C’è una nuova favola nella vita di Miguel Angel Lopez. Una sorta di vendetta. Un nuovo modo di percepire e godersi il ciclismo. Ha appena vinto e fatto la storia del Giro di Colombia: 9 vittorie su 10 tappe. Classifica generale, a punti, miglior squadra e montagna. Un capolavoro. L’impresa di Superman è stata una miscela fra il ciclismo antico, selvaggio ed epico, con il ciclismo moderno, quello dei dati, dei materiali sofisticati e del marketing allo stato puro. Il corridore di Boyaca (in apertura sul podio finale con i figli Jeronimo e Guillermo, ndr) si è mosso a cavallo tra quei due mondi e ci ha fatto rivivere i tempi leggendari che a molti di noi colombiani sono stati raccontati, che sono nelle foto e negli articoli, ma che non abbiamo potuto vedere dal vivo.
Fra esaltazione e nausea
Ogni vittoria ha riscritto una statistica. Ogni vittoria indossando la maglia gialla è stata un viaggio indietro nel tempo. Il suo predominio travolgente ha risvegliato nomi illustri del ciclismo colombiano e ha dato alla Vuelta un fascino speciale. Miguel Angel non ha corso per vincere, lo ha fatto per entrare nell’olimpo dell’evento e dello sport che gli ha dato tutto, ma gli ha portato anche innumerevoli episodi di incertezza, sventura e in alcune occasioni di nausea.
Il salvagente Medellin
Il risultato è notevole e davanti agli occhi di tutti. Quello che difficilmente si conosce è il contesto e perché un atleta della sua levatura abbia voluto fare di questa corsa un capitolo indimenticabile.
Questa versione di Superman (così chiamato perché respinse un delinquente armato di coltello che voleva rubargli la bici) ha cominciato a prendere forma il 28 dicembre a Medellin. Si era nel mezzo di un quadro oscuro, lasciato a metà a causa dell’allontanamento dall’Astana nel mezzo del controverso caso del dottor Maynar, quando José Julián Velásquez, direttore generale del Team Medellin, si fece avanti senza pregiudizi.
Lo aveva sempre ammirato, ma non lo conosceva. Non si erano mai parlati di persona, ma sono bastate due frasi perché l’approccio spontaneo diventasse un legame professionale e di amicizia.
«Voglio solo un’opportunità e un obiettivo chiaro», gli disse Miguel senza parlare di soldi o contratti.
«Va bene – gli rispose subito il direttore noto come “El Chivo” – il 18 gennaio partiamo per San Juan».
L’idea del ritiro
Una scommessa inaspettata, incerta, ma ricca di argomenti e sincerità. E così, senza averlo pianificato, tutto è cambiato.
«In quel dicembre ricordo che stavo prendendo un caffè con te a Medellín – ricorda Lopez – e pensavo addirittura che fosse la fine della mia carriera. Volevo andare in pensione. Pensavo di non aver bisogno di continuare e di potermi ritirare in pace dopo aver fatto cose belle nel ciclismo».
Si era recato nella capitale della regioni di Antioquia per partecipare al matrimonio di Harold Tejada con la sua famiglia.
Le persone giuste
«Invece sono comparse le persone giuste – dice sorridendo – perché potessi continuare a combattere. Nella vita accadono situazioni difficili e forse non si riesce a guardare oltre e non si tiene conto dell’opinione degli altri. Invece è apparso il Team Medellín ed è grazie a loro che sono qui a godermi ogni giorno e ogni momento che abbiamo vissuto. Mi diverto più di un bambino quando apre un giocattolo. Nei miei otto anni da ciclista, non mi ero sentito così supportato e così coccolato».
Appare felice, con un’aria così fresca che fra le sue preoccupazioni non ci sono più la risoluzione dei suoi problemi o il ritorno in Europa a breve termine.
Pace e forza
Quel che ha trovato dopo la sua firma inattesa è la pace e con essa una versione ancora più potente della sua essenza di ciclista. Ha vinto allo sprint, a cronometro e ovviamente in montagna.
«Sto scoprendo nuove sfaccettature che non avevo sperimentato. Ho ascoltato un uomo saggio dirmi che avrei vinto tappa dopo tappa, quello che non pensavo era che avrei vinto quasi tutte le tappe (a Gachancipá è arrivato secondo dietro a Jonathan Guatibonza, ndr). Hanno deciso di scommettere su di me e darmi questa bellissima opportunità. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il supporto e la gentilezza dei miei compagni di squadra», afferma Miguel, già vincitore della Vuelta a San Juan, Vuelta a Catamarca e ora Vuelta a Colombia.
In totale, finora in questa stagione sono 19 vittorie, più di qualsiasi altro ciclista al mondo. Non importa se fanno parte del calendario nazionale o internazionale, vuole solo vincere e onorare ogni chilometro con un messaggio diretto di forza e fame al livello dei migliori corridori del panorama ciclistico.
Obiettivo iridato
«E’ uno dei migliori ciclisti al mondo», dice senza esitazione Oscar Sevilla, che dal 14 gennaio, quando il corridore di Boyacá vinse con forza nella Villeta Clásica, completando da solo 13 giri su 15, disse che si sarebbero divertiti.
La sua esperienza gli ha dato ragione. Oggi Miguel Angel Lopez è un corridore nuovo, più forte. Una fuoriserie che avrà come prossima sfida i Giochi Centroamericani e dei Caraibi con la squadra colombiana, e che a fine stagione aspetta di tornare in Europa. Prima ai mondiali di Glasgow, poi con il Team Medellín al Giro di Turchia, dall’8 al 15 ottobre. E la sua favola potrà così continuare.
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Ieri la cronometro individuale con la vittoria di Miguel Angel Lopez, domenica la prova su strada dei campionati nazionali. Il ciclismo colombiano non aspettava altro, per una serie di motivi trasversali che stanno diventando di primario interesse. La disdetta inattesa da parte di Bernal ha lasciato i tifosi sgomenti. Il recupero di Egan ancora una volta si è inceppato su un problema fisico. La sensazione, avendolo osservato da vicino nei giorni argentini, è che probabilmente il processo avrebbe richiesto altri tempi. E che assecondare la meraviglia di quel rientro prodigioso, facendo crescere la potenza (necessaria per correre) su una struttura non ancora in grado di sostenerla, rischia ora di trasformarsi in un boomerang. Lo sforzo all’Alto del Colorado alla Vuelta a San Juan ha infiammato la rotula e ora bisogna farci i conti.
«Tutti devono capire – ha detto il preparatore Xavi Artetxe ad ADN Cycling – che qualunque cosa accada, Egan è qui è per la sua voglia di correre i campionati nazionali davanti alla sua gente. E se non lo fa, la frustrazione più grande è certo la sua. Vogliamo essere ottimisti, ma la verità è che la situazione è complicata. Quello che invece non vogliamo è che uno o due giorni di gara compromettano la buona traiettoria che ha per il resto della stagione».
