Semplicemente per la prima volta (o quasi) avevano trovato qualcuno che andava più forte di loro.

Si era alzata l’asticella nel frattempo… eravamo a cavallo del Covid.

Esatto. Io ricordo sempre le parole di Inigo San Millan, il preparatore della UAE Emirates, quando disse che se non hai una base di 5,8 watt/chilo non vai da nessuna parte. Col tempo questa soglia si è alzata. Disse così perché in pochi ancora non avevano fatto meglio. Quest’anno, per esempio, nelle salite del Giro in cui hanno deciso di fare la corsa non sono mai scesi sotto i 6 watt/chilo, prima della selezione, degli attacchi. Magari chi era davanti andava a 6,2 watt/chilo e chi era coperto a 5.8 e anche nella terza settimana: in ogni caso parliamo sempre di valori alti.

Se ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia foto
Se ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia foto
E allora Pino, giriamo la questione: come si può lavorare male in altura tanto da finire in overtraining? Pensiamo per esempio ai fuorigiri prolungati, agli scatti…

Sostanzialmente vai in overtraining in altura, o lavori male, quando non ti sei adattato alla quota, quando non hai rispettato tempi e intensità. Per me un rischio grande è dato dal gruppo. Mi spiego: se ci sono più corridori con uno stesso programma, qualcuno che non si è ancora ben adattato o è un po’ più indietro di condizione, potrebbe esagerare nello stare con gli altri. Magari fa più fuorigiri, lavora ad intensità che non sono le sue in quel momento. E non recupera. Un altro aspetto sono i feedback dei corridori.

Cioè?

Siamo sicuri che i corridori diano sempre i feedback giusti ai loro coach? Spesso gli atleti ti dicono: «Sto bene», invece magari non è del tutto così. Forse credono di stare bene, ma queste cose oggi non dovrebbero più accadere in quanto ci sono degli strumenti fisiologici per misurare questi aspetti.

Quali?

Per esempio la varianza cardiaca (l’Hrv) o gli strumenti che rilevano la qualità del sonno… Questi dati, se incrociati con quelli degli allenamenti ti dicono molto sullo stato del corridore e del suo recupero in particolare. E poi bisogna vedere se i ragazzi sono in altura da soli o con il preparatore.

Cambia molto la presenza del coach?

Parecchio. Al netto dei valori riportati dagli strumenti, che il preparatore può vedere anche da remoto, l’allenatore sul posto vede in faccia i suoi atleti. Ci parla in modo più diretto. Nota i suoi comportamenti anche dopo le uscite. Se un ragazzo dopo pranzo scende in hotel, guarda magari una corsa in tv, parla e scherza con gli altri, è attivo… e un altro resta buttato sul letto in camera e scende solo a cena, qualcosa vorrà dire.

L’altura ormai si fa sempre: inverno ed estate. Il rischio di overtraining è lo stesso?

Dipende tutto da quello che si fa. Solitamente l’altura d’inverno è più di costruzione, di preparazione. Quella estiva di ristorazione… A parte per chi punta a Vuelta e mondiale. Nella maggior parte dei casi, chi sale in quota a luglio è gente che ha staccato a giugno, dopo il Giro, le classiche…

Restiamo sempre in tema di altura, ma più che in ottica overtraining di gestione dello sforzo. Qualche giorno fa Filippo Ganna, dopo la vittoria al tricolore crono ha detto: “Nella parte centrale potevo fare la differenza, ma con questo caldo non è mai facile. Devi fare quasi come in altura: devi abbassare di tanto i valori”. Cosa intendeva?

La macchina umana è un po’ come un motore termico e questo rende al meglio con determinate temperature d’esercizio, esattamente con la quantità di ossigeno, che in quota è minore. Pertanto la mancanza di ossigeno è paragonabile all’innalzamento della temperatura. C’è un calo prestazionale.

