Trentin: Beking Monaco, il punto sul 2024 e il futuro della Tudor

13.11.2024
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Le fatiche di Matteo Trentin sono ricominciate da pochi giorni, la bici è tornata fuori dal garage ed è ora di riprenderci dimestichezza. «Mi sono fermato un mese intero – racconta – da ieri (lunedì per chi legge, ndr) ho ripreso a fare qualcosa. Quest’anno mi sono concesso un po’ di riposo in più, è stata una stagione lunga e dura».

Nel frattempo si lavora anche in vista della prossima edizione dell’evento Beking Monaco, la quarta. Il progetto, partito da Trentin e sua moglie Claudia Morandini, è cresciuto parecchio arrivando ad avere una caratura internazionale.

«In questo caso – spiega Trentin – siamo allo sprint finale. Nei prossimi dieci giorni vediamo cosa riusciremo a tirare insieme e poi tra dodici sapremo cosa abbiamo creato».

Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan
Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan

Qualche difficoltà

Raccogliere fondi per organizzare un evento non è mai semplice, soprattutto se c’è il ciclismo di mezzo. Anche in caso di eventi come Beking le difficoltà non mancano, nonostante i valori e i soggetti coinvolti. 

«Mi sarei aspettato, magari – prosegue – una maggiore facilità nel raccogliere i fondi necessari, ma ormai è sempre più difficile per il ciclismo essere appetibile. Nonostante il nostro sia un evento di beneficenza, non è mai facile e ogni anno si è alla ricerca di partner nuovi o aziende interessate. I soldi a quest’ultime non mancano, basti vedere quanto si investe sul fenomeno Sinner. Il problema è che il ciclismo fa fatica e lo stesso andazzo lo si trova nel WorldTour. Siamo vittime del nostro passato e da un lato non capisco il perché. Anche altri sport hanno avuto i loro momenti difficili eppure sono ritornati in alto. Dopo la parentesi delle scommesse nel calcio tutto è tornato alla normalità. Il ciclismo fa fatica a liberarsi di certi stereotipi».

In attesa di capire meglio diciamo che Beking si farà…

Ci siamo e il format è ormai collaudato. Gli eventi principali saranno la pedalata con i bambini e il criterium dei professionisti alle 14. Il supporto dei personaggi esterni e di chi crede nel progetto è elevato. Nella cena di gala a conclusione del tutto avremo molti pezzi pregiati all’asta. Ci sarà un casco firmato da Charles Leclerc, la bici di Pogacar e le sue tre maglie conquistate quest’anno: rosa, gialla e iridata. Per quanto riguarda la gara avremo Pogacar, la new entry Pedersen, Mohoric, Viviani, Matthews e tanti altri. 

Torniamo a te, hai definito la stagione 2024 come lunga e dura. Descrivicela.

Lunga perché ho iniziato a correre a fine gennaio e mi sono fermato dopo il Giro d’Italia. Una volta recuperato, mi sono fiondato nella seconda parte di stagione. Rispetto agli anni in cui facevo il Tour de France è stata divisa in due tronconi, ma la cosa non ha portato a grandi cambiamenti. Se dovessi darmi un giudizio direi sufficiente. 

A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
Come mai?

Sono riuscito a vincere sia una gara che la mia prima corsa a tappe, ma ho lasciato qualcosina per strada a causa di diverse cose. Non sono mai stato al 100 per cento, se mi guardo indietro non trovo un periodo in cui ho messo in fila quattro o cinque appuntamenti in cui avevo una condizione super

Cosa senti di aver lasciato per strada?

Al Fiandre non stavo benissimo, quindi ho raccolto quanto più possibile. Dall’inizio alla fine dell’anno sento di essere stato vicino ai primi ma senza l’acuto o il piazzamento serio. Questo un po’ va a intaccare il giudizio finale. Sono stato costante, vero. Non è stata tuttavia la stagione che stravolge la linea.

In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
A livello di squadra?

La Tudor ha fatto un bel passo in avanti. Non dal punto di vista dei numeri perché abbiamo vinto solamente due gare in più rispetto al 2023. Però sono arrivati due successi in appuntamenti WorldTour: alla Parigi-Nizza e al Romandia. 

Dopo 12 anni non sei più in una squadra WorldTour, senti la differenza?

A dire il vero no. A livello di calendario è un po’ più difficile perché devi aspettare gli inviti. Quest’anno non abbiamo corso la Roubaix o il Tour de France, ma anche in UAE non era scontato correre certe gare vista la rosa tanto ampia. Ho fatto più o meno le stesse corse del 2023, è cambiato un po’ il modo di correre. 

Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
In che senso?

In UAE quando c’è Pogacar si corre per lui. Mentre qui in Tudor spesso si viene chiamati in causa, questo accade più nelle gare di un giorno che nelle grandi corse a tappe. Alla fine al Giro lavoravamo per Dainese nelle tappe piane e per Storer in quelle di montagna. Le due frazioni in cui ho avuto maggiore libertà ho cercato la fuga per giocarmi le mie chance. 

Nel 2025 arriveranno due corridori nuovi e di alto profilo: Hirschi e Alaphilippe

Penso sia una cosa bella che due corridori di questo calibro arrivino a correre in un team professional, vuol dire che credono molto nel progetto

Hirschi già lo conosci bene e in questo finale di 2024 ha fatto vedere grandi cose.

Da noi potrà trovare maggior spazio, in più la squadra sarà più a sua disposizione rispetto a quanto visto in UAE. Anche senza Pogacar è un team pieno di campioni dove c’è una grande battaglia per capire chi è il secondo in comando. 

E infine arriva un due volte campione del mondo…

Alaphilippe ha fatto vedere di essere in ripresa dopo due stagioni complicate. Quest’anno è tornato a vincere in appuntamenti di spessore come al Giro d’Italia. Arriva in un team dove ci sarà grande fiducia in lui e questo lo aiuterà molto a mio modo di vedere.

Trentin, un altro giro sugli sterrati fra Parigi e Tours

05.10.2024
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Domenica si corre la Parigi-Tours, classica di antica nobiltà. Fu lanciata nel 1896 da Henri Desgrange, l’ideatore del Tour del France, per ripercorrere idealmente il tracciato che i reali di Francia seguivano per raggiungere uno dei loro castelli, collegando la nuova e l’antica capitale di Francia. Dal punto di vista ciclistico, si tratta di una delle classiche più antiche, che tuttavia negli anni ha cambiato più volte pelle.

E se negli anni Novanta era diventata la classica dei velocisti, scontro al vertice fra treni e uomini, con l’introduzione di un paio di muri nel finale era diventata una corsa più vivace. Finché ASO che la organizza, probabilmente ispirata dalla concomitanza con l’Eroica di Gaiole in Chianti, s’è inventata una serie di passaggi su sterrati in mezzo ai vigneti.

La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022. Quarto e quinto Consonni e Mozzato
La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022. Quarto e quinto Consonni e Mozzato

Tanti italiani

Fra gl italiani l’hanno vinta Minali e Petacchi, quando era prova di Coppa del mondo e sull’Avenue du Grammont si arrivava in volata. Un anno però la vinse Tafi. Era l’8 ottobre del 2000, Andrea arrivò da solo con la rabbia in corpo e inviò così un messaggio al cittì Fusi che lo aveva lasciato fuori dai mondiali che si sarebbero corsi la settimana successiva a Plouay. L’ha vinta anche Marcato, attuale diesse del UAE Team Emirates.

L’ultimo italiano ad averla vinta è stato Matteo Trentin. Accadeva nel 2015 e nel 2017, quando il trentino correva ancora nella Quick Step. E siccome a certi appuntamenti non ci si può sottrarre, Trentin sarà nuovamente al via che sarà dato da Chartres. Ormai da Parigi non parte più niente, nemmeno le Olimpiadi. Trentin giovedì ha corso la Sparkassen Münsterland Giro, ovviamente in maglia Tudor Pro Cycling.

Cambia qualcosa ad averla vinta per due volte?

Non cambia niente, cambia solo se non c’è Pogacar e in teoria non c’è, quindi si va alla partenza più fiduciosi. Quello che ha fatto al mondiale credo non fosse mai successo prima. Comunque penso che se l’Olanda e il Belgio trovavano subito un accordo e lo mettevano a 20 secondi, era una cosa. Potevano fare l’azione e prenderlo. Se invece lo lasci andare, tira solo il Belgio e l’Olanda si nasconde, allora gli fai anche un favore. L’unico che poteva provare era Evenepoel, infatti tutti gli altri si sono finiti cercando di rispondere ai suoi scatti.

Torniamo alla Parigi-Tours, quanto è cambiata da quando l’hai vinta tu?

Ai tempi era ancora la Parigi-Tours classica, un po’ più lunga. Se c’era vento, veniva una corsa un pochino più dura. Poi hanno aggiunto due strappi finali e rispetto a quella che era la prova di Coppa del mondo cambiava parecchio e si decideva lì. Adesso il percorso è cambiato totalmente con queste strade sterrate. In teoria è più dura, però negli ultimi anni si è sempre deciso tutto in finale. Quindi più dura, ma anche no.

