Ancora un mese prima del debutto. Qualche giorno a casa, poi Trentin andrà sul Teide a prepararsi per la Omloop Het Nieuwsblad da cui inizierà la quattordicesima stagione da professionista. Il trentino è a Monaco e dopo il suo allenamento di cinque ore, ne ha fatta una in più sulla mountain bike assieme al figlio Giovanni. Nel frattempo il Tudor Pro Cycling Team ha iniziato l’anno col passo giusto, vincendo con l’atteso Hirschi e il sorprendente Florian Stork.
«La squadra sta evolvendo bene – dice col tono posato (in apertura Trentin nella foto Tudor Pro Cycling) – sono stati fatti dei begli acquisti. Grossi nomi, gregari di esperienza come Haller e ragazzi dal vivaio. E’ una squadra che vuole crescere, ma sappiamo che c’è tempo per diventare WorldTour, quindi si possono fare dei bei passi ragionati».
La prima vittoria 2025 della Tudor è venuta al Gp Valencia da Marc HirschiLa prima vittoria 2025 della Tudor è venuta al Gp Valencia da Marc Hirschi
Preparazione mirata
Intanto si lavora, ogni anno cambiando qualcosa, perché non puoi pensare di fare sempre lo stesso e pretendere che funzioni. La chiave cui fanno ricorso gli allenatori è proprio questa: introdurre ogni anno le variazioni che stimolino aspetti su cui c’è ancora margine.
«Il mio preparatore – spiega Trentin – ha riguardato l’andamento delle classiche 2024 e abbiamo basato il lavoro di forza della prossima primavera sulle esigenze delle corse che dovremo fare. Se vinco, significa che ci ha preso. Quello che c’è di diverso quest’anno è anche che con l’arrivo dei grossi nomi, in squadra c’è l’entusiasmo di correre per capitani che possono vincere e questo stimola tutti e fa sì che il punteggio della squadra cresca. Poi è chiaro che correndo in una professional, si debbano attendere gli inviti e la prossima è la settimana delle wild card. Saremo alla Roubaix, che per me potrebbe essere un obiettivo, cercando di avere l’avvicinamento più adatto. Confido che le idee si schiariscano a breve, anche chi organizza le corse sarà ansioso di sapere quali corridori avrà al via. Intanto vado in altura l’8 febbraio e ci resterò fino al 22».
La seconda vittoria del team elvetico è arrivata grazie a Stork al Trofeo Serra TramuntanaLa seconda vittoria del team elvetico è arrivata grazie a Stork al Trofeo Serra Tramuntana
La politica immobile
Non sono rimasti tanti i corridori del 1989 ancora in gruppo, quelli che resistono sono uomini che lasciano il segnocome Matteo oppure Ulissi, mentre intorno il gruppo si riempie anno dopo anno di facce nuove che arrivano e spesso se ne vanno.
«L’esperienza paga – sorride sornione – anche se il ciclismo si è spostato verso i giovani, ha fame di volti nuovi. Costringono gli allievi a passare in grandi squadre juniores, dove devono andare come pro’. E se non passi entro due anni, non ti guarda più nessuno. E’ un concatenarsi di cose, che coinvolgono i team manager e i procuratori. Il problema è che perderemo tanti ragazzi. Se ne parla, ma è una cosa che non cambia. Come pretendere di ottenere rispetto sulle strade. L’unico modo perché qualcuno si muova è che tirino sotto il figlio di qualche politico, sembra brutto da dirsi, ma ci sono morti di serie A e morti di serie B. Solo quando vengono colpiti da vicino, si muovono subito».
Trentin si accinge a iniziare la seconda stagione in maglia Tudor Pro Cycling, la sua 14ª da pro’Trentin si accinge a iniziare la seconda stagione in maglia Tudor Pro Cycling, la sua 14ª da pro’
I corridori non parlano
Il tema è caldo, la frase è brutale e descrive l’esasperazione di chi ci ha messo più volte la faccia e si è visto ricambiare con il silenzio. La morte di Sara Piffer è ancora nell’aria, trentina come Matteo che ammette di avere quasi fastidio a leggere i notiziari per il dolore di ogni volta e il fastidio per il silenzio degli altri.
«Perché i corridori non dicano nulla – commenta Trentin – sarebbe una domanda da fare a chi non dice mai niente. I corridori e anche gli organizzatori, ci vorrebbe poco a mettere da tutte le parti un cartello per il rispetto dei ciclisti. Tutto il mondo del ciclismo deve metterci la faccia, tutti insieme. Come i ferrovieri italiani, che stanno facendo come i francesi, si stanno fermando tutti. Ma la situazione non è solo italiana, anche in Spagna quest’anno l’abbiamo rischiata più di una volta. Anche là si vede che hanno mollato l’attenzione, mentre prima erano più attenti. Il solo modo per stroncare certe abitudini è fare multe pesanti, toccarli nelle tasche, ma è qualcosa che faticano a fare per paura di non essere rieletti. Hanno paura a chiudere i centri e imporre il limite dei 30 all’ora, senza rendersi conto che nelle città in cui è stato fatto, la gente è contenta. Come qui a Monaco. Cosa ci vorrebbe a lasciare le auto a casa e usare i mezzi pubblici? Invece tutti reclamano il loro diritto a usare l’auto e la città è bloccata. Solo che continuo a ripetere le stesse cose da anni e ci credo poco che possano cambiare…».
Sono circa due mesi che Covi non ha problemi fisici e il suo lavoro per Hirschi e Wellens ha portato vittorie. Le sue parole e l'obiettivo di tornare al top
Quella di Beking 2023 sarà una giornata all’insegna dello sport e della solidarietà, con campioni attuali e passati che si ritroveranno per pedalare sulle strade di Montecarlo a scopo benefico. L’evento di domenica 26 novembre supporterà diverse associazioni tra cui Fight Aids Monaco, utilizzando i fondi raccolti. Alé, da quest’anno partner tecnico di Beking, fornirà le maglie ufficiali per questa manifestazione dedicata al ciclismo in tutte le sue sfaccettature, coinvolgendo professionisti, appassionati e famiglie.
La maglia per l’edizione 2023 della BekingDivisa disegnata da Alé Cycling, che da quest’anno collabora con la manifestazioneLa maglia per l’edizione 2023 della BekingDivisa disegnata da Alé Cycling, che da quest’anno collabora con la manifestazione
Si pedala con le stelle
Come anticipato, la terza edizione di questo evento si svolgerà domenica 26 novembre a Port Hercule, nella rinomata baia del Principato di Monaco. Sarà una giornata festosa con gare, attività per famiglie, conferenze e, soprattutto, con un importante scopo benefico. Sarà presente un villaggio expo, un’area dedicata ai bambini per imparare i fondamentali dell’andare in bici e della sicurezza stradale, e una zona centrale con un palco per le premiazioni e musica, che accoglieranno visitatori ed appassionati. Ma il momento “clou” sarà rappresentato dalla gara Criterium, con atleti di spicco provenienti dalle principali squadre del circuito WorldTour, tra cui Groupama FDJ, Bahrain-Victorious e Jayco-Alula.
