Crescendo D'Amore, Davide Balboni, mondiali San Sebastian 1997

Balboni-De Candido: botta e risposta sugli juniores

24.12.2020
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Ce lo siamo chiesti mille volte nelle ultime settimane, per spiegare come mai arrivino professionisti di vent’anni e siano già in grado di sbaragliare il campo: quanto sono cambiati gli juniores negli ultimi anni? Pensi alle foto di una volta e li ricordi più tondetti di oggi. Pensi alle bici che avevano. E magari pensi ai direttori sportivi che facevano tutto loro. Ma per dare al discorso un’impronta più seria e uscire dai ricordi personali, abbiamo pensato di mettere a confronto le risposte di Davide Balboni e Rino De Candido, tecnici della categoria rispettivamente il primo dal 1995 al 1998 e il secondo negli ultimi 15 anni. Gli abbiamo fatto le stesse domande, ecco le loro risposte.

Antonio Tiberi, Rino De Candido, Harrogate 2019
Rino De Candido con Antonio Tiberi, iridato nella crono ad Harrogate 2019
Antonio Tiberi, Rino De Candido, Harrogate 2019
De Candido, con Tiberi ad Harrogate 2019

A scuola fino al diploma?

Balboni: «Andavano a scuola e avevamo il grande orgoglio di avere in nazionale ragazzi prossimi al diploma. Anche fra loro, il fatto di finire gli studi veniva sentito come un obiettivo. Qualcuno mollava prima, ma forse non si arrivava al 10 per cento».

De Candido: «Non tutti finiscono, qualcuno molla per fate attività, anche col fatto che adesso alle professionali puoi fare solo il biennio. Le famiglie si oppongono, a volte, ma i ragazzi non danno retta».

Juniores e la vita da atleti

Balboni: «Riuscivano a studiare e ad allenarsi. Chiaro che non facevano la vita al 100 per cento. Si allenavano dal primo pomeriggio, andando molto a sensazione e mangiando quello che la mamma gli faceva trovare in tavola. A letto presto, ma solo dopo aver finito i compiti».

De Candido: «Pensano di essere pronti per essere professionisti, ma sono ragazzini. Per fare la vita vera devi avere una preparazione prima mentale e poi fisica. Ci provano in tanti a bruciare le tappe, ma non solo per colpa loro, anche per personaggi che gli promettono di portarli in questo o quello squadrone».

Davide Balboni, Claudio Astolfi, terzo mondiali juniores, Novo Mesto 1996
Balboni con Claudio Astolfi, terzo ai mondiali juniores di Novo Mesto 1996
Davide Balboni, Claudio Astolfi, terzo mondiali juniores, Novo Mesto 1996
Balboni con Astolfi, 3° ai mondiali di Novo Mesto 1996

Quante corse nel calendario?

Balboni: «Il regolamento imponeva un limite per le corse a tappe. Potevano farne una con la società e due con la nazionale. Poi la stagione andava da marzo a settembre, mediamente con una corsa per ogni weekend».

De Candido: «Non fanno troppe gare a tappe. Con me si fa solo attività internazionale, perché prendano botte e capiscano di dover lavorare. Le società tendono a farne troppe, ma non posso intromettermi. Di base cerco di tutelare quelli buoni, concordando dei programmi. Basta poco a far andare forte uno junior, basta allenarlo di più. Quello che accade spesso sotto la pressione di tecnici che vengono confermati anche in base al numero delle vittorie».

Di che livello le loro bici?

Balboni: «Un po’ scarsino. Erano bici di media gamma».

De Candido: «Certe squadre hanno un parco bici meglio di alcune squadre pro’, certo meglio delle continental. Bici da 7-8.000 euro con i freni a disco. Ma poi quando passi che cosa devono darti perché tu abbia uno stimolo? A loro basta essere fighi. Se poi si staccano, cambia poco. Si dà tanto spazio all’apparenza, mentre si dovrebbe insegnare prima di tutto a conoscere la fatica. Mi pare che si valutino molto le cose superflue e non l’aspetto mentale. Si mette pressione, invece di insegnare a individuare l’obiettivo, programmarsi, lavorare e raggiungerlo».