Nairo ci sarà
A fronte della complessa situazione di Bernal, sulle strade dei Campeonatos Nacionales de Ruta 2023 di Bucaramanga, i riflettori saranno puntati per motivi simili su Nairo Quintana e ovviamente Miguel Angel Lopez.
Il primo torna alle corse dopo il mondiale di Wollongong. Ha preso atto che il tacito bando emesso ai suoi danni dopo la positività al Tramadol ha congelato l’interesse delle squadre. I campionati nazionali non erano nei suoi programmi, per alcuni problemi di salute di cui aveva parlato in precedenti interviste. Tuttavia, dopo la conferenza stampa in cui ha cercato di rilanciarsi come corridore, il corridore di Combita ha cambiato rotta e annunciato la sua partecipazione. Correrà nella nazionale mista diretta da Mario Jaramillo, esperto tecnico colombiano.
«Nairo Quintana – spiega il presidente della federazione Mauricio Vargas – è una figura di rilievo nazionale e giusto qualche giorno fa stavamo discutendo di alcune cose sul ciclismo colombiano. Ha preso da solo la decisione di venire ai campionati nazionali. Ha fatto alcune consultazioni con il suo staff medico e ha ricevuto l’approvazione in modo che potesse essere presente a Bucaramanga. E’ importante che un uomo come Nairo partecipi, perché conosciamo il peso che ha in nazionale. E’ una gioia che siano presenti le grandi figure del nostro ciclismo».
«La vittoria di Miguel alla Vuelta a San Juan – ha raccontato Brayan Sanchez, suo compagno al Team Medellin – è stata bella, qualcosa che la squadra voleva ottenere e che stavamo aspettando, visto che avevamo lavorato duramente per ottenerla. Anche nella tappa che ha vinto, abbiamo lottato per lui. E’ stata una grande gioia. Io ho sempre voluto essere in una grande squadra. Ho lavorato per ottenere risultati per me e per gli altri. Aiutare Lopez è qualcosa di bello, perché è una persona fantastica. Abbiamo avuto l’opportunità di trovarlo sulla nostra strada e ci siamo resi conto che oltre ad essere un corridore di gran classe, è un grande essere umano».
La crono di Lopez
Superman intanto si è portato a casa il titolo nazionale della cronometro. Ha percorso i 43,5 chilometri in 52’59” a 48,876 di media, lasciandosi dietro Vargas e Contrerars, che un giorno fu a sua volta corridore della Quick Step e poi dell’Astana.
«Sono contento – ha detto Lopez – è stato un giorno molto buono, per me e per la squadra. Conoscevo il percorso e ho avuto un direttore tecnico molto esperto. Ieri sera siamo andati a vedere la strada in macchina, in modo da ricordare ogni piccolo dettaglio. Penso che domenica sarà dura come oggi, per cui per ora ci riposeremo, recupereremo e domenica vedremo cosa inventare».
La corsa su strada si svolgerà su un circuito di 23,6 chilometri da ripetere 10 volte per un totale di 236 chilometri. Nessuna quota proibitiva. Discesa, salita e poca pianura. Probabilmente sarà corsa per uomini da classiche più che per scalatori, ma questo Lopez vola. Ed ha ancora il dente avvelenato.
Se ne va anche gennaio e da stanotte inizierà il lungo volo di ritorno verso l’Europa delle squadre e degli inviati dalla Vuelta a San Juan, mentre è già iniziato il rientro dall’Australia. Una puntatina nel deserto arabo, con Saudi Tour appena iniziato e UAE Tour in arrivo, prima di atterrare a casa e si concluderà la prima fase… esotica del calendario. Corse al caldo, il modo per gratificare un pubblico (australiano e argentino) altrimenti escluso dal grande ciclismo.
Velocisti e campioni non si sono sottratti alla sfida, in barba ai calcoli più prudenti. L’Australia ha visto la ribalta vittoriosa dei due atleti arrivati alla strada dalla Zwift Academy – Jay Vine ha vinto il Tour Down Under, mentre Loes Adegeest s’è portata a casa la Cadel Evans Great Ocean Road Race – e di atleti come Simon Yates e Pello Bilbao. L’Argentina invece ha segnalato le prime accelerazioni di Evenepoel e Bernal, ha ribadito la classe innata di Filippo Ganna, regalato un volto nuovo alle volate con Welsford e si è consegnata prevedibilmente a Miguel Angel Lopez.
Certi avvertimenti
Prevedibilmente, certo. Era stato palese, in occasione del primo incontro alla vigilia della corsa, che Superman morisse dalla voglia di riscattarsi dopo il licenziamento dall’Astana. Il medico con cui è stato messo in relazione di recente ha raccontato di avergli dato dei consigli legati all’alimentazione. Il suo procuratore lo ha lasciato libero, pur ammettendo di non ritenerlo un corridore dopato. Il Team Medellin lo difende a spada tratta, accusando l’Astana di ipocrisia e scarsa umanità. E così alla fine, in attesa che la famosa indagine porti a qualcosa, un corridore di livello WorldTour come Lopez (al netto delle sue stranezze più volte evidenziate) si ritrova ai margini per una telefonata ricevuta dalla squadra kazaka. Uno di quegli avvertimenti amichevoli tipici delle regioni più calde, con cui si fa intendere tutto e l’esatto contrario. Un altro modo, già visto in precedenza, con cui si esercita il potere.
Campionati colombiani
Lo stesso trattamento è toccato infatti a Quintana, messo ai margini dalla positività al Tramadol, che non è vietato in nessun’altra parte del mondo al di fuori del ciclismo. Nairo non trova squadra e difficilmente ci riuscirà. Per lui si tratta di una seconda scivolata: non dimentichiamo gli integratori sospetti che gli furono trovati due anni fa e per i quali tuttavia fu prosciolto. Usando il Tramadol e sapendo di non poterlo fare, il colombiano ha commesso una leggerezza purtroppo imperdonabile e adesso è atteso ai campionati nazionali colombiani, dove come Lopez farà il diavolo a quattro per farsi vedere e lanciare un nuovo appello ai team WorldTour, dopo quello di qualche giorno fa.
Sia Lopez che Quintana sottolineano di avere passaporti biologici nella norma.
Apprensione per Bernal
Accanto a Higuita, secondo a San Juan e in continua crescita, il quarto colombiano che più tiene in apprensione i tifosi è Egan Bernal. Il fuorigiri all’Alto del Colorado lo ha pagato con un’infiammazione del ginocchio battuto nella caduta del primo giorno, di cui nessuno si era accorto. Egan è il solito modello di determinazione e simpatia, ma non ha ancora l’aspetto di un corridore in salute. Le sue gambe sono ancora sottili, i polpacci non hanno la tonicità di quando vinse il Giro, nel muoversi per infilare la maglia osserva ancora mille cautele. L’incidente mostra i suoi segni, inevitabilmente. E certamente per andare al Tour contro Pogacar, Vingegaard e chissà chi altri, dovrà lavorare sodo, crescere e sperare che il tempo gli basti. Il suo livello migliore rischia di non bastare.
