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Gobik presenta il “rebranding” di immagine e logo

23.08.2023
4 min
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Il brand spagnolo Gobik, specializzato nella produzione di abbigliamento per ciclismo, e ricordiamo partner quest’anno del team WorldTour Movistar, ha presentato ufficialmente il risultato del proprio “rebranding” aziendale. L’azienda ha illustrato ad alcuni media specializzati europei la personale nuova identità strettamente legata al rinnovato posizionamento sul mercato che lo stesso marchio intende presto raggiungere.

Questa nuova proposta creativa di Gobik si collega all’anticonformismo e al costante e rapido cambiamento del brand negli ultimi anni. Un aggiornamento che di base è ispirato dalla stretta sinergia tra il punto di partenza e la destinazione che si vuole raggiungere in un’ideale uscita in bicicletta. A qesto si aggiunge l’efficace slogan “What a ride” a sottolineare l’esperienza di ogni singola partenza ed il rapido raggiungimento di una costante crescita internazionale.

Crescita internazionale

Adesso, grazie allo stile grafico del nuovo logo e al già citato “claim”, unitamente al “restyling” del nome, Gobik intende trasmettere ed offrire una nuova identità visiva fondata su diversi aspetti che rispecchiano il carattere giovane ed irrequieto del marchio. Il percorso aziendale di Gobik si riassume dunque oggi in una nuova identità. La prima fedele alle caratteristiche che hanno reso famoso il marchio, prima in Spagna e poi a livello internazionale, con l’obiettivo di veicolare il messaggio del brand stesso verso il futuro e a tendere verso un’espansione sempre più ampia e capillare sui mercati più diversi.

Il vero “cuore” di questa evoluzione grafica è rappresentato dalla nuova “G”. Ridisegnata e personalizzata, in grado adesso di “lavorare” perfettamente in armonia con il nuovo simbolo. Quest’ultimo intende rappresentare una chiara testimonianza visiva del viaggio, di un punto di inizio e di un traguardo da raggiungere. Un nuovo elemento visivo che simboleggia la sinergia tra inizio e fine, con l’unione della prima e dell’ultima lettera del nome dell’azienda.

Un logo per durare

«Questo nostro importante lavoro di rebranding – ha dichiarato Albert Medrano, responsabile del marketing di Gobik – è stato diviso in due parti. In primis il restyling della parola Gobik, per cercare una miglior leggibilità nei vari formati, applicando un leggerissimo ritocco. In seconda battuta, la creazione di un nuovo logo. Un vero e proprio simbolo, che potesse consentirci di comunicare i nostri valori unendo la prima e l’ultima lettera del nostro marchio.

«Questo nuovo approccio è poi fedele alle radici del marchio e al percorso che abbiamo effettuato fino al giorno d’oggi. Ma è anche di più, perché riteniamo sia anche in grado di offrire una visione di noi stessi più contemporanea. Il nuovo logo Gobik nasce con l’aspirazione di camminare da solo nel futuro… E’ il nostro atteggiamento che caratterizza il nostro stile, dietro il design si trovano appunto un atteggiamento e un’intenzione, oltre a una visione della vita. Ed è indispensabile che i nostri capi siano in grado anche di trasmettere a tutti i nostri clienti questi valori e questi ideali».

Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale
Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale

«Quello che ci proponiamo di fare – ha aggiunto José Ramón Otín, CEO e co-fondatore di Gobik – è crescere, facendo in modo che l’energia che ci trasmette la bici e la forza di questo progetto si contagino. Il nostro obiettivo è quello di diventare davvero il marchio di tutti…».

Il nuovo logo Gobik sarà visibile su tutti i capi del marchio spagnolo già dalla prossima, prima “capsule” della collezione invernale Cold Season 2024 la cui uscita è prevista per il giorno venerdì 8 settembre.

Gobik

Giro Donne, Van Vleuten cannibale e Realini da podio

06.07.2023
6 min
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ALASSIO – C’è solo un sostantivo che ci viene in mente per Annemiek Van Vleuten: cannibale. Nella settima tappa del Giro Donne la maglia rosa non lascia nulla a nessuna ed in cima al santuario della Madonna della Guardia di Alassio trionfa nuovamente in solitaria ottenendo il terzo successo parziale nella corsa. Dietro di lei ad una manciata di secondi arrivano Labous e Realini che ora la seguono nell’ordine anche nella generale (rispettivamente a 3’56” e 4’25”).

Alla presentazione della corsa, la frazione savonese era stata indicata come la più insidiosa nonché ultima occasione per giocarsi l’all-in per la classifica. Tutto o niente come era successo nel 2016 quando, in una tappa praticamente identica vinta da Evelyn Stevens, Megan Guarnier riuscì a spodestare Mara Abbott ed ipotecare quella edizione della corsa rosa. E le aspettative non sono state tradite anche se stavolta è capitato a metà o quanto meno per le posizioni alle spalle di Van Vleuten. Ewers, seconda al mattino, è andata in crisi sulle ultime due ascese ed è scivolata di due posti. Uguale per Mavi Garcia, mentre Magnaldi, zitta zitta, entra nella top five con pieno merito.

