Partenza 1° Trittico Rosa della Marca Trevigiana, Castelfranco Veneto, Alessandro Ballan, donne allieve

Come si fa ora che la spremitura inizia dagli allievi?

14.10.2025
6 min
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«Vengo dalla scuola Fiorin – disse Rebecca Fiscarelli, 17 anni, campionessa del mondo delle velocità a squadre juniores – dove la multidisciplina è all’ordine del giorno. Negli allievi ho sempre fatto strada, pista e ciclocross. Preferisco la pista perché mi è sempre piaciuta, però penso che al giorno d’oggi per crescere si debba provare tutto. Anche perché da una specialità impari cose nuove che puoi applicare nell’altra. Il ciclocross per guidare in pista, la strada per avere resistenza nel cross. Da ognuna hai un beneficio, per cui mettendo tutto insieme, hai sicuramente una marcia in più».

Rebecca Fiscarelli, che oggi corre con Conscio Pedale del Sile, fino al 2024 ha corso con la GS Cicli Fiorin
Rebecca Fiscarelli, che oggi corre con Conscio Pedale del Sile, fino al 2024 ha corso con la GS Cicli Fiorin

La scuola Fiorin

Era il punto di partenza per parlare con Daniele Fiorin, padre dei due azzurri (Sara e Matteo) a proposito dei vantaggi della multidisciplina fra gli allievi. Invece si è trasformato in un preoccupato grido di allarme sulla piega che sta prendendo il ciclismo anche nelle categorie più giovani. I tempi di Federica Venturelli e Anita Baima,  sembrano lontanissimi e ancora di più quelli di Maria Giulia Confalonieri e Alice Maria Arzuffi, come pure Grimod ed Elena Bissolati

«Con la mia società, io mi fermo alle categorie giovanili – dice Fiorin – perché non ho quelle sopra. E dico che è già tanto riuscire a portarli a fare questo discorso negli allievi. La maggior parte non lo vedono, anche per semplicità. E’ molto più comodo farsi la preparazione invernale tranquilli, al posto di andare a prendere freddo nel ciclocross. E’ molto più comodo non portarli in pista e farli allenare solo su strada. Stiamo andando verso l’esasperazione anche nelle categorie giovanili. Semplicemente non c’è più il tempo per andare in pista, non c’è più il tempo per fare altro che ore, ore, ore, allenamenti, allenamenti, allenamenti. Sono stato sull’orlo di chiudere la società, perché se non c’è un cambiamento, non andiamo molto lontano».

La famiglia Fiorin al completo: Daniele, Marianna e i figli atteo e Sara
La famiglia Fiorin al completo: Daniele, Marianna e i figli Matteo e Sara
La famiglia Fiorin al completo: Daniele, Marianna e i figli Matteo e Sara
La famiglia Fiorin al completo: Daniele, Marianna e i figli Matteo e Sara
Che cosa vuoi dire?

I miei corridori ancora da allievi fanno circa 10 ore alla settimana. Che possono essere anche 9 oppure 11 a seconda della settimana, del carico oppure no. Ormai siamo arrivati a donne allieve di primo anno, di cui non faccio i nomi, che fanno 18 ore alla settimana. Mia figlia Sara, che quest’anno era WorldTour con la Ceratizit, mi ha detto che ne fa 18-19. Per cui siamo arrivati che le allieve si allenano come le professioniste.

Diciotto ore sono tante…

Visto che un giorno di riposo devi darglielo, vuol dire che fanno in media tre ore ogni giorno e inoltre hanno da pensare alla scuola. Quindi andare in pista, prendere la macchina, un’ora per andare e un’ora per tornare, sono già due ore buttate via. Questo è il principio. E infatti il numero dei corridori che vanno in pista sta calando. Il ciclocross d’inverno tiene ancora, ma andando avanti non so come finirà. E io sono stato sul punto di chiudere, perché non sono disposto ad arrivare a quegli eccessi. Non riesci a insegnare più nulla, la tattica ad esempio. Facendo 18 ore alla settimana, con il nutrizionista e l’attenzione al grammo, basta che aprano il gas e non gli stai dietro.

E chi si allena di meno?

Lo perdiamo. Quelli che vogliono crescere gradatamente non trovano squadra, hanno paura di non trovarla, perché non è più il loro sport. Con questo livello, chi si sviluppa più tardi fa 10 chilometri e si ritira. Fra qualche anno invece perderemo quelli che arrivano presto di là e sono già finiti. Quindi, se non cambiamo qualcosa, non so quanto potremo andare avanti.

Federica Venturelli ha corso su strada, nel cross e in pista fino agli U23: ora tiene strada e pista
Federica Venturelli ha corso su strada, nel cross e in pista fino agli U23: ora tiene strada e pista
Un meccanismo tutto sbagliato, anche nei confronti di chi viene fatto allenare all’eccesso…

E’ sbagliato dopare, tra virgolette, le tue prestazioni allenandoti come un professionista a 15-16 anni, non è la cosa giusta.

Nelle 10-11 ore dei tuoi ci sono anche pista e cross?

D’inverno, utilizzo il ciclocross come preparazione, associato alla palestra, per le abilità di guida e perché comunque la gara di cross è una cronometro, quindi a livello metabolico e di forza, è un ottimo lavoro. D’estate faccio prevalentemente pista e strada. Fiscarelli faceva palestra un paio di volte alla settimana, soprattutto l’anno scorso visto che si è indirizzata verso la velocità. Faceva anche il ciclocross che poteva anche essere associato alla palestra. O prima come riscaldamento prima di cominciare con i pesi, oppure dopo per sciogliere e fare tecnica. Non ho mai uno schema fisso. E poi c’era anche il giorno che uscivano su strada, anche con la bici da cross. Invece la domenica, dato che lei è una pistard, non era detto che gareggiasse.

Però ha rivendicato il cambio di bici come una fase formativa importante.

Un anno ho preparato su pista il campionato italiano di ciclocross. Quando c’era Montichiari aperta, anche se la domenica gareggiavano nel ciclocross, il sabato pomeriggio noleggiavo per due ore la pista e andavamo. Abbiamo vinto un campionato italiano con Alessandra Grillo a Monte Prat, quindi in salita, avendo trovato il colpo di pedale in pista. Non ci crede nessuno, forse certe cose le può pensare solo un matto come me, però posso dire che in pista in quegli stessi anni ci ho trovato più di una volta Marco Aurelio Fontana, che faceva cross e MTB.

