STRAVA Challenge Castelli: rotta sulla “Monumento” Sanremo

14.03.2022
4 min
Salva

Si chiama STRAVA Milano-Sanremo Challenge ed è il nuovo “digital contest” dedicato alla Classicissima di Primavera in programma sabato 19 marzo e promosso da Castelli, che quest’anno sponsorizza la Quick Step-Alpha Vinyl (foto di apertura). Ma come funziona? Semplicissimo! E a spiegarcelo è direttamente Giovanni Lira, che proprio di Castelli è il Digital & Partnership Coordinator.

«Per completare questa nostra nuova Challenge – dice – chiediamo a tutti gli utenti che vorranno cimentarsi di pedalare sul nostro profilo STRAVA per 293 minuti, ovvero il numero che rappresenta la distanza complessiva in chilometri della Milano-Sanremo di quest’anno. E questo tempo andrà completato nell’arco della settimana che precede l’evento. Anzi, fino a domenica 20 marzo ed avendo così a disposizione anche un giorno in più rispetto alla gara dei professionisti».

La locandina della Strava Challenge Castelli per la Milano-Sanremo
La locandina della Strava Challenge Castelli per la Milano-Sanremo
Ma perchè Giovanni organizzate questa iniziativa proprio in coincidenza con la Sanremo?

Perché quella della STRAVA Milano-Sanremo Challenge la possiamo considerare a tutti gli effetti come una tappa che fa parte di un percorso più lungo. Abbiamo difatti già effettuato altre iniziative simili a questa in occasione di altre Classiche Monumento, e la nostra intenzione è quella di replicare ad ottobre anche in coincidenza del prossimo Giro di Lombardia. E poi con la Milano Sanremo Castelli ha un rapporto davvero speciale.

In che senso, raccontaci qualcosa di più…

Un rapporto molto speciale… Pensate, la storia del brand Castelli si ritrova e si intreccia moltissimo con la Sanremo. Ad esempio, l’edizione 1977 fu quella del debutto mondiale della nostra salopette in Lycra. Quello specifico prodotto ideato da Maurizio Castelli fu realizzato appositamente per i professionisti sponsorizzati dal marchio dello scorpione, che gareggiavano nell’edizione di quell’anno della Milano-Sanremo.

Una prima volta?

Una sorta di premiere mondiale, considerando che per la prima volta dei corridori professionisti usavano dei pantaloncini in Lycra. Da quel momento per la lana… non ci fu più partita! Inoltre, proprio a testimonianza del rapporto strettissimo e profondo che lega questa Classica e Castelli, per celebrare al meglio la stessa Sanremo abbiamo realizzato un piccolo libretto – unico nel suo genere – che racconta sia la storia della corsa sia quella mitica di Castelli. E questa esclusiva e curata pubblicazione verrà regalata, proprio in questi giorni, ai primi 1.500 clienti che effettueranno un acquisto online sul nostro portale.

Giovanni Lira, Digital & Partnership Coordinator Castelli
Giovanni Lira, Digital & Partnership Coordinator Castelli
Torniamo alla STRAVA Milano-Sanremo Challenge: a cosa potranno ambire i “finisher” dell’iniziativa?

Chiunque porterà a termine la prova avrà la possibilità di essere sorteggiato e di aggiudicarsi uno dei premi che mettiamo a disposizione: ovvero un invito super esclusivo presso la sede Castelli di Fonzaso. Qui si potrà visitare l’azienda, pedalare sulle meravigliose strade delle nostre Dolomiti. Si potrà anche prendere parte alla nostra Castelli 24H del 24/26 giugno nel cuore di Feltre. Inoltre, ciascun vincitore – e complessivamente saranno sei – avrà la possibilità di farsi accompagnare da un amico/partner, e Castelli coprirà interamente il costo del soggiorno per tre notti in hotel. Solo il viaggio a Feltre sarà escluso e dunque extra. In aggiunta, è anche prevista l’estrazione di ben 5 paia dei nuovi pantaloncini Free Aero RC Bibshorts, oltre ad altri bellissimi premi messi a disposizione da alcuni dei nostri brand partner come Oakley, Kask, CeramicSpeed, e Garmin.

Castelli

Il piano di Nizzolo: recupero e distanza su Cipressa e Poggio

14.03.2022
4 min
Salva

Una settimana intera per lucidare bici e muscoli e arrivare giusti alla Sanremo, con la Milano-Torino nel mezzo come ultima occasione di verifica. La volata di San Benedetto ha messo in fila i velocisti rimasti dopo in gara e se anche non ha offerto una proiezione per la sfida di sabato, ha regalato il sorriso a Bauhaus e riportato in alto l’umore di Giacomo Nizzolo (in apertura al colpo di reni contro il tedesco). Il milanese, che da quest’anno corre con la Israel-Premier Tech, ha provato il treno e le forze, arrendendosi solo sulla linea. Considerando che era partito per la Tirreno senza grosse aspettative, il passo avanti è da annotare.

«Le sensazioni sono state buone ieri – ha detto dopo l’arrivo – fare una Tirreno in crescendo è un buon segnale per sabato. Tutta questa fatica è stata per la Sanremo e per le classiche, perché sento che la mia condizione deve crescere, quindi è giusto far fatica. Questa corsa è stata un’ottima occasione per migliorare ancora».

Nel gruppetto verso il traguardo di Fermo dopo i muri: Nizzolo sorride, Cavendish un po’ meno
Nel gruppetto verso il traguardo di Fermo dopo i muri: Nizzolo sorride, Cavendish un po’ meno

La base è buona

Lo avevamo incontrato alla Kuurne-Buxelles-Kuurne e ragionato con lui del nuovo treno. E ora che i meccanismi sembrano funzionare, almeno per quanto si è visto ieri, il focus si sposta sulla sua condizione alla vigilia della stagione delle classiche. Dalla Sanremo al Nord.

«Sento di dover migliorare – dice – non so bene per quale motivo, ma ancora non riesco a trovare il colpo di pedale giusto. Mi sono ammalato a inizio stagione e forse quello ancora non mi sta aiutando. Però piano piano, vediamo di trovare quello che serve. La Tirreno è un buon banco a patto di arrivarci con una base solida, sennò si rischia di arrivare morti. Le fatiche e il lavoro pagano sempre».

