La sfida di Martinello: competenza, condivisione, trasparenza

23.12.2024
11 min
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PADOVA – Quasi Natale, un mese alle elezioni federali di Roma. Tre anni fa Martinello fu sconfitto da Cordiano Dagnoni per lo spostamento di voti durante il secondo turno di votazioni e già allora si ripromise di tornare. Che cosa è cambiato in lui nel frattempo? E che cosa è cambiato nel ciclismo italiano? Partiamo da qui, dal chiedergli la fotografia, secondo lui, del nostro movimento.

Martinello ha 61 anni. Da corridore è stato un grande pistard e un ottimo velocista. In pista ha vinto un oro e un bronzo alle Olimpiadi e cinque titoli mondiali. Da quando nel 2000 smise di correre ha aperto la sua palestra a Tencarola, alle porte di Padova, ed è stato opinionista televisivo e ora radiofonico in RAI.

Martinello sicuro: l’Italia ha raggiunto livelli di eccellenza in ambito maschile e femminile
Martinello sicuro: l’Italia ha raggiunto livelli di eccellenza in ambito maschile e femminile
Che cosa ti sembra del ciclismo italiano oggi?

In alcuni settori, pensiamo alla pista, abbiamo un movimento di vertice molto importante. Siamo a tutti gli effetti un riferimento a livello internazionale, in ambito maschile e femminile. Nel settore endurance sono stati fatti dei progressi come pure nel settore velocità dove si è iniziato a lavorare, dato che per tanti anni non si era fatto nulla. I progressi ci sono stati, c’è un margine ancora ampio per arrivare ai massimi livelli che sarà colmabile solo ed esclusivamente con un progetto serio. E’ un ciclismo che in ambito professionistico ha delle eccellenze. Poi però c’è una base in grande sofferenza. Alcune categorie, la juniores, la under 23 e l’ambito continental, ci vedono ai margini del contesto internazionale. Abbiamo impiegato del tempo a capire la riforma entrata in vigore a metà degli anni 90, siamo in grave ritardo ed è un movimento che sotto questo punto di vista sta soffrendo molto.

Si potrebbe obiettare che negli juniores si sta tornando a vincere anche su strada.

Quando si parla di malessere e criticità del nostro ciclismo, di solito a chi lo gestisce salta la mosca al naso. Non sto negando i risultati che ci sono stati, fermo restando che bisognerebbe avere l’umiltà, la capacità e la razionalità di leggerli e interpretarli. Sottolineare certi numeri torna utile al megafono della propaganda, me ne rendo conto. E a quel punto, non serve neanche andare a vedere che il numero dei tesserati e delle società è in calo ed è un dato incontestabile. Si capisce che nel medio-lungo periodo, questo creerà delle gravissime difficoltà.

E cosa si fa?

Si può decidere di lasciare andare la barca o si decide di intervenire con politiche di attenzione. La Federazione ha il compito di creare le condizioni per arginare questa tendenza e poi per cercare di invertirla. Dovrebbe creare i presupposti – dal punto di vista economico, delle normative e della promozione – perché il movimento torni a crescere. Un serio piano di promozione, che magari parta dalle scuole, aiuterebbe le società nel reclutare gli atleti. Nei giovanissimi abbiamo dei bei numeri, negli esordienti si comincia a soffrire. Quando cominciano le categorie agonistiche, il ciclismo su strada soffre vari problemi, fra cui la sicurezza. Per fortuna ci sono tante altre discipline anche più accattivanti. Pensiamo al fuoristrada, per fare un esempio.

Trofeo Ekoi Body Energie a Villafranca di Verona, partenza degli esordienti: la categoria che registra i primi cali (photors.it)
Trofeo Ekoi Body Energie a Villafranca di Verona, partenza degli esordienti: la categoria che registra i primi cali (photors.it)
Non credi che l’attuale Federazione stia facendo qualcosa del genere?

Per natura non sono un pessimista, però vedo la mancanza di visione e di una certa intraprendenza anche nel cercare di battere strade nuove. Serve il coraggio di andare in nuove direzioni, che non vuol dire rottamare il passato. Ma bisogna prendere atto che il mondo sta cambiando e dobbiamo adattarci, mettendo in atto delle tutele per questi ragazzi, a fronte di un movimento che va a intercettare l’eccellenza in età sempre più giovanile. Ne stiamo bruciando tanti, sia perché magari non hanno la capacità di rispettare le attese, ma soprattutto dal punto di vista psicologico. Le pressioni cui sono sottoposti in età ancora non matura a un certo punto li porta a fermarsi. E questo è un problema che non riguarda solo noi, ma il movimento internazionale.

I tesseramenti in calo riducono anche la base da cui vengono fuori i talenti?

Non c’è dubbio, è riconosciuto da chiunque si occupi di statistiche. Dobbiamo fare attenzione a questa base che si sta assottigliando e che ci obbliga a guardare con attenzione a un futuro non più lontanissimo. Sono problemi che stiamo già toccando con mano e che saranno sempre più reali e presenti. Aggiungiamo il calo demografico e il fatto che al momento di scegliere, le famiglie hanno decine di opportunità con cui il ciclismo deve mettersi in concorrenza. Pertanto dobbiamo anche modificare il nostro approccio, senza sbandierare in modo eccessivo la fatica che spaventa le persone. Non è un caso che il settore del fuoristrada abbia numericamente un riscontro maggiore, perché ha un approccio più divertente che aiuta a reclutare i ragazzini, oltre a poter togliere dal discorso i problemi legati al traffico.

La Federazione ha creato una super struttura per le nazionali e la sensazione è che la maggior parte delle risorse sia stata messa lì.

Questo tipo di assetto è lo stesso che avevo indicato nel mio programma di quattro anni fa. Di fatto lo hanno riproposto e realizzato. L’alto livello della struttura non dipende dal fatto che viaggino o meno col pullman, quello è relativo. Tutto ciò che è stato costruito intorno alle squadre nazionali nasce anche da scelte del passato, lo stesso Davide Cassani andava in questa direzione. Pertanto quello è un aspetto assolutamente da consolidare. Semmai mi sarei aspettato che le esperienze tecnico-scientifiche raccolte fossero trasmesse anche in basso, invece il Team Performance è un club chiuso, da cui non trapela nulla come per il rischio di spionaggio industriale. Sarebbe importante invece che questo lavoro, tra l’altro molto efficace, potesse essere veicolato anche alla base.

