Dall’europeo verso il sogno olimpico di Azzetti, biker doc

Dall’europeo verso il sogno olimpico di Azzetti, biker doc

28.11.2025
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Una biker pura. Di Nicole Azzetti nel ciclocross si è cominciato a parlare dopo il bronzo di Middelkerke, ai campionati europei, ma chi bazzica il mondo della mountain bike conosce bene il suo talento e le grandi prospettive. E’ arrivata alla rassegna continentale senza grandi velleità apparenti, ma dentro di sé aveva il fuoco, la voglia di emergere e alla fine il suo è stato il risultato più sorprendente della felice rassegna azzurra.

Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)

Il rapporto della trentina di Ala, tesserata per l’Ale Colnago Team, con le due ruote ha radici antiche: «Vado in bici praticamente da sempre, ho iniziato fin da piccolina perché mio papà era praticante e quindi la passione mi è stata tramandata. Anche mio fratello andava in bici, poi ha smesso e io ho continuato perché mi piace tanto e sto continuando».

Tra tante discipline come sei arrivata al ciclocross e quali sono quelle che ti piacciono di più?

Io principalmente faccio mountain bike perché è il mio amore più grande. E’ la disciplina regina dalle mie parti, dove ci sono tanti percorsi adatti.  Da esordiente ho iniziato a fare anche il ciclocross perché una squadra me lo ha chiesto e quindi mi sono detta: vabbè, dai, proviamo. Poi ho continuato perché mi sono appassionata, ha molti legami con la mountain bike, che resta però la mia specialità preferita.

Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Quindi sei un po’ lontana dal ciclismo su strada…

Ho fatto due gare da allieva, ma non mi è mai piaciuto perché mi trovo meglio a fare gara solo per me. Tutta la parte del correre in gruppo, del fare gioco di squadra non mi è congeniale, mi piace di più l’adrenalina che c’è nel fuoristrada.

E che differenza trovi tra la mountain bike e il ciclocross?

Innanzitutto il clima. Non amo il freddo e questo penalizza un po’ il mio rapporto con il ciclocross. Io amo veramente tanto correre d’estate al caldo, il freddo lo subisco un po’. E’ comunque fuoristrada, c’è molta tecnica, quindi mi trovo a mio agio.

In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
La tua medaglia agli europei è stata quella che ha sorpreso un po’ di più. Ha sorpreso anche te?

Molto, perché io sono partita con l’obiettivo di fare top 10 e poi sono arrivata terza, quindi non so neanche io come. Diciamo che l’Europeo era da inizio stagione un appuntamento a cui volevo puntare, sia per essere convocata che poi per fare un buon piazzamento. In gara non sono partita proprio benissimo, il primo giro infatti ero un po’ indietro. Poi ho iniziato a recuperare perché era un percorso che mi piaceva davvero tanto. C’era la sabbia, che io ho sempre adorato. E poi tanta corsa a piedi, in cui io sono sempre andata bene, quindi era un percorso che mi si adattava bene. Giro dopo giro recuperavo posizioni e a un certo punto mi sono ritrovata terza e ho tenuto.

E’ più utile il ciclocross alla mountain bike o viceversa per la tua esperienza?

La mountain bike al ciclocross dà molto di più, perché hai già la tecnica che ti serve per emergere nelle parti più difficili, quelle dove puoi fare davvero la differenza e che nel ciclocross secondo me gestisci meglio.

Nella mtb la Azzetti ha vinto quest'anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest’anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest'anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest’anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Che cosa studi?

Sono all’Istituto Martino Martini a Mezzolombardo, l’Istituto Tecnico Economico e Sportivo che è principalmente finanza e marketing. E’ dura perché la scuola è a un’ora da casa mia, sia andata che ritorno, quindi devo gestire molto bene il tutto. Molte volte studio e faccio i compiti nell’ora di treno che ho perché almeno arrivo a casa e non devo farli dopo. Comunque ho riscontrato, soprattutto negli ultimi due anni, molto aiuto dalla mia scuola. E’ una struttura dove a livello sportivo ti aiutano molto e sono davvero comprensivi.

Come ti hanno accolto a scuola dopo che avevano visto di te sui giornali, in televisione, per la tua medaglia?

Erano tutti felici perché tra i miei professori la notizia era girata e anche tra i miei compagni perché avevano visto il mio nome sui social, quindi mi hanno accolto davvero bene.

Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Adesso che cosa ti proponi?

E’ chiaro che le prospettive sono cambiate e gli obiettivi si sono fatti più ambiziosi, ma anche difficili. Bisogna ancora vedere com’è il calendario ben definito, ma le altre prove titolate, italiani e mondiali sono il mio target per questa parte della stagione, Poi tornerò alla mountain bike. Non nascondo che il mio sogno è arrivare alle Olimpiadi e per ora la via più veloce è quella delle ruote grasse. Ma non è per questo che privilegio la mountain bike, è proprio che la sento più mia. Mi piace fare le gare per me stessa, vivere uno sport prettamente individuale e divertirmi nei pezzi tecnici.

Pericolo scampato in Danimarca, ma Morkov suona l’allarme

Pericolo scampato in Danimarca, ma Morkov suona l’allarme

19.11.2025
5 min
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Con l’attività provvisoriamente ferma, affrontiamo con Michael Morkov un argomento scottante. Sono giorni di grandi sommovimenti nel ciclismo danese, scosso dalla chiusura della nazionale di Mtb: stop ai fondi federali e soprattutto il licenziamento in tronco del cittì Mads Boedker. Era stata la stessa federazione danese a comunicarlo avvertendo tutti i nazionali (nomi di un certo peso del panorama offroad, tra cui anche gente a mezzo servizio con la strada come il pluricampione del mondo Albert Withen Philipsen) che avrebbero dovuto pagarsi di tasca propria (o meglio, con il sostegno dei club) attività e trasferte internazionali, anche per le prove titolate.

La notizia aveva scosso l’ambiente, tante le proteste non solo dal mondo delle ruote grasse e non solo da quello ciclistico. La Federazione poi è tornata sui suoi passi, trovando un accordo con l’azienda CeramicSpeed per nuovi fondi potendo così riassumere Boedker e garantire l’attività di base. Ma chiaramente il rumore è stato tanto, come anche le implicazioni su tutto il ciclismo danese, anche quello su strada. In fin dei conti parliamo di uno dei movimenti di punta dell’attuale momento, quello che con Vingegaard e Pedersen è praticamente una delle poche vere alternative al dominio di Pogacar.

Michael Morkov è da quest'anno cittì della nazionale danese su strada, curando tutte le categorie maschili
Michael Morkov è da quest’anno cittì della nazionale danese su strada, curando tutte le categorie maschili
Michael Morkov è da quest'anno cittì della nazionale danese su strada, curando tutte le categorie maschili
Michael Morkov è da quest’anno cittì della nazionale danese su strada, curando tutte le categorie maschili

Michael Morkov ha assunto quest’anno il ruolo di cittì della strada e non si tira indietro nell’affrontare un argomento certamente spinoso, partendo da un’analisi della stagione che aveva portato più di qualche sorriso: «Penso che sia stata fantastica. Probabilmente una delle migliori stagioni che abbiamo mai avuto tra i professionisti, con tante vittorie. Avere Jonas Vingegaard e Mads Pedersen al secondo e terzo posto nella classifica mondiale è davvero impressionante».

L’attività danese si basa quasi interamente sul Programma Elite: come funziona?

Noi tecnici siamo chiamati a gestire l’attività puntando quasi tutto sulle prove titolate. Questo perché abbiamo un calendario ridotto e un budget limitato, non abbiamo molte attività. Siamo quindi chiamati a farcelo bastare, ma va anche detto che il calendario generale non lascia molti spazi, i corridori sono sempre impegnati con i loro team.

Mads Boedker con la nazionale di mtb. La federazione ha tagliato i fondi e rescisso il suo contratto, ripensandoci poi
Mads Boedker con la nazionale di mtb. La federazione ha tagliato i fondi e rescisso il suo contratto, poi è tornata indietro
Mads Boedker con la nazionale di mtb. La federazione ha tagliato i fondi e rescisso il suo contratto, ripensandoci poi
Mads Boedker con la nazionale di mtb. La federazione ha tagliato i fondi e rescisso il suo contratto, poi è tornata indietro
Nelle settimane scorse si era parlato di problemi economici per la nazionale danese di mountain bike. I problemi coinvolgevano anche quella su strada?

Certo, è tutto nella stessa federazione. Ho seguito con molta apprensione tutta la vicenda, conoscendo personalmente anche i protagonisti. Il problema è molto più grande, non riguarda solo la mountain bike. Già da anni i fondi sono stati tagliati per la pista, per la strada e per il bmx e sono davvero straordinari i risultati che riusciamo a conseguire, ad esempio con il quartetto dell’inseguimento. Quindi, ovviamente, tutto è molto limitato e non abbiamo molte risorse.

Come è strutturato il tuo lavoro durante la stagione? Ci sono ritiri di allenamento e la nazionale partecipa alle gare indossando la divisa della nazionale?

Io sono tecnico sia per gli elite che per gli under 23 – risponde Morkov – quindi concentriamo su questa categoria gli sforzi, anche economici. Questa stagione abbiamo fatto tre prove di Nations Cup con la nazionale e poi abbiamo partecipato a gare UCI danesi come il GP di Herning. Siamo stati presenti alla prima edizione della Copenhagen Sprint, che era una gara del WorldTour e poi al Giro di Danimarca. Il tutto oltre naturalmente alle prove titolate per entrambe le categorie. Uno sforzo di non poco conto, ma era fondamentale esserci, non possiamo limitarci a europei e mondiali

Vingegaard e Pedersen, i migliori del ranking UCI dietro "sua maestà" Pogacar
Al centro Vingegaard e Pedersen, i migliori del ranking UCI dietro “sua maestà” Pogacar
Vingegaard e Pedersen, i migliori del ranking UCI dietro "sua maestà" Pogacar
Vingegaard e Pedersen, i migliori del ranking UCI dietro “sua maestà” Pogacar
La Federazione Danese, come altre federazioni sportive, riceve sostegno statale come nel caso dell’Italia attraverso il Comitato Olimpico Nazionale?

Certo che sì e questa è in realtà la nostra principale fonte di sostentamento – spiega Morkov – che proviene dalla federazione e in prima istanza dal governo. Ma purtroppo, a differenza di altri Paesi, la Danimarca non sta supportando il mondo dello sport con grandi risorse. Non so come funzioni da voi, ma i fondi messi a disposizione sono praticamente gli stessi dagli ultimi 10 o 15 anni. Non c’è una compensazione direttamente proporzionale in base ai risultati conseguiti, nel ciclismo come in qualsiasi altro sport e questo pesa. Rispetto ai nostri avversari, penso che siamo molto indietro in termini di risorse.

Proviamo a chiudere con qualche nota di ottimismo: quest’anno Vingegaard ha corso gli europei, speri di averlo al mondiale il prossimo anno?

Assolutamente sì. Spero di riuscirci perché come cittì ho ovviamente un grande interesse nel far partecipare tutti i talenti ai mondiali, dove i più giovani possono accumulare esperienza importante e mettersi in mostra per il resto del ciclismo mondiale, ma dove anche i grandi campioni possono dare lustro alla maglia e lottare per le medaglie. E ancora più importante, ovviamente, è che i campionati siano sempre una forte motivazione per tutta la stagione. Quindi la priorità è avere tutti i migliori. E’ un peccato che quest’anno non abbiamo potuto partecipare con il nostro miglior team, cercherò di fare del mio meglio per rientrare nel budget così da poter portare anche qualche corridore di talento per i campionati del mondo.

Il quartetto danese oro agli ultimi mondiali, nonostante profondi tagli al budget per la pista
Il quartetto danese oro agli ultimi mondiali, nonostante profondi tagli al budget per la pista
Il quartetto danese oro agli ultimi mondiali, nonostante profondi tagli al budget per la pista
Il quartetto danese oro agli ultimi mondiali, nonostante profondi tagli al budget per la pista
Quali sono le tue speranze per il movimento ciclistico danese nel 2026?

Innanzitutto di continuare a sviluppare i giovani corridori. Abbiamo molti elementi interessanti tra gli under 23 e gli under 19. E penso che uno dei miei doveri più importanti per il mio ruolo sia quello di aiutare questi giovani corridori nei primi passi prima di diventare professionisti. E poi, naturalmente, spero sinceramente che Mads e Jonas possano mantenere, come anche Skjelmose, il loro altissimo livello internazionale e continuare a ottenere grandi vittorie con questi tre corridori.

Morkov, il tuo amico e rivale, Elia Viviani, è alla fine della sua carriera. Alla Sei Giorni di Gand sta salutando l’attività agonistica. Che cosa ne pensi?

In realtà è un po’ triste che finisca la sua carriera perché mi piace sempre seguire Elia. Ho parlato con lui l’altro giorno e gli ho detto che alcuni dei miei migliori anni da ciclista sono stati quelli trascorsi in squadra con lui, dove abbiamo lavorato molto bene insieme alla Quick Step. E’ un mio caro amico e mi mancherà vederlo correre, soprattutto mi mancherà vederlo correre in pista. Anche se credo che ci incontreremo spesso, per i nostri rispettivi ruoli se entrerà a far parte della federazione italiana.

SUPERIOR, bici

SUPERIOR in Italia: «Costruiremo una rete di veri appassionati»

17.11.2025
5 min
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Claudio Cannizzaro è il nuovo responsabile Italia di SUPERIOR, marchio di biciclette nato e operativo in Repubblica Ceca. La sua missione è chiara: far conoscere ai ciclisti italiani un brand costruito da chi vive e respira la passione per la bici.

Lo abbiamo ascoltato ed intervistato con piacere, e quello che segue è il risultato di una chiacchierata che porta senza dubbio qualche spunto da non sottovalutare…

Andiamo diretti al punto. Quali sono gli obiettivi principali e l’organizzazione che intende implementare in Italia come nuovo responsabile?

Il nostro obiettivo è semplice: far conoscere SUPERIOR ai ciclisti italiani come un marchio creato da persone che condividono la stessa passione per la bicicletta. Non entriamo nel mercato come nuovi arrivati, ma come appassionati che comprendono cosa un ciclista si aspetta da una grande bici: precisione, prestazioni e una connessione autentica con la strada o il sentiero. Costruiremo una rete di rivenditori selezionata e solida, scegliendo partner che condividano i nostri valori: onestà, professionalità, servizio al consumatore ed entusiasmo per il ciclismo. L’esperienza accumulata nei mercati europei ci permette di portare una struttura moderna e una strategia chiara, ma il cuore del progetto resterà sempre la passione e la relazione umana. Vogliamo che chi collabora con SUPERIOR si senta parte di una comunità, non solo di un business.

SUPERIOR, bici da strada
L’esperienza accumulata sui mercati europei sarà importante per SUPERIOR
SUPERIOR, bici da strada
L’esperienza accumulata sui mercati europei sarà importante per SUPERIOR
Quali sono le vostre aspettative in termini di crescita e posizionamento? Vedete differenze nelle richieste dei ciclisti italiani rispetto a mercati come Olanda, Repubblica Ceca e Francia?

I ciclisti italiani sono unici: non comprano semplicemente una bicicletta, ma scelgono una compagna di viaggio. Ogni singolo acquisto è un gesto personale, legato alla passione e all’identità. Per questo, l’Italia rappresenta per noi una sfida entusiasmante e un’opportunità di crescita reale. Non vogliamo essere solo un altro marchio internazionale che entra nel mercato: vogliamo guadagnarci il rispetto dei ciclisti italiani con la qualità dei nostri prodotti e l’autenticità del nostro approccio. Le nostre biciclette sono pensate con cura artigianale, stile europeo e prestazioni elevate, ma sempre con un’attenzione al dettaglio che rispecchia lo spirito italiano.

SUPERIOR ha una lunga storia di innovazione, come l’introduzione delle ruote da 29” nelle Mtb o le gravel bike X-ROAD. In un mercato così saturo, qual è oggi il tratto distintivo che rende una Superior unica e riconoscibile?

In SUPERIOR tutto nasce dalla passione per il ciclismo. Sviluppiamo e testiamo le nostre biciclette in Europa, in condizioni reali, finché non raggiungono prestazioni impeccabili. Ciò che rende una SUPERIOR unica è la combinazione tra precisione ingegneristica e passione autentica. Ogni singolo modello riflette la nostra convinzione che le grandi prestazioni debbano essere accessibili a tutti, senza compromessi su qualità e affidabilità. L’obiettivo è offrire un’esperienza di guida eccezionale, con cura dei dettagli e prezzo trasparente. Vogliamo che il ciclista italiano senta la stessa emozione che proviamo noi ogni volta che nasce un nuovo telaio: la gioia di creare qualcosa che ispiri le persone a pedalare di più.

SUPERIOR, bici
Il lavoro di SUPERIOR parte dalla passione verso il ciclismo e la voglia costante di migliorare
SUPERIOR, bici
Il lavoro di SUPERIOR parte dalla passione verso il ciclismo e la voglia costante di migliorare
Considerando la vostra gamma, quali sono attualmente i modelli SUPERIOR più venduti a livello internazionale (Mtb, strada, gravel, e-bike) e quali pensi abbiano il maggiore potenziale in Italia?

A livello europeo, i nostri modelli di maggiore successo sono le Mountain bike e le gravel, per l’equilibrio tra prestazioni, affidabilità e comfort. Le serie Team XF e XRoad rappresentano due autentiche icone del marchio: biciclette versatili, performanti e pensate per chi cerca emozione pura su ogni terreno. In Italia, vediamo un grande potenziale anche per la nostra linea eBlox, una gamma di e-bike commuter eleganti e funzionali, perfette per chi desidera una bici unica per ogni esigenza: spostarsi in città, viaggiare o affrontare escursioni nel weekend. Sono modelli leggeri, reattivi e con un design curato, perfetti per lo stile di vita italiano.

Quanto è importante il segmento e-bike nella strategia italiana e quale vantaggio competitivo può offrire SUPERIOR nel mercato delle biciclette a pedalata assistita?

Il segmento e-bike è uno dei pilastri centrali della nostra strategia per l’Italia. Ma per noi una e-bike deve restare una vera bicicletta: leggera, agile e divertente da guidare. Non vogliamo che il ciclista senta il motore, ma la libertà di muoversi senza limiti. Le nostre e-bike combinano motori Bosch e Shimano di ultima generazione con la nostra esperienza nella progettazione dei telai, offrendo integrazione perfetta, geometrie bilanciate e massima efficienza. Il vantaggio di SUPERIOR sta proprio nella precisione, nell’affidabilità e nel valore reale: costruiamo biciclette che non solo si distinguono per design e tecnologia, ma che mantengono le promesse sul campo.

Claudio Cannizzaro è il nuovo responsabile Italia di SUPERIOR
Claudio Cannizzaro è il nuovo responsabile Italia di SUPERIOR
Claudio Cannizzaro è il nuovo responsabile Italia di SUPERIOR
Claudio Cannizzaro è il nuovo responsabile Italia di SUPERIOR
SUPERIOR è conosciuta per la costante ricerca di innovazione. Quali sono le prossime direzioni che state esplorando in termini di materiali, tecnologia o nuovi segmenti di prodotto?

Guardiamo sempre al futuro. Il nostro team di Ricerca e Sviluppo lavora su telai più leggeri, integrazioni più intelligenti e batterie con maggiore autonomia, con l’obiettivo di offrire comfort e versatilità superiori. Crediamo che il futuro del ciclismo risieda nella semplicità e nell’affidabilità: biciclette belle da vedere, facili da usare e capaci di trasmettere fiducia ogni giorno.

Per concludere, come pensate di costruire e supportare la rete di vendita in Italia? Quali criteri utilizzerete per selezionare i partner e quali strumenti metterete a disposizione?

«Vogliamo crescere insieme ai nostri partner, con persone che amano la bici tanto quanto noi. L’obiettivo è costruire una rete compatta ma solida di rivenditori selezionati, che condividano la nostra visione e il nostro impegno verso il cliente. Li supporteremo con formazione dedicata, bici test, materiali di marketing, supporto digitale e contatto diretto e costante. Crediamo che il successo nasca dalla collaborazione, non dalla competizione. Desideriamo – e lavoreremo decisi in quella direzione – che ogni partner SUPERIOR si senta realmente orgoglioso di rappresentare il marchio. Perché SUPERIOR non è solo un produttore di biciclette: è una comunità di persone che vivono e respirano il ciclismo. Ed è questo spirito che vogliamo condividere con i ciclisti italiani».

SUPERIOR

Le Terra Artica GTX 2026

Le Terra Artica GTX 2026: stessa qualità, nuovo colore 

30.10.2025
3 min
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Per questo autunno-inverno Fizik ha lanciato una nuova versione delle sue scarpe da off road più protettive, le Terra Artica GTX. Sono scarpe invernali, cioè a mezza altezza, isolanti e impermeabili, per affrontare al meglio il clima e le intemperie della cosiddetta brutta stagione.

Fizik Artica GTX
Le nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-Black
Fizik Artica GTX
Le nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-Black

Gore-Tex e pile, isolamento e comfort 

Delle scarpe come le Terra Artica GTX devono fare prima di tutto una cosa: tenere i piedi caldi e anche asciutti.  Per questo Fizik ha utilizzato la membrana Gore-Tex, per definizione una garanzia di isolamento e impermeabilità. In particolare la versione Cirrus XT, che oltre alla protezione dalla pioggia è stata studiata appositamente per mantere il calore, pur essendo traspirante come tutte le tecnologie Gore-Tex. 

Se questa membrana si occupa delle intemperie, per aumentare la sensazione di comfort, l’interno della scarpa è foderato in morbido pile spazzolato. Questo ulteriore strato garantisce inoltre ancora più isolamento, esattamente quello che si cerca durante le uscite invernali con il brutto tempo. 

Fizik Artica GTX
L’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevole
Fizik Artica GTX
L’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevole

Tomaia ad alta densità e suola riprogettata

Per quanto riguarda la parte esterna delle Terra Artica GTX invece, la tomaia è realizzata in PU ad alta densità, un materiale sintetico molto resistente e perfetto per far scorrere via l’acqua, il fango e la neve. Inoltre è particolarmente resistente (pur non avendo un peso eccessivo), cosa che ne garantisce la durata anche per l’utilizzo gravel e mtb.

Un’altra caratteristica molto importante, considerata la tipologia del modello, è la suola. In questo caso si tratta della X5, con indice di rigidità 5 su 10, completamente riprogettata con dei nuovi tacchetti generosi rivestiti in gomma. Quest’ultima caratteristica fa in modo di avere una buona presa anche sui terreni scivolosi tipici dell’inverno. 

Infine un accenno al sistema di chiusura. Rispetto alla versione estiva, le Terra Artica GTX sono più alte, per proteggere meglio il collo del piede dalle intemperie. La chiusura nella parte superiore è assicurata da una cinghia di velcro all’altezza della caviglia, mentre più in basso riprende il singolo Boa delle Terra Atlas.

Fizik Artica GTX suola
La suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche sui fondi sdrucciolevoli
Fizik Artica GTX suola
La suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche dyu fondi sdrucciolevoli

Colore (nuovo), peso e prezzo

Se tutto il resta invariato, la novità per questa stagione è data dall’estetica. Le nuove Terra Artica GTX sono ora presentate nella colorazione Desert-Black, con tomaia beige e collo e linguetta nera. Questa si va ad aggiungere alle precedenti verisoni Total Black e Purple-Black.

Il peso dichiarato (in taglia 42) è di 432 grammi e le taglie vanno dal 36 al 48. Il prezzo consigliato nel sito di Fizik è di 259 euro.

Fizik

Jakob Dorigoni MTB (foto Guazzapix)

MTB propedeutica al cross? La risposta sorprendente di Dorigoni

29.10.2025
4 min
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La stagione del ciclocross è entrata nel vivo e la vittoria di Sara Casasola nel Superprestige ce lo ricorda alla grande. Ma come sempre, questa specialità così di settore porta con sé una grande quantità di spunti tecnici, sia per quanto riguarda la bici che la guida. E proprio di questi vogliamo parlare con Jakob Dorigoni (in apertura foto Guazzapix).

L’altoatesino del Team Torpado Kenda Factory, quest’anno ha deciso di dedicarsi solo alla MTB, ma ricordiamo che è stato uno degli atleti di vertice della nazionale di ciclocross, nonché due volte tricolore elite. A lui, fresco vincitore tra l’altro della Roc d’Azur, una delle prove di MTB più prestigiose del pianeta, abbiamo chiesto in cosa la mountain bike possa essere propedeutica al cross. Di solito infatti facciamo sempre il contrario, perché è il ciclocross a essere considerato propedeutico alla strada.

E quindi Jakob, partiamo proprio da qui: perché la MTB può essere propedeutica al cross?

Sicuramente dal punto di vista tecnico la mountain bike ci permette di giocare un po’ di più con la bici, cosa che poi torna molto utile nel cross. Nel fuoristrada, in generale, bisogna avere piacere di giocare con la bici. E nel cross questo vale ancora di più.

Perché?

Perché se una bici non lavora diventa poi difficile guidarla quando i terreni si fanno estremi. Però, viceversa, se uno è bravo a usare la bici da cross nel fango, cosa che richiede tanta sensibilità, impara davvero a gestire ogni mezzo: MTB, cross e strada. E’ utile avere quelle skill, quelle doti, per usare la mountain bike o la bici da cross nel fango. Chi fa cross guida in modo diverso nel fango… e a mio avviso migliore.

Insomma, per te è quasi il contrario? E’ il cross che è funzionale alla MTB?

In un certo senso sì, almeno su certi terreni.

Tipo?

Sull’asciutto non lo direi proprio. Lì le due cose sono abbastanza diverse. La mountain bike è un mezzo diverso da tutte le altre bici. Ma sul bagnato e in particolare nel fango ci sono molte similitudini nella guida tra cross e MTB.

Su fango e bagnato MTB e cross si avvicinano molto secondo Dorigoni
Su fango e bagnato MTB e cross si avvicinano molto secondo Dorigoni
Hai detto tantissimo e messo parecchia carne al fuoco, Jakob. Proviamo a rallentare e partiamo da quella frase interessantissima: “se la bici non lavora”. Spiegaci meglio, cosa intendi?

La mountain bike ha sospensioni, ruote e gomme che lavorano tanto. Sono più mobili, devono rispondere alla tenuta meccanica e chimica (le gomme, ndr). Si gioca molto con la pressione, sia delle gomme che delle sospensioni. Nella forcella e nell’ammortizzatore puoi mettere più o meno aria, regolare l’affondo e il ritorno, che può essere più veloce o più lento. Puoi scegliere una forcella progressiva, lineare… Insomma, la bici ha tanti assetti e più la imposti sulla tua guida, più vantaggi hai.

Invece la bici da cross?

L’unica cosa su cui puoi intervenire e in modo minore è la pressione delle gomme. E devi stare attento: se è troppo alta, la bici da cross, che già lavora poco, finisce per non lavorare affatto. Non ammortizza, non dà risposte.

Le abilità del cross, come scendere e salire dalla bici, sono diverse da quelle richieste per la MTB (foto Billiani)
Le abilità del cross, come scendere e salire dalla bici, sono diverse da quelle richieste per la MTB (foto Billiani)
Però possiamo supporre che la MTB ti dia un certo colpo d’occhio nell’approccio a curve e ostacoli?

Quello sì. E’ il grande vantaggio, soprattutto quando bisogna guidare sul bagnato. Bisogna saper trovare il grip in generale: nei sentieri sempre nuovi della MTB, ma anche sull’erba o sullo sterrato di un circuito di ciclocross. Per il resto, sono due discipline talmente diverse che è quasi difficile fare un paragone tecnico. Nella MTB ci sono più salti, percorsi sempre più artificiali e serve un mezzo adeguato. Nel ciclocross invece è l’aspetto della curva che conta: l’ingresso e la percorrenza. Ma per quello c’è la sensibilità dell’atleta.

Che affina con l’allenamento con la bici da cross?

Esatto. La sua bravura. Poi c’è l’ottimizzazione nel salire e scendere dalla bici. Sono i famosi automatismi del corpo. Che però non servono in MTB.

Sono altre peculiarità insomma…

Sì. Come ripeto, peculiarità diverse che diventano molto simili sul bagnato. La ricerca del feeling in quel caso è quasi identica, con la differenza che nel cross sei solo tu ciclista a lavorare sulla curva, sull’ostacolo, nel fango o nella sabbia. Mentre nella MTB sei tu, ma anche la bici, che deve fare la sua parte. Per me quindi è più il cross a dare qualcosa al biker. Il fango del cross ti insegna davvero a muoverti sulla bici. E i biker che hanno fatto cross li vedi (tipo Tom Pidcock, ndr)

Northwave, scarpe

Northwave Extreme Line: manifesto di innovazione e performance

24.09.2025
3 min
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In occasione del recente Italian Bike Festival, il brand veneto Northwave ha svelato in anteprima la propria collezione Spring/Summer 2026, segnando l’inizio di una vera e propria nuova era. Questo progetto rivoluzionario ridefinisce la gamma “high-end” del marchio, introducendo la Extreme Line come manifesto di innovazione e prestazioni di altissimo livello. Un’anticipazione che ha acceso l’entusiasmo di addetti ai lavori e appassionati è stata la presentazione proprio a Misano Adriatico della nuova calzatura top di gamma per l’off-road: la Extreme X, attesa sul mercato all’inizio del nuovo anno.

Il 2026 di Northwave non si limita a nuovi prodotti, ma introduce una struttura di collezione completamente inedita. Durante l’anteprima tenutasi allo stand NW a IBF, il brand ha svelato due linee distinte, pur mantenendo un dialogo continuo con il proprio ricco “heritage”. La prima, la Extreme Line, incarna l’essenza stessa della prestazione e dell’aspirazione, abbracciando ogni disciplina del ciclismo: strada, mtb e gravel.

Da destra, Niccolò Mattos, Brand Manager Northwave, con David Evangelista Head of Communication di Vitesse Europe, al recente IBF 2025
Da destra, Niccolò Mattos, Brand Manager Northwave, con David Evangelista Head of Communication di Vitesse Europe con in mano una calzatura modello Revolution
Da destra, Niccolò Mattos, Brand Manager Northwave, con David Evangelista Head of Communication di Vitesse Europe, al recente IBF 2025
Da destra, Niccolò Mattos, Brand Manager Northwave, con David Evangelista Head of Communication di Vitesse Europe con in mano una calzatura modello Revolution

Extreme? Un’esperienza…

Più che una semplice collezione, Extreme rappresenta il vero punto di riferimento dell’innovazione Northwave. È l’espressione di un modo di vivere il ciclismo che affonda le radici nella storia dell’azienda e negli atleti che ne hanno segnato il successo. Con una visione proiettata alla performance, e alla contemporaneità, la Extreme Line si distingue immediatamente per la sua forte impronta creativa e un’estetica inconfondibile. Ogni singolo prodotto è un concentrato di tecnologia e design, pensato per farsi riconoscere e apprezzare dai ciclisti più esigenti.

L’attuale catalogo Extreme include la Veloce Extreme, la calzatura road ad altissime prestazioni che continua a pedalare nel WorldTour e a conquistare il cuore degli appassionati. Nei prossimi mesi, a questa autentica… campionessa si affiancherà la nuovissima Extreme X, la scarpa da fuoristrada per eccellenza, pensata per il cross country, il marathon e il fast gravel.

Northwave, scarpe, suola
Un punto di forza delle nuove scarpe firmate Northwave sta nella suole e nella sua alta rigidità
Northwave, scarpe, suola
Un punto di forza delle nuove scarpe firmate Northwave sta nella suole e nella sua alta rigidità

Una nuova frontiera per l’off-road

Fin dai primi mesi del 2026, la Extreme X diventerà il nuovo punto di riferimento per atleti e team Northwave nel mondo del fuoristrada. Nata dall’eredità di successi costruita con il “know-how” e l’approccio innovativo dell’azienda italiana, questa calzatura promette di alzare l’asticella delle prestazioni.

Tra i suoi punti di forza spicca la suola Hyperlight HT, un’evoluzione di quella sviluppata per la Veloce Extreme. Questa suola, caratterizzata dall’inconfondibile “high-tail” in carbonio, porta nel mondo “off-road” la stessa eccezionale trasmissione di potenza e reattività già apprezzate su strada. La Extreme X è la prova della capacità di Northwave di trasformare la propria visione in soluzioni concrete per chi cerca il massimo della performance.

Accanto alla Extreme Line, Northwave propone anche la Core Line, una gamma sempre più ricca, in grado di rispondere alle esigenze di qualsiasi ciclista. Entrambe le linee, Extreme e Core, sono accomunate da un approccio stilistico e di design fortemente identitario, che rispecchia la passione e la competenza del brand.

La nuova collezione Extreme Spring/Summer 2026 sarà disponibile nei negozi a partire dai primi mesi del 2026.

Northwave

Dal Canada alla maglia gialla. La Holmgren non si ferma mai

10.09.2025
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Di Isabella Holmgren, vincitrice dell’ultimo Tour de l’Avenir Femmes (in apertura, foto @lewiscatel), si parla da molto prima del suo trionfo francese. Tanto che a molti osservatori ha riportato alla memoria una campionessa a cavallo del secolo, Alison Sydor, canadese come lei e come lei capace di vincere sia su strada che in mountain bike, essendo al tempo la grande rivale di Paola Pezzo sui sentieri in giro per il mondo.

La canadese prima a Valais nella prova iridata U23 di short track. Domenica gareggerà nell’XCO (foto UCI)
La canadese prima a Valais nella prova iridata U23 di short track. Domenica gareggerà nell’XCO (foto UCI)

Un titolo mondiale fresco fresco…

La Holmgren, laureatasi ieri campionessa mondiale U23 di short track MTB, però va oltre, perché fa davvero di tutto: è stata iridata junior nel ciclocross, lo stesso dicasi per le ruote grasse e ora sta emergendo in maniera prepotente anche su strada, tanto che ci si chiede se la sua multidisciplinarietà potrà continuare nel tempo o gli impegni sottoscritti con il team la porteranno a dover scegliere. D’altronde, se si considera che insieme a lei c’è anche la sua sorella gemella Ava, forse meno vincente ma essenziale per lei come sostegno in corsa e fuori, c’è un ventaglio ampio di chance che dicono che ci troviamo di fronte a una campionessa del futuro. Se non del presente.

E’ chiaro che il successo nella corsa a tappe transalpina, battendo la campionessa uscente Marion Bunel, è il suo acuto finora più importante: «Penso che sia sicuramente una vittoria davvero speciale, soprattutto perché non è stata solo mia, ma costruita insieme all’intera squadra. Le ragazze hanno lavorato duramente ogni giorno per aiutarmi e assicurarsi che avessi abbastanza energia per l’ultimo giorno, perché si sapeva bene che quella sarebbe stata la giornata decisiva per capire chi avrebbe vinto. Quindi significa sicuramente molto e spero che abbia un impatto positivo sulla mia carriera. Ho appena firmato un contratto triennale con Lidl-Trek e sono davvero felice per dove sono».

Isabella insieme alla sua gemella Ava, con cui condivide tutte le sue attività ciclistiche
Isabella insieme alla sua gemella Ava, con cui condivide tutte le sue attività ciclistiche
Com’è nata la tua passione per il ciclismo, considerando che anche tuo fratello e la tua gemella lo fanno?

Non avrebbe potuto essere altrimenti, visto che i miei genitori si sono conosciuti proprio andando in bici. E’ un’attività che ci coinvolge tutti in famiglia. Tanto che al mercoledì sera c’era il nostro appuntamento settimanale con le gare fra noi ed eravamo molto competitivi… Ma era il nostro momento in famiglia. Poi, crescendo, alcuni dei miei fratelli hanno smesso di andare in bici, ma Ava, Gunnar e io abbiamo continuato e abbiamo preso la cosa un po’ più seriamente.

Ti vedi come specialista delle corse a tappe o anche altro, competitiva nelle prove d’un giorno?

Mi piacerebbe poter fare un po’ di tutto, ma mi piacciono molto le corse a tappe perché bisogna combattere la fatica e, proprio perché a volte ci si stanca di più, mi piace di più. Quando tutti soffrono, emerge chi ha maggiore resilienza, quindi mi piacciono sicuramente le corse a tappe.

La maglia gialla del Tour de l’Avenir è la sua consacrazione a grandi livelli (foto @lewiscatel)
La maglia gialla del Tour de l’Avenir è la sua consacrazione a grandi livelli (foto @lewiscatel)
Tu hai vinto mondiali di categoria nel ciclocross e, poche ore fa, nella mtb, pensi ora dopo i risultati di quest’anno di dedicarti più alla strada?

Al momento cerco di non pormi il problema, mi piace molto unire la strada alla mountain bike. Penso che forse il ciclocross potrebbe essere un po’ più difficile, perché in inverno è complicato allenarsi da me dove fa molto freddo e poi devo considerare che è difficile per me stare a casa durante la stagione della bici da strada e della mountain bike. Quindi quando finiscono le gare ho anche il forte desiderio di tornare in Canada con la mia famiglia. Per questo forse il ciclocross verrà messo in secondo piano ora.

Facendo più discipline gareggi tutto l’anno: come riesci a gestirti?

E’ sicuramente importante riposarsi bene quando possibile, dare la priorità ai giorni di riposo e assicurarsi di recuperare davvero. Dopo il Tour de l’Avenir ho staccato completamente per qualche giorno, ma non è la stessa cosa che passare un po’ di tempo a casa.

Alla Lidl-Trek le danno grande libertà di scelta, ma è probabile che il ciclocross sarà messo da parte
Alla Lidl-Trek le danno grande libertà di scelta, ma è probabile che il ciclocross sarà messo da parte
Dopo il Tour si è un po’ discusso sulla struttura fisica molto esile. Influisce maggiormente nella mountain bike o nel ciclismo su strada?

Onestamente non lo so. Il mio corpo è fatto così. Ognuno ha un corpo diverso e può dare il meglio di sé con quello che ha. Io non credo che abbia un effetto particolare né su una disciplina né sull’altra.

La tua abitudine alle gare offroad pensi sia più utile per le corse in salita o a cronometro?

Penso che con la mountain bike ci voglia un’ora e mezza o poco più di un’ora di sforzo a tutto gas, dove si va sempre al massimo. Quindi penso che questo sia sicuramente un vantaggio per le cronometro e per le gare in montagna più lunghe, dove è necessario avere molta potenza per molto tempo. Anche per questo voglio sfruttare le mie capacità acquisite nell’offroad per emergere nelle corse a tappe.

Le capacità acquisite nell’offroad le danno una marcia in più anche a cronometro (foto DirectVelo)
Le capacità acquisite nell’offroad le danno una marcia in più anche a cronometro (foto DirectVelo)
Capita mai che con tua sorella ci sia rivalità visto che fate la stessa attività?

Diciamo che siamo per natura molto competitive, questo si vede soprattutto quando giochiamo a carte oppure ci alleniamo nella vita di tutti i giorni. Ma quando si tratta di gare, ci sosteniamo a vicenda, ci rispettiamo. Corriamo per la stessa squadra, posso assicurare che fra noi non c’è rivalità, ognuna pensa a svolgere i compiti che gli sono assegnati. Vogliamo solo che l’altra faccia il meglio che può.

Sinceramente, tra la maglia gialla del Tour de France e l’oro olimpico, che cosa preferiresti?

Penso che mi piacerebbero molto entrambe, come si fa a scegliere? E magari non è neanche necessario…

Van der Poel è tornato in mtb. Avondetto, come l’hai visto?

03.09.2025
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Una domenica diversa per Mathieu Van der Poel, che mentre molti dei suoi abituali rivali sono alla Vuelta o preparano il prossimo mondiale in Rwanda, è tornato a uno dei suoi vecchi amori, la mountain bike gareggiando nella prova di Coppa del mondo a Les Gets. L’olandese non ha mai nascosto che uno dei suoi grandi obiettivi è essere il primo atleta capace di vincere il titolo iridato con 4 tipi di bici diverse (ciclocross, strada, gravel, mtb) e gareggiando in Francia ha tenuto a ribadire che, piuttosto che sobbarcarsi i rischi del viaggio in Africa su un percorso a lui avverso, preferisce tentare la sorte il prossimo 14 settembre in Svizzera.

L’olandese in mtb vanta il titolo europeo 2019 e il bronzo mondiale 2018. Colto sempre in Svizzera, un buon auspicio… (foto Alpecin Deceuninck)
L’olandese in mtb vanta il titolo europeo 2019 e il bronzo mondiale 2018. Colto sempre in Svizzera, un buon auspicio… (foto Alpecin Deceuninck

«Nella prima parte è andato tutto storto…»

La sua gara a dir la verità non è stata neanche male, avendo chiuso al 6° posto. «Se fossi stato più fortunato avrei potuto fare meglio – ha dichiarato a WielerFlits – ma nel primo giro è andato storto davvero tutto. Ho anche fatto molti errori e mi sono trovato dietro corridori che erano in difficoltà e mi hanno frenato. Ho visto che mi mancava quello spunto che serve per emergere nella mtb, ma per essere la prima dopo tanto tempo va bene così».

L’olandese della Alpecin Deceuninck ha chiuso appena dietro al campione europeo 2024 Simone Avondetto, protagonista di un’ottima prestazione come anche l’altro italiano Luca Braidot, addirittura secondo alle spalle del francese Luca Martin. Avondetto ha quindi avuto un occhio privilegiato verso VDP, partendo dal tipo di percorso.

Gli ultimi controlli prima del via per VDP, sfavorito dal fatto di dover partire dalle retrovie (foto Alpecin Deceuninck
Gli ultimi controlli prima del via per VDP, sfavorito dal fatto di dover partire dalle retrovie (foto Alpecin Deceuninck

«Il tracciato di Les Gets non è cambiato molto negli anni, è un percorso non tanto tecnico, anche se hanno aggiunto qualche rockgarden. Diciamo che è un percorso un pochino più vecchio stile con tanta salita sui pratoni, dove insomma la tecnica di guida incide meno che in altri luoghi».

Tu nel corso della stagione hai avuto modo di affrontare adesso Van der Poel e precedentemente Pidcock. Come specialista puro della mountain bike, come li vedi, hanno un approccio diverso alle gare?

Tutti e due hanno dimostrato di essere più che competitivi anche in mountain bike quando si preparano. Probabilmente il britannico ha una propensione maggiore e ci spende un pochino più di tempo, quindi quando torna è sicuramente più avvezzo di VDP, nel senso che impiega meno a riprendere tutti quei meccanismi tipici della nostra disciplina. Ma devo dire che anche il neerlandese si è difeso bene. Tra due settimane ai mondiali sarà un problema per tutti noi anche perché Pidcock, che è alla Vuelta, non ci sarà.

Il vincitore Alex Martin. Il francese ha prevalso per 12″ su uno straordinario Luca Braidot (foto UCI)
Il vincitore Alex Martin. Il francese ha prevalso per 12″ su uno straordinario Luca Braidot (foto UCI)
Proviamo a mettere in relazione il francese Martin che ha vinto domenica e che viene considerato come uno dei nuovi talenti puri della mtb e chi viene da fuori come Pidcock o Van der Poel. Tecnicamente si vedono differenze in gara?

No, nel senso che campioni di questo calibro, che hanno comunque praticato la mtb in passato, anche a livello tecnico sono molto ben preparati, hanno solo bisogno di quel lasso di tempo necessario per riprendere dimestichezza. E’ difficile far paragoni, cioè loro sono tra i pochi che riescono a fare tutte le discipline e andare forte dappertutto.

Come si è svolta la tua gara in relazione a quella dell’olandese?

Io partivo un paio di file davanti a lui in partenza e questo mi ha agevolato un po’. Nella prima parte di gara sono riuscito a rimanere subito nel gruppetto di testa, mentre lui ha dovuto rimontare giro dopo giro. Dopo la metà gara è riuscito a raggiungerci, sicuramente però ha speso molte energie per rientrare. In particolare in discesa perdeva sempre qualcosa, quindi è arrivato sicuramente agli ultimi due giri un po’ a corto di energie. Fino alla penultima tornata eravamo in gruppo tutti assieme, poi all’ultimo giro ognuno ha dato il suo massimo e lì sono nate le differenze.

Van der Poel ha fatto una gara di recupero nella prima parte, chiudendo a 1’00” dal vincitore Martin (foto Alpecin Deceuninck)
Van der Poel ha fatto una gara di recupero nella prima parte, chiudendo as 1’00” dal vincitore Martin (foto Alpecin Deceuninck)
Tu eri concentrato sulla tua gara, ma essendo vicino a lui come lo hai visto, che impressione ti ha fatto, anche in considerazione delle frequenti disavventure occorsegli in mtb nelle sue ultime uscite?

Effettivamente ho visto che le ultime esperienze non sono state molto positive quindi credo che a Les Gets sia stato anche abbastanza cauto, senza prendersi tanti rischi. Credo che volesse finire la gara e ritornare un po’ nel mondo della mountain bike per preparare i mondiali. Per lui, proprio dopo quel che è successo anche quest’anno a Nove Mesto, era importante riuscire a finirla (a maggio era caduto due volte riportando la frattura dello scafoide, ndr).

Lui ambisce a fare il Grande Slam dei titoli mondiali, cioè completare la collezione dei titoli nelle varie discipline. Secondo te ci può riuscire?

Sicuramente ci può riuscire. Le capacità e il talento non si discutono, tutto sta a vedere se questo breve lasso di tempo per il suo riadattamento sarà sufficiente. Ma se non sarà quest’anno io penso che ci riproverà. Un po’ di anni fa, quando faceva mountain bike seriamente aveva dimostrato di essere il più forte. Io comunque  tra i papabili per la vittoria in Svizzera ce lo metto…

Per Simone Avondetto un più che positivo 5° posto, proprio davanti a VDP (foto Di Donato)
Per Simone Avondetto un più che positivo 5° posto, proprio davanti a VDP (foto Di Donato)
Tu come ti stai avvicinando all’appuntamento iridato?

Ho fatto un periodo in altura ad agosto e adesso abbiamo fatto questo blocco di gare, concluso con Les Gets, per riprendere un po’ il ritmo dopo la pausa estiva. Ora sono ancora in altura e poi andremo direttamente in Svizzera. Questa settimana è andata bene, quindi spero che la forma sia buona anche tra due settimane. Bisognerà vedere come mi adatto al percorso, che per me è del tutto sconosciuto.

Chi daresti come favorito?

Non c’è un solo nome. Abbiamo visto che in Coppa del mondo i vincitori sono cambiati spesso, credo che saranno in 4 o 5 a giocarsi il titolo. Io tra questi ci metto anche l’olandese e spero tanto di esserci anch’io…

Schurter si ritira. Quando Nino fu ad un passo dalla strada

24.08.2025
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E’ la fine di un’era: Nino Schurter, leggenda assoluta della mountain bike, ha annunciato il ritiro dalle competizioni. Lo farà nella “sua” Lenzerheide, tappa di Coppa del mondo in Svizzera che ha rappresentato per lui una seconda casa. Un addio che scuote il mondo off-road e che valica i confini del movimento: Nino è stato un simbolo dello sport, capace di influenzare generazioni di biker e persino il ciclismo su strada, dove nel 2014 arrivò a sfiorare una nuova carriera.

Dopo oltre vent’anni di dominio e innovazione, lascia una scia di successi e una nuova idea di atleta. In Svizzera più di qualche volta si è conteso il titolo di sportivo dell’anno con un certo Roger Federer e altre volte ha insidiato personaggi dello sci alpino quali Didier Cuche, o di fondo come Dario Cologna.

Nino Schurter è stato una leggenda del ciclismo. Si ritira dopo aver vinto tutto e ancora competitivo all’età di 39 anni
Nino Schurter è stato una leggenda del ciclismo. Si ritira dopo aver vinto tutto e ancora competitivo all’età di 39 anni

Dieci mondiali e un oro olimpico

Nino Schurter è nato il 13 maggio 1986 a Tersnaus, nei Grigioni, ma da sempre è stato a Chur ed è diventato presto il volto della mountain bike mondiale. Ha iniziato a correre da bambino, alternando sci di fondo e bici dove è stato anche campione nazionale juniores su strada, ma già nei primi anni 2000 le sue doti esplosero nel cross country.

Ha sempre corso con il team di Thomas Frischknecht, altro mito della MTB, vale a dire con il team Scott-SRAM , dimostrando una fedeltà rara in ogni disciplina. Ma questo gli ha consentito al tempo stesso di sviluppare in continuazione il suo mezzo, cosa ancora più vitale nella MTB.

Il suo palmares è impressionante: 10 titoli mondiali elite, 8 Coppe del mondo, 4 titoli europei, un oro olimpico a Londra 2012, un argento a Pechino 2008 e un bronzo a Rio 2016. A questo si aggiungono 34 vittorie di tappa in Coppa del Mondo, record assoluto, una in più del suo storico rivale: Julien Absalon. Schurter ha elevato il livello del cross country, dominando contro ogni avversario e in ogni condizione, grazie a un mix di talento, dedizione e cura maniacale dei dettagli.

Forza ed equilibrio insieme: Schurter e il suo staff sono stati dei veri innovatori della preparazione. Tanto derivava dallo sci (foto Scott Sports)
Forza ed equilibrio insieme: Schurter e il suo staff sono stati dei veri innovatori della preparazione. Tanto derivava dallo sci (foto Scott Sports)

Innovatore tecnico

E a proposito di Absalon: è impossibile parlare di Schurter senza citare il francese. Absalon è stato il suo grande rivale per quasi un decennio: due visioni a confronto, due stili e due personalità che hanno spinto la disciplina a crescere. Se Absalon puntava sulla resistenza e la perseveranza, Nino ha portato in dote un approccio scientifico all’allenamento e uno stile di guida del tutto moderno. Uno stile che lo stesso Absalon, più vecchio di lui, si trovò in qualche modo a dover studiare per un perdere il passo. Ma questo prevedeva altri setup, altre bici.

Schurter è stato il primo a introdurre in maniera sistematica esercizi di isometria, lavori di core stability e propriocezione per migliorare la gestione della bici sui terreni più tecnici. Anche la durata delle sessioni cambiò: meno ore, più intensità, con lavori mirati per simulare gli sforzi del cross country moderno. E poi corsa a piedi, sci di fondo d’inverno, poca bici da strada rispetto ai colleghi e più enduro. Solo ultimamente aveva allungato le ore su strada e gravel.

Questo gli ha permesso di restare competitivo in ogni epoca, dalla vecchia scuola alle gare esplosive degli ultimi anni. I duelli con Absalon, in Coppa del Mondo e alle Olimpiadi, sono diventati pagine di storia: Rio 2016 resta l’icona, con Schurter campione olimpico.

Nel 2014 disputò il Tour de Suisse. Da allora ha fatto qualche altra partecipazione su strada, ma parliamo davvero di 4-5 corse
Nel 2014 disputò il Tour de Suisse. Da allora ha fatto qualche altra partecipazione su strada, ma parliamo davvero di 4-5 corse

Le sirene della strada

Ma Schurter è anche di più. E anche per lui, come altri mega campioni della MTB prima di lui erano suonate le sirene della strada. Altri guadagni, altra visibilità. Miguel Martinez fece scuola. E così ecco il 2014, l’anno in cui Schurter sfiora un cambio di carriera. Nino ha ormai 28 anni e ha vinto e rivinto praticamente tutto. Gli mancano “solo”, si fa per dire, le Olimpiadi. Ma quello è un appuntamento che si potrebbe comunque realizzare.

E così, forte dei successi in mountain bike, il campione svizzero si misura con il ciclismo su strada, correndo con Orica-GreenEdge, oggi Team Jayco-AlUla, che all’epoca aveva bici Scott. Tra una prova di Coppa e l’altra Schurter prende il via a qualche gara e a giugno eccolo al via del Tour de Suisse.

Nella seconda tappa è ottavo, in un’altra si piazza nono. Alla fine sorprende tutti e chiude 15° nella classifica generale. Il suo stile aggressivo in salita e la capacità di guidare il gruppo nelle fasi tecniche non passarono inosservati. E anche a crono si difese benone, considerando che di fatto non aveva mai toccato prima quella bici… che non è affatto facile da guidare.

In molti iniziarono a chiedersi se sarebbe stato il nuovo fenomeno del ciclismo su strada. Schurter però restò fedele al suo mondo e soprattutto alla cultura off-road. Non fu neanche una questione economica, anzi… Quella stagione, con la maglia verde di Orica, resta un unicum ma anche la dimostrazione di quanto il suo talento fosse trasversale. Un corridore così avrebbe potuto fare bene nelle classiche o nelle corse a tappe brevi, ma il cuore lo riportò sempre sul terreno accidentato.

Bisogna considerare infatti che Nino è un montanaro vero, puro. Viene da Chur, nel cuore della Svizzera. Nella sua roccaforte non ci è arrivato quasi nessuno. Poche interviste. Tante uscite in solitaria. Lunghe giornate di trekking durante l’off-season. Passare alla strada sarebbe stato un salto troppo grande per lui. E forse è anche per questo se da allora, quando tutti mettevano in discussione gli stimoli in MTB, è diventato ancora più grande.

Vincendo a Lenzerheide nel 2023 Nino batte Absalon in quanto a numero di vittorie in Coppa. Qui si ritirerà il prossimo 21 settembre (foto Scott Sports)
Vincendo a Lenzerheide nel 2023 Nino batte Absalon in quanto a numero di vittorie in Coppa. Qui si ritirerà il prossimo 21 settembre (foto Scott Sports)

Cosa farà Schurter?

E’ difficile misurare l’eredità di Schurter. Ha cambiato il concetto di biker, alzando l’asticella tecnica, fisica e mentale. Ha ispirato una generazione di atleti, persino Van der Poel e Pidcock, che oggi sono due simboli e fanno la spola tra le due discipline.

Ufficialmente dice addio al cross country agonistico, ma non alla bici. In tanti scommettono che lo vedremo al via dei grandi eventi marathon: la Cape Epic è già nel suo palmarès con due vittorie, ma potrebbe tornare per divertirsi senza pressioni. Altri lo vedono proiettato verso il gravel, disciplina in piena esplosione e ideale per un campione come lui, abituato alla tecnica e alla resistenza. E poi ci saranno le iniziative con Scott, il brand con cui ha fatto la storia, e il ruolo di ambasciatore globale per la MTB. Nino non smetterà mai di pedalare, perché la bici per lui è più di una professione: è una parte di vita che non conosce traguardi.