Con Bennati l’ultimo giorno, parlando degli europei e delle sfide azzurre del 2022
Con Bennati l’ultimo giorno, parlando degli europei e delle sfide azzurre del 2022

Volata molto ristretta

La Sanremo che arriva non è un osso facile da spolpare se sei un velocista, anche se Giacomo è uno di quelli che ha sempre digerito meglio le brevi salite.

«Abbiamo visto che negli ultimi anni – sorride – la Sanremo non è più una corsa per velocisti, nel senso che si è sempre arrivati con un gruppo molto ristretto, quindi la priorità sta tornando quella di andare forte in salita. Gli scenari possono sempre cambiare, però quest’anno vedo l’arrivo in volata ancora più difficile. Se gruppo sarà, sarà molto ristretto. Qualcuno farà fuoco e fiamme sul Poggio, la mia speranza è che i grandi favoriti davanti si guardino e noi rientriamo da dietro».

A Carpegna con 31’54” da Pogacar, gestendo le forze in vista dell’ultimo sprint
A Carpegna con 31’54” da Pogacar, gestendo le forze in vista dell’ultimo sprint

Mercoledì distanza

Perciò servirà dosare bene sforzi e chilometri. E se in tema di preparazioni super sofisticate non è più necessario per tutti allungare dopo le tappe della Tirreno (anche perché oggettivamente tre tappe su sette sono state oltre i 200 chilometri), sarà bene assicurarsi di aver ben recuperato da questi sforzi.

«Non faccio la Milano-Torino – conferma Nizzolo, in controtendenza – proprio perché voglio arrivare il più fresco possibile e perché mi sento ancora in ritardo di condizione. Quindi nei prossimi giorni subirò un po’ questa Tirreno e avrò bisogno di recupero per essere pronto sabato. Da qui andremo direttamente in Liguria e faremo una bella distanza mercoledì sul percorso della Sanremo. E poi andremo a Milano. Allenarsi sulla Cipressa e sul Poggio a tre giorni dalla corsa serve a livello fisico e di numeri, per dare uno stimolo. Ma a livello di quello che succederà in gara servirà a ben poco, perché quel giorno sarà fondamentale affrontarle nella giusta posizione e senza andare troppo fuori giri».

Nizzolo e Trentin, italiani contro a Kuurne

27.02.2022
4 min
Salva

Italiani protagonisti a Kuurne. Meno di ieri, anche per il percorso meno impegnativo, ma protagonisti e portatori di due diverse filosofie in corsa. Da una parte gli attaccanti, con Colbrelli e soprattutto Trentin, nono all’arrivo. Dall’altra Nizzolo, quinto, il cui impegno ha contribuito a rintuzzare il tentativo del Matteo nazionale. Se come ha raccontato anche Jakobsen, non si fossero mosse le tre squadre dei velocisti – Quick Step, Lotto Soudal e Israel – la fuga di Trentin sarebbe salita a un minuto e non l’avrebbero più ripresa.

Quella manovra sul Muur

Trentin ieri era furibondo. In qualche modo nel finale ha avuto la sensazione di essere rimasto da solo. E poi c’è stata quella manovra di Van Aert sul Muur che l’ha chiuso alle transenne, impedendogli di infilarsi per attaccare la discesa in testa.

Trentin ha provato ad attaccare, ma la fuga è stata rintuzzata
Trentin ha provato ad attaccare, ma la fuga è stata rintuzzata

«Se avessimo collaborato – dice secco, poggiato alla transenna – arrivavamo, punto. C’erano dei bei corridori davanti. Ma a un certo punto ho visto che il Bahrain aveva uno e non tirava. La Quick Step aveva uno e non tirava. E già lì ho cominciato a pensare: cosa faccio, mi porto Asgreen a spasso? Magari anche no. Ho provato due o tre volte a tirare via un gruppettino, ma non so come mai, a me venivano sempre addosso. Poi Laporte ha provato ed è andato via due volte e l’hanno guardato andar via. Quei tre sono stati forti, perché li abbiamo presi sotto la riga».

Soddisfatto a metà

In un video girato ieri alla partenza della Omloop Het Nieuwsblad, Matteo diceva che magari sarebbe arrivato il momento di vincere a sua volta dopo i centri dei suoi compagni. Perciò il bilancio di questo primo viaggio non può soddisfarlo appieno.

«Bilancio medio – dice infatti – oggi tutto sommato sono contento, perché per come è andata la gara, sono stato sempre dove dovevo essere. Se quel gruppo fosse arrivato, magari le possibilità erano di più. Nel momento in cui ci hanno preso, in volata sono venuto su da dietro, a destra e sinistra, transenne mica transenne. Potevo arrivare due posizioni più avanti, ma anche sette più indietro. Una volta che ci hanno preso, per la vittoria era andata. Però sono contento di come ho corso, di come ho reagito e impostato la volata. Sono riuscito a districarmi bene e questo è simbolo anche di una gran bella condizione. Se fossi stato finito, non ci sarei riuscito».

Dopo l’arrivo, Trentin ha salvato la giornata, ma non il risultato
Dopo l’arrivo, Trentin ha salvato la giornata, ma non il risultato

Il terzo sprint

Nizzolo è già sul bus e ha fatto la doccia, sfogliando la margherita per capire se essere soddisfatto o meno della prestazione.

«Era la terza volata dall’inizio dell’anno con la nuova squadra – dice – ho fatto due podi e un quinto posto, per cui le cose stanno andando bene. Anche oggi abbiamo corso nel modo giusto. Abbiamo reagito quando si doveva e sono abbastanza sicuro che se non ci fossimo mossi, i primi avrebbero guadagnato un bel minuto e non li avremmo più ripresi, perché erano gente tosta».

Divertente giochino prima del via: i corridori si presentavano fra loro. Ecco Nizzolo
Divertente giochino prima del via: i corridori si presentavano fra loro. Ecco Nizzolo

Rimonta pazzesca

Quando un velocista cambia squadra, non deve preoccuparsi solo di sé, sarebbe troppo facile. Deve anche creare l’accordo in squadra, comporre il treno o aiutare a farlo. E a sentirlo parlare, Nizzolo appare soddisfatto anche di questo aspetto.

