Velocità in partenza per il Cile, Quaranta si fa i conti

Velocità in partenza per il Cile, Quaranta si fa i conti

17.10.2025
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Salvoldi e Bragato, nei loro rispettivi ambiti, hanno espresso situazione e prospettive della spedizione azzurra verso i mondiali su pista di Santiago del Cile, ma ieri con loro è partito anche un altro cittì al suo esordio come responsabile unico di settore. Per la sua prima esperienza nel ruolo (che poi nei fatti non cambia nulla visto il suo lavoro nelle ultime stagioni) Ivan Quaranta ha predisposto una squadra di velocisti con qualche novità non tanto nei nomi, quanto nella disposizione dei posti e quindi carne al fuoco ce n’è.

Da sinistra Minuta, Predomo e Napolitano, il team campione europeo U23 che sarà al via nel Team Sprint
Da sinistra Minuta, Predomo e Napolitano, il team campione europeo U23 che sarà al via nel Team Sprint
Da sinistra Minuta, Predomo e Napolitano, il team campione europeo U23 che sarà al via nel Team Sprint
Da sinistra Minuta, Predomo e Napolitano, il team campione europeo U23 che sarà al via nel Team Sprint

Il Team Sprint chiarirà le idee

Si parte, sia temporalmente (sarà la prima disciplina della rassegna iridata) che come peso specifico, dalla velocità a squadre. Quaranta sa che ci si gioca molto, soprattutto inquadrando quel cammino di progresso tanto annunciato e molto atteso.

«Riconfermo il terzetto che ha vinto il titolo europeo U23 – dice Quaranta – con Napolitano al lancio, Minuta per il secondo giro e Predomo in chiusura. Hanno fatto registrare il record italiano, quindi è una formazione abbastanza collaudata. Poi vediamo un po’ come siamo messi in base agli altri terzetti, mi piacerebbe inserire Bianchi al secondo carrello spostando Minuta al lancio, ma vedremo come va. Per adesso noi non siamo ancora una nazione da medaglie fra gli elite, ma sappiamo che abbiamo lavorato bene. Non ci manca niente e quindi nella seconda manche possiamo permetterci di fare anche degli esperimenti, sapendo che si può anche sbagliare».

A te interessa di più fare un gran tempo o magari salire anche di un solo gradino, cogliere magari un sesto posto che nella nostra ottica sarebbe come una medaglia?

Per noi il primo obiettivo dev’essere entrare a far parte delle prime 8 squadre, perché vuol dire comunque iniziare a sentire il profumo della qualifica olimpica. Ma per riuscirci dipende anche da come vanno gli altri. Poi dipende dal tempo, noi ad Anadia abbiamo fatto il record a 43”2, con quel tempo ti qualificavi ottavo a Parigi. Ma basterà ora? Dipende da tanti fattori: le condizioni della pista, del clima, chi ci sarà contro di noi… Il miglioramento è fisiologico e non va forzato.

Matteo Bianchi, già campione europeo nel chilometro proverà a centrare il podio mondiale
Matteo Bianchi, già campione europeo nel chilometro proverà a centrare il podio mondiale
Matteo Bianchi, già campione europeo nel chilometro proverà a centrare il podio mondiale
Matteo Bianchi, già campione europeo nel chilometro proverà a centrare il podio mondiale
Come mai Predomo nelle prove individuali sarà solo riserva?

Ai mondiali ci si qualifica e attraverso una classifica nominale. Si è qualificato solo Stefano Moro e non c’è possibilità di sostituirlo se non per acclarati motivi di salute. Purtroppo quest’anno Mattia ha avuto un po’ di problemini che gli hanno precluso appuntamenti importanti per ottenere i punti necessari.

Che notizie hai delle altre nazioni?

Intanto c’è la grande novità del ritorno di Richardson nelle file inglesi, dopo aver corso diverse Olimpiadi e mondiali con l’Australia dove si era trasferito. Questo rafforza enormemente la Gran Bretagna e al contempo indebolisce il team oceanico. Poi bisogna considerare un fatto: nell’endurance si fanno i conti con le altre discipline, molti campioni hanno scelto di saltare la stagione su pista, ma nella velocità non avviene. Già di corse ce ne sono poche, quindi ogni gara titolata presenta sempre il meglio sulla piazza. Difficile che si facciano esperimenti, questo sarà un mondiale vero. Richardson, Lavreysen, Paul, Yakovlev, li troveremo tutti. Di sicuro sarà un grande spettacolo.

Matthew Richardson ha culminato la sua carriera australiana con 3 medaglie a Parigi 2024, ora è tornato alla Gran Bretagna
Matthew Richardson ha culminato la sua carriera australiana con 3 medaglie a Parigi 2024, ora è tornato alla Gran Bretagna
Matthew Richardson ha culminato la sua carriera australiana con 3 medaglie a Parigi 2024, ora è tornato alla Gran Bretagna
Matthew Richardson ha culminato la sua carriera australiana con 3 medaglie a Parigi 2024, ora è tornato alla Gran Bretagna
Che cosa ti hanno detto del velodromo?

Siamo a 500 metri, quindi il beneficio dell’altura non c’è – afferma Quaranta – ci sarà sicuramente meno umidità rispetto a un velodromo a livello del mare, quindi sarà leggermente più performante. Tecnicamente la pista è uguale a Montichiari, quindi 45 per cento la parabolica e 25 per cento il rettilineo con 6 metri di larghezza e 6 di curva. La scorrevolezza la vediamo quando siamo là, quei 3-4 giorni che facciamo prima del mondiale ci serviranno anche per capire che rapporto usare e che scelta di tubolari da utilizzare.

Tra le donne ci sarà soltanto Miriam Vece?

Sì. Noi potevamo partecipare al team sprint con le donne, avevamo i diritti, ma sono ancora juniores, hanno fatto europeo elite, europeo junior e mondiale junior, non me la sono sentita di chiedere un altro picco di forma. Poi bisogna anche considerare il budget a disposizione, la trasferta era molto dispendiosa. Faranno l’europeo di febbraio, da dove inizieremo a ragionare anche in funzione della qualificazione olimpica che è il vero grande obiettivo per tutti.

Stefano Moro prenderà parte a velocità e keirin, dove ha chiuso ai piedi del podio l'europeo
Stefano Moro prenderà parte a velocità e keirin, dove ha chiuso ai piedi del podio l’europeo
Stefano Moro prenderà parte a velocità e keirin, dove ha chiuso ai piedi del podio l'europeo
Stefano Moro prenderà parte a velocità e keirin, dove ha chiuso ai piedi del podio l’europeo
La Vece come si presenta?

Sta bene, il suo l’ha sempre fatto. Abbiamo fatto anche delle prove sul chilometro, ma per questa volta lo farà ancora la Fidanza che è bronzo europeo, ma secondo me può avere delle buone possibilità di fare un buon tempo anche nel chilometro. Poi capita in un momento del programma settimanale che è il giorno prima del keirin, quindi ho preferito non farglielo fare. Io dico che Miriam (con Quaranta nella foto di apertura, ndr) è da prime 10 nella velocità e quindi giocarsi anche un ingresso nei quarti di finale, mentre nel keirin è da finale e quando sei lì può succedere sempre di tutto. Come l’anno scorso a Moro che ha fatto quarto all’europeo per un tubolare e decimo al mondiale. Vediamo come va giorno per giorno, noi cercheremo di ottenere i migliori risultati.