Attacco a Evenepoel
Egan non ha mai dominato. Vinse il Tour del 2019 grazie al vantaggio sull’Iseran, prima che il resto della tappa venisse neutralizzato per grandine. E poi al Giro del 2021 ebbe il suo bel da fare per contrastare i rivali. I successivi problemi alla schiena e l’incidente del 2022 hanno arrestato un processo di crescita che lo pone ora in posizione di svantaggio rispetto ai rivali del momento.
L’attacco della Ineos Grenadiers a Evenepoel c’è stato e ha fatto capire che gli stessi dubbi dimorano nella squadra britannica, che però ora fa quadrato attorno al piccolo colombiano, cercando di capire quale ruolo potrà avere in futuro Pidcock. Vorrebbero dirottarlo sui Giri, ma pare che Tom non abbia la minima voglia ancora di scegliere, divertendosi ancora molto in tutte le altre discipline.
Remco e Tadej
Insomma, la carne al fuoco è davvero tanta. Il UAE Tour ci proporrà il primo scontro fra Pogacar ed Evenepoel. Ieri Remco ha attaccato con Simmons nel finale piattissimo dell’ultima tappa argentina, mentre Pogacar sarà al debutto. La sensazione è che il belga arriverà negli Emirati per cogliere la prima vittoria di peso, mentre lo sloveno sarà al debutto stagionale, ma non si sottrarrà alla sfida.
Perciò in attesa di tornare a fusi orari uguali per tutti, vi diamo appuntamento a Montichiari dove vivremo la preparazione degli azzurri per gli europei su pista della prossima settimana e vi aspettiamo a Hoogerheide, da dove vi racconteremo i mondiali di ciclocross. Sarà pure appena iniziato, ma questo nuovo anno di corse promette già molto bene.
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A San Juan, per l’ultima tappa della Vuelta, sono scese in strada centinaia di migliaia di persone. Qualcosa di impensabile, se non per palcoscenici come il Giro d’Italia oppure il Tour nelle loro terre più calde. Lungo il circuito di 16 chilometri, non un solo metro è parso scoperto di pubblico e alla fine la vittoria è andata nuovamente a Sam Welsford su Jakobsen e Nizzolo. E se nella prima tappa aveva avuto paura, questa volta all’olandese è andata bene. Per questo quando si dirigeva verso il podio aveva lo sguardo scosso.
«Era già stato super speciale – racconta Welsford – aver vinto ieri e mi aveva dato grande motivazione. Oggi avevo grande fiducia e questo secondo successo mi fa credere nel processo che ho iniziato qui e andrà avanti per il seguito della stagione. I risultati in pista sono stati un’esperienza importante per arrivare a questo livello. La squadra mi ha aiutato molto per tutta la settimana. Siamo stati circondati da una folla incredibile, non riuscivo ad ascoltare quello che dicevano i miei compagni.
«Spero di tornare qui il prossimo anno e che questa sia una delle tante vittorie che verranno ancora. In volata eravamo velocissimi, Fabio ha provato a inserirsi fra le barriere ed è stato colpito da un telefono. Ho visto il replay. Spero che stia bene, ha rischiato davvero di cadere. A volte bisogna capire da fuori che quando si arriva così vicini ai corridori, bisogna stare attenti alla loro incolumità».
Pericolo scampato
Jakobsen ha provato a infilarsi sulla destra dell’australiano, dimostrando di aver ben recuperato psicologicamente da quanto gli accadde al Polonia. Ma proprio nel momento in cui si è infilato nei pochi centimetri fra Nizzolo e la transenna, lo ha colpito al capo il telefonino di un tifoso che si sporgeva per fotografarlo.
Il telefono è volato via e con esso gli occhiali di Jakobsen, ma lo sbandamento della ruota anteriore dell’olandese stava per costargli caro. Se non avesse corretto la traiettoria con uno scarto, Jakobsen avrebbe sollevato con la ruota il pannello pubblicitario legato alla transenna e le conseguenze sarebbero potute essere gravissime.
Mancano circa 15 metri al traguardo, un tifoso si sporge davanti a JakobsenL’impatto non si può evitare: volano il telefono e gli occhialiJakobsen scarta, la ruota davanti si avvicina pericolosamente al pannello pubblicitarioFabio riesce a correggere la traiettoria e torna verso il centro della stradaNessuna caduta, ma Welsford raddoppia il bottino. Jakobsen salva il secondo posto, Nizzolo terzo
Nizzolo, il rapporto giusto
Nuovamente terzo, come dopo la prima tappa, Nizzolo saluta il nuovo podio con più consapevolezza. Se il primo giorno infatti si trovò a sprintare con un rapporto troppo corto, pagando il cambio di ritmo di Bennett, questa volta il milanese ha provato ad anticipare la volata partendo lunghissimo.
«Ho avuto una sensazione buona – spiega – ma la volata è stata un po’ strana per me, nel senso che non sono le volate che mi piacciono. Non è stata molto tecnica. Però ho trovato il varco per uscire, anche se un po’ lontano dall’arrivo. Ci ho provato e comunque aver fatto una volata così lunga è sintomo che la condizione è abbastanza buona. Un podio che mi motiva, diverso dal primo. Col rapporto che avevo, la settimana scorsa avevo poche chance. Oggi invece ho fatto una volata di testa, che comunque è sempre bello. Poi, chiaro, venire rimontato sul più bello non è simpatico.
«Visto quanta gente? Dicevo ai miei compagni che nel 2018 vinsi questa tappa in uno scenario praticamente uguale e fu un’emozione incredibile. Perché insomma, avere questa gente non è consueto, quindi è bellissimo. Li ringrazio tutti».
Nizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e JakobsenNizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e Jakobsen
Fra Lopez e Tarozzi
La Vuelta a San Juan 2023 se l’è presa Miguel Angel Lopez, grazie all’impresa all’Alto del Colorado, con il nostro Tarozzi che si è aggiudicato la maglia del Gran Premio della Montagna, grazie alla condotta sbarazzina e cocciuta.
«Sono molto contento di questa squadra – dice Lopez – ringrazio tutti per il loro lavoro ogni giorno, spero che questa vittoria sia una bella ricompensa. Voglio anche congratularmi con l’organizzazione per questa bellissima gara, penso che la gente si sia davvero divertita. Porto a casa questa vittoria e inizio l’anno molto motivato. Devo ringraziare Medellin per questa opportunità che mi hanno dato per mostrare le mie qualità, abbiamo dimostrato di essere la squadra migliore. Tutti hanno visto quanto siamo uniti. Questa vittoria mi rende molto felice e soprattutto la voglio dedicare alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli che sono la cosa più importante. Sono sempre lì, nel bene e nel male».