«Sono contento della squadra – dice – anche se nel finale ci siamo un po’ disuniti. Ci siamo fatti un po’ prendere la mano, diciamo così. Ho iniziato la volata da dietro, se riguardate il video all’ultima curva sono attorno alla 35ª posizione. E quella rimonta mi ha svuotato le gambe. Al momento di aprire il gas per fare la volata, non ne avevo più. Le forze per ora sono quelle, ma i ragazzi hanno un bello spirito. Perciò adesso si tira un po’ il fiato. Poi Tirreno, Sanremo e si torna al Nord».

La Sanremo è il frutto proibito dei velocisti italiani e poi c’è quel podio dietro Van Aert alla Gand (secondo Nizzolo, terzo Trentin) che va assolutamente cancellato. C’è da scommettere che i due si troveranno presto nuovamente in corsa su schieramenti contrapposti. Entrambi classe 1989, entrambi abituati a prendersi le misure da una vita. Fra vittorie e grandi piazzamenti, la primavera dei nostri è iniziata in modo interessante.

Da solo sul Teide, la veglia d’armi di Sonny Colbrelli

18.02.2022
5 min
Salva

Sonny è sul Teide ed è rimasto solo, da quando Caruso e gli altri sono scesi per andare a correre. Per fortuna aveva attorno lo staff del Team Bahrain Victorious – il preparatore Artuso, Ronny Baron per le bici e Pierluigi Marchioro per le sue gambe – che si è preso cura di lui nei giorni senza i compagni. Lassù il tempo passa lento. Perciò se durante il giorno si lavora con la catena sempre in tiro, il pomeriggio ha ritmi al rallentatore.

«Sono qui e guardo il vulcano ogni giorno – ammette – a volte è un po’ dura, perché non c’è niente. Però alla fine anche queste due settimane sono passate. Come è passato il ritiro di dicembre. Poi i due a Gran Canaria da solo, il secondo per supplire a quello del team saltato per delle positività. Dovevano venire anche Caruso e sua moglie, poi però la mia compagna non ha potuto per impegni di famiglia e Ornella, la moglie di Damiano, ha detto che avrebbe preferito non venire per stare tutto il tempo da sola. Così sono andato, è stato per una buona causa. E fra poco si comincia».

A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid
A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid

Debutto a Nord

Per cominciare hanno scelto per lui l’apertura in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne. Sono le strade del Nord, il suo pane quotidiano. Ma debuttare lassù dopo aver vinto la Roubaix e senza corse nelle gambe sarà un bel passaggio. Sorride e lo ammette. E intanto pensa alla rifinitura da fare per trovare il ritmo che altri stanno costruendo con le corse.

«Inizio senza grandi obiettivi – dice – l’importante è stare bene. Ma non mi tiro indietro e ho fiducia di poter fare qualcosa. All’Het Nieuwsblad ci saranno certamente corridori con più condizione, però lassù mi aspettano, per questo non voglio partire piano. E per questo lunedì e martedì a casa chiederò a mio padre o a qualche amico ci aiutarmi dietro moto per velocizzare un po’ le gambe. E poi il 23 si parte per il Belgio».

Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Per uno come te, la primavera vale doppio?

E’ la mia stagione, per le corse che ci sono. E abbiamo scelto con attenzione. Non farò la Strade Bianche, anche se mi piace molto, perché vogliono tenermi più tranquillo. Non so ancora se ci sarà la Tirreno o la Parigi-Nizza. Di certo però ci sarà la Sanremo.

La corsa del sesto posto al secondo tentativo…

E’ il primo vero obiettivo stagionale. Mi stuzzica anche pensare alle varie ipotesi tattiche. Per me la cosa migliore sarebbe che si formasse un gruppetto sul Poggio, con cui andare all’arrivo per giocarci ciascuno le sue carte.

Ormai ti viene quasi più facile fare selezione in salita che giocarti le volate?

Mi sento veloce, ma non sono mai stato un velocista. Ho sempre voluto fare le volate, ma ne ho vinte ben poche. Nei primi Tour andavo da velocista, nell’ultimo sono andato in fuga nelle tappe di montagna. Ma gli sprint bisogna continuare a farli, per non perdere l’attitudine.

Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Avrai la squadra per te?

Ci sarà un bel gruppo. Mohoric ed io. Poi Caruso e Haussler. Una squadra molto bella, costruita per fare male.

Se non ti sei allenato da velocista, che allenamento hai fatto lassù?

Ho lavorato tanto sui cambi di ritmo quando le gambe bruciano. Quassù la catena è davvero sempre in tiro, pianura ce n’è gran poca. Ma trovo bello farsi del male in allenamento, perché significherà essere pronti in gara. Vincere mi ha dato convinzione, ma anche visibilità e importanza. Bisogna far vedere che il 2021 non è stato per caso.

Com’è negli ultimi giorni allenarsi da solo?

Meglio con i compagni (ride, ndr), soprattutto se è una bella compagnia. Quelle quattro battute mentre sei a tutta o quando molli un attimo aiutano a farla passare meglio. Ma in ogni caso ho la mia tabella, i miei lavori da fare…

Per Sonny Colbrelli ci sarà ancora la Merida Reacto con misure invariate
Per Sonny ci sarà ancora la Reacto con misure invariate
I tuoi colleghi hanno fatto prove di materiali e posizioni, tu cosa hai fatto?

Non ho toccato niente della bici. Sono messo allo stesso modo da quando sono in Bahrain e non ho intenzione di modificare qualcosa che funziona.

Shimano non produce più il 53, come si fa?

Tanto io ho sempre usato il 54. Semmai la differenza potrebbe farla il fatto che c’è il 40 invece del 39. Una volta sarebbe stato un problema, ma con 12 velocità al posteriore e la possibilità di avere il 30, anche quello non incide più di tanto.

Ruote per le classiche?

Het Nieuwsblad con un medio profilo, diciamo 40 o 45 millimetri, e con i tubeless. Alla Sanremo cerchi da 60 e tubolari, con cui mi trovo meglio. Non è un fatto di peso, piuttosto una questione di feeling. Sui tubolari mi sento meglio e per certe corse sentirsi bene è fondamentale.

Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Quanta gente c’è lassù?