A Konya la prima senza Villa. L’Italia della pista riparte

23.03.2025
6 min
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Schiacciata nel calendario, ridotta a essere l’unica prova di Nations Cup per questa strana stagione, la tappa di Konya è stata, per il ciclismo su pista, un momento davvero particolare. Sui media non ha avuto particolare risalto, anche perché, salvo il 4° posto della Vece nello sprint, non ci sono stati squilli azzurri, ma era una prova importante, la prima del “dopo Villa. Il mentore della pista italiana ora è stato chiamato al capezzale del ciclismo su strada e il suo settore deve ripartire e lo ha fatto dal consesso internazionale più importante, mondiali a parte.

Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto
Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto

Tante novità in maglia azzurra

In Turchia la nazionale italiana si è presentata con un gruppo fortemente rinnovato, con tanti giovani e senza i suoi big. Si può davvero dire che il cammino verso Los Angeles 2028 sia partito da lontanissimo, iniziando a far fare esperienza ai più giovani. In questo contesto Davide Boscaro si è visto improvvisamente vestire di panni nuovi. Prima era il giovane del gruppo, ora è uno dei più esperti, chiamato a introdurre i ragazzi in un nuovo ambiente.

«L’assenza di Villa si è sentita – racconta Boscaro al suo ritorno – Salvoldi ci aveva già avvertito che non avrebbe potuto seguirci nella trasferta e che tutto era demandato a Bragato. Con lui siamo abituati a lavorare, sia noi uomini che le ragazze, diciamo che ha permesso in questo modo una transizione più soft, oltretutto so che si sentiva spesso anche con Villa. Diego è un po’ il collante, ma so che Dino, il nuovo cittì, ha lavorato con i ragazzi che ora passano di categoria. Li conosce, la scelta di succedere a Villa ha una sua logica».

In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi
In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi

Un nuovo ruolo per Boscaro

Con Salvoldi avete già avuto modo di confrontarvi? «Io lo conoscevo di vista, a Montichiari ci s’incrociava spesso. Con lui ho parlato fugacemente come anche gli altri componenti la nazionale, ci ha già detto che il lavoro vero e proprio inizierà ad aprile, per impostare l’appuntamento dei mondiali di fine stagione e tutto il lavoro che servirà per le qualificazioni olimpiche del 2027. Ci sarà tutto il tempo per commisurarci».

E’ indubbio però che il tuo ruolo è cambiato improvvisamente: «Non nascondo che inizialmente mi sono trovato un po’ spaesato nel trovarmi ad essere la guida, quello che ha più responsabilità insieme a Lamon. Ho cercato di essere vicino ai più giovano, di dare consigli soprattutto per come affrontare la gara considerando che avevamo avuto pochissimo tempo per girare insieme e certi meccanismi non li inventi dall’oggi al domani».

Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale
Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale

C’è del buono anche in un 7° posto…

Il quartetto azzurro, che è sempre il riferimento principale del movimento endurance a maggior ragione ora nel periodo di un profondo ricambio, ha chiuso al 7° posto. Potrebbe sembrare un risultato deludente, ma ha dei lati positivi: «Io non guardo tanto al piazzamento quanto al tempo e fatte tutte le considerazioni di prima, bisogna dire che siamo andati forte. Io, Lamon e Galli avevamo fatto l’europeo, ma gli altri erano completamente nuovi. Sapevamo che era una fase di passaggio. Purtroppo l’appuntamento era molto concentrato nei tempi e questo ha portato a una sovrapposizione di gare. Io ad esempio ho disputato l’eliminazione nel mezzo delle due prove di inseguimento a squadre, avevo le gambe scariche durante la gara…».

Un momento di passaggio solamente per noi? «Mah, io ho guardato con attenzione anche gli altri e molti erano nella nostra situazione. La Danimarca ad esempio ha portato una squadra di giovani, neanche la loro prima scelta fra loro. La Francia ha cambiato tutti i componenti rispetto all’europeo. L’Australia che ha vinto aveva invece un mix fra corridori esperti e plurititolati e più giovani. Nelle altre prove invece c’erano atleti navigati, la Spagna ad esempio ha vinto la madison con due campioni del settore come Mora Vedri e Torres Barcelò. La cosa però che mi ha colpito è che, al di là della pista effettivamente molto veloce, tanti quartetti hanno fatto grandi tempi, anche nazioni che solitamente non erano nelle prime posizioni».

Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò
Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò

Adesso tanta strada, per prepararsi bene

E ora? La stagione della pista è praticamente già finita… «Dino ci ha detto che vuole sfruttare questi mesi per lavorare tanto su pista, almeno una volta a settimana, poi ci prepareremo per le gare di classe 1 e per gli appuntamenti italiani come Fiorenzuola e Pordenone che saranno molto importanti, veri e propri test. Io intanto sono passato all’Arvedi e come i miei compagni gareggerò alla domenica per mantenere la condizione e fare lavori importanti in funzione pista».

Come detto, i risultati migliori in chiave italiana sono arrivati da Miriam Vece, che ha replicato il quarto posto degli europei. Nel suo caso va tenuto conto del fatto che il panorama della velocità presentava a Konya quasi tutte le big del settore: «E’ un segno positivo, la conferma di un trend di crescita, significa che la mia presenza fra le migliori non è più un caso e ci sono ancora ampi margini di crescita. In Turchia il settore velocità era davvero all’altezza di una Coppa del mondo».

La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486
La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486

I naturali timori delle novizie

Che ambiente hai trovato? «Una pista bella e molto veloce, un bell’evento purtroppo non adeguatamente supportato né dal punto di vista mediatico, né come presenze di pubblico. Per quanto riguarda l’Italia, io ero con due giovani come Grassi e Baima, alla loro prima esperienza a questi livelli. E’ un approccio sempre complicato ma hanno saputo metabolizzare la naturale agitazione della vigilia e Anita avrebbe anche fatto meglio senza la caduta. Sapevano che comunque era un’eccezionale opportunità, poter gareggiare al loro primo anno in Coppa del mondo contro gente che corre abitualmente mondiali e Olimpiadi».

Nel suo settore d’altronde cambia poco, se non il fatto che Quaranta è ora pienamente responsabile: «Infatti per noi rimane tutto come prima, continuiamo sulla strada intrapresa che sta dando frutti, soprattutto in campo maschile, dove Ivan ha portato i giovanissimi a gareggiare come l’iridato junior Del Medico».

L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei
L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei

E’ adesso un po’ di riposo

Anche nel suo caso la prova di Konya chiude una parentesi molto breve: «A me non dispiace. Ho tirato la carretta per tanto tempo, per inseguire la qualificazione olimpica e poi tutto il resto fino ad oggi. Un po’ di riposo me lo merito, poi inizierò la preparazione per i mondiali per riallacciare il discorso e continuare a progredire, ma credo che un periodo di stacco servirà anche per quello».