Il vento incide sempre?

Comanda lui. E’ il vento che determina quanto viene dura la corsa. Il percorso non è difficile, di per sé è fattibile.

Lo scorso anno, con la faccia piena di polvere, la Parigi-Tours l’ha vinta l’americano Riley Sheehan
Lo scorso anno, con la faccia piena di polvere, la Parigi-Tours l’ha vinta l’americano Riley Sheehan
Le strade bianche non incidono?

La verità? Non sono così belle e alla fine sono tutte dritte, quindi non sono neanche tecniche. E’ tecnico il pezzo del circuito, ma la strada sterrata in sé non è tortuosa – destra, sinistra, salita, discesa – che renderebbe il percorso tecnico come in Toscana. Sono tutte strade dritte, a parte una che ha due curve e un’altra che ne ha una. Quindi diciamo che fanno la differenza perché buchi. Mentre non l’abbiamo ancora mai fatta con la pioggia e questa potrebbe essere la vera incognita. Infatti mi hanno detto che ha piovuto per per tutta la settimana scorsa, quindi non credo proprio che arriverà ad asciugarsi tutto.

Preferisci questa versione della Parigi-Tours o quella di prima?

Quella di prima. Questa sembra una sorta di “vorrei ma non posso” cercando di imitare la Strade Bianche. In Francia nel 2018 e 2019 mettevano strade bianche dappertutto, perché si erano accorti che tiravano. Poi per carità, ci sta che abbiano voluto modernizzare un pochino la corsa, perché era sempre stata la corsa del vento. Però alla fine non è cambiato nulla: se non c’è il vento, la Parigi-Tours non diventa dura sino al finale. E il finale non è abbastanza duro per fare la differenza. L’anno scorso sono arrivati in quattro, ma la selezione è venuta dopo mille scatti e controscatti, non perché il percorso fosse impegnativo.

Quanto conta avere accanto la squadra?

Oddio, conta come in tutte le corse. Se c’è vento, più sei davanti e meglio è. Quando poi si arriva nelle strade sterrate, per quanto la strada in sé non sia così selettiva, il tratto è comunque nervoso. Sei sempre lì a limare e tenere posizioni. Quindi è ovvio che se hai qualcuno che ti dà una mano, come in tutte le corse, ti aiuta a risparmiare un po’ di energie. Io avrò con me un bel gruppo di giovani, compreso il nostro Sierra.

Quest’anno Trentin ha colto al Renewi Tour la prima vittoria in maglia Tudor Pro Cycling
Quest’anno Trentin ha colto al Renewi Tour la prima vittoria in maglia Tudor Pro Cycling
Come stai? Si può provare a fare qualcosa?

Sto bene. La settimana scorsa al Grand Prix de Wallonie ero lì per giocarmi la corsa e uno ha deciso di non fare la curva, di finirmi addosso e poi trascinarmi per terra. Alla Super 8 Classic ho fatto sesto. Questa settimana invece ho riposato. Ho ancora due gare, Parigi-Tours e Gran Piemonte, penso di star bene, quindi vediamo di portare a casa qualcosa. La squadra invece non farà le corse di Pozzato in Veneto, quindi fra poco si chiude la stagione e si pensa alla prossima. La squadra si sta rinforzando, come corridori e staff. Arrivano Alaphilippe e Hirschi che si inseriranno benissimo nel gruppo. Ho corso con entrambi e non ho dubbi. Il progetto sta crescendo davvero bene.

Petacchi, rivediamo insieme la volata di Hasselt

17.09.2024
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Tutto bene fino a 200 metri dall’arrivo, poi il patatrac e il titolo europeo va a Merlier con gli azzurri fuori dai primi 10. Poche parole per sintetizzare la corsa di Hasselt, ma riavvolgendo il nastro, la prova continentale ha detto molto di più. Certo, è facile giudicare col senno di poi, le vittorie arrivano sempre quando tutti i tasselli vanno a innestarsi perfettamente come in un puzzle e questo alla nazionale italiana non è riuscito. Rianalizzare la corsa serve però anche per capire non solo dove si è sbagliato, ma come funziona, nei particolari, la costruzione di una volata. Abbiamo rivissuto le ultime fasi dell’europeo sottoponendo a Alessandro Petacchi, che di volate se ne intende come pochi altri al mondo, 5 momenti specifici, attraverso i quali capire che cosa è successo e poteva/doveva succedere.