Ma le sorprese non finiscono qui: Beking riunirà professionisti, ex campioni e appassionati in una competizione unica, la gara PRO-AM, che vedrà squadre miste confrontarsi. Chi parteciperà avrà l’opportunità di gareggiare accanto a grandi nomi del ciclismo mondiale come Nicolas Roche e Sonny Colbrelli, tra gli altri, con l’intero ricavato devoluto in beneficenza. Per i partecipanti amatoriali, Alé ha creato una maglia dedicata all’evento Beking, sia per adulti che per bambini, appartenente alla linea PR-R, solitamente destinata ai team professionistici. Questa maglia presenta per l’occasione un design distintivo, con i colori dell’evento e la mascotte di Beking – il sorridente bradipo Speedy – ripreso sulle maniche.
L’evento Clou della Beking è il Criterium che vede sfidarsi atleti pro’ ed ex pro’L’evento Clou della Beking è il Criterium che vede sfidarsi atleti pro’ ed ex pro’
Un supporto importante
«Alé è orgogliosa di sostenere eventi come Beking – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di A.P.G, la realtà imprenditoriale cui Alé fa riferimento – una manifestazione che sa ben rappresentare la passione, la collaborazione e lo spirito di squadra presenti nel ciclismo. E’ questo è un tema davvero molto importante perché, nonostante le sfide, lo sport restituisce molto. Sosteniamo queste iniziative che sostengono importanti associazioni benefiche, in linea con la nostra visione del ciclismo».
«Apprezziamo molto partner come Alé – ha aggiunto Claudia Morandini, fondatrice dell’evento – un brand che è in grado di personalizzare l’evento. Non a caso hanno disegnato e creato delle maglie ufficiali bellissime, anche per l’iniziativa dedicata ai bambini. Siamo felici di accogliere Alé alla terza edizione di Beking e di condividere con loro tutti i messaggi di supporto per cause importanti. Benvenuta a bordo Alé!».
La ruota legata alla rete sul Col de Castillon, come ultimo saluto per Rebellin, lungo la strada che da Mentone sale verso l’interno. “Sarai sempre al mio fianco in ogni singola uscita in bici…”, ha scritto Davide Formolo su Instagram e assieme a lui hanno posato gli amici di tanti allenamenti. Trentin e Covi, i fratelli Bonifazio, Troìa e due amatori. Poi il discorso passa a un’altra foto. In questa c’è Formolo, 21 anni, e accanto Rebellin che ne ha già 43.
«Siamo noi due insieme al Turchia – dice – le prime vere fatiche. Lì mi chiese in che anno fossi nato, così non ho più dimenticato che il 1993 era stato anche il suo primo anno da professionista. Non ci capitava di allenarci troppo spesso insieme, con i programmi d’allenamento al giorno d’oggi è difficile combaciare con gli altri. Però se potevo, quando lo vedevo mi giravo sempre. Davide era come un libro aperto per me. E poi caratterialmente mi sembrava anche molto simile a me, sinceramente…»
Primo anno da pro’ per Formolo, 43 anni per Rebellin. I due si conoscono così, su un podio in TurchiaPrimo anno da pro’ per Formolo, 43 anni per Rebellin. I due si conoscono così, su un podio in Turchia
Si riparte
A breve sarà il tempo di chiudere la prima valigia e poi Formolo partirà per il primo ritiro europeo del UAE Team Emirates. Per il veronese della Valpolicella quella in arrivo sarà la decima stagione da professionista, con un biennale in tasca e tanta voglia di riprendersi qualcosa che pensa di aver lasciato lungo la strada.
«L’ultimo è stato un anno molto particolare – dice – soprattutto la prima parte di stagione. A gennaio mi sono rotto la mano, ho iniziato a correre e appena dopo la Sanremo mi sono preso l’influenza, perciò ho fatto la settimana a letto. Il tempo di rimettermi in piedi e sono andato ai Baschi. Ma non avendo toccato la bici per una settimana, mi è venuta la tendinite al ginocchio che mi ha tenuto fermo due settimane. Poi sono direttamente al Giro d’Italia. L’ho finito e due giorni dopo ho preso il Covid. Non è stata proprio una bella inizio di primavera.
«A quel punto abbiamo fatto un break estivo per prepararci bene per le classiche di fine stagione, dove finalmente sono tornato ad essere il Davide a cui era abituato, perché è stato un inizio di stagione veramente complicato e molto sofferto anche a livello emotivo».
Appena tre giorni prima della morte di Rebellin, anche Formolo era con lui a Monaco per BekingAppena tre giorni prima della morte di Rebellin, anche Formolo era con lui a Monaco per Beking
Perché a livello emotivo?
Purtroppo correvo ed ero infortunato e questo per un corridore è la cosa più brutta. Andare alle corse senza poter dare il massimo. Quindi adesso si riparte sperando che vada tutto bene. Cerchiamo di imparare dagli errori e di curare ancora di più i dettagli rispetto a quello cui siamo abituati. D’altronde il nuovo ciclismo ci insegna questo. Che già a novembre abbiamo la tabella di nutrizione e quella di allenamento a 360 gradi. Non si può lasciare nulla al caso neanche nei mesi invernali.
Alla Cannondale parlavano di te come l’erede designato di Basso: grandi Giri e maglie di leader. Soddisfatto di come è andata finora?
A me piacerebbe senz’altro venire fuori di più. Però è anche vero che, guardandomi attorno, siamo in una squadra così forte che per ogni gara cui andremo, abbiamo un capitano che può vincere la classifica, oppure uno sprinter che può vincere le volate. Se io potessi fare la mia corsa, sarei felice onestamente se potessi entrare nei primi 5 delle classifiche generali. Abbiamo dei capitani così forti, che non possiamo giocarci le nostre carte. E alla fine anche questo è un ruolo che mi piace, sinceramente.
Si può essere soddisfatti anche lavorando per gli altri?
A me piace vincere. Quello in cui ho sempre fatto fatica quando facevo classifica per conto mio era difendermi nel giorno in cui non ero super. Perciò mi piace vincere, mi piace l’emozione dell’arrivo dopo la vittoria. E se riesco a fare un buon lavoro per un capitano che poi porta a casa la vittoria, emozionalmente per me è come aver vinto.
Al Lombardia, Formolo ha lavorato per Pogacar che poi ha vinto per il secondo anno consecutivoAl Lombardia, Formolo ha lavorato per Pogacar che poi ha vinto per il secondo anno consecutivo
E non ti manca la vittoria di Davide?
Certamente ogni tanto mi piacerebbe, magari andare in fuga e vincere qualche tappa. Sono convinto che riuscirò a ritagliarmi anche qualche piccolo spazio per me.
Ai ragazzini che passavano una volta si diceva: resetta tutto e si ricomincia da capo. Adesso non resettano niente, come com’è stato quando sei passato tu?