La ricetta di Quaranta: poche gare e tanto allenamento

21.02.2025
5 min
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Neanche il tempo di disfare le valigie che Ivan Quaranta si è messo subito al lavoro, c’erano gli juniores chiamati alle loro sedute settimanali a Montichiari. Il suo lavoro è questo, senza sosta e non c’è neanche il tempo di assaporare le mille emozioni di Zolder, di un europeo che ha visto il settore velocità protagonista al di là dell’oro di Bianchi nel chilometro da fermo (con lui in apertura).

Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, sono stati europei positivi ma con un bilancio in deficit
Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, sono stati europei positivi ma con un bilancio in deficit

In quasi ogni torneo, in quasi ogni disciplina la formazione italiana è stata protagonista, anzi alla fine, per quanto fatto vedere, il piatto piange e su questo Quaranta mette l’accento.

«Lo ammetto, i piazzamenti finali mi bruciano, soprattutto il 4° posto di Stefano Moro nel keirin e anche il quinto della Vece. Che aveva solo bisogno di un po’ di fortuna: alla partenza avevamo battezzato la ruota della russa come quella che poteva portarla sul podio, invece la scelta non ha pagato. A proposito dei maschi, bisogna considerare che in gara c’era un certo Lavreysen: ormai quello è un extraterrestre, bisognerebbe vietargli di correre (dice ridendo, ndr)».

Per Stefano Moro medaglia sfuggita di un nonnulla nel keirin
Per Stefano Moro medaglia sfuggita di un nonnulla nel keirin
Una compattezza simile in un torneo titolato non si vedeva però da tanti anni…

E’ vero, anzi solo un paio d’anni fa gare del genere le ammiravamo dalla tribuna, ora invece ci siamo anche noi e con velleità. I ragazzi hanno confermato il loro valore, abbiamo una base sulla quale lavorare per progredire e i margini sono ampi, considerando l’età anagrafica e quella di pratica a questi livelli.

Alla vigilia si parlava tanto della scorrevolezza del nuovissimo impianto belga, eppure non ci sono stati progressi a livello cronometrico, secondo te perché?

I risultati vanno letti. Nello sprint a squadre siamo rimasti un decimo sopra il nostro primato il che significa che eravamo sui nostri limiti, poi clima e umidità possono fare la differenza in bene o in male. L’unico primato mondiale è venuto dall’inseguimento individuale femminile, ma quella è una specialità ancora relativamente nuova, dove ci sono margini. Anche Bianchi è comunque sceso sotto il minuto, i riscontri cronometrici secondo me sono positivi.

Per Bianchi secondo oro continentale nel chilometro. Ormai scendere sotto il minuto è un’abitudine…
Per Bianchi secondo oro continentale nel chilometro. Ormai scendere sotto il minuto è un’abitudine…
Proprio parlando con Bianchi si diceva che i mostri sacri come il suddetto Lavreysen sono davanti, ma la distanza si è un po’ ridotta…

E’ vero, ma l’impressione che ho avuto è che l’olandese sia arrivato a Zolder non proprio al massimo della forma, eppure è un tale fuoriclasse che vince anche così. Quindi siamo noi che siamo progrediti o era lui che era regredito? Io non ho interesse a trovare una risposta, dobbiamo imparare a guardare quel che facciamo in casa nostra, sapendo che prima o poi la ruota girerà e dovremo farci trovare pronti. Il concetto di Bianchi è comunque giusto: un medagliato come Yakovlev è finito dietro, il polacco Rudyk lo avevamo quasi battuto. I segnali ci sono.

Nello sprint la batteria di Predomo contro l’olimpionico è piaciuta molto…

Mattia l’ha onorata al meglio, contro gli altri Lavreysen ha vinto con molto più distacco. Tra l’altro c’è un aneddoto in proposito: quando è finita la loro sfida, mi sono avvicinato ad Harrie per fargli i complimenti e lui mi ha detto: «Mi sono dovuto impegnare per batterlo, per questo alla fine mi sono complimentato con lui». E’ un bell’attestato di stima.

Lavreysen batte Predomo, ma dopo l’arrivo si complimenta con l’azzurro per la sua prova
Lavreysen batte Predomo, ma dopo l’arrivo si complimenta con l’azzurro per la sua prova
Nelle foto la loro differenza fisica è evidente…

Mattia continua a pagare dazio nei 200 metri di qualificazione e questo lo penalizza negli accoppiamenti, ma quello dipende dalla sua stazza fisica, ci sono almeno 15 chili di muscoli di differenza… Quando poi si gareggia uno contro uno, lanciandosi dalla balaustra, lì Predomo diventa pericolosissimo. Sta però crescendo, anche contro il tempo si è attestato su 9”9 basso e questa è una bella base. Quando avrà messo su qualche altro chilo, il discorso cambierà.

Il calendario così scarno vi penalizza?

Io direi di no – risponde Quaranta – e spiego il perché: i nostri sono tutti Under 23, quindi il campionato europeo sarà primario per noi sulla strada dei mondiali di ottobre. In Nations Cup in Turchia vedremo chi portare, potremmo anche scegliere una rappresentativa ridotta. Poi avremo qualche gara S1 e S2, ma neanche troppe perché ho altre idee in testa.

Uno scalpo illustre per la Vece nello sprint: l’olandese Van de Wouw campionessa europea nel chilometro
Uno scalpo illustre per la Vece nello sprint: l’olandese Van de Wouw campionessa europea nel chilometro
Quali?

Noi dobbiamo approfittare di questa stagione così avara di impegni per lavorare tanto in palestra e in pista. Per noi l’allenamento è basilare e lo scorso anno, inseguendo il sogno della qualificazione olimpica mancata per un solo posto, abbiamo trascurato questo aspetto che invece, per i ragazzi, è oggi fondamentale.

Non si rischia la noia?

Sta a me saper variare e tenere sulla corda i ragazzi, farli divertire e saperli motivare. Serve lavorare sul fisico, sulla tecnica, anche sulla mentalità, inculcare in loro un pensiero vincente. Per questo dico che gli europei di categoria saranno importantissimi, perché vincendo s’impara a vincere e si può salire man mano di categoria. In fin dei conti nel quadriennio abbiamo raccolto qualcosa come 15 titoli europei e 3 mondiali, serve solo pazienza per trasformarli a livello superiore perché il materiale c’è…

Vece in Champions League, prove tecniche da big

04.12.2024
5 min
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Sono serate impegnative per Miriam Vece. Se non è in pista, è in viaggio per l’Europa, per seguire il circo itinerante della Champions League. L’azzurra è andata sempre in crescendo, fino a conquistare il podio nello sprint della terza delle cinque tappe previste, ad Apeldoorn (NED) battendo in semifinale addirittura la campionessa mondiale Finucane.

Miriam è l’unica italiana presente quest’anno nel circuito invernale voluto dall’Uci, un’esperienza alla quale tiene particolarmente per tutto il carico di crescita che si porta dietro.

Il circuito non ha cambiato le sue caratteristiche: «Ogni sera di gara – racconta la ragazza cremasca – abbiamo un torneo di keirin e uno di sprint, si gareggia di più in base a quanto si va avanti in ognuno di questi due. Io ho visto che col passare delle prove vado sempre meglio e la qualità è altissima perché ci sono dentro tutte le migliori del mondo, dalla Finucane in poi. Vale davvero la pena parteciparvi, non solo per l’aspetto economico pur importante».