Gaia sul podio

Realini quando taglia il traguardo è letteralmente sfinita. Scende dalla bici sorretta dalla massaggiatrice della Lidl-Trek che la fa sedere per terra per farle riprendere fiato. Le versa addosso una bottiglietta d’acqua fredda che evapora sul suo motore ancora caldo. Gaia non ha fatto un fuori giri, ma sul santuario di Alassio la sua cilindrata è andata ad alti regimi. Pochi minuti e sotto il podio Realini è un’altra persona. Sorridente e speranzosa perché attende la conferma di essere terza nella generale. Non appena lo apprende diventa anche più chiacchierona di quello che lei è di solito con le interviste.

«Oggi l’obiettivo – racconta Gaia sembrando anche più leggera moralmente – era quello di entrare nella top 3 e lo abbiamo portato a termine, quindi sono felicissima. Nella riunione pre-gara di stamattina avevamo detto che questa era la tappa dove si poteva fare la differenza e mettere più minuti possibili in classifica. Ce l’ho messa tutta fino alla fine ed è stata davvero dura. Tutte noi atlete abbiamo sette tappe nelle gambe che si fanno sentire. Ci riposiamo per un giorno con un po’ di relax psico-fisico ma restando comunque super concentrate sulle ultime due tappe perché in Sardegna dovremo restare con gli occhi bene aperti».

«Nella penultima salita – prosegue la classe 2001 che è anche maglia bianca del Giro Donne – Van Vleuten ha fatto il passo. Labous ed io abbiamo stretto i denti per tenerla scollinando con lei. All’ultimo chilometro noi eravamo a tutta. Nella mia testa pensavo a resistere per allungare il più possibile su Ewers. Van Vleuten ha avuto quelle forze in più per staccarci e darci quei secondi di distacco all’arrivo. Ma va bene così, sono super contenta. Adesso mi godo il giorno di riposo».

Per Elisa

Realini quest’anno ha trovato subito feeling con le sue compagne, specialmente con Longo Borghini. E‘ come se la campionessa italiana avesse preso Gaia sotto la sua ala protettrice per insegnarle a spiccare il volo da sola. Dopo il ritiro forzato di Longo Borghini, c’era curiosità di vedere Realini come si sarebbe comportata in corsa senza la sua capitana. Eccoci accontentati.

«Il giorno in cui è caduta Elisa – spiega Gaia, che in stagione ha già fatto terza alla Vuelta nella generale con una tappa – avevo avvertito subito l’ammiraglia. Come vi ho detto due giorni fa, mi ero molto preoccupata. Alla sera quando è tornata in hotel e ci hanno detto che non sarebbe ripartita, l’ho presa un po’ male. Moralmente per me è stato un brutto colpo. Per me lei è un punto di riferimento in tutto. Tuttavia Elisa mi ha tranquillizzata dicendomi che avrei potuto giocarmi le mie carte al meglio. Anzi lei mi ha incitato a credere che il podio era alla mia portata. Ho creduto fino in fondo alle parole di Elisa e oggi questo podio di tappa e della generale li dedico a lei».

Realini chiude terza a 20″ da Van Vleuten ed ora è terza anche nella generale
Realini chiude terza a 20″ da Van Vleuten ed ora è terza anche nella generale

La cannibale

La voracità agonistica di Van Vleuten divide la platea. Vincere ogni volta che si presenta l’occasione oppure lasciare qualcosa anche alle altre? La risposta esatta non ci sarai mai, forse bisogna contestualizzare sempre ogni circostanza. Di sicuro possiamo dire che dietro al sorriso che ha nelle vittorie e davanti al microfono c’è un carattere deciso come mostra nel post-cerimoniale. Diciamo che l’ordine del protocollo tra antidoping e interviste lo stabilisce lei con buona pace (ed attesa) di chi vuole farle due domande rapide nella mixed zone. Aspettano anche gli inviati del canale dell’UCI e non c’è tanto da fare, soprattutto se nel frattempo ha iniziato a piovere con vigore.

«Abbiamo corso come squadra – dice Van Vleuten sul suo successo – e anche oggi siamo state perfette nel difendere la maglia. E’ stato fatto un grande lavoro. Nel finale di oggi si è creata una situazione favorevole. Labous e Realini stavano lottando per il podio della generale e per me è stato perfetto per attaccare ancora. Non avevo programmato di farlo perché non pensavo di trovarmi così nel finale. Le mie compagne si sono messe a tirare per chiudere e abbiamo pensato a Lippert per fare la corsa. Poi siamo rimaste davanti in un gruppetto, allora a quel punto ho pensato a vincere. Ieri sera quando siamo arrivati abbiamo fatto una ricognizione e avevo visto che per salire c’era una bellissima vista. Mi sono goduta il panorama e oggi sono veramente contenta di avere vinto quassù».

