Herzog, il talento che i tedeschi attendono da vent’anni

24.07.2022
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Nove vittorie internazionali in stagione condite da altre 11 Top 10. Successi di peso come la Corsa della Pace o l’Ain Bugey Valromey Tour, ma anche il titolo nazionale su strada che fa curiosamente il paio con quello nella mountain bike e come ciliegina sulla torta il bronzo europeo in una rassegna, quella di Anadia, che nel complesso non è andata come voleva. Il soggetto del discorso è Emil Herzog, che molti ritengono il miglior junior attualmente sulla piazza, in una generazione che ha dimostrato a più riprese di essere ricchissima di talenti.

Emil Herzog, maggiore età ancora da raggiungere, è il capitano dell’Auto Eder, la formazione tedesca U19 propaggine della Bora Hansgrohe fra i più giovani. I “capi” lo guardano già con grande attenzione e molti nel team vorrebbero farlo passare subito pro’, saltando la categoria under 23, facendogli fare anni di apprendistato come sta avvenendo con un altro talento tedesco, Marco Brenner. Ma Emil non è favorevole.

«Almeno un anno nella nuova categoria vorrei farlo – dice – per crescere con più calma e a livelli consoni. La Bora è una grande squadra, l’aspirazione per ogni ciclista tedesco. Oltretutto la sede non è neanche lontana da dove vivo, ma mi sembra troppo presto».

Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)
Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)

Il suo idolo? Maximilian Schachmann

Probabilmente Herzog verrà parcheggiato alla Hagens Berman Axeon. Lì verificheranno se anche nella categoria superiore può essere un fattore come lo è stato fra gli juniores. Già dal primo anno si era capito che nel tedesco c’è del talento, evidente soprattutto nelle corse a tappe, con la seconda piazza nella Corsa della Pace dietro il norvegese Hagenes, che si sarebbe poi laureato campione del mondo, ma davanti a Uijtdebroeks e Gregoire, tutta gente che sta facendo mirabilie nelle categorie superiori.

Gli addetti ai lavori tedeschi hanno già iniziato a paragonarlo a grandi nomi del passato: per la sua propensione alle prove a cronometro, sono stati tirati in ballo personaggi come Thurau e Ullrich, ma Herzog ha un preciso riferimento: «Ammiro molto Maximilian Schachmann, è un grande corridore, fortissimo in salita, spero di poterci correre presto insieme».

Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)
Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)

Il vero corridore completo

Herzog però ha caratteristiche un po’ diverse, che possono portarlo ben più in alto di quanto già non sia il due volte vincitore della Parigi-Nizza.

«Credo di essere un corridore completo, veloce – spiega – che va molto forte sul passo e in pianura e anche in salita. Rispetto agli scalatori puri io ho più peso da portar su (è alto 1,83 e pesa 74 chili), ma questo non significa che parto battuto, devo solo soffrire e sacrificarmi di più…».

E’ proprio questa sua completezza che lo sta facendo emergere nelle gare a tappe. La squadra, che pure vanta tante “bocche da fuoco”, lo considera la punta di diamante.

Il tedesco, come molti ciclisti delle nuove generazioni, ha nella multidisciplina un credo irrinunciabile. Anzi ci è praticamente nato: inizialmente si è dedicato allo sci alpino e al pattinaggio (è stato campione nazionale di categoria non più tardi di due anni fa). Praticava il ciclismo come alternativa estiva per tenersi in forma. Più la mountain bike che il ciclismo su strada, dove ha iniziato a competere solamente alla soglia dei 15 anni. Rispetto ad allora la mtb l’ha un po’ messa da parte. Ma neanche tanto, se si pensa che il suo sogno per la seconda parte di stagione è vincere ben 3 titoli mondiali: in linea e a cronometro a Woollongong ma prima ancora nella rassegna offroad…

Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)
Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)

Obiettivo migliorare in salita

«Soffrire non mi fa paura – ha raccontato Herzog in occasione della sua ultima vittoria all’Ain Bugey Valromey Tour – sono anche andato in crisi, ma sapevo che dovevo gestirmi in salita per recuperare in discesa che è il mio forte, dove posso sfruttare la capacità di guida appresa in mtb. Questa non è una gara come le altre, è un piccolo Tour de France, non ci sono altre gare così lunghe nella categoria. La salita pesa, ma la mia ambizione è vincere pure lì. Vorrei essere uno di quei corridori capaci di vincere allo sprint, a cronometro e in salita».

Non per niente le gare alle quali tiene di più sono proprio quelle dove quest’anno non ha vinto, la Parigi-Roubaix di categoria dove comunque è arrivato quinto e la Classique des Alpes dove si è ritirato: «La Roubaix mi ha davvero impressionato. Per vincere devi andare oltre i tuoi limiti, spingere al massimo».

Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)
Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)

Soffrire sì, mai arrendersi

Era particolarmente atteso agli Europei, invece si è dovuto accontentare del bronzo a cronometro: «Era troppo caldo – spiega – ho sofferto tantissimo. Ho fatto quel che potevo con le gambe che avevo. Poi il percorso non era ideale, con tante buche, bisognava fare tanta attenzione e era difficile rilanciare dopo le curve. Aver preso una medaglia in quelle condizioni significa molto. Anche al Tour du Pays de Vaud ero andato male in due tappe, ma la crono l’avevo vinta. Ho capito che non bisogna mai darsi per vinti, anche quando le gambe non girano e la forma non è quella che vorrei. Bisogna provarci comunque, perché io non mi arrendo mai».

Rosa per tre settimane è tornato un biker…

23.07.2022
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Un ritorno al suo primo amore. Messa da parte la bici da strada dopo i campionati italiani, a luglio Diego Rosa (in apertura, foto Picasa) è tornato dopo anni a dedicarsi a quella che era la sua attività giovanile, la mountain bike e lo ha fatto in due distinte occasioni, in due classiche del calendario Marathon. Prima ha chiuso 12° nella Dolomiti Superbike di Villabassa (BZ), a 11’09” dal vincitore, l’ex iridato colombiano Leonardo Paez. Due settimane dopo si è presentato al via del campionato italiano a Casella (GE), con un ottimo sesto posto a 8’44” dal riconfermato tricolore Fabian Rabensteiner.