Per l’azzurra una grande soddisfazione ad Apeldoorn, nel torneo finirà poi terza (foto Uci)
Per l’azzurra una grande soddisfazione ad Apeldoorn, nel torneo finirà poi terza (foto Uci)
E’ seguita?

Tantissimo, almeno in Gran Bretagna e Olanda dove si svolgono le 5 tappe previste. La formula è molto televisiva, con due gare per sesso e per settore (velocità ed endurance) dove ogni sera si lotta al massimo. Non c’è un copione scritto come molti potrebbero pensare rifacendosi a certe serate all’interno delle 6 Giorni, qui è davvero come un mondiale…

Con questo torneo hai ripreso in mano la bici dopo i mondiali, con quali sensazioni?

Ho ripreso con molta calma, a essere sincera perché con la rincorsa alle Olimpiadi, le gare di Parigi, poi i mondiali, ero arrivata prosciugata. Le vacanze sono state un giro di boa, sapendo che tutto quel che era fatto era alle spalle. Ora si ricomincia pensando a Los Angeles 2028 che è tanto lontana nel tempo, quindi considerando che le qualificazioni inizieranno nel 2027 possiamo andarci piano. Per questo ho vissuto un mese di transizione prima della Champions League, usando la bici solo poche volte.

E la forma?

Vedo che sta pian piano arrivando, che mi trovo meglio ad ogni tappa, è un aspetto importante anche considerando l’avvicinamento agli europei che saranno a febbraio. Quello sarà il primo appuntamento che conta, la prima tappa di un cammino di crescita che terminerà in California.

Il tecnico Ivan Quaranta ha sempre creduto in lei e confida di vederla ancora crescere
Il tecnico Ivan Quaranta ha sempre creduto in lei e confida di vederla ancora crescere
L’anno postolimpico è sempre molto particolare, c’è un certo ricambio in ogni disciplina sportiva. Nel tuo caso quanto cambiano le gerarchie?

Io non credo che ci sia un grande ricambio nella velocità femminile, i nomi sono quelli. La maggior parte delle più forti sono tutte giovani, alcune anche più di me. Io penso che in generale non ci saranno grandi cambiamenti in questo quadriennio rispetto a Parigi. Mi piacerebbe però che in questi quattro anni si affacciasse anche qualche giovane italiana, sarebbe l’ideale per fare esperienza e fargliela fare, trasmetterle quel che so.

Torniamo alla Champions League, un torneo un po’ diverso da quelli titolati anche nella gestione della logistica…

Sì, dobbiamo fare tutto da sole. Io imbarco la bici con la loro compagnia, smontandola e rimontandola tutta da sola. Ma non è un caso particolare, perché anche le mie colleghe fanno così, poi per casi specifici c’è comunque qualcuno dell’organizzazione che può dare una mano nell’assetto del mezzo, ma io per ora me la sono cavata da me… Solo britanniche e olandesi, quando corrono in casa, hanno un supporto meccanico.

Miriam è nel cast della Champions League sin dall’edizione del 2021 (foto Dazn)
Miriam è nel cast della Champions League sin dall’edizione del 2021 (foto Dazn)
Tu quindi hai nozioni meccaniche?

Sì, ho imparato ad Aigle, al centro Uci. Non sono certo diventata un’esperta, ma so dove mettere le mani e questo è già abbastanza, come detto per esigenze specifiche possiamo comunque chiedere un supporto.

Finora il torneo che cosa ti sta dando?

La consapevolezza che in questo contesto ci posso stare. Ribadisco, Parigi è stata una bellissima esperienza ma l’ho messa da parte con tutto il suo carico di storicità per essere la prima italiana che si è qualificata nella velocità. Ora però guardo avanti e voglio di più, quelle di Los Angeles saranno Olimpiadi da affrontare con ambizioni molto diverse.

La lombarda ha mostrato buoni progressi anche nel keirin, ma c’è ancora da lavorare
La lombarda ha mostrato buoni progressi anche nel keirin, ma c’è ancora da lavorare
Per il 2025?

Sarà una stagione come le altre, ci credo poco a un anno con meno motivazioni da parte delle big. Io punto alle gare titolate, spero di essere già convocata per la prima tappa di Nations Cup. Sarà un primo obiettivo, qualcosa per cui allenarsi con uno spirito diverso. Ogni occasione sarà buona per ridurre il gap dalle più forti, anche in questa Champions League in alcuni casi sta accadendo.

A tuo avviso è un gap tecnico o fisico? Quaranta a proposito dei maschi è stato chiaro, privilegiando la seconda opzione…

Nel mio caso è un po’ diverso perché in palestra posso aggiungere ben poco, sono già sui miei standard. Invece dal punto di vista tecnico si può fare molto, sia nello sprint ma soprattutto nel keirin. Comunque non devo avere fretta, ma farmi trovare pronta a inizio 2027.

Alzini a cuore aperto. Volta pagina e riparte con nuovi stimoli

17.11.2024
8 min
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Aveva bisogno di respirare aria nuova. Martina Alzini aveva bisogno di ricaricare completamente le batterie psicofisiche per ritrovarsi. Manca poco alla fine del 2024, ma la 27enne velocista della Cofidis ha già iniziato a mettersi alle spalle una stagione che lei stessa definisce “distruttiva”.

Ce lo dice a malincuore dopo qualche botta e risposta, tirando tuttavia un sospiro di sollievo sapendo che è iniziata la discesa dopo un’ardua salita. Perché Alzini anche davanti alle difficoltà che più la colpiscono nel profondo non perde l’occasione per sdrammatizzare o sapersi fare forza con un sorriso. D’altronde non è semplice per un’atleta di alto livello svelare gli intoppi che la limitano dentro e fuori le gare, ma il saper “farsene una ragione in fretta” è una virtù che appartiene a pochi. L’Olimpiade le è costata molto, forse troppo, però Martina ne esce con ulteriori convinzioni e insegnamenti che valgono come medaglie. E la ringraziamo una volta di più per essersi aperta con noi.

Buon umore

Dicevamo, un motivo per sorridere Alzini lo ha sempre trovato, anche grazie a situazioni curiose. Quando qualche settimana fa scopre di essere diventata una “cover girl” su un sito generalista di sport che tratta pochissimo il ciclismo, appare confusa: «Non capisco se sia importante o meno, anche se mi fa piacere e forse serve anche questo per il nostro sport». Oppure durante la vacanza a Sharm El Sheikh con le sue amiche-compagne di sempre Guazzini, Consonni e Vece.

«Nel nostro resort – racconta divertita Martina – c’era un centro SPA ed un giorno decidiamo di concederci una seduta di massaggi. Ci accomodiamo nella stanza, entrano due ragazze egiziane per i trattamenti ed una delle due riconosce subito Vittoria (Guazzini, ndr). L’aveva riconosciuta dai riccioli e sapeva benissimo che era una campionessa olimpica del ciclismo in pista. Poi questa ragazza ha messo a fuoco anche noi tre. E’ stata una scena bellissima, dove ci siamo messe tutte a ridere come pazze. In quel momento ho pensato alla potenza comunicativa dell’Olimpiade. Questo viaggio e la loro compagnia mi hanno aiutata molto da punto di vista morale».

Adesso Martina cosa stai facendo?