C’è Formolo, che è solo come me. Ci sono dieci della Jumbo Visma e devo dire che Van Aert va davvero forte. Per le classiche hanno un gruppo davvero agguerrito. E oggi è arrivato Ballerini, ma lui non credo che comincerà all’Het Nieuwsblad. Siamo tutti quassù con una missione, cercando il modo di passare il tempo. Perciò adesso parlo con voi, poi do un’occhiata ai social. E poi magari vado a fare compagnia a Formolo. Che tipo Davide…

Mal di schiena risolto, Ballerini punta dritto su Roubaix

14.01.2022
5 min
Salva

Pensando a Davide Ballerini, si fa fatica a capire se la prima immagine che viene in mente sia la vittoria all’Het Nieuwsblad oppure la caduta assieme a Trentin ai mondiali di Leuven, in cui la sorte s’è portata via le nostre chance di vittoria. Il 2021 del corridore di Como è partito a razzo, con due vittorie al Tour de la Provence e quella nella classica belga di apertura, poi è andato a scontrarsi contro il livello di corse pazzesche, cui Ballero ha iniziato a prendere le misure.

«In questa squadra si cresce un casino – dice – sto imparando tantissimo. Ho fatto il Tour in camera con Morkov, che mi ha spiegato milioni di cose. Stiamo scrivendo la leggenda di una squadra che ha nella Settimana Santa del Belgio il momento clou della stagione. Si sentono atmosfera e stress, perché lassù bisogna correre per vincere».

Fra i corridori del gruppo classiche, anche Ballerini ha raccontato le sue ambizioni per il Nord
Fra i corridori del gruppo classiche, anche Ballerini ha raccontato le sue ambizioni per il Nord

Se poi ti chiami Ballerini, hai l’attitudine per muri e pavé e ammetti che la Roubaix sia il tuo sogno, il destino è già scritto. Basta intercettare gli sguardi e le battute con cui Lefevere se lo coccola, per capire che la Quick Step-Alpha Vinyl creda parecchio in lui. In Spagna si lavora, ma l’ammissione è chiara: partirà più piano dello scorso anno. Al punto che Ballerini all’Het Nieuwsblad non ci andrà neppure.

Come mai?

Abbiamo archiviato il 2021 e fatto le nostre analisi. Ho la consapevolezza che posso fare bene, le aspettative sono alte. Per cui partirò con più calma per arrivare bene alla Roubaix. Le classiche sono tutte fantastiche, ma già l’anno scorso mi ero focalizzato su mondiale e Roubaix, solo che quella caduta li ha compromessi entrambi. Sono sempre stato indirizzato verso il Belgio per il mio fisico, ma non mi sono mai confrontato con i pezzi da 90. Vincere l’Het Nieuwsblad mi fa pensare che se ci credo e lavoro sodo, posso avvicinarmi a loro.

Sei nella squadra giusta?

La migliore, ma non sarà neanche facile perché in certe corse si va in otto e praticamente tutti possono giocarsi la vittoria.

La sosta al Bar Velò a metà allenamento nel giorno dell’incontro con la stampa (foto Wout Beel)
La sosta al Bar Velò a metà allenamento nel giorno dell’incontro con la stampa (foto Wout Beel)
In più da un paio d’anni ci sono in circolazione Van der Poel e Van Aert e tutto si complica…

Vero, però il Fiandre l’anno scorso l’abbiamo vinto noi. La cosa che dobbiamo cercare è il lavoro di squadra, perché loro sono forti, ma non hanno un gruppo come il nostro. Sulla carta abbiamo un collettivo più attrezzato. Dobbiamo cercare di isolarli, dandogli poi scacco matto. Si è visto al Fiandre. Nessuno avrebbe scommesso su Kasper (Asgreen, ndr), ma alla fine ha vinto lui. Ed è il bello di poter giocare di squadra.

Hai salito un altro gradino?

Ogni anno riesco a guadagnare qualche watt in più per resistenza ed esplosività. Non ho mai creduto nei progressi che arrivano troppo in fretta, preferisco crescere gradualmente. Le batoste fanno crescere se hai le basi solide, sennò possono anche farti smettere. Però allo stesso tempo, bene la gradualità, ma il tempo vola. Poco fa ero a mangiare con un gruppetto di juniores che passano dilettanti, mentre io vado per i 28. Bisogna concretizzare. Un uomo saggio mi ha detto che siamo come un serbatoio con un buchino. Con l’età che va avanti, il serbatoio si svuota.

Interessante lettura, chi è l’uomo saggio che te lo ha detto?

Mario Cipollini. Credo che abbia ragione, perché nel frattempo intorno il mondo va alla velocità della luce. Si sta abbassando tutto. Si diventa più metodici nelle squadre giovanili, anche per cose che avrebbe più senso fare da grandi. Come i rulli dopo l’arrivo oppure l’altura per preparare ogni appuntamento. 

Perché succede secondo te?

Prendono esempio da noi, purtroppo è così e non ci si può fare niente. Ricordo che un anno anche io andai in altura con la nazionale prima della Firenze-Empoli. In più la giovane età tiene bassa la soglia di rischio, per cui quelli che arrivano non hanno paura di buttarsi, mentre noi più grandi cominciamo a calcolare i rischi di certe manovre

Proprio nel ritiro di dicembre ha scoperto che il mal di schiena dipendeva da una microfrattura, ora completamente guarita (foto Quick Step)
Ha scoperto che il mal di schiena dipendeva da una microfrattura (foto Quick Step)
La Roubaix è il tuo sogno, che effetto ti ha fatto vederla vincere da Colbrelli?

Una grande emozione, sono molto contento per Sonny. Credo anche che l’avrebbe vinta Moscon senza tutte quelle scivolate. Eravamo ai limiti, sembrava una gara di cross, non avevo mai corso in simili situazioni. Mi dispiace perché quel giorno ero ancora arrabbiato e dolorante per la caduta del mondiale e rialzandomi da quella fuga ho buttato un’occasione. Ma la schiena ha detto stop, ho dovuto fermarmi.

Gli strascichi della caduta di Leuven?