Sul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salitaSul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salita
Per il colombiano e per il romagnolo della Green Project-Bardiani-Faizanè si tratta di una partita vinta. Il primo ha voluto dimostrare qualcosa a se stesso e all’Astana e ora bisognerà aspettare per capire come finirà la sua storia. Intanto il Team Medellin prepara le valigie per inviti già ricevuti in Europa. Invece Tarozzi deve riprendersi dall’infortunio del 2022 e aspetta solo di raccontare tutto il lavoro che gli è costato arrivare fin qui.
La serata si accende di luci, colori e fuochi di artificio. Sul maxischermo del palco scorrono i messaggi registrati nei giorni scorsi, con cui i corridori salutano Maximiliano Richeze. Stasera si farà festa all’Hotel Del Bono, su cui converranno tutte le squadre, poi sarà tempo di impacchettare bici, sogni e speranze e di far rotta verso l’inverno europeo. La Vuelta a San Juan chiude la parentesi delle prime corse al caldo, fra breve tutti i corridori torneranno a sfidarsi sulle rotte europee.
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Miguel Angel Lopez conquista l’Alto del Colorado e, a dirla tutta, ce lo aspettavamo. Il colombiano del Team Medellin, licenziato dall’Astana assieme a un massaggiatore, aveva lo sguardo laser già da un paio di giorni. E quando si è creata l’occasione di attaccare, ha dato gas e tanti saluti a tutti.
«Non pensavo di andare via da tanto lontano – dice dopo l’arrivo – avevo in testa uno sprint negli ultimi 500 metri. Il finale stagione è stato complicato. Ma passate le feste, dal primo gennaio ho ricominciato ad allenarmi nel modo giusto».
Alla partenza, i ragazzi dell’Astana avevano un anello nero al braccio, in ricordo di InselviniAlla partenza, i ragazzi dell’Astana avevano un anello nero al braccio, in ricordo di Inselvini
Un minuto per Umberto
Era cominciato come un pessimo giorno. La notizia della morte di Umberto Inselvini aveva gelato il gruppo di quelli che lo conoscevano. Al raduno di partenza si rincorrevano i ricordi degli aneddoti di vita con il massaggiatore bresciano, portatore sincero di umiltà, curiosità e di una cultura costruita in anni di attese, esperienze, domande, racconti, confronti. Lo vedevi alle partenze e agli arrivi, a volte anche negli hotel. E ogni volta che lo salutavi, ti sentivi più ricco e ti chiedevi se avessi lasciato qualcosa anche a lui.
I corridori dell’Astana e tutti gli italiani si sono schierati alla partenza con un giro di nastro nero sul braccio, poi la tappa era partita e il vento, i paesaggi, l’adrenalina avevano portato tutto con sé.
«E’ un grande dolore – dice Lopez commosso – perché Umberto era una persona con cui ho condiviso tanto. Mi ha massaggiato per un anno, ma mi restano i ricordi delle lunghe trasferte fatte insieme. Penso alla sua famiglia. Era un uomo che si è sempre preso cura di me».
In poche parole di Velazquez, il succo dell’accoglienza di LopezE’ stato il team Medellin a consentire a Lopez di crescere ancoraIn poche parole di Velazquez, il succo dell’accoglienza di LopezE’ stato il team Medellin a consentire a Lopez di crescere ancora
Critiche all’Astana
La fuga di Tarozzi, ripreso dal vecchio Messineo. Poi l’allungo poco convinto di Evenepoel. Quindi l’attacco di Lopez con Higuita appresso e Ganna con Bernal sulle spalle. Egan voleva mettersi alla prova, ma si è visto che ancora qualcosa manca e probabilmente era questo il test che cercava.
Sul traguardo all’Alto del Colorado, con gli occhi rossi per l’emozione, il tecnico del Team Medellin è al settimo cielo e ne approfitta anche per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
«Quando abbiamo saputo che Miguel Angel era senza squadra – dice Jose Julian Velasquez – ci sono voluti 30 secondi per ingaggiarlo, non serviva di più. Credo in Superman. E’ uno dei migliori corridori al mondo, lo ha dimostrato e continua a dimostrarlo. Non so molto della situazione, l’unica cosa è che credo in lui, credo nei corridori colombiani. Mi sono affrettato a prendere una decisione per dargli una possibilità. Penso che l’Astana abbia sbagliato. Potrei dire che sono stati ipocriti e carenti di umanità. Perché prima ci sono le persone e poi i ciclisti».
Lopez voleva attaccare solo nel finale, poi ha preferito non correre rischiLopez voleva attaccare solo nel finale, poi ha preferito non correre rischi
Il futuro di Lopez
Dalle sue parole traspare orgoglio, lo stesso che in qualche modo abbiamo visto nei giorni scorsi negli occhi di Quintana, il quale giusto ieri ha annunciato che parteciperà ai campionati nazionali.
«Miguel Angel – prosegue Velazquez – aveva bisogno di una squadra che lo apprezzasse e lo sostenesse. Ed è quello che abbiamo fatto con lui in questi giorni, ma siamo anche consapevoli che forse fra un giorno, una settimana o un mese potrebbe ricevere l’offerta da una grande squadra. Sarebbe un piacere per me rompere il suo contratto, perché lui torni a rappresentare tutti i colombiani in un Giro d’Italia, una Vuelta a España o un un Tour de France. Tutta la squadra, a partire dal nostro capitano Sevilla, è stata orgogliosa di averlo e glielo dimostra con gesti piccoli ma importanti, ad esempio dandogli il posto davanti in macchina. Ma vedo anche la sua umiltà. L’organizzazione di questa gara gli ha offerto biglietti di prima classe, ma lui ha scelto di viaggiare con tutta la squadra in classe economica».
Sul podio dell’Alto del Colorado, con Lopez ci sono Ganna e HiguitaUn’altra bella fuga per Tarozzi, ripreso nel tratto più duroEvenepoel ha attaccato all’inizio della salita finale, ma si è rialzatoSul podio dell’Alto del Colorado, con Lopez ci sono Ganna e HiguitaUn’altra bella fuga per Tarozzi, ripreso nel tratto più duroEvenepoel ha attaccato all’inizio della salita finale, ma si è rialzato
Una piccola squadra
Lopez adesso è al comando della Vuelta a San Juan, con 30 secondi giusti di vantaggio su Ganna, alla vigilia di due tappe veloci in cui il gigante piemontese potrebbe voler tentare l’allungo. Pippo ha commentato che dopo quattro giorni al servizio della squadra, questa volta la Ineos ha lavorato per lui.
«Siamo una piccola squadra – dice Lopez – non siamo al livello delle WorldTour, ma non ci manca niente. Sevilla è il nostro capitano di strada, ha grande esperienza, conosce bene il terreno e mi ha aiutato lui nel momento dell’attacco. Vedremo come andrà a finire. Siamo venuti qui per goderci questa corsa e aver raggiunto questo risultato mi mentalizza e mi dà un bel morale».
