Pogacar, Hirschi (e Ayuso): i tre diamanti di San Millan

17.04.2021
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Inigo San Millan è il responsabile degli allenatori del Uae Team Emirates e risponde da Denver. Con lui vogliamo parlare di tre talenti che segue in prima persona: Hirschi, Pogacar e il giovane Ayuso che corre al Team Colpack. Da anni, Inigo è professore alla Facoltà di Medicina del Colorado e svolge ricerche sul metabolismo cellulare per il diabete e il cancro. Il ciclismo è uno dei tasselli della sua vita.

«Dedico al team – sorride – le prime ore del mattino, il resto è per l’Università, cercando di fare il meglio possibile. Poco fa ho parlato con Ayuso, ieri ho sentito Hirschi. I ragazzi lavorano su Training Peaks, caricano i loro dati e io posso vedere tutto».

Inigo San Millan è basco di Vitoria, fa la spola fra Usa ed Europa
San Millan è basco di Vitoria, fa la spola fra Usa ed Europa

Pogacar, la calma

Partiamo da Pogacar, 22 anni, il vincitore del Tour. «Tadej – dice Inigo – prima di tutto mi ha colpito come persona. E’ un diamante grezzo, scoperto da Matxin. E nonostante sia così giovane, è calmo e professionale. In questo è come Ayuso, sono molto maturi entrambi, molto simili».

Si può parlare di predestinato?

Ha un recupero straordinario, non è mai stanco. Due anni fa lo portarono alla Vuelta, non aveva ancora 21 anni. Vinse tre tappe, compresa la penultima. A livello cellulare ha una predisposizione genetica per certi sforzi, recupera bene anche durante la gara. E l’aspetto mentale fa il resto.

Vale a dire?

Non è mai nervoso, in tensione. Se oggi va male, pensa che domani andrà meglio e a come rifarsi. Prima dell’ultima crono del Tour, Roglic si stava scaldando sui rulli. Lui si è avvicinato ed è andato a dirgli in bocca al lupo. Lo rispetta. Sono amici, ma in corsa è guerra. Non pensavo che avrebbe vinto, si sono sposati il peggior giorno di Roglic e quello super di Tadej.

Com’è sul lavoro?

Non ho mai dovuto dirgli di allenarsi meno o con minore intensità, ma è pur sempre giovanissimo e ha bisogno di recuperare. Il Tour è finito il 29 agosto e l’ho mandato per due settimane a casa, dicendogli di andare a fare dei picnic con la sua compagna. Giù dalla bici è un ragazzo normale, che fa le cose dei suoi coetanei. Per lui il ciclismo è un divertimento. Attacca da lontano perché lo diverte ed è tipico di queste nuove generazioni che non hanno paura di niente.

Magari quest’anno sarà diverso?

Sicuramente l’ambiente gli metterà più pressione, ma a livello mentale Tadej è superiore. E’ super intelligente, non ha paura di perdere e nemmeno di vincere. Non so quanto sia lontano dal suo top, ma non credo che lo vedremo prima dei prossimi 6-7 anni.

Pogacar con la ragazza, Urska Zigart, al via del Trofeo Binda
Pogacar con la ragazza, Urska Zigart, al via del Trofeo Binda

Hirschi, la libertà

Lo svizzero è arrivato in Uae in ritardo rispetto agli altri, portato nel team da un colpo di mercato di Mauro Gianetti. Ed è questo, secondo San Millan, il motivo di un inizio di stagione così spostato in avanti. «Devo ancora conoscerlo bene – dice – abbiamo corretto qualche difetto in bici. Ha finito la stagione tardi, gli è mancato tutto il lavoro di posizionamento ed ha avuto bisogno di più tempo».

Si dice che soffra le regole.

Ci ha detto di volere la sua libertà e non abbiamo problemi a lasciargliela, ma deve esserci continuo scambio di informazioni.

Che tipo di futuro vede?

Ha tanto talento e col tempo può diventare un corridore da corse a tappe. Lavoreremo per questo. La fase attuale prevede di valutarlo in quelle di una settimana. Al Giro dei Paesi Baschi è stato 12° nella crono ed è interessante. Sappiamo che va bene sugli strappi, bisognerà vedere le salite lunghe, ma non c’è fretta di scoprirlo. Ha solo 22 anni.

Si allena davvero troppo?

Si allenava tanto. Nel periodo del lockdown, approfittando del fatto che in Svizzera si potesse uscire, ha fatto una base incredibile.

Il 12° posto di Hirschi nella crono dei Paesi Baschi è per il team un riferimento utile
Il 12° posto nella crono dei Paesi Baschi è un riferimento utile

Ayuso, la scommessa

Juan Ayuso è il più giovane: 18 anni. «In Spagna si parla di lui sin dagli juniores. Andava in fuga e vinceva le volate. Mi pare sia la stessa cosa che riesce a fare ora a livello under 23 con la Colpack».

Quanto è forte?

Ha parametri eccezionali. E’ metodico nel lavoro. Gli dici cosa deve fare e non sbaglia un colpo. Ha un recupero fisiologico eccezionale e test non comuni. Lo alleno dal 2020 e quest’anno abbiamo solo aumentato un po’ le ore di lavoro, ma non arriva mai a farne sei.

Ad agosto salirà a livello WorldTour?

Sono scelte che dipendono dalla squadra, ma certo non ho mai pensato di allenarlo come un pro’. E’ giusto che lavori come un under 23. Mi confronto di continuo con Matxin che l’ha segnalato. Non devono esserci pressioni. E se passerà professionista ad agosto, continueremo rispettando la sua età.

E’ presto per definire il suo raggio di azione?

Molto presto. Dobbiamo valutare il recupero. Ad ora possiamo parlare di un atleta molto completo. Va bene sulle salite. E’ veloce. E’ soprattutto dotato di una grande intelligenza.

Ayuso ha retto bene con i pro’ alla Coppi e Bartali e ha poi vinto fra gli U23
Ayuso ha retto bene con i pro’ alla Coppi e Bartali
Usa spesso questa parola: intelligenza.

E’ una nota comune di questi tre talenti. La uniscono alla dedizione al lavoro e al grande carattere. Sono nati per essere vincenti. Alla loro età, c’è chi si allena troppo per mantenere le attese, ma per loro non sono preoccupato. Non rischiano di crollare. La squadra sta facendo un gran lavoro.