Cattaneo, storia di una dura risalita

13.01.2022
7 min
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«Il Tour mi ha portato a un livello altissimo – dice Cattaneo nel pomeriggio spagnolo – ho passato i dieci giorni successivi a rispondere al telefono. Se avessi fatto 12° al Giro, mi avreste chiamato forse voi. Per questo, quando me l’hanno chiesto, ho detto che avrei preferito tornare in Francia. E poi in Danimarca si comincia con una crono, un piazzamento nei primi 10 ci starebbe. Sognare non costa nulla, anche se ci saranno tutti i migliori del mondo».

Un anno importante

Lui l’ultima crono della stagione l’ha vinta, al Tour of Luxembourg. E al Tour de France ha aiutato la squadra, favorendo le vittorie di Cavendish e Alaphilippe e ritagliandosi però anche un bello spazio, nella forma di fughe che l’hanno portato al secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e due top 10 nelle crono. Alla Quick Step-Alpha Vinyl se ne sono accorti e hanno deciso di investire su di lui. 

«E’ stato un anno importante – conferma – e nel 2022 vorrei fare uno step ulteriore nelle crono, prendendo poi tutto quello che verrà nelle corse a tappe. La parte più difficile di questa risalita è stata ritrovare la testa per pensare di essere all’altezza. Nei primi anni da professionista ho commesso i miei errori e anche la squadra non è stata in grado di aiutarmi. Quando però sono arrivato all’Androni, sono riuscito a riprendere il controllo e devo a quegli anni il fatto di essere qui».

Cade il velo

Ci sono cose che si sanno. Guai scriverle, perché attengono alla sfera privata e i corridori meritano rispetto. A parte qualche caduta di troppo, si diceva che fra i problemi di Mattia ci fosse un rapporto complicato con l’alimentazione. Ne abbiamo scritto tanto, altri corridori da Aru a Cimolai ci hanno raccontato la loro storia, e ora per la prima volta affrontiamo con lui il delicato argomento.

«E’ vero – ammette – ed erano problemi che venivano da lontano. Li avevo anche da junior. Cominciarono a dirmi che per vincere dovevo essere magro. Leggevo sulle riviste articoli che parlavano della magrezza e alla fine mi convinsi che fosse l’unico modo per diventare professionista. Ti alleni e mangi poco, me lo portai dietro anche da dilettante.

«Facevo fatica, arrivavo già stanco alle salite. Da pro’ lo step successivo. Vedevo quelli che mangiavano di tutto ed erano sempre tirati. Non pensavo che magari avessero 10 anni più di me e fossero semplicemente più definiti. Io non mangiavo e loro andavano più forte. Entri in un circolo e non capisci più se il segreto sia nell’allenamento o nell’alimentazione, così mi focalizzai sull’essere sempre più magro.

«Poi passai all’opposto e mi ritrovai a correre con 3-4 chili di più. Era cambiata la prospettiva, ma il problema era lo stesso. In Androni finalmente ho trovato l’equilibrio. L’alimentazione non è più un problema, ma in certi giorni mi viene ancora da pensare a come andrei in salita se pesassi 2 chili di meno. La risposta l’ho avuta al Tour. Ci sono arrivato al peso forma e nell’ultima settimana mi mancava un po’ di forza. Quello è il mio peso limite, so che mi avrebbe fatto comodo mezzo chilo di più».

Operazione crono

La pagina è voltata. La maturità nell’affrontare il discorso fa capire tanto e aiuterà i ragazzi alle prese con gli stessi ragionamenti. Il nuovo Mattia, il ragazzo che da U23 vinse nello stesso 2011 il Giro delle Pesche Nettarine e poi quello d’Italia, è rinato nei due anni alla Androni, grazie al consiglio di Massimiliano Mori e all’umanità di Giovanni Ellena.

«Quello che c’è adesso – sorride – il riconoscimento da parte della squadra è davvero gratificante. Ho passato un bell’inverno, tranne una settimana di vacanza ho lavorato tantissimo sulla bici da crono e sul vestiario. Quando vedi che ti portano in America e ti fanno le protesi in carbonio su misura, capisci che ci credono e ti dà fiducia. Quando ti metti a sviluppare il nuovo abbigliamento, è lo stesso. Con Castelli abbiamo fatto un grosso step in avanti. Lo vedo soprattutto con i body da crono con cui avevamo qualche problemino e con i capi per quando piove. Stiamo parlando di una delle aziende più evolute al mondo, non voglio fare confronti con quello che c’era prima. Ma se devo andare da Calpe all’aeroporto di Valencia, posso farlo su una Panda o su una Ferrari. Sono entrambe auto, ma non sono uguali…».

Programma importante

Il riconoscimento della squadra porta anche a un calendario che Mattia definisce con modestia abbastanza importante.

«Partirò alla Valenciana – spiega – poi Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, due corse nelle Ardenne e poi vediamo come proseguire. Non mi posso sbilanciare, ma sono nella lista lunga per il Tour e poi della Vuelta. Quello che mi dicono, io lo faccio. Mi conoscete da anni, non ho grosse pretese. L’obiettivo è tornare a vincere, ma ho il mio spazio e il mio ruolo. Sono consapevole che in squadra c’è chi va più forte e sono pronto a mettere il mio potenziale a sua disposizione.

La stagione di Cattaneo inizierà ugualmente dalla Spagna, con la Valenciana (foto Wout Beel)
La sua stagione inizierà con la Valenciana (foto Wout Beel)

«L’ultimo Tour è stato emblematico. Prima gli altri e poi me stesso. Qualcuno mi ha detto che se avessi fatto classifica dall’inizio, sarei arrivato più avanti, ma io non ci credo. Se fossi stato già davanti, non mi avrebbero permesso di andare in fuga e magari alla fine sarebbe venuto un decimo posto, che non avrebbe fatto troppa differenza.

«Mi piacerebbe vincere, ma bisogna essere onesti. E poi il mio sacrificio non è stato vano. Ho diviso la stanza con Mark (Cavendish, ndr) e l’ho aiutato a vincere. Stessa cosa con Julian (Alaphilippe, ndr). I direttori si sono resi conto che ho esperienza e che in certi momenti posso essere utile per trovare la posizione giusta. Già essere negli 8 della Deceunick-Quick Step per il Tour era una gran cosa, quello che è venuto dopo è stato ancora più grande. E alla fine davvero, il telefono non la smetteva più di squillare…».

Crono, un fatto di impegno. I materiali vengono dopo

26.12.2021
3 min
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Se ne parlò nei giorni dei tricolori a crono di Faenza. Alcuni corridori di squadre professional, vedendo passare Ganna in ricognizione, osservarono che fosse inutile impegnarsi troppo, avendo davanti un campione di quel valore e dotato per giunta di simili materiali. Di sicuro la Bolide azzurra usata dal piemontese non passava inosservata, al pari del manubrio in titanio su misura. Qualcuno disse di sentirsi come i tanti piloti di formula Uno, bacchettati a ogni gara dai driver della McLaren.

Eppure il discorso non ci tornava. Ganna ha avuto accesso a quei materiali quando a suon di risultati ha dimostrato di meritarli. Al debutto aveva bici standard, con manubri di produzione. La Merida da under 23 e poi al UAE Team Emirates. La Pinarello al passaggio con Ineos e solo dopo i primi risultati importanti arrivarono le personalizzazioni.