Curiosamente, raccontando le due esperienze il corridore della Eolo Kometa ritiene migliore la prima: «Era una gara più semplice e anche molto più lunga, anzi forse proprio per questo più adatta a uno stradista. Oltretutto avevano tutti le bici biammortizzate, io gareggiavo con una front e perdevo in discesa. Nella seconda sono andato sicuramente meglio, con un’ottima parte finale nella quale ho potuto guadagnare posizioni».

Rosa tricolori 2022
Diego Rosa impegnato a Casella, dove ha chiuso 6° risultando il più veloce nel finale (foto organizzatori)
Rosa tricolori 2022
Diego Rosa impegnato a Casella, dove ha chiuso 6° risultando il più veloce nel finale (foto organizzatori)
Come è nata questa scelta inconsueta?

A dir la verità era qualche anno che volevo farlo, ma non avevo mai trovato le condizioni giuste, nel senso che serviva un break nella stagione su strada in coincidenza con gare di spessore nella mtb. Il calendario su strada è pieno e trovare spazi non è semplice. Inoltre bisogna considerare che non è che da un giorno all’altro scendi di bici e sali su una mountain bike, serve allenamento. Quest’anno c’era un bel buco dopo i tricolori, ho chiesto al team il permesso e mi è stato dato, avendo praticamente tutto luglio libero da impegni agonistici.

Come ti sei preparato?

Nel complesso ho fatto 10 giorni pieni di allenamento sulla mtb. Mi sono presentato al via a Villabassa con 4 allenamenti nelle gambe ma sicuramente non erano fondo e resistenza che mi mancavano. Dal punto di vista tecnico a Casella mi sono trovato meglio perché avevo ritrovato il “manico”, non è facile riabituarsi alle ruote che ti ballano sotto il sedere…

Rosa Mtb
Rosa nato ad Alba il 27 marzo 1989 ha corso in Mtb fino al 2013, finendo 8° ai mondiali U23 (foto Ivg)
Rosa Mtb
Rosa nato ad Alba il 27 marzo 1989 ha corso in Mtb fino al 2013, finendo 8° ai mondiali U23 (foto Ivg)
Rispetto a quando correvi hai trovato differenze nel settore?

Enormi… Io lasciai la mtb all’indomani della prova di Coppa del Mondo a Madrid 9 anni fa, allora un cross durava 2h45’. Avevo a disposizione una front 26” con manubrio stretto. Oggi la normalità è la bici biammortizzata con reggisella telescopico, cambio elettronico e tantissimi altri accorgimenti che allora erano fantascienza. Si corre in modo completamente diverso.

In questi anni il tuo rapporto con la mtb com’è stato?

Ricordo che ho disputato solo un’Assietta Legend sempre perché ero libero da impegni, ma altrimenti non ho avuto più occasione di salire su una mountain bike, neanche per allenamento. Mi sono anche ritrovato in un mondo dove i preparatori continuano a vedere la mtb come qualcosa di pericoloso e non utile alla stagione su strada.

Rosa tricolori 2022
Il piemontese a luglio ha staccato la spina con la strada. Tornerà ad agosto pensando alle classiche italiane
Rosa tricolori 2022
Il piemontese a luglio ha staccato la spina con la strada. Tornerà ad agosto pensando alle classiche italiane
A livello giovanile però si va ormai controcorrente, sono tanti coloro che fanno la doppia attività e addirittura molti giovani sono in nazionale in entrambe le discipline. Che dire allora di gente come Van Der Poel o Pidcock che pratica entrambe?

Sono talenti puri, ma molti del nostro ambiente li vedono come extraterrestri. La mountain bike è ancora qualcosa di pericoloso ai loro occhi, c’è il timore che una caduta possa inficiare tutto, quando invece è appurato che la pratica della mtb aiuta nella gestione dell’acido lattico e dei cambi di ritmo, ti dà qualcosa in più. Quando cambiai, andavo sicuramente più forte in salita di adesso. Io sono convinto di una cosa: i preparatori non hanno abbastanza dati per operare il confronto, io avevo a disposizione solo il cardiofrequenzimetro, non avevo idea dello sforzo che facevo. Fare un fuorigiri in momenti chiave della stagione come solo una gara di mtb ti permette di fare, sarebbe un aiuto alla condizione fisica.

C’è da presumere di rivederti in sella a una mountain bike, magari anche per concorrere alla conquista di una maglia azzurra?

Io sono stato biker e ho il massimo rispetto per l’attività di chi corre in mtb tutto l’anno e quindi dico no. Non sarebbe giusto nei loro confronti, non sarebbe neanche bello, darebbe come rubare la maglia. Ciò non toglie che mi piacerebbe poter preparare bene un appuntamento, una gara adatta a uno stradista come me, penso che sarebbe utile e spero che anche il prossimo anno capiti un buco abbastanza ampio da consentirmi di ripetere l’esperienza.

Rosa Giro 2022
Al Giro d’Italia Rosa ha chiuso 77° facendo da chioccia ai più giovani e provando più volte la fuga
Rosa Giro 2022
Al Giro d’Italia Rosa ha chiuso 77° facendo da chioccia ai più giovani e provando più volte la fuga
Come hai vissuto domenica il terzo posto di tuo fratello Massimo? E’ stato il suo più bel risultato in mtb, è particolare che lo abbia ottenuto con te presente…

Ne sono stato davvero felice. E’ partito determinato e se l’è giocata bene, arrivava da un anno di stop. Gli avevo detto che non sarebbe stato facile ripartire, avevo provato a spaventarlo un po’, ma ci ha messo tanta determinazione, io sono convinto che sia un punto di partenza.

Tirolo: tra strada e Mtb, ecco il paradiso dei ciclisti

03.06.2022
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Con l’arrivo di giugno l’estate bussa alle porte, invogliandoci ad uscire e ad esplorare posti nuovi. Se a questa voglia di scoprire ed assaporare nuovi territori si aggiunge la passione per i pedali, la combo è presto fatta e l’estate prende un nuovo gusto. Uno dei tanti posti ai confini del nostro Paese che meritano di essere visitati è il Tirolo, da sempre amico della bici e meta di tanti appassionati da tutto il mondo. 

Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici
Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici

La bellezza dei paesaggi

E’ impossibile non rimanere affascinati dai colori delle montagne del Tirolo, chiunque decida di mettersi sui pedali per esplorarlo viene rapito da questi colori. C’è posto per tutti, dagli amatori ai professionisti, ognuno con il suo passo, in sella alla propria bici si potrà godere l’estate tirolese

Il Tirolo è teatro, da 5 anni, del Tour of the Alps, che ogni anno va in scena ad aprile, una delle gare di avvicinamento al Giro più importanti del calendario. Si tratta di 5 tappe tutte disegnate sulle strade del Tirolo, che, in continuo sali e scendi, accompagnano i corridori per ben 719 chilometri. Una gara che conta più di 150 partecipanti e con molti team WorldTour pronti a darsi battaglia. L’edizione 2022 ha parlato francese, con la vittoria di Romain Bardet in maglia DSM.

Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi
Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi

Non solo pro’

Il Tirolo racchiude tante possibilità di divertirsi in sella alla propria bici, non serve essere professionisti per godere di questo territorio e dei suoi paesaggi. 

Uno degli eventi più importanti è la Dreiländergiro che si terrà il 26 giugno, dove 3.000 ciclisti rendono questa manifestazione una delle più grandi gare di ciclismo amatoriale in Europa. Nel 2022 si svolgerà già la 28esima edizione di questa granfondo che passa per l’Austria, l’Italia e la Svizzera percorrendo 120 chilometri e superando un dislivello di 3.000 metri. Il clou per gli atleti è il Passo dello Stelvio, una delle strade di passo più spettacolari delle Alpi con i suoi leggendari 48 tornanti.

Segue pochi giorni dopo la Kitzbüheler Radmarathon in programma il 10 luglio con un percorso di 216 chilometri e 4.600 metri di dislivello. In fondo, dopo il Passo del Thurn, il Passo Gerlos e la sella Kerschbaumer Sattel, resta ancora da affrontare la salita sul Kitzbüheler Horn.

Le ultime due manifestazioni in programma per gli amanti del ciclismo su strada saranno la Arlberg Giro e la Oetztaler Radmarathon, rispettivamente il 31 luglio ed il 28 agosto. Anche in questo caso saranno le salite ad essere protagoniste. 

Il bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in bici
Il bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in bici

Spazio alle ruote grasse

Chi preferisce perdersi tra sentieri sterrati e boschi in compagnia della propria mountain bike non deve temere: il Tirolo riserva tanti eventi anche per voi. 

Dal 18 al 25 giugno si terrà la KitzAlpBike, dove tutto ruota intorno alla mountain bike. Qui si svolgerà infatti il più spettacolare festival di MTB austriaco, il KitzAlpBike, con numerose competizioni ed eventi collaterali, tra cui la HILLclimb, la Mountain Bike Marathon, il Windautaler Radlrallye e gli E-Bike Days. Sono benvenuti alla 26esima edizione dell’evento tanto i corridori amatoriali e i professionisti, quanto i numerosi spettatori che potranno contare su un grande evento in uno scenario spettacolare.

Ad agosto si terrà il leggendario Ischgl Ironbike, esattamente il 3. Si tratta di una delle maratone di mountain bike più toste d’Europa, che da quest’anno si svolgerà ancora una volta sotto forma di un festival di mountain bike di più giorni. Ci saranno anche tanti eventi laterali, come l’Ischgl Alpenhaus Troph, una scalata in notturna ed una caccia alla volpe in e-bike.

Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike)
Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike)

Possibilità di noleggio

Il nuovo sistema di noleggio BIKE TIROL permette di prenotare, noleggiare e restituire mountain bike ed e-bike in Tirolo in modo semplice, digitale e completamente automatico. La piattaforma, realizzata come app, è stata realizzata in collaborazione con i partner ÖBB, VVT, InnBike, Tirol Werbung e Communalp. Questa nuova offerta per il tempo libero, che si rivolge sia agli abitanti del luogo che ai turisti, rappresenta un passo importante per la promozione della mobilità nel turismo.

Il punto di noleggio è situato nei pressi delle stazioni ferroviarie o nelle immediate vicinanze, al fine di garantire il collegamento ottimale ai trasporti pubblici. Le tariffe giornaliere per il noleggio partono da 35,90 euro.

Influenze tecniche della Mtb sulla strada. Parola a Casagrande

28.03.2022
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Il reggisella telescopico di Mohoric ha fatto molto parlare. Si potrà davvero utilizzare con frequenza in futuro? I costruttori ci investiranno per ridurne il peso? Quel che è certo è che per il momento un’altra soluzione tecnica di derivazione Mtb ha influito sulla strada. Francesco Casagrande ha primeggiato in entrambe le discipline. 

A “Nando” chiediamo quali sono, a suo dire, le soluzioni offroad, che più hanno lasciato il segno anche sulla strada. E che sono ormai imprescindibili.

Freni a disco

«Senza dubbio partirei dai freni a disco – afferma Casagrande – è l’elemento numero uno. La frenata è molto migliorata. Sul bagnato si frena come sull’asciutto. Aumenta la sicurezza e non si hanno più problemi coi cerchi in carbonio. Certo, si ha un po’ l’handicap del peso, ma credo che i vantaggi siano superiori».

«Per me il feeling è totalmente diverso guidando su strada coi dischi. Lo vedo anche quando esco con gente brava che però ha ancora i freni tradizionali. Io stacco ai 30 metri, loro ai 50. In mountain di solito uso dischi da 160 all’anteriore e 140 al posteriore, su strada entrambi da 140 millimetri, ma bastano e avanzano (il sistema non si affatica, né si surriscalda, ndr). Cambiando però la posizione delle leve, orizzontali sulla Mtb, verticali su quella da strada, cambia la forza che s’imprime».