Molto diverso. Al primo anno era vietato fare un grande Giro, al giorno d’oggi passano e fanno il podio al primo anno. Ayuso quest’anno alla Vuelta, Tadej due anni fa. O comunque Remco (Evenepoel, ndr) al Giro d’Italia: l’anno scorso è caduto, ma quest’anno alla Vuelta, il secondo grande Giro, ha vinto. E’ un nuovo ciclismo e anche noi ci dobbiamo adattare. Certamente con gli strumenti che abbiamo al giorno d’oggi, hanno un database di watt, calorie bruciate per giorno, metodo di allenamento… Oramai con un database così importante, riescono a estrarre il massimo da ogni corridore, anche di giovane età.
Poco fa, hai fatto il nome di alcune grandi eccezioni: ti rendi conto che non sono la regola?
Sono fenomeni, sono campioni. Se fosse passato cinque anni fa, magari Remco ci avrebbe messo due stagioni in più per vincere la Vuelta, se non addirittura 5-6. Invece ha vinto a 22 anni. E questo significa che lui e pochi altri sono avanti di tre anni sui tempi.
Il gruppo dei corridori amici a Montecarlo, davanti alla ruota di RebellinLa ruota legata sul Col de Chatillon: un grande pegnoIlgruppo dei corridori amici a Montecarlo, davanti alla ruota di RebellinLa ruota legata sul Col de Chatillon: un grande pegno
In allenamento con Tadej, si capisce che è un fenomeno?
Lui è un altro mondo, perché i watt che ha già al medio sono tanta roba. Ovviamente per avere una soglia così alta, vuol dire che ci sono anche un medio e una base a tutt’altro livello rispetto agli altri.
Dove vorresti far bene l’anno prossimo?
Mi piace molto la Strade Bianche. Mi piace molto, per dire, anche il Giro d’Italia. Oppure la Sanremo. Che sia per vincere o comunque per fare un lavoro importante, per me è un sogno. Vincere dopo aver fatto un lavoro con i controfiocchi è proprio come se vincessi io…
Probabilmente a 36 anni si smette di cercare l’ambiente giusto e si punta al miglior ingaggio. La Israel-Premier Tech è una squadra WorldTour, deve crescere, ma tanto male non sarà. Probabilmente Jakob Fuglsang deve aver pensato questo lo scorso anno quando ha accettato il triennale con la squadra israeliana, che lo porterà sino alla soglia dei 40 anni. Ma le cose non sono andate come il danese si aspettava. Parecchi dei corridori che se ne sono andati e anche alcuni che sono rimasti fanno fatica a comprenderne i meccanismi, nonostante ai suoi vertici ci siano uomini di comprovata esperienza.
Forse non è per caso che la stagione si sia conclusa con la retrocessione tra le professional, che porta via ogni certezza di partecipare ai grandi Giri. Per Fuglsang invece il 2022 è andato in archivio con la vittoria alla Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes e in precedenza il terzo posto al Giro di Svizzera. Il ritiro dal Tour dopo la caduta nella 15ª tappa con tanto di frattura di una costola non ha contribuito a rendere l’estate un posto migliore. Resta pendente il ricorso al Tas da parte del team, ma è opinione diffusa che la manovra non sortirà grandi effetti.
Giusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a MonacoGiusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a Monaco
Come stai?
Bene. Ho ricominciato piano piano. Non so da dove partirò, dovremo vedere. Alla fine l’obiettivo è sempre vincere, ma bisognerà capire cosa succede con la squadra. C’è il ricorso, ma se andiamo giù bisognerà vedere che gare potremo fare. Secondo me non c’è ancora nulla di certo al 100 per cento. L’UCI non ha ancora ufficializzato niente, come pure non ha annunciato l’ingresso nel WorldTour delle squadre promosse. Stiamo aspettando.
Hai ancora due anni di contratto, giusto?
Sì, esatto. In teoria dovremmo poter fare tutte le corse WorldTour in linea. Anche le corse Monumento. Se va così, sicuramente riusciamo a fare un bel programma. E poi spero che ci diano l’invito per fare il Giro. Se davvero arrivasse, mi piacerebbe tornare a fare il Giro d’Italia.
La scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di MendeLa scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di Mende
A che punto sei della carriera?
Al punto che non penso più alle classifiche dei grandi Giri, mi vedo più per vincere delle tappe. E’ quello che vorrei fare. Ho già fatto una top 10 al Giro e una top 10 al Tour e a questo punto per me fare un quinto o sesto posto in classifica generale cambia davvero poco. Invece vincere una tappa è qualcosa su cui punto molto.
Parlando con Kreuziger, è venuto fuori che Bjarne Riis è stato il tecnico che ha più stimato. Per te è stato lo stesso?
Quelli con Bjarne forse non sono stati gli anni migliori, ma ho imparato tanto. Tutti quelli che hanno corso per lui, ma anche i meccanici e i massaggiatori, parlano sempre bene di lui. Sono sempre orgogliosi di avere avuto l’esperienza di lavorare con lui. Con chiunque io ne parli, mi dice la stessa cosa. Anche Nizzolo la pensa così, anche se lui ci ha lavorato per un breve periodo alla Qhubeka.
Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10
Bjarne era il mago dell’organizzazione, questa squadra è nata da zero, a che punto si trova?
C’è ancora da migliorare in tutte le cose, ma non c’è niente di strano: tutte le squadre possono migliorare.
Se volesse, Fuglsang potrebbe chiedere la rescissione del contratto, come succede quando una squadra perde lo status di WorldTour, ma si torna al ragionamento di partenza. Due anni di quel buon contratto rendono più accettabile anche il fatto di dover a volte alzare lo sguardo al cielo.
L’ultima arrivata in ordine di tempo è ancora da annunciare e allora ci saranno altri corridori ad indossare i caschi Ekoi, come pure la Arkea-Samsic, la Cofidis e la Lotto Soudal prima di loro. Per il marchio francese che ha sede a Frejus, classicissima sede della Roc d’Azur, la scalata delle posizioni del gruppo prosegue. E non si tratta solo di puntare a squadre e campioni: il material Ekoi sponsorizza anche l’Academy di Michele Bartoli e quella di Kreuziger in Repubblica Ceca. Caschi, occhiali, abbigliamento e scarpe: vestiti dalla testa ai piedi. Il responsabile delle sponsorizzazioni si chiama Pietro Cicoria, è italianissimo e dal prossimo anno sarà Executive Manager.
Abbiamo incontrato Pietro Cicoria a Monaco per Beking 2022. Accanto, Marco Cislaghi di SpecializedAbbiamo incontrato Pietro Cicoria a Monaco per Beking 2022. Accanto, Marco Cislaghi di Specialized
«Siamo attenti a ogni innovazione – spiega a margine di Beking, l’evento di Monaco – in termini di design e tecnologia. Abbiamo tanti progetti, come gli occhiali fotocromatici elettronici, senza batteria. Oppure il sistema Koroyd di sicurezza per i caschi e la possibilità di personalizzarli con ogni grafica».
