Guarischi: vacanze finite, ricomincia la scuola. Con un sorriso…

17.11.2021
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«Al primo giorno di scuola, con il sorriso che non ho mai avuto a scuola». Con questa frase sui propri profili social – accompagnata da una foto (immagine di apertura) – Barbara Guarischi ha salutato il primo giorno di preparazione del 2022.

La 31enne lecchese della Movistar – pronta per la sua quattordicesima stagione da elite – è reduce da un lungo periodo di riposo nel quale si è concessa una vacanza con gli amici sul Mar Rosso prima di proiettare mente e fisico sul 2022. Quali sono però le sensazioni in autunno quando si riprende in mano la bici dopo tanto tempo di inattività? Abbiamo preso spunto dal suo post e ce lo siamo fatti dire da lei. Ma i suoi pensieri ci hanno portato a parlare di tanto altro.

Seconda ad Avignone al Tour de l’Ardeche dietro Hosking, 10 settembre: il segno che può benissimo ambire a vincere
Seconda ad Avignone al Tour de l’Ardeche dietro Hosking: è il 10 settembre
Barbara, raccontaci questa tua prima pedalata. Com’è stata?

Sono partita gasatissima. Dopo tre settimane senza bici avevo voglia di ripartire e ho scelto di fare un giro attorno a casa (sul lago di Lecco, ndr). Però dopo mezzora ero già stanca morta (ride, ndr). Alla fine ho fatto un’ora e mezza di pianura. Quando sono rientrata avevo molta fame e mi sono mangiata una bella pizza fatta in casa. Il giorno dopo ho fatto due ore e mezza con uno strappetto e mi sono messa in riga con la dieta.

Durante il primo giro che riflessioni hai fatto?

Pensavo al 2022, più che altro sognavo. E chissà che questi sogni non diventino realtà. Quando salgo in bici entro nel mio mondo, nella mia musica e nei miei pensieri. Se dall’altra parte della strada incrocio un amico talvolta capita che non lo saluti proprio perché sono assorta. Ecco, l’altro giorno non vedevo l’ora di uscire in bici per entrare nel mio mondo.

Per tutta la primavera, ha lavorato per le compagne. Qui al Fiandre vinto appunto dalla Van Vleuten
Per tutta la primavera, ha lavorato per le compagne. Qui al Fiandre vinto appunto dalla Van Vleuten
Come sono state quelle tre settimane di stacco? 

Solitamente mi piace fare tutto quello che non riesco o posso fare durante l’anno. Mi concedo qualche sfizio alimentare benché riesca a farlo anche in stagione, stando sempre nei limiti e nei tempi giusti. Personalmente era dai primi due anni in Canyon Sram (2015-16, ndr) che non staccavo così tanto senza fare nulla. E forse, mi dovesse ricapitare l’anno prossimo, la settimana di vacanza la farei prima perché riuscirei a godermela di più. 

Col ciclismo attuale, che quasi non si ferma mai, non rischiano di essere troppe tre settimane di stop?

Dipende da come si finisce la stagione, che ultimamente è sempre tirata. Se la fai come si deve, e se non ci sono di mezzo degli infortuni pesanti, arrivi alla fine consumata dallo stress psico-fisico. E quindi anche venti giorni di assoluto riposo possono davvero farti bene. Ad esempio l’anno scorso ne avevo fatti quindici senza bici, ma avendo fatto trekking tutti i giorni quando ho ripreso mi sentivo bene.

Il 2021 che stagione è stato per te?

Sono davvero molto contenta, una delle più belle che abbia mai fatto. Ho tratto gioia e soddisfazione nell’aiutare le mie compagne a centrare i loro successi. Ho vissuto bene questa annata perché ho anche riassaporato la sensazione di essere tra quelle che si giocano le corse (due secondi posti e quattro terzi per lei, ndr). Questa estate dal Lotto Belgium Tour ho capito che quando ho un po’ più carta bianca posso sparare le mie cartucce. 

Quando inizierà il 2022?

Faremo un ritiro a Valencia a dicembre, poi a gennaio e febbraio saremo tra Almeria e Sierra Nevada. L’anno prossimo ci saranno tante corse. Anzi, apro una parentesi. Forse ce ne sono troppe se pensiamo che siamo solo 14 atlete e che lo staff di un team femminile deve fare gli straordinari.

Quest’anno per Barbara Guarischi uno stacco di tre settimane, con mare e attività fisica alternativa alla bici (immagine Instagram)
Quest’anno per Barbara Guarischi uno stacco di tre settimane (immagine Instagram)
E cosa ti aspetti dall’anno prossimo?

Fino alle classiche primaverili sarò a disposizione della squadra poi vedrò il calendario. Qualche giorno fa quando mi sono sentita con Pablo (il diesse Lastras, ndr) gli ho detto che il mio obiettivo principale è trovare subito una buona condizione e poi cercare di mantenerla fino alla fine in base agli impegni. E, vi confido, vorrei tornare a correre con la nazionale.

Barbara ci fornisci un assist perfetto per chiudere. Hai sempre avuto un rapporto complicato con la maglia azzurra. Può migliorare?

Non so, spero di sì. A settembre avevo voglia di correre il mondiale, stavo bene e sapevo che avrei potuto essere utile alla causa perché avevo una buona forma. Purtroppo sono stata riserva, ma non mi sentivo tale. Ho vissuto quei giorni con grande entusiasmo, c’era un bel clima fra tutti. In quei giorni ho capito che forse potrei riallacciare il legame. L’anno prossimo ci sono europei, Giochi del Mediterraneo e mondiali piuttosto adatti alle mie caratteristiche e lavorerò per guadagnarmi la convocazione senza patemi.