E se Pippo avesse insistito, si sarebbe “cotto”…

E ci sarebbe stato un calo prestazionale molto più sensibile. Bisogna pensare che con 1,5 gradi d’innalzamento della temperatura corporea interna l’organismo va in “standby”, con 2 gradi sorgono problemi molto importanti. Non a caso oggi si usa il “Core” (il sensore attaccato alla fascia del cardio, ndr) che ci dà questo valore. Personalmente non lo faccio usare molto, anche perché non avrei comunque modo d’intervenire.

Beh, con acqua addosso, maglia aperta…

Attenzione, parliamo di temperatura interna, non esterna. Tanto per restare nel paragone coi motori, se il corpo umano avesse un radiatore, okay… ma non c’è! Diciamo che Ganna è stato bravo a gestirsi, altrimenti avrebbe “fuso il motore”, sarebbe andato in blackout e di conseguenza più piano.

Carapaz e quei denti un po’ troppo stretti al Delfinato

20.06.2023
4 min
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Dopo David Gaudu ed Enric Mas è Richard Carapaz il terzo deluso del Delfinato. Il campione olimpico ha chiuso 36° nella generale ad oltre 35′ da Jonas Vingegaard. Dati preoccupanti in vista del Tour de France.

La stagione del corridore della EF Education-Easy Post è stata tutta un’altalena. Una vittoria e una battuta d’arresto. Ma se nei mesi precedenti tutto sommato le cose erano sotto controllo, adesso che il tempo stringe è allarme rosso. O quantomeno arancione.

Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano
Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano

Altalena 2023 

Carapaz ha esordito vincendo il titolo nazionale a febbraio, poi ha avuto una forte tonsillite. E’ arrivato tardi in Europa ed è quasi sempre stato costretto ad inseguire la condizione, tanto da saltare le Ardenne. Dopo i Paesi Baschi infatti c’è stato ancora uno stop per l’ecuadoriano.

Ma quando è rientrato a fine maggio ha vinto la Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes. Okay, non è una gara di primissimo piano, ma aveva dato pur sempre ottimi segnali.

Segnali che lui stesso aveva interpretato così: «Questa vittoria – aveva detto Carapaz – mi dà fiducia in vista del Tour. Adesso so di essere sulla strada buona e che devo continuare così al Delfinato».

Polveri bagnate 

E al Delfinato in effetti ha continuato ad attaccare, come del resto è nel suo Dna, ma il risultato non è stato lo stesso.

E’ stato proprio Richard ad aprire le danze tra i big sulla salita finale della quinta frazione. Salvo poi rimbalzare pesantemente. Eppure era partito bene con un secondo posto, nella seconda frazione. Ma forse sono stati proprio questi risultati a portarlo fuori strada.

In casa EF sembrano tranquilli. Voci non ufficiali hanno parlato di un calo prevedibile dopo cinque giorni di corsa a questi livelli. In fin dei conti era un bel po’ che Carapaz non si scontrava con certi avversari.

Però qualche dubbio resta, come per esempio nella tappa contro il tempo. Okay, Carapaz non è un cronoman e si trattava di una frazione per specialisti, però ha incassato oltre 2’30”, facendo peggio persino di Bernal e soprattutto di Gaudu che è meno cronoman di lui.

E nell’ultima frazione ha incassato mezz’ora, arrivando con l’ultimo gruppetto, scortato dal fido Amador e da Arcas. E’ chiaro che non era il corridore che conosciamo.

Anche la stampa sudamericana non è stata benevola. «Carapaz ha avuto grosse difficoltà, adesso avrà tempo di recuperare per il Tour?». E ancora: «Non è il Carapaz che c’era alla Movistar e che è arrivato alla Ineos Grenadiers».

Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)
Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)

Da Andorra al Tour

Dalla squadra non giungono commenti e neanche Richard ha rilasciato grosse dichiarazioni dopo Delfinato. Durante la corsa continuava a dire di lottare, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo le gambe.