I bike park del fuoristrada rendono, come conferma Martinello, il ciclismo divertente e anche più sicuro
I bike park del fuoristrada rendono, come conferma Martinello, il ciclismo divertente e anche più sicuro
Si torna sempre a parlare della base…

Io credo che la vera priorità sia quella, anche economicamente. Le medaglie sono importanti e credo di parlare con cognizione di causa, visto che so cosa c’è dietro alla conquista di una medaglia, ma le medaglie vanno pesate. Quindi concentriamoci ed inseguiamo quelle che servono, ma per il resto dedichiamoci a sostenere la base che è la priorità del futuro prossimo. Serve gente qualificata anche nel Consiglio federale. Non dimentichiamo che lo Statuto ci impone di lavorare alla composizione di una squadra di qualità e di competenza certificata. Perché è vero che il presidente Dagnoni qualche problema l’ha avuto e ha trasmesso qualche segnale di inadeguatezza, ma purtroppo per lui non era accompagnato da una squadra in grado di aiutarlo a commettere meno errori. E allora una cosa ve la dico: il 10 gennaio sarà indetta una conferenza stampa anche per presentare la mia squadra.

Da chi sarà composta?

Proporrò soggetti di chiara e certificata competenza, perché io non ho nessuna intenzione di circondarmi di persone che mi diano le pacche sulle spalle e mi dicano quanto sono bravo. Io ho bisogno di gente che ascolterò con grande attenzione, che rompa molto le scatole. Sul tavolo ci sono dei problemi enormi e mi piacerebbe che si trovassero le soluzioni, non per la gloria di Silvio Martinello, ma per l’interesse del ciclismo italiano.

Che cosa hai imparato dalle elezioni precedenti? 

Mi sono portato via gli errori che ho commesso, non ho problemi a riconoscerli. Furono un’assemblea e una campagna particolari, condizionate dall’emergenza sanitaria in cui eravamo coinvolti. Arrivai con grande determinazione e non feci la necessaria attenzione a non scivolare nei tranelli che nel frattempo erano stati tesi, rispondendo punto su punto ad ogni provocazione. Questo ha consentito a qualcuno di veicolare il messaggio che io fossi un soggetto autoritario, egocentrico, ancora con il numero sulla schiena.

Il quarto Consiglio Federale del 2024 ha approvato il bilancio consuntivo 2023, ratificato dal Coni solo pochi giorni fa (foto FCI)
Il quarto Consiglio Federale del 2024 ha approvato il bilancio consuntivo 2023, ratificato dal Coni solo pochi giorni fa (foto FCI)
In che senso?

Nel senso che mi sentissi ancora corridore e fossi ancora lì a sgomitare. Nulla di tutto questo, ho il mio carattere, certamente, ma sono uno a cui piace molto ascoltare. Prendo decisioni, ma dopo aver valutato e analizzato. Credo che questi messaggi abbiano fatto presa e condizionato il voto di alcuni presenti nell’assemblea, dove solo pochi prendono decisioni per un movimento invece molto complesso. Eppure ritengo quel primo turno fu molto soddisfacente, nonostante i tanti condizionamenti che ci sono stati. Mi ha permesso di capire che un’ampia parte del movimento credesse e ancora crede nella necessità di voltare pagina.

Che cosa è successo negli ultimi tre anni?

Sono passati a vuoto. Sarebbero stati l’occasione per fare scelte ragionate, che ora dovranno essere necessariamente coraggiose, perché il tempo non è tantissimo. Scelte condivise, soprattutto. Il Consiglio federale, se sarò investito di questa responsabilità, verrà chiamato a un lavoro importante. Colgo l’occasione per ripetere che sarà utilizzato solo ed esclusivamente il criterio della competenza. Ci saranno commissioni snelle, composte da soggetti competenti per la materia specifica. La nostra Federazione è molto complessa, io ho il mio percorso personale che spazia fra la pista e la strada e non mi permetto nemmeno di ragionare su altre discipline che non sono in grado di affrontare con la competenza necessaria.

Hai parlato dello statuto: non si era detto che riscriverlo fosse una necessità?

Tre anni fa tutti i candidati ne avevano proposto la modifica. Solo uno ha avuto la possibilità di farlo, ma ha spiegato la scelta di non farlo con due motivazioni inconsistenti. La prima pare sia stato il fattore economico. Ha parlato di 400 mila euro per organizzare un’assemblea straordinaria, mi chiedo se volesse organizzarla in resort esclusivo. Un’assemblea ha dei costi, ma francamente ritengo che siano ben al di sotto di quella cifra. La seconda giustificazione invece mi sembra molto grave e certifica, a mio avviso, l’inadeguata della guida federale.

Le precedenti elezioni federali videro in lizza Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello (foto Fci)
Le precedenti elezioni federali videro in lizza Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello (foto Fci)
Quale è stata?

Dato che dalla scorsa assemblea il movimento è uscito con una divisione piuttosto netta tra le fazioni di Dagnoni, Isetti e Martinello, il presidente ha dichiarato che non sarebbe stato certo di poter portare in assemblea straordinaria lo statuto che aveva in mente lui. Domanda: lo statuto è lo strumento di cui il movimento deve dotarsi per essere più funzionale alle proprie esigenze oppure viene realizzato per le esigenze di una sola parte? Nella commissione che lavorerà al nuovo statuto, a parte i nomi di saggi che tutti conosciamo e che possono lavorare ad uno strumento così delicato, vorrei gli uomini e le donne indicati dai singoli candidati. Deve essere lo strumento della Federazione, non di Dagnoni, di Martinello o di chiunque sarà.

Perché è necessario cambiare lo statuto?

La composizione del Consiglio federale è anche un esercizio di equilibri geografici territoriali e le dinamiche assembleari possono risultare un limite. La Federazione ha bisogno di un nuovo strumento di rappresentanza, per cui entro la fine del 2026 sarà indetta un’assemblea straordinaria per il nuovo statuto. Bisogna dare voce alle società, c’è poco da fare e questo è un impegno chee mi sento di prendere.

Tu hai girato parecchio, che cosa hai visto sul territorio?

Ho voluto incontrare le società, non per caso. I miei competitor invece si stanno dedicando a incontrare i delegati. Sono quelli che votano, per carità, il ragionamento non fa una piega. Ma io fin dal momento in cui ho ufficializzato la mia candidatura, ancora nello scorso mese di giugno, ho parlato di scelte responsabili e consapevoli. Significa che le nostre società, che sono la spina dorsale del movimento, in realtà vengono considerate un problema. Non vengono tenute in considerazione nell’Assemblea nazionale, dove sono presenti tramite i delegati eletti nelle provinciali. Il fatto di girare per esempio in Veneto, Friuli, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio è servito, per spiegare alle società i punti fondamentali del mio programma. Sono stati momenti utilissimi, ho un quaderno alto così, perché c’è voglia di confronto. Fare scelte consapevoli significa che le società hanno il diritto di chiedere ai delegati quale sarà il loro voto, cosa che poi è accaduta di molte assemblee provinciali. Aggiungo un dettaglio…

Martinello ha girato l’Italia, come si può notare dagli appuntamenti sul suo sito, incontrando le società
Martinello ha girato l’Italia, come si può notare dagli appuntamenti sul suo sito, incontrando le società
Quale?