Gira la voce per cui l’Astana non si sarebbe privata di Lopez, ma avrebbe cambiato forzatamente idea dopo una telefonata che suggeriva di non tenerlo. Da chi venisse non è dato saperlo, immaginarlo è scontato.
Siamo alla partenza della prima tappa della Vuelta a San Juan e Superman sta finendo di prepararsi sotto il gazebo del Team Medellin. Poco oltre c’è il pulmino dell’Astana, con il dottor Magni e Michele Pallini, lo storico massaggiatore di Nibali, che aveva ricevuto l’incarico di seguire il colombiano e adesso è qui con il resto della squadra.
La gamba è quella scolpita del Lopez migliore, il polpaccio è svenato e i quadricipiti vogliono solo spingere: farà di tutto per vincere la corsa. Si fa fatica a capire l’esatta dimensione delle accuse che lo riguardano. Si parla di frequentazione di un medico sotto inchiesta, tale Marcos Maynar. Il suo procuratore si è detto abbastanza certo che Miguel Angel non sia un corridore dopato, ma ha violato l’accordo di frequentare medici esterni alla squadra e per questo ha interrotto la collaborazione. Ma lui cosa dice?
Lopez è nato nella regione di Boyaca nel 1994, è pro’ dal 2015, è stato 3° al Giro e alla VueltaLopez è nato nella regione di Boyaca nel 1994, è pro’ dal 2015, è stato 3° al Giro e alla Vuelta
Come stai?
Bene. Motivato, tranquillo, felice e desideroso di iniziare.
Com’è stato cambiare squadra a inizio stagione e in così poco tempo?
Una situazione complessa e delicata, spero che le cose possano essere chiarite presto. Per fortuna ho ancora la mia licenza. Mi hanno voltato le spalle e da quel giorno non ho più parlato con nessuno. Mi hanno lasciato libero quando molte squadre erano già chiuse, quindi è stato difficile trovare una maglia. La verità è che adesso sono motivato per la nuova squadra e il nuovo materiale. Si va tutti molto d’accordo.
Sei motivato a vincere questa gara?
Sì, ci proverò di certo. Provare non costa molto.
Come stai vivendo quello che ti è successo?
Sono tranquillo perché non ho cose da nascondere e continuo a fare quello che mi piace. Spero che si arrivi presto a una conclusione e che tutto torni alla normalità. Nel frattempo, mi godo ogni gara, ogni momento e vivo pensando al futuro.
Lopez è passato con l’Astana nel 2015 e ci è rimasto fino al 2020, poi un anno alla Movistar e il ritorno da VinokourovLopez è passato con l’Astana nel 2015 e ci è rimasto fino al 2020, poi un anno alla Movistar e il ritorno da Vinokourov
E il futuro prevede un ritorno in Europa?
Non lo so, non so niente. Penso che oggi siamo qui, domani non sappiamo. Quindi è meglio godersi ogni momento di ogni gara e basta. Penso però che questo sia un anno di transizione e ho la fortuna di viverlo nella migliore squadra della Colombia. A volte per andare avanti, devi fare un passo indietro. Parteciperò a belle gare, ma è difficile perché non parteciperò ai Grandi Giri.
Ti aspettavi che l’Astana ti licenziasse?
Sapevano della mia situazionee per questo ho corso la Vuelta a España. Sapevano del caso che mi riguarda e mi hanno rinnovato il contratto sapendo assolutamente tutto. Non c’è stato nessun caso di doping. Ho i miei passaporti biologici senza alcuna macchia ed è quello che conta, oggi ho l’autorizzazione a gareggiare in qualsiasi squadra. Penso che le cose succedano e dobbiamo andare avanti, ma è stato come se di colpo mi avessero portato via tutto quello che avevo.
Hai passato un buon inverno?
No, non molto. La verità è che non ho partecipato a ritiri, ho fatto molta mountain bike, cercando di divertirmi facendo qualcosa di diverso ed eccomi qui.
Questa gara si vince venerdì all’Alto del Colorado?
Non lo so, si vince dovunque. Credo che ogni giorno conti e poi ci sarà un giorno più importantedegli altri, lassù sul Colorado.
Lopez si è mostrato molto disponibile: in questi giorni ha raccontato la sua storia con energiaLopez si è mostrato molto disponibile: in questi giorni ha raccontato la sua storia con energia
Solo Lopez sa la verità
Difficile dire come finirà la storia, ma era corretto ascoltare la versionedi Lopez, dato che al suo indirizzo sono state dette e scritte parole (ogni tipo di ipotesi possibile, persino alla presenza di intercettazioni) senza che si abbia piena consapevolezza del caso. Il Team Medellin che lo ha tesserato compie quest’anno i sette anni di attività, ha come primo sponsor il Comune della città e non ha mai avuto problemi con l’UCI per doping. José Julian Velasquez, suo manager, è stato tecnico della nazionale della pista. Sul tanto che si è detto e il tono delle notizie, tornano alla memoria le parole di Martinelli di quel giorno a Calpe.
«Del discorso di Lopez – ci confidò – non ho problemi a dirlo: l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi che davano dettagli. E Lopez era partito solo da un’ora».
Simone Velasco vince la 3ª tappa della Valenciana. Fuga di 119 chilometri e volata vincente. La dedica (toccante) è per Umberto Inselvini e per sua figlia
Alla ripresa della preparazione invernale, Fabio Felline racconta le sue ambizioni, analizza la sua ultima stagione e cerca la scintilla per sbloccarsi
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Il licenziamento di Lopez è una tegola che ha scosso parecchio l’ambiente Astana. Il colombiano è stato mandato via dopo la scoperta di nuovi elementi che mostrerebbero il suo probabile legame con Marcos Maynar, medico sul quale gravano sospetti di doping. Nel bellissimo hotel con parco e piscina da cui si vede il mare, se ne continua a parlare sia pure ormai con la stessa battuta sommessa: proprio non ci voleva. Di colpo, la squadra che ha vinto grandi Giri con Contador, Nibali e Aru, che ha lottato con Landa, Lutsenko e Fuglsang, si ritrova senza un leader per le corse a tappe. Pensare a Giuseppe Martinelli senza un uomo di classifica dopo tanti anni di carriera, sembra quasi innaturale.
«Effettivamente penso che sia abbastanza strano – dice Martinelli, in apertura fra Zanini e Maini – però mi dovrò abituare. Dovrò cambiare un po’ mentalità, andrò meno alle corse. Anche perché con il tempo che passa, arrivano persone e mentalità nuove, per cui è giusto lasciare spazio».
Lopez è stato licenziato per la probabile frequentazione con il dottor Marcos Maynar: Martinelli parla di tradimentoLopez è stato licenziato, Martinelli parla di tradimento
Quando succede una cosa come questa di Lopez quali sono i motivi per cui si rimane male?
Sembrerà strano, ma come prima cosa rimani male per il modo in cui ti arrivano le informazioni, che sono troppe e vengono prima che tu, che sei direttamente coinvolto, sappia qualcosa. E’ una cosa che non esiste, purtroppo però il mondo è questo. Del discorso di Lopez, non ho problemi a dirlo, l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi e Lopez era partito solo da un’ora.