Van Vleuten attacca salendo verso la Madonna della Guardia di Alassio. Niente da fare per Labous e Realini
Van Vleuten attacca salendo verso la Madonna della Guardia di Alassio. Niente da fare per Labous e Realini

«Non penso di essere una cannibale – ci confida Van Vleuten con grande spontaneità – sono solo un’atleta che si allena tanto per tante ore e per tanti chilometri. Posso dirvi che la mia voglia di vincere nasce dalle motivazioni. Ottenere il meglio da me stessa e questo mi rende felice. Inoltre vincere rende felici anche la mia squadra e le mie compagne, che fanno sempre un gran lavoro. Credo che sia un giusto riconoscimento che voglio dare ogni volta a loro. A Ceres ad esempio ho spinto al massimo fino sul traguardo ma non sono riuscita ad andare a riprendere Niedermaier. Capita a volte di dare tutto e non vincere. In ogni caso spesso la miglior tattica è quella di attaccare per mettersi al sicuro da eventuali rischi. Posso aggiungere che vincere in Italia mi piace molto e mi dà sempre una grande emozione. Ma non chiamatemi cannibale».

Van Vleuten prende e va. Paladin: «Al Tour sarà diverso»

05.07.2023
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CANELLI – E’ bastato poco ad Annemiek Van Vleuten per salutare la compagnia e viaggiare spedita verso il traguardo della sesta tappa del Giro Donne. Una frazione che al mattino, nel paddock dei bus, prevedevano in egual misura adatta all’arrivo per velociste o di una fuga. Invece no, la maglia rosa prende e va via quando mancano 15 chilometri alla fine. E per lei è la quindicesima vittoria al Giro Donne.

Sul Gpm di Calosso, penultimo di giornata, l’olandese della Movistar non è nemmeno scattata. Ha imposto subito un ritmo insostenibile per le altre, che hanno iniziato a ragionare per il secondo posto. La piazza d’onore è andata a Wiebes (davanti a Lippert) che conferma una grande crescita sulle tappe mosse e con arrivi su strappi secchi di un chilometro come quello di Canelli. La campionessa europea della SD Worx, che domani non ripartirà per preparare il Tour Femmes, sarà l’avversaria da battere al mondiale di Glasgow ed il cittì Sangalli continua a prendere appunti. Nella generale a più di 3 minuti da Van Vleuten, scala di una posizione Ewers per effetto della drammatica caduta occorsa a Niedermaier (forte trauma facciale e ritiro) mentre terza ora c’è Labous del Team DSM-Firmenich.

Soraya davanti

Le colline dei vigneti che circondano Canelli sono validi banchi di prova per capire la propria condizione. Dalla pianura astigiana la strada si inerpica in modo tortuoso e ripido. Ci si può provare in salita o in discesa. La linea d’arrivo posta accanto al ristorante “Civico 15” non mente. Per arrivarci devi avere la gamba giusta. E la signora Giusy vede sfilare il meglio del ciclismo femminile davanti al suo locale. Fra queste c’è Soraya Paladin, quarta e autrice di una bella prestazione.

«E’ stata una tappa per noi abbastanza sfortunata – racconta Paladin dopo aver recuperato dallo sforzo – siamo partite con Antonia (Niedermaier, ndr) che era seconda in classifica e maglia bianca, ma purtroppo è caduta. Non sono bene cosa sia successo, lo abbiamo sentito alla radio e ci hanno detto che non sarebbe più rientrata. So solo che è in ospedale. Ci dispiace molto perché stava andando veramente forte. La nostra idea era quindi quella di difendere la generale. Se lo meritava Antonia».

Paladin sta dimostrando di crescere. Il bel quarto posto a Canelli lo certifica
Paladin sta dimostrando di crescere. Il bel quarto posto a Canelli lo certifica

«Dopo la caduta – prosegue la vicentina della Canyon Sram – sono cambiati un po’ i piani e mi hanno lasciato carta bianca. In salita c’era il Team DSM che faceva un bel ritmo per Labous che infatti ha attaccato sul primo Gpm (Castino, ndr). Lì siamo rimaste in poche ma nulla di fatto. Poi ha attaccato Van Vleuten sulla salita di Calosso. Ho provato a tenerla, ma andava veramente troppo forte per me. Sono rimasta nel gruppetto dietro e speravo che non ci riprendessero perché sapevo di potermela giocare con Lippert in un arrivo come quello di oggi. Invece è rientrata Wiebes. Chloe (Dygert, ndr) mi ha guidata fino ai piedi della salita in una buona posizione. Lo sprint è partito abbastanza presto e lo abbiamo fatto a tutta fino alla fine. Dispiace per il quarto posto perché rende la giornata ancora più amara».

Il Giro non è finito

Van Vleuten anche a Canelli ha messo un altro mattoncino per la conquista del suo quarto Giro Donne, ma ci sono ancora tre tappe che non bisogna sottovalutare. Paladin analizza la corsa rosa per sé e per la sua squadra in funzione dei prossimi appuntamenti. All’orizzonte ci sono Tour e mondiale in cui la trevigiana di Cimadolmo vuole continuare ad essere protagonista.

«Ovvio che Van Vleuten – spiega Soraya – non voglia prendere rischi. Al Giro c’è sempre un imprevisto, sia per cadute che per problemi meccanici ed altro. Può sempre succedere di tutto. Fino all’ultimo giorno e finché non si taglia la linea del traguardo di Olbia non si può dire che sia chiuso. Ovviamente sta dimostrando di andare forte, però ci sono ancora tante altre squadre che hanno i numeri e ci proveranno di sicuro. Noi volevamo farlo oggi, ma abbiamo avuto sfortuna.