Al Tour di quest’anno, Cattaneo ottavo nella crono di Laval. Specialized ha deciso di investire su di lui
Al Tour di quest’anno, Cattaneo 8° a Laval. Specialized ha deciso di investire su di lui

Dettagli e impegno

La storia dei grandi cronoman passa attraverso i miglioramenti. E da questi arrivano gli upgrade nelle dotazioni tecniche. Prendiamo ad esempio Mattia Cattaneo, arrivato alla Deceuninck-Quick Step anche grazie alle cronometro corse con la Androni Giocattoli nel 2019. Quella Bottecchia di allora non è paragonabile alla Specialized di oggi e agli studi che la casa americana mette in campo per i suoi atleti di punta, ma l’impegno del bergamasco non fu certo inferiore a quello di Ganna e degli altri mostri sacri della specialità, così come la squadra gli mise a disposizione il meglio. E oggi, alla luce di quell’impegno, Specialized ha scelto di investire su di lui, portandolo in galleria del vento.

«Alla fine – spiega Mattia – è vero che i materiali fanno tantissima differenza, ma chi ha il compito di osservare sa capire se quel minuto di differenza rispetto ai primi dipenda dalle gambe o proprio dalla bici. Lo stesso impegno può portare a un decimo posto, ma se parti battuto, allora tanto vale non partire neppure».

Nella crono di San Marino al Giro 2019, Cattaneo conquista il 10° posto
Nella crono di San Marino al Giro 2019, Cattaneo conquista il 10° posto

La testa per vincere

La crono è soprattutto un fatto di testa e applicazione. La dedizione nel conseguire la posizione più redditizia, la cura dei dettagli, la ginnastica posturale per adattarsi bene alla bici, il riscaldamento, l’alimentazione: non ci sono attenzioni da trascurare.

«La crono è tutta testa – conferma Cattaneo – e alla fine il fatto di essermici dedicato così tanto mi ha dato ragione. Ho sempre cercato di dare il massimo, sono sempre partito con la testa per vincere. E a distanza di due anni, mi sono ritrovato a fare piazzamenti nei primi al Tour de France e ai campionati nazionali. Chi osserva una cronometro, sa pesare i risultati. E sa vedere se un corridore ha ancora dei margini. Per questo forse certi discorsi sono un po’ un alibi».

Con i “vecchi” rapporti ci sarebbero più differenze in salita?

27.11.2021
6 min
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Oggi le differenze fra scalatori e passisti tendono ad assottigliarsi sempre di più, almeno pensando alle classifiche dei grandi Giri. E forse uno dei motivi dipende anche dall’evoluzione tecnica dei mezzi, a cominciare dai rapporti. Basta pensare ai primi passaggi sul Mortirolo o sullo Zoncolan. Chi andava agile aveva un 39×25 (sviluppo di 3,29 metri) a metà degli anni ’90, e 39×29 (sviluppo 2,94 metri) una decina di anni dopo. E per tutti più o meno era così. Invece il 34×32 con i suoi 2,39 metri cambia un bel po’ le cose.

Ma questo implicava una bella differenza tra Pantani e Indurain. O tra Simoni e i suoi rivali. In qualche modo queste soluzioni tecniche esaltavano le caratteristiche dei corridori. In salita lo scalatore poteva fare… lo scalatore. E a crono il passista poteva dare sfogo ai suoi watt con i rapportoni.

La sfida fra Pantani e Tonkov nel 1998. Il russo con rapporti più corti avrebbe tenuto le ruote del Pirata?
La sfida fra Pantani e Tonkov nel 1998. Il russo con rapporti più corti avrebbe tenuto le ruote del Pirata?

Rapporti più corti

Con l’arrivo delle corone compatte e dei rapporti sempre più corti, anche i corridori più pesanti si sono potuti salvare sulle pendenze più arcigne. In qualche modo sono riusciti a “annullare” il gap dovuto dal peso maggiore e sono riusciti ad esprimere la loro forza. Oggi Pantani avrebbe staccato Ullrich e Tonkov se avessero avuto una compatta?

E allora ci si chiede: perché non porre un limite allo sviluppo minimo dei rapporti in gara? Avrebbe un senso? In fin dei conti esiste il limite al peso (i fatidici 6,8 chili), il limite all’aerodinamica (carenature bandite) e persino il limite sul alcune misure (i 5 centimetri di arretramento). Perché quindi non può esserci un limite ai rapporti, tanto più se questi possono agevolare lo spettacolo?

Di questo parliamo con tre esperti: un preparatore, Pino Toni, un corridore, Mattia Cattaneo, e un tecnico, Giampaolo Mondini.

E’ sempre più raro vedere un 39 nelle tappe di montagna
E’ sempre più raro vedere un 39 nelle tappe di montagna

Parola al preparatore

«Una limitazione la vedo un po’ come una forzatura – dice Pino Toni – l’evoluzione tecnica ha permesso di tornare a registrare dei tempi sulle salite che si realizzavano in periodi di grande sospetto. Anni fa c’era un solo grande produttore di rapporti, adesso ce ne sono tre. E questo ha portato ad un regime di concorrenza, di spinta verso la ricerca. Una volta c’era il 23… e con quello dovevi andare su! Però per me le differenze sempre minori dipendono da un discorso più in generale di preparazione. Adesso tutti sono ben allenati, tutti sanno cosa devono fare e come arrivare ai propri limiti».

«Semmai uno dei motivi per cui tra scalatori e passisti c’è meno differenza non è tanto da ricercare in salita quanto in pianura. Adesso sul piano si va fortissimo e lo scalatore arriva sotto la salita più stanco. E infatti quando ci sono le cronoscalate le differenze tornano ad esserci eccome. E lì lo scalatore resta scalatore e il passista resta passista».

«Un Tom Dumoulin col 39×27 sul Mortirolo? Perderebbe ugualmente terreno. E’ fisica. Pesa di più rispetto ai rivali scalatori. Una cadenza più elevata lo avvantaggerebbe? Sì, forse su un muro al 20% ma per il resto delle salite no. E poi ripeto, le preparazioni sono migliorate e anche la biomeccanica si è evoluta. Gli atleti spingono meglio. E’ un discorso molto ampio che non si può legare solo ai rapporti».

Mattia Cattaneo in salita. Il lombardo va molto forte anche a crono
Mattia Cattaneo in salita. Il lombardo va molto forte anche a crono

Parola al corridore

Mattia Cattaneo forse meglio di tutti può entrare nel merito. Primo perché è un corridore forte e in piena carriera, secondo perché è la tipologia di ciclista moderno: forte in salita, fortissimo a crono.

«Con i percorsi attuali – dice il corridore della Deceuninck-Quick Step – è molto difficile attuare questa ipotesi del limite dei rapporti. Si potrebbe forse fare nelle corse di un giorno, ma non nei grandi Giri dove vengono inseriti sempre più spesso passaggi particolari, salite super ripide… E con certi rapporti “vecchio stile” la vedo dura. Per me poi non ci sarebbero grandi differenze».

Poniamo un’ipotesi a Cattaneo. Se sullo Zoncolan lui e Bernal, scalatore puro (o quasi), si trovassero spalla a spalla entrambi col 39×29 avrebbe meno chances di resistergli se invece avesse a disposizione un 34×30?