Villella al punto di svolta: stavolta serve il coltello tra i denti

10.11.2021
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Si può dire abbastanza serenamente che per Davide Villella la prossima stagione con la Cofidis sarà un punto di svolta. Magari presto per parlare di ultima spiaggia, ma in qualche modo questo dovrà essere il suo spirito. Il bergamasco lo sa. E al netto di anni lasciati passare e di qualche tifoso che sui social lo copre di insulti per il semplice gusto di ferire, sembra mentalizzato per raccogliere la sfida e l’occasione. Il finale con la Movistar è stato un mix fra occasioni quasi concretizzate e gran lavoro di squadra, che magari passa inosservato ma rientra fra i compiti di chi il ciclismo l’ha scelto per lavoro.

«Nell’ultima tappa del Giro di Sicilia – dice – è venuto Rojas a dirmi che Valverde aveva i crampi e quindi avrebbero corso tutti per me. Sul momento mi è preso un colpo, però ho pensato che fosse una bella occasione. Invece al traguardo volante con gli abbuoni Alejandro era bello pimpante e quando siamo arrivati all’attacco dell’ultima salita, era due posizioni dietro di me e mi sono rimesso a lavorare per lui. Nibali è arrivato da solo, noi tutti nel gruppo alle sue spalle».

Dopo il 2021 a sprazzi (qui in fuga al Romandia), Villella si è accasato alla Cofidis
Dopo il 2021 a sprazzi (qui in fuga al Romandia), Villella si è accasato alla Cofidis

Da lui ci si aspettava il grosso risultato. Bella carriera fra gli U23, il terzo posto al Giro dell’Emilia ancora da stagista nel 2013 e il quinto al Lombardia del 2016 lasciavano sperare che, fatta la convergenza fra preparazione e motivazioni, il risultato non sarebbe tardato ad arrivare.

Invece?

Invece un po’ la sfortuna, un po’ ci ho messo sicuramente del mio e le cose sono andate così. Però sono sempre qua, correrò ancora in una WorldTour e avrò i miei spazi. So che è un’occasione importante e anche, come dice Damiani, che vincere è difficile, ma è difficile anche arrivare secondi. Quello che chiederò sarà solo di correre con continuità.

Alla Movistar non era così?

Non proprio. Vorrei continuità di condizione e gare. C’è chi sta bene a fare una corsa al mese, io ho bisogno di correre. Poi è chiaro che non posso fare i conti con le attese della gente, ma è certo che ho sempre fatto il corridore al 100 per cento. Quando feci quinto al Lombardia e poi vinsi la Japan Cup sembrava che tutto avesse preso la direzione giusta. Invece all’inizio dell’anno dopo mi ritrovai a tirare ancora.

Quest’anno qualche lampo a fine stagione si è visto…

Dopo il Giro, soprattutto nelle corse in cui c’era Sciandri in ammiraglia, a me e Cataldo è stato lasciato un po’ di spazio. Si sapeva che non ci avrebbero tenuto ed è servito per farsi vedere un po’.

Difficile che funzioni, se per anni non ci hai mai provato…

A furia di aiutare gli altri, parti per le corse con un’altra mentalità. Sai di dover tenere duro fino a un certo punto e poi basta. Ho perso lo smalto, ma credo che si possa ritrovare. Alla fine, la grinta c’è. Quando non avrò più voglia di fare fatica sulla bici, per come mi conosco e come mi conoscete, la metterò via di corsa.

Rossella Di Leo, che ti ha cresciuto alla Colpack, dice che se avessi la grinta di Masnada, saresti molto più forte di lui…

Me lo dice ogni volta che ci troviamo, so cosa dice. Intanto diciamo che vedere Fausto che va forte mi rende felice, pensando che neanche volevano farlo passare. Forse in quello che dice c’è del vero, anche se secondo lei non mi impegno abbastanza e io su questo non sono d’accordo.

Se non è l’impegno, è il carattere…

Può darsi anche che mi serva qualcuno che mi prenda… a calci. Domani incontrerò per la prima volta Damiani, mi dicono che lui sia uno tosto che ti fa correre per vincere. Vediamo, magari ho bisogno proprio di questo.

La prossima sarà una stagione speciale, farai anche un inverno diverso per essere pronto?

Credo che l’inverno sarà sempre lo stesso. Sono stato per un mese senza bici e fra poco si ricomincia. La mia preparazione la segue Leonardo Piepoli, comincerò con la palestra, le camminate in montagna e la bici. Non avevo mai fatto uno stacco così grande, mi serviva per resettare e ricominciare col passo giusto.

Si diceva che d’inverno tendessi a prendere peso, troppo peso…

Sono fasi superate. Ho sempre pensato che quando si stacca, si stacca davvero. Finché parliamo di 4-5 chili, credo che vada anche bene, perché basta rimettersi a pedalare e a fare la vita e li butti giù. Da qualche parte dobbiamo recuperare…

Chiederai di fare un programma in particolare?

Mi piacerebbe provarmi di più nelle corse di un giorno. E poi di fare Giro e Vuelta come si faceva in Cannondale, ma sono aperto a tutto quello che mi proporranno. L’anno prossimo saranno 31, so che quest’occasione me la voglio giocare bene.

Malori non ha dubbi, Bennati è il miglior cittì

09.11.2021
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Quando nei giorni scorsi Malori ha letto l’intervista ad Amadio, lo scambio di messaggi è scattato da sé. All’emiliano non era passato inosservato il commentare sarcastico sui social di fronte alla sua idea di trovare dei commissari tecnici a chiamata e in base a i percorsi. Per cui quando ha letto che l’idea è passata anche per la testa di chi ha ridisegnato le nazionali, la consapevolezza di non aver fatto un’ipotesi totalmente campata per aria ha strappato il sorriso. Ma se c’è un aspetto su cui Adriano è totalmente d’accordo è la scelta di Daniele Bennati. Al punto che subito dopo l’incarico, si è sentito di dedicargli un post su Facebook.