Van Vleuten festeggia. Il suo quarto Giro Donne è sempre più vicino
Van Vleuten festeggia. Il suo quarto Giro Donne è sempre più vicino

«Punteremo alle tappe – prosegue Paladin – ci sono ancora un po’ di occasioni buone per noi della Canyon-Sram. L’arrivo alla Madonna della Guardia di Alassio è forse un po’ troppo duro per me, ma le due frazioni in Sardegna mi si addicono. Quella di domani dicono che sia quella più dura o comunque più temuta però la gara la fanno i corridori. Anche oggi a Canelli sembrava una tappa per arrivare in volata o per passiste veloci. Invece quando si mettono a fare forte qualsiasi salita, tutte soffrono».

Tour e mondiale

«Farò il Tour Femmes – conclude Paladin con grande lucidità – in supporto a Niewiadoma che curerà la generale. Qui sto prendendo dei riferimenti su Van Vleuten da riportare sul Tour anche se sarà completamente diverso. Abbiamo fatto le ricognizioni. Le tappe sono lunghe e dure. Farà caldo. Intanto pensiamo a finire il Giro Donne poi penseremo alla Francia.

«Mi sono preparata bene a Livigno. La mia condizione è in crescendo. Qui al Giro Donne mi sto sentendo bene ogni giorno che passa. Il cittì Sangalli mi lascia tranquilla, facendomi pensare alle tappe. E’ giusto che io adesso resti concentrata sul Giro poi per i mondiali se ne parlerà più avanti. Ci sono tante italiane che stanno andando forte. Penso proprio che chi se lo merita sarà convocata».

Moro e la fatica di stare con i grandi: «Ma che gioia!»

17.02.2023
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La medaglia d’oro conquistata da Manlio Moro, insieme ai suoi compagni del quartetto, ai recenti campionati europei, sta tutta nella smorfia di fatica che gli si dipinge sul volto una volta tagliato il traguardo. Il friulano, in forza alla Zalf Euromobil Désirée Fior, è il nuovo innesto del quartetto (in apertura con Milan sul podio di Grenchen). Con un occhio puntato alle prossime Olimpiadi (quelle di Parigi 2024) e l’altro saldo sul lavoro da fare per meritarsi quel posto tanto ambito. 

La stagione su strada per Moro è iniziata in Argentina alla Vuelta a San Juan
La stagione su strada per Moro è iniziata in Argentina alla Vuelta a San Juan

Il finale

Una volta conclusa la finale che ha dato l’oro al quartetto, Moro ha fatto fatica anche a rallentare la bici. Si è sdraiato sul manubrio lasciando che il mezzo decidesse quale direzione intraprendere. I suoi compagni festeggiavano, mentre Manlio non riusciva a staccare le braccia dalla bici.

«I telecronisti dicevano lacrime per Moro – dice il giovane friulano divertito – ma ero “solo” stanco morto. Non riuscivo a fare nulla. Restare a ruota dei migliori al mondo non è semplice, ma ho messo tutto me stesso in questa prova. Non ho ancora iniziato la stagione, ma tra San Juan e l’europeo su pista mi sembra di aver fatto moltissimo».

A novembre per lui e gli altri ragazzi della pista c’è stato il ritiro di Noto
A novembre per lui e gli altri ragazzi della pista c’è stato il ritiro di Noto
La gara ha avuto ritmi alti fin da subito.

E’ stata intensa fin dalla partenza, ci eravamo prefissati di girare un pochino più piano, ma una volta in azione ci siamo messi a menare. Ero al limite, più di così non potevo dare e questo era un po’ l’obiettivo: uscire dalla pista senza rimpianti. Andare più forte era impossibile.

Si è visto, sei andato avanti al primo chilometro e hai dato una gran tirata

Sì, potevo risparmiarmi un pochino, ma mi sono fatto prendere dal momento. Siamo passati da 8 decimi a 1,2 secondi in due giri. 

Uno sforzo che hai pagato nel finale?

Direi, ai tre chilometri e mezzo ho provato a rimettermi davanti, ma sono durato ben poco. Non ne avevo per mantenere il ritmo ed in più eravamo rimasti in tre. Così ho preferito mettermi a ruota e dare tutto per rimanere attaccato, con il senno di poi ci siamo detti che è stato giusto così.

La tirata di Moro è arrivata poco dopo il primo chilometro, un po’ troppa “foga” per il friulano
La tirata di Moro è arrivata poco dopo il primo chilometro, un po’ troppa “foga” per il friulano
Anche perché Ganna stava particolarmente bene.

Urca! Alla prima tirata, ci stava staccando di ruota. Nel finale Pippo si è preso l’incarico di fare un giro in più. 

3 minuti, 47 secondi e 667 decimi, un bel tempo per essere febbraio, no?

Assolutamente, se pensate che al mondiale dello scorso anno siamo stati più veloci di un secondo, ma con un stagione alle spalle. 

E’ stata una piccola rivincita contro gli inglesi, che l’anno scorso vi hanno rubato la maglia iridata….