L’europeo in 5 fotogrammi dalla telecronaca Rai: qui il prezioso lavoro di Affini e Cattaneo
L’europeo in 5 fotogrammi dalla telecronaca Rai: qui il prezioso lavoro di Affini e Cattaneo

Il lavoro dei cronomen

Fino ai -2 chilometri, la squadra italiana aveva tenuto in mano le redini della corsa, questo almeno sembra trasparire dalle immagini televisive, quando Affini lascia le redini del treno azzurro a Cattaneo (parliamo dell’oro e del bronzo a cronometro…).

«Non dobbiamo però dimenticare – dice Petacchi – che poco prima la squadra azzurra, proprio attraverso loro due, aveva disinnescato la fuga dei 6 con Van der Poel, Pedersen e Laporte. Uno sforzo pesante che gli italiani si sono accollati appieno e questo è costato tante energie. Affini sarebbe stato utilissimo più avanti. Con la forma che aveva, poteva essere uno degli ultimi vagoni potendo portare Trentin e Ballerini ancora più vicini all’arrivo per il loro lavoro. Ma questa è la classica cosa che si può dire a posteriori.

«L’Italia d’altronde aveva una tattica obbligata – prosegue Petacchi – portare la corsa allo sprint. Era giusto, se hai un uomo come Milan in quella condizione. Era una tattica condivisa da tutti, non è che il cittì imponga. Il problema è che così la tattica era conosciuta anche dagli avversari, ma d’altro canto anche altre nazionali puntavano sulla volata, come il Belgio. Solo che i padroni di casa hanno rischiato lasciando fare agli italiani e alla fine hanno avuto ragione. A noi sarebbe servito avere un uomo in quella fuga: Trentin era deputato a seguire VDP come un’ombra, ma ci sta che ti può anche sfuggire».

Trentin ha preso in mano il treno azzurro, lanciandolo in velocità. Per ora tutto funziona
Trentin ha preso in mano il treno azzurro, lanciandolo in velocità. Per ora tutto funziona

L’impegno di Trentin

«Lungi da me l’idea di tirargli la croce addosso – ci tiene a sottolineare Petacchi – Matteo ha fatto un grandissimo lavoro e si vede quando il treno passa nelle sue mani. Ha svolto il compito in maniera magistrale, rispettando tutti i canoni della volata: si sposta al lato della strada consentendo ai componenti della fila azzurra di controllare solo una parte della carreggiata. Inoltre tiene una velocità altissima tanto che si vede la fila azzurra e dietro un gruppo sparuto, quelli che sono rimasti: gli altri treni. Lì però è emerso un fattore che sarà decisivo: il vento contrario. Venendo da dietro, quando vai avanti hai maggiore agio rispetto a chi tira che va controvento e ha consumato molte energie in più. Risalire è facile e infatti si vede il Belgio che rapidamente recupera».

Proprio il vento ha impedito a Trentin di mantenere la velocità alta quanto avrebbe voluto: «Il percorso era tutto rettilineo, aveva vento in faccia. Se si guarda Ballerini dietro di lui riesce a respingere una prima volta un belga, ma da dietro stavano comunque recuperando anche altri, proprio perché è più facile in quelle condizioni venire fuori da dietro».

Davide Ballerini si danna l’anima e rilancia, ma il Belgio sta venendo su al riparo dal vento contrario
Davide Ballerini si danna l’anima e rilancia, ma il Belgio sta venendo su al riparo dal vento contrario

Ballerini e la velocità

Quando Trentin si fa da parte, Ballerini prova a rilanciare, si alza anche sui pedali, ma la situazione si è fatta già più intricata.

«Il percorso stava cominciando a cambiare – avverte Petacchi – era infatti prevista nell’ultimo chilometro una sorta di chicane, ossia una curva a destra e subito a sinistra. “Ballero” ha tenuto alta l’andatura, ma il Belgio ha messo un uomo per risalire il gruppo e uno per sorpassare, sfruttando anche il fatto che avevano più uomini a disposizione. Questo ha permesso anche di far giocare le proprie carte sia a Merlier che a Philipsen. Ballerini il lavoro lo ha fatto bene, anche quando si è tirato da parte per lasciar libero Consonni, ma venendo da dietro un belga si era intanto messo davanti a Simone».

Consonni è davanti a Milan, ma i belgi gli vanno a tappare la strada. La corsa azzurra finisce lì…
Consonni è davanti a Milan, ma i belgi gli vanno a tappare la strada. La corsa azzurra finisce lì…

Le difficoltà di Consonni

Simone, se si guarda bene il suo lancio dello sprint, era stato bravo a ritrovare il varco all’estrema sinistra, il fatto è che dietro Milan non c’era più e Petacchi lo specifica.