«La frenata in Mtb è molto più potente e infatti si frena solo con due dita, su strada con tutta la mano. E’ questione di abitudine. Ma i vantaggi ci sono. E sì che mi capitò di fare dei tapponi dolomitici e di arrivare in fondo alle discese con i pattini finiti. Da sempre io ho sostenuto il disco».

Oggi, soprattutto si vedono delle scalette molto grandi. Vedere un pignone da 30 è ormai la normalità
Oggi, soprattutto si vedono delle scalette molto grandi. Vedere un pignone da 30 è ormai la normalità

Rapporti corti

«Il secondo elemento che più ha inciso sono stati i rapporti». E qui il toscano un po’ ci sorprende a dire il vero. Ma la sua analisi non è sbagliata.

«E’ con la Mtb – continua Casagrande – che si sono iniziati ad usare i rapporti sempre più corti, sia davanti che dietro. Si è visto che rendevano di più, si andava più agili. L’idea dei primi 34-36 viene da lì. Io che pratico tutt’ora entrambe le discipline ho notato che quando in Mtb hanno iniziato ad accorciarsi i rapporti, poi è accaduta la stessa cosa anche sulla bici da strada».

Di certo l’avvento di Sram nel panorama della strada ha avuto il suo bel peso. La casa americana ha un Dna fortemente legato alla Mtb ed è stata lei a proporre i primi rapporti davvero corti anche sulla strada. Ricordiamo per esempio Contador, che utilizzava il 32 posteriore nelle tappe più estreme con Angliru o Mortirolo. E per farlo doveva montare un bilanciere di un gruppo (il Rival) di media-bassa gamma dello stesso brand. Un gruppo pensato per bici dalla vocazione più turistica che agonistica. Sempre Sram, negli anni ha lanciato il monocorona e il pignone posteriore “Eagle” da 50 denti.

Oggi forse c’è un’inversione di tendenza, almeno su strada con le corone, ma non coi pignoni posteriori. Lo sviluppo metrico medio dei rapporti più agili è certamente più corto rispetto a 10 anni fa.

Gomme più larghe e tubeless, altra soluzione della Mtb. Con il liquido sigillante le forature su strada sono calate drasticamente
Gomme più larghe e tubeless, altra soluzione della Mtb. Con il liquido sigillante le forature su strada sono calate drasticamente

Sezioni maggiorate

«Per me, poi vengono le misure delle gomme. Che sia un qualcosa di diretta derivazione dalla Mtb non lo so, ma certo vanno di pari passo: sia su strada che in mountain, le gomme sono diventate più larghe. E credo che qualche influenza ci sia. Ricordo che quando salii in Mtb c’erano le gomme da 1.9”, poi 2.0”, 2.1”… adesso siamo a 2.3”. Contano molto e si sente parecchio la differenza su strada».

Il discorso di Casgarande regge, ma regge ancora di più nella misura in cui si considera tutta la ruota e non solo la gomma. Ci sentiamo infatti di aggiungere che di pari passo con l’aumentare della sezione delle gomme è aumentata anche quella del cerchio. E questo sì che è un elemento della Mtb. Così come l’utilizzo del tubeless e del suo liquido sigillante che oggi vanno per la maggiore anche nel gruppo dei pro’.

Si è visto come con cerchio più largo, la gomma più larga spanci meno, lavori meglio in quanto a tenuta (grip) e si riduce il rischio di stallonamento. I cerchi moderni sono più larghi rispetto a qualche anno fa. Il tutto ha anche mostrato vantaggi in termini aerodinamici.

Il perno passante al posto dell’asse dello sgangio rapido è molto più scorrevole. Si è passati da un diametro di 2,5-3 millimetri a uno di 12
Il perno passante al posto dell’asse dello sgangio rapido è molto più scorrevole. Si è passati da un diametro di 2,5-3 millimetri a uno di 12

Telescopico e perno passante

Tutto qui? Neanche per sogno. A Casagrande il discorso tecnico sta a cuore, eccome. E rilancia.

«Riguardo al telescopico sulla strada sinceramente non credo possa dare chissà quali vantaggi. Almeno per me. La vera differenza la si fa in Mtb quando ci sono davvero discese ripide, superiori al 25%, e tecniche. In quel caso lo fai scendere tutto, ti “siedi” sulla ruota posteriore e abbassi il baricentro. Però serve in alcuni casi appunto. Senza contare che pesa e che per sfruttarlo davvero bisogna essere abituati. Perché si ha la sensazione di non avere nulla tra le gambe (cambiano un po’ gli equilibri, ndr) quando si guida.

«Su strada, quello di Mohoric è stato un colpo, ma non credo sia stato quello a fare la differenza. Ripeto, questa è una mia opinione».

Infine prima di congedarci, Casagrande ha chiamato in causa un altro elemento, affatto secondario che ha inciso sullo sviluppo tecnico della bici da strada: il perno passante.

«Quasi dimenticavo – conclude Casagrande – il perno passante ha inciso e non poco. La bici è più rigida, scorre meglio, flette davvero molto meno e si ha molta meno dispersione di forza. E’ un dettaglio molto importante».

Titici compie 60 anni: una bella storia da raccontare

03.01.2022
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Il bike brand italiano Titici ha compiuto sessant’anni. Ad essere più precisi, è la data del 22 dicembre 1961 quella a cui si fa risalire la primogenitura del marchio, che soprattutto negli ultimi anni, ha saputo coniugare molto bene la tecnica con la qualità costruttiva. Combinando l’originalità con il più assoluto rispetto dei dettami del vero Made in Italy…

Modello Titici Vento pensata per celebrare i 60 anni dell’azienda
Modello Titici Vento pensata per celebrare i 60 anni dell’azienda

Alberto Pedrazzani, il fondatore

Quella di Titici è un’avventura tutta italiana, una storia di artigianato e di innovazione, di coraggio, di passione e di caparbietà. Il 22 dicembre 1961 Alberto Pedrazzani, il fondatore, con il saldatore ancora in mano ha osservato il suo primo telaio – un triciclo per bambini – senza minimamente immaginare che da quel preciso momento, a qualche ora dal Natale, sarebbe nata un’azienda vera…

In Italia gli anni 60 sono quelli del boom economico e Alberto Pedrazzani – classe 1937 – lavora come apprendista in un’officina meccanica a Castelnuovo d’Asola, in provincia di Mantova.