«Magari con un 34×30 resisto a Bernal un po’ di più – replica Cattaneo – ma le differenze sarebbero minime. Anche perché sapendo che si ha disposizione un limite di rapporto cambierebbe anche la preparazione. Tutti si allenerebbero in base a quello sviluppo metrico minimo e il gap resterebbe tale.

«Io lo vedo: quando facciamo le salite abbiamo sempre tutti lo stesso rapporto più o meno. Può esserci un dente di differenza. Quello che forse potrebbe cambiare un po’ nell’economia della corsa, ma mi riferisco ad un grande Giro, è che un rapporto più lungo può incidere sul recupero e ad un passista-scalatore resterebbe meno nelle gambe».

Il discorso appassiona Cattaneo che rilancia: «E poi se dovesse esserci un limite di rapporto minimo, immagino dovrebbe essercene anche uno sui rapporti lunghi per compensare. A crono per esempio non si potrebbe andare oltre al 55 e per me che uso il 58 sarebbe un problema, mentre per Bernal che usa il 55 normalmente non cambierebbe nulla».

Dumoulin e Froome gli ultimi “giganti” a vincere un grande Giro
Dumoulin e Froome gli ultimi “passisti” a vincere un grande Giro

Parola al tecnico

Infine, ecco l’opinione del tecnico. Giampaolo Mondini cura i rapporti tra Specialized e le squadre che il marchio americano supporta. “Mondo” più di altri tasta il polso degli atleti e conosce l’evoluzione tecnica, tanto più se si considera il marchio per cui lavora che spesso traccia la via.

«Non credo si possano creare queste grosse differenze – dice Mondini – io non sono per le limitazioni, che tra l’altro, abbiamo visto, hanno sempre funzionato poco nel ciclismo. E’ invece un’occasione per lo sviluppo tecnico. Penso per esempio al monocorona che potrebbe aiutare a ridurre il gap di peso dovuto ai freni a disco. Poi, si sa, l’UCI può decidere quel che vuole.

«Parliamo di scalatori e grandi Giri, ma chi sono i vincitori dei grandi Giri? Non sono forse scalatori? Piuttosto più che sui rapporti parlerei dei percorsi delle crono. Oggi vedi un prologo piatto magari di 10-12 chilometri in cui un Bernal può perdere 30” e poi delle crono più lunghe ma con 700-800 metri di dislivello che sono più per scalatori, o atleti completi. E spesso queste crono arrivano alla fine delle tre settimane e più che esaltare le qualità dei cronoman contano le energie. Va meglio chi ha maggior recupero. Ricordiamo Pantani: anche se c’erano crono piatte arrivava davanti. Le differenze minime dipendono anche dai percorsi quindi».

«Vero – riprende Mondini – secondo la fisica chi ha una leva più lunga ha bisogno di un rapporto più agile per spostare il peso (in questo caso i pedali, ndr). La pedivella più lunga spinge di più, ma ha anche un punto morto maggiore. E quando cala la velocità (e di conseguenza la cadenza) questo punto morto diventa così ampio che interrompe l’impulso, crea un problema e il passistone ha bisogno di un rapporto più agile. Solo che mi chiedo: oggi chi trae vantaggio da tutto ciò? Gli Ullrich e gli Indurain non ci sono più. Credo che gli ultimi vincitori di un grande Giro al di sopra dei 68 chili siano stati Dumoulin e Froome, ma l’ultimissima generazione ha alzato ancora l’asticella».

Resta quindi un po’ di scetticismo su un’eventuale limitazione dello sviluppo metrico minimo. Un po’ per il concetto di evoluzione e un po’ perché cambierebbero le preparazioni.

Tuttavia su pendenze estreme qualche differenza ulteriore potrebbe esserci. Meno marcata di quel che si può immaginare, ma con qualche pedalata in più il “bestione” sui muri può salvarsi.

Malori rimanda la nuova posizione di Cattaneo. Perché?

14.11.2021
6 min
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Va bene stare scomodi, ma se parliamo di cronometro – dice Malori – in linea di massima vince sempre l’aerodinamica. E in certi casi la posizione più redditizia è quella più comoda. Si parla del nuovo assetto di Mattia Cattaneo, che ci ha incuriositi. Pare che la nuova posizione sperimentata in galleria del vento a Morgan Hill sia estremamente performante, ma per starci dentro Mattia dovrà fare tanta ginnastica

Cattaneo e Ricardo Scheidecher, responsabile sviluppo e materiali, al lavoro in galleria del vento
Cattaneo e Ricardo Scheidecher, responsabile sviluppo e materiali, al lavoro in galleria del vento

«Su carta, con la nuova posizione – ci ha detto il bergamasco la settimana scorsa – dovrei avere un miglioramento notevole. Chiaro che il test di 8 minuti è diverso dalla crono di mezz’ora, ma la nuova posizione promette bene. Anche se essendo alto 1,85, per me riuscire a stare raccolto e compatto come Evenepoel è difficile. Dovrò fare molto lavoro a corpo libero per adattarmi a stare più basso, con la testa al livello delle mani».

A ciascuno il suo assetto

Uno come Malori davanti a discorsi del genere va in brodo di giuggiole. La crono è il suo terreno e da sempre la sua passione, la curiosità è il nostro mestiere. E ci siamo chiesti quanto sia agevole nel corso di una gara a tappe disputare una crono in una posizione così estrema e magari l’indomani affrontare una tappa di montagna. Malori riprende il filo…

«Va bene fare esercizi – dice – ma comanda la posizione. Ganna sulla bici da crono è una statua, ma non è bassissimo. Castroviejo ha il… naso sul copertone, ma a me non hanno mai chiesto di stare in bici come lui. Perché lui è 1,71, mentre io sono 1,82. Se uno non ha il fisico adatto alla posizione più estrema, non puoi forzarlo perché si adatti. Magari riesce anche a trovare la posizione, poi però non spinge tutti i watt di cui dispone. Quando mi portarono in galleria a Silverstone, mi allargarono e mi alzarono, perché stando basso e con gli appoggi stretti, non riuscivo a incassare la testa fra le spalle».

Forse poi un conto è studiare la posizione estrema per una crono secca, altra storia per fare le crono di una corsa a tappe…

Di sicuro alla fine di un Giro, la posizione fai fatica a tenerla. Con un ragazzo come Mattia si dovrebbe lavorare sulla miglior posizione per lui, non sulla più redditizia. Poi ovviamente non sappiamo come ci sono arrivati, sappiamo solo quello che ha detto lui.

E’ prassi dover lavorare per adattarsi alla nuova posizione?

Quella della galleria di Silverstone la usai subito. La prima volta nella cronosquadre della Tirreno del 2014 in cui arrivammo terzi e poi nella crono finale, a distanza di sei giorni, quando vinsi battendo Cancellara, Wiggins, Martin e Dumoulin. Non ho dovuto adattarmi, era la mia posizione. Se invece la posizione non ti viene naturale, allora ti sembra scomoda.

In ogni caso gli esercizi a corpo libero per stare meglio in bici si facevano anche prima, no?