«Il problema è stato lì – dice – si sono persi. Probabilmente Jonathan si è toccato a destra con qualcuno, perché seguendo l’azione del Belgio anche altri corridori si erano frapposti. Ad esempio Laporte si era portato avanti e avrebbe anche lui bloccato sul nascere l’azione di Milan. Consonni non ha sbagliato, sono stati i belgi a fare tutto nel modo giusto e Milan a destra non poteva più uscire. Magari quando Ballerini si è tirato via bisognava spingere a tutta, ma c’era vento.

«Lo si vede anche dal fatto che la volata è a ventaglio – continua Petacchi – e chi veniva da dietro era favorito. Forse Jonathan poteva essere un po’ più a destra di Consonni al passaggio fra Ballerini e quest’ultimo, ma sono ipotesi. In quella situazione, Milan la volata non ha proprio potuto farla, ha provato 2-3 volte ma era sempre stoppato».

Simone ha ritrovato strada libera, solo che Milan ormai è alla sua destra, con un muro davanti
Simone ha ritrovato strada libera, solo che Milan ormai è alla sua destra, con un muro davanti

La gamba di Milan

Molti osservatori hanno sentenziato che l’olimpionico non avesse la gamba giusta per la volata: «E come si fa a dirlo se la volata non ha potuto farla? Per me il vento ha giocato un ruolo decisivo: guardate Merlier come viene su, lo stesso dicasi per Kooij, mentre Philipsen non ha avuto quel cambio di ritmo che gli è riconosciuto. Tim è uno che adora questo tipo di sprint, aveva gambe eccezionali e sa scegliere il tempo giusto per saltar fuori.

«Io dico che un giudizio su Milan non si può proprio dare, perché la volata non si è messa in maniera tale da permettergli di emergere. Non ci sono stati grandi errori da parte azzurra, ma piccole mancanze che alla fine hanno pesato. Si era scelta una tattica, ma non ha pagato».

Alaphilippe alla Tudor, aria nuova e voglia di vincere

27.08.2024
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Era scritto da mesi che Julian Alaphilippe avrebbe lasciato la Soudal-Quick Step: Lefevere ha fatto di tutto per costringerlo a mollare e alla fine ce l’ha fatta. Pochi però immaginavano che “Loulou” sarebbe andato alla Tudor Pro Cycling. Il suo nome sembrava ormai associato a quello di Bernaudeau e alla Total Energies, invece alla fine ha prevalso l’offerta di Cancellara. E volendo leggere fra le righe, la sensazione è quella di un Alaphilippe ancora battagliero, che ha voglia di nuovi stimoli e nuove vittorie. La squadra francese non sembra il luogo ideale per chi ha ancora l’indole del guerriero.

A San Sebastian, Alaphilippe più esplosivo di Hirschi in salita, ma lo svizzero vincerà in volata
A San Sebastian, Alaphilippe più esplosivo di Hirschi in salita, ma lo svizzero vincerà in volata

Una scelta difficile

Alaphilippe ne ha parlato dopo la gara di Plouay, chiusa a 11″ da Hirschi, che lo aveva già battuto a San Sebastian e passerà con lui nella squadra svizzera. La sua scelta deriva da motivazioni particolari e forti, come ci aveva spiegato qualche giorno fa Ricardo Scheidecker, Head of Sports del team svizzero.

«Non è stata una decisione facile – ha raccontato Alaphilippe – perché si è trattato di scegliere fra bei progetti e persone che avevano lavorato tanto per avermi con sé. Mi faceva male l’idea di deluderli, ma alla fine ho scelto di pensare a me stesso. Ho ascoltato il mio cuore e questo mi ha fatto sentire libero. So di aver fatto la scelta giusta».

Fra Ricardo e Cancellara

A ben vedere non si tratta di un salto nel buio. Con Trentin ha corso per quattro anni, quando ancora Matteo militava nel gruppo Quick Step, e lo stesso Ricardo Scheidecker ne era una colonna portante. A ciò si aggiunga la voglia di nuove motivazioni, dopo l’intera carriera nella stessa squadra.

«Le mie esigenze sono semplici – spiega Julian – facciamo uno sport difficile e volevo un progetto con una base solida, dove devo pensare solo alla prestazione, a me e alla mia famiglia. So che la squadra si occuperà di tutto il resto. Conosco bene Trentin, ho bei ricordi. Conosco anche Ricardo ed è una persona con cui ho vissuto bellissimi momenti alla Quick Step. Lui è stato il primo a spiegarmi il progetto e la voglia che avevano di lavorare con me. Ci ho messo del tempo, perché volevo prima tornare ai miei livelli, senza le mille questioni legate a un passaggio di squadra. Volevo essere certo di fare la scelta giusta. Ho parlato molto anche con Cancellara. Mi ha fatto capire di esserci passato, che era una decisione importante e difficile da prendere, soprattutto a questo punto della carriera. Cose che lui ha vissuto, al punto da aver parlato anche di come bilanciare la vita familiare con le corse».