Sono ancora in una fase post-vacanza, quindi molto tranquilla. Farò tutto novembre a casa a Calvagese col mio gatto Olly. Quest’inverno non ho gli europei in pista da preparare come l’anno scorso che erano a gennaio, anche se poi spero di fare quelli del prossimo febbraio. Ho ricominciato a pedalare da qualche giorno, andando anche in palestra. Dal 5 dicembre mi troverò con la squadra. Il giorno successivo avremo la presentazione a Lille, poi faremo gli incontri con gli sponsor e infine ci trasferiremo a Denia per il ritiro. Rimarremo in Spagna fino al 19 dicembre dove faremo anche alcuni test. Il ciclismo femminile ogni anno diventa sempre più esigente e già lì si gettano le basi per la stagione.

Perché invece il 2024 è stato distruttivo?

Ho chiuso l’annata male di testa ed esausta fisicamente. Sento di essermi trascinata. Fino al 6 agosto ho avuto in mente solo di andare a Parigi. Avevo la pressione di prepararmi a dovere per quell’appuntamento e ho sempre cercato di fare il massimo durante l’avvicinamento. Poi sono state fatte delle scelte da parte del cittì, ma non ne voglio più parlare perché bisogna guardare oltre. Dopo l’Olimpiade ho avuto tante emozioni che non ho saputo gestire.

E come hai risolto questa situazione?

Ho cominciato a farmi seguire da uno psicologo che è fuori dal mondo del ciclismo e che ho trovato vicino a casa attraverso mie conoscenze in accordo con la Cofidis. Non mi vergogno a dirlo perché vorrei essere di aiuto o esempio anche per altri ragazzi che corrono in bici. Non bisogna mai arrivare al punto di stare male per iniziare a farsi seguire. Io non me ne rendevo conto lì per lì, ma dovevo fare qualcosa.

Ora come va?

Decisamente bene. Da quando ho chiuso l’attività ho visto tanti cambiamenti e miglioramenti. Ho notato subito un cambio di mentalità. Sono molto più serena. Adesso nel mio percorso guardo avanti un passo alla volta senza inutili pressioni. Non fisso obiettivi a medio o lungo termine perché al momento serve di più raggiungere bene quelli a breve termine. Ma c’è stato un momento in cui mi sarei avvelenata se mi fossi morsicata la lingua da tanto ero al limite (dice ridendo, ndr).

C’erano motivi in particolare?

A parte le battute, era tutta una questione di stress. Innanzitutto mi ha fatto rabbia sentire sempre dire che ormai da noi donne si aspettano di più solo perché siamo pagate bene o che prendiamo stipendi come gli uomini. Per la serie, avete voluto la parità di trattamento e allora dovete fare di più come i maschi. La gente però non considera a fondo che nel ciclismo femminile sono aumentate le ore di gara, le corse stesse e soprattutto le pressioni. Forse anche più che nel maschile. Poi c’era anche un’altra questione che condizionava me e che mi incontrava.

Per caso c’entra il fatto che sei a casa da sola col gatto?

Diciamo di sì (risponde col suo solito sorriso, ndr). Non sono una ragazza a cui piace sventolare ai quattro venti certe questioni ed infatti a molta gente rispondevo come non fosse cambiato nulla, però la realtà adesso è un’altra. Dopo Parigi, Ben ed io (riferendosi al suo compagno Thomas, ndr) abbiamo deciso di separarci. Siamo rimasti in buonissimi rapporti, non si possono cancellare questi anni assieme, ma ci siamo trovati entrambi ad anteporre la carriera alla nostra relazione. Sono cose che capitano tra sportivi che puntano entrambi a grandi traguardi, forse il più alto. Poi qualcuno dirà che lui ha vinto l’oro olimpico ed io invece sono stata esclusa all’ultimo, ma non siamo tutti uguali. Non tutti i contesti sono identici, soprattutto nello sport dove succede spesso che puoi perdere.

“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
La ritieni una sconfitta questa cosa?

No, la ritengo un insegnamento. Dopo l’Olimpiade, considerando che avevo fatto anche quella di Tokyo, ho capito cosa non vorrei più fare per preparare certe gare. Ad esempio sacrificare la mia vita, perché nonostante tutto, la vita va avanti. Anche il fatto di parlare un pochino più serenamente rispetto a prima di questa novità mi rende più leggera, anche se mi costa. Sicuramente tolgo certi imbarazzi. Ho capito che noi atleti possiamo parlare di tutto, non solo delle cose belle o che ci vanno bene. Possiamo parlare anche delle circostanze più avverse in modo discreto e comunque con persone che conosciamo meglio o di cui ci fidiamo.

Possiamo dire quindi che il 2025 sarà la stagione della rinascita di Martina Alzini?

Direi che sarà una stagione piena di motivazioni in un ambiente che conosco bene e in cui sto bene. Sono contenta di aver rinnovato con Cofidis, che ringrazio per essermi stata molto vicina durante l’annata, dandomi la possibilità di curare la pista per Parigi. Così come l’Esercito. Ho capito che non sono un numero per loro e che credono in me. Anzi, penso che col mio modo di fare, cercando di dire le cose con onestà rispettando il lavoro di tutti, mi sia ritagliata un ulteriore ruolo all’interno della Cofidis. E ne sono felice.

Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Quale in particolare?

Quest’anno mi sono molto legata a Julie Bego, che è il talento della squadra ed ha rinnovato fino al 2027. Lei ha 19 anni e mi chiama “mamma Marti” perché le ho dato tanti consigli e supporto su e giù dalla bici. Durante il Giro Women alla sera veniva spesso a chiedermi come aveva corso o cosa doveva fare per essere più attenta. Io non sarò la ciclista più forte del pianeta, ma questo tipo di rapporto con una compagna di squadra mi appaga e mi fa piacere. Poi certo, resto sempre pronta a sprintare nelle gare più adatte a me.

Il torneo olimpico della Vece, quasi un antipasto

16.08.2024
4 min
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L’aveva sognata con un epilogo diverso, l’Olimpiade di Parigi. Miriam Vece è tornata a casa sentendo in bocca quel sapore amaro di un’occasione perduta, anche se a modo suo ha comunque scritto la storia non solo qualificando per la prima volta un’azzurra ai tornei di velocità, ma raccogliendo punti sufficienti per portare con sé anche una compagna di squadra, Sara Fiorin.

Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)
Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)

Un’Olimpiade corta

Miriam sperava in una presenza più corposa, in fatto di risultati, invece le sue eliminazioni precoci, peraltro unite ai fuochi d’artificio arrivati dal settore endurance tanto al maschile quanto al femminile, hanno fatto passare le sue prestazioni in secondo piano.

«E’ stata un’Olimpiade lunga per le altre e corta per me – esordisce non senza lasciar trasparire un po’ di amarezza – volevo molto di più, anche se so che sarebbe stato difficile visto il livello delle competizioni. Il fatto che i compagni si siano attirati tutte le attenzioni è normale, visti i loro risultati ma è sempre stato così, la velocità è sempre stata nell’ombra, speriamo che da Los Angeles 2028 ci sia un cambio di tendenza visto il valore dei ragazzi alla guida di Quaranta».

Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Ti aspettavi i risultati che sono arrivati nel tuo settore?

Nel complesso non mi hanno sorpreso anche se il fatto che la tedesca Hinze sia uscita già ai sedicesimi ha tolto una pretendente alle medaglie molto presto. I valori comunque erano quelli, le scuole che sono emerse anche.