Ci sono tanti marchi, come si fa a scalare la piramide?
Creando prodotti belli, sicuri per gli standard che ci chiedono i corridori e gli utilizzatori in genere e con il miglior rapporto possibile fra qualità e prezzo. Per quest’ultimo punto, abbiamo eliminato la rete vendita dal 2010, per cui si fa tutto attraverso il sito e la vendita diretta.
Gilbert è l’ambassador storico di Ekoi. Ha portato il marchi alla Quick Step, poi alla Lotto-SoudalQuintana è uno dei tester più meticolosi di EkoiGilbert è l’ambassador storico di Ekoi. Ha portato il marchi alla Quick Step, poi alla Lotto-SoudalQuintana è uno dei tester più meticolosi di Ekoi
I corridori quale ruolo hanno?
Sono tester e ogni prodotto che viene messo in vendita è passato per i loro test e il loro feedback. Ragazzi come Quintana, Barguil e Guillaume Martin sono i più meticolosi. Caleb Ewan è super attento all’aerodinamica. Poi ci sono i nostri ambassador, uno di questi è Aru. Fabio ha vinto la Vuelta del 2015 con i nostri occhiali, ci conosciamo da tanto. Gli atleti che smettono di correre continuano a fare sviluppo del prodotto con la loro esperienza. Quello che ha la storia più lunga con Ekoi è Gilbert. Lo abbiamo sempre seguito, sponsorizzando la Quick Step e poi la Lotto.
Fabio Aru, l’Academy di Bartoli: quanto conta il mercato italiano?
E’ il più importante dopo la Francia, con caschi, occhiali e abbigliamento. L’Italia per noi è anche un sito produttivo, soprattutto per l’alta gamma dell’abbigliamento. Stiamo puntando forte a una dimensione internazionale. Al momento il 55 per cento della produzione è destinato all’export. In Europa siamo forti in Francia, Italia, Spagna e Germania, mentre presto apriremo a Canada e Australia.
Nella tappa di Tignes del Tour, i corridori della Lotto Soudal hanno usato caschi nuovi poi fatti sparireNella tappa di Tignes del Tour, i corridori della Lotto Soudal hanno usato caschi nuovi poi fatti sparire
Che cos’è il sistema Koroyd?
E’ il nome di un’azienda di Monaco, che ha brevettato un sistema del 30 per cento più sicuro rispetto alle solite scocche in polistirolo. Lo integreremo alle gamme di caschi su strada e lo abbiamo già fatto usare alla Lotto Soudal nella tappa di Tignes all’ultimo Tour. I nostri caschi superano tutti i test di sicurezza europei, ma essendo venduti anche negli USA, affrontano anche le loro specifiche. Standard diversi, che comunque ci permettono di avere prodotti sicurissimi.
Quanti caschi si danno a una squadra?
Di solito 7-8 caschi ciascuno. Deve essercene uno per ogni bus, uno a casa, uno per correre. Poi un casco crono a testa e per alcuni quello normale e quello aerodinamico, che sviluppiamo nella galleria del vento di Magny Cours. Per soddisfare tutte le morfologie di corridori, abbiamo quattro diverse forme di caschi da crono. Lo sviluppo aerodinamico si deve molto anche agli atleti del triathlon.
Il fondatore di Ekoi si chiama Jean Chritophe Rattel, qui a Beking con Fabio Aru, ambassador del marchioIl fondatore di Ekoi si chiama Jean Chritophe Rattel, qui a Beking con Fabio Aru, ambassador del marchio
In che modo?
Sono super attenti alla posizione e ai materiali. Grazie al triathlon abbiamo introdotto fibre in grafene, che permettono la distribuzione della temperatura corporea, oppure il tessuto Outlast che termoregola la temperatura corporea e si può usare in ogni situazione. E’ un prodotto sviluppato dalla Nasa e questa è la parte più stimolante: cercare di adattare le nuove tecnologie al ciclismo.
Stesso studio per gli occhiali?
L’occhiale da corridore deve impedire il male agli occhi anche se lo indossi per 5-6 ore. Quindi abbiamo lenti ad alta definizione intercambiabili. Ogni modello ha il suo astuccio che contiene anche una lente fotocromatica e una antipioggia, che si cambiano molto facilmente.
La gamma Ekoi comprende anche occhiali, scarpe e abbigliamentoLa gamma Ekoi comprende anche occhiali, scarpe e abbigliamento
Ultima domanda: come arriva un ragazzo pugliese in un ruolo così importante e con questo accento francese?
Correvo in bici, ma non ero un campione, anche se qualche volta mi è capitato di incrociare Pozzovivo. Per anni ho lavorato nel management di hotel di lusso, finché ho incontrato Jean Christophe Rattel, il fondatore di Ekoi. E da allora è stato tutto molto veloce. Dal marketing alle squadre e dal prossimo anno cambierò ancora. Ho preso l’accento, sembro un francese che parla italiano, ma sono italiano al 100 per cento.
Il matrimonio. Il ritorno a casa. La ripartenza. Elia Viviani, padre putativo della pista azzurra e angelo custode del cittì Villa, getta uno sguardo oltre l’inverno e traccia la sua rotta verso Parigi 2024. Da un lato mostrando voglia di riscatto, dall’altro difendendo scelte che lo hanno portato via dagli ordini di arrivo. Il senso molto chiaro è che la pista e l’obiettivo olimpico vengano prima di tutto.
«Ho sempre detto che se sono tornato alla Ineos c’era un motivo – spiega – ed era il progetto olimpico. Ho firmato tre anni di contratto, sto sacrificando qualcosa su strada perché magari in qualche gara non mi vedrete, come il Giro di quest’anno e vediamo il prossimo, ma è chiaro che nella testa ho le Olimpiadi».
Per Viviani nel 2022, dieci podi e due vittorie: questa alla CRO Race davanti a MohoricPer Viviani nel 2022, dieci podi e due vittorie: questa alla CRO Race davanti a Mohoric
Intanto la pista azzurra cresce…
E’ una bella realtà. Anche nella velocità si è dimostrato che formando un gruppo, quindi non mettendo semplicemente insieme delle individualità, ma dandogli il supporto di Quaranta, sono stati fatti passi da gigante in pochissimo tempo. Più in su si va e più crescere sarà difficile, ma intanto siamo partiti. I ragazzi e le ragazze hanno già ha sfiorato qualche medaglia, quindi il gruppo è bellissimo e fortissimo.
Senti un po’ tua questa creatura?
Sì, assolutamente e ne vado orgoglioso, ovviamente. Quando vedo che tutto funziona, ovvio che è bello. Ai mondiali scorsi, il quartetto maschile ha perso per un pelo, ma ci sta. Le ragazze hanno mostrato la superiorità che da anni vedevamo in prospettiva e farlo a un anno e mezzo da Parigi sicuramente è un segnale forte.
Parteciperai anche tu alle qualifiche olimpiche?