Questa vittoria ci ha dato grande morale, vincere ci ha aiutato a dimostrare che gli inglesi si possono battere. Se non fossimo riusciti a vincere, non avremmo affrontato i prossimi mesi con la stessa serenità che abbiamo ora. 

Il friulano si appresta ad iniziare la sua seconda stagione con la Zalf, prima del passaggio ai pro’ con la Movistar nel 2024
Il friulano sta per iniziare la seconda stagione con la Zalf, prima del passaggio ai pro’ con la Movistar nel 2024
Hai festeggiato?

Mi sono preso tre giorni di pausa, per riprendere un po’ di energie, ma non ho ancora festeggiato. Lo faremo tutti insieme quando ci ritroveremo a Montichiari. 

Ti sei adattato bene ai ritmi del quartetto elite?

Ci sono altri ritmi, si fa molta più fatica, ma i risultati dicono che la strada intrapresa è quella giusta

Una medaglia che rappresenta un bel tassello verso l’Olimpiade?

Certamente, ora si torna a lavorare in pista e potrebbero esserci delle novità. 

Villa sta studiando un cambio di ruolo per Moro, da terzo a secondo uomo, una mossa in vista di Parigi?
Villa sta studiando un cambio di ruolo per Moro, da terzo a secondo uomo, una mossa in vista di Parigi?
Quali?

Potrei cambiare ruolo. Ho sempre fatto il terzo, ma Villa vorrebbe provare a farmi fare il secondo. E’ una bella prova, serve un cambio di ritmo non indifferente. Da secondo hai meno tempo per recuperare dopo la partenza. La cosa bella del quartetto è che siamo in tanti e quindi possiamo fare molte prove. 

Il 2024 è l’anno olimpico, ma anche quello del tuo passaggio in Movistar, in che rapporti sei con loro?

Ci sentiamo spesso. Mi seguono e sono contenti dei miei risultati. Il primo anno da professionista e nel WorldTour potrebbe rappresentare un altro step di crescita importante. L’obiettivo è entrare in pianta stabile in questo quartetto.

Guarischi, quell’oro ha portato una nuova consapevolezza

17.07.2022
6 min
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Vincere resta la miglior ricetta per ritrovare morale anche se vieni da buoni risultati. Ai Giochi del Mediterraneo Barbara Guarischi ha vinto la medaglia d’oro nella prova in linea che ha senz’altro più valore di quello che rappresenta.

In Algeria – sede della manifestazione – la velocista azzurra ha finalizzato in modo impeccabile la tattica del cittì Sangalli e il lavoro delle sue compagne ritrovando il successo personale (il decimo in carriera) a distanza di tre anni dall’ultima volta (prima tappa del Thuringen Lotto Ladies Tour).

Contando che lo scorso maggio a Milton, nella tappa canadese della Nations Cup in pista, era arrivata la vittoria con il quartetto nell’inseguimento a squadre, questo 2022 sta riservando alla trentunenne della Movistar delle soddisfazioni che forse pensava di non rivivere più. Con lei abbiamo fatto il punto della situazione tra prossime gare e nuovi obiettivi.

Barbara, bronzo al campionato italiano e oro ad Orano nel giro di una settimana. Partiamo da qui.

Sono risultati che ci volevano, per tutti questi anni un po’ oscuri. Il terzo posto al tricolore mi aveva dato buon umore e conferme della condizione. Della gara al Mediterraneo sono contenta invece per Paolo (il cittì Sangalli, ndr) e perché si è vista una grande Italia. Non era scontato che vincessimo…

Infatti talvolta le corse più facili sono quelle più insidiose.

Esattamente. Direi che sono proprio le più difficili da interpretare. Hai gli occhi di tutti puntati addosso. Appena ti muovi, tutti ti vengono a ruota e rischi di sprecare inutilmente. Ad Orano sono stati ottanta chilometri molto veloci. La prima parte ad inseguirci un po’ tutte, specie con Francia e Spagna, le altre nazionali più accreditate. Nella seconda parte di gara invece abbiamo iniziato ad attaccare due a due e le nostre avversarie hanno iniziato a subirci.

Quando sei stata convocata, eri già stata designata come leader della volata?

No, non sapevamo ancora nulla della tattica. Io avevo detto fin subito che mi sarei messa a disposizione della squadra senza alcun problema. Devo ringraziare tutte le formazioni in cui sono stata che mi hanno insegnato questa particolare predisposizione al sacrificio per le compagne. Solo il mattino della gara il cittì ha deciso che lo sprint lo avrei fatto io.

In nazionale c’è sempre questo bel clima che fa la differenza.

Sì, è proprio il valore aggiunto del nostro gruppo. Ci uniamo sempre tanto e sempre di più. E lo osservavo con attenzione proprio ai Giochi del Mediterraneo. Siamo partite qualche giorno prima e fino alla vigilia non abbiamo pensato alla gara. Abbiamo pensato alla nostra aggregazione che poi sfruttiamo in corsa. Senza retorica, ma l’unione fa la forza.

Come hanno preso la tua vittoria alla Movistar?