Questo tanto girare, ribadisco un dettaglio non banale, io l’ho fatto a spese di Silvio Martinello. Sono consapevole che in assemblea un delegato possa cambiare opinione venti volte, ma nell’attesa di avere un nuovo statuto che permetta alle società di esprimere la propria preferenza anche a livello nazionale, è giusto pretendere che i delegati rispondano del loro voto.

Il presidente Dagnoni ha detto di aver fatto molto per agevolare le società.

Io ho percepito una lontananza siderale. Non dimentico che siamo un popolo che si lamenta molto ed è abituato a scaricare le responsabilità sugli altri, però c’è una grande distanza, certificata dai comportamenti di questa Federazione. Vogliamo parlare di trasparenza? Vogliamo parlare di coinvolgimento? Basta leggere i comunicati ufficiali dopo i Consigli federali. Nessuno di noi sa cosa effettivamente viene deciso. Nel momento in cui, ai primi di giugno, il Consiglio federale ha certificato il bilancio del 2023, che poi è stato certificato dal CONI qualche settimana fa, nel comunicato pubblicato sul sito federale se ne dava un minimo cenno e si parlava invece del nuovo accordo con Infront. Si costruiscono comunicati ad arte per distogliere l’attenzione dai veri problemi. Il confronto e la trasparenza sono fondamentali in una macchina complessa come la Federazione, anche per legittimare chi è stato investito dalla responsabilità di guidarla. Tutto questo c’è stato pochissimo nei primi mesi, mentre è completamente scomparso dopo le nostre vicende dell’estate del 2022.

Cosa successe?

Si sono sentiti accerchiati per una vicenda che non è mai stata spiegata del tutto, quella dei contributi irlandesi, e si conoscerà solo ed esclusivamente nel momento in cui qualcuno andrà ad aprire quei cassetti. Per l’opinione pubblica magari è una vicenda chiusa, ma non lo è per chi ha sempre mantenuto l’attenzione sul caso. E si tratta della conferma che lo stesso Consiglio federale non fosse informato di quelle scelte. I componenti hanno dovuto firmare una dichiarazione di riservatezza. Potevano essere tutti più coraggiosi e pretendere di sapere, come Norma Gimondi, invece sono rimasti tutti buoni al loro posto.

Le dimissioni di Norma Gimondi (qui con Giovanni Malagò) sono rimaste una pagina critica nella gestione federale
Le dimissioni di Norma Gimondi (qui con Giovanni Malagò) sono rimaste una pagina critica nella gestione federale
Ritroveremo nella contesa elettorale con ruoli diversi anche personaggi come l’ex presidente Di Rocco e Lino Secchi, candidato alla presidenza.

A Secchi ho fatto una corte spietata, mi sarebbe piaciuto averlo a disposizione. Lino è stato il riferimento di tanti presidenti regionali per la sua esperienza, la sua capacità di dialogo e la sua conoscenza. Nel momento in cui mi ha comunicato la scelta di candidarsi, gli ho augurato buona fortuna. Quanto a Di Rocco, ci siamo dati qualche sportellata, però è impossibile non riconoscere il suo profilo dirigenziale. Un dirigente di alte qualità che potrebbe aiutare molto a portare avanti le nostre istanze sui tavoli internazionali. Le nostre e quelle di altri movimenti nazionali, come quello spagnolo che è pure in grande sofferenza. Se avessi vinto quattro anni fa, non mi sarei privato della sua esperienza e certo non avrei mai pensato a un suo allontanamento con le modalità con cui è avvenuto. Non credo che rottamare persone valide sia una strada da seguire, cosa ben diversa invece è pretendere di avere solo persone competenti. Il fatto che chi vince prende tutto e chi non vince è fuori dai giochi è stata una scelta che ci ha impoverito.

Perché ti sei ricandidato?

Con il nuovo statuto dovremo cercare maggiori collegialità e condivisione. Non ho altri obiettivi, tutelerei meglio i miei interessi personali continuando a occuparmene. Nella vita mi sono realizzato, anche nel post carriera. Grazie al cielo e sempre grazie al ciclismo, conduco una vita dignitosa, ma è arrivato il momento in cui voglio restituire qualcosa. Mettere la mia esperienza a disposizione dei tanti che mi hanno spinto in questa direzione e sono riusciti a convincermi che io possa dare qualcosa. Ebbene, Se posso dare qualcosa, io ci sono. Se invece dobbiamo andare avanti in modo che nulla cambi, allora non è una cosa che mi interessa.

LEGGI QUI IL PROGRAMMA ELETTORALE DI SILVIO MARTINELLO

Padovani, primo ritiro alle spalle. Il punto con Ongarato

22.12.2024
7 min
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PADOVA – L’appuntamento con Alberto Ongarato è nell’Eroica Caffè che ci è parso il luogo perfetto in cui parlare di ciclismo. La città è semi paralizzata dai lavori del tram, il traffico sembra impazzito. L’ex professionista padovano è qui per raccontarci la sua Padovani e fare il punto rispetto al primo contatto di fine agosto. Nel frattempo il progetto si è gonfiato, il budget è salito, Konychev è salito sull’ammiraglia, sono arrivate le bici Guerciotti e la squadra si è riunita nel ritiro di Abano Terme. Con la Zalf Fior e il CTF Friuli che chiudono, la nascita di una continental è una notizia.

«La Padovani ha un presidente che si chiama Galdino Peruzzo – riassume Ongarato – un grande appassionato, proprietario di Polo Ristorazione SPA che si occupa di servizi per la ristorazione. E’ subentrato a un altro presidente nel 2013 e io, fatalità, avevo da poco smesso di correre. Sapevo che Peruzzo fosse un grande appassionato e l’ho coinvolto nell’anno in cui la società stava organizzando una delle ultime edizioni del Giro del Veneto, quello a Prato della Valle. Volevano portare un personaggio di spicco per incrementare l’importanza dell’evento, visto che le corse stavano già cambiando. C’erano le WorldTour, non c’erano tantissime squadre importanti e io lo misi in contatto con Cipollini».

Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Non aveva già smesso anche lui?

Esattamente, però bisognava riconoscergli un gettone di presenza e per questo ci serviva una sponsorizzazione. Così entrai in contatto con Galdino Peruzzo e da lì siamo sempre rimasti in contatto. E quando gli hanno proposto di diventare presidente, ha chiesto la mia collaborazione.