Soprattutto gli addominali e poi tutti gli esercizi di core stability. Ma se sei comodo e sulla bici ti senti bene, ecco che riesci anche a fare dei watt. Non devi stare a pensarci…

Pensare a cosa?

Durante una crono, la testa lavora tanto. Devi guardare i watt, ricordarti come tagliare le curve, di non andare troppo duro, devi capire da che parte stare per il vento. Se devi pure pensare a cosa fare per tenere la posizione, sei fritto. Continuo a fare l’esempio di Ganna. Non dà l’impressione di essere scomodo, non lo vedi muoversi in continuazione cercando la posizione.

Quindi cosa ti sembra della nuova posizione di Cattaneo?

Non mi piace.

Non ti sembra di essere un po’ drastico?

Nella parte frontale, ha le braccia sovraccariche. L’angolo fra braccio è avambraccio dovrebbe essere di 90 gradi, mentre questi saranno 85. Allo stesso modo, è troppo chiuso anche l’angolo fra braccio e schiena. Le mani potrebbero stare più alte, senza costringere Mattia a ruotare così tanto il collo in avanti. Guardate, ha il collo 6 centimetri sotto le spalle.

Questo è vero…

Il collo così non riesci a tenerlo. Spero che con i giusti esercizi Mattia migliori, perché si merita di andare forte. Ma in una crono di un’ora oppure una molto vallonata e con tanti rilanci, in cui sei costretto ogni volta a rimetterti in posizione, la vedo dura se stare giù non gli viene naturale. E non è tutto qui.

Cos’altro?

Sembra troppo disteso e in avanti. Si vede dalla schiena che sprofonda dopo la scapola. Di sicuro è una posizione che dà ottimi risultati in galleria del vento. Molto simile a quella di Evenepoel. Ma io Mattia lo conosco, abbiamo anche corso insieme alla Lampre. Ha leve lunghe, non si può pensare di distenderlo così tanto. Ganna ha la schiena dritta e parallela all’asfalto. Chissà se questa posizione rimarrà tale o se dopo qualche prova si faranno degli aggiustamenti…

Cattaneo, missione negli Usa tra gravel e progressi a crono

06.11.2021
5 min
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Mattia Cattaneo è a Parigi sulla via del ritorno. Dopo una settimana abbondante negli Stati Uniti fra il Kansas e la California, per il bergamasco della Deceuninck-Quick Step domani ricomincia la preparazione.

Gli ultimi otto giorni sono stati un concentrato di divertimento, fatica e scoperta insieme a Remco Evenepoel, Giampaolo Mondini e lo staff di Specialized. Il motivo del viaggio erano infatti i test in galleria del vento per la posizione della crono, ma lo sponsor ha chiesto ai ragazzi di partecipare alla Waffle Belgian Ride, un mega evento gravel che si è svolto a Lawrence. Il format ha 10 anni, ma era la prima volta che si correva in Kansas.

Così i corridori si sono rimboccati le maniche, si sono messi lo sguardo convinto e hanno corso sul percorso medio. Distanza di circa 111 chilometri e 3.600 metri di dislivello. Un po’ di asfalto in partenza e poi solo sterrati. Vi interessa saperne di più? Venite con noi…

Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Parlaci dell’evento…

Molto simile a una Gran Fondo, ma essendo in America è chiaro che fosse tutto più grande. Bello spirito, ma noi eravamo lì per rappresentare Specialized e per divertirci. Anche se poi lo sapete, quando si attacca il numero, andrai pure piano, ma fai fatica vera. Bel clima però, tanta voglia di divertirsi a tutti i livelli.

Quelli che hanno corso sul percorso lungo sorridevano meno?

Ecco, quelli avevano le facce convinte. Dovevano fare 179 chilometri e quasi 6.500 metri di dislivello. Sono partiti mezz’ora prima di noi, erano tutti i corridori. Se la partenza fosse stata su sterrato, avrebbero fatto il polverone. In realtà i primi 2 chilometri e poi il finale erano su asfalto. Il resto tutto su sterrato, tipo strade bianche. Gli unici passaggi tecnici li chiamavano “Cyclecross” ed erano tratti più stretti fra prato e boschi. Comunque percorso ben frecciato e addetti ai lavori a ogni incrocio. Organizzazione super.

Conoscevi già il gravel?

A casa ne ho una, l’ho presa da me per quando esco fuori stagione. Due volte alla settimana, invece di farmi dei giretti su strada, me ne vado per un paio d’ore via dall’asfalto. In America ci hanno dato le nuove Crux il giorno prima, per cui il sabato siamo andati a farci un giretto per metterle a posto.

Come funzionava con l’assistenza meccanica?

Niente ammiraglie o punti di assistenza. Ognuno in autosufficienza, ma per fortuna non abbiamo bucato.

Era freddo?

Vi dirò, la mattina alla partenza c’è stato un po’ da battere i denti. Poi però ci siamo scaldati.

In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In Italia si è già corsa la Serenissima Gravel, credi che eventi del genere si diffonderanno?

Per me sì (risponde senza esitare, ndr). C’è tanto margine, vedo un grande futuro. Del resto le aziende stanno producendo più gravel che mountain bike, per cui ci si può aspettare anche uno spostamento degli atleti dalle altre discipline. In una gara di gravel si possono mischiare stradisti, biker e anche qualcuno del ciclocross. Di fatto è una specialità che strizza l’occhio a tutte le altre.

E’ stata dura?

Anche se ci siamo imposti di non spingere troppo, c’erano tanti strappi di 300-400 metri. Tutto un su e giù, per fortuna i rapporti del gravel permettono di salvare la gamba. Ma ci siamo fermati per mezz’ora in ciascuno dei tre ristori che abbiamo trovato, mentre nel lungo ne avevano cinque. Si mangiava come da noi, barrette, crostate e il resto. E i waffle…

Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Ecco bravo, come mai questo nome?

E’ un format che hanno esportato negli Usa. Fa leva sui waffle e sulla cultura ciclistica belga, ma belgi in giro non ne ho visti, a parte Evenepoel. Lui è stato acclamato, ma perché Remco è Remco, non perché fosse belga.

Cambiando fronte, è vero che in galleria del vento si sono viste per te cose grandiose?

Su carta, con la nuova posizione dovrei avere un miglioramento notevole. Non avevo mai fatto un lavoro del genere, se non in Lampre ma in una galleria molto più piccola di quella Specialized. Si è fatto tanto lavoro, che a livello teorico mi darà vantaggi notevoli. Chiaro che il test di 8 minuti è diverso dalla crono di mezz’ora, ma la nuova posizione promette bene.

In cosa cambia?

In tutto, anche se essendo alto 1,85, per me riuscire a stare raccolto e compatto come Remco è difficile. Dovrò fare molto lavoro a corpo libero per adattarmi a stare molto più basso, con la testa al livello delle mani.

E’ vero che Remco era infastidito perché tu hai ottenuto dalla posizione vantaggi superiori ai suoi?

Eh, lui è così (ride, ndr), vuole sempre vincere. Ma ha anche altre gambe, per sua fortuna. Adesso si torna e domani si comincia. Ho smesso presto di correre quest’anno (il 18 settembre in Lussemburgo, ndr), è tempo di ripartire.