Tuttavia una chiave di lettura corretta si può ricostruire dalle parole di Nate Wilson, performance manager della EF. Wilson sostanzialmente aveva detto che Carapaz e i suoi compagni avevano lavorato bene e duramente a Font Romeu, località pirenaica a 1.800 metri di quota. Aveva aggiunto che era importante arrivare al Delfinato se non proprio al 100 per cento, quasi. Altrimenti si sarebbe usciti da questa corsa peggio di come la si era iniziata.

E allora è lecito ipotizzare che una volta visto che certi fuorigiri stavano diventando dei boomerang, Carapaz e il suo staff abbiano deciso di “alzare il piede dall’acceleratore” e abbiano pensato solo a concludere la corsa, facendo un blocco di lavoro, come si usa dire oggi.

Nei giorni scorsi Carapaz è salito di nuovo in altura, ad Andorra, con alcuni compagni di squadra. 

«In questo camp – ha dichiarato Wilson – il primo step è stato il recupero. Poi abbiamo iniziato a fare l’ultimo piccolo blocco prima del Tour: grandi salite, anche dietro allo scooter per fare del buon ritmo gara».

Basterà? Lo capiremo tra pochi giorni sulle strade del Tour.

Giro-Tour, accoppiata per pochi. Parla Julien Pinot

18.06.2023
6 min
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Tra Giro d’Italia e Tour de France: il tema non si esaurisce mai. Cambiano tempi ed interpreti, ma questo mese o poco più tra le due grandi corse resta affascinante. Come si scarica, come ci si allena, cosa si fa. Ne parliamo con Julien Pinot, fratello di Thibaut e coach dello stesso atleta alla Groupama-Fdj, tra l’altro maglia blu all’ultimo Giro.

Ormai questa accoppiata è sempre più per pochi eletti. Ad oggi, sono circa una dozzina i corridori che faranno i due grandi Giri e di questi solo cinque hanno concluso la corsa rosa: Cavendish, Barguil, Kuss, Leknessund e appunto Thibaut Pinot. Eccoci dunque ad analizzare questo aspetto sempre più delicato con coach, Julien.

Julien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atleta
Julien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atleta
Julien, sono sempre meno i corridori che fanno entrambi i due grandi Giri e tra questi non ci sono praticamente più uomini di classifica. Come mai?

Sono sempre meno, vero. Gli ultimi che ci hanno provato veramente sono stati Froome e Dumoulin a mia memoria, che sono arrivati 2° e 3° al Tour dopo il Giro 2018. E’ molto difficile e con il livello che è salito, la complessità di questa sfida è ulteriormente aumentata. E’ già molto complicato dover fare solo la classifica generale in un grande Giro, che in due, e in un periodo così ravvicinato, la percentuale di fallimento diventa elevatissima. E i grandi leader non vogliono correre il rischio.

Il gioco non vale la candela?

E’ più facile fare la sequenza la con Vuelta, anche se è raro che i leader di un Giro riescano ancora a salire sul podio della Vuelta. In passato, lo abbiamo visto fare a Roglic, il quale però l’anno scorso, ha fatto solo metà del Tour. Giro-Tour rimane qualcosa che è davvero molto difficile da gestire. Due picchi di forma con così tante incertezze… Per questo i team e i leader vogliono correre questo rischio molto raramente

Quanto tempo ci serve per recuperare dopo un grande Giro?

Questa è una domanda complicata, soprattutto dopo il Giro che è sempre duro, perché non c’è una sola risposta. E’ del tutto individuale e molto dipende da come finisci il grande Giro. Quest’anno abbiamo visto corridori che sono crollati. Sappiamo che è sempre la terza settimana dove si fanno tutte le differenze: in base a questa si valuta la durata del recupero.