Come è organizzata la squadra?

Balboni: «Faceva tutto il direttore sportivo. Le più attrezzate avevano il meccanico, ma solo per il giorno della gara. Il massaggiatore saltava fuori solo nelle corse a tappe importanti, che erano il Lunigiana, dove si va per Regioni, la 3Tre Bresciana e il Basilicata…».

De Candido: «Attualmente sono come squadre di professionisti. Hanno il direttore sportivo, il preparatore, il nutrizionista, il massaggiatore per due volte a settimana. E i ragazzi hanno anche il procuratore.

Nial, juniores, anno 2011
Pullman e furgoni in una foto del 2011: il settore era già in crescita
Nial, juniores, anno 2011
Pullman e furgoni già nel 2011

Hanno il preparatore?

Balboni: «Anche in questo caso, era tutto nelle mani del direttore sportivo. Di solito si trattava di un ex corridore, che gestiva i ragazzi con grande esperienza».

De Candido: «E’ pieno di ex atleti che sono capaci e altri che si sono buttati dentro per trovare un modo di guadagnare, come i procuratori. Ce ne sono un’infinità. Moltissimi fanno pratica con gli amatori, ma se devi fare la preparazione di un ragazzino, devi studiare. Se funziona, i diesse sonno contenti, visto che ormai tanti lo fanno per i soldini. Se non funziona, è colpa del preparatore».

Chi gestisce l’alimentazione?

Balboni: «La mamma e poi il cuoco dell’hotel quando eravamo in ritiro, con il menu fatto dal tecnico o dal massaggiatore. Infatti erano più grassi di oggi. La crostatina del Mulino Bianco era la loro droga, oggi è veleno. Secondo me viaggiavano con un 5% di grasso più di oggi».

De Candido: «Il nutrizionista. E se non ce l’ha la squadra, vedrai che alcuni ragazzi ce l’hanno personale».

Ci sono procuratori in giro?

Balboni: «Zero assoluto. Per portare Pozzato alla Mapei, il padre parlò con me e con Roberto Damiani».

De Candido: «Quelli buoni ce l’hanno. Non entrano nell’attività, ma se fai credere al ragazzino che lo porterai nello squadrone, quello si gasa e non ascolta. Uno mi ha detto che sarebbe andato nella continental e gli avrebbero dato 1.200 euro più di sua madre. Vaglielo a spiegare che un operaio forse guadagna di più e che certamente in cambio di quei soldi dovrai dare qualcosa…».

Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
De Candido con Andrea Piccolo, 2° su strada e oro nella crono agli europei 2019
Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
De Candido con Piccolo, due medaglie agli europei 2019

Quanti ritiri in un anno?

Balboni: «Solo con la nazionale, tranne magari quelli della Vigorplant, lo squadrone, che ne facevano uno a inizio stagione. Andavamo ad agosto a Livigno o Pontresina in vista dei mondiali di fine agosto. Quando furono spostati a ottobre, modificammo le date. D’Amore vinse il mondiale il primo ottobre del 1997 (foto di apertura)».

De Candido: « Inizialmente vanno quasi tutti al mare, al Sud o in Riviera. D’estate c’è l’altura, ma non penso per tutti. Di certo fanno preparazioni abbastanza mirate».

Che rapporti fra team e nazionale?

Balboni: «Intensi nelle tante telefonate, ma non si entrava mai nella preparazione. Si spiegavano le scelte. Il vero momento di contatto erano le corse. C’era grande voglia e l’orgoglio di mandare un ragazzo in maglia azzurra. Erano anni in cui per la categoria non c’era tanta visibilità al di fuori degli eventi con la nazionale, mentre oggi con i canali social e i siti web ognuno può farsi da sé la sua comunicazione».