Modolo e Cattaneo, un calcio agli anni bui

18.09.2021
5 min
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«La sensazione che mi mancava è quella di quando arrivi e allarghi le braccia, alla fine io correvo per quello. Sono passati tre anni, tre anni brutti, da solo con mia moglie. Io poi tendo un po’ a chiudermi quando le cose non vanno. A Mamer mi hanno dato il telefono già all’antidoping e l’ho chiamata subito. Io piangevo, lei quasi. Ero sempre un po’ sul duro io, ma stavolta sembravo un cucciolo». 

«Da quando sono qua sento che le cose vanno sempre meglio. Ho fatto un salto di qualità che per il futuro mi fa pensare di poter alzare l’asticella. Con certi risultati prendi consapevolezza. E io sapevo che se avessi beccato la giornata e il percorso giusti, una vittoria a crono poteva anche scapparci».

Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. Qui con Cunego e il massaggiatore Chiodini
Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. A sinistra Cunego

Storie parallele

Il primo è Sacha Modolo, grandi trascorsi, poi anni altalenanti e mesi dannati per un ginocchio che non voleva guarire. Il secondo è Mattia Cattaneo, classe limpida e una fragilità che spesso dal fisico si spostava alla convinzione. In due giorni hanno avuto l’occasione per riconnettersi con la loro storia e l’hanno colta alla grande. Per entrambi lo stesso palcoscenico, quello dello Skoda Tour of Luxembourg. Modolo prima e Cattaneo all’indomani hanno interrotto digiuni diversi ma entrambi lunghissimi. Il veneto non vinceva dal 16 febbraio del 2018, il lombardo dal 28 aprile del 2019. Storie particolari, che si incontrarono alla Lampre dal 2014 al 2016, come quelle di uomini che si guadagnano da vivere su una bicicletta che non sempre vuol sapere di andare nella giusta direzione.

«La vittoria? Neanche la cercavo più – dice Modolo, abbracciato dopo il traguardo da Vendrame (foto di apertura) – ormai non ci speravo più. Se si arrivava in volata dovevo farla io, però siccome Caleb Ewan non c’era più, era più probabile che arrivasse la fuga. Anche perché la tappa comunque non era facile e infatti gli attaccanti li abbiamo ripresi a 500 metri dall’arrivo.

Calvario di mesi

«Stavo bene anche alla Vuelta, solo che ho fatto i primi 10 giorni a tirare le volate a Philipsen e infatti le ho tirate da Dio. In altre occasioni non ho avuto fortuna che invece ho avuto a Mamer. Sono riuscito a trovare il varco giusto in una volata molto caotica».

Lo abbiamo seguito nel lento ritorno, sperando che ce la facesse ma a volte coltivando qualche dubbio sulla sua solidità. E forse proprio lo scetticismo intorno ha reso la salita più ripida.

«Ci sono voluti 2-3 mesi per arrivare a questo – continua – stando fermo tanto e soprattutto perdendo tutto l’inverno, non ho la base che ha uno che fa la stagione completa. In salita ancora mi manca qualcosa, però onestamente non pensavo neanche io di avere una gamba per vincere. Nelle prossime corse tornerò a tirare per Jasper, l’altro giorno ho avuto l’occasione e l’ho sfruttata. In squadra sono tutti contenti però per ora non si parla di rinnovo. Sono sempre stati corretti, non posso dire niente. Mi hanno sempre pagato anche se potevano non farlo, visto che non ho corso per mesi. Mi hanno sempre aiutato, anzi mi avevano detto che se non fossi riuscito in Italia, mi avrebbero seguito loro lassù. Mi dispiacerebbe non rinnovare qua proprio per questo». 

Passione crono

Cattaneo se la ride e se la rideva anche sulla hot seat, aspettando l’arrivo di Almeida: l’unico e l’ultimo a poterlo battere ieri sul traguardo di Dudelange. La sua risalita è stata chiara sin dallo scorso anno, quando l’approdo alla Deceuninck-Quick Step ha significato soprattutto un cambio di mentalità.

«C’è tanto di speciale in questa squadra – dice – è tutto particolare, non si fa niente per caso. E se vedono uno che si applica tanto, come faccio io con la crono, allora anche a loro piace investirci ed è quello che è successo. A me le crono piacciono sin da quando ero under 23 con Rossato alla Trevigiani. E quando uno di noi vince, sul gruppo whatsapp di squadra si scatenano tutti gli altri. Il Wolfpack è una cosa vera».

A Trento come juniores

A Dudelange si è lasciato dietro Almeida, che oggi correrà per portarsi a casa la maglia di leader, e già nella testa di Mattia c’è la convinzione di aiutarlo a coronare questo obiettivo. Anche se il portoghese il prossimo anno andrà via, anche se lo stesso bergamasco è terzo nella generale e potrebbe ambire alla fuga in un’ultima tappa che sembra tanto una Liegi.

«La priorità è Joao – dice – io so di essere competitivo e questa convinzione mi rimarrà addosso per il prossimo anno e le corse a venire. Mi sarebbe piaciuto poter correre una crono in maglia azzurra, l’ho sempre detto. Ci tengo tanto a questa specialità, ma intanto ho riconquistato la maglia della nazionale a Trento. Ho fatto il lavoro che mi è stato chiesto, abbiamo corso come juniores in una corsa davvero pazza ed è stato bello tornare dopo tanto tempo».

Forza azzurri

Di nazionale parla anche Modolo, che sul percorso di Louvain nei tempi andati si sarebbe trovato davvero bene e vedrà giocarsela i coetanei con cui anni addietro duellava su tutti gli arrivi. Trentin, Colbrelli, Nizzolo sono stati per anni i suoi rivali.

«Farlo per vincere no – ammette – però per aiutare la squadra avrei la gamba, l’esperienza e la conoscenza delle strade per farlo. Però Cassani ha già i suoi uomini e fa bene ad andare dritto. Se ha creato negli anni il suo gruppo, non è che adesso, solo perché ho vinto qua, può tirare fuori uno per fare posto a me. Perciò in bocca al lupo a tutti gli azzurri. Io torno a casa con un buon sapore in bocca e le dita incrociate».

Dialogo sui cronoman e sui misuratori di potenza. Parla Malori

04.09.2021
7 min
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Parliamo di cronoman. Malori è a casa con la bimba sulle gambe e intanto il discorso fluisce. Si parla di juniores al Lunigiana e si parla finalmente dell’abbondanza di cronoman azzurri. Una fase che non si viveva da anni e che permetterà ai tecnici della nazionale di scegliere in base ai percorsi e non in base al fatto che ce ne sono soltanto due e tocca sempre a loro. Si parla di Ganna, Affini, Sobrero, Cattaneo e Jonathan Milan, il cucciolo di casa. Un cucciolo con due zanne lunghe così, se è vero che a soli 20 anni s’è portato a casa l’oro olimpico del quartetto.

Affini ricorda Ganna, ha bisogno di maturare, poi sarà allo stesso livello
Affini ricorda Ganna, ha bisogno di maturare, poi sarà allo stesso livello
Di Pippo abbiamo detto tante cose, secondo te la crono delle Olimpiadi ha dimostrato ancora di più quanto sia forte, perché nonostante il percorso così duro era arrivato praticamente a medaglia?