E’ chiaro…

Una fase di “decompressione” c’è sempre ed è anche psicologica. Perché oltre alle tre settimane e mezzo del grande Giro (ormai si parte 4-5 giorni prima, ndr) , prima ci sono 2-3 mesi di concentrazione totale su allenamento, alimentazione, recupero… tutte cose che richiedono molta energia. E quando il grande Giro all’improvviso termina, c’è bisogno di una “decompressione psicologica”. Quindi quanto tempo ci vuole: una settimana, due, tre? E’ davvero una questione multifattoriale.

E’ giusto andare in altura tra i due Giri?

Sì, serve, ma tutto dipende dal tipo di preparazione fatta per il primo grande Giro. Io credo proprio che chi farà i due Giri, nel mezzo farà un richiamo di altura. Anche perché raramente si aggiungono competizioni quando c’è una sequenza come Giro e Tour. Generalmente si compensa con un ciclo di lavoro in ipossia (quindi in altura, ndr).

Dopo quanto tempo si riprende ad allenarsi per bene? E cosa si fa?

Dipende dal recupero. Prima devi assicurarti che il recupero fisico e mentale sia avvenuto e solo da quel momento tornano in ballo i carichi di allenamento. Se tutto va bene servono due settimane post Giro affinché l’atleta si riprenda completamente su entrambi i fronti. Io insisto molto sulla parte psicologica e mentale perché è davvero fondamentale per riuscire nella sequenza dei due Giri. Restano quindi due settimane di lavoro. Ma generalmente con il lavoro che viene svolto per il primo Giro, non c’è bisogno di aggiungere tanti carichi. Neanche per l’intensità. Semmai si cerca di aggiungere un ciclo di lavoro in quota, come detto, per “ricreare passivamente” adattamenti e stimoli fisiologici senza un grande costo fisico.

Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)
Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)
E’ utile fare una gara o due prima del Tour? E perché?

Come ho già detto prima, no. C’è il campionato nazionale in questo periodo. E va bene, ma non andrei a mettere anche un Delfinato o uno Svizzera, che sono eventi molto difficili con un livello molto alto. Semmai meglio un Giro di Slovenia o una Route d’Occitaine per ritrovare una certa freschezza.

Riguardo alla nutrizione c’è qualcosa da osservare in particolare in questo mese? Immaginiamo che dopo il Giro qualche corridore abbia ripreso del peso…

Si va sempre nella stessa direzione: nelle due settimane dopo il Giro i corridori dovranno inevitabilmente allentare un po’ la pressione ed è importante non seguire una dieta drastica. Ma in generale non bisogna aumentare molto di peso: un chilo va già bene. E’ importante invece rimettersi in riga nelle due settimane che precedono il Tour.

Thibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo mese
Thibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo mese
E questo mese tra i due Giri per Thibaut?

L’ufficialità che Thibaut vada al Tour ancora non c’è del tutto (ma si sa che Pinot ci sarà, ndr). L’unica cosa certa in squadra è fare la classifica generale con David Gaudu. Thibaut è oggettivamente fuori stagione. Ha dato davvero tutto al Giro d’Italia. Ovviamente, vuole andare al Tour de France: è il suo ultimo anno, vuole divertirsi e aiutare David. Quindi ci siamo comportati come se dovesse andarci.

Dunque come state lavorando?

Completato il recupero post Giro, ora siamo alla terza settimana e qui c’è bisogno di rielaborare un po’ la situazione, di fare alcuni richiami. Allora è importante fare qualche lavoro in montagna. Bisogna pensare che quest’anno sarà particolarmente attesa la seconda metà del Tour de France. Anche se sarà difficile sin dall’inizio con le tappe nei Paesi Baschi e nei Pirenei. Thibaut non ci arriverà al top. Questo lo aiuterà anche a anche a togliere la pressione, dal momento che lui stesso sarà particolarmente atteso nella seconda metà sulle Alpi e sui Vosgi. Quindi il nostro approccio è per essere competitivi per quelle frazioni. E le due settimane che stanno arrivando sono cruciali.