Lo sbocco più naturale, in fondo…

Io avevo appena smesso e per i primi due anni non ho più toccato la bicicletta. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro nell’azienda di famiglia, mentre adesso sono per conto mio e ho un’azienda – Alabastro Italiano – in cui facciamo illuminazione su misura. Quando mi hanno chiesto di entrare, ho pensato che mio nonno era stato in Padovani, mio padre anche e così pure mio zio. A casa mia, quando si parlava di ciclismo, si parlava di Padovani. Però quando sono entrato, non avevamo niente, neanche un’idea di cosa fare.

E come è andata?

Assieme a me è subentrato Martino Scarso. Noi oggi siamo i vicepresidenti e poi c’è Galdino Peruzzo, presidente e sponsor principale, e da lì siamo partiti. Abbiamo organizzato un Giro del Veneto a fine agosto 2012, che al tempo si fece insieme alla Coppa Placci, con l’arrivo a Imola per stare vicini all’Emilia colpita dal terremoto. Ma fu un’edizione un po’ balorda…

Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Perché?

Perché il calendario era infelice e le squadre erano in giro per l’Europa. Dopo quella volta pensai che avremmo dovuto cambiare rotta e tornare a fare squadre. Investire su una corsa professionistica è impegnativo a livello economico e non rende niente. Per questo partimmo con gli juniores.

Hai raccontato di aver lasciato gli juniores quest’anno per passare alla continental perché vedevi comportamenti che non ti piacevano nei ragazzi e nelle loro famiglie.

Dicono che ci sia tanta professionalità, ma sono chiacchiere. Il ragazzino di 17 anni ha la testa di un ragazzino di 17 anni, altro che passare professionista. E appresso ha una schiera di familiari che mette bocca. Noi avevamo fatto tutto in maniera molto seria, ma non ne valeva la pena. Per questo abbiamo pensato di fare una continental.

Non una piccola differenza…

Al contrario, il passo è stato notevole perché noi vivevamo con i nostri sponsor, principalmente grazie a Polo e non potevamo chiedergli di più. Per cui abbiamo studiato per 7-8 mesi, finché abbiamo trovato un accordo con l’attuale direttore sportivo Franco Lampugnani, che ci ha presentato Renato Marini della Coppi Gazzera. Gli abbiamo presentato il progetto e lui ha risposto che se avessimo fatto una squadra dilettantistica, ci avrebbe dato una mano. E così siamo partiti.

Konychev, nella foto c’è anche Ongarato, si è unito alla squadra per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
Konychev, nella foto anche Ongarato, si è unito per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
In che modo?

Abbiamo presentato il progetto a Peruzzo, che lo ha autorizzato il 5 agosto. Alessandro Petacchi ha accettato di fare il team manager e non credevo che ci si sarebbe buttato con tanto impegno. Chiama i corridori, partecipa. Voleva fare un progetto giovani in Toscana, invece ha accettato di venire qui. Avevamo e abbiamo bisogno di un team manager che segua la squadra, perché abbiamo tutti i nostri lavori ed è necessario dividerci gli impegni.

Come lo hai convinto?

Nel ciclismo italiano, tolti i Reverberi che hanno una professional e Basso che sembra più una squadra spagnola, ci sono solo le continental. Forse è brutto da dire, ma la realtà è questa. Quindi, secondo me, serve che i campioni di una volta diventino punti di riferimento per i ragazzi, lo staff, il personale e gli sponsor. Questo serve.

Petacchi ha accettato subito?

Mi ha detto subito di sì. Gli ho tirato per sei anni le volate, gli ho tirato anche l’ultima per entrare in questa società. Lui ci conosceva già, perché era già stato per un paio di volte alla Gran Fondo di Padova. Conosceva il presidente, conosceva tutto il personale e di là siamo partiti il 5 di agosto con l’accordo con la Coppi Gazzera. Abbiamo creato un business plan per andare in cerca di sponsor. Avevamo dei contatti e alla fine sono entrati nuovi sponsor importanti.

La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
Nello staff ci sono anche Slongo, Guardascione, Konychev…

E ci sono anche Simone Marini, mental coach dell’Astana, e anche Luca Simoni, perché avevamo bisogno di un nutrizionista. Lui lavora all’Università di Padova, è un ricercatore biologo ben conosciuto nell’ambiente. Attualmente lavora con l’Astana e sta seguendo i nostri ragazzi.

Avete già un’idea di calendario, a parte gli inviti?

Ne abbiamo richiesti molti. Mandiamo una mail di presentazione. Scriviamo che ci sono Petacchi e Konychev. Citiamo la storicità della squadra. E adesso dobbiamo solo aspettare le risposte. Intanto abbiamo fatto il ritiro dal 10 al 20 dicembre ad Abano Terme, all’Hotel La Serenissima Terme, che è nostro sponsor. Poi ne faremo un altro più breve il 2-3 gennaio per foto e altre attività. Dal 12 al 26 partiremo per la Spagna e chiuderemo il ritiro con una corsa il 24 a Valencia. Poi tramite Garzelli, potremmo partecipare alla prima corsa per professionisti. A quel punto inizieremo col calendario italiano a fine febbraio e faremo un altro ritiro alla metà del mese. Abbiamo chiesto di andare a Besseges, ma al momento non arrivano risposte.

Tanto estero?

Faremo un calendario internazionale. Abbiamo fatto richieste in Romania, Olanda, Belgio, Francia. Faremo il calendario più importante in Italia. Abbiamo già formalizzato la richiesta di invito alla Coppi e Bartali e tutte le prove che si possono fare. Mi auguro che ci invitino in più corse possibili fra i professionisti. Vorremmo farle tutte, vediamo se ci vogliono. Bisognerebbe favorire certe esperienze, soprattutto se l’attività in Italia è portata avanti da queste squadre.

La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
Qual è il vostro obiettivo?

Fare sì che la Padovani torni ad avere una squadra importante. Non come negli anni 60 perché è cambiato il mondo ed è cambiato il ciclismo. Eppure per come siamo organizzati, con la tecnologia e le organizzazioni che abbiamo messo in piedi, con lo staff e i corridori, abbiamo 250 punti, che non sono pochi. Nel frattempo, nell’ultimo anno, abbiamo studiato le altre continental. Ci sono quelle serie e quelle che lo sono solo di nome. Secondo me, noi partiamo da un livello molto alto, ma l’obiettivo è crescere. E non vorrei dire altro, perché per ora siamo giusti così.

Una continental è a suo modo un’azienda?

Decisamente. I budget sono importanti, stiamo lavorando bene sotto l’aspetto marketing e social. Con gli sponsor abbiamo in progetto nei prossimi sei mesi di portare a bordo dei nomi importanti. Lavorando bene, se le cose si incastrano con un po’ di fortuna, possiamo anche pensare di fare il salto di qualità. Ma per adesso stiamo bene qua.

L’organico non è molto sbilanciato verso gli under 23.

Abbiamo 5 ragazzi elite e 8 under. Abbiamo iniziato a cercare i corridori il 5 agosto, abbiamo dovuto formare da subito l’ossatura della squadra, per cui faremo le corse più impegnative con gli elite. Siamo anche convinti che l’under 23 non sia pronto per il professionismo, malgrado qualcuno sostenga che a 20 anni si debba passare per forza. E’ lo sbaglio più grande. Per stare di là bisogna avere una certa esperienza, una certa resistenza, una certa testa. Però faremo anche attività con gli under 23. Abbiamo due ragazzi che secondo me possono tranquillamente puntare a passare professionisti e secondo me non ci vanno lontano.

Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
E tu nel frattempo hai ricominciato ad andare in bicicletta?

Dopo quei due anni famosi, Fondriest mi invitò a fare una randonnée a Reggio Emilia. Non avevo la bici e neanche il casco e gli scarpini. E lui mi disse che mi avrebbe fatto trovare tutto in albergo. Arrivai alle dieci di sera e quando entrai nella stanza e vidi la bici, fu una folgorazione. Si è accesa la luce. Il giorno dopo ho fatto quei 40 chilometri, ma mi sono portato via la bicicletta e ho ricominciato a uscire. Piano piano, ma con regolarità.

L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
4 min
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

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Malucelli all’Astana, un perfetto colpo di reni

23.10.2024
4 min
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Matteo Malucelli è un corridore dell’Astana Qazaqstan Team. Ieri sera, col buio che aveva già inghiottito tutto, il romagnolo non stava nella pelle e forse non aveva neppure capito bene. Lunedì, il giorno prima, aveva firmato il contratto. Una WorldTour nel momento in cui forse pensava che fosse tardi. Invece alla fine i conti tornano e i tasselli dispersi dell’ultima Gazprom stanno trovando una collocazione, in una sorta di tetris che ha lasciato fuori soltanto Canola. Anche Carboni si è messo a posto, ma per l’annuncio c’è da aspettare ancora.

Malucelli si trova in ritiro a Padova con la nuova squadra. Ieri sera era appena arrivato in hotel e raccontava col tono basso di chi svela un segreto, quasi con la mano davanti alla bocca. Ma abbiamo condiviso così tanti discorsi e riflessioni in questi ultimi anni, che fare il misterioso alla vigilia dell’annuncio sarebbe stato imbarazzante. Malucelli ha firmato per un anno e deve tutto alle vittorie al Tour de Langkawi e all’investitura di De Kleijn. Parlando di lui, l’olandese lo ha definito un velocista fortissimo e sottovalutato.

«Che poi alla fine – ammette – il contratto me l’ha fatto firmare proprio De Kleijn. Senza di lui, sarebbe valso tutto un po’ meno. Lui non lo sa, ma il fatto che fosse in Malesia e io l’abbia battuto a quel modo è stato il plus che ha dato maggior prestigio alle mie vittorie. Dal Giro d’Abruzzo in poi ho fatto solo corse di classe 2.2 e sette vittorie, ovvio che avessero meno peso. Se avessi fatto questi risultati a luglio, avrebbero avuto ben altro riscontro, ma prendiamo il buono che è venuto…».

Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli
Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli

L’offerta di Savio

E’ presto per parlare di ruoli. Immaginare Malucelli che tira le volate al gigante Syritsa è certo suggestivo, ma una quadra così grande ha un vasto calendario da coprire e non mancheranno le occasioni per mettersi alla prova. Al suo procuratore Nicoletti stavolta è riuscito il perfetto colpo di reni, dopo che per giorni avevano discusso sul da farsi. Da una parte Malucelli, sicuro di meritare un posto nel gruppo. Dall’altro Moreno che invocava qualche risultato più pesante per andare a proporlo in giro.

«Avevo detto che se non avessi trovato una squadra vera – racconta Malucelli – avrei smesso. In realtà a un certo punto era venuta fuori una continental che però mi avrebbe pagato come una professional. Era la Petrolike: Gianni Savio sarebbe stato ancora una volta il mio salvatore. Era una buona possibilità e abbiamo tenuto la porta aperta fino a lunedì, perché giustamente Marco Bellini e Gianni non potevano aspettare in eterno. Mi hanno detto che se avessi trovato un’altra strada, sarebbe stato giusto percorrerla e così è stato. Stavo perdendo la speranza, ma ci credevo. Mi dicevo: “Cos’altro devo fare per avere l’opportunità che altri hanno avuto?”.

«E’ cambiato tutto nelle ultime due tappe di Langkawi e chiaramente, se fai quel tipo di vittorie, è più facile anche per il procuratore portare avanti il tuo nome. Adesso dipende da me, se me la sono meritata e se continuerò a meritarla. Ma sono tranquillo, perché ho la voglia di un ragazzino di 20 anni e l’esperienza del trentenne».

Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno
Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno

Ancora incredulo

Sarà la coincidenza dell’Astana che ha bisogno di corridori che portano punti, sarà aver visto in Malucelli la grinta che aveva già messo nelle corse con la nazionale subito dopo la chiusura della squadra russa. Sarà anche che nell’Astana c’è lo stesso Sedun che guidava la Gazprom. Comunque sia, la stagione con il Team Ukyo ha ridato a Malucelli voglia e vetrina. E adesso si apre la pagina più bella della sua carriera, nel momento in cui meno se lo aspettava.

«Non so ancora – dice – cosa dovrò fare. E’ tutto così fresco, che ancora non mi rendo conto. Finché non vedo, non credo. Finché non mi ritroverò a pedalare tutti insieme, non sarà facile da capire. Anche perché per l’età che ho, dico la verità, pensavo che ormai come canta Vasco, fosse tardi. Ma questa volta ho dato dei segnali profondi. Ho vinto 10 corse, me l’hanno fatta sudare, ma alla fine è arrivata».

Altro non dice, perché altro non sa. Il WorldTour, questa sorta di terra promessa che ti garantisce di fare le corse che contano, è arrivato quando meno se lo aspettava. Gli sono passati davanti agli occhi tutti i momenti degli ultimi due anni. Ha pensato a quanto sia stato faticoso correre e vivere lottando ogni volta con la frustrazione di meritare di più. Avrà pensato che in qualche modo esiste una giustizia. E che ora non ci sono più scuse, c’è solo da correre. Ma prima trascorrere un inverno da samurai, per essere pronto già dalle prime corse.

Vince Merlier, ma l’abbraccio di Padova è tutto per Dainese

23.05.2024
5 min
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PADOVA – Alberto Dainese è appoggiato alle transenne. Testa fra le braccia. Silenzio. Forse qualche singhiozzo di un pianto di rabbia strozzato in gola. Questa era la sua tappa. La tappa di casa.
Quando si tira su, uno dei maxi schermi in Prato della Valle, trasmette la volata. Dainese rivede il suo sprint. Si chiude ancora più in sé stesso e torna ai bus, tra la folla che urla il suo nome.

Un quarto posto che dopo l’incidente di questa primavera non è cosa da poco. Dainese è cresciuto sprint dopo sprint in questo Giro e ora sta iniziando a raccogliere i frutti di un buon lavoro e di una buona gamba.

Bis di Merlier

Intanto Tim Merlier dopo Fossano mette a segno un altro sigillo, il terzo per la sua Soudal-Quick Step in questo Giro d’Italia.

«Abbiamo preparato lo sprint da lontano – ha detto Merlier – con Julian Alaphilippe. Era un giorno molto importante e lo abbiamo affrontato nel migliore dei modi, rimanendo sempre ben coperti e nelle prime posizioni. Negli ultimi chilometri la velocità era altissima. Ho azzeccato il momento giusto per lanciare il mio sprint e alla fine è andato tutto bene».

Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo
Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo

Una buona Tudor

«Cosa poteva fare? Cosa poteva fare?», ripete con un po’ di rammarico il direttore sportivo Claudio Cozzi, ai bus. «Porca miseria, questo vento contro non c’era fino a pochi minuti prima. Non doveva esserci. Poi gli si sono spostati… e Alberto me lo ha detto: sono stato costretto a partire».

La Tudor Pro Cycling assieme alla Lidl-Trek era il team che più aveva tirato per non lasciarsi sfuggire lo sprint, memori di Lucca. E forse la fuga l’hanno tenuta sin troppo sotto tiro.

«Deluso? No perché dovrei esserlo? – dice l’altro diesse, Matteo Tosatto – Alberto forse è deluso, ma perché è uno che vuole vincere. Io non lo sono. Io sono contento dello spirito della squadra. Siamo senza due uomini molto importanti per Alberto (Krieger e Mayrhofer, ndr) e penso proprio che oggi Trentin e Froidevaux abbiano fatto un ottimo lavoro».

Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia
Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia

Sprint caotico

«Okay, quarto posto: le volate sono così – continua Tosatto – però non possiamo recriminarci niente. I miei ragazzi e Alberto hanno fatto una volata perfetta fino ai 300 metri».

Per assurdo a “fregare” Dainese è stato Jonathan Milan, che non era nel treno della sua Lidl-Trek. Quando Consonni e Teuns se ne sono accorti si sono rialzati. Ma ormai la volata era partita. Si era a meno di 300 metri dalla linea d’arrivo. Fermarsi sarebbe stato un suicidio.

«Noi – conclude Tosatto – abbiamo fatto la nostra volata. Milan ovviamente era il faro dello sprint, ma è andata così e dobbiamo accettare anche questo risultato… Che non è un brutto risultato».

Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski
Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski

L’abbraccio di Padova

Padova è la città di Alberto Dainese. E l’abbraccio forse è ancora più forte. Il suo fans club lo acclama sotto al bus della Tudor. Ci sono anche i familiari.

Qualche minuto. Il tempo di una doccia. E Alberto si concede al loro saluto. Sono momenti emozionanti. Che aiutano ad assorbire la botta, ma soprattutto a ricaricarsi in vista di Roma e, perché no, per raccontarci il suo sprint al dettaglio e con passione.

Alberto, che volata è stata?

L’idea era di prendere la prima delle due curve finali, quella  ai 900 metri, quasi in testa e ci siamo riusciti. Trentin ha dato una menata di due chilometri pazzesca, ma eravamo un po’ “lunghetti”…

E qui mancavano i due uomini che diceva Tosatto, scusa l’interruzione, vai avanti…

Però ho fatto le due curve in controllo ed era quello l’importante. Volevo fare la volata e non essere intruppato dopo le curve. Dopo che mi hanno passato Teuns e Consonni mi sono buttato alla loro ruota. Ho anche provato un po’ ad imbrogliarli dicendogli: “Vai vai Simo”…

Ma non ci sono cascati…

Hanno visto che non ero Jhonny quindi si sono spostati e sono arrivati altri da dietro. A quel punto per un istante ho cercato una ruota e mi sono messo dietro ad Hofstetter ma poi sono dovuto partire. Sono partito un po’ lungo. Avevo tanta voglia di sprintare, ma da dietro mi hanno rimontato e negli ultimi 50 metri sono rimbalzato. Mi dispiace.

Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Conoscevi questo finale: quante volte lo hai provato?

Studiavo a 500 metri da qui. Conoscevo ogni singola curva, ogni buca e ogni centimetro di asfalto. Brucia parecchio. Adesso siamo qua al velodromo, dove ho iniziato a correre in pista…. E’ tutta una serie di emozioni. Però ci proviamo anche a Roma.

Questo vento era più forte del previsto effettivamente?

Il vento era un po’ contro e abbastanza più forte di quello che credevo. Infatti quando sono partito mi sono reso conto che sarebbe stata lunga andare fino all’arrivo. Ho anche cercato di mettermi ancora più aerodinamico, più basso… ma non è bastato.

Che rapporto avevi?

Il 54 davanti. Sono partito col 12 poi ho buttato giù l’11. La velocità non era altissima in volata, proprio perché la Lidl-Trek si era fermata. Così ho cercato di partire un pelo più agile. Le prime volate di questo Giro le avevo fatte tutte col 10 e mi dicevano che ero troppo duro. Oggi ho cercato di partire più agile ma ero lungo.

Fci al lavoro per Bertazzo. E noi tifiamo tutti per lui

24.11.2021
3 min
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In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, tra coloro ancora in cerca di contratto c’è anche Liam Bertazzo. Il padovano (in apertura con Mareczko, dopo averlo aiutato a vincere alla Coppi e Bartali), uno dei quattro campioni del mondo dell’inseguimento a squadre, ha corso dal 2015 fino al 2021 nelle squadre di Angelo Citracca. E così ora, visto l’esito non proprio felice di quel team, si ritrova alla ricerca di una maglia.

«A Liam stiamo cercando di dare una mano – ci ha detto Marco Villa – da campione del mondo, mi sento in dovere di aiutarlo a trovare una squadra. Ha guadagnato la qualifica olimpica, è importante. A lui nessuno ha mai regalato niente e ha avuto tanta sfortuna, compresa l’ernia del disco nello stesso periodo in cui esplodeva Milan. Bertazzo se lo merita».

La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico
La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico

Federazione al lavoro

Quel che stupisce è che Bertazzo sia l’unico di quel gruppo di pistard a non far parte di un corpo militare, come invece Scartezzini e Lamon. Ma lui pare sereno, segno che sotto traccia qualcosa si sta muovendo e che la Federazione in un modo o nell’altro si sia presa a cuore la sua vicenda.