Nella scelta di Alaphilippe sarebbe centrale anche la voglia di stare vicino alla famiglia (foto Instagram)
Nella scelta di Alaphilippe sarebbe centrale anche la voglia di stare vicino alla famiglia (foto Instagram)

La ricerca della felicità

Scheidecker ha usato la parola “felicità”, forse perché era evidente che nella vecchia squadra questa fosse ormai perduta. Di solito il rinnovo del contratto avveniva dopo la Liegi, ma questa volta Lefevere ha preso tempo e ha dato ad Alaphilippe la possibilità di guardarsi intorno. Andare alla Tudor ha significato accettare la scommessa dei corridori che l’hanno preceduto. Dover aspettare gli inviti e non avere le certezze di un team WorldTour.

«Voglio realizzarmi – spiega – vincere le gare. Voglio sentirmi bene con me stesso, per dare il massimo e portare la squadra al top. Questo è il mio obiettivo. Sono felice di avere un ruolo di leadership, ma so anche che dovrò dare l’esempio ai tanti giovani, in bici e giù dalla bici. Questo mi motiva e mi rende felice. Rimanere era impossibile. Negli ultimi anni ci sono stati momenti complicati. Quindi oltre al fatto che ero già un passo avanti sull’idea di cambiare ambiente, la decisione non è stata così complicata. Ho pensato al discorso degli inviti, ma ho fiducia. Spero che faremo tutte le grandi gare, dalle Ardenne fino al Tour. Ho ambizioni per me e per la squadra, ma dovremo meritarci ogni invito. La voglia di Tour cresce con il passare degli anni. Quest’anno ho scelto il Giro e le Olimpiadi, ma devo dire che il Tour è quello che mi è mancato per fare meglio a Parigi».

Le Olimpiadi sono state il cuore dell’estate di Alaphilippe, cui forse è mancata la condizione del Tour
Le Olimpiadi sono state il cuore dell’estate di Alaphilippe, cui forse è mancata la condizione del Tour

La saggezza del Tour

La stagione propone ancora sfide interessanti: al centro di tutto, il mondiale di Zurigo che per l’Alaphilippe vecchia maniera sarebbe davvero il perfetto banco di prova. Alla fine dello scorso anno, Davide Bramati disse che per rivedere Julian al top dopo l’incidente di Liegi sarebbe servito un altro inverno e la previsione si è avverata alla perfezione.

Se tutto va come sperano Cancellara e lo stesso francese, il prossimo potrebbe essere l’anno di alcune belle rivincite: fra tutte quelle della Liegi, chiusa al secondo posto nel 2021 dietro Pogacar. E conoscendo la gente del Tour, siamo abbastanza certi che faranno di tutto per avere al via il francese più amato. Un uomo che ha avuto coraggio. Se avesse voluto la certezza della Grande Boucle, gli sarebbe bastato firmare in Francia e avrebbe avuto davanti giorni da Re Sole e forse anche più soldi. Ripartire da Tudor è il chiaro segnale della sua voglia di fare.

Trentin vince al Wallonie e rimanda le domande a Bennati

02.08.2024
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L’umore di Matteo Trentin è come il cielo che sovrasta casa sua nel Principato di Monaco, per gran parte del tempo sereno, ma a volte si scurisce. Da un lato c’è la vittoria al Tour de Wallonie, la prima in maglia Tudor Pro Cycling e la prima in una corsa a tappe per il trentino. Dall’altra parte, invece, c’è la non convocazione nel trio che si giocherà l’oro olimpico a Parigi 2024. Al suo posto il cittì Bennati ha deciso di portare Luca Mozzato. Erano loro due e forse pochissimi altri a giocarsi l’ultimo posto disponibile, vista la convocazione quasi obbligata di Elia Viviani e quella certa di Alberto Bettiol

Per Trentin al Wallonie anche la prima vittoria di una corsa a tappe in carriera
Per Trentin al Wallonie anche la prima vittoria di una corsa a tappe in carriera

Il sapore della vittoria

L’ultimo successo di Matteo Trentin risale ad ottobre 2022, al Giro del Veneto, quando ancora vestiva la maglia del UAE Team Emirates. La scorsa stagione ci era andato vicino un paio di volte al Delfinato, ma si era fermato al secondo gradino del podio. Anche ad inizio anno, ad Almeria, aveva sfiorato il successo. 