Sì, farò anche io la mia parte. Farò sicuro gli europei e poi forse una se non due Coppe del mondo su tre. E poi i mondiali che danno punteggi doppi, quindi saranno un passaggio fondamentale per la qualifica.
Viviani e Cecchini insieme a Monaco durante Beking 2022: i due vivono nel PrincipatoIl matrimonio è stato celebrato il 22 ottobre in Friuli (foto Barbarossa Studio)Viviani e Cecchini insieme a Monaco durante Beking 2022: i due vivono nel PrincipatoIl matrimonio è stato celebrato il 22 ottobre in Friuli (foto Barbarossa Studio)
Il mondiale ad agosto con tutte le discipline in che modo condizionerà la stagione?
Per noi è meglio. Come avete visto con le Olimpiadi, siamo avvantaggiati rispetto a Nazioni come Australia e Nuova Zelanda. Noi soffrivamo quando i mondiali erano febbraio, quindi ora che sono ad agosto per noi è un punto di vantaggio. Ottobre oppure agosto per noi è bene. O nel mezzo della stagione su strada oppure alla fine, quando hai ancora qualche energia da spendere.
Però qualcuno si troverà a fare il doppio impegno pista e strada a distanza di pochi giorni…
Sicuramente quello può essere un problema, nel senso che è un po’ discutibile il fatto di mettere tutti insieme. Non solo per strada e pista, ma per la mountain bike e per tutti, perché lo stesso problema ce l’avranno Van der Poel e Pidcock e quindi… Non so, secondo me questa cosa del super mondiale è da rivedere, perché può essere un evento “figo da vendere”, però a livello atletico penalizza tantissimo la multidisciplinarietà, dopo i tanti anni che abbiamo speso per convincere atleti e team. Sarà un problema far combaciare strada e pista. E forse anche la crono, che è già più simile alla pista, però è ovvio che ha bisogno di una preparazione specifica. La Guazzini e Pippo (Ganna, ndr) sono corridori che dovranno fare entrambi gli appuntamenti, sicuro.
Con Benjamin Thomas ai mondiali nell’omnium. Viviani non ha potuto partecipare alla corsa a punti non essendo qualificatoIl mondiale dell’eliminazione, alla vigilia del matrimonio fra Viviani (nella foto con Ganna) ed Elena CecchiniCon Benjamin Thomas ai mondiali nell’omnium. Viviani non ha potuto partecipare alla corsa a punti non essendo qualificatoIl mondiale dell’eliminazione, alla vigilia del matrimonio fra Viviani (nella foto con Ganna) ed Elena Cecchini
Parteciperai agli europei di febbraio, questo significa aver anticipato di molto la ripresa della preparazione?
Sì, bisogna anticipare, nel senso che abbiamo poco tempo di trovarci per metterli a punto, essendo la prima prova di qualifica olimpica. Anticipare soprattutto la qualità del lavoro. Quindi vuol dire che sotto Natale ci vedrete spesso in pista a Montichiari, che i primi di gennaio saremo ancora là, prima di andare chi a San Juan e chi in Australia e tornare a posto, perché poi non ci sarà più tempo. Io comincerò in Argentina con la squadra. C’era anche la possibilità Australia, ma sarà Argentina al 99 per cento.
Incuriositi dall'intervista dei giorni scorsi, abbiamo chiesto a Davide Rebellin in cosa consista la sua alimentazione quasi vegana. E si è aperto un mondo
Kreuziger ovviamente non poteva immaginare che la presentazione della sua iniziativa sulla sicurezza stradale – Dam Respekt, darò rispetto – sarebbe arrivata alla vigilia della morte di Rebellin, ma forse oggi più che mai l’impegno di tutti diventa cruciale. A Monaco domenica si stava bene e in giornate come quella fai fatica a pensare alle bruttezze della vita. Davide era uno del gruppo, con la sua maglia Work Service, mentre Roman vestito con la tenuta nera del Team Bahrain Victorious aveva appena illustrato il suo progetto e da lì eravamo partiti per raccontare il primo anno sull’ammiraglia.
«Abbiamo iniziato tre anni fa – raccontava Kreuziger – dopo quello che era successo in Italia con Michele. Mia moglie, un suo collega ed io. Abbiamo visto che sulle strade c’è mancanza di rispetto e così ci siamo messi a pensare cosa si potesse fare. Sono nati dei video, uno spot di pubblicità in televisione, in cui abbiamo messo gli autisti e i ciclisti. Perché alla fine tanta gente li divide e non vuole metterli nello stesso gruppo, però la strada è una e bisogna unirci e rispettarci. Quindi il nostro motto è che non dobbiamo amarci, però rispettarsi già sarebbe importante. Ognuno deve partire da se stesso e dare l’esempio, perché è facile lamentarsi che la colpa sia degli uni o degli altri, in realtà riguarda tutti».
Riguarda tutti: potrebbe essere il prossimo slogan…
I nostri comportamenti finiscono sugli altri, quindi ognuno deve partire da se stesso. Così abbiamo preparato tanti altri video contenuti nel nostro account Youtube e siamo in contatto con le autoscuole, che così cominciano a far crescere la cultura della gente. Abbiamo coinvolto la Polizia, l’Autoclub della Repubblica Ceca, abbiamo tanti ambasciatori di altri Sport, dal tennis al ciclismo, cantanti e artisti. Qui a Monaco c’ero stato l’ultima volta a gennaio per fare i video con Elia, con Jasper Stuyven, con Lizzie Deignan, Wout Poels, Valgren…
Come si va avanti?
L’idea è di portarlo più avanti e sperare di condividerlo con altri Paesi. E’ una strada molto lunga, perché se uno guarda le statistiche sui social media, sembra che ci sia la guerra assoluta. Però guardandole com’erano prima che il progetto partisse, la situazione sta migliorando e questo mi fa piacere. Ma sicuramente non possiamo accontentarci, c’è ancora tanto da fare…
Un grosso camion circola sulle strade della Repubblica Ceca, ricordando la distanza di sicurezzaMerchandising che viene esposto e distribuito negli eventi sportiviUn grosso camion circola sulle strade della Repubblica Ceca, ricordando la distanza di sicurezzaMerchandising che viene esposto e distribuito negli eventi sportivi
Anche perché nel mezzo c’è il nuovo lavoro di direttore sportivo…
Mi considero fortunato. Ho deciso di smettere e sono entrato in un ambiente di gente che conosco da tanti anni. Mi hanno aiutato tanto, non è un lavoro semplice. Se l’anno scorso non sapevo cosa affrontare, dopo un anno ho capito quanto lavoro c’è per far correre una squadra. Da corridore è molto più semplice. Ti alleni le tue 4-5 ore invece qui sei operativo 7-24 e devi pensare a mille cose. Da corridore non capivi che cosa avessero i direttori da essere stanchi. Adesso è chiarissimo, però penso anche che sono entrato bene e sono contento di continuare a farlo.
Ti ispiri a qualche direttore del passato?