Dino Salvoldi, cittì degli juniores e della pista azzurra, ha dedicato parecchio tempo a valutare gli allievi più interessanti a Montichiari
Dino Salvoldi, cittì degli juniores e della pista azzurra, ha dedicato parecchio tempo a valutare gli allievi più interessanti a Montichiari
Perché fare tutto?

Perché ogni specialità ti porta qualcosa e quando poi componi il puzzle alla fine viene fuori quello che hai fatto e ti ripaga. Non vuol dire che devi fare per tutta la vita due o tre discipline, ma impari tanto. Un esempio, magari sciocco.

Avanti…

Terza tappa del Giro donne a Trento, la famosa caduta nella rotonda a 3 chilometri dall’arrivo. Porto sempre l’esempio di mia figlia Sara. Le volano tutte davanti, strada piena. Volano quelle dietro e lei in mezzo rimane in piedi. Perché le altre pinzano e vanno per terra, specie con i freni a disco e nelle rotonde dove c’è sempre un po’ di olio di scarico per terra. Se invece sei abituato sul fango, dove si scivola per niente, sai che devi gestire la frenata e hai qualche possibilità in più di stare in piedi. Poi le è partita la bicicletta, è andata in derapata. E nel cross ha imparato che se sei in derapata e ti va via la bicicletta, devi mollare il freno per raddrizzarla, perché se continui a frenare vai per terra.

C’è una morale secondo te?

Si sta spingendo troppo fra gli allievi. Bisogna far capire alle società e ai preparatori che forse è meglio stare un po’ più tranquilli. Tutti corrono per vincere, ma senza dover per forza stravincere. E non è detto che vincere con la forza sia l’unico sistema, ma serve il tempo per insegnarlo. A livello giovanile dobbiamo curare non solo la forza, ma anche il cervello. Per me il corridore migliore è quello che prima usa il cervello perché fa fatica a stare a ruota. E poi quando inizierà ad allenarsi seriamente, sarà un atleta completo, che farà la differenza.

EDITORIALE / La multidisciplina sta sparendo?

11.11.2024
4 min
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Davide Toneatti sarà promosso nella Astana Qazaqstan Team nel WorldTour. La vittoria di aprile e i piazzamenti di tutto l’anno hanno persuaso Vinokourov a dare fiducia al friulano, figlio della multidisciplina, che a 23 anni metterà il naso nel ciclismo dei grandissimi. La notizia è sicuramente positiva perché porta un altro azzurro di talento a giocare la sua carta in una squadra che dal 2025 sarà la più italiana di tutte, con corridori come Ulissi, Bettiol, Conci, Scaroni, Masnada, Fortunato, Malucelli, Ballerini, Velasco, Romele e Kajamini.

Quello che si può notare è che Toneatti taglierà definitivamente i ponti con il ciclocross, come già accaduto nel recente passato (al momento di salire di livello) con De Pretto, Olivo e Masciarelli. Non è detto che questo per lui sia una privazione: magari ne aveva le tasche piene e non vede l’ora di concentrarsi soltanto sulla strada. La stessa cosa tuttavia si è verificata con Silvia Persico e in parte con Federica Venturelli, frenata peraltro anche dal recupero da un infortunio. La multidisciplina è passata di moda? Oppure va bene finché l’atleta è giovane e poi bisogna scegliere? Oppure, ancora, la seconda specialità è una sorta di gabbia da cui il corridore non riesce a liberarsi se non quando diventa grande?

Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta
Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta

Strada e pista

Ha retto finora l’abbinamento fra strada e pista. Abbiamo letto nell’intervista a Luca Guercilena che, al momento di firmare con la Lidl-Trek, Milan ha inserito la clausola pista, peraltro ben accetta da parte del team. Un discorso simile ha funzionato alla Ineos Grenadiers con Ganna e Viviani, ma è stata evidente la disparità di trattamento fra i due. Il piemontese ha potuto seguire un bel calendario su strada, mentre Elia si è dovuto accontentare di quel che capitava.

E’ stato però chiaro che tutti, dal giorno dopo Olimpiadi e mondiali, sono stati richiamati in servizio. Soprattutto all’indomani di Parigi, questa necessità ha reso difficile la vita agli atleti che avrebbero avuto bisogno di recuperare e invece si sono ritrovati subito in gruppo.

Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista
Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista

Programmi e sponsor

Ciò che risulta evidente dalle dichiarazioni di Patrick Lefevere e in qualche misura dello stesso Guercilena è che la multidisciplina non abbia interessi commerciali per le squadre che pagano gli atleti. Nel cross se non altro possono correre con la bici e i materiali del team, con l’eccezione dell’abbigliamento che sarà quello della nazionale. Su pista invece, anche la bici è federale e piuttosto che celebrare la vittoria di un competitor, non si celebra il campione. Il prossimo azzurro che dovrà gestire la doppia attività sarà Stefano Viezzi, che da gennaio sarà al devo team della Alpecin-Deceuninck.

Va lassù e ce lo aveva fatto capire sin dalla Coppa del mondo di Benidorm dello scorso gennaio perché affascinato dalle imprese di Mathieu Van der Poel cui in parte somiglia. Forse in Belgio gli lasceranno spazio per il ciclocross: finché si è nei team di sviluppo non ha senso costringerli a scegliere. Poi, se e quando verrà il momento di passare professionista, si vedrà il livello raggiunto e si faranno valutazioni insieme, senza preclusioni a priori.

Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin
Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin

Il ruolo della Federazione

Come fa un ragazzo a inserire qualsiasi clausola se il suo potere contrattuale è ancora esiguo? Non deve essere lui a farlo, ma probabilmente il suo procuratore o la Federazione per cui è un elemento di grande interesse, soprattutto nella prospettiva dell’ingresso del cross nel programma olimpico. E’ vero che alla fine comanda la volontà dell’atleta, ma se in alcuni casi la rinuncia è un’imposizione, allora forse l’intervento federale potrebbe aiutare parecchio. Qui si parla di medaglie olimpiche, mondiali ed europee, non di sfide regionali.

L’alternativa è che la multidisciplina, in questo caso il cross, in Italia diventi una prerogativa giovanile, che ci vedrà brillare sempre meno nelle categorie elite. Bisognerà solo abituarsi al prurito di veder sparire i talenti su cui si potrebbe costruire tanto e che invece, per scelta o necessità, prenderanno strade diverse.

Il Giro promuove Cafueri: «CX e strada? Non scelgo…»

14.11.2023
5 min
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Riguardando quella maglia bianca, linda e pulita e confrontandola con il tanto fango incontrato lungo il percorso di Follonica, a Tommaso Cafueri sono tornate in mente le immagini dell’europeo della settimana precedente. Era la sua prima uscita nella nazionale come under 23, era partito con tante ambizioni ed era finito indietro: 27° a 4’33” dal vincitore Jente Michels. Il portacolori della DP66 si è rifatto, ritrovando il sorriso dopo aver battagliato a lungo contro gli elite conquistando il simbolo del primato di categoria al Giro d’Italia.

Per Cafueri è un risultato importante, che conferma soprattutto la sua dimensione di corridore multidisciplinare e parlando con lui si nota come vada abbastanza contro quella tendenza di cui si era discusso con il patron del Giro ed ex cittì Fausto Scotti, ossia l’intenzione degli stessi ragazzi, influenzati o meno dai team, di privilegiare la strada.

Cafueri (qui a Tarvisio) è andato sempre in crescendo, fino al podio assoluto di Follonica (foto Billiani)
Cafueri (qui a Tarvisio) è andato sempre in crescendo, fino al podio assoluto di Follonica (foto Billiani)

I consigli del preparatore

«Io ci tengo troppo al ciclocross, ne sono innamorato – spiega – e anzi ho scelto il mio nuovo team per la strada, per approdare fra gli U23, mettendo in chiaro che volevo continuare a fare la doppia attività. Per fortuna non ci sono state voci contrarie, sono stato accontentato e questo mi ha dato una nuova carica». Cafueri, è notizia proprio di queste ore, va a rinforzare il roster della Zalf Euromobil Desirée Flor e il fatto che la sua doppia attività sia stata ben accettata è un segnale importante.

A differenza di tanti altri, Cafueri ha sfruttato la parte finale della stagione su strada proprio pensando all’attività invernale: «Mi sono preso un periodo di pausa ad agosto proprio per non arrivare troppo affaticato all’inizio di stagione – dice – le gare della seconda parte le ho affrontate pensando all’inverno, pur senza trascurare il risultato. Mi fido molto del mio preparatore Enrico Licini di 4Perfomance e i risultati ci danno ragione, infatti continuerà a seguirmi anche nella nuova avventura del 2024».

L’esperienza europea non è stata molto fortunata, nel finale ha risentito dello sforzo
L’esperienza europea non è stata molto fortunata, nel finale ha risentito dello sforzo

Follonica come il Grande Nord

Il cambio di categoria si fa sentire? «Sicuramente. Agli Europei la gara è durata oltre 56 minuti, è un po’ diverso rispetto a quanto ero abituato e ci vuole tempo per ricalibrarsi. Negli ultimi due giri ero davvero a corto di energie e sono quei due giri che cambiano tutto. Enrico comunque mi ha rassicurato, è solo questione di abitudine».

Proprio l’esperienza francese gli ha dato però lo spunto per capire quanto cambia il ciclocross appena si varcano i confini nazionali: «I percorsi cambiano molto, ma io non sarei così critico nei confronti italiani, ci stiamo avvicinando soprattutto in certe occasioni. Lo stesso tracciato di Follonica con tutto quel fango è diventato estremamente duro e all’altezza dei tracciati in Belgio e Olanda: si correva tanto a piedi. E’ chiaro che lì il fango è quasi un “must”, in Italia c’è più varietà, ma molti percorsi rispecchiano il vero ciclocross».

Su strada il 18enne ha avuto un’ottima stagione con 2 vittorie, il podio al Giro del Friuli e altre sette Top 10 (foto SportCity)
Su strada il 18enne ha avuto un’ottima stagione con 2 vittorie, il podio al Giro del Friuli e altre sette Top 10 (foto SportCity)

Tutto è nato su una mtb

Tracciati che Cafueri dimostra di gradire, come si è visto a Follonica: «Nel primo giro sono anche rimasto davanti per un po’, poi siamo andati via in 4, con Ceolin, Folcarelli e Cominelli. Io a un certo punto ho preferito non rispondere ai continui attacchi degli altri e andare col mio passo, pensando soprattutto alla maglia bianca. Essere primo in classifica è bello, a questo punto credo che proverò a difendere il primato sin dalla prossima tappa a Cantoira».

A questo punto però la domanda viene spontanea: Cafueri è più un ciclocrossista o uno stradista? Intanto si è appena saputo che nel 2024 correrà su strada con la Zalf, ma l’interrogativo resta.

«Me lo chiedono in tanti, per ora direi ciclocrossista in base alla mia storia. Io avevo iniziato con la mtb, poi dopo la categoria allievi mi hanno spinto a provare su strada e mi sono trovato subito bene, con qualche piazzamento il primo anno da junior e un secondo anno di livello maggiore con una vittoria al Giro del Veneto e il successo al Trofeo Commercio Industria e Artigianato a Rignano sull’Arno. Su strada mi sto ancora scoprendo, vado bene in salita e sul passo e sono anche abbastanza veloce, ma devo imparare tanto».

Follonica, quarta prova del Giro ha premiato il ritorno ai vertici di Cominelli (foto Lisa Paletti)
Follonica, quarta prova del Giro ha premiato il ritorno ai vertici di Cominelli (foto Lisa Paletti)

Gli specialisti del fango

Intanto a Follonica avevamo lasciato tre in lotta per il successo e la gara grossetana ha riportato in auge Cristian Cominelli, davanti ad Antonio Folcarelli sempre più in rosa, con Cafueri terzo. Un ritorno ai vertici anche fra le donne grazie a Rebecca Gariboldi, in crescita di condizione e che come Cominelli si esalta nelle condizioni di gara estreme, da ciclocrossista tipica, impedendo così la doppietta alla Cycling Café vista la piazza d’onore della Bulleri, mentre la terza, Lucia Bramati si è consolata con la conferma del simbolo del primato.

Philipsen, danese vincitutto che non vuole scegliere

28.08.2023
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Quando ora si cita il nome “Philipsen” non si pensa più solamente al velocista belga dell’Alpecin Deceuninck. I mondiali di Glasgow hanno messo in evidenza il nome di Albert Withen Philipsen, danese di Holte che a 16 anni è diventato il più giovane campione del mondo della categoria junior, ma non pago di questo, nella settimana successiva ha prima proiettato verso il bronzo la staffetta di mtb e poi ha conquistato un’altra maglia iridata, questa volta sulle ruote grasse.

Già, perché Philipsen è il perfetto prototipo del ciclista contemporaneo, che ama ogni disciplina su due ruote: fa ciclocross d’inverno, poi si dedica alla mountain bike e contemporaneamente alla strada. E non chiedetegli di scegliere: «Non voglio farlo, non ora, si può tranquillamente correre in discipline diverse. Magari tra qualche anno dovrò fare una scelta, ma per ora seguo la strada di grandi maestri: Mathieu Van Der Poel, Wout Van Aert, Tom Pidcock, il mio idolo».

Philipsen è nato il 3 settembre 2006 a Holte (DEN). E’ il più giovane iridato junior
Philipsen è nato il 3 settembre 2006 a Holte (DEN). E’ il più giovane iridato junior

Il campione “vincitutto”

Ma chi è Albert Withen Philipsen? Per ora lo si può considerare un campione annunciato con una predilezione spiccata per la mountain bike. Ha iniziato a pedalare da giovanissimo e a 9 anni era già campione nazionale di Mtb per quell’età, poi a ogni anno di crescita saliva di categoria e andava a riconquistare la maglia. Lo ha fatto fino a quest’anno, ma a dir la verità nel 2023 non si è accontentato.

Albert è soprannominato “vincitutto” dopo che in questa stagione ha messo insieme, in linea temporale, i titoli di campione danese di ciclocross, di mountain bike cross country, su strada in linea e a cronometro, il titolo europeo sempre nella mtb e poi le due maglie iridate. Se vincesse a gennaio prossimo la maglia iridata di ciclocross (e ci proverà, potete scommetterci…) riuscirà in quell’impresa che Mathieu Van Der Poel ha tentato a Glasgow, cadendo dopo pochi metri della prova di mtb e che in passato è riuscita solo alla francese Pauline Ferrand Prevot, sempre però in anni sfalsati e non in quello solare.

Philipsen con la medaglia d’oro degli europei mtb, primo suo grande successo internazionale
Philipsen con la medaglia d’oro degli europei mtb, primo suo grande successo internazionale

Nato con la mtb in mano…

La propensione per la mountain bike si vede anche nel suo modo di correre su strada: «Nei boschi ho un’ottima padronanza – raccontava ai cronisti dopo la vittoria su strada a Glasgow – su strada sono ancora un po’ inesperto. Per questo mi piace correre davanti, cerco di limitare i contatti con gli avversari al minimo possibile. Preferirei usare ancora più potenza e poi stare davanti, invece di dover lottare per la mia posizione».

E’ chiaro che qualsiasi team farà firmare il contratto a Philipsen (dopo Glasgow c’era una fila interminabile di dirigenti e procuratori…) dovrà mettere in preventivo che ci sarà da lavorare approfonditamente su di lui per affinarne le doti su strada, insegnargli a limare, a prendere posizione, a lavorare di squadra anche a prescindere dalle fughe. Non è però che parliamo di un novellino…

Una settimana dopo il trionfo su strada, il danese è andato a prendersi anche l’oro nella mtb
Una settimana dopo il trionfo su strada, il danese è andato a prendersi anche l’oro nella mtb

Prime avvisaglie alla Corsa della Pace

E’ vero che la mountain bike resta il suo primo amore, è anche vero però che quando corre su strada, ottiene sempre risultati di spicco. Basti dire che alla Corsa della Pace ha conquistato tre podi ed è finito 4° in classifica 39” da quel Nordhagen tra i favoriti a Glasgow e logorato con il lavoro suo e del connazionale Storm, conquistando la maglia di vincitore a punti.

Proprio quello Storm che a suo dire è stato decisivo per la conquista della vittoria sulle strade della città scozzese: «Avevamo fatto un piano alla vigilia per correre davanti, considerando che ci sarebbe stata pioggia, invece non è stato così, si è corso con il caldo ma non abbiamo cambiato strategia. La mia fortuna è stata che Storm è uno d’esperienza, che sa come correre oltre a essere fortissimo. Quando sono partito ha coperto benissimo la mia azione e devo dirgli grazie.

Su strada il danese mostra ancora lacune soprattutto nel correre in gruppo
Su strada il danese mostra ancora lacune soprattutto nel correre in gruppo

Ora? All-in sul ciclocross…

«Quando sono arrivato al traguardo mi sentivo come se fossi appena partito, d’altronde quel percorso mi ha esaltato, era fatto per me. Dovreste usare le dita di molte mani per contare quante volte ho rilanciato durante la gara…».

E ora? Come detto, l’obiettivo adesso è stato spostato al prossimo 3 febbraio, il giorno della gara mondiale di ciclocross a Tabor in Cechia, per centrare il fatidico Grande Slam iridato. Nel frattempo continuerà ad affinarsi su strada e probabilmente metterà in mostra la sua maglia al GP Ruebliland correndo con il suo team, il Tscherning Cycling Academy. Magari inserendo anche qualche prova di mtb a chiusura di Coppa del Mondo. D’altronde, facendo il verso alla popolare pubblicità televisiva di prodotti dolciari, se provaste a chiedergli quale bici sceglierebbe vi risponderebbe come la famosa bambina: «Tutte!».

Paletti a 18 anni ha le idee chiare anche tra i pro’

19.01.2023
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Luca Paletti ci aveva avvisato: «Farò la scelta migliore per il passaggio di categoria, ma non voglio ostacoli nel mio orientamento su come continuare la doppia attività». Così il figlio d’arte classe 2004, aveva chiuso la nostra intervista. A distanza di sei mesi Luca si è messo in tasca un quadriennale con la Green Project Bardiani Csf Faizanè. Ha fatto il grande salto nei pro’ e ha aggiunto una postilla al suo contratto che gli darà la possibilità di portare avanti la sua passione per il cross

Proviamo a chiamarlo, ma non ci risponde. Luca è a scuola, giustamente il diciottenne è all’ultimo anno di superiori. Per lui infatti il passaggio di categoria sarà graduale e dalle sue parole si percepisce che i piedi sono ben saldi a terra e che i passi che farà saranno attenti e misurati. Complice una famiglia che respira ciclismo da tre generazioni.

Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Come sta andando il tuo inserimento in squadra?

Abbiamo fatto un ritiro a dicembre di quindici giorni e poi ne abbiamo fatto uno a ottobre dove ci siamo conosciuti tutti. Sto facendo una settimana tranquilla dopo l’italiano, per poi iniziare la preparazione e iniziare esclusivamente su strada. 

Cosa vuol dire andare a scuola la mattina e indossare la maglia Bardiani al pomeriggio?

É un po’ difficile perchè tra impegni legati allo studio e quelli sportivi, trovare una quadra non è semplice.  Ma è un orgoglio. Per esempio oggi tra compito e studio non sono riuscito ad uscire in bici perchè si è fatto buio. Ma con la squadra ne abbiamo parlato e mi vengono molto incontro. 

Senti pressioni per questo salto di categoria?

Sia la scuola che mi da una mano, sia il team che non mi mette pressione, tutti capiscono l’impegno. Quindi per la prima parte della stagione sarà strutturata in questo modo senza riempirla di impegni per riuscire bene in tutto. 

Che anno ti aspetti?

Sarà un anno dove soffrirò un po’ ma come percorso so che avrò dei guadagni in futuro. So che non sarà facile e soffrirò con la testa, dovrò tenere duro. 

Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Con la preparazione stai aumentando i chilometraggi?

Diciamo che nel ritiro che abbiamo fatto a dicembre mi avevano avvisato che avrebbero fatto le ore da professionisti e mi sono preparato per arrivare la con qualche chilometro in più nelle gambe

Domenica hai fatto nono al campionato italiano di ciclocross. Che gara è stata?

Purtroppo abbiamo avuto un problema con la squadra, nella comunicazione della partenza. Sono arrivato tardi fisicamente alla partenza. L’orario ufficiale era 11:30 e io sono arrivato esattamente a quell’ora. Le griglie erano già schierate. Sarei dovuto partire in prima fila ma alla fine sono partito nell’ultima. E’ stata tutta una gara in rimonta. Ho chiuso nono ma si poteva fare molto meglio.

Un banale errore di comunicazione…

Purtroppo è stata proprio una svista da parte nostra e di tutto lo staff. C’era la convinzione che si dovesse partire alle 11:45. Era tutto nuovo anche per loro

Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Avevi buone sensazioni?

Stavo bene, partivo dalla prima fila il percorso era adatto alle mie caratteristiche, c’è molto rammarico. Un po’ di rabbia anche ma fa bene provarla, sarò più carico al prossimo anno. 

Hai sempre rimarcato la voglia di praticare la multidisciplina. Lo avete scritto nero su bianco?

Sì è stata una cosa che abbiamo inserito nel contratto per avere questa possibilità. Farò la mia stagione su strada poi mi confronterò con il mio preparatore per organizzare quella del ciclocross. 

Come mai questa volontà?

E’ una disciplina che mi piace molto, i primi anni sarò un po’ indietro su strada, quindi è una cosa che mi farà crescere se continuo a praticarla. Per i primi due anni ci tengo, perchè già è un passaggio grosso da compiere, facendo un po’ di cross mi darà una mano

Quindi non pensi che possa appesantire la stagione?

Io lo vedo come un aiuto per la strada. Poi dipende da come lo fai. Ci sono atleti come Iserbyt che fanno ciclocross da inizio settembre fino a febbraio. Invece Van Aert lo fa per tre mesi e ne ricava una preparazione ottima. 

Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Che intenzioni hai rispetto a questa disciplina per l’anno prossimo?

Se viene un risultato non lo butto di certo via. Quest’anno ci ho puntato, dai prossimi anni sarà più inteso come un allenamento

Correrai solo in Italia o anche all’estero?

Vedremo, ne ho parlato un po’ con i miei direttori e loro mi hanno detto che se voglio fare qualche esperienza all’estero mi daranno la possibilità e mi accompagneranno. 

Gareggerai con gli under o con i pro’?

Questo sinceramente non lo abbiamo definito. Teoricamente nel cross posso correre negli U23 nelle gare internazionali. Così come su strada, essendo una squadra professional posso partecipare solo alle corse internazionali. Per questo il calendario classico under inizia con la Coppa San Geo, ma non essendo internazionale sarò costretto a partire dalla Croazia a inizio marzo. 

Su pista, su strada, a crono e in Mtb: come li mettono in sella?

24.11.2021
5 min
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Le posizioni in bici sono sempre state un elemento fondamentale e non trascurabile del ciclismo. Misure azzeccate o sbagliate hanno fatto vincere o perdere grandi Giri. Non solo, un posizionamento scorretto può portare anche a infortuni o problemi che possono compromettere stagioni o nel peggiore dei casi carriere. Della messa in sella vi abbiamo parlato in più occasioni affrontando i temi specifici. 

Casadei con un ospite d’eccezione nel suo studio: Fabian Cancellara
Casadei con un ospite d’eccezione nel suo studio: Fabian Cancellara

Riferimento per i pro’

Con questo approfondimento facciamo un focus su uno degli aspetti che spesso viene trascurato. La posizione durante il periodo invernale su altre discipline come: gravel, mountain bike, ciclocross e pista. Per farlo, ci siamo affidati a Massimo Casadei che vive il ciclismo a 360 gradi. A partire dall’aspetto tecnico con le sue competenze biomeccaniche (in apertura Michele Scartezzini durante una crono). Passando per quelle da responsabile del centro studi dell’Emilia Romagna nonché docente e formatore per direttori sportivi. Lui in primis lo è ricoprendo il ruolo di diesse nell’Arvedi Cycling. Nel suo studio tra i clienti fissi ci sono i suoi atleti ma anche Matteo Malucelli, Filippo Baroncini, Manuele Tarozzi oltre a qualche atleta del Team Colpack a supporto dell’amico Ivan Quaranta.

La multidisciplina fa parte della preparazione invernale. E’ un dato di fatto…

Si. Sopratutto a livello giovanile si spinge molto in questa direzione. E’ uno degli obiettivi della Federazione portare a praticare più discipline possibili. Si è visto che avere un bagaglio tecnico più ampio favorisce la crescita dell’atleta in tutto e per tutto. Un esempio sono gli atleti di alto livello che praticano discipline diverse, come può essere il ciclocross, pista, Mtb e gravel.

Va bene qualsiasi specialità?

Dipende dalle situazioni, nella mia squadra (la Arvedi Cycling, ndr), l’indirizzo è pista e strada. Per cui alcuni di loro, come Francesco Lamon o Michele Scartezzini proseguono la stagione dedicandosi alla pista tra Champions League e sei giorni. Chi invece non ha l’impegno invernale alterna le discipline fuoristrada.

Per Lamon, atleta Fiamme Azzurre, la doppia attività è pista con la nazionale e strada con la Arvedi
Per Lamon, atleta Fiamme Azzurre, la doppia attività è pista con la nazionale e strada con la Arvedi
Sei tu che li segui anche nel posizionamento in sella?

Sì, io li seguo sia nella posizione in bici sia per la preparazione, visto che ricopro il ruolo di diesse.

Lamon e Scartezzini hanno avuto una lunga stagione?

Lamon come ben si sa, ha dovuto mantenere un livello di forma altissimo per molti mesi e i due ori gli hanno dato ragione. Lui domani parte e va con la nazionale alle Canarie due settimane. Invece Scartezzini sta facendo la Champions Legue e sta mantenendo un ottimo stato di forma, anche lui viene da ottimi risultati con l’argento mondiale nella madison. Entrambi hanno staccato finito il mondiale e sono andati in vacanza, per un totale di 15-20 giorni di riposo.

La vostra squadra, si può dire sia un satellite della nazionale di pista. Per questo lavorate in sinergia con la maglia azzurra. Ci sono discordanze tra strada e pista, per quanto riguarda le misure?

Come altezza sella non cambia più di tanto anzi si cerca di mantenere lo stesso assetto. Quello che varia è la posizione sull’avantreno. Le differenze più grosse ci sono nelle bici per l’inseguimento. Infatti gli appoggi sono stati progettati da zero con uno scanner per la produzione del manubrio, molto costoso. Si parla di manubri fatti su misura da più di diecimila euro. Lo stesso concetto vale per la crono, va fatto uno studio di base che va poi a modificare alcune altezze ma non le stravolge.

Prendendo sempre come esempio i pistard pensi che abbiano difficoltà a passare da un mezzo all’altro?

No, anche perché alternano spesso l’utilizzo, non fanno stacchi troppo dilatati. Il segreto sta li. É chiaro che fanno dei periodi dove l’utilizzo si concentra su un tipo di disciplina. Tanto è vero che il pre gara lo fanno con la bici normale senza problemi. A volte quando i tempi sono brevi mettono direttamente la bici da pista sui rulli per avere una confidenza totale. Ma di base non ci sono problemi nell’alternanza.

Ci sono posizioni esasperate anche nell’offroad?

Globalmente, direi che le posizioni esasperate come dicono molti, non esistono. Per esempio anche gli amatori che vengono nel mio studio ci tengono a dire che non vogliono posizioni estreme. E’ chiaro che un atleta professionista ha una posizione in sella diversa, più rivolta alla performance. Io parto sempre dal concetto di comfort. Uno in bicicletta deve starci bene. Il pro’ va in bici tutti i giorni per svariate ore. Stare comodi in sella aiuta il recupero e non affatica ulteriormente.

Pidcock Mtb Tokyo 2021
Serve grande versatilità per passare dalla bici da strada alla Mtb. Qui Pidcock, oro a Tokyo
Pidcock Mtb Tokyo 2021
Serve grande versatilità per passare dalla bici da strada alla Mtb. Qui Pidcock, oro a Tokyo
Cosa pensi degli amatori che prendono i pro’ come riferimento?

L’atleta agonista, fondamentalmente è magro. Ma sopratutto è giovane salvo casi particolari. Le articolazioni hanno più elasticità così come l’adattamento dei muscoli e il recupero sono al massimo del loro rendimento. 

Non c’è una grossa differenza tra una bici e l’altra?

Chiaro che su Mtb o su gravel si ha un assetto diverso, si va alla ricerca di una posizione che dia una certa sicurezza anche nella guida. Sono attività che vanno affrontate in modo adeguato. Un adattamento ci deve essere sempre. L’altezza sella si cerca di mantenerla uguale, così come l’arretramento. L’obiettivo rimane conservare i parametri originali in modo tale che gli angoli siano il più simili possibile. Così facendo si rende meno traumatico il passaggio tra una disciplina e l’altra.

La corsa a piedi può dare fastidio alla risalita in sella?

C’è chi scende anche dalle due ruote. Ci sono atleti a cui piace andare a correre nei mesi invernali. Ma anche in questo caso bisogna avere un approccio cauto. Dal punto di vista organico non si hanno problemi a correre per un’ora. I problemi nascono dal punto di vista articolare e tendineo. Come per tutte le cose, la gradualità è un aspetto fondamentale da non trascurare. 

Gaia Tormena alza la posta: ora lavora sulla crono

30.04.2021
5 min
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«Ci vediamo presto – la salutiamo – su strada, in pista o su qualche sentiero. A questo punto non hai più limiti, quel che è certo è che spunterai in sella a una bicicletta, ma di quale tipo non si sa…». Gaia Tormena saluta con una risata argentina e ci lascia a riordinare gli appunti di un’interessante conversazione. Se vogliamo parlare di polivalenza, dobbiamo partire da lei. Tanto più che adesso ha messo nel mirino anche i campionati italiani della crono.

Dalla Mtb alla pista

Quando venne fuori che nel 2020 la valdostana, oggi 19 anni, iridata 2019 di eliminator in mountain bike, avrebbe partecipato agli europei su pista, qualcuno strabuzzò gli occhi. Noi andammo più a fondo e ci facemmo raccontare dell’insolita avventura e di come fosse stato il cittì Celestino a fare il suo nome al collega della pista (e della strada) Salvoldi. Considerato che Gaia non aveva mai corso in pista, l’esperimento era stato trionfale, chiuso con l’argento nella velocità a squadre e la finale del keirin mancata per 15 centimetri. Abituata a gareggiare sui 90 secondi dell’eliminator, bravissima a guidare la bici e capace di un’elevata frequenza di pedalata, l’abbinamento Mtb-pista si era compiuto nel nome del talento e della sua passione.

Dalla pista alla crono

Oggi però, Gaia ha deciso di fare un altro passo e così dieci giorni fa si è presentata nella sede milanese di Guerciotti, uscendone con una bici da cronometro. Una Eureka TT, messa a disposizione gratuitamente dall’azienda milanese. Il top della gamma crono, con cui lo scorso anno correva la Bardiani e ora la Caja Rural. Freni tradizionali, gruppo Campagnolo Record 11v Eps, ruote Ursus e sella Selle italia Iron Flow.

Tormena attentissima, Guerciotti spiega. La bici è montata con Campagnolo Record 11v Eps
Tormena attentissima, Guerciotti spiega

Noi l’abbiamo raggiunta dopo i primi allenamenti, riscoprendo la routine della scuola cui anche lei ha dovuto far ritorno in presenza. La sensazione, da lei confermata con una sincera risata, è che con la didattica a distanza le riuscisse meglio organizzarsi il poco tempo a disposizione.

«Il primo approccio con la bici da crono – spiega – è andato bene. Per i primi due chilometri mi sono sentita un po’ strana, poi però ho trovato il feeling giusto. Non era la prima volta con le appendici, avendo usato la bici da quartetto…».

Come ti è venuta l’idea?

E’ nata all’ultimo momento. A maggio avrei avuto i mondiali di eliminator, ma li hanno rinviati a fine agosto. Finora ho fatto qualche gara di cross country, ma non poteva bastare. Così abbiamo guardato il calendario e visto che a giugno ci sono i campionati italiani della cronometro. Abbiamo chiesto un po’ in giro e Guerciotti mi ha dato questa possibilità per arricchire il mio bagaglio. Sarà utile per quando insegnerò ciclismo o magari sarò un tecnico.

Scusa, hai 19 anni, non è presto per pensare alla carriera giù dalla bici?

Sì, ma è bene provare tutto. Sono dell’idea che finché non provo, non posso sapere. Ed essendo in una piccola squadra, ho la possibilità di fare parecchie esperienze, senza per forza incanalarmi verso una specialità che poi escluda le altre.

Per Tormena, primo test sulla posizione in Guerciotti, prima di andare dal suo biomeccanico
Primo test sulla posizione, prima di andare dal suo biomeccanico
Come va sulla bici da crono?

Abbastanza bene, ma devo sistemare ancora qualcosa sulla posizione. Credevo che sarei stata più bassa di cadenza, invece dopo un po’ mi sono ritrovata a spingere bene. L’obiettivo è il campionato italiano, vediamo se riuscirò ad adattarmi. In fondo si tratta pur sempre di una bici, non vedo grosse differenze.

Farai qualche gara di prova prima dei tricolori?

Ne stiamo cercando una per prendere le misure. In fondo l’eliminator sono due minuti ripetuti più volte. Il cross country dura un’ora e 40’. La crono saranno meno minuti, però a tutta.

Hai provato la bici da crono in tutte le situazioni?

Non ancora in discesa, che un po’ mi inquieta. Non so come si comporta la bici e come riuscirò ad adattarmi. Ho ancora le ruote a raggi, che la rendono guidabile, vedremo come sarà con la lenticolare.

Andrai a studiare il percorso della crono?

Nelle gare di eliminator sono precisissima, cerco di conoscere il percorso metro per metro. Per la crono dovrò adattarmi, visto che c’è di mezzo la scuola. Dovrò mandarlo a memoria quando sarà possibile andarci.

La Eureka TT è pronta, stretta di mano con Guerciotti e via
La Eureka TT è pronta, stretta di mano con Guerciotti e via
La crono ormai si prepara in modo iper tecnologico: che rapporto hai con il misuratore di potenza?

Ho iniziato ad allenarmi con i watt da quest’anno. Il mio allenatore di prima, con cui mi trovavo benissimo, mi ha detto che non se la sentiva più di seguirmi, perché non sarebbe riuscito a dedicarmi l’attenzione di cui ho bisogno. Il mio nuovo tecnico Sergio Benzio è molto preciso su watt e posizione. La cosa bella è che loro due continuano a sentirsi, per cui lavoro con una certa continuità. Quanto a me, dovrò essere più scientifica, mi sforzerò di esserlo.

In che fase di preparazione sei?

Non sto lavorando sul cross country, alle gare che ho fatto mi sono presentata con l’allenamento da sprinter. Ho fatto il grosso del volume su strada, ma d’ora in avanti per la cronometro seguirò tabelle nuove.

Gaia Tormena, 19 anni, tutto pronto per il primo allenamento in Val d’Aosta
Tutto pronto per il primo allenamento in Val d’Aosta
Che sensazioni ti dà passare da una bici all’altra, da una specialità all’altra?

Diciamo che ho passaggi agili. Durante la settimana uso come base la bici da strada, un giorno prendo la Mtb per curare la tecnica, un giorno vado in pista a Montichiari per lavorare sulla velocità e l’inseguimento. Invece fuori stagione mi diverto anche con l’enduro.

Qual è la molla che spinge Gaia Tormena verso tutto questo provare?

Credo sia la passione per le due ruote, che a volte si trasforma anche dentro di me. Ce l’ho da piccolissima ed è nata spontaneamente. La voglia di provare finché si può. Perché so da me che a un certo punto bisognerà compiere una scelta. E per allora bisognerà aver valutato tutte le opzioni.

Cross, strada e pista: caro Bryan come fai?

16.01.2021
5 min
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E poi, dopo mezz’ora a parlare di Bryan Olivo con Alessio Mattiussi del CTF Lab, ti viene voglia di avere ancora 18 anni. Il campione italiano juniores di ciclocross, come ci aveva raccontato a Lecce, fa cross, strada e pista ed è il manifesto di come l’insieme delle discipline concorra a formare l’atleta a 360 gradi, dandogli le capacità tecniche, tattiche e atletiche con cui da grande potrà rincorrere i suoi traguardi.

Il Centro friulano con sede a Pradamano lo segue da due anni e nell’impostarne la preparazione, registra le sue risposte alle varie sollecitazioni, per capire quanto e come gestire la triplice attività.

Alessio Mattiussi
Alessio Mattiussi, parte dello staff del CTF Lab (Foto GF)
Alessio Mattiussi
Alessio Mattiussi, staff del CTF Lab (Foto GF)

«Fino ad ora è stato tutto possibile – spiega Mattiussi – grazie al calendario juniores, che è meno fitto di quello under 23 e soprattutto inizia più avanti nella stagione. Quando Bryan salirà di categoria, ci sarà da studiare. Quest’anno, con i mondiali di ciclocross juniores saltati, la sua stagione potrebbe concludersi prima. Correrà domani a Variano di Basiliano e poi, se la fanno, il 24 gennaio a Bassano. Poi basta».

Cominciamo dalla prima curiosità: dove lo trova il tempo per recuperare?

Non ne ha molto e per questo l’inizio dell’attività su strada a marzo ci permette di organizzarci meglio. Finito il cross, farà dieci giorni fermo. Anche se vincendo a Lecce ha preso un sacco di morale, il 2020 e poi il Covid e l’attività nel cross sono state un impegno esigente e voglio che recuperi innanzitutto a livello mentale. Poi si partirà pensando alla strada.

In che modo?

Le prime tre settimane le dedicheremo a fare il volume che gli manca nel cross. A marzo lavoreremo sull’intensità, per arrivare ad aprile pronti per correre. La base fatta ad agosto e settembre su strada gli è stata utile per iniziare a fare i lavori specifici del cross, ma adesso va ricreata.

Quindi di fatto non si potrà sfruttare la condizione del cross per la strada?

Bisognerà vedere i calendari, ma di certo calerà. Però, grazie all’abitudine di fare quei 40 minuti a tutta, confido che avrà tempi più brevi nel ritrovare la condizione.

Già al primo anno da esordiente, Olivo si divideva fra strada e cross
Al primo anno da esordiente, fra strada e cross
Guardando le foto dello scorso anno e avendolo visto a Lecce, si fa fatica a capire che corridore potrà diventare…

Fisicamente è cambiato tanto, vogliamo capire come si sta trasformando. Di sicuro non è un corridore per le salite lunghe, ma per quelle medie e per gli strappi, con la sua esplosività, lui c’è. Non è velocista, ma neanche è fermo.

La preparazione della pista si innesta su quella della strada?

Bryan era già stato in pista a livello regionale, ma dallo scorso anno ha un buon rapporto con Villa, perciò durante la stagione va anche a Montichiari. L’anno scorso il fine estate è stato impegnativo, da non trovare il tempo in cui recuperare.

Come va sul piano delle motivazioni?

E’ super entusiasta. Aver scoperto la pista, stare in mezzo ai ragazzi della nazionale, gli ha dato una super motivazione. Anche perché oltre all’ambiente, si è reso conto di quanto cresca la condizione. Di fatto, la triplice attività farà di lui un corridore completo su tutti i fronti. L’occhio e la tattica della pista e la tecnica di guida del cross compongono un bel curriculum.

Si nota la differenza nella guida?

E’ molto sveglio anche su strada e questo lo ha aiutato anche a muoversi bene in pista.

A un certo punto Bryan dovrà fare una selezione?

Bella domanda. Bisognerà capire quanto saprà essere performante ad esempio nel cross, se potrà inserirsi fra i migliori al mondo. I mondiali ci avrebbero aiutato a collocarlo. Fare tre specialità è stressante, prima o poi di deve scegliere. Se fai la stagione del cross, salti la preparazione in palestra, che è decisiva per strada e pista e non la recuperi. Il tempo è poco e la parte più complicata è fargli capire quando recuperare, perché se fosse per lui sarebbe sempre in bici e questo gli si ritorcerebbe contro.

Bryan Olivo, Ctf Lab
Nella sede del CTF Lab per mettere a punto la posizione in sella
Bryan Olivo
Nella sede del CTF Lab per mettere a punto la posizione
Le tre discipline sono una sua idea oppure è stato guidato?

Olivo rientra nella filiera che abbiamo creato con il Pordenone, quindi è nel nostro giro. Sono due anni che lo seguiamo, da quando era con il Gruppo Ciclistico Bannia, che ha dai giovanissimi agli allievi. Sono stati molto bravi a fargli provare tutto. Stiamo curando anche altri loro ragazzi saliti negli juniores e si vede che hanno una marcia in più, perché non sono sfruttati e sono completi nella loro formazione. Con loro facciamo il posizionamento e poi adesso, causa Covid, ci vediamo in videochat.

Tre discipline, tre bici diverse: come si fa?

Si tende a tenere lo stesso atteggiamento per bacino e ginocchia, la parte relativa alla gamba. Cambia invece la guida. Per cui se in strada e pista può stare più basso, nel cross serve più guidabilità. A tutto ciò si aggiunga il lavoro a secco, che si fa ogni giorno, per coltivare l’elasticità.

Che rapporto c’è tra il CTF Lab e il gruppo di Daniele Pontoni?

Con il Dp66-Giant collaboriamo da quest’anno, visto che seguivo Bryan. Daniele ci ha chiamato a ottobre per affidarci anche qualche altro atleta ed è un valore aggiunto importante. Perché noi sappiamo di biomeccanica e preparazione, ma lui ha una competenza tecnica notevole, che ci permette di completare la formazione.