Bennati si è fatto le ossa alla corte di Cipollini, poi si è messo… in proprio
Bennati si è fatto le ossa alla corte di Cipollini, poi si è messo… in proprio

La dedica su Facebook

«L’Italia non poteva avere un Commissario Tecnico migliore – ha scritto Adriano – Daniele Bennati ha vissuto il ciclismo a 360 gradi per 20 anni. Ha iniziato la carriera come membro del treno di Cipollini, poi si è messo in proprio ed è stato il terzo velocista italiano più forte della storia (dopo Supermario e Petacchi). Nell’ultima parte della sua carriera è stato un supporto fondamentale a Cancellara e Sagan nelle classiche, ed è stato un gregario eccezionale per Contador e Basso nelle vittorie dei grandi Giri. Ultima cosa importantissima: ha sempre militato in squadre di prima fascia che curavano l’aspetto tecnico e tattico in modo maniacale! Sarebbe stato bellissimo averti in squadra qualche anno prima del 2017, avrei imparato davvero tanto!!!! Caro Benna, sei l’uomo giusto per questa nazionale».

Nel 2007 Bennati vince la tappa di Parigi al Tour: l’allievo di Supermario si è messo in proprio
Nel 2007 Bennati vince la tappa di Parigi al Tour: l’allievo di Supermario si è messo in proprio

Insieme alla Movistar

I due hanno corso brevemente assieme alla Movistar, nel 2017 in cui Adriano provò a ripartire dopo l’incidente dell’anno prima in Argentina. In realtà si videro soltanto nei ritiri, dato che non ci furono occasioni di partire nelle stesse corse. La foto di apertura li ritrae al Tour del 2017, quando nel primo giorno di riposo Malori annunciò definitivamente il ritiro. Eppure il ricordo che Adriano ha del nuovo cittì è netto e niente affatto sorprendente.

«E’ l’uomo giusto – spiega Malori – perché sa vincere le corse e perché è una persona speciale. Sono anche convinto che non farà mai qualcosa per fare del male a un corridore. Ha corso con tanti di quelli che l’Italia dovrà fronteggiare, li conosce. E avendo ancora le sensazioni da corridore, sa valutare le persone e i percorsi. Benna conosce i suoi avversari. Viene da un’altra scuola rispetto a quella di Cassani. Presto quelli che sui social non si fidano e si chiedono se sarà mai in grado di fare meglio dovranno ricredersi».

Dal 2014 al 2016 Bennati ha corso accanto a Contador: qui nella Vuelta vinta nel 2014
Dal 2014 al 2016 Bennati ha corso accanto a Contador: qui nella Vuelta vinta nel 2014

Carta bianca

Da ieri Bennati è alla due giorni di meeting organizzati dalla Federazione per stilare i programmi dei vari settori e creare il giusto clima fra tutti i tecnici azzurri.

«Spero proprio che Amadio gli dia carta bianca – prosegue Adriano – perché sono convinto che i corridori gli diano ascolto. Non ho mai sentito qualcuno che ne parlasse male. E’ un uomo di personalità. Uno di quelli con cui ti trovi anche fuori dalle corse e ci passi volentieri del tempo.

Campionato italiano crono, Moreno Moser, Adriano Malori, Daniele Bennati
Nel 2015, Malori e Bennati avversari al campionato italiano crono. Adriano vince, secondo Moreno Moser, terzo il neo cittì
Campionato italiano crono, Moreno Moser, Adriano Malori, Daniele Bennati
Campionato italiano crono, Moreno Moser, Adriano Malori, Daniele Bennati

«Come Cataldo – prosegue – data la foto che avete pubblicato. Quando mi ha battuto in quel campionato italiano del 2012, un po’ mi scocciava, soprattutto perché il distacco fu di 2 secondi. Però il fatto che a volte ti batta uno che stimi rende la sconfitta più facile da accettare. Sul podio sorrideva anche Pinotti. E Cataldo è uno che si muove come Bennati, con lo stesso stile».

L’uscita di Bettini

Il compendio, che arriva con i saluti mentre “Malo” torna a casa dalla periodica seduta di fisioterapia, riguarda la recente storia dei commissari tecnici azzurri.

Secondo Malori, Bennati proseguirà sul grande lavoro avviato da Bettini
Secondo Malori, Bennati proseguirà sul grande lavoro avviato da Bettini

«L’Italia ha perso un grande commissario tecnico nel 2013 – racconta – quando si dimise Bettini. Paolo era un Bennati, arrivato qualche anno prima. La motivazione ufficiale fu che se ne andava per la nascita della squadra di Alonso, ma a me arrivò anche che non facessero che mettergli i bastoni fra le ruote e alla fine si fosse stufato. Lui era Paolo Bettini, non aveva bisogno della nazionale. Per cui magari a un certo punto vide che non gli andava più bene e salutò la compagnia. Qui stiamo parlando di Daniele Bennati, spero davvero che gli diano lo spazio che serve per lavorare bene. Lui è quello giusto».

E se fosse Cataldo il regista giusto per Ciccone?

09.11.2021
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«Vado con un altro abruzzese – sorride Dario Cataldo – direi un passaggio naturale. Con Giulio ci stiamo inseguendo da anni. Suggerivo di prenderlo prima che passasse, ma poche persone in gruppo sanno fidarsi dell’esperienza dei corridori. Poi l’ho segnalato quando era alla Bardiani, ma ancora niente. Ora si è concretizzato ed è come se il cerchio si fosse chiuso».