Io penso che ognuno ha il suo carattere e non si può copiare qualcun altro. Però a me è sempre piaciuto Bjarne Riis, come lavorava coi corridori, il feeling che aveva con loro e con il personale. Secondo me, quando credono in un direttore, si fa la differenza, perché non dubitano di quello che gli proponi.
Fra i testimonial riportati nel sito di Dam Respekt, Peter Sagan occupa un posto di rilievoFra i testimonial riportati nel sito di Dam Respekt, Sagan occupa un posto di rilievo
Secondo te essere sceso di bici da un anno è un vantaggio nel parlare con i corridori?
Sì, sicuramente c’è un muro più piccolo. Anche se i corridori dopo un po’ capiscono che sei dalla parte del management, quindi accettano che sei direttore e non puoi concedergli sempre tutto, sicuramente ti sentono ancora vicino. Da noi adesso siamo in due ad essere appena scesi da bici. Vedi le cose in modo diverso, vieni da diverse squadre e anche se al Bahrain c’è una bella struttura, puoi sempre aggiungere qualcosa. Quindi aver smesso da poco è sicuramente un vantaggio.
Da direttore sono più belle le classiche o i Giri?
A me piacciono sempre i grandi Giri, però negli ultimi anni preferivo le corse di un giorno. Per cui in un programma ideale, mi piacerebbe ripartire di nuovo con le Ardenne, perché le sento, le conosco. E sicuramente se il direttore fa le gare di cui era appassionato da corridore, anche dalla macchina riesce a dare qualcosa di più.
Kreuziger è passato in ammiraglia da inizio 2022. Qui alla VueltaKreuziger è passato in ammiraglia da inizio 2022. Qui alla Vuelta
Nelle WorldTour ci sono tante professionalità molto specifiche, il direttore deve sapere un po’ di tutto?
A me interessa un po’ tutto. Lo staff è sicuramente cambiato rispetto a quando sono passato io, quando i corridori erano più attaccati ai direttori, mentre adesso la persona di fiducia è il coach e si fanno tanti meeting. Però io sono dell’idea che sentire i corridori è importante come pure non avere solo un certo gruppo. Se ti dicono che hai un gruppo di 5-6 corridori e poi non li vedi durante tutto l’anno, le cose non vanno. Quindi una volta che hai il programma, è importante sentirli e capire le loro idee. Perché una cosa sono i numeri che ti dicono i coach, altro il feeling del corridore con la gara.
Prima della corsa studi il percorso o cosa fai?
Abbiamo una struttura in cui si osservano certi protocolli. Sai cosa ti aspetta, devi studiare più che altro gli avversari e la squadra che hai. Io ad esempio ero uno che nei grandi Giri faceva tanti calcoli. Invece nelle gare di un giorno bisogna essere più aperti e non avere paura. C’è da rischiare e avere corridori giovani lo rende più facile, perché quelli vecchi sanno già come vanno le cose. I giovani sono più flessibili.
La vittoria dell’Amstel 2013, oltre a San Sebastian 2009, è il miglior risultato di Kreuziger nelle classicheLa vittoria dell’Amstel 2013, oltre a San Sebastian 2009, è il miglior risultato di Kreuziger nelle classiche
Tu sei stato uno junior fortissimo e poi sei passato a 19 anni. Gli junior fenomenali di adesso somigliano a quel Roman?
Secondo me sono molto più avanti, perché gli juniores di oggi sono quasi corridori fatti. Hanno già conosciuto nutrizionisti e allenatori. Da un lato penso che sia bene che tutto si sposti un po’ più avanti. Dall’altro però è sbagliato, perché secondo me non bisogna scordarsi che gli juniores e prima gli allievi devono prima finire le scuole. Non possono diventare tutti i professionisti, invece secondo me qualcuno se ne sta dimenticando. E questo è un errore.
Mirko Gualdi è l'ultimo azzurro trent'anni dopo le Olimpiadi di Barcellona. Casartelli e Rebellin non ci sono più. Un viaggio nei sentimenti e nei ricordi
Di colpo sembra tutto vuoto. Il pezzo su Evenepoel in ricognizione sulle strade del Giro, la fretta per uscire. Di colpo cade la voglia di fare, se ne perde il senso. Davide Rebellin travolto e ucciso da un camion che ha tirato drittoa Montebello Vicentino. Come Silvia Piccini lo scorso anno, perché il conducente aveva fretta e magari dirà di non essersi accorto, se mai lo prenderanno o sceglierà di consegnarsi. La bicicletta accartocciata toglie il fiato.
Accanto a Bonifazio e Trentin, facendo foto ai bambini sul percorso di BekingAccanto a Bonifazio e Trentin, facendo foto ai bambini sul percorso di Beking
Insieme a Fabio
Domenica a Monaco c’era un bel sole e mentre guardavamo il girare dei bambini, non ci eravamo accorti che Davide si era fatto sotto per un saluto.
«Ciao giovane, alla fine ce l’hai fatta ad andartene in pensione…».
La solita risatina garbata e timida, le rughe attorno agli occhi.
«Bè, giovane, dai… Forse rispetto a te!».
Ci si conosceva dal 1992, tre anni scarsi di differenza, da quando il gruppo degli azzurri di Zenoni iniziò la rincorsa alle Olimpiadi di Barcellona. Andarono in tre, di loro oggi resta soltanto Mirko Gualdi a guardarsi intorno. Fabio Casartelli se lo portò via il Tour, Davide se lo sono preso oggi.
«Durante tutta la preparazione per le Olimpiadi di Barcellona – raccontò qualche anno dopo – risi molto. Dividevo la camera con Fabio Casartelli, un ragazzo tranquillo, con cui mi trovavo bene. Aveva dei numeri importanti, anche se fino alla corsa olimpica io ero quello che andava di più. Zenoni giocò proprio su questo. Approfittò del controllo su di me e fece andare Fabio in fuga. Lui anticipò e vinse le Olimpiadi. Pensare che non ci sia più e che neanche Marco ce l’abbia fatta è spesso un motivo di dolore».
Nel 1992, Fabio Casartelli vinse le Olimpiadi di Barcellona. Divise la stanza con RebellinNel 1992, Fabio Casartelli vinse le Olimpiadi di Barcellona. Divise la stanza con Rebellin
La molla della rivalsa
Di colpo sembra tutto vuoto, anche il doverne o volerne scrivere, come automi chiamati per forza a dire qualcosa. Pensi a quanti ne hai visti cadere e hai quasi paura di fare torto a qualcuno non citandone il nome. Torna il sorriso di Michele, tornano tutti a galla. Allora acchiappi il flusso dei ricordi e ti lasci portare via.
«Gli anni non mi pesano – disse 14 anni fa – ma mi basta guardarmi attorno per capire che sono passati. Il ciclismo mi ha dato tanto e quindi gli devo tanto e non so neanche immaginare in che modo sdebitarmi. Non so cosa farò quando smetterò, non so neanche in che modo capirò che è giunta l’ora. Probabilmente ci sarà un segnale e dirò basta, magari per una delusione. Anche se le delusioni finora sono durate poco, poi è sempre scattata la molla della rivalsa».