Assolutamente. Anche perché si era preparato prevalentemente per la pista, sapeva di essere tra amici e di avere la possibilità dell’oro, con Villa ci lavorava da quasi sette anni. Invece a fronte di un percorso crono molto duro, ha fatto vedere di avere qualità innate e la capacità di adattarsi.

Esiste un limite di dislivello per uno così oltre il quale non è più competitivo, oppure se si prepara al 100 per cento può giocarsela sempre?

In teoria lui è competitivo su tutti i percorsi se si prepara per la crono. Però finché ci saranno in giro Roglic, Pogacar e Van Aert, nelle crono dure non c’è storia. Roglic alle Olimpiadi oggettivamente ha dato una ripassata a tutti. Se anche Ganna fosse stato al top, un minuto e mezzo non lo recuperava. Roglic ha dato un minuto a Dumoulin e Dennis, quindi su certi percorsi è di un altro pianeta.

Sobrero va forte in salita e quando è in condizione vola anche a crono
Sobrero va forte in salita e quando è in condizione vola anche a crono
Parliamo di Affini, somiglia a Ganna, forse gli manca qualcosa sui percorsi duri…

Secondo me è un cronoman molto simile a Ganna. Quello che ha meno di Pippo sono semplicemente dei cavalli. Sono atleti simili, grandi, molto pesanti, che vanno bene su percorsi veloci, però Ganna è semplicemente più potente. Affini mi dà l’idea di non essere la fuoriserie che esplode subito, ma secondo me nel giro di due anni può arrivare allo stesso livello.

Allo stesso livello di Ganna?

Ci metterà un pochino più di tempo, anche perché Ganna è alla Ineos già da due, tre anni, nella squadra in cui è tirato a lucido. Mentre Affini è solo al primo anno alla Jumbo, prima era alla Mitchelton e prima ancora in continental. Quindi sul discorso crono, è al primo anno in una squadra giusta sul fronte dei materiali e dello sviluppo. Diamogli tempo, ma fra un paio di anni potrà giocarsi anche un mondiale.

Conta anche la maturazione fisica?

Certamente, che non è legata solo all’età. Pippo sono anni che con la pista è al top, quindi anche a livello di consapevolezza e sicurezza nei propri mezzi è più avanti. Secondo me  è questione di un paio d’anni, ma Affini arriverà ad essere alla pari

Cattaneo ha bisogno di percorsi duri: ha grande predisposizione
Cattaneo ha bisogno di percorsi duri: ha grande predisposizione
E intanto Sobrero, zitto zitto, s’è portato a casa l’italiano…

Il percorso era duro, anche perché lo ha fatto un ragazzo che alleno e mi ha confermato quanto fosse impegnativo. Nell’ultima crono del Giro d’Italia, se non avesse avuto la sfortuna di trovarsi la macchina in mezzo ai piedi, quasi quasi lo scherzetto a Ganna lo combinava anche prima. Quindi sicuramente Sobrero ha finito il Giro in crescita, mentre Ganna invece era un po’ stanco, perché rispetto all’anno scorso, gli è toccato tirare di più.  Poi indubbiamente in una crono dura, Sobrero ha qualcosa in più rispetto agli altri italiani. Lo ha dimostrato, ha un fisico che va forte anche in salita. I cronoman italiani sono divisi in due squadre…

Due squadre?

Ci sono Affini e Ganna da una parte, Sobrero e Cattaneo dall’altra. Anche per Mattia va bene il discorso fatto per Sobrero, è molto forte però ci vuole una crono dura perché vada bene. Ganna invece va sempre forte e anche quando non è al top, comunque può difendersi bene. Quella è la dote del cronoman. Come per gli scalatori. Se prendiamo Carapaz, in salita va forte anche se non è al top della forma. Il punto in cui perde è quello dove gli altri menano forte. Faccio l’esempio su di me. Quando ero al top della forma, in partenza al Tour de France ero lì che scattavo anche in salita per andare in fuga. Se invece ero poco sotto al top, a crono mi difendevo, ma in salita ero a lustrare il lunotto del camion scopa.

Milan è il più giovane del lotto: ha predisposizione, verrà fuori al top
Milan è il più giovane del lotto: ha predisposizione, verrà fuori al top
Cattaneo forse è più potente di Sobrero?

Forse sì, perché ha un fisico diverso, leve più lunghe da crono pianeggiante, ma entrambi hanno bisogno di un percorso duro per far bene. Secondo me non portare Cattaneo alle Olimpiadi è stato un grave errore, sia per come andava, sia perché faceva il Tour. E va bene che i nomi sono stati dati il 5 luglio, ma era sempre uno in gran forma che aveva fatto il podio ai campionati italiani. A uno che veniva dal Tour la fiducia dovevi dargliela, invece di portare gente che non correva da tempo e che era andata forte a maggio. Cassani ha giocato un terno al lotto e gli è andata male

Tornando alle due squadre di cui parlavi, la sensazione, osservando la posizione e la cadenza di pedalata, è che Ganna e Affini siano più specialisti… 

Ovviamente sia Cattaneo che Sobrero non sono sicuramente due specialisti, ma sono due che quando quando vanno forte, possono fare delle buone crono. Al campionato italiano uno veniva dal Giro e ne era uscito bene, mentre l’altro preparava il Tour e andava come un caccia. Sicuramente è diverso se dovessero preparare un mondiale, la crono secca. Farebbero molta più fatica.

Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Malori e Pinotti erano la coppia fissa delle crono azzurre. Qui con Bettini a Valkenburg 2012
Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Malori e Pinotti erano la coppia fissa delle crono azzurre. Qui con Bettini a Valkenburg 2012
All’appello manca il più giovane di tutti, un altro che verrà fuori: Jonathan Milan

Secondo me anche lui presto o tardi viene fuori, questo è sicuro. Però ha 20 anni e non l’ho ancora visto bene fra i professionisti, quindi faccio fatica a parlarne. 

Il fatto di aver vinto il tricolore da U23 gli darà consapevolezza nell’andare avanti?

Quello e le cose grandiose che ha fatto a Tokyo gli daranno la sicurezza di poter competere per qualsiasi obiettivo. Il fatto di essere stato campione italiano sarà il modo di non staccare con il pregresso, un ricordo che non gli farà dimenticare da dove viene. Faccio il mio esempio. Quando passai alla Lampre, il primo anno che andassi bene o male a crono non importava a nessuno. Lo stesso io le preparavo, mi scaldavo, facevo tutto quello che sapevo fosse necessario. Non ho interrotto il flusso, diciamo.

Ai tuoi tempi, la coppia crono azzurra eravate tu e Pinotti, vedi un po’ di Marco nei cronoman di cui abbiamo parlato?

Con Marco ero spesso in camera. Studiava tanto, guardava i watt, la curva di potenza e le curve della strada. Io allora ero molto più forza bruta e ho imparato tanto anche da lui. Parlavamo, mi ha spiegato le sue idee e poi io ho fatto miei quegli insegnamenti. Diciamo che a fine carriera ero la sintesi fra il mio prima e le cose che mi ha passato lui. Prima che il misuratore di potenza appiattisse tutto.

Che cosa vuoi dire?

Adesso solo con la forza bruta non vai da nessuna parte, ma anche senza il misuratore di potenza. La differenza fra cronoman e scalatore una volta era data dalla sensibilità e l’esperienza. Il cronoman era quello che sapeva dosare lo sforzo, invece lo scalatore andava a strappi, si distraeva, rallentava per prendere l’acqua, aumentava e calava e così venivano fuori i distacchi nelle crono. Oggi sai che devi stare a 400 watt, ti metti lì e se nel finale vedi che ne hai ancora, vai a 430. I misuratori hanno cancellato il mestiere del cronoman più del progresso tecnologico.

Contador si difendeva anche a crono. E’ stato fra i primi a proporre l’abolizione del potenziometro in corsa
Contador si difendeva anche a crono. E’ stato fra i primi a proporre l’abolizione del potenziometro in corsa
Spiega.

Si parla di crono e prestazioni con tanti watt in più. In realtà io credo che un cronoman forte del 1998 avesse gli stessi numeri di un cronoman forte di oggi. Solo che nel frattempo l’aerodinamica, l’abbigliamento, il casco, gli occhiali, le ruote, i cuscinetti… lo sviluppo tecnologico ha permesso e permetterà sempre più di raggiungere prestazioni superiori. In proporzione, il ciclismo ha abbassato i suoi tempi di tanto. Molto più rispetto all’atletica leggera, perché loro possono intervenire solo su piste e scarpe. 

Il misuratore di potenza in effetti ha cambiato le cose anche in salita.

E io infatti sono d’accordo con Valverde e Contador e in corsa lo abolirei. Se sei un professionista, sai come stai e come gestirti. Se non lo sei e ti si spengono gli strumenti, sei spacciato. Se lo dai a uno junior, quando mai imparerà a conoscersi? In allenamento va bene, giusto tirare fuori il proprio massimo, in corsa devono comandare anche altri fattori.

Ovvio che nessuna squadra, volendosi garantire il risultato, sarà mai d’accordo…

Allora vuol dire che stiamo diventando vecchi e rimpiangiamo qualcosa che non potrà mai tornare. Qualcosa che ai miei tempi si chiamava ciclismo. Oggi come potremmo chiamarlo?

Da giovani la cronometro non sia un giorno di riposo

11.08.2021
5 min
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L’iniziativa della Bardiani di mettere in strada una propria squadra di under 23 ha un buon sapore di fondo. Se infatti da un lato essa amplifica le difficoltà in cui si muove oggi il movimento giovanile in Italia, dall’altro fa pensare che ci sia in arrivo una nuova forza capace di insegnare il ciclismo nel modo giusto. E’ una somma di pensieri, non necessariamente infallibile. Un filo che collega quel salto nella realtà Jumbo-Visma alle parole di Mattia Cattaneo e all’esperienza di Adriano Malori, entrambi allievi di Rossato in squadre che allora si chiamavano Bottoli e Trevigiani, in cui i due ragazzi (e con loro i fratelli Coledan) impararono anche ad andare forte a cronometro. La formazione deve essere completa, altrimenti all’approdo nel professionismo ci si trova con atleti incapaci di fronteggiare le diverse situazioni. Come voler fare il giornalista senza conoscere l’italiano o saper usare il computer.

«Mi è sempre piaciuto lavorare sulla crono – dice Rossato che in questi giorni si trova al Giro di Danimarca e seguirà il progetto Bardiani U23 – mi piaceva prepararli e poi erano lavori che servivano anche per la strada. Avevo la fortuna di uno sponsor come Wilier che ci dava le bici da crono e tutte le settimane, si lavorava anche per quello».

Campione del mondo

Adriano Malori e Mattia Cattaneo, il primo del 1988, il secondo del 1990. Un campione d’Europa e del mondo, un vincitore di Giro d’Italia.

«Adriano a crono – dice Rossato – andava forte anche da junior, ma con noi fece un bel salto di qualità. Più si allenava e più andava. Io collaboravo con il suo allenatore, all’epoca Sandro Callari. E’ così che dovrebbe andare, il direttore sportivo non è più in grado ormai di fare l’allenatore. Ma se riesce a fare bene i programmi e a incastrarli con la preparazione, allora si lavora bene. E alla fine Adriano vinse l’europeo e il mondiale e poi passò professionista. E al mondiale ci sarebbe arrivato nuovamente, stava crescendo forte, se non avesse avuto quel dannato incidente…».

Cattaneo, quale margine?

Cattaneo al confronto di Malori era meno specialista, ma non per questo meno forte, nonostante la faccia da bambino di quegli anni e il fisico filiforme.

«Mattia aveva un grande motore – ricorda – e dopo aver vinto il GiroBio andammo in Sicilia e arrivò sul podio del campionato italiano a crono. Facevamo allenamenti di crono individuale e di cronosquadre. Fosse per me, nelle categorie giovanili ogni cronometro dovrebbe essere fatta a tutta. E alla fine Mattia sta venendo fuori, dopo tanta sfortuna. In Lampre si stava perdendo fra tanti problemi, Savio ha fatto un grande lavoro nel ridargli fiducia e ora è nella squadra più forte del mondo. Non so se sia tardi per considerarlo il nuovo italiano per le corse a tappe. Ma ricordo che vinse il Pesche Nettarine, il GiroBio e arrivò secondo al Tour de l’Avenir».

Giorno di riposo

Non tutti i corridori che arrivano al professionismo hanno simili curricula. Un po’ perché non tutti sono capaci di simili prestazioni, ma anche perché non tutti lavorano per valorizzarle.

«Arrivano alcuni – dice – che la bici da crono non l’hanno mai usata e continuano a non usarla. In Bardiani la diamo a casa a tutti, gli raccomandiamo di usarla anche semplicemente per imparare a guidarla, in salita e in discesa, nelle curve. La cosa più semplice, dopo un allenamento di cinque ore, è usarla per fare dietro moto. Il professionismo è l’apice, nei grandi Giri quello della crono è un giorno di riposo. Nelle corse più brevi non puoi permettertelo. Guadate cosa succederà qui al Danimarca con la crono l’ultimo giorno, quanta gente perderà posizioni anche buone a causa della crono».

Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono
Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono

Ripartire dalla base

Per tutto questo, l’idea di creare una squadra di under 23 suona come una buona iniziativa, pur aprendo la porta su altre criticità di cui diremo a seguire.

«Abbiamo tutti gli occhi addosso – ammette il padovano – ma è una scelta di cui sono entusiasta. Avremo ragazzi giovanissimi, che faranno un’attività alla loro altezza. Una corsa a tappe al mese e corse solo la domenica, andando a scoprire la Liegi U23 come a volte fa la Colpack e la Ronde de l’Isard. Fermi quando hanno gli esami, senza mettere il naso nelle corse di classe 1 e tantomeno nelle prove WorldTour. Non potevamo fare la continental, ma così forse è anche meglio. Vogliamo provare a individuare i nuovi Ciccone e Colbrelli, cercando di insegnare loro a lavorare nel modo giusto. Crono compresa».