«Non ho più l’età per entrare nei corpi – dice – e poi comunque non è che in un mese avrebbero potuto predisporre il mio ingresso. Però sono sereno, soprattutto perché la maglia iridata è una certezza che si porta via parecchi dubbi. In Federazione hanno prima sistemato i quadri tecnici, poi hanno messo mano alla mia situazione. So che stanno parlando e spero che presto possa venire fuori qualcosa. Non hanno mai mancato la parola, solo che l’anno è particolare, le squadre hanno tutte il budget tirato, quindi semmai le cose sono più complicate. Ma sono fiducioso. Come ho già detto altre volte, mi è capitato altre volte di aspettare la fine di novembre per trovare un contratto».

Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018
Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018

Preparazione olimpica

La Federazione è già intervenuta in passato per aiutare uno dei suoi atleti di riferimento della pista, mediante un supporto offerto alla squadra di club che lo ha tesserato.

«Le Federazioni – spiega Renato Di Rocco, presidente Fci nei casi in cui l’intervento è stato disposto – percepiscono dal Coni dei fondi per la preparazione olimpica e hanno praticamente l’obbligo di usarli per i propri atleti. Ricordo che nel caso di Bertazzo abbiamo dato noi un contributo alla società, pari a metà dell’ingaggio o giù di lì. E’ una prassi abbastanza consolidata, con la quale abitualmente si supportano gli atleti di interesse olimpico. Si fa per tutti, sono borse a loro disposizione. In teoria si è ragionato sull’ammissione ai corpi militari per tutti i ragazzi della pista. Poi è chiaro che uno come Ganna si sia chiamato fuori e così pure Liam. Diciamo che non è difficile, parliamo di cose che si sono sempre fatte».

Ed è probabilmente questo il fronte su cui la Fci sta lavorando per trovare a Bertazzo una sistemazione all’altezza dei risultati che ha finalmente raggiunto, dopo anni di rincorse, lavoro e sfortuna. In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, pensare che Liam possa rimanere a piedi dopo aver vinto un mondiale e aver centrato la qualificazione olimpica sarebbe davvero una bestemmia.

Biagio Conte, Remo Cordioli, Vicenza-Bionde 2020

Biagio Conte ci guida nella Work Service 2021

07.01.2021
4 min
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Biagio Conte, professionista fino al 2003 e poi tecnico dalla Marchiol e a salire fino alla Cannondale, è uno dei direttori sportivi della Work Service-Vega continental. Il gruppo padovano ha ramificazioni in tutta Italia. Perciò se per gli juniores è ben nota l’affiliazione plurima con la toscana Romagnano, la continental nata nel 2020 ha la base nelle Marche, con il vecchio nucleo della Vega di Demetrio Iommi che a buon titolo ne fa ancora parte. Il fatto di aver messo il piede nel professionismo con la Androni, completa idealmente il quadro, pur in assenza di un contratto che offra alla Androni una forma di prelazione. La definizione di “accademia del ciclismo” che compare nella pagina introduttiva del sito internet del gruppo calza perfettamente alla situazione.

«Se fai bene- dice Conte – sai che puoi ambire a continuare il cammino. Non ci sono elementi tecnici in comune con l’Androni, lo dico per un fatto di buon senso. E in qualche modo questo offre la possibilità di completare il percorso iniziato con gli juniores».

Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Giacomo Garavaglia, un rinforzo per Conte in arrivo dalla Polartec Kometa
Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Garavaglia, in arrivo dalla Polartec Kometa
Quanto lavoro c’è dietro questa struttura?

Davvero tanto, con tante persone che ruotano attorno allo stesso progetto. Si comincia con gli juniores. In Toscana c’è il gruppo di Matteo Berti con il suo personale e i suoi mezzi. Poi c’è il gruppo padovano. In tutto parliamo di 18 atleti juniores, con la struttura per fare due attività.

Dove sta la forza di questa società?

Nel valore tecnico. Da quando sono qua, non ho mai visto né sentito parlare di atleti portati via ad altre squadre con i soldi. Il motivo che li spinge a venire sono i risultati della strada. I ragazzi hanno voglia di farne parte e arrivano. Anche perché con i regolamenti che ci sono non puoi fare incetta di atleti con i punteggi più alti, puoi prenderne due al massimo. E’ chiaro che avendo la plurima, si cerca di sfruttare al massimo il bacino delle singole regioni. Quindi sia il Veneto, sia la Toscana hanno portato ottimi corridori. La fortuna di avere uno sponsor come questo, che ti permette poi di passare in una continental, è un valore aggiunto.

Il passaggio dalle squadre juniores alla continental è dato per scontato?

Nel ciclismo di scontato non c’è nulla, in ogni caso il posto bisogna meritarselo, va costruito. Così come non è detto che i ragazzi siano tenuti a continuare per forza con noi, come nel caso di Germani che ha scelto la Francia. Come Garzara che ha scelto il Ct Friuli.

Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, foto dal Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Il presidente Levorato ha parlato di notevole ringiovanimento dell’organico.

Con un grande rimescolamento, è vero. Per quest’anno avremo 8 under 23, con 5 che salgono dagli juniores e 2 di secondo anno. Confermati Colombo, Mentil e Zecchin, Fra gli under, è arrivato anche Bobbo dalla Ntt. In più ci sono gli elite, per i risultati che potranno dare e perché siano di riferimento per gli altri.

Cinque primi anni sono un bel contingente di freschezza…

Sono Marco Cao, Eric Montagner, Danilo Pase, cui si aggiungono il friulano Giovanni Bortoluzzi e il marchigiano Danilo Dignani.

Quali sono i… vecchietti?

Uno è Garavaglia, che era alla Polartec-Kometa e probabilmente sperava di continuare con loro. Poi c’è il gradito ritorno di Marchetti, dopo la stagione fatta alla Casillo, che si sta allenando davvero bene. Quindi tra i confermati, Burchio e Zandri. E poi c’è una scommessa…

Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin è stato confermato: foto della Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Zecchin confermato, qui alla Vicenza-Bionde 2020
Una scommessa personale di Conte?

Un ragazzo del 1998 che secondo noi può dare tanto e si chiama Stefano Di Benedetto, che era al Pedale Scaligero. Ha fatto belle cose, è stato campione regionale. Può dire la sua.

Perché la base nelle Marche?

Perché Demetrio Iommi aveva già la sua struttura ed era molto meglio appoggiarsi a qualcosa di già collaudato. E poi, vista la collaborazione con la Marchiol, nello staff dei direttori sportivi ci sono anche Emilio Mistichelli nelle Marche e Mirko Lorenzetto in Veneto, che seguirà in modo più diretto gli under 23.