Come si resta?
Ti va il morale sotto i piedi. Nonostante io ne abbia passate di cotte di crude, perché in questo mondo ci sono da troppi anni, fa sempre male perché vuol dire che la gente non ha ancora capito. E ce ne sono ancora purtroppo. E quando tu pensi che sia l’ultimo, invece, ce ne è sempre un altro.
Lui sarebbe stato una pedina importante per questa squadra.
Veniva dalla stagione 2021 con la Movistar che non era andata come doveva. E’ ritornato qua e l’abbiamo accolto a braccia aperte, convinti di riuscire ancora a tirar fuori qualcosa. Siamo stati traditi, la realtà è questa.
I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciConI primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
Hai parlato di nuovo che avanza, cosa salviamo di quel che c’era prima?
Il mondo va avanti, ma non è che i miei pensieri siano distorti da quelli dei giovani. Però si cerca di far collimare sempre queste due anime. Ho la fortuna di essere qua da tanti anni, di conoscere bene il mio ambiente e perciò mi rispettano per quello che sono. Insomma, finché si può, si sta qua.
Si può pensare di iniziare un nuovo ciclo dai giovani? Da Garofoli, per fare un nome…
Secondo il mio punto di vista – precisa Martinelli – non tutti sono Pogacar o Remco. Garofoli arriva da due stagioni un po’ strane. Prima il Covid, poi il problema del cuore. Speriamo che tutto sia in ordine e poi giorno per giorno si cercherà di creare veramente qualcosa. E’ presto per dire se sia un corridore da classiche o da Giri, anche perché corse a tappe vere non le ha mai fatte. Diciamo che secondo me ha una bella testa, ma il ciclismo è veramente cambiato. C’è battaglia dal chilometro zero all’arrivo. C’è gente che va in fuga con la maglia gialla. In certi momenti mi meraviglio che mi meraviglio ancora. Però sono cose che ti fanno pensare. I corridori sono molto più forti, c’è più specializzazione c’è più ricerca…
Non è sempre stato così?
La ricerca del risultato migliore c’è sempre stata, così come le rivalità. Però ognuno aveva il suo orticello da curare. Chi preparava la grande corsa a tappe, del resto si interessava poco. Se adesso vai a fare una corsa, vedi che Vingegaard prepara il Tour, ma intanto vince i Paesi Baschi. O Van Aert che va a fare le classiche, poi ti vince le tappe al Tour come se niente fosse.
Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiareMeccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Fare le squadre è più difficile?
Ne parlavo poco fa con un nostro sponsor e mi chiedeva quali sono le squadre più forti nel panorama mondiale. Alcune hanno prima di tutto il budget per prendere il miglior corridore, il miglior preparatore, il miglior tecnico, il migliore in ogni settore. Ci sono squadre invece che partono magari dai giovani e cercano di tirar fuori qualcosa di importante, che è quello che mi è sempre piaciuto fare. E magari prendono anche un preparatore giovane, lo costruiscono e lo fanno diventare più bravo. Però naturalmente, quando ti scontri con quelle realtà e sei più piccolo, devi cercare di tirar fuori il massimo da quello che hai. E’ un po’ questa la scommessa che forse ci apprestiamo a fare noi dell’Astana. Abbiamo una squadra sicuramente non fra le prime e non voglio dire che saremo in difesa, ma cercheremo veramente di vedere se siamo capaci di tirar fuori il massimo da ognuno.
Una sorta di tutti per uno e uno per tutti?
Ci sono corridori che secondo me erano abituati a fare un determinato lavoro per gli altri e poi a tirare i remi in barca. La sera si brindava perché aveva vinto Vincenzo oppure un altro e andava bene. Adesso vediamo se sono capaci veramente di tirar fuori loro qualcosa di buono. Anche poter dire semplicemente di essere andati in fuga, aver cercato di fare il massimo, centrare un piazzamento… Questo è la scommessa che abbiamo davanti.
Si parla più di un lavoro psicologico che atletico, in questo senso…
E’ un mix, ma sicuramente conta più la testa che le gambe, perché devi veramente creare qualcosa per te stesso. Magari qualcuno ha perso questa attitudine e qualcuno non l’ha mai neanche avuta. Magari un altro è nato gregario. Adesso invece hanno la possibilità di tirar fuori qualcosa per se stessi. Dico la verità, non credo che sarà facile. Non abbiamo la bacchetta magica, però magari scopriamo che qualcosa si può fare.
Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di MosconRacconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Secondo te, al netto dei problemi di salute che ha avuto, Moscon rientra in questa casistica?
Lo abbiamo preso per quello. La prima cosa che gli abbiamo detto quando è arrivato è che in qualunque corsa lui possa andare, avrà carta bianca. Anzi, qualche volta correremo anche per lui. E’ quello che gli è sempre mancato. Peccato che siamo andati incontro a una stagione sfortunatissima.
Adesso come sta?
Motivato, com’era pure lo scorso dicembre. A gennaio invece era uno straccio e si è tirato dietro così fino a ottobre. La prima vera giornata in cui è sceso di bicicletta e mi ha detto di aver avuto buone sensazioni è stata alla Bernocchi, che era il 3 ottobre. E così lo abbiamo convinto ad andare in Malesia, dicendo che saremmo ripartiti da lì per arrivare qui a ricominciare per bene. Ci sono stati momenti in cui non ti rispondeva neanche ai messaggi, perché non sapeva cosa dire. Ed era anche difficile digli qualcosa per tirarlo su…
Hai parlato dei tanti ruoli nelle squadre: il direttore sportivo può ancora fare la differenza?
Sicuramente meno. Ovviamente non voglio dire che mi trovo con le mani legate, però adesso prima di fare una cosa, ti devi confrontare con tantissime persone. E tutte le volte che tu ti confronti con una persona, ti fa cambiare idea oppure sposi un po’ la sua. Una volta andavo a dormire, mi alzavo la mattina con la strategia che avevo studiato prima di andare a letto. Andavo dai corridori e gli spiegavo come avremo corso. Invece adesso ti confronti con troppe persone e alla fine molte volte ti tolgono un po’ di quello che avevi pensato. E’ capitato anche che me l’abbiano girata completamente al contrario. Perché ti dicono che quel corridore non sta tanto bene, che non conviene fare una certa cosa… E a un certo punto ti chiedi: e adesso cosa faccio?
Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Cosa succede se fai come prima e imponi la tua idea?
Io dico che in mezzo a tanti, forse sono ancora l’unico che viene giù ed ha ancora quell’idea. Il problema però è che molte volte ti trovi davanti il corridore che ha parlato con gli altri e quando nella riunione li guardi in faccia, sono perplessi o poco convinti. Prima li portavi dove volevi, perché la sera andavo in camera, parlavo col corridore e al massimo passava il dottore per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa per dormire.
Adesso no?