Dario Cataldo, abruzzese classe 1985, parla così di Giulio Ciccone, anche lui abruzzese, ma del 1994. In quei nove anni c’è il mondo, compreso il fatto che uno dei primi direttori sportivi di Ciccone fu Michele Cataldo, padre di Dario. E’ una storia di storie che si intrecciano e che alla Trek-Segafredo vedrà dal prossimo anno i due con la stessa maglia, come mai successo prima.

Cataldo è andato alla Movistar nel 2020 dopo 5 anni all’Astana con Aru e Nibali
Cataldo è andato alla Movistar nel 2020 dopo 5 anni all’Astana con Aru e Nibali

Eppure non è stato un passaggio facile, perché a un certo punto della storia il nome di Dario era fra quelli in cerca di squadra e nonostante il suo procuratore Manuel Quinziato si stesse dando un gran da fare, per la fatidica firma c’è stato da aspettare novembre. Tanto avanti.

Qualcosa di buono

Ne avevamo parlato a settembre, nei giorni della Vuelta per la quale non era stato convocato, avendo così il primo sentore del fatto che la Movistar non lo avrebbe confermato. Avevamo parlato dell’attitudine dei team nel far firmare ragazzini di primo pelo, quasi… drogati dall’ansia di trovare il nuovo Evenepoel soffiandolo a qualcun altro.

«Che non fosse una bella situazione ne ero consapevole – racconta – perché arrivi a ottobre e non hai ancora chiuso… Però avevo fiducia di aver seminato bene e mi chiedevo perché mai non dovesse venire fuori qualcosa di buono. Con Trek-Segafredo si parlava da giugno, ma ho firmato solo un paio di giorni fa. Resta però che questa situazione dei giovani sta cambiando la direzione delle squadre».

E’ anche difficile immaginare il modo per cambiarlo…

Ho riflettuto tanto sulle persone che gestiscono le squadre e su come certe volte commettano degli errori grossolani. Pochi sanno vedere le cose come stanno ed è singolare che nel prendere certe decisioni non si senta il parere dei corridori, che correndo accanto tutto il tempo, potrebbero dare indicazioni molto precise.

Che valutazione daresti a questo punto di Ciccone?

E’ certo che abbia tanto potenziale, difficile dire quale sia il terreno migliore su cui possa esprimersi. Sul fronte delle corse a tappe conta tanto la gestione sua e di chi gli sta intorno e dietro, perché per restare a galla per tre settimane devi fare tutto nel miglior modo possibile. Giulio è tanto istintivo, si butta nelle mischie. Questo nelle classiche può essere un’arma vincente, nei Giri un po’ meno.

Ti ricorda qualcuno?

Mi ricorda Vincenzo (Nibali, ndr), che all’inizio era così. Capace di inventarsi le classiche e nei Giri un mix di motore e fantasia. Chissà che Giulio non possa percorrere quella strada…

Invece della tua strada cosa diciamo?

Ho fatto 15 anni di professionismo, sempre in squadre WorldTour. Ho sempre fatto il massimo, qualche volta ho provato a fare la mia corsa e non sempre è andata bene. Ho corso accanto a grandi corridori, per cui è capitato che qualche possibilità mi sia stata preclusa.

Nel 2015 ha scortato Aru fino alla vittoria della Vuelta
Nel 2015 ha scortato Aru fino alla vittoria della Vuelta
Che cosa intendevi poco fa dicendo di aver seminato bene?

Penso di essere un corridore che riesce a mantenere la serietà in gruppo, non sono uno che fa cavolate. Cerco di rispettare i compiti che ricevo e non c’è mai stato motivo di mettere in discussione il mio impegno e la mia serietà. Perché sono uno di cui ci si può fidare, che ha sempre fatto la vita del corridore…

Un po’ come Bennati, con cui ti sei incrociato per un anno alla Liquigas e che ha corso con la Movistar e prima ancora nel gruppo Trek?

Bennati è sempre riuscito a fare squadra. Sa cosa vuol dire lavorare per un leader e sa esserlo a sua volta. E’ sempre stato rispettoso del lavoro altrui e per questo ha sempre avuto la stima del gruppo. Sono certo che sarà un ottimo cittì.

Movistar dà il benservito ad Arrieta e volta decisamente pagina

27.10.2021
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Alla Movistar qualcosa non va più come una volta e la scelta di non confermare Arrieta sull’ammiraglia lascia intravedere qualche crepa. Oppure, più semplicemente, quel clima da famiglia felice che si era creato negli anni di Echavarri e Indurain, col tempo si è disgregato. Attorno a Unzue e Valverde sono via via arrivati e ripartiti corridori con una rapidità sorprendente, da Landa a Lopez passando per Carapaz, mentre le immagini della serie Netflix dedicata al team hanno svelato un clima interno che appare tutto fuorché sereno. 

Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni
Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni

Addio Arrieta

L’ultima spallata su cui in Spagna ci si interroga è l’allontanamento dai quadri del tecnico di San Sebastian, storico gregario di Indurain e direttore sportivo degli ultimi dieci anni.

«Per me personalmente – ha commentato Unzue – è stata una decisione molto dura, ma che abbiamo dovuto prendere per il bene della squadra».

Tuttavia, proprio andando a rivedere gli episodi di quella serie, si intuisce come alcune decisioni dell’ammiraglia nel tempo abbiano esposto la squadra a figuracce facili da evitare semplicemente usando la testa. Come aver rincorso Carapaz alla Vuelta del 2020 per il semplice gusto della ripicca, favorendo altri e non portando a casa nulla.