Rebellin ha sempre sentito sua la medaglia d’argento di Pechino. E noi con lui (foto Cor Vos/PezCyclingNews)Rebellin ha sempre sentito sua la medaglia d’argento di Pechino. E noi con lui (foto Cor Vos/PezCyclingNews)
Il fratello Carlo
Non sapeva ancora attraverso quali forche sarebbe dovuto passare, il motivo per cui avrebbe continuato fino a 51 anni. Caro Davide, quanto amaro hai dovuto mandare giù?
«Pechino – disse poco tempo fa – è stato un momento di snodo. Prima c’è stata la carriera dei risultati migliori e delle grandi squadre. Dopo ho rincorso un contratto per partecipare alle corse più adatte a me e un calendario normale. Sono stato discriminato, mi sono state chiuse in faccia tante porte. Ero ancora competitivo e le squadre che avrebbero voluto prendermi non hanno potuto farlo. Ho continuato a correre anche per quello. Forse se avessi potuto riprendere nel modo giusto, mi sarei fermato già da 10 anni».
C’è un dramma nel dramma: quello di suo fratello Carlo, il più piccolo. Aveva sentito dell’incidente in cui era rimasto coinvolto un ciclista e ha riconosciuto a terra la bicicletta di Davide.
L’ultima passione del veneto, il gravel. Pochi giorni fa aveva proposto a Casagrande di fare qualche gara insiemeL’ultima passione del veneto, il gravel. Pochi giorni fa aveva proposto a Casagrande di fare qualche gara insieme
Gualdi, Nando e Michele
Piovono messaggi di ragazzi diventati uomini con cui si sono divise pagine importanti. Prima Mirko Gualdi: «Sono distrutto….. I miei 2 amici di Barcellona in cielo». Chiama Michele Bartoli, incredulo: «Proprio adesso che cominciava una vita che non ha mai avuto e mai avrà. Ma come fai a immaginarti una cosa del genere?». Squilla il telefono, è Nando Casagrande. Si ha voglia di parlarne, di condividere le emozioni dopo aver condiviso strada e sfide.
«Lo avevo sentito venerdì – racconta – mi aveva chiesto se avessi voglia di fare qualche gara di gravel insieme. Eravamo rimasti per risentirci, io adesso sto di nuovo bene, si poteva anche fare. Invece adesso… Quante volte ha dovuto rialzarsi, povero Davide! Anche l’ultima volta, si era tutto rotto. Avrebbe potuto smettere, invece ha voluto rialzarsi e ripartire. Un altro di noi che se ne va, ti viene paura a pensarci…».
Come per Gilbert, con cui Rebellin sta parlando, Beking era stata l’ultima gara su stradaCome per Gilbert, con cui Rebellin sta parlando, Beking era stata l’ultima gara su strada
Cari ministri del Governo
Dopo lo smarrimento inizia a montare la rabbia. In cosa ci stiamo trasformando? In nome di quale barbarie si può immaginare una tale massa di morti senza fare nulla? Numeri peggiori di ogni altra piaga e certo non meno violenti. Più delle violenze sulle donne. Più di tutto quello di cui si parla con giustissima enfasi, mentre dei nostri morti non parla nessuno.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede ciclabili e investimenti per rendere le nostre città a misura di bici, ma intanto cosa si fa per insegnare che la strada è di tutti?
Non basta un metro e mezzo per insegnare il rispetto, servirebbero pattuglie a ogni incrocio per verificare il rispetto dei limiti di velocità, delle precedenze, del divieto di uso del cellulare. Invece in questa sorta di far west, fatto di strade abbandonate e automobilisti sempre più aggressivi, la bicicletta rischia di non trovare più posto. E a chi dice che stanno sempre in mezzo alla strada, rispondiamo con una provocazione: se un bambino infastidisce il campione del mondo dei pesi massimi, quello ha il diritto di metterlo a posto con un pugno in faccia? Il rapporto di peso e forza è lo stesso di quando un ciclista si trova sulla traiettoria di un’auto o di un camion.
Caro ministri del Governo, caro Salvini, nel mettere mano alle infrastrutture e alla mobilità sostenibile di cui dovrà occuparsi, vuole buttare uno sguardo sui nostri morti e chiedersi cosa si possa fare di più? Mi sarebbe piaciuto presentarle Davide Rebellin, forse pensare a lui in questo momento le avrebbe fatto capire meglio la gravità della situazione.
Philippe Gilbert che si allontana con i figli accanto – uno che porta il trofeo e l’altro con i fiori – è la sintesi perfetta della giornata e di una carriera eccezionale. Monaco, le quattro del pomeriggio lungo il Boulevard Albert 1er, davanti a yacht immensi e sguardi incuriositi, dove si è appena conclusa la gara dei professionisti a margine di un evento che, come nelle domeniche di paese, ha proposto chiacchiere e incontri. Ha vinto il belga della Lotto Soudal, all’ultima corsa. Mentre la carovana di Beking 2022 si disperde alla spicciolata, il belga firma autografi e concede gli ultimi sorrisi.
«Adesso finalmente – dice – mi rendo conto che è finita. Vivo a Monaco da 13 anni e chiudere qui resterà un bel souvenir. Avevo vinto già la prova cronometrata del mattino, ma vincere la kermesse con tutti i corridori che c’erano e il loro livello ha un sapore diverso. Ma al di là di questo, credo che Beking sia un bel progetto, per quello che vuole portare nella società. Il ciclismo professionistico qui non è famoso come in Belgio, dobbiamo fare in modo che lo diventi, affinché i bambini di oggi fra 15 anni possano essere i nuovi professionisti».
Alla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di MonacoAlla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di Monaco
Il grande show
Se uno show come questo lo avessero organizzato in Italia, ci sarebbe stato il mondo. Ci sono quasi tutti i professionisti che qui risiedono e altri come Covi e Troia che sono venuti per partecipare. Poi ci sono tutti i team manager delle squadre WorldTour, perché l’UCI ha spostato qui il suo meeting annuale.
«E’ quella bella riunione che si fa sempre a novembre – scherza Brent Copeland della Bike Exchange-Jayco – quando hai chiuso il budget e loro fanno le sorprese di regolamenti cambiati e cose del genere».
Il manager sudafricano sorride rassegnato, ma è un fatto che a certe sorprese non corrispondano mai prese di posizioni di segno opposto da parte delle squadre. Sono arrivate così promozioni e retrocessioni e tutti quei cambiamenti di cui i corridori pagano il prezzo.
I giri con i bambini hanno concluso la mattinata di MonacoJumbo Visma contro UAE Emirates, torna il duello dell’ultimo TourI giri con i bambini hanno concluso la mattinata di MonacoJumbo Visma contro UAE Emirates, torna il duello dell’ultimo Tour
Szmyd per caso
A camminare sulla banchina c’è anche Sylwester Szmyd, preparatore della Bora-Hansgrohe, ma lui non è qui per la gara né per il meeting dell’UCI.