La doppietta della Andrews è però considerata un sovvertimento dei pronostici…

Non era una sconosciuta: è la campionessa mondiale di keirin e bronzo nello sprint, inoltre ha dominato la Champions League. Nel keirin non avevo dubbi sulla sua vittoria, magari il torneo di velocità poteva risultarle più ostico, ma così non è stato. Non dimentichiamo che è stata anche primatista mondiale juniores nell’inseguimento, significa che ha capacità di resistenza non comuni nella velocità. Poi è una ragazza che mi piace, che non se la tira. Sono stata contenta per lei.

Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Che cosa ti è mancato per avere una rassegna olimpica all’altezza delle tue aspettative?

Fortuna, soprattutto quella. Stavo bene, non mi aspettavo di uscire così presto – sottolinea la Vece – Un po’ gli abbinamenti, un po’ anche l’andamento di alcune gare non sono andate come speravo. Poteva andare diversamente, io comunque sono contenta di tutto il viaggio che mi ha portato a essere a Parigi, oltretutto non da sola ma in compagnia di Sara. Quel che mi è un po’ mancata è stata l’atmosfera del villaggio visto che eravamo in hotel. E’ comunque un’esperienza unica, che auguro a ogni sportivo di vivere almeno una volta nella vita.

E adesso?

Mi sto rilassando giusto qualche giorno, ma poi si ricomincia perché a ottobre ci sono i mondiali, poi già a febbraio si ricomincerà con gli europei. Nel frattempo deciderò che cosa fare, se tirare avanti verso un altro quadriennio olimpico. E’ un investimento importante sulla mia vita, sul quale devo ragionare con attenzione. Io sono intenzionata a continuare perché vedo Parigi come un antipasto: vorrei chiudere con un buon risultato olimpico e vedo che le premesse, nel nostro ambiente, lavorando con Ivan che sta progressivamente cambiando tutta la nostra filosofia mettendola al passo con le altre scuole, ci sono per far bene.

Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Quanto conta l’aiuto di Quaranta?

Moltissimo, è fondamentale per il nostro gruppo. Il problema è che ha preso un settore in corsa che era una sorta di tabula rasa, con tutto da costruire per renderlo al passo con i tempi. Quindi andiamo sempre un po’ di rincorsa. Ma io sono ottimista e per quel che mi riguarda devo solo ritrovare la mia miglior forma che a Parigi non c’era.

Villa, da Milton con tante speranze e qualche timore

19.04.2024
5 min
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Marco Villa è tornato da Milton, la sede canadese dell’ultima prova di Nations Cup su pista con un taccuino pieno di annotazioni, ma soprattutto con l’animo molto soddisfatto, conscio di avere fra le mani un gruppo che a Parigi potrà dargli belle soddisfazioni. Il circuito dell’Uci non è stato semplice da gestire, con azzurri e azzurre presenti a singhiozzo, ma quando ci sono stati i big, i risultati sono sempre arrivati.

In Canada in campo maschile sono stati fatti esperimenti, dovendo oltretutto presentare un Viviani ancora acciaccato e scosso per la caduta rimediata nelle classiche belghe. Le ragazze erano invece presenti in formazione tipo e i riscontri sono stati talmente esaltanti da far sognare in ottica olimpica.

«Ce la siamo giocata bene – ammette il cittì (in apertura con la Paternoster) pensando al secondo posto delle ragazze nel quartetto – c’erano le squadre migliori, mancava solo la Nuova Zelanda che penso sia l’unica con noi e la Gran Bretagna che possa fare 4’09”. Io non ho mai schierato il quartetto titolare per scelta: la Paternoster aveva già fatto mondiali ed europei, volevo invece vedere all’opera Consonni e Alzini per dare a tutte la possibilità di giocarsela, anche perché il torneo olimpico sarà lungo».

Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
La finale con le inglesi che presentavano la formazione tipo che cosa ti ha detto?

Che possiamo sfidarle con coraggio, senza partire battute. Pur senza Letizia, dopo 3 chilometri eravamo in vantaggio e loro avevano perso un elemento. Purtroppo anche noi lo abbiamo perso, la Consonni al terzo impegno in un solo giorno non ha tenuto e le ragazze si sono un po’ sfaldate. Il torneo era racchiuso in una sola sessione, ci può stare anche perché avevamo una differenza rispetto alle altre squadre.

Quale?

Ho avuto la netta sensazione che le formazioni come Gran Bretagna e Francia siano arrivate a Milton rodate, dopo allenamenti mirati. Noi no, le ragazze si sono ritrovate lì dopo tempo, visti gli impegni su strada. La Fidanza è venuta a Montichiari venerdì prima della partenza per il Canada, la Guazzini aveva fatto i suoi carichi ma la Alzini non c’era, quando è arrivata non avevo con chi farla girare. Mancavano molti sincronismi, ma questo non mi preoccupa, anzi in questo periodo e considerando le difficoltà contingenti è un buon segno.

La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La situazione sembra identica a quella di tre anni fa degli uomini, quando i ragazzi erano vicini ma ancora inferiori alla Danimarca. Poi sappiamo a Tokyo com’è andata a finire…

Io sono fiducioso, se avremo la possibilità di farle lavorare tutte insieme potremo fare grandi cose. A 4’09” ci siamo già con questa situazione, significa che si può fare meglio. Sono rimasto molto colpito dal rendimento di Consonni e Balsamo senza alcun allenamento specifico, come anche da quel che ha fatto la Paternoster

Che sembra tornata davvero ai suoi migliori livelli…

Ho preferito che a Milton si concentrasse sull’omnium per avere e darmi risposte. Ha fatto davvero delle belle prove, è più vicina alle più forti come Archibald e Valente. Sicuramente l’attività su strada e soprattutto i risultati ottenuti in essa le hanno dato tanto in termini di fiducia, la vedo più sicura, si è messa finalmente alle spalle tutte le tribolazioni. Anche nel suo caso i margini di miglioramento sono ampi.

Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Paradossalmente anche la madison ha dato risposte positive, con Balsamo e Guazzini quarte dopo molti errori tecnici, soprattutto nei cambi.

Voglio vedere quella gara come un bicchiere mezzo pieno proprio perché ci sono molti particolari tecnici da aggiustare. La volata va impostata almeno 4 giri prima, non negli ultimi due e questo concetto non è ancora entrato nei sincronismi della coppia. L’ultimo sprint ha visto la Guazzini partire da molto dietro e fare una grande rimonta, ma spendendo molte energie che sarebbero state utili. Rivedremo i filmati, lavoreremo su quel che non ha funzionato guardando anche a come si muovono formazioni collaudate come Gran Bretagna e Francia. Io sono ottimista.

Veniamo agli uomini. Il 5° posto ti ha soddisfatto?

Era quello il nostro livello, in presenza di squadre con la formazione tipo e che hanno fatto una sorta di prova generale per i Giochi. Vorrei sottolineare la prova del Giappone, arrivato ancora a 3’48”, si vede come Gisiger stia lavorando bene anche lì dopo quanto fatto con la Svizzera. A dir la verità mi aspettavo un po’ di più da Manlio Moro, ma è arrivato con ancora dentro le tossine della Roubaix. Per uno giovane come lui era stata una grande opportunità, non potevo certo chiedergli di rinunciare.

Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
A tal proposito, in Belgio abbiamo vissuto la grande paura delle cadute di Milan e Viviani. Come stai vivendo queste settimane di approccio olimpico, hai anche tu paura di infortuni?

Se avessi paura non andrei avanti. Non dimenticate che nell’opinione generale è la pista che è più pericolosa, dove si cade e ci si fa male. Può capitare dappertutto, ma io non posso fasciarmi la testa a prescindere. I corridori devono onorare gli impegni delle loro squadre, io non posso far altro che sperare che non avvenga nulla né quando sono con loro, né tantomeno quando si allenano con noi. Non dimenticate quanto avvenne prima di Tokyo, quando Milan cadde in allenamento a Montichiari, mica in una corsa su strada… E’ un avvicinamento normale, andiamo avanti alla giornata.

Come si lavorerà ora?

Alcuni saranno impegnati con le squadre, c’è anche chi andrà al Giro, con altri faremo un periodo in altura. Lo stesso dicasi per le ragazze dove anzi ho programmato uno stage in altura per tutte meno la Guazzini che farà la Vuelta. Vedremo di giostrarci come sempre, cercando tutti i momenti giusti per lavorare insieme fino al rush finale verso Parigi dove tireremo le somme.

Un cenno finale lo merita Miriam Vece, che ha portato a casa due storiche qualificazioni…

Quando ho preso in mano il settore femminile le ho detto subito che doveva e poteva provarci, soprattutto nel keirin che viveva con grandi paure per cadute passate. Ci ha lavorato, a Milton ho visto suoi passaggi senza paura in mezzo alle avversarie, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Sta migliorando, si presenta sempre in buona posizione alla campana, io dico che non va a Parigi solo per partecipare.

Scelta fra strada e pista, Villa alza la voce

25.03.2024
5 min
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Marco Villa non è uno che la manda a dire. Tornato dalla trasferta di Hong Kong per la seconda tappa della Nations Cup, si è ritrovato con equilibri in nazionale cambiati in maniera profonda in base agli ultimi risultati. Il nocciolo della questione, come sottolineato nell’intervista con Bragato che Villa ammette di aver letto subito e con grande attenzione, è il calendario olimpico che rende estremamente complicata la coesistenza fra strada e pista.

Ci sarà tempo per discuterne a vari livelli, in attesa che vengano prese le opportune decisioni (Villa non la cita mai, ma è chiaro che il problema è legato direttamente alla presenza della Balsamo alla gara in linea su strada e/o al torneo del quartetto su pista). Importantissima sarà la partecipazione alla terza tappa di Milton, in Canada, dove la nazionale femminile, a differenza di quella maschile, sarà al completo.

Villa con le ragazze del quartetto, che ritroverà a Milton dal 12 al 14 aprile
Villa con le ragazze del quartetto, che ritroverà a Milton dal 12 al 14 aprile

«Siamo andati a Hong Kong – spiega – con una squadra di ragazzine. Devo dire grazie ai team che ce le hanno messe a disposizione permettendo loro di fare un’esperienza positiva. La partecipazione era obbligata, in quanto il sistema olimpico prevede la presenza in almeno due prove su tre e con le ragazze ad Adelaide non eravamo presenti. Alla fine è uscito fuori un sesto posto valido per il ranking Uci (settime al traguardo, ma la Cina aveva due squadre, ndr) che è stato anche oltre le mie aspettative. Mi attendevo qualcosa di più dagli uomini. La trasferta mi ha comunque permesso di avere buone risposte da Sierra in un contesto per lui nuovo e verificare anche i progressi di Giaimi (nella foto di apertura con il cittì, ndr), che comunque deve lavorare molto sulla parte tecnica».

Le vittorie della Balsamo su strada paradossalmente hanno complicato i piani della nazionale
Le vittorie della Balsamo su strada paradossalmente hanno complicato i piani della nazionale
Tornato in Italia ti sei ritrovato nel pieno delle discussioni per le prossime convocazioni olimpiche. Come combinare le due discipline?

Mi attendevo la domanda e non posso negare che in questo momento mi senta molto turbato. Chiariamo subito un punto: le scelte le faremo tutti noi cittì in piena coabitazione, confrontandoci con il team manager Amadio. Si valuterà che cosa è meglio fare, ma non posso negare che vedo riemergere una certa disparità fra strada e pista.

A che cosa ti riferisci?

Nelle ultime due edizioni olimpiche, noi abbiamo portato il nostro contributo. A Rio 2016 con Viviani, a Tokyo 2020 con il quartetto maschile. Eppure nelle discussioni, anche e soprattutto sugli organi d’informazione specializzati, tutti sono affascinati dalla strada, parlano solo della strada, valutano le possibilità su strada. Ci si dimentica che il cittì della strada deve fare le sue valutazioni e convocare. Io lavoro su un progetto che dura un quadriennio, con contatti costanti, allenamenti, la costruzione di un progetto dal nulla fino alle ultimissime rifiniture. Togliere un elemento va a danneggiare tutto il sistema, a inficiare anche il lavoro degli altri.

Pur in formazione rimaneggiata, la Danimarca ha vinto anche a Hong Kong (foto Uci)
Pur in formazione rimaneggiata, la Danimarca ha vinto anche a Hong Kong (foto Uci)
Le proiezioni d’altro canto dicono da una parte che nell’inseguimento a squadre, in quello femminile più ancora che in quello maschile per il valore degli avversari, le possibilità di podio sono alte…

Io certe volte sono portato a sbilanciarmi e so bene che a pieno regime, abbiamo due possibilità di medaglia molto qualificate. Certo, c’è anche il rischio di finire quarti o peggio, l’incertezza delle Olimpiadi è lì, ma è anche la loro bellezza. Quel che però mi dispiace di più è che non possiamo arrivare all’inizio della primavera, dopo aver lavorato anni, ancora con delle incertezze. Cambiare? Certo, si può fare, ma è già molto, molto tardi. Chi sceglie una strada diversa deve farlo subito e prendersi le proprie responsabilità.

Che cos’è che ti ha fatto arrabbiare?

Se devo essere sincero è la cultura generale, l’ambiente ciclistico, quelle voci insistite che vuoi o non vuoi vanno anche a influenzare il singolo elemento chiamato a scegliere. E’ come se spingessero verso una direzione piuttosto che l’altra e chiaramente la tradizione della strada, contro i pur eccezionali risultati della pista prevale, nella mente di molti. Dimenticando che alla fine, in un contesto olimpico conta la medaglia, da qualsiasi parte essa venga: è per questo che ci si trova a fare il tifo anche per altri sport che poi uno non è abituato a seguire. Per me è sempre stato così, io i Giochi li vivo da dentro, ma li seguo anche con interesse enorme. Mi sono ritrovato a fare un tifo sfrenato per i ragazzi della scherma o del nuoto, tanto per fare due esempi.

Proviamo a trovare anche un lato positivo dalle ultime giornate. Miriam Vece ha staccato la qualificazione in due specialità…

Lei è stata bravissima e secondo un’interpretazione del regolamento, questo dovrebbe consentirci di convocare un’altra atleta. L’Uci però non ha dato l’ufficialità al sistema delle riallocazioni, so che se ne parlerà in una riunione il 28 marzo dove ogni federazione porterà all’esame le proprie domande e interpretazioni, vedremo poi il massimo ente che cosa deciderà. E’ chiaro che avere un’altra atleta a disposizione sarebbe un corposo aiuto.