Il ritorno di Tiberi: la base, le nuove bici, la prima corsa

11.06.2023
5 min
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Antonio Tiberi è tornato in gara. Lo ha fatto l’altroieri al GP des Kantons Aargau, antipasto del Tour de Suisse, che comincia giusto oggi. Erano passati 102 giorni dalla sua ultima gara, la tappa finale del UAE Tour, tra l’altro concluso con un ottimo settimo posto nella generale tra campioni di primissimo piano.

Questo rientro ha segnato il termine di una lunga vicenda: il fattaccio del gatto, lo stop della Trek-Segafredo, la rottura del contratto con la squadra americana, la firma con la Bahrain-Victorious. Ma in tutto ciò c’è l’atleta. E dopo aver parlato con Pellizotti eccoci direttamente con lui. Come ha lavorato in questo periodo Tiberi? Come si è gestito? Antonio stesso ci ha chiarito le idee.

Antonio Tiberi (classe 2001) all’ultima gara con la Trek-Segafredo. Era il 26 febbraio
Tiberi (classe 2001) all’ultima gara con la Trek-Segafredo. Era il 26 febbraio
Antonio, come sono stati i primi giorni dopo lo stop? Anche dal punto di vista mentale?

L’inizio di questa vicenda è stato nel segno della confusione. Preoccupazione, stress: c’era una situazione un po’ complicata, quindi ho cercato di prenderla nel modo più leggero possibile. Ho cercato di non stressarmi troppo con gli allenamenti. Ho fatto qualche uscita così, giusto per tenere un po’ la condizione, e qualche uscita lunga quando mi andava se c’era una bella giornata.

Hai approfittato anche per fare cose diverse?

Ho passato un po’ più tempo con i miei amici che non vedevo quasi mai e con la mia famiglia. Con gli amici siamo andati a fare una camminata in montagna, dalle mie parti vicino a Frosinone. Abbiamo fatto Pasquetta insieme, qualcosa che di solito non riuscivo a fare.

Passiamo a discorsi più tecnici. Quando hai saputo più o meno che saresti tornato a correre?

Diciamo che ci sono stati diversi periodi. All’inizio, sembrava dovessi rientrare già alla Coppi e Bartali, quindi avevo staccato pochissimo. Poi sembrava che sarei rientrato più tardi. Quindi ancora si è stravolto tutto fino al cambio della squadra. Così tra queste due fasi c’è stato un periodo di stacco maggiore.

E quando hai ripreso?

Quando c’è stata la conferma della nuova squadra. Loro sin da subito mi hanno che saremmo ripartiti qui in Svizzera. Da quel momento mi hanno messo anche in contatto con il preparatore Michele Bartoli e ho iniziato appunto a seguire le sue tabelle.

Antonio Tiberi con i suoi amici durante la gita in montagna nel frosinate
Antonio Tiberi con i suoi amici durante la gita in montagna nel frosinate
Riassumendo il tutto: hai continuato a pedalare a marzo, hai mollato nel periodo di Pasqua e a fine aprile hai ripreso a spingere…

A pedalare più che altro. Ho iniziato a fare le cose più seriamente da inizio maggio.

E come hai ripreso? Cosa hai fatto?

Sono ripartito come fosse una preparazione invernale. All’inizio un po’ di palestra, esercizi, uscite per il fondo e per la forza. Non sono mancati i lavori di potenziamento e di SFR… Quello che serve per costruire una base. Nel frattempo c’è stata l’ufficializzazione con la Bahrain. A quel punto ero sicuro della data del ritorno alle corse e abbiamo iniziato a fare lavori più specifici.

Quanto è stato importante avere una data certa?

Parecchio importante, perché comunque alla fine allenarsi nel modo che serve non è facile. Provi a resistere, ma senza avere un obiettivo preciso è più difficile. 

Chiaro, è scattata una molla. Come hai lavorato sulla forza?

