Abbigliamento: moda o aerodinamica? Ci risponde Castelli

18.11.2021
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Quante volte capita, guardando foto di corridori di 10-15 anni fa, che sembra sia passato molto più tempo? Da alcuni particolari si può intuire la fine, l’inizio o l’evoluzione di un’era. Quella legata all’abbigliamento salta all’occhio, forse anche più della bici stessa.

Nel corso del tempo, lo sappiamo, sono stati fatti progressi enormi nel vestire il ciclista sia in estate sia in inverno, sia in gara sia in allenamento. Ma ultimamente, a quale frontiera siamo arrivati? Le divise ciclistiche moderne sono frutto della moda (o estetica) al servizio dell’aerodinamica (e quindi performance) o viceversa?

In questi mesi – mentre sceglievamo foto dal nostro archivio – abbiamo notato tante volte quanto nel passare degli anni maglie e pantaloncini estivi abbiano guadagnato sempre più centimetri di lunghezza nelle maniche e nella gambe. Ne abbiamo preso lo spunto per discuterne con Giovanni Lira dell’ufficio marketing di Castelli.

Castelli prevede una “doppia tasca” per l’inserimento del numero (tra i due dorsali si nota l’apertura al centro)
Castelli prevede una “doppia tasca” per l’inserimento del numero (tra i due dorsali si nota l’apertura al centro)
Nell’abbigliamento di oggi, moda ed aerodinamica in che rapporto di percentuale sono?

Direi rispettivamente venti e ottanta percento ma potrei aumentare il quoziente della seconda voce. La nostra azienda ha segnato il cambio di passo nell’aerodinamica e l’estetica attuale è solo una conseguenza.

Fa un certo effetto però vedere pantaloncini che ormai arrivano appena sopra al ginocchio, maniche al gomito e calze a metà gamba…

Sì, è vero ma non è un aspetto mosso dalla moda. L’abbigliamento deve avere il miglior cx (coefficiente di penetrazione nell’aria, ndr). Dietro c’è uno studio continuo nella galleria del vento. Nelle tasche posteriori abbiamo previsto una feritoia per inserire i numeri di gara ed evitare turbolenze.

Quando avete fatto quel cambio di passo?

Nel 2006-07, quando vestivamo la Saunier Duval in cui correva David Millar. Lui fu una figura chiave. Ci diede dei feedback e dei suggerimenti da provare nella galleria del vento. Il primo modello della aero-race jersey è nata in quel periodo. Ora siamo al sesto e stiamo già lavorando al settimo, sul quale non c’è ancora una data di uscita.

Nel 2008 il primo modello di aero-race jersey (qui Piepoli ad Hautacam)
Nel 2008 il primo modello di aero-race jersey (qui Piepoli ad Hautacam)
Come è proseguito lo sviluppo del materiale?

La maggior parte grazie agli atleti e alle squadre. Con loro facciamo dei focus-group, molti dei quali curati da Steve Smith (brand manager di Manifattura Valcismon, ndr), in cui sentiamo i corridori dei giri a tappe e quelli delle classiche. Hanno esigenze diverse. Ci segnalano la posizione delle cuciture, della zip, del fondo gamba o delle tasche. In queste ultime Froome ai tempi della Sky ci fece modificare una maglia in corso d’opera, chiedendoci di evitare il bouncing-effect.

Spiegaci meglio…

Ci fece restringere le tasche, quelle laterali rendendole più lunghe e strette in modo che barrette e gel, ad esempio, non rimbalzassero al loro interno. E che diventassero più comode da prendere, senza prendere troppo tempo e concentrazione.

Stiamo parlando di dettagli al limite…

Sono i famosi marginal gains di cui sentiamo parlare. I corridori vogliono avere la sensazione di comodità totale mentre pedalano. Per favorirla le cuciture di salopette e magliette sono state spostate senza perdere in aerodinamica. Ad esempio è già pronto ad uscire un pantaloncino molto innovativo, lo vedrete.

Dobbiamo prepararci quindi a capi di abbigliamento sempre più estremizzati?

Nel DNA di Castelli c’è sempre voglia di non fermarsi mai. Con la gabba che ci ispirò ormai dieci anni fa Gabriel Rasch (ex prof norvegese ed ora diesse della Ineos, ndr) abbiamo alzato l’asticella e vogliamo proseguire su quella strada.