De Candido: «Buoni, perché sanno che con me stanno zitti e fanno quello che dico. Certi direttori mi seguono sulla strada della disciplina, ad esempio, ma è chiaro che il cittì ha più potere di loro. Tante squadre sono costrette a cedere per tenersi buono il corridore forte. La maglia azzurra interessa a tutti, ma gli dico che per vestirla devono abituarsi e fare quel che è giusto per la loro età. Mi piace parlarci in modo diretto».

Come si comportano in giro?

Balboni: «Erano super educati. Avevano il senso della maglia azzurra, con i più grandi che erano di esempio per i più piccoli. C’era anche enorme rispetto nei confronti del personale, anche perché meccanici e massaggiatori erano spesso persone anziane. Il rispetto veniva spontaneo darglielo e loro erano bravi a ottenerlo».

De Candido: «Ho un decalogo e glielo consegno. Voglio che salutino e dicano grazie a chi lavora per loro. Al secondo giorno che a colazione non ricambiano il saluto, picchio il pugno sul tavolo finché non lo fanno. Quando si rivolgono al personale, devono chiedere: «Posso prendere?», non rivolgersi loro e dire: «Dammi!». Sono cose che mancano. La soddisfazione, quando incontro al mondiale pro’ dei ragazzi che sono stati con me, è vedere quanto siano diventati educati. A casa nessuno gli impone delle regole, sembra assurdo ma dobbiamo farlo noi».

Eros Capecchi, tricolore juniores 2004
Capecchi tricolore 2004: quella Rimor contribuì a portare gli juniores a un livello molto alto
Eros Capecchi, tricolore juniores 2004
Capecchi tricolore 2004 e già ad alto livello

Trasferte e tempo libero…

Balboni: «Stavano molto in camera a riposarsi e parlare fra loro. Durante i ritiri, prima di cena, a tavola e dopo, scendevano per andare dai meccanici o trovarsi nella hall. Si parlava di tutto. Della scuola, di come sarebbe stato fra i dilettanti. Io ero vicino di età, avevo 35 anni, per cui si parlava anche di ragazze, ma dipende da come ti ponevi. E siccome non c’erano i telefonini e per chiamare si intasava il centralino dell’albergo, il giorno dopo mi toccava ricordargli di scendere a pagare le telefonate».

De Candido: «L’unica cosa che si riesce a ottenere è che non usino il cellulare a tavola, per il resto è una piaga. Prima e dopo cena, in hotel, non parlano più fra loro. Si mettono su un divanetto e chattano col mondo. Hanno una manualità impressionante. Dovrebbero parlarsi, far crescere la complicità che poi in gara si rivela decisiva. Invece si isolano e il gruppo ne risente. Quando c’era Manfredi, era meglio. Lui era capace di parlare di tutto e li coinvolgeva».

Come va con le ragazze?

Balboni: «L’ormone era a mille. E siccome lo sapevamo, anche se la cosa faceva scandalo, avevamo lo psicologo della nazionale, il dottor Rota, che in alcune sedute gli spiegava quanto fosse più dispendiosa la prestazione con la miss piuttosto che con la propria ragazza. I corridori per questo sono sempre stati piuttosto svegli».

De Candido: «Hanno tutti la morosa, che magari soffre e gli rinfaccia già le lunghe assenze, oppure vuole uscire e non li lascia studiare o allenarsi. Alcuni già convivono. Anche per questo sono attaccati al cellulare, magari silenziato. E se mentre quasi dormono la lucina lampeggia, si tirano su e rispondono al messaggio. Non sono concentrati. E non capiscono che le ragazze sono più furbe di loro. rispetto a una volta, sono degli allocchi. Anche perché oggi l’approccio funziona al contrario. Sono le ragazze che arrivano».

Sono più smaliziati o ingenui?

Balboni: «Di base ingenui. Credo che a sgamarli di molto sia stato l’avvento dei social».

De Candido: «Sono ingenui. Vogliono fare vedere che sono fighetti, ma hanno sempre 17-18 anni…».