Le SFR le facevo da 6′, seguite da 2′ di recupero e poi altri 6′ o 7′. Le facevo consecutive, di seguito sulla stessa salita. In generale, preferisco sempre fare i lavori su una salita lunga. Infatti scelgo di solito scalate intorno ai 20 minuti e più. Poi dipende anche dalla zona dove mi trovo. Se sono dalle mie parti vado sempre sulla mia solita salita che si chiama Santa Serena, zona di Supino, ed è quella che faccio da quando sono bambino. Se sono invece a San Marino, utilizzo uno dei tanti versanti che riportano a San Marino. Oppure vado verso San Leo o Novafeltria.

GP des Kantons Aargau: Tiberi è tornato in corsa 102 giorni dopo la sua ultima gara. Ora Giro di Svizzera
GP des Kantons Aargau: Tiberi è tornato in corsa 102 giorni dopo la sua ultima gara. Ora Giro di Svizzera
Hai detto che ad un certo punto sei passato a lavori più specifici: hai fatto qualche fuorigiri, del dietro motore in vista del rientro alle gare?

Il dietro motore in queste preparazione non l’ho fatto. Di solito mi aiuta mio papà, ma non essendo stato a casa, non c’era nessuno che me lo facesse fare. Però ho compensato con dei lavori in sempre in salita o pianura. Ho utilizzato anche la bici da crono.

Che lavori?

Medio, medio in salita, medio variato, lavori in soglia tipo scatti o ripetute come 30”-30”.  Poi comunque sono andato anche a Livigno.

Quindi anche altura… Quanto ci sei stato?

Due settimane. Sono sceso il 6 giugno, tre giorni prima di venire all’Argau. In quei tre giorni sono stato a Lecco dalla mia ragazza e ne ho approfittato per andare da Vedovati a Bergamo per le posizioni con le nuove bici.

E infatti ti volevamo chiedere proprio dell’adattamento con le Merida…

Mi sono trovato subito bene. Con Vedovati abbiamo sistemato sia la bici da strada che quella da crono. E siamo subito riusciti a “tirare fuori” una buona posizione. Ma già a a Livigno avevo cercato di abituarmi alla bici da crono facendoci qualche lavoro.

Tiberi alla prima uscita ufficiale con la Bahrain-Victorious. Eccolo con Pello Bilbao, il compagno che più conosceva
Tiberi alla prima uscita ufficiale con la Bahrain-Victorious. Eccolo con Pello Bilbao, il compagno che più conosceva
Uscivi con la brugola in tasca?

No, no! Anche perché comunque sia, con Vedovati che avevo conosciuto giusto quest’anno, quando si trova la posizione giusta… è quella. E non si sente il bisogno di ritoccarla.

Come è andato il ritorno in corsa dal punto di vista fisico?

Meglio delle mie aspettative. Ho risposto veramente bene. Magari ha giocato a mio favore la freschezza e il fatto che nelle ultime settimane mi ero allenato bene. Che ero fresco si vedeva anche dai battiti, piuttosto alti. Mi sono sentito a mio agio anche in gruppo. Solo nel finale ho sofferto un po’ di più: non avevo il ritmo gara degli altri. Sento però che la base è buona. E sono fiducioso per il Giro di Svizzera.

E invece dal punto di vista delle emozioni? 

Bello, sono abituato a stare nelle competizioni da quando avevo otto anni e mi mancavano quell’atmosfera, quei preparativi. Tanto più dopo uno stop così inaspettato. Non vedevo appunto l’ora di tornare in gruppo. 

Tra ex e nuovi compagni…

Ho rivisto con piacere i miei vecchi compagni, per esempio Jacopo Mosca col quale ho avuto sempre un bel rapporto, e sto conoscendo quelli nuovi. Tra questi ultimi, dei presenti in Svizzera, conoscevo un po’ meglio Pello Bilbao.