Molto bene. Inizialmente dovevamo andare a correre il Lotto Belgium Tour, ma avevo detto alla squadra che ci tenevo ad andare via con la nazionale. Idem per altre tre mie compagne che erano convocate con la Spagna. I nostri tecnici hanno cambiato idea saltando la corsa al Nord. E alla fine ho avuto ragione io.

Il cittì Sangalli ti ha già confermata per gli Europei.

Fa sempre piacere essere considerati. Ringrazio Paolo per questo. E’ sempre un onore indossare la maglia azzurra e poter aiutare la squadra. A Monaco di Baviera correremo per la Balsamo, che ha dimostrato di andare forte su tanti terreni. Abbiamo un’alternativa come Consonni che sta andando anche bene. Per l’europeo (che si disputerà il 21 agosto, ndr) bisognerà essere al cento per cento perché la concorrenza sarà molto alta. Voglio arrivarci pronta. Infatti mi sto preparando a Livigno dove resterò fino al 27 luglio.

Quindi niente Tour Femmes?

No, non era nei programmi. La nostra squadra in Francia dovrebbe ricalcare quella vista al Giro Donne. Io farò due gare in Svezia e subito dopo correrò il Tour di Scandinavia (dal 9 al 14 agosto, ndr). Tutte corse WorldTour che mi piacciono molto. Specialmente nella gara a tappa vado per fare risultato, per vincere indipendentemente da chi ci sarà. Poi a grandi linee dovrei fare il Tour de l’Ardeche e la Tre Valli Varesine. Vorrei poi fare un po’ di pista a settembre e ottobre.

A proposito di questo, anche il cittì Villa ti tiene in considerazione. Punti a Parigi 2024?

Preparare la pista da un mese all’altro non è l’ideale. Bisognerebbe fare un bell’inverno allenandosi bene, cercando di capire i margini di miglioramento e dove possono esserci. Vorrei fare strada e pista, ma dovrò stare attenta alla programmazione per riuscire a fare combinare bene le due attività. La vedo dura partecipare al prossimo mondiale in pista (in Francia a Saint-Quentin-en-Yvelines dal 12 al 16 ottobre, ndr) anche perché ci sono le giovani che stanno andando molto forte. L’idea comunque è tornare in pista poi se si andrà alle Olimpiadi sarà solo il cronometro a deciderlo.

Qualche consapevolezza in più l’hai riacquistata dopo l’oro al Mediterraneo?

Direi di sì. Tuttavia sono ancora troppo onesta con me stessa. Un corridore sa sempre dove può arrivare in certe gare o in altre. So quanto posso valere, ma è ovvio che se in volata hai una come la Wiebes so che è difficile batterla. Forse dovrei osare di più. Sì, lo farò.

StormChaser: il casco che unisce aerodinamica e sicurezza

27.05.2022
3 min
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L’ultimo prodotto nato in casa Abus è il casco StormChaser, un prodotto che fa di leggerezza ed aerazione le sue caratteristiche principali. I corridori del team Movistar ne sanno qualcosa visto che usufruiscono dei prodotti Abus. La cura del dettaglio è alla base del nuovo casco StormChaser, per permettergli di adattarsi a qualsiasi tipo di percorso: dalla strada all’off road. 

Caratteristiche tecniche

Il casco Abus è costruito con la tecnologia In-mold che combina il materiale EPS e la calotta in policarbonato, una combinazione leggera ma molto resistente. L’aerazione è fondamentale in bici e il casco StormChaser è equipaggiato con ben 7 prese d’aria e 16 di estrazione. Questo consente un continuo ricambio ed una regolazione della temperatura interna della calotta impeccabile.

Per un supporto impeccabile in qualsiasi situazione di corsa il casco StormChaser è dotato del sistema AirPort. Si tratta di supporti aerodinamici per gli occhiali che offrono alloggiamenti per le asticelle, così da riporli quando la strada sale e l’andatura diminuisce. E’ dotato, inoltre, di un profilo ribassato, per una protezione incrementata verso eventi esterni lesivi.

Regolazioni al millimetro

Il sistema di regolazione micrometrico è studiato per consentire un utilizzo confortevole anche per le cicliste che portano i capelli raccolti a coda. Anche la sicurezza è fondamentale in bici, così Abus ha aggiunto degli inserti riflettenti che consentono di essere visti anche in condizioni di scarsa visibilità. StormChaser è disponibile in 4 taglie (S 51-55cm,M 54–58cm,L 59–61cm,XL 61–63cm) e ben 14 colorazioni.

Prezzo di vendita: 145,55 euro.

Abus

Zanardi scaccia le difficoltà e punta tutto sull’estate

30.04.2022
5 min
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«Adesso sono un po’ in calo, ma tranquilli che ritorno presto». Nel mezzo della nostra chiacchierata – appena finito il prologo del Ceratizit Festival Elsy Jacobs in Lussemburgo – Silvia Zanardi lo dice convinta, ma con un sorriso un po’ più tirato del solito.