Continuo chiaroscuro

I diretti interessati non parlano, ma la Spagna del ciclismo è rimasta colpita dalla scelta, dato che con Arrieta se ne va una bella fetta di quella radice navarra su cui la Banesto e la sua discendenza avevano costruito la loro immagine. Questo non significa, tuttavia, che si sia trattato di un arbitrio. Proprio perché nel team refrattario ai colpi di testa, l’allontanamento di una figura così chiave fa pensare che in qualche modo la misura fosse colma.

Arrieta non ha seguito la squadra alla Vuelta e già questo poteva far pensare che il suo futuro non passasse più per quei colori, anche se l’esito della corsa spagnola è stato un continuo chiaroscuro, con il secondo posto di Mas e il ritiro di Lopez che in qualche modo ha oscurato il risultato del compagno.

Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue
Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue

Proprio nei giorni scorsi, il colombiano ha detto di essere tornato all’Astana perché non aveva la sensazione di essere gradito nella squadra spagnola, mentre un altro pezzo da novanta come Soler ha preso la direzione del UAE Team Emirates. Nella Movistar di cui si diceva sempre un gran bene, non si riesce più a mettere radici…

Da Vila a Piepoli

Di certo l’ultima è stata la peggior stagione della squadra da molti anni a questa parte. Nel frattempo, passaggio che forse ha portato in evidenza le eventuali responsabilità di Arrieta o i suoi limiti, in squadra lo scorso anno è arrivato Patxi Vila come capo dei preparatori. E se inizialmente il suo era un ruolo dietro le quinte, per estrazione e capacità, la sua traiettoria si è incrociata sempre più di frequente con quella del direttore sportivo. Ugualmente su Netflix, le osservazioni del basco sulla seconda ammiraglia in occasione di alcune scelte tattiche parlano ora più di mille parole. Perciò il Team Movistar va avanti con lui, con Garcia Acosta, Pablo Lastras, Max Sciandri e José Luis Jaimereña. Mentre si può finalmente dire che sul fronte della preparazione, nel team spagnolo lavora già da un paio di stagioni Leonardo Piepoli. Il pugliese, che ha da tempo fatto pace e ammenda per il passato e allena fior di corridori, proprio in questi giorni ha partecipato al primo ritiro della squadra.

Facce nuove

Fra i nuovi arrivi, si segnalano quello di Aranburu dall’Astana e di Ivan Sosa dalla Ineos. Torna dopo vent’anni il “dottorino” Josè Ibarguen finora alla Deceuninck-Quick Step, mentre ancora dall’Astana arriva Ivan Velasco, esperto di meccanica, biomeccanica e sviluppo dell’aerodinamica.

Una svolta decisa che parla di equilibrio da ritrovare e della necessità di mettersi al passo con i team concorrenti che da anni hanno puntato sullo sviluppo tecnologico e la continua ricerca della prestazione. A fronte di una Movistar che per anni e anni si è aggrappata alle prestazioni di Valverde e alle classifiche a squadre di grandi Giri: obiettivo certo di prestigio, ma che poco infiamma il pubblico.

Miguel Angel Lopez, un sassolino tira l’altro

21.10.2021
6 min
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Lopez ha tante cose da dire. E anche se parrebbe aver firmato un accordo con la Movistar per non parlare più di alcune, sulle altre vuole fare le sue precisazioni. Il contratto con l’Astana ha il sapore del ritorno a casa, ma sul passato con la Movistar restano domande, dubbi e ombre. Il ritiro dal Tour e quello ancor più eclatante dalla Vuelta, seguiti dalla rottura del contratto, restano punti dolenti. Il collegamento video con la Colombia è una delle poche eredità utili del Covid e il discorso entra subito nel vivo.

Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana, ma non ha funzionato
Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana
Che stagione è stata?

Sono arrivato al Tour non troppo bene. Il 2021 è cominciato tardi per il Covid e a maggio praticamente ho corso tutti i giorni per recuperare il terreno perso. Sono arrivato in Francia stanco. Nella prima settimana sono rimasto in mezzo a qualche caduta e sentivo di non brillare, così mi sono messo a disposizione di Mas. Ero stanco, non recuperavo. Nella terza settimana ho cominciato a stare meglio, ma a quel punto mi è stato detto di ritirarmi.

Perché?

Ha stupito anche me. Mi sono chiesto perché Eusebio (Unzue, team manager della Movistar, ndr) e i direttori mi abbiano spinto a lasciare. Io volevo arrivare a Parigi a testa alta e lo stavo facendo con la passione che mi caratterizza. Così il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Col du Portet, sono andato a casa (Lopez in realtà aveva chiuso quella tappa a quasi 12′ di distacco, ndr).

Quali motivazioni ti sono state date?

Che dovevo prepararmi bene per la Vuelta.

A giugno 2021, preparando il Tour, Lopez ha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
A giugno 2021, preparando il Tour, Lopezha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
Per questo stesso motivo non sei andato alle Olimpiadi?

Tutti gli sportivi sognano di parteciparvi, soprattutto per noi scalatori Tokyo era una grande occasione e io sapevo di essere nei programmi del selezionatore colombiano, perché alcuni erano infortunati e altri messi male. Io stavo bene, in crescita. Ma ancora Unzue ha detto che sarebbe stato uno sbattimento eccessivo e non mi ha permesso di andare. Avrei dovuto lottare per vincere la Vuelta o stare con i migliori.