Cattaneo, l’amore per le crono è un ritorno alle origini

30.07.2021
7 min
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La seconda vita di Mattia Cattaneo, s’è già detto, è iniziata con l’approdo alla Deceuninck-Quick Step. E se il 2020 ha avuto come per tutti il freno del Covid, la stagione in corso sta mostrando il bergamasco sotto una luce finalmente limpida. Il Tour de France concluso in dodicesima posizione, con il secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e le due crono in crescendo – 8° a Laval, poi 6° a Saint Emilion – lo hanno riproposto all’attenzione del grande gruppo come fu alle origini quando ci mise piede. Il terzo posto al tricolore di Faenza unito agli altri bei risultati di stagione nella specialità hanno detto chiaramente che il rapporto fra Mattia e il cronometro sta tornando quello di un tempo. E la cosa genera interesse. Perché abbiamo fatto l’occhio con Ganna e Affini (al lusso ci si abitua presto), ma ritrovare fra i migliori un atleta che sa anche difendersi sulle grandi montagne suona decisamente insolito. L’ultimo a ben vedere è stato Nibali.

Passione crono

Mattia è in partenza per San Sebastian, nell’ennesima sostituzione che gli è stata chiesta quest’anno. E così riempiendo la valigia, ci racconta il suo rapporto con le sfide al tempo.

«Penso di aver sempre avuto una predisposizione per la crono – racconta – sin da quando ero allievo, ma con Rossato al tempo della Trevigiani ho iniziato a lavorarci bene. Mi piace tutto. Sia lo sforzo solitario, sia tutto il lavoro che c’è dietro su posizione e materiali. La bici da crono la uso regolarmente un paio di volte a settimana, anche tre se c’è da preparare un appuntamento. Non la mollo neppure a dicembre, ci lavoro molto. Faccio esercizi per la posizione, anche a secco…».

La usi due volte a settimana, facendo cosa?

Se esco due volte, il primo faccio lavori specifici per tre ore, tre ore e mezza. La seconda volta faccio un’ora e mezza sulla bici normale e un’ora e mezza su quella da crono. Sono fortunato perché ho una buona posizione di base, anche se arrivato in Deceuninck ho cambiato parecchio per trovare la miglior aerodinamica.

Specialized ci lavora parecchio.

C’è tanto lavoro che non si vede, giornate intere a fare aggiustamenti della posizione e prova di materiali. La nostra è una delle bici più veloci, per cui anche noi dobbiamo imparare ad assecondarla.

Sei uno che il salita tira il rapporto, si dice invece che a crono si debba puntare sulla frequenza…

Ma io pedalo allo stesso modo, mai super agile. E poi la crono dura al massimo un’ora, in cui devi dare tutto. Su strada non metterei mai il 58, a crono ormai è la regola.

E’ una bici comoda?

Dipende da cosa intendiamo per comodo, ma direi che non lo è particolarmente. Stare in posizione è difficile, però dipende anche da quanto sia estrema. Per questo faccio tanti lavori giù dalla bici, allenandomi per stare stretto con le spalle. La mia posizione comporta tanto stress, ma se ti alleni, starci sopra diventa più facile.

Si dice che se sei scomodo non rendi al massimo.

Dipende da quale obiettivo hai. Se sei Cavendish e dalla crono non hai niente da pretendere, ci sta che cerchi una posizione comoda. Se parti per stare davanti, difficile che tu possa essere anche comodo. Puoi cercare una via di mezzo, ma dipende dai corridori. E’ molto soggettivo. Gente come Kung o Roglic va fortissimo, ma non credo siano comodi.

Al Giro di Svizzera 2014, 10° in entrambe le crono. Posizione più lunga dell’attuale e di quella alle origini da U23
Al Giro di Svizzera 2014, 10° in entrambe le crono. Posizione più lunga dell’attuale e di quella alle origini da U23
Se è così estrema, come si fa a cambiare posizione durante un Giro?

E’ il motivo per cui durante la settimana passo spesso da una bici all’altra. Dipende da quanto ti alleni. Mi cambia poco. Sento che ho una posizione diversa, ma non mi stravolge. Per fortuna sono piuttosto flessibile, perché a parte la lunghezza delle pedivelle che resta quella, le altre misure e gli angoli sono tutti diversi.

Hai raggiunto il top della posizione o ci lavorerai ancora?

Sono previsti dei lavori e degli studi per migliorare ancora. Penso che cambierò ancora qualcosa. Lavorerò sui materiali, ci sono interventi da fare.

Vai meglio nelle crono secche o in quelle nelle corse a tappe?

Sembrerà strano, ma vado meglio nei giri, forse grazie al fatto che recupero bene. Nella crono secca sono meno performante, ma sono migliorato tanto. Al prologo dello Svizzera, ad esempio, sono arrivato terzo ed era come fosse una crono secca.

Nel 2017 arriva quinto al tricolore crono di Moscon. La posizione è più raccolta, le braccia più inclinate verso l’alto
Nel 2017 arriva quinto al tricolore crono di Moscon. La posizione è più raccolta, le braccia più inclinate verso l’alto
Ci sono dei rituali prima di una crono?

Certo, sempre uguali. La mattina provo il percorso il più lentamente possibile. Memorizzo le curve, cerco di capire quali si possono fare forte e quali sono pericolose, quelle da fare in posizione e quelle in cui frenare. Poi mangio sempre le stesse cose e mi scaldo allo stesso modo.

Come ti scaldi?

E’ sempre uguale e in base alla lunghezza della crono metto o tolgo qualcosa. Faccio ripetute, qualcuna in più se la crono è breve, di più se è lunga. La base è identica e mentre mi scaldo bevo soltanto acqua, niente sali. E cerco di mangiare poco. Nelle crono voglio essere vuoto.

Perché?

Perché faccio fatica a digerire, per questo mangio poco, sennò sto male. Né gel né sali, solo acqua. All’italiano, Bramati mi diceva di prendere la borraccia, ma ho finito la gara senza bere un sorso.

Non c’è rischio di calare restando così vuoto?

Forse un minimo calo l’ho avuto all’italiano, ma impercettibile e perché era caldo a quel modo. 

Quando ti scaldi ascolti musica?

Sempre la stessa, di solito musica dance o comunque ben ritmata. Non riuscirei a scaldarmi con la lirica, però magari qualcuno lo fa. 

Ruote?

Sempre le stesse, ma mi rendo conto di essere particolare anche in questo. All’inizio del Tour sono venuti a chiedermi che ruote e che copertoni volessi per la prima tappa, gli ho risposto che avrei usato le stesse cose per tutto il Tour. A crono è lo stesso. Lenticolare dietro e alto profilo davanti, a meno che non ci sia tanta salita e allora si può valutare l’alto profilo anche dietro, per un fatto di peso.

Ti sarebbe piaciuto andare alla crono di Tokyo.

Mi sarebbe piaciuto molto, ma i tempi della convocazione probabilmente lo hanno impedito.

Ti piacerebbe andare al mondiale?

Mi piacerebbe riuscire a guadagnarmi la convocazione per una cronometro. E’ un’aspirazione che ho da un po’, ma adesso è supportata da qualche bella prestazione. Sarei quasi più contento di arrivare in azzurro per la crono che per la gara su strada

Niente da dire. Dopo il bel Tour a Tokyo ci sarebbe stato bene davvero, ma la tagliola olimpica che prevedeva la consegna dei nomi entro il 5 luglio lo ha tagliato fuori. Ha davanti Ganna e Affini. Eppure su un percorso duro come gli ultimi, anche Cattaneo avrebbe potuto dire la sua. Rivederlo forte e motivato come ai bei tempi fa pensare che crescerà ancora. E allora il ritorno alle origini sarà davvero completo.