Farete attività mista, fra professionisti e gare U23/elite?

Esatto. Per quelle tra i grandi, abbiamo già ricevuto inviti dalla Croazia e probabilmente partiremo da Laigueglia. Tutto sperando che la situazione Covid permetta che si possa correre. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Siamo pronti per i tamponi e tutto quello che servirà, in attesa magari del vaccino, che sarà la vera liberazione.

Andrea Lucchetta, Massimo Levorato, presentazione Work Service 2019

Work Service, il ciclismo è una scuola di vita

06.01.2021
5 min
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“C’è un nuovo partner, e che partner, per Androni Giocattoli Sidermec. E’ ufficiale, infatti, anche senza la possibilità di far seguire al contratto la più classica delle strette di mano causa pandemia, l’accordo che lega per la stagione 2021 Work Service Group al team di Gianni Savio e Marco Bellini…”.

Il comunicato che il 3 gennaio è rimbalzato nei computer di tutte le redazioni iniziava esattamente così e obiettivamente non ci sarebbe stato niente di clamoroso, in una fase in cui quasi tutte le squadre vanno in cerca di uno spessore per rendere la situazione meno traballante. Solo che questa volta, volendo uscire dalla lettura frettolosa, la notizia è interessante per tutto quello che Work Service rappresenta per il ciclismo italiano, partendo dai giovanissimi e risalendo per gli juniores fino alla continental.

L’azienda ha sede operativa a Padova e si occupa di logistica integrata e servizi industriali. Così, dopo settimane a parlare di strutture troppo grandi fra gli juniores, ci è venuta la curiosità di mettere alla prova Massimo Levorato, classe 1973, che è il Presidente dell’azienda e della squadra. E che nella foto di apertura è con Andrea Lucchetta, alla presentazione 2019 dei suoi team.

La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020
La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020 (foto Scanferla)
La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020
Work Service al Giro del Friuli Juniores (foto Scanferla)
Perché il ciclismo e soprattutto con tanto impegno?

Ho fatto il corridore fino al secondo anno da dilettante. Ho goduto del meglio che si potesse attingere da direttori sportivi appassionati, con la mentalità del buon padre di famiglia. Anni che mi hanno trasmesso una grossa dose di altruismo e la capacità di condividere il lavoro. Per cui a un certo punto restituire tutto quello che ho ricevuto mi è sembrato persino normale. E’ quello che mi motiva e mi gratifica, perché mi permette anche di far passare un messaggio diverso da quello del semplice rincorrere i risultati.

Quale messaggio?

Cerco di sensibilizzare i ragazzi e le famiglie, ma la mia stessa azienda, che si può crescere anche attraverso la competizione.

Parliamo di ciclismo e scuola?

La cultura personale non dipende dal lavoro che fai, perché non sarai ciclista a vita e non ci servono ex corridori che non sono capaci di dire due parole. Per questo chiediamo ai ragazzi anche di avere una buona resa scolastica. Aver studiato serve anche a saper leggere i contratti.

Un punto importante…

Una volta non era così e questo ha determinato anche la vita federale, lasciando che a decidere sia gente che non ha la giusta formazione. Fosse per me, farei una riforma del sistema elettorale, permettendo l’accesso al voto agli addetti ai lavori in base alla loro capacità di incidere sul movimento. Il sistema della delega non va più bene.

Mattia Garzara, Gp San Pietro Viminario, juniores 2020
Mattia Garzara vince il Gp San Pietro Viminario juniores (foto Scanferla)
Mattia Garzara, Gp San Pietro Viminario, juniores 2020
Mattia Garzara al Gp San Pietro Viminario (foto Scanferla)
Ci sono squadre juniores che spingono troppo sul gas, voi siete una delle più grandi.

Il primo intento non è riempire la bacheca con le coppe, qualche anno va bene e qualche anno meno. I nostri direttori sportivi sono tutti laureati in Scienze Motorie e se uno che allena dei ragazzini ha cognizione di quello che fa, è già tanto. Ci sono società che lavorano bene e altre che sono ferme su vecchi schemi e non sempre fanno l’interesse dei ragazzi. Noi siamo ben organizzati, senza l’assillo di stare con i primi. Mi dispiacerebbe passare per uno che vuole farsi pubblicità. Se così fosse, credetemi, sarebbe più semplice sponsorizzare il calcio. Qui ci sono passione e altruismo. Abbiamo i giovanissimi e organizziamo gare.

I risultati però non mancano.

Ma non prendiamo solo i campioni. Abbiamo tanti ragazzi normali che sono voluti venire perché hanno capito che qui si lavora in un certo modo. E nella continental quest’anno abbiamo fatto un grande ringiovanimento, tranne tre elite che però dovranno essere riferimenti per i più giovani.

Che rapporto c’è fra il presidente e i corridori?

Parlerei di cordialità e ascolto. Mi piace capire e discutere anche dei problemi che esulano dall’ambito sportivo. Un atleta è prima di tutto una persona. E a loro chiedo di crescere fino a capire dove si collocheranno nel mondo del lavoro. Quanti sono i professionisti che possono vivere di quello che hanno guadagnato? Pochi, gli altri devono imparare un mestiere. Soprattutto quelli che hanno fatto tanta fatica in cambio di uno stipendio da operaio specializzato. Non tutti riescono.

Samuele Manfredi, San Martino di Lupari (Pd), juniores 2020
Anche Samuele Manfredi è passato di qui. Eccolo a San Martino di Lupari lo scorso agosto (foto Scanferla)
Samuele Manfredi, San Martino di Lupari (Pd), juniores 2020
Anche Manfredi ha corso alla Work Service (foto Scanferla)
Un esempio?

Era convinto che il nostro Zordan sarebbe diventato qualcuno, ma purtroppo non è andata così. Mentre per quello che si vide fra gli juniores, credevo che Moscon non fosse il corridore che è diventato.

Cosa pensa alla luce di questo dei procuratori fra le categorie giovanili?

Penso che da ragazzi il miglior procuratore sia la famiglia, a patto che ci sia dialogo. Non serve altro. Non sempre quel che si vede da ragazzi si conferma negli anni successivi. Quelli forti emergono anche senza qualcuno che vada a proporli in giro… 

In che modo questo spirito si incastra con la scelta di affiancare l’Androni?

Nasce da un’analisi più completa del nostro mondo. La continental è un serbatoio per ragazzi che finiscono la scuola e magari vogliono andare all’Università. Ragazzi cresciuti nelle nostre squadre juniores, che vogliono proseguire nello stesso ambiente. Germani ha fatto una scelta diversa ed è andato alla Francaise des Jeux, una strada legittima che spero lo porti a riuscire anche come uomo. Ma se qualcuno vorrà andare avanti, è giusto che abbia la possibilità di provarci.