Invece ti sei ritirato…

La riflessione che mi viene da fare è che nella vita bisognerebbe scegliere di stare in un ambiente in cui ti trovi bene e ti senti rispettato. E’ difficile ricordare nel dettaglio cosa è successo nella tappa in cui mi sono ritirato. La gente l’ha letto come una mancanza di rispetto, è facile parlare. Io so come stavo e quanto avevo lavorato. Nessuno mi ha mai regalato niente, ho voltato pagina e mi sto impegnando per tornare al livello dei migliori.

E’ vero che hai firmato una clausola per non parlare più di queste vicende?

Al momento di rompere il contratto che mi legava a Movistar per i prossimi due anni, ne ho firmato uno che includeva delle clausole. E’ meglio non parlare più del passato e guardare avanti.

Come procede la preparazione?

Ho fatto lo stop più lungo da quando corro, recuperando energie e traendone di veramente super stando a casa con la famiglia. Ho morale. So che alla Vuelta di quest’anno, almeno in salita sono stato vicino a Roglic più che mai in precedenza. Dovrò certo lavorare meglio per la crono, ma sto seguendo la giusta tabella.

Come mai l’Astana?

Non ho avuto alcuna difficoltà a trovare la squadra. Ma a questo punto è meglio sapere dove vai e come funziona il nuovo ambiente. Il giorno dopo il ritiro dalla Vuelta ero già in trattativa con loro. Mi conoscono da quando ero un neopro’, ho lasciato casa per correre con loro. Credono in me. In questi due anni con la Movistar, non mancavo mai di passare vicino al pullman dell’Astana per salutare direttori e meccanici. Il rapporto è sempre rimasto buono.

E allora perché cambiare?

Nella vita si fanno delle scelte, senza sapere se andranno bene o male. Esperienze che ti insegnano come stare al mondo. Con Movistar ho avuto una buona stagione, con 4 vittorie. Ho rinnovato il contratto per due anni prima del Tour, prima di sapere che mi avrebbero spinto a ritirarmi, che non mi avrebbero mandato a Tokyo e prima della Vuelta. Da un giorno all’altro nel ciclismo le cose possono cambiare. Per cui ringrazio Unzue per avermi fatto entrare per due anni nella loro famiglia. Ringrazio i gregari per il lavoro straordinario che hanno fatto e che non viene mai ripagato abbastanza. Ma andare via di lì è stato la cosa migliore che potesse capitarmi. Non mi ritirerei di nuovo, questo no. Ma è successo e si deve accettare. Potevo salire sul podio della Vuelta, avevo il motore e la qualità per lottare sino alla fine.

Pensi che nel prossimo reality di Netflix sulla Movistar si racconterà la tua storia?

Non so se stiano lavorando alla terza serie, sono fuori da più di un mese. Ma non mi riguarda.

All’Astana troverai Nibali…

Ho corso con lui nei primi due anni da professionista, è un grande corridore e un grande atleta. E’ molto esperto, non avrò problemi di convivenza. Come molto esperto è anche Henao e Moscon è fortissimo. Tanti corridori sono usciti, tanti cambi hanno rinforzato la squadra. Ci saranno gli uomini che servono per i grandi Giri.

Il Giro o il Tour?

Il Giro bisognerà vederlo, il Tour ha belle montagne, ma anche tappe a rischio ventagli, il pavé e 60 chilometri a cronometro. Mi piacerebbe, ma ci sarà da parlare con i direttori. Quello che conta è ritrovare le gambe e l’amore di sempre, degli obiettivi si parlerà poi.

Nel 2022 sarà La Passione a vestire il Team Movistar

13.10.2021
3 min
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Nei giorni scorsi, La Passione Cycling Couture ha ufficializzato che nel 2022 sarà partner tecnico del Team
Movistar maschile e femminile
. Per l’azienda fondata e diretta da Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti si tratta di
un “colpo” davvero sensazionale che certifica come il lavoro fatto fino ad oggi sta ottenendo grandi risultati a
livello internazionale.

Dal prossimo anno due leggende del ciclismo come Alejandro Valverde e Annemiek van Vleuten indosseranno abbigliamento tecnico da ciclismo progettato e prodotto appositamente da La Passione.

Giuliano Ragazzi e Yourika Marchetti fondatori La Passione
Giuliano Ragazzi e Yourika Marchetti fondatori La Passione


Un capitolo importante


Giuliano Ragazzi, Fondatore e CEO de La Passione, non ha voluto nascondere la propria emozione per l’accordo
appena raggiunto
: «Come molti già sanno, sono appassionato di ciclismo fin da quando ero bambino. Pertanto, sono estremamente orgoglioso di annunciare questa collaborazione. Dopo questo periodo di continua crescita avuto dalla nostra azienda negli ultimi anni, abbiamo ritenuto che fosse giunto il momento di iniziare un nuovo capitolo per La Passione, entrando nel mondo dello sport professionistico come partner di un importante Team World Tour.»


Presa la decisione di entrare nel mondo dei professionisti, il secondo passo da compiere è stato quello di trovare la squadra giusta: «Abbiamo scelto la squadra con la più lunga tradizione. Durante i primi incontri con Eusebio Unzué e il suo staff – prosegue Giuliano Ragazzi – abbiamo constatato la volontà di creare un percorso di crescita comune.

«Considereremo i riscontri che riceveremo dagli atleti e dal reparto performance come un bene prezioso, perché
sarà fondamentale per migliorare ancora di più i nostri prodotti. Tutte le innovazioni derivanti da questi feedback
saranno disponibili ogni giorno per le persone che sceglieranno di indossare i capi La Passione
e che potranno
usufruire di prezzi molto vantaggiosi attraverso il nostro modello di business Direct-to-Consumer».


La soddisfazione di Unzué


Eusebio Unzué, Direttore Generale del Team Movistar, ha così commentato il nuovo accordo: «Ogni volta che
siamo stati chiamati a scegliere i nostri partner abbiamo sempre cercato di raggiungere due obiettivi, per noi
fondamentali: aumentare le prestazioni e mantenere uno stile semplice e di classe. Sento che con La Passione
raggiungeremo un ottimo livello sotto entrambi gli aspetti
. E’ un’azienda nuova con una personalità ben definita,
così come il team Movistar. Non vediamo l’ora di poter indossare il loro abbigliamento a partire dal 2022!».

Eusebio Unzuè segue spesso il Team femminile, qui con Annemiek Van Vleuten
Eusebio Unzuè segue spesso il Team femminile, qui con Annemiek Van Vleuten


Una sfida stimolante


L’accordo con il Movistar Team rappresenta per La Passione una sfida importante e nello stesso tempo stimolante.
L’azienda sarà infatti chiamata a realizzare capi di abbigliamento altamente performanti sia per le gare in linea che a
cronometro. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere gli atleti Movistar nelle condizioni ideali per esprimere al
meglio il proprio talento e raggiungere così risultati di prestigio
.


La collaborazione con la formazione spagnola permetterà a La Passione di migliorare ulteriormente la qualità dei
propri prodotti grazie ai feedback ricevuti dagli atleti. Sarà, inoltre, l’occasione per sperimentare nuove forme di
comunicazione verso l’esterno.

«Vorremmo sviluppare uno storytelling comune, raccontando l’heritage di una squadra nata nel 1980 e allo stesso tempo creare nuovi racconti – ha aggiunto Yurika Marchetti, Co-Founder di La Passione – forti del fatto che il team Movistar è stato uno dei primi a credere nello sviluppo di un’importante sezione dedicata al ciclismo femminile e in tal senso La Passione darà il proprio importante contributo.»


La divisa ufficiale per il 2002 del team Movistar sarà presentata prossimamente e sarà l’espressione perfetta dello stile minimalista che caratterizza ogni prodotto La Passione.

La Passione

Vuelta, il ritiro di Lopez ora si tinge di giallo

08.09.2021
4 min
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Secondo L’Equipe, il Movistar Team starebbe valutando l’ipotesi di interrompere il contratto con Miguel Angel Lopez dopo il plateale ritiro del colombiano dalla Vuelta, lungo la salita dell’Alto de Prado nella 20ª tappa. Le immagini hanno chiaramente dimostrato che il colombiano potrebbe aver avuto un crollo nervoso, ma perché? La vicenda inizialmente chiara, si va tingendo di giallo.

Prima Lopez si è lasciato sfilare dal gruppo. Quindi si è fermato e con lui il compagno Imanol Erviti. All’arrivo dell’ammiraglia di Patxi Vila è iniziata la lunga… trattativa fra il tecnico e il colombiano, culminata con una telefonata. Facile immaginare che all’altro capo del telefono ci fosse Eusebio Unzue, che appena pochi giorni prima aveva dipinto la soddisfazione per il podio e la tappa vinta da Lopez. E quando anche la telefonata non ha sortito l’effetto sperato, Lopez è salito in ammiraglia completando così il mesto ritiro. Eppure all’altro capo del telefono poteva non esserci Unzue. Andiamo a vedere…

Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas
Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas

Silenzio radio

Sabato sera, i dirigenti del team hanno preferito un più ragionevole silenzio al tentativo di dare una spiegazione. Uomini del team, così ha raccontato Contador, gli avrebbero parlato di crollo nervoso e frustrazione nel non poter rispondere all’attacco del Team Bahrain Victorious, lanciato verso la conquista del podio con Haig. Mentre nelle ore successive la voce sulla possibilità di lasciare libero il colombiano ha iniziato a circolare con maggiore insistenza.

«E’ una delle opzioni, è chiaro – ha dichiarato Unzue – volevamo fare un passo indietro dopo i fatti e tra pochi giorni prenderemo una decisione definitiva».

Ma perché Lopez non ha risposto agli attacchi e si è fermato? Problema di gambe o altro?

Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)
Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)

Scuse social

Nel frattempo al colombiano è stata chiesta una dichiarazione di scuse, pubblicata prontamente sui social della squadra.

«Come molti di voi hanno visto – ha detto – il momento in cui il gruppo si è spaccato è stata una situazione difficile da risolvere. Ci siamo ritrovati in una posizione difficile quando alcuni dei migliori della classifica generale ci hanno preceduto. Il Bahrain ha giocato bene le sue carte, ed è difficile colmare un gap del genere, anche se piccolo, a questo punto della Vuelta.

«Le gambe sono stanche, il livello è alto e ovviamente, nessuno ci avrebbe aiutato. C’è voluto molto tempo per reagire. C’erano così tanti fattori di cui tenere conto e, alla fine, è triste vedere la mia Vuelta finire in questo modo.

«Voglio scusarmi con i miei compagni di squadra. Siamo un gruppo ridotto, solo cinque rimasti in gara, con solo tre di loro concentrati sui compiti di squadra, e dato il cuore per noi, dando il 100 per cento».

Parla il suocero

Nel frattempo però dalla Colombia è arrivata la voce di Rafael Acevedo, ex professionista, suocero e allenatore di Lopez, secondo cui all’altro capo del telefono non c’era Unzue, bensì sua figlia. Lo ha raccontato in una intervista al colombiano El Espectador.

«Non penso che in quel momento la minaccia fosse Egan – ha detto – era più pericoloso che nella crono Miguel Angel prendesse il secondo posto di Mas, ma potrei anche sbagliare. Miguel ha chiamato mia figlia piangendo sul cellulare del preparatore atletico che era in ammiraglia. Ha detto che piangeva di desolazione, disperazione e sapendo che dopo tre settimane non avrebbe raggiunto il suo obiettivo di essere sul podio per un loro ordine. 

«Quello che mi dice mia figlia è che nel momento in cui Miguel Angel ha iniziato a inseguire Bernal, gli è stato detto di non inseguire. Lo stesso Eusebio Unzué è passato in macchina e ha cominciato a urlargli contro… e questo ha fatto traboccare il bicchiere.

«Penso che avesse le gambe per rientrare, ma sfortunatamente non era sulla ruota giusta. Se il capo gli dice di non farlo, il ragazzo reagisce e dopo l’alterco con Unzué ha mollato. Ha detto che se non lo volevano sul podio, non lo volevano in gara».

La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar
La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar

Gran finale

E qui dunque la situazione si tinge di giallo. Favorire Haig per non perdere, per mano di Lopez, il podio con Mas? Una tesi che corre sul filo sottile della dietrologia. Non è un mistero tuttavia che la Movistar abbia sempre guardato di miglior occhio i corridori spagnoli. Se ne accorse anche Quintana quando si trovò a dividere la responsabilità con Valverde e Landa. Sapremo presto come stanno le cose, se davvero arriverà a breve un comunicato della squadra.

Cataldo si rimbocca le maniche e strizza l’occhio a Nibali

05.09.2021
4 min
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Le parole di Unzue due giorni fa sembrano aver chiuso le porte del Team Movistar anche per Dario Cataldo. E poco importa che in altre occasioni, lo stesso manager spagnolo lo avesse lodato per il suo ruolo di regista in corsa. Così per l’abruzzese, che comincia oggi il Tour of Britain, e il suo agente Manuel Quinziato questi sono giorni di valutazioni e scelte, fra le possibilità che ci sono sul tappeto. Oggi è anche il giorno dell’ultima corsa di Fabio Aru e non è possibile dimenticare che proprio sei anni Dario facesse parte del gruppo che con il sardo si apprestava a conquistare la Vuelta.

Dal Polonia alla Germania, ancora in fuga con Cavagna
Dal Polonia alla Germania, ancora in fuga con Cavagna

«Il mio 2021 – dice Cataldo – è stato un anno a metà. Ho avuto bei momenti di condizione e ci ho messo tanto impegno per trovarla, ma in corsa non sono riuscito a concretizzarla. Come avere il colpo in canna e non poter sparare. Le ultime corse che ho fatto non sono state le più adatte, con il Polonia più facile degli ultimi anni, il Germania che è notoriamente una corsa veloce e ora qui in Gran Bretagna su un percorso di strappi secchi e corti che non tanto si sposano con le mie caratteristiche».

Perché non sei andato alla Vuelta?

Perché la squadra è stata per due anni a rincorrere e la Vuelta di colpo si è ritrovata con la priorità assoluta. Hanno portato lo zoccolo duro della squadra, con Rojas, Erviti e Oliveira. Poi i capitani spagnoli Valverde, Mas e Soler. Lopez non si discute e alla fine la squadra è fatta. Solo che s’è pensato così tanto alla Vuelta che il resto dell’attività è stato fatto come capita, è passato in secondo piano.

La voglia di continuare c’è ancora, giusto?

Assolutamente, considerando però che ci sono tanti giovani che vanno forte e impongono un modo di correre molto aggressivo.

Nel 2015 anche Cataldo faceva parte dell’Astana che scortò Aru alla Vuelta
Nel 2015 anche Cataldo faceva parte dell’Astana che scortò Aru alla Vuelta
Capisci la scelta di Aru di appendere la bici al chiodo?

Sì, la capisco. Stava cercando di risollevarsi e c’era anche riuscito. Ma quando arrivi tanto in basso, tornare ad alto livello è difficilissimo, perché ogni giorno ti trovi a dover dimostrare qualcosa. Per avere la fiducia delle squadre devi fare più di quello che sarebbe necessario e probabilmente Fabio ha capito che nei 3-4 di carriera che avrebbe davanti, dovrebbe sempre rincorrere quello che era. Immagino abbia pensato a questo e visto che ha anche una vita e che il ciclismo non è tutto, si sarà chiesto se ne valesse davvero la pena.

Tu senti mai questa necessità di doverti confermare?

La sento anche io, lo confermo. Ci sono momenti in cui le necessità delle squadre cambiano e adesso sono tutti a cercare giovani fortissimi che possano fare risultati. E se poi non riescono, li hanno comunque pagati poco. Il corridore può essere forte, ma può anche non essere una punta. Invece per come va adesso, si perde il concetto di squadra. Il mio dimostrare si basa sul lavoro e non sul risultato, solo che sta diventando molto complicato. Già non se ne accorgono nelle squadre, figurarsi al di fuori.

Al Giro di Germania, chiuso con il 2° posto nella classifica dei Gpm, firma autografi
Al Giro di Germania, chiuso con il 2° posto nella classifica dei Gpm, firma autografi
E’ possibile un ritorno all’Astana? Se torna Nibali, sarà un po’ come ricomporre la famiglia…

E’ una delle ipotesi. Quando mi chiamò la Movistar, la prima cosa che valutai fu la voglia di cambiare dopo cinque anni nello stesso posto. Mi inorgogliva entrare a far parte di una delle squadre con la maggior tradizione. Per contro ero anche dispiaciuto perché in Astana si era creato un bel gruppo di lavoro, si stava bene.

Un anno con Nibali e poi basta?

In realtà mi augurerei di farne di più. Ho un anno meno di Vincenzo e l’idea di ritirarmi ancora non ha bussato alla mia porta…