Adesso appena arrivi in hotel, c’è già l’analisi della corsa. Quanto hai speso, quanto non hai speso. Cosa devi mangiare, cosa non devi mangiare. Passa il dottore e ti porta quello che devi bere perché hai consumato un tot. Serve tutto per migliorare, anche se troppe cose nella testa ti confondono. Secondo il mio punto di vista, quello che il corridore soffre adesso è proprio questa pressione. Il fatto di avere sempre qualcuno che ti dice qualcosa e di tuo ti rimane poco.
Luciano Pezzi, nel presentare la Mercatone Uno del 1997, disse che Pantani ne sarebbe stato il leader, ma il capitano sarebbe stato Martinelli. Non è più possibile?
Questo dipende molto dalla squadra e da quello che sei riuscito a creare. Oppure da quello che gli altri hanno creato intorno a te. Adesso la squadra è fatta di tante componenti, mentre prima c’erano solo l’atleta e il direttore sportivo. L’esempio è quello che succederà domattina…
Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamentoDue risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Che cosa?
Se venite qui domattina, vedrete che sul programma c’è scritto per filo e per segno tutto quello che il ragazzo dovrà fare. Invece quando io consegnavo i fogliettini c’era scritto: sveglia, colazione, allenamento. Il direttore sportivo era proprio il faro, adesso è un componente del team.
Seguirai davvero meno del solito?
Andrò sicuramente meno. Il mio lavoro in questa squadra è diventato un po’ di contorno. Cerco di fare un po’ più la logistica. Certo, quando salgo sull’ammiraglia, sono nel mio regno. Ritrovo il mio modo di fare, il mio modo di agire. Sono ancora un po’ autoritario. Però ci sono tante altre persone che lavorano per me. Non sono io il più bravo, ce ne sono altri molto più bravi. E’ giusto che abbiano il loro spazio.
All'indomani della vittoria di Lopez alla Vuelta, con Unzue entriamo nelle dinamiche della Movistar. I tre leader. I giovani. Gli italiani. Che aria tira?
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Una vittoria al Tour of the Alps e un podio sfiorato alla Vuelta, ma anche una grossa tegola al Giro d’Italia. La stagione di Miguel Angel Lopez si archivia con qualche acuto e qualche “vuoto”, più che qualche basso.
Il colombiano dell’Astana Qazaqstan ha chiuso il suo 2022 agonistico sulle strade dellaVeneto Classic. A Bassano del Grappa tutto si respirava fuorché l’atmosfera da ultimo giorno di scuola, almeno fino al momento di tagliare la linea del traguardo.
Bassano del Grappa. Federico Borselli, factotum dell’Astana, controlla le ferite di LopezBassano del Grappa. Federico Borselli, factotum dell’Astana, controlla le ferite di Lopez
Finale in crescendo
Linea che Lopez ha superato con tagli ed escoriazioni sulla mano e ad un braccio. E’ caduto in salita in un momento chiave della corsa ad una ventina di chilometri, forse meno, dal termine.
Quando arriva al suo bus nonostante tutto ci dedica del tempo. E questo va apprezzato. Quando si cade si ha voglia solo di scappare via.
«La gamba era buona in questo finale di stagione – spiega Miguel sulla scalinata del bus – oggi pensavo di fare una buona corsa, la squadra puntava su di me. Purtroppo c’è stata questa caduta in un momento importante della corsa e ho perso una buona opportunità. Ringrazio comunque i ragazzi».
Lopez nell’ultimo periodo è andato in crescendo. Non aveva più gareggiato dalla Vuelta. Ma dall’Emilia in poi si era rimesso in carreggiata… e anche fuori. Lui infatti, nonostante non sia certo un passista, si è voluto buttare nella mischia delle due gare gravel: il mondiale e la Serenissima.
“Superman” infatti è un eccellente biker, quando è in Colombia esce in allenamento con il pluriridato marathon Leonardo Paez. E tutto sommato visto il suo peso ridotto se l’è cavata super bene tra i passistoni alla Oss e alla Van der Poel.
Il colombiano ha un grande feeling con l’offroad: 4° al mondiale, 6° alla Serenissima gravelAnche al Giro del Veneto è stato pimpante…La vittoria a Kals am Grossglockner ad aprile al TOTAIl colombiano ha un grande feeling con l’offroad: 4° al mondiale, 6° alla Serenissima gravelAnche al Giro del Veneto è stato pimpante…La vittoria a Kals am Grossglockner ad aprile al TOTA
Stagione altalenante
Ma se il finale è stato buono, a partire dal quarto posto della Vuelta, il resto della stagione ha lasciato diversi dubbi. E lui stesso ne è consapevole.
«La stagione – sbuffa un po’ Lopez – è andata… così. Poteva andare meglio, sia per me che per la squadra. Si poteva forse ottenere qualcosa di più. C’è stato qualche momento di vuoto. Ma possiamo solo che andare avanti».
Un primo vero vuoto Lopez lo ebbe sul Carpegna. Quella contro-prestazione portò anche ad un bella strigliata da parte di Giuseppe Martinelli che non gradì l’atteggiamento arrendevole del colombiano. Dopo aver perso, come del resto tutti quanti, qualche metro da Pogacar, lui mollò del tutto.
Al Tour of the Alps invece mostrò una buona condizione e soprattutto dava l’idea di essere sul pezzo. Ma poi ecco di nuovo un momento no: lo stop al Giro d’Italia. Miguel alzò bandiera bianca quasi subito, per un enorme contrattura. Si fermò nella prima tappa italiana, quella dell’Etna. In quel caso la squadra gli fu vicina: non poteva continuare. C’è stata dunque anche una dose di sfortuna.
Con i migliori… Miguel a ruota di Mas alla Vuelta. In salita, quando sta bene, Lopez è uno dei miglioriCon i migliori… Miguel a ruota di Mas alla Vuelta. In salita, quando sta bene, Lopez è uno dei migliori
Leader unico?
Ma come dice Lopez stesso non si può che andare avanti. E questa è anche la parola d’ordine? A fine Giro, Giuseppe Martinelli ci disse che Lopez avrebbe dovuto dire una volta per tutte se fosse stato carne o pesce. E a 28 anni è anche ora. Adesso c’è un altro cambio importante che lo pone verso un’identità definita: l’addio di Nibali.
Al netto che del mercato che farà l’Astana Qazaqstan, Lopez è il leader unico. Nessun comprimario con cui condividere il peso della squadra, le gestione dei gregari in corsa… No, sarà tutto sulle spalle e questo argomento lo accende.
«Sento la fiducia – dice Lopez – so come fare ormai per preparare i grandi Giri e anche per fare altre cose. Qui sono felice di poter continuare e per fortuna non penso che questa caduta mi crei grandi problemi per l’inverno».
«Cosa mi manca per essere più costante? Bah, non saprei. Credo di essere stato abbastanza costante durante la stagione… quando ho potuto. Alla Vuelta, per esempio, ho fatto una buona corsa dall’inizio alla fine. Sono stato sempre lì con i migliori.