Già, perché la 22enne della BePink, dopo un buonissimo inizio di stagione alla Volta Valenciana in cui è stata sondata dalla Movistar per il 2023 e la vittoria nella prima tappa del Trofeo Ponente in Rosa, sta attraversando un periodo psicofisico opaco. Qualcosa di puramente fisiologico come capita a qualsiasi persona. Nonostante tutto ha cercato di mettersi in mostra, come alla Freccia Vallone dove è stata in fuga per tantissimi chilometri. Però quando sei campionessa europea U23 in carica hai sia tante responsabilità in più, sia tanti occhi addosso che vogliono vederti sempre là davanti. E quando non ci sei e sparisci un po’ dai radar, ecco che possono iniziare a rincorrersi voci e difficoltà.

Al Trofeo Ponente in Rosa Zanardi ha conquistato una tappa e il secondo posto nella generale (foto Ossola)
Al Trofeo Ponente in Rosa Zanardi ha conquistato una tappa e il secondo posto nella generale (foto Ossola)

Per Zanardi, considerato il suo potenziale e i suoi successi internazionali anche su pista, probabilmente questo è il primo vero momento critico della carriera. Quello che, anche se non ce lo direbbe mai (o forse lo ha fatto?), sta patendo più del previsto. Abbiamo provato con lei ad approfondire questa situazione.

Silvia, come va innanzitutto?

Bene, ma non benissimo (risponde subito sorridendo, ndr). Sto uscendo da questo periodo di crisi. Testa e fisico devono sempre andare d’accordo, però ultimamente non mi sentivo bene soprattutto fisicamente. Avevo influenza e mal di gola, sintomi simili al Covid ma non lo era. Stiamo facendo accertamenti.

Un motivo c’era quindi?

Sì, però a me non piace parlare di queste cose, ormai lo sapete anche voi. Non mi piace perché poi viene interpretata come una giustificazione e io non voglio che si pensi che io attinga a delle scuse se non faccio bene. Sono cose che capitano e che devo saper gestire. Mi sento di dire che nessuna di noi può essere sempre al 100 per cento, che si può anche non stare bene per un motivo o l’altro. Anch’io so che non è un buon momento, ma che può succedere.

Come hai vissuto questo momento?

Quando vedi che non fai risultato, vai giù di morale e iniziano i pensieri. Sono due cose collegate fra loro. Vi confesso che non volevo fare nemmeno le interviste, ma come ho detto prima, non voglio giustificazioni o sottrarmi a certi impegni. Sono ancora giovane e sto imparando che questa situazione mi servirà per il futuro, fa parte del processo di crescita. Ora ci do troppo peso, domani gliene darò il giusto o di meno. L’importante è lavorare per superare questi periodi e state tranquilli che tornerò.

In tutto questo potrebbe aver inciso il fatto che la Movistar a febbraio ti abbia contattata?

Prima di tutto mi ha fatto molto piacere che mi abbiano cercato. Non credo però che mi abbia distratta questa cosa, anzi mi avrebbe stimolata ad andare ancora meglio.

E se dovessero rifarsi vivi a fine stagione?

Ne parlerò con Walter (Zini, il team manager della BePink, ndr), se ne occupa lui, anche perché nel frattempo si sono fatte avanti anche altre formazioni WorldTour. In ogni caso ci penserò quando sarà il momento, ora sono concentrata sulle prossime gare.

Parliamone, quale sarà il tuo calendario?

Ora sto correndo in Lussemburgo, finirò domani. Poi faremo il Bretagne Ladies Tour Ceratizit dal 4 al 7 maggio. Dovrei correre ancora in Francia e poi in Germania il Lotto Thuringen Ladies Tour (dal 24 al 29 maggio, ndr), ma vedremo perché in mezzo potrei correre su pista la Nations Cup in Canada dal 12 al 15 maggio. Mi piacerebbe farla, però solo se gli impegni saranno compatibili fra loro.

E il Giro d’Italia Donne?

Sarò al via, ma abbiamo in programma di fare solo le prime cinque tappe. Poi andrò in Portogallo per gli europei U23. Al Giro l’intenzione è quella di cercare il colpo di pedale giusto e magari fare risultato.

Quali obiettivi ti sei prefissata per il resto della stagione?

Ne ho diversi. In gara vorrei fare bene con la mia squadra. Poi agli europei su strada e su pista, magari guadagnandomi una chiamata per i mondiali su pista. A livello personale vorrei crescere fisicamente e mentalmente. Vorrei essere più costante e trovare un miglior equilibrio. Certe cose non le devo prendere troppo sul personale. So che devo tenere duro nei momenti di crisi e vorrei avere più convinzione nei miei mezzi.

Dove e quando ritroveremo la migliore Zanardi?

Spero molto presto, ma se devo dire un appuntamento, allora dico ad Anadia in Portogallo per gli europei U23 (la gara femminile è in programma il 10 luglio, ndr). Sono certa che là sarò in forma.

Marc Soler alla UAE per sposare il progetto Pogacar

24.01.2022
3 min
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Dopo sette stagioni corse nel Movistar Team si è chiusa l’esperienza di Marc Soler con la squadra spagnola. Il corridore catalano, nato ad una cinquantina di chilometri da Barcellona, inizia la sua nuova avventura nel UAE Team Emirates (foto apertura Fizza). Sarà il fido scudiero di Tadej Pogacar al Tour de France ed alla Vuelta di Spagna, i due grandi Giri su cui punterà il giovane talento sloveno.