Pensavamo fosse solo una botta, ma dava fastidio. Così al primo ritiro abbiamo fatto uno scan e finalmente è venuta fuori la causa. Una microfrattura. Così mi sono messo l’anima in pace, perché c’era una causa. Ho riposato e adesso sono pronto per ripartire. Andrò al Saudi Tour, all’Oman e poi in altura pensando a Sanremo e classiche…

Un caffè con Fiorelli. Fuori la Sicilia e volo di gabbiani

01.01.2022
6 min
Salva

Il mare risciacqua di là dal muro. Nella piazza di Aspra poche persone passeggiano al rallentatore. Qualche gabbiano girovaga nell’aria, le nubi sulle montagne alle spalle del paese impediscono ai raggi di raggiungere le case. La Sicilia è calda e accigliata, in lontananza Palermo e Monte Pellegrino sono inondati di sole. L’appuntamento con Fiorelli è di buon mattino, perché poi dovrà andare in palestra. Ficarazzi in cui vive è poco distante. Prendiamo un caffè mentre il paese inizia a popolarsi e il discorso va sulla stagione che il siciliano si attende. Quando toglie la mascherina, il baffo biondo dipinge sul suo volto un piglio sbarazzino e insieme d’antica nobiltà.

«Ho fatto un passo in più – dice Fiorelli – con un altro anno di esperienza. Quello del Covid non lo considero nemmeno. Ho avuto problemi al ginocchio e poi tre mesi così intensi che non ho capito molto. Avere a disposizione un anno intero come il 2021 è stato diverso. Ho fatto esperienza con i tempi giusti e credo di essere cresciuto fisicamente. Ho corso due Giri d’Italia in sette mesi e questo mi ha dato tanto».

A proposito di Giro d’Italia, sei andato più vicino alla vittoria nella tappa meno adatta: quella di Sestola con l’arrivo in salita…

Faccio fatica a crederci anche io. Era una tappa importante, perché si partiva vicino alla sede della squadra. L’intenzione era arrivare il più avanti possibile. Sono stato l’ultimo a entrare e per fortuna Zoccarato mi ha aspettato. Nella fuga c’era anche Zana, che è molto più scalatore di me, ma quel giorno non era al meglio. Perciò l’idea era di arrivare il più avanti possibile, anche se ero con gente che in salita va più forte di me. Potevo seguire De Marchi? Forse sì, ma ci sarà stato un motivo se non l’ho fatto. Di sicuro però ho dei margini e anche in salita posso migliorare ancora.

C’è stato un giorno in cui ti sei sentito davvero forte?

Quando ho vinto in Croazia a inizio stagione. Mi sentivo proprio bene. Qualche giorno prima ero andato con Rossato a provare il finale dietro macchina. Simulammo il ritmo gara per vedere quanto a lungo sarei riuscito a reggere certi watt. Provammo la volata e fui capace di uscire dalla scia della macchina. Perciò andai da Rossato e gli dissi che poteva essere il giorno giusto. La squadra fu perfetta, inseguirono la fuga e io ho vinsi la volata. La vittoria fa bene al morale. Qualche giorno dopo feci terzo di tappa all’Istrian Spring Trophy e l’indomani avrei preso la maglia, perché sapevo che Fortin si sarebbe staccato in salita. Invece dopo 10 chilometri caddi, sbattendo la testa. Andai al traguardo, era il giorno in cui vinse Zana. Ma io riuscii a malapena ad arrivare in fondo.

Lo ha portato alla Bardiani Marcello Massini, grande direttore sportivo toscano
Lo ha portato fra i pro’ Massini, grande direttore toscano
Sei cresciuto alla scuola di Massini, cosa ti porti dietro?

Marcello mi ha fatto capire cosa sia il ciclismo e cosa sia la vita. Qualsiasi dubbio avessi, sapeva cosa dire. Come un secondo padre, direi anche come un nonno, ma poi si offende (ridiamo all’unisono, ndr). E’ importante avere figure così. Quando ha deciso di smettere, non sono stato contento, perché il ciclismo stava perdendo una persona ottima.

E’ vero che per te ha rimandato di un anno il momento della pensione?

Aveva promesso che mi avrebbe fatto passare professionista. E quando ha visto che non ci sarebbe riuscito alla fine del 2018, ha fatto la squadra per un anno ancora. E’ stato davvero un ottimo tecnico, non mi ha mai messo pressione, mi ha permesso di crescere passo dopo passo. Anzi, non glielo dico che domani devo fare 200 chilometri, sennò si arrabbia e mi dice che non serve a niente.

Distanza da solo o in compagnia?

Ho organizzato un bel gruppo, è l’ultima distanza del 2021 e la prima del nuovo anno, ma gliel’ho detto chiaro: non voglio tirare neanche un metro (ride, ndr).

Sei passato professionista a 25 anni, un’età in cui oggi tanti smettono…

Sapevo che ero vecchio. Passare al terzo anno da elite non è da tutti, anche se venivo da anni in crescita. Tolto il 2017 in cui non ho fatto cose clamorose, per il resto sono sempre migliorato. Mi ha salvato il fatto che ho cominciato tardi e Reverberi lo ha capito, perché ha visto i margini. E i numeri in effetti sono cresciuti. Devo prendere le misure su allenamenti e modo di correre…

Nel frattempo hai scoperto qual è la corsa dei sogni?

Dall’anno scorso ho il chiodo della Sanremo. Prima non mi piaceva, ma essendoci arrivato vicino… Non vicino nel senso che me la sono giocata, ma quando mi sono ritrovato nei primi 20 sulla Cipressa, per qualche minuto ho sognato di poterci provare. Poi sul Poggio sono rimasto indietro al rientro del gruppo. E quello è stato uno sbaglio di inesperienza. Sto lavorando per fare bene, per arrivare bene sul Poggio e provare a giocarmi il podio.

Terzo a Sestola e vittorie in volata: che corridore sei?

Sono sempre stato veloce. Nel 2018 e 2019 vincevo anche in salita. Arrivavo da solo, ma erano salite nelle corse dei dilettanti, quattro o cinque chilometri. Qua il livello è più alto, ma so che se faccio le cose per bene, non mi stacco tanto facilmente.

Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Sei cresciuto guardando Giovanni Visconti e oggi Sciortino cresce guardando te…

Finché posso, gli do qualche consiglio. Usciamo spesso insieme. Io non ho tanta esperienza da trasmettere, ho cominciato da poco. Il solo consiglio di cui mi sento sicuro e che gli do spesso è di non bruciare le tappe. A me è andata bene, ma si vede in giro gente che vuole strafare. Ti alleni un gocciolino in più e fai la differenza. Poi da dilettante incontri gente che lo fa di mestiere o più grande di te e la paghi cara, soprattutto moralmente. La testa è tutto. Ricordo quando Massini parlava con un mio compagno del suo fratellino. E gli diceva che se si impegnava per vincere 10 corse da allievo, poi gliene avrebbero chieste 15 da junior. Quindi è meglio vincere meno da piccoli e crescere nel modo giusto.