«Il problema – ride – è che altri vanno più forte di me. Dobbiamo lavorare».
Il Giro d’Italia è alle spalle. Ma non è del tutto chiuso per quel che riguarda analisi, ricordi, polemiche (leggasi Cipollini), bilanci. Con Giuseppe Martinelli, diesse dell’Astana Qazaqstan riavvolgiamo il nastro su Nibali e su Lopez.
Come è andata con l’uno e come è andata con l’altro. Se con Vincenzo alla fine c’è da gioire, non è proprio la stessa cosa con Miguel Angel.
Giuseppe Martinelli (classe 1955) da oltre 10 anni fa parte dello staff dell’AstanaGiuseppe Martinelli (classe 1955) da oltre 10 anni fa parte dello staff dell’Astana
“Martino”, partiamo proprio da Nibali. Cassani ci ha detto: il bravo diesse è colui che riesce a mettere in condizione il suo atleta di fare il meglio possibile. Per me il quarto posto di Nibali di quest’anno vale più di altri podi o di una vittoria di tappa ottenuta stando fuori classifica”. Cosa ne pensi?
Siamo venuti con un’altra idea con Vincenzo. Non posso negare che il quarto posto è bellissimo, però lo abbiamo raccolto perché lui è veramente un fenomeno. Non ha mai mollato ed è riuscito a tirare fuori delle prestazioni incredibili che gli hanno consentito di stare con i migliori. Tuttavia la mia idea era quella di fare un Giro alla Ciccone. Andare fuori classifica, cercare di movimentare le tappe, di raccogliere più risultati possibili. E invece ho dovuto fare ancora quello che che mi viene più facile: stare lì a lottare tutti giorni, a tenere la squadra cucita e compagnia bella… Stavolta ho fatto veramente fatica perché, ripeto, non era nel mio intento. Volevo divertirmi. E lo avevo detto a tutti che avrei voluto correre diversamente. Ma un quarto posto, è chiaro, non si butta assolutamente.
E questo modo di correre è derivato anche dal fatto che non avevate più l’uomo di classifica?
Sicuramente. E’ nato tutto da lì. Quando tu al terzo giorno perdi il tuo leader, cerchi di voltare pagina ma non è così facile. Restano tante pagine bianche che devi completare con qualcosa.
Cioè?
Non siamo una squadra, non come la Quick Step – Alpha Vinyl che ha tanti uomini di prima fascia e con diverse caratteristiche e può vincere tutti giorni o quantomeno lottare, tutti i giorni. Alla fine, se noi lasciavamo perdere il piazzamento di Vincenzo potevamo, forse, raccogliere qualcosa. Ma anche nulla.
E se invece ci fosse stato Lopez?
Avremmo tenuto un uomo in classifica, Lopez appunto, con la squadra intorno. E Nibali battitore libero. E diventava tutto più semplice.
Lopez è un buon corridore, nessuno pensa il contrario, però deve diventare grande. Ad un certo punto, a 28-29 anni, devi capire che devi fare i sacrifici. Che tutto è più difficile. Che per conquistare i grandi traguardi e lottare con i migliori serve la massima concentrazione. Devi capire ogni anno che la concorrenza aumenta: arrivano dei giovani, di cui una volta facevi parte anche tu, e invece adesso sono gli altri, ma tu ci devi essere. Non puoi pensare di svegliarti una volta ogni tanto e vincere una tappa al Tour of the Alps.
“Martino” aveva previsto per Nibali un Giro all’assalto. Invece lo Squalo ha dovuto (e voluto) tenere per la classifica
Il momento del ritiro di Lopez nelle fasi iniziali della tappa dell’Etna
“Martino” aveva previsto per Nibali un Giro all’assalto. Invece lo Squalo ha dovuto (e voluto) tenere per la classifica
Il momento del ritiro di Lopez nelle fasi iniziali della tappa dell’Etna
Ti aspetti di più…
Mi è dispiaciuto da una parte che si sia ritirato al Giro, ma spero che questa batosta sia la volta buona perché cambi modo di fare e di essere. Noi lo abbiamo abbastanza corteggiato per portarlo qua. Ma in questo momento siamo anche abbastanza arrabbiati.
Perché?
Perché visto come è andato il Giro il risultato si poteva veramente ottenere. Ci sono stati corridori buoni, sicuramente, però tra chi ha vinto e chi ha fatto terzo poteva esserci anche lui. Tanto più che il Giro si è deciso in salita e non a cronometro come sembrava durante la corsa con quei tre che erano sullo stesso piano fino alla Marmolada.
Quindi la porta aperta perché diventi grande con voi, gliela lasciate?
La possibilità c’è ancora e ci crediamo. Adesso sta recuperando. In questi giorni ha ripreso ad allenarsi. Ha passato le settimana del Giro a riposo assoluto per recuperare al meglio. Lo aspetta la possibilità del Tour. E se non sarà al Tour sarà alla Vuelta di sicuro.
Ti saresti aspettato maggior tenacia da parte sua prima di ritirarsi? O effettivamente era impossibile andare avanti nelle sue condizioni?
Io sono sempre arrabbiato quando un mio corridore si ferma, però effettivamente Lopez non poteva andare avanti. Aveva una contrattura che peggiorava tutti i giorni. Abbiamo provato a far di tutto… Addirittura nel giorno di riposo si è accentuata. Probabilmente perché sin che era lì a spingere e il muscolo era sempre “caldo” era meglio. Il giorno di riposo lo ha pagato a caro prezzo.
Nibali e Lopez avevano già corso insieme nell’Astana nel 2016Nibali e Lopez avevano già corso insieme nell’Astana nel 2016
Hai detto che deve crescere: in cosa?
Nella qualità del suo lavoro – ci pensa un po’ stavolta prima di rispondere Martinelli – deve mettersi in testa che qui l’abbiamo fatto crescere, ma adesso le cose sono cambiate. Adesso è tornato da leader, non più il bravo ragazzo promettente. Quando era qui la prima volta aveva Vincenzo che era già un campione affermato. C’erano Luis Leon Sanchez,Jakob Fuglsang… tanti altri corridori presso cui “ripararsi”. Adesso è un leader.
E qual è il ruolo del leader?
Un leader deve essere consapevole che dietro ha una squadra che investe su di lui. E investe non solo delle risorse umane, ma anche dei soldi.
Quindi ti aspetti un Lopez più presente nel quotidiano? Vita da atleta, concentrazione negli allenamenti…
Le sue responsabilità devono essere al pari di quelle della squadra. Quando tu lo prendi e lo paghi come un campione. Lui forse non ci è arrivato a questo punto. Io spero, come ripeto, che questa ricaduta gli dia qualcosa ancora.
Magari non tiene la pressione del leader…
Ma no, quella mi sembra la tenga bene. Io non credo sia una questione di pressione, quanto piuttosto di capire che deve diventare grande.