«Un’azienda milanese produttrice di biciclette – ci ha confidato Pedrazzani – cercava qualcuno che saldasse il manubrio dei propri tricicli. Quando ne sentii parlare, li scovai alla fiera di Milano e proprio con loro feci un patto: che dai manubri saremmo passati ai telai integrali. E fu così che iniziai a creare i miei primi tricicli e successivamente le mie prime biciclette per bambini».

Esposizione di uno showroom Titici
Esposizione di uno showroom Titici

In anticipo sui tempi

Appassionato di lavorazione dei metalli e specializzato nella saldobrasatura, Pedrazzani ha una mente aperta, curiosa ed eclettica. Questa sua peculiarità lo porta ad anticipare i tempi cercando nuove soluzioni. E’ inevitabile che la spinta verso il futuro, la volontà di proporre prodotti innovativi e rivoluzionari, diventino rapidamente i “tratti caratteriali” anche della sua nuova creatura che chiamerà appunto Titici.

«Ho preso prima il brevetto di operatore cinematografico – racconta – successivamente ho frequentato corsi di specializzazione sui metalli e corsi di aerotecnica per capire eliche e motori elettrici. Ho frequentato fiere internazionali, sempre alla ricerca delle ultime novità… Nel 1964 ho scoperto la saldatura elettrica e l’ho subito introdotta nella mia azienda per aumentare la qualità e la robustezza dei telai.

«Ho studiato i modelli di altri marchi, non per copiarli, ma per sviluppare telai migliori e unici da lanciare sul mercato. L’obiettivo è sempre stato quello di vincere la concorrenza, soprattutto dei Paesi asiatici, attraverso l’alta qualità italiana e l’innovazione costante. Senza nascondere poi che la forte motivazione al mio lavoro mi era anche data dalla necessità di sostenere i miei cinque figli!».

Matteo, la seconda generazione

E fu proprio grazie al sostegno di tutta la famiglia che l’azienda Tecno Telai Ciclo (Titici) crebbe negli anni moltiplicando i propri affari. Negli anni ’80, la saldatura robotizzata aumentò la produttività, mentre nei primi anni ’90 l’azienda raggiunge la produzione di un milione di telai all’anno. Affermandosi tra i maggiori produttori europei di telai per biciclette. La crescita è alimentata dalla forte domanda di biciclette Bmx e di mountain bike, un settore nel quale Titici è ancora oggi una vera icona.

Telaio Titici disegnato per Luna Rossa e firmato da Massimiliano “Max” Sirena Skipper del team
Telaio Titici disegnato per Luna Rossa e firmato da Massimiliano “Max” Sirena

«Tuttavia – ci confessa Alberto Pedrazzani – il telaio di cui sono più orgoglioso è il Fuego. Si tratta di un modello brevettato nei primi anni ’80 con un sistema di sospensione a balestra assolutamente innovativo per l’epoca. Per realizzarlo mi sono addirittura ispirato alle sospensioni dei carri agricoli. L’idea alla base è che si possa ottenere un maggiore comfort di guida sfruttando la deformazione dei materiali. Un concetto che è stato approfondito negli ultimi anni da mio figlio Matteo e che ha poi portato alla creazione del sistema PAT. Il tubo orizzontale piatto e ultrasottile divenuto oramai una vera e propria firma di ogni telaio Titici».

COn Trerè Innovation nel mondo

E col passare del tempo è proprio lo stesso Matteo Pedrazzani, insieme ai suoi fratelli, a traghettare Titici negli anni 2000. Un passaggio importante, che dalla grande produzione seriale di telai per biciclette giunge alla produzione artigianale di telai in fibra di carbonio rigorosamente su misura per il cliente: e questo senza mai dimenticare gli insegnamenti di papà Alberto.

Ispirato dalla propria passione per il prodotto, e dalla sempre più forte voglia di sperimentare, Matteo trasforma il punto vendita di Castelnuovo d’Asola in un esclusivo laboratorio di biciclette. Nel 2007 Titici lancia per la prima volta in Italia la storica FieltyNine, la prima Mtb 29″, mentre dal 2017 il marchio fa parte del gruppo mantovano Trerè Innovation che contribuisce alla espansione del brand nel mondo, garantendo continuità al processo d’innovazione.

Vento, un ponte col passato

Per celebrare i propri (primi) sessant’anni di attività, Titici ha realizzato nel 2021 il modello Vento: un’edizione speciale caratterizzata da una affascinante colorazione verde con cromature: un vero e proprio collegamento ideale agli anni ’60… mentre nella storica sede di Asola è attualmente in fase di completamento un nuovo show-room di ben 1000 metri quadri. Sarà così possibile esporre l’intera collezione, oltre ad un’offerta professionale di servizi di bikefitting che affiancano il cliente nella definizione del modello ideale, delle geometrie più calzanti e dei colori più adatti alle sue specifiche aspettative.

Titici

Jakob Dorigoni, San Fior 2020

Jakob Dorigoni: «Alla strada preferisco le marathon»

14.12.2021
4 min
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Jakob Dorigoni è uno degli atleti azzurri che domenica si è cimentato nella prova di coppa del mondo in Val di Sole, appuntamento stravinto da Van Aert. Questo è stato lo spunto per il nostro editoriale del lunedì. I corridori che dominano le corse di ciclocross sono gli stessi che troviamo poi a giocarsi la vittoria tutto l’anno su strada. E’ ormai chiaro come praticare due discipline ad alto livello aumenti lo stress e la fatica, ma una volta che si gestiscono i periodi di corsa, i risultati parlano da soli. L’Italia ha perso ottimi crossisti passati su strada e più tornati, ma è il modo giusto per gestire questi ragazzi? Non sarebbe meglio dare loro la possibilità di correre ad alto livello anche su strada per potersela giocare nel cross? Cambierebbe qualcosa nella carriera di Dorigoni se durante l’estate potesse disputare delle corse a tappe?

Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Innanzitutto Jakob, com’è andata domenica?

Bene, mi sono divertito molto, è stata una prima volta speciale sulla neve. Il percorso era bello anche se tanto tecnico.

Correre sulla neve è tanto diverso?

No, la formazione del percorso è simile a quando c’è il fango. Si creano le canaline e bisogna stare attenti a quale prendere per non finire al di fuori della traiettoria ideale e perdere così troppo tempo.

L’insidia più grande?

Essendo il percorso per lo più all’ombra, le basse temperature si facevano sentire. Anche durante il riscaldamento avevo freddo nonostante fossi al sole, quindi pensate che temperatura c’era… Una delle maggiori insidie era dovuta proprio all’ombra sul percorso perché la neve andava via via ghiacciandosi e mantenere l’equilibrio era fondamentale.

Ha vinto Van Aert con quasi un minuto sul secondo…

Lui è un fenomeno, domenica è atterrato un alieno in Val di Sole.

Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020
Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020

Doppia attività sì, ma quale?

I primi 5 della classifica di ieri alternano una buona, se non ottima, attività su strada a quella invernale di ciclocross. Anche Jakob fino al 2020 ha corso su strada in estate, ha partecipato al Giro d’Italia under 23 con la Work Service Dynatec Vega. Nella stagione appena conclusa però non lo ha fatto.

Che disciplina hai praticato quest’estate?

Ho corso in mountain bike, ho deciso di cambiare attività.

Come mai?

Ho sempre praticato questa disciplina e mi piace molto. Mi diverte e mi mantiene attivo nella stagione estiva.

Non pensi che l’attività agonistica su strada porti dei vantaggi maggiori in termini di preparazione?

Anche la mountain bike permette di fare molto fondo, non serve correre per forza su strada. Ho partecipato a gare marathon, che sono più lunghe di quelle classiche, e questo comunque fornisce molti vantaggi e comunque mi alleno spesso con la bici da strada.

Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel con la maglia della nazionale
Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel
Come ti alleni quindi in estate?

Per 4-5 i giorni della settimana uso la bici da strada, i restanti allenamenti li faccio con la mountain bike, poi ovviamente c’è il giorno della gara. Uso la bici da corsa perché mi permette di fare meglio determinati lavori come quelli ad alta intensità. Sui sentieri incontri spesso degli ostacoli che ti tolgono ritmo, mentre se vado su una salita posso fare lavori dai 5 ai 20 minuti senza interruzioni.

Per lo stesso motivo allora fare gare su strada ti permetterebbe di fare sforzi più prolungati mentre in mountain bike questo diventa più complicato…

Per questo faccio anche le marathon dove i percorsi presentano lunghi tratti senza curve ed ostacoli. Correre d’estate in mountain bike è tanto diverso rispetto al ciclocross. Intanto il clima rende il terreno più secco, di conseguenza hai una maggiore scorrevolezza del mezzo e ti alleni a condurre la bici anche a velocità più elevate.

Il sorriso della Teocchi. Guai alle spalle e tricolori cx in testa

13.12.2021
4 min
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Il sorriso è tornato quello di un tempo e forse è ancora più pronunciato. Chiara Teocchi infatti si è definitivamente lasciata alle spalle i suoi problemi con il cuore. La lombarda aveva dovuto rinunciare persino alle Olimpiadi a causa di questo problema.

Da quest’anno ha potuto riprendere al meglio la sua attività ed entrare definitivamente negli ingranaggi della sua squadra, la Trinity Racing. Quella che ritroviamo è una “Teocchi 2.0”, la ragazzina in grado di vincere due europei di cross e di salire sul podio iridato nella mtb col team relay.

Chiara Teocchi impegnata in Val di Sole, presto per lei altre gare internazionali nel cross
Chiara Teocchi impegnata in Val di Sole, presto per lei altre gare internazionali nel cross
Chiara, ti abbiamo vista finalmente tornare in piena attività. Vieni da un bel reset generale…

Esatto, qualche mese fa ho fatto degli esami col dottore (Della Bella, ndr) che mi aveva operato a distanza di un anno e questi esami sono andati molto bene, lui era davvero contento. Mi ha rilasciato una lettera con la quale diceva che non avrei avuto neanche bisogno di ulteriori controlli.

Bello! E come mai?

In pratica la mia aritmia si è totalmente cancellata. Il medico stesso mi ha detto che è un qualcosa di estremamente raro, quasi impossibile. Ho tenuto l’holter per 24 ore e nell’arco della giornata ha registrato zero aritmie. Tutto è andato alla perfezione.

Immaginiamo che anche per te, a livello di testa, conti molto…

Vero, adesso non ci penso più e posso concentrarmi solo sulle corse.

In apertura dicevamo del tuo approdo alla Trinity Racing: adesso finalmente sei sempre più dentro in questo team. Com’è andata con loro?

È un bel progetto. Sono arrivata in questa squadra l’anno scorso e quest’anno nel team sono arrivati dei nuovi atleti. È un ambiente molto stimolante. In più dopo sette anni ho cambiato il mio preparatore. Adesso mi segue Florian Vogel (un grande ex della mtb, anche campione europeo, ndr) e per questo, se vogliamo, ho stretto ancora di più il mio rapporto con Specialized.

Cosa intendi?

Florian segue il team Factory di Specialized e questo vuol dire avere un certo legame per quel che riguarda le scelte tecniche, il setup… E poi il fatto che sia stato lui a farsi avanti per me è una grande opportunità. Vogel segue pochissimi atleti.

Adesso come si articolerà la tua stagione? Quali sono i tuoi obiettivi?

Il primo obiettivo sono senza dubbio i campionati italiani di ciclocross. Sinceramente vorrei tornare a vestire una maglia tricolore. A novembre mi sono presa una pausa e sono partita in modo più tranquillo… Sono stata poi dieci giorni a Calpe con il team. Ho vissuto un’esperienza molto bella e mi sono allenata bene. Pensate che nella prima settimana ho accumulato 24 ore di allenamento.

Beh possiamo immaginare. Dai social abbiamo visto anche che vi siete divertiti. Sulla spiaggia di Calpe avete simulato Baywatch!

Ah, ah… Sì, abbiamo prodotto dei contenuti simpatici. Comunque è stato un bel training camp. E per una ragazza allenarsi con i ragazzi è stato davvero importante. Tornando alla stagione invece, dopo questa esperienza in Val di Sole, sotto il periodo di Natale passerò due-tre settimane in Belgio con il team per allenarmi bene, rifinire la preparazione, gareggiare.

E con la strada? In squadra ne avete parlato?

Bella domanda, sicuramente mi piacerebbe fare qualcosa su strada, però si è parlato anche di Cape Epic (importantissima gara a tappe in mtb, ndr). Vedremo quali programmi usciranno fuori dopo la stagione del cross.

Sei in un team inglese, nel quale ha militato anche Pidcock: si sente qualche traccia del suo passaggio?

Il suo manager, Andrew McQuaid, è anche il team manager della nostra squadra, e posso dire che in quel periodo che passerò in Belgio staremo vicini perché dovrebbe esserci anche lui. In più abbiamo lo stesso massaggiatore. Questo team è nato un po’ per lui… cercheremo di raccogliere la sua eredità!

Chiara Teocchi resta una biker però…

Assolutamente! Sono nata biker e tutto quello che faccio è in previsione della mountain bike. Il mio sogno continua ad essere quello di andare alle Olimpiadi.

Hai parlato con Celestino?

Sì. Con lui ho fatto due chiamate. Mi spiace che non potrò essere ad un piccolo ritiro che so che sta organizzando proprio per il periodo in cui sarò in Belgio. Mi piace il suo progetto. Un progetto di lunga durata che si basa su una cerchia allargata di atleti, 5-6 donne in questo caso, da seguire sotto ogni aspetto: multidisciplinarietà, preparazione, alimentazione… Un po’ quello che si è fatto e si è visto con le ragazze della pista.

Celestino, Pontoni e una strana (ma bella) collaborazione

13.10.2021
4 min
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«Pronto Mirko? Sono Daniele mi farebbe piacere collaborare con te e vedere come lavori». Una telefonata nel bel mezzo dell’estate: Daniele Pontoni chiama Mirko Celestino ed ecco che nasce un bel progetto, che è già una bella storia. Un tecnico, anzi un cittì che aiuta l’altro. Finora si era visto poco, almeno in certe misure. Quasi solo con Villa e Cassani, quindi strada e pista, ma qualcosa sta cambiando. Vuoi per le direttive della Fci, vuoi per il buonsenso dei tecnici stessi, ma Celestino e Pontoni una mano se la sono data e se la daranno.

Pontoni Colledani
Pontoni è cittì del cross da questa estate. Per il friulano un grande passato anche nella Mtb
Pontoni Colledani
Pontoni è cittì del cross da questa estate. Per il friulano un grande passato anche nella Mtb

Il lavoro del cittì

Davvero è così? E perché? Vogliamo sapere come è andata e lo chiediamo proprio a Celestino.

«E’ vero – ammette Celestino – c’è una collaborazione come non c’era mai stata prima. Io sui campi del cross e Pontoni su quelli della mountain bike. E’ la nuova direzione…

«”Ponto” ha una fortuna che io non ho avuto e cioè qualcuno che possa stargli vicino nei suoi inizi da commissario tecnico. Non si tratta infatti di fare “solo” il direttore sportivo, vale e a dire fare le convocazioni e dare le direttive per la gara. No, un cittì deve gestire il budget, organizzare la trasferta, gestire il magazzino… Io ormai sono cinque anni che ricopro questo ruolo e mi sono fatto le ossa. Ma all’inizio è stata dura. Quando ci siamo sentiti Daniele mi ha detto: aiutami su queste cose perché sono inesperto. Lui ha sempre avuto il suo club, ma la nazionale è tutt’altra cosa».

Celestino in Francia? E Pontoni (a destra) fa le veci del cittì alla Mythos Primiero di Massimo Panighel (al suo fianco)
Celstino in Francia e Ponti fa il “cittì della mtb” alla Mythos. Eccolo con Panighel e Simoni

Primo passo in Serbia

E così succede che i due tecnici questa estate si ritrovino a braccetto in Serbia, in occasione del campionato europeo marathon (foto in apertura). Le sensazioni sono subito positive da entrambi le parti. Tanto che qualche settimana dopo in occasione delle premondiali indicate da Celestino stesso c’è una concomitanza tra due marathon. E così Mirko va in Francia alla Forestiere e Daniele a Fiera di Primiero, per la Mythos.

«La verità – continua Celestino – è che alla fine serve gente che sta sul campo, gente che ti aiuta e che contribuisce a limare lo stress di una trasferta, che faccia anche il lavoro sporco e si rimbocchi le maniche. Venendo in Serbia, Ponto ha potuto vedere come andavano gestite alcune cose. Doveva venire anche al mondiale di Capoliveri, ma poi era troppo imminente la sua partenza per la Coppa del mondo di ciclocross in America. No, no… devo dire che siamo già amici e che questa collaborazione farà bene ad entrambi».

E sì, perché anche Celestino ha teso la mano. Mirko si è detto disponibile ad andare sui campi del ciclocross. senza contare che possono dare uno sguardo dal vivo anche agli atleti. Pensiamo solo ai biker che d’inverno fanno ciclocross.

«Esatto: andrò ad aiutarlo nel ciclocross. Anche se non è il mio mondo, lo ammetto. Gli ho detto: tu mi dici cosa devo fare e io lo faccio». A prescindere dalla battuta, che ricorda quella del comico di Zelig, emerge lo spirito di collaborazione anche da parte di Celestino.

Celestino è tecnico della nazionale Mtb da cinque anni. Segue tre specialità (uomini e donne): cross country, marathon ed eliminator
Celestino è tecnico della nazionale Mtb da 5 anni. Segue tre specialità (uomini e donne): cross country, marathon ed eliminator

Due ragazzi umili

Stima e fiducia reciproca per due caratteri e due storie che tutto sommato si somigliano: vocazione verso il lavoro, una lunga e prosperosa carriera da atleti e una buona dose di umiltà.

«Pontoni non lo conoscevo – conclude Celestino – Sapevo chi fosse, qualche parola di circostanza ma nulla più. Ma è bastato poco per capirci. E’ una di quelle persone che basta che ci stai quattro ore e sembra che lo conosci da una vita. E la cosa bella è che ho notato che questa sintonia si è creata anche con il mio staff. Lui mi ha detto: che bel gruppo che hai intorno a te, Mirko. C’è gente che dà l’anima. Si vede che lavorano non solo perché possano dire “sono stato in nazionale”, ma proprio perché ci credono.

«Pensate che anche i miei collaboratori hanno detto che in caso di chiamata sono pronti ad aiutare Pontoni. Quella telefonata l’avrei dovuta fare io!». 

Un tocco italiano nella tripletta delle svizzere

28.07.2021
4 min
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Una tripletta svizzera con un tocco italiano. La mountain bike si tinge di rossocrociato a Izu, sede delle gare olimpiche di cross country a due ore e mezza dal centro di Tokyo, grazie anche alle intuizioni di Nicolas Jeantet, trentaduenne meccanico valdostano che ha indovinato tutte le scelte che hanno permesso alle sue atlete di fare razzia di medaglie: oro a Jolanda Neff, argento a Sina Frei, bronzo a Linda Indergand.

Eppure a ruota di Pauline Ferrand Prevot, la svizzera stava per cadere come Vdp
Eppure a ruota di Pauline Ferrand Prevot, la svizzera stava per cadere come Vdp
Dunque, si è fatta festa in casa Svizzera, Nicolas?

Noi meccanici poco, perché abbiamo passato tutto il pomeriggio e la sera a impacchettare bici e materiali: siamo ancora sommersi dai cartoni. La logistica in quest’Olimpiade è stata molto complicata. Il giorno in cui hanno aperto l’impianto, potevamo salire con i mezzi e ne abbiamo utilizzati 5 che trasportassero il materiale, mentre ieri non potevano entrare per cui abbiamo portato tutto a mano. I giapponesi sono tanto precisi, ma delle volte hanno una mentalità chiusa.

Una prova opaca per Eva Lechner, che non ha mai trovato il colpo di pedale
Una prova opaca per Eva Lechner, che non ha mai trovato il colpo di pedale
Ci sveli il segreto di questo en plein?

Come nazionale lavoriamo da 7 anni sullo sviluppare la tecnica di guida e oggi, grazie alla pioggia, è uscito chi sapeva guidare, non cadere, non sbagliare, quello ha aiutato molto. Poi abbiamo lavorato davvero bene sul set up e quello ha fatto la differenza: non abbiamo sbagliato le gomme, come hanno fatto altre atlete.

Da dove si costruisce un trionfo così?

Siamo venuti al test event 2 anni fa e ci siamo preparati per quello che avremmo incontrato quando saremmo tornati qui. Poi, ancora in questi giorni, per sistemare gli ultimi dettagli ed eravamo preparati anche per un’ipotetica pioggia. Il problema è che, con le pietre, con tutto il tracciato artificiale costruito da zero, anche se ci fosse stato fango come c’è stato, sarebbe stato improponibile, e avrebbe reso impossibile la guidabilità, causando cadute e forature.

Così Jolanda Neff con la bandiera rosso crociata sul traguardo
Così Jolanda Neff con la bandiera rosso crociata sul traguardo
Dunque, cosa avete deciso prima del via?

Tanti non erano d’accordo, ma abbiamo optato per gomme intermedie e quando ha iniziato ad asciugarsi il percorso, questa scelta ha fatto la differenza. Avendo piovuto prima della gara poi, hanno modificato due o tre parti del percorso.

Stavolta però tutti lo sapevano dopo il caso Van der Poel?

Non so bene cosa sia successo veramente con lui, ma noi lo sapevamo già da due anni che quella passerella sarebbe stata tolta. Al test event, c’era nel giorno di prova, così almeno gli atleti potevano provare senza farsi male e poi ci avevano già detto che l’avrebbero tolta. Anche ieri, nei comunicati c’era che il percorso sarebbe cambiato rispetto alla versione originale.

Sei convinto dell’errore di valutazione dell’olandese?

Non mi esprimo, ma dico solo che è arrivato all’ultimo, ha fatto come sempre tutto di testa sua, senza l’aiuto della sua nazionale, quindi qualcosa non ha funzionato. La nostra squadra femminile, invece, lavora molto di più sullo stile degli sport invernali. La nazionale lavora tanto insieme, non è soltanto una selezione: questo aiuta molto ad avere clima positivo nel gruppo, anche perché non ci sono prime donne.

Il dream team svizzero. Jeantet, meccanico italiano (valdostano), è il secondo da destra
Il dream team svizzero. Jeantet, meccanico italiano (valdostano), è il secondo da destra
Ci definisci bene il tuo ruolo di italiano nella nazionale svizzera?

Gestisco tutti i meccanici del settore mountain bike e fuoristrada e quindi quaggiù sono sia per il cross country sia per la bmx. Infatti, mentre gli atleti della mountain bike partiranno, io mi sposterò alla bmx che sarà nell’area di Tokyo: avremo possibilità di medaglia sia tra gli uomini sia tra le donne. Se non si fossero accavallate le date, mi sarei occupato anche della crono su strada, perché tra le donne di solito seguo Marlen Reusser (argento mondiale in carica, lo scorso anno a Imola e appena argento alle spalle di Val Vleuten).