Restano aperte altre possibilità di qualificazione?

A livello strettamente matematico potremmo ancora qualificarci con il team sprint maschile, ma è estremamente difficile. Servirebbe un podio e al momento è utopistico pensarlo. Mi dispiace perché per i ragazzi sarebbe stata un’esperienza utilissima a prescindere dal risultato finale. Non dobbiamo dimenticare che Predomo è passato direttamente da junior alla massima serie quando la qualificazione olimpica era già iniziata, qualificarsi per lui era estremamente complicato. Comunque ci si proverà, questo è certo.

Vece, dopo la Champions si lavora per trovare più consapevolezza

11.11.2023
6 min
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LONDRA – L’espressione sorridente che Emma Finucane, campionessa del mondo in carica della velocità, indirizza a Miriam Vece significa una bella iniezione di fiducia per lei. La ventenne gallese ha vinto da poco il primo round facendo tanta fatica per superare l’italiana nella batteria che le vedeva di fronte anche alla olandese Ruby Huisman.

Nella zona box del Lee Valley Velopark si assiste ad un continuo pellegrinaggio di atleti che salgono e scendono dalla pista per le varie prove della Uci Track Champions League. L’atmosfera è quella del grande evento che conoscerà il suo atto finale nella prima serata di oggi. Vece è alla terza partecipazione su tre edizioni e conosce bene la manifestazione allestita da Warnes Bros Discovery. Attualmente sta lottando per la top 10, però sa quali indicazioni trarre. Ne parla con Daniele Napolitano, suo compagno di nazionale ed arrivato nella capitale britannica per supportarla, oltre che per osservare gli avversari. Parlando con Miriam sul 2024 che la aspetta, abbiamo compreso meglio il valore di quello sguardo iniziale.

Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Possiamo considerarti una veterana della Champions. Che differenze hai notato dal 2021 ad oggi nelle tue prestazioni?

Nella prima edizione ho avuto più fortuna. Venivo dal mondiale di Roubaix dove ero andata bene ed avevo continuato ad allenarmi. Invece quest’anno e lo scorso arrivavo direttamente dalla off-season. Sono venuta qua per fare della gamba, correre e vedere il livello che c’è. Naturalmente mi fa piacere aver ricevuto l’invito, è sempre una bella manifestazione. Mi sto divertendo e qualche risultato l’ho ottenuto.

Lo sprint di prima con Finucane è uno di questi?

Direi proprio di sì, se contestualizzo la mia forma attuale. In pratica sono tornata veramente in pista a Maiorca. Dopo i mondiali non sono stata molto bene. Ho avuto problemi ai denti, poi mi sono operata al naso. Ho ripreso facendo lavori in palestra e su strada a Salerno, la città originaria dei miei genitori. Solo a ottobre inoltrato abbiamo ricominciato gli allenamenti a Montichiari. Poco fa ho fatto sudare Emma, che aveva lanciato uno sprint lunghissimo. Sono comunque soddisfatta in un certo senso perché qua, considerando il bel montepremi in palio, nessuno mente e tutte vanno forte.

Un pregio e un difetto della Champions League?

La cosa brutta, per modo di dire, o comunque stancante sono i viaggi. Arrivi il giorno prima della gara, devi montare la bici, corri al sabato, smonti la bici e la rimetti nel cartone da spedire. Diventa un po’ stressante fare così tutto di fretta. Lo penso ogni volta, però poi penso che se non mi avessero invitata ci sarei rimasta male (dice sorridendo, ndr). La cosa bella invece è che corri senza pressioni, almeno io. Faccio le mie prove cercando di imparare un po’ di tecnica e tattica. E un altro aspetto positivo è che posso rappresentare l’Italia, quest’anno assieme a Francesca (Selva, ndr).

La Champions può dare indicazioni per le altre manifestazioni internazionali?

Sì e no. La stessa Finucane non la vedo performante come ai mondiali. Sono sicura però che a gennaio, quando ci saranno gli europei, lei sarà al top. Viceversa, la Propster (campionessa europea nel team sprint e U23 nella velocità, ndr) che di solito non è tra le titolari della nazionale tedesca, in cui il livello è molto alto, qua alla Champions è stata leader nelle prime due prove. Diciamo che si può vedere a che punto sono le avversarie, ma non è troppo attendibile. Adesso da una settimana all’altra cambiano tante cose. Ad esempio io a Berlino sono arrivata in finale nel keirin, a Parigi la settimana scorsa invece un disastro. Poi contano gli allenamenti che si fanno, specie per me con Quaranta.

Cosa ti ha detto Ivan per questa Champions League?

Anche se mi considera una ragazza esperta, lui ha sempre da ridire (sorride, ndr). Mi dice sempre che devo ancora imparare a correre, più che altro perché mi sottovaluto tanto. In gara mi sembra sempre di non riuscire a fare le cose, quando invece Ivan mi ripete che le gambe le ho e che vado più forte di tante altre che mi arrivano davanti. Questa è una cosa negativa per quello che faccio. Perciò quando a casa analizziamo le gare, c’è sempre da discutere (e sorride nuovamente, ndr).

In vista degli europei e quindi delle Olimpiadi stai lavorando per colmare questo gap psicologico?

Sì, assolutamente, lo stiamo già facendo. Stare nel gruppo dei ragazzi mi aiuta tanto. Mi spronano e me lo dicono a ragion veduta, visto che mi alleno con loro. Spero di qualificarmi per Parigi…

La scorsa estate Quaranta la dava quasi per certa.

Con un piede sono a Parigi, con l’altro sono ancora in Italia. Al momento sono ampiamente dentro al ranking per andarci, sia nella velocità sia nel keirin, però per la qualificazione mancano ancora quattro passaggi. Voglio partire subito bene con l’europeo e poi guadagnare i punti necessari nelle altre tre prove di Nations Cup. Io dovrei andare malissimo e quelle dietro di me dovrebbero stravincere. Tutto può succedere. Finché non la ottengo, non ci credo. Di sicuro se dovessi fare dei bei tempi, allora anche quel famoso gap psicologico si ridurrebbe e sarebbe un po’ più facile prepararsi.

Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
A Parigi potresti scrivere la storia come prima donna italiana nella velocità. Quando inizierà Miriam Vece a preparare il suo intenso 2024?

Finita la Champions League, farò una settimana di riposo d’accordo con Quaranta. Poi da fine novembre ci rimettiamo sotto. Per l’europeo si dice che potremmo fare anche un team sprint. Ivan vorrebbe portare delle giovani, ma vedremo. In effetti andare alle Olimpiadi sarebbe già un grandissimo traguardo, un vero orgoglio per me, visto che prima di me nessuna azzurra lo ha mai fatto. In ogni caso ci arriverò tranquilla. Quando vedremo che l’Italia sarà qualificata, allora con Ivan inizieremo a lavorare per il podio, pur sapendo che non sarà per nulla semplice. Però a Tokyo Kelsey Mitchell vinse la velocità ed era l’ultima arrivata. Quindi mai dire mai.