L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione
L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione

Un’accoglienza calorosa

Marc Soler, 28 anni compiuti due mesi fa, si lancia in una nuova sfida in un team ambizioso, esigente e che vuole rimanere per molti anni al top. Marc prenderà il posto di gregario al Tour del nostro Davide Formolo, che si giocherà le sue carte al Giro d’Italia affiancando Joao Almeida

L’ex Movistar si è detto entusiasta e felice di questa nuova avventura. Anche se non ha mancato di sottolineare alla stampa presente al Media Day online del team di come voglia ritagliarsi le sue occasioni. Le corse per mettersi in mostra non mancheranno: partendo proprio dalla corsa di casa, la Volta Catalunya.

Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde
Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde

Trovare il feeling

Soler ha parlato più volte del voler uscire dalla “comfort zone”. «Era un cambio di cui avevo bisogno – ha dichiarato – per trovare nuovi stimoli ed una motivazione che mi facesse mantenere alto il livello».

A questa età è un buon momento per lanciarsi in nuove ed appassionanti sfide.

«Il mio debutto – continua Marc – sarà alla Volta a la Comunitat Valenciana, passando per Parigi-Nizza e Catalunya. Correrò anche Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Le prime gare serviranno per prendere le misure con le esigenze di Tadej. Quando l’ho visto correre la prima volta alla Vuelta del 2019 sono rimasto colpito dalle sue qualità. Il futuro è suo ed aiutarlo a raggiungere grandi traguardi è una motivazione in più per iniziare questo nuovo progetto».

Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas
Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas

Un carattere acceso

Marc Soler è uno di quei corridori che ha sempre fatto della costanza il suo punto di forza, un gregario “sempre presente” ma con la licenza di provare a vincere. La comfort zone di casa Movistar per lui si era fatta forse un po’ stretta.  Qualcosa si era già intuito alla Vuelta del 2019 quando alla nona tappa si rifiutò di aspettare i capitani Valverde e Quintana per cercare di vincere la tappa.

Quello fu il momento clou e nelle due stagioni successive, quando gli si è dato lo spazio che tanto desiderava, i risultati non sono arrivati. Davanti alle evidenti superiorità degli avversari Soler si è forse “rassegnato” a fare il gregario di uno di loro, sposando un progetto che potrebbe accompagnarlo per un altro pezzo della sua carriera.

Villella Dorelan

Villella: «Nel giorno di riposo, non tutti pedalano…»

18.05.2021
2 min
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Che cosa avviene al Giro d’Italia nel giorno di riposo? Che cosa fanno i corridori? Il riposo è un concetto che può anche sembrare astratto, perché nel corso di una prova di tre settimane, molti sono i ciclisti che preferiscono rimanere in attività, provando a staccare la spina solo mentalmente. A chiarirci un po’ le idee è Davide Villella (Movistar) che sta affrontando il suo settimo Giro d’Italia e, dopo il ritiro del suo primo anno nel 2014, li ha sempre portati a termine.

«Normalmente durante il giorno di riposo due sono gli input che vengono dati ai corridori – esordisce il corridore di Magenta – il primo è dormire di più rispetto ai giorni di tappa, il secondo è comunque uscire per una sgambata in bici, dai 60 ai 90 minuti, per mantenere i muscoli agili. Se però la tappa dopo il riposo è piatta, molti non escono e cercano di riposare il più possibile. Me compreso…».

L’uscita quindi non è obbligatoria come si pensa…

Ci si regola in base alla propria esperienza, alle proprie abitudini. Dopo un po’ un corridore impara a conoscersi e a gestirsi. Io ad esempio – sottolinea Villella – nel giorno di riposo cerco di dormire finché posso e di recuperare perché so che poi ogni energia sarà preziosa, è la base per le tappe successive.

Jumbo Visma Dorelan
L’uscita nel giorno di riposo (qui la Jumbo Visma al Tour 2020) non è effettuata da tutti
Jumbo Visma Dorelan
L’uscita nel giorno di riposo (qui la Jumbo Visma al Tour 2020) non è effettuata da tutti
Dopo il pranzo, nelle ore nelle quali abitualmente si è in sella ed anzi le tappe sono nella fase decisiva, che cosa si fa?

Si riposa in camera, c’è anche chi fa un sonnellino pomeridiano, oppure ci si dedica a qualche film o programma televisivo. Un concetto che deve essere molto importante è che il riposo non deve essere solamente quello fisico, ma anche psicologico, è forse anche più importante. E’ chiaro che il pensiero a quello che ti aspetta c’è sempre, ma queste giornate servono anche per cercare di staccare la spina.

I massaggi si fanno anche nel giorno di riposo?

Rigorosamente, una volta al giorno. Non possono certo mancare, servono per mantenere la muscolatura reattiva per il giorno dopo.

In tanti anni a Villella è mai riuscito di avere 10 minuti per uscire dall’albergo?

Assolutamente no, so che è qualcosa che dicono tutti i ciclisti, ma è davvero così. Noi giriamo l’Italia, ma non riusciamo mai a vederla…