«Abito là dietro – dice – vivevo qui da corridore e poi anche quando ho smesso. Guardate quanti campioni, davvero se lo avessero fatto in Toscana non ci sarebbe stato abbastanza spazio per il pubblico».
Ne approfittiamo per chiedergli di Giovanni Aleotti, sapendo che lo allena lui.
«Intanto prepariamo il debutto in Australia – dice – e poi speriamo di vederlo bene anche nelle classiche. Quest’anno è migliorato tanto, nonostante abbia avuto tanti stop. Al Sibiu Tour andava davvero fortissimo. Anche a Quebec. Gli ho detto di aspettare, perché quella è una corsa da un solo colpo. Invece si è messo a scattare e alla fine si è spento…».
Firma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassatoFirma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassato
Formolo e il trasloco
Pogacar è saltato fuori dal nulla assieme alla compagna. E’ tipo di poche parole. Sfila sorridendo con i bambini. Firma e posa, ma di base preferisce starsene per i fatti suoi.
«Stamattina è andato in bici – dice Formolo, raggiunto a Monaco dai suoceri – tanti si sono allenati e sono venuti fuori per il criterium».
Il veronese dice di aver firmato il contratto per il nuovo anno, anche se l’annuncio non è stato ancora fatto. Poi racconta di essere in pieno trasloco, perché l’appartamento in cui vivrà fino al 30 novembre è stato venduto.
Sagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’eventoSagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’evento
I corridori sono mediamente tutti in affitto, solo pochi – Sagan fra loro – hanno scelto di comprare la casa in cui abitano. Peter è seduto su un cassone a parlare con Ermanno Leonardi di Specialized Italia e intanto con lo sguardo segue suo figlio Marlon che cammina accanto alla mamma. Nel corso della mattinata, Peter girava sul percorso portandolo sul tubo orizzontale.
Il ciclismo italiano
Pozzato ha corso al mattino nella prova a squadre fra corridori e amatori. Con lui dopo un po’ che si parla, il discorso finisce sul ciclismo italiano. Si ragiona di Giro U23 e Giro Donne, di Giro d’Italia e di Argentin e la sua posizione è la più interessante fra quelle sentite finora.
«Bisogna ripartire dai bambini – dice – copiare quello che hanno fatto nel tennis o in Francia col ciclismo. Il professionismo basta a se stesso, ma se vedo che a Vicenza gli juniores si sono dimezzati e al Sud non c’è più niente, comincio a preoccuparmi. Invece qui, al posto di fare sistema e unirsi, ognuno difende il proprio orto e pensa solo a fare la sua fortuna».
Alessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedìAlessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedì
Uomini, non solo atleti
Accanto c’è Roman Kreuziger che riporta la sua esperienza in Repubblica Ceca, dove il numero di allievi e juniores nella sua Academy è in calo.
«Il bello – dice – è che bisogna discutere con i genitori per imporre che i ragazzi prima devono finire la scuola. Noi diamo bici, maglie, caschi… Diamo tutto, ma non vogliamo produrre solo degli atleti, vogliamo far crescere i ragazzi. Non voglio che fra cinque anni quegli stessi genitori vengano a dirmi che per colpa della bici i figli hanno smesso di studiare e adesso non sanno cosa fare».
Sul palco di Beking, i corridori Ineos residenti a Moncao. C’è anche PuccioDa Forano, in provincia di Rieti, un pullman di ragazzini del gruppo “I Reccapezzati”Sul palco di Beking, i corridori Ineos residenti a Moncao. C’è anche PuccioDa Forano, in provincia di Rieti, un pullman di ragazzini del gruppo “I Reccapezzati”
Roglic e i bimbi
«Adesso smetteranno di chiederci quando ci sposiamo», sorride Elena Cecchini accanto a Elia Viviani. Accanto c’è Lizzie Deignan, con la figlia Orla attaccata alla gamba e l’ultimo arrivato Shea in braccio. Lei indossa già la tenuta della Trek-Segafredo, pronta a rientrare in gruppo.
E’ il giorno dei bambini. Un gruppo è arrivato da Forano, in provincia di Rieti. Altri sono figli di corridori e vivono qui. Scriccioli guerrieri, vestiti con le maglie dei corridori a frullare sui pedali su andature per loro forsennate.
«La prima cosa che bisogna insegnare ai bambini – dice Roglic – è il rispetto reciproco, poi c’è l’osservanza delle regole. Una giusta educazione è il solo modo perché diventino adulti consapevoli. Mi dispiace non correre, Beking è il modo migliore per unire la passione per la bici e l’impegno per gli altri».
Fra il pubblico, spinto sulla sedia da Manuel Quinziato, si riconosce anche Samuele Manfredi, che i suoi sogni di bambino ha dovuto rivederli e adesso ha scelto di dedicarsi alla hand bike, per dare sfogo a quella voglia di agonismo che l’incidente del 2018 gli ha portato via.
Pronti via e subito Pogacar scatta con Mohoric a ruotaIl circuito di Monaco misura circa 1.200 metri lungo il porto turistico e le vie interneViviani in testa al gruppo: il criterium misura 40 giri, totale un’ora 20′ di garaI trofei di Beking 2022 sono stati realizzati da VariscoPronti via e subito Pogacar scatta con Mohoric a ruotaIl circuito di Monaco misura circa 1.200 metri lungo il porto turistico e le vie interneViviano in testa al gruppo: il criterium misura 40 giri, totale un’ora 20′ di garaI trofei di Beking 2022 sono stati realizzati da Varisco
I due Principi
Il via alla gara dei pro’ ha voluto darlo ancora una volta il Principe Alberto, mentre in mattinata al villaggio di partenza si è fatta vedere sua sorella Stephanie, in jeans e un cappottino grigio. La sensazione è che Monaco apprezzi, ma non ami essere disturbata troppo.
La gente si è affacciata dalle balaustre, ha guardato e poi ha proseguito nella sua domenica calda in riva al mare che annuncia il Natale negli stand del villaggio in costruzione davanti al porto. Matteo Trentin saluta, a capo di un periodo che lo ha visto organizzatore al pari di sua moglie Claudia che ora dal palco ringrazia in francese e poi inglese.
A Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinariaA Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinaria
Solidarietà e accorgimenti
Le iscrizioni degli amatori che al mattino hanno corso la prova a crono con i campioni saranno devolute per le due associazioni dichiarate alla partenza, per il resto si spera che gli sponsor coprano tutte le spese di un evento che ha ampi margini, ma forse potrebbe cercare una formula più incisiva. Splendido lo sforzo degli organizzatori, ma si può lavorare ancora (ad esempio) per coinvolgere il pubblico e portarlo tra gli stand della piccola fiera. I campioni non mancano: quelli a Monaco sono una garanzia.
«La mattina quando devo allenarmi – dice Battistella – basta mettersi sotto casa e aspettare il primo gruppetto che passa. Le strade sono spettacolari, la compagnia anche…».