«Era anche ora – dice Trentin – è stata la prima vittoria con la maglia della Tudor. In più si è trattata dalla prima volta in cui ho vinto una corsa a tappe. Sono molto contento di quanto fatto. Ero partito per il Belgio con l’obiettivo di vincere una tappa, poi è arrivata anche la maglia così abbiamo provato a portarla fino alla fine. Per me si è trattato di un buon segnale, a dimostrazione che quando preparo un obiettivo ci sono. Non sarà stata la gara più importante dell’anno, ma con il ciclismo di oggi non ci sono più corse facili o difficili. Vincere è sempre impegnativo. In Belgio ogni tappa è stata tirata e io ho risposto bene restando davanti anche in quelle più dure».

La sua ultima vittoria risaliva al Giro del Veneto 2022, in maglia UAE
La sua ultima vittoria risaliva al Giro del Veneto 2022, in maglia UAE
Un ottimo risultato considerando che è arrivato con la nuova squadra. 

E’ andata bene anche per questo. Sono contento per l’ambiente e penso possa fare bene alla mentalità di tutti. Nella prima parte di stagione la Tudor si è comportata molto bene con delle buone prestazioni al Giro d’Italia. Poi siamo calati un pochino, ma nella seconda parte di stagione abbiamo rimesso tutto a posto. Oltre alla mia vittoria al Wallonie sono arrivati un quinto e un sesto posto nella generale del Czech Tour. 

Una squadra giovane, ma che sta imparando tanto. 

L’età conta, ma i miglioramenti si vedono tutti. La Tudor non è una formazione abituata ad arrivare nel finale di una corsa a tappe con un leader. Certi automatismi vanno oliati. D’altronde era la prima volta anche per me. 

C’è qualcosa da perfezionare?

Più che altro abbiamo agito e capito come fare. Una bella lezione che verrà utile in futuro. Certe cose non le puoi migliorare se non ti trovi mai a fronteggiarle. Nel complesso l’ultima tappa l’abbiamo corsa bene, ci sono alcune cose da valutare…

Quali?

Dei tecnicismi. Ad esempio nella prima parte di gara controllare la fuga non è stato semplicissimo. Nel corso della gara è andata bene invece. Poi il finale è stato più movimentato, anche io ho sbagliato un po’ l’approccio. Sono uno che è abituato a seguire per poi provare a vincere, invece in questi casi bisogna ragionare per l’obiettivo più grande. Posso dire che il riassunto dell’esperienza al Wallonia é: non si smette mai di imparare. 

L’esclusione da Parigi 2024 fa male, ma Trentin rimanda a Bennati le domande
L’esclusione da Parigi 2024 fa male, ma Trentin rimanda a Bennati le domande
Dopo la pausa è stato un bel modo per ripartire…

Sì. Dopo un periodo di pausa ero andato a Livigno ad allenarmi da solo. Mi sono portato dietro la famiglia per qualche giorno. Due settimane di lavoro fatte bene che mi hanno permesso di arrivare pronto per questa seconda parte di calendario. 

Nel quale erano previste le Olimpiadi?

Ero andato in ritiro con l’obiettivo di preparare anche questo appuntamento. 

Invece la convocazione non è venuta, ne hai parlato con Bennati?

Per i ragionamenti che non hanno portato alla convocazione dovete chiedere a lui. La mia versione è che mi sono preparato al meglio e la vittoria in Belgio ne è la dimostrazione. Sarei stato pronto e l’ho fatto vedere.

Il Wallonie è stato un bel banco di prova per Trentin che ha imparato a gestire la corsa in maniera diversa
Il Wallonie è stato un bel banco di prova per Trentin che ha imparato a gestire la corsa in maniera diversa
I tuoi obiettivi per la seconda parte di stagione prevedono gli europei?

Ripeto che dovete parlarne con il cittì. Non mi sento più di sbilanciarmi. Correrò e farò il mio.

Che calendario farai con la squadra?

Correrò al Giro di Danimarca e al Renewi Tour, ancora in Belgio. Poi sarò alla Bemer Cyclassic (ex Cyclassics di Amburgo, ndr). Poi ci sarà da capire se sarò al via delle gare in Italia o se sarò ancora al Nord. Questo però dipende dagli inviti che arriveranno alla squadra. 

Allora ti facciamo un in bocca al lupo sperando di vederti alle corse in Italia.

Crepi!