Parli già da vecchio saggio. Quando ricominci a correre?

A gennaio andiamo in ritiro in Spagna, il 23 gennaio dovrei correre la Classica Comunitat Valenciana e poi proseguo con il programma spagnolo. Quindi un passaggio in Francia e l’Oman. Un bel programma, ormai manca davvero poco. Buon anno a tutti!

Automazione e sostenibilità: Ursus c’è!

14.12.2021
4 min
Salva

L’impegno che Ursus ha preso nei confronti della propria, costante modernizzazione, quanto della generale sostenibilità è davvero concreto. Nello specifico, per la stessa realtà veneta la riduzione al minimo delle emissioni di CO2 e l’automazione del processo produttivo, rappresentano due tra gli obiettivi principali da centrare nel prossimo futuro. E nonostante la generalizzata difficoltà nel reperire le materie prime adatte a produrre i propri componenti, quest’anno Ursus incrementerà il proprio fatturato: passando da 21 a oltre 30 milioni di euro. 

Sergio e Mirko Ferronato, titolari di Ursus Spa
Sergio e Mirko Ferronato, titolari di Ursus Spa

Per le due e le quattro ruote

Ursus Spa si è sempre definita “un’azienda metalmeccanica che viaggia su due e su quattro ruote”. Il simbolo di questa realtà produttiva, operativa a Rosà (Vicenza), è il toro scalpitante. Un’immagine particolarmente familiare agli appassionati di ciclismo considerando che all’interno degli stabilimenti Ursus vengono create le ruote superleggere in fibra di carbonio che oramai da diverse stagioni percorrono le strade più celebri del ciclismo mondiale: dal Tour de France alla Parigi Roubaix, dal Giro d’Italia alla Milano-Sanremo. 

Ma bicicletta per Ursus non significa solo ed esclusivamente agonismo. Il brand sforna ogni anno milioni di componenti “urban”. In prevalenza mozzi, cavalletti e bloccaggi, inserendosi di diritto nel ristretto “pool” dei principali produttori al mondo. Ursus significa anche automotive, considerando le importanti commesse di componenti meccanici in alluminio e in acciaio destinate a clienti finali dai nomi altisonanti come Bmw, Daimler (Mercedes), Porsche, Peugeot e Citroen. 

Negli stabilimenti vengono prodotti anche molti accessori legati al settore urban, come mozzi, cavalletti e bloccaggi
Ursus produca anche molti accessori legati al settore urban

L’innovazione è nel Dna aziendale

«I nostri clienti – ha ammesso Mirko Ferronato, che di Ursus è il Ceo – sanno che affidandosi a noi trovano la preziosa certificazione IATF, un protocollo molto rigoroso, dettato dall’industria automotive, che si traduce in una garanzia assoluta di qualità, rappresentando al tempo stesso una forte credenziale per l’azienda».

Ursus è una realtà imprenditoriale con oltre cinquant’anni di storia, un’azienda che dà impiego quotidianamente a 65 addetti. Le sedi produttive sono tre, tutte a Rosà, per complessivi 12 mila metri quadrati di superficie coperta. L’80% della produzione è destinata al mercato estero. L’azienda, oggi guidata da Mirko Ferronato, fu fondata nel 1967 da suo papà Sergio assieme al fratello Domenico. E fu proprio Sergio, nel lontano 1966, a gettare il seme dell’innovazione, che tuttora oggi ispira l’operatività sul mercato di Ursus.

La sua invenzione ha rivoluzionato il sistema di fissaggio di manubri, cannotti reggisella e non solo: una leva a chiusura su un perno eccentrico, facilmente azionabile a mano, al posto del tradizionale bullone. Da allora Ursus non ha mai smesso di innovare, e ne rappresentano un esempio le ruote in carbonio superleggere TS47 Disc, l’avveniristico manubrio da corsa Magnus H.02, a totale integrazione dei cavi di comando, e il “supermozzo” HD50 con le tolleranze ridotte al micron per una scorrevolezza e silenziosità un tempo impensabili. 

Ursus è offre componenti ed accessori di ottimo livello, un esempio sono le ruote Miura TC47
Ursus produce componenti di alto livello per i team World Tour, come le ruote Miura TC47

Tutto made in… Veneto

L’intero ciclo produttivo in Ursus avviene sotto un unico tetto. «Abbiamo fatto dell’internalizzazione un nostro punto di forza – ammette Mirko Ferronato – che si tratti di particolari di una sospensione per auto oppure di una ruota in carbonio, il prodotto nasce e viene ultimato nei nostri stabilimenti. In questo modo, l’intero processo produttivo è sempre sotto il nostro totale controllo. Noi crediamo moltissimo nell’innovazione e nella tecnologia, e la nostra prossima frontiera si chiama automatizzazione. Abbiamo difatti introdotto da poco tempo una nuova linea completamente automatizzata e vogliamo continuare ad investire in questa direzione». 

L’approvvigionamento delle materie prime è oramai divenuto un problema estremamente generalizzato. Così come lo è il reperimento del personale. Ursus è alla costante ricerca di addetti per completare la pianta organica. Di figure tecniche, ma non solo. Inoltre, per venire incontro alle esigenze del personale femminile impiegato in produzione, l’azienda ha introdotto l’orario: 7-11,30 / 12-15,30. Un’iniziativa che è stata molto apprezzata, perché tiene conto delle esigenze delle famiglie e consente alle stesse dipendenti di stare più tempo con i figli.

Sostenibilità e trasparenza 

La sostenibilità, un tema fondamentale sul quale tutti, ciascuno nel proprio ambito, ha la concreta possibilità d’impegnarsi. L’accorciamento della filiera e la sua riorganizzazione secondo i criteri Industry 4.0 sono espressione del fattivo impegno dell’azienda verso la riduzione delle emissioni di Co2. Ursus è difatti dotata di un massivo impianto fotovoltaico che produce 550 KWh di elettricità pulita. Come ha ribadito anche Ferronato: «Per noi le energie rinnovabili sono molto più di uno slogan. Personalmente ritengo che il consumo di Co2 per realizzare qualsiasi prodotto debba essere una delle informazioni messe a disposizione del consumatore. Ma prima servono gli strumenti per misurare le emissioni. Noi lo stiamo cercando, e spero che presto arriveremo a dare questo servizio ai nostri clienti… e all’ambiente. E soprattutto mi auguro che non saremo gli unici a farlo».

Ursus

Sguardo a Sanremo: 300 chilometri e diabete, come fai?

23.03.2021
6 min
Salva

Laura Martinelli ha dovuto riprendere i libri e ricominciare da capo a studiare il diabete. L’incarico al Team Novo Nordisk le ha lasciato parecchi aspetti da approfondire, ma studiare per la nutrizionista trevigiana dai capelli rossi non è mai stato un problema. Così, quando la stagione è entrata nel vivo e la sua squadra ha vissuto l’importantissima esperienza della Milano-Sanremo, ci siamo fatti vivi per farci raccontare che cosa abbia significato per degli atleti diabetici partecipare a una gara velocissima di 300 chilometri.

La mattina alla presentazione, con le nuove maglie con il numero 100
La mattina alla presentazione, con le nuove maglie con il numero 100

«Cominciamo col dire – inizia – che siamo tutti soddisfatti. L’obiettivo era farsi vedere e mostrare i nuovi colori della maglia, celebrativa dei 100 anni dalla scoperta dell’insulina, e ci siamo riusciti. La fuga ha preso il largo come volevamo e siamo stati noi a tirarla fuori. Sulla gestione alimentare della Sanremo, abbiamo fatto come si insegna sin dagli juniores, quando spieghi che per fare la strategia nutrizionale di una gara si parte da cronotabella e profilo, per pianificare la base glucidica necessaria e la cadenza a cui aggiungere poi barrette e gel. I prodotti che usano gli atleti diabetici cono gli stessi di sempre, cambia l’uso che se ne fa».

Prima della gara

Il pre-gara è la fase del carico di carboidrati che normalmente si inizia 36 ore prima, dopo una fase di scarico, che per l’atleta affetto da diabete è più delicata, perché la privazione di zuccheri porta al rischio di ipoglicemia.

Primo ostacolo, insomma…

L’atleta non diabetico per quelle ore può immaginare un regime privo di carboidrati, loro devono tenere un minimo apporto glucidico per evitare l’ipoglicemia notturna. Chiunque abbia il diabete l’ha sperimentata e ne ha paura, per questo tendono a mangiare un boccone di più. Lo scarico di carboidrati non viene enfatizzato, mentre nella fase di carico si utilizzano carboidrati a basso impatto glicemico, ovvero sia quei carboidrati che necessitano di meno insulina per essere assimilati. Ognuno di questi atleti ha un rapporto tutto suo fra insulina e glicemia e non sempre è facile trovare il giusto dosaggio.

Alla partenza, al sole di Milano, c’è anche Poli
Alla partenza, al sole di Milano, c’è anche Poli
Come fate?

Hanno la dose prima del via e i boli (il bolo è un quantitativo di insulina che viene somministrato al paziente diabetico, introducendo di volta in volta diverse unità di insulina, ndr) durante la corsa. A volte si sbaglia. In certi casi si tende ad evitare alimenti che non si conoscono, perché non si sa quale impatto avranno sulla glicemia.

Quindi ogni atleta fa storia a sé?

Si lavora individualmente. Devo dire che il gruppo tecnico/scientifico che ho trovato in questa squadra non ha eguali nel ciclismo. Abbiamo un centro a Berna e uno ad Atlanta, con esperti che danno indicazioni atleta per atleta per mantenere il corretto rapporto insulina/carboidrati. Inoltre c’è un grande supporto tecnico, tramite un’app che correla glicemia, unità di insulina e grammi di carboidrati. Tutto questo si traduce in pubblicazioni, dato che non esiste una letteratura su sportivi di alto livello affetti da diabete.

Pochi minuti al via: obiettivo portare via la fuga e farsi vedere
Pochi minuti al via: obiettivo portare via la fuga e farsi vedere

Durante la gara

Tanto dipende dalla strategia di gara: alla Sanremo l’obiettivo del Team Novo Nordisk era andare in fuga presto e per questo ci si è attrezzati.

Come cambia la strategia alimentare se vuoi andare in fuga?

Supponendo di avere dei buoni valori di glicemia prima e durante la gara, si dà un apporto maggiorato di energie nelle ore prima della gara e poi in corsa serve qualcosa di molto digeribile, perché si parte a fiamma. Anche i sacchetti contengono alimenti più consistenti perché andando in fuga ci sarà un consumo maggiore. Se invece il tuo obiettivo è il finale, cambi tutto e magari mangi anche diversamente.

Hai parlato dei valori della glicemia: come li controllate?

Abbiamo dei sensori che si tengono h24. Sono dei bottoncini con dei piccoli aghi, che trasmettono tramite bluethoot ai cellulari in ammiraglia e ai computerini dei ragazzi le variazioni dei valori glicemici. Sono posizionati all’altezza del tricipite. In ammiraglia si ha così un quadro d’insieme, ma il guaio è che a volte queste misurazioni hanno un ritardo e in quei casi, per evitare di fermarsi, si procede con il controllo stick della glicemia, in manuale.

Che cosa succede quando la glicemia va giù di tanto?

Utilizzano come soluzione di emergenza delle mini ampolle con 15 grammi di zuccheri ad assorbimento rapido, che rompono e mandano giù.

Come capiscono che la glicemia sta scendendo?

Si sentono intorpiditi, hanno mal di testa. Le cellule sono vuote. Il corridore ha fame, ma non può mangiare. Allora si danno barrette proteiche, per consentire al muscolo di tornare tonico e in equilibrio. La cosa singolare comunque è che nelle ore di corsa la condizione di diabete si attenua molto, anche se ci sono delle fragilità che restano.

Ad esempio?

L’aumento del rischio di disidratazione. Lo zucchero passa nelle urine, quindi la pipì è più concentrata. Ne consegue che ne fanno di più, espellono anche gli elettroliti e si crea un circolo vizioso, perché magnesio e potassio servono anche per assorbire l’insulina. Quindi devono bere di più sin dal giorno prima, mentre in gara avranno delle borracce più concentrate di sali.

Andrea Peron ha portato via la prima fuga della Sanremo
Andrea Peron ha portato via la prima fuga della Sanremo

Dopo la gara

Scordatevi di fare come quelli che dopo la corsa si avventano sulla pizza, oppure l’hamburger con le patatine e una bella birra. L’atleta diabetico può certo concedersi qualcosa, ma deve stare ugualmente attento.

Perché?

Perché bisogna considerare l’ipoglicemia tardiva. I tessuti sono sensibili all’insulina fino a 24-36 ore dopo la gara, anche se di solito il rischio maggiore c’è la notte successiva. Perciò la strategia di recupero è implementata, ma serve attenzione. Dopo Laigueglia, un corridore era con noi in ammiraglia ed è andato in ipoglicemia due ore dopo l’arrivo. In questi casi non è semplice stabilire quanta insulina fare, perché il fisico è sensibile. Per questo c’è sempre il medico, Rafael Castol, che mi sta dando una grandissima mano a calarmi nella parte. Ci sono dei protocolli, devi giostrare insulina e carboidrati, sapendo di dover considerare anche l’aspetto neurologico.

Prego?

Ci sono sbalzi dovuti alla tensione e allo stato emotivo e questo complica le cose. Ma devo dire che questi ragazzi hanno una forza di volontà notevole, sono devoti al lavoro, chiedono ogni dettaglio e si attengono alle nostre indicazioni.

Andrea Peron nella fuga andata avanti fino a poco prima della Cipressa
Andrea Peron nella fuga andata avanti fino a poco prima della Cipressa
Di quanti nutrizionisti ha bisogno il vostro team?

Siamo in due. Oltre me, c’è Nele Compernol.

Credi che un atleta con il diabete possa vincere una grande corsa?

Se il ragazzo iniziasse a correre da piccolo e sviluppasse le stesse abilità in gruppo che hanno i rivali, considerato che durante lo sforzo lo stato diabetico si riduce, potrebbe benissimo gareggiare al livello degli altri. Il fatto è che l’accesso al ciclismo nella nostra squadra avviene dalle provenienze più disparate, anche altri sport. Sarebbe interessante vedere all’opera un ragazzo cresciuto nelle categorie giovanili, anche perché il fatto di inserirlo in una squadra di atleti non diabetici manderebbe un messaggio davvero forte.

Bramati, la sosta di Bennett e il piano che crolla

21.03.2021
3 min
Salva

Bramati aveva per la Sanremo tutta un’altra tattica e questa non prevedeva la sosta di Bennett per foratura e che Alaphilippe scattasse sul Poggio: alla partenza Trentin aveva letto bene nei movimenti della sua ex squadra. Il piano della Deceuninck-Quick Step prevedeva di fare la corsa sui due uomini veloci, tenendo il campione del mondo come specchietto per le due grandi allodole del giorno: Van Aert e Van der Poel.

«Invece in meno di 20 chilometri è andato tutto in aria – ammette mestamente il bergamasco – prima con la sosta di Bennett fra i Capi e poi con Ballerini che ai piedi del Poggio ci ha detto di non sentirsi troppo bene. E a quel punto abbiamo detto a Julian di provare lui qualcosa, sapendo però che non fosse al livello del 2019 e soprattutto al livello degli altri due».

Alaphilippe era lo specchietto per le allodole, ma a causa della foratura di Bennett, alla fine è toccato a lui
Alaphilippe era lo specchietto per le allodole, ma alla fine è toccato a lui

Piano sfumato

Il dietro le quinte di una corsa come la Sanremo è spesso la parte più interessante da raccontare ed ha sapori diversi in base all’esito della gara. Se fossimo qui a parlare di una vittoria, ci sarebbe da tessere le lodi dello stratega. Invece siamo qui a commentare il 16° posto finale di Alaphilippe e il distacco di 29” di Ballerini e Bennett.

«Ha fatto un bello scatto – dice Bramati parlando di Alaphilippe – ma si sono mossi che il Poggio ormai stava finendo e partendo soprattutto da una velocità proibitiva per chiunque. Sapete chi ha scritto la storia della Sanremo, anche se alla fine non hanno portato a casa niente neanche loro? Ganna. Sul Poggio, Pippo ha fatto male a tutti, con la sua forza. Le sue accelerazioni hanno impedito a chiunque di scattare. Per questo là in cima non ci sono state differenze, si andava troppo forte. Non so che cosa avessero in mente».

Bennet come Ewan

E’ stata la sensazione di tutti, sebbene lo stesso Ganna alla partenza avesse detto di non sentirsi un granché e abbia invece scoperto lungo la strada di avere nelle gambe i cavalli giusti. Chissà che cosa sarebbe cambiato se avesse avuto in partenza la consapevolezza di tanta forza.

«Sapevamo che tutti aspettavano Julian – prosegue Bramati – e arrivare in cima al Poggio senza scattare era il quadro perfetto per portare gli altri due alla volata. Praticamente è riuscito tutto alla perfezione, solo che non avevamo gli uomini per la volata. Bennett ha speso davvero tanto per rientrare dopo la foratura. Si è mosso da solo fra le ammiraglie e poi con l’aiuto di Stybar, ma quando arrivi alla Cipressa già in affanno, poi si complica tutto. Però devo dire che senza quella foratura, Sam sarebbe stato là davanti. Insomma, se c’era Caleb Ewan, poteva starci benissimo anche lui».

Ballerini era una delle carte del team, ma ai piedi del Poggio ha scoperto di non stare bene
Ballerini ai piedi del Poggio ha scoperto di non stare bene

Ora Coppi e Bartali

La pagina è da voltare, in una stagione che ha dato lampi di vittorie che sarebbero state certo maggiori non dovendo fare i conti con i due fenomeni del cross.

«E infatti adesso ce ne andiamo al Coppi e Bartali – dice – dove avrò un po’ di ragazzi interessanti. Ci saranno Mauri Vansevenant e anche Honoré. E poi ci sarà anche Cavendish. La sfida sarà dura per lui, il percorso non è da velocisti, ma diciamo che nella prima tappa si potrebbe pensare di arrivare in volata. Invece Masnada è sceso dal Teide e andrà al Catalogna. E’ sceso anche Remco (Evenepoel, ndr), ma non sappiamo ancora dove correrà. Forse direttamente al Giro…».