Il primo grande Giro per la Tudor: Tosatto fa il bilancio

02.06.2024
5 min
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La prima grande corsa a tappe alla quale la Tudor Pro Cycling ha partecipato è stato il Giro d’Italia. Tra le fila dei diesse che hanno guidato la professional svizzera sulle strade della corsa rosa c’era Matteo Tosatto. Lui al Giro d’Italia è di casa, ne ha vinti tre: con Froome, Geoghegan Hart e Bernal, mentre per due volte è salito sul podio con Carapaz nel 2022 e con Thomas lo scorso anno. 

«Sono tornato a casa lunedì – racconta Tosatto – e in questi giorni me ne sto un po’ tranquillo. I prossimi impegni non sono ancora definiti, ma la squadra si dividerà in tante corse, vedremo a quali andrò. Sicuramente mi presenterò ai campionati italiani al seguito di Dainese e Trentin, credo sia fondamentale onorare la gara che assegna la maglia tricolore».

Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor
Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor

Un nuovo esordio

Come detto il Giro d’Italia non è una novità per Matteo Tosatto, la differenza rispetto allo scorso anno è la squadra con la quale lo ha seguito. Non più la Ineos, prima Team Sky, con la quale lavorava dal 2017. Bensì la Tudor Pro Cycling

«E’ stato un bel viaggio – ci racconta – dopo tanti anni con la Ineos è stato diverso, ma sempre entusiasmante. Il Giro è il Giro, lo affronti sempre con la stessa mentalità. La differenza grossa è che con la Ineos partivamo per vincere, mentre con la Tudor l’obiettivo era ben figurare e magari portare a casa una tappa. Non ci siamo riusciti, per poco. Quando si chiede un bilancio molti dicono di vedere il bicchiere mezzo pieno, io lo vedo pieno. Non abbiamo vinto, vero, ma siamo stati protagonisti considerando che con Storer siamo riusciti a centrare una top 10 in classifica generale». 

Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Com’è stato passare da un team che lotta per vincere la classifica finale a uno che vuole emergere?

La mentalità è sempre uguale, le corse io le affronto sempre allo stesso modo, Chiaro che senza l’assillo della classifica affronti le tappe in maniera diversa.

Voi come avevate preparato questo Giro?

Con il treno per Dainese che era ben attrezzato. Nelle tappe miste o con la possibilità di volata andavamo a tutta, nelle altre cercavamo di salvare un po’ la gamba. Poi Storer è stato bravo a rimanere sempre lì e abbiamo cercato di dare il giusto supporto anche a lui. 

La concentrazione è sempre a 100 però, anche se non si punta alla classifica…

Chiaro. Con il fatto di volersi concentrare sulle tappe ti rende più tranquillo anche se poi scopri che tutti i giorni sono importanti. 

Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Che differenze hai notato nella gestione?

La grande differenza è che in una realtà già affermata come la Ineos molti corridori sono campioni già affermati. Qui è diverso, molti ragazzi erano alla loro prima esperienza in un grande Giro. C’è un lavoro psicologico da fare, di sostegno nei momenti di difficoltà.

Qual è stato il vostro momento più difficile?

L’inizio della seconda settimana. Nella tappa di Napoli, che era estremamente impegnativa per i velocisti, eravamo riusciti a lavorare per Dainese. Alberto ha portato a casa un ottimo quarto posto ed eravamo felici. Solo che nel corso della frazione Krieger e Mayrhofer sono caduti e si sono dovuti ritirare. Ricordo che nel meeting prima della tappa da Pompei a Cusano Mutri ho lavorato tanto sull’aspetto psicologico. Ho detto ai ragazzi che anche se eravamo rimasti in sei potevamo comunque dire la nostra. 

Il momento migliore? 

Tutto il Giro direi, senza presunzione ma rapportando il tutto alle nostre possibilità. Siamo stati protagonisti nelle fughe e abbiamo conquistato ottimi piazzamenti. Storer nella tappa con arrivo a Prati di Tivo è andato in fuga e anche una volta che sono stati ripresi è rimasto con i primi terminando nono la frazione. 

A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
Cosa hai portato di tuo a questa squadra?

La mentalità. Non siamo andati al Giro solo per apparire o per fare le fughe per gli sponsor. Abbiamo deciso di attaccare quando sapevamo di poterci giocare le nostre occasioni. A Livigno, sempre con Storer siamo andati all’attacco poi a lui sono mancate le gambe negli ultimi otto chilometri. Anche a Fano siamo entrati nella fuga con Trentin che poi è arrivato sesto. 

Poi è arrivata Padova…

Questo è l’esempio di quanto dicevo prima. Con l’abbandono di Mayrhofer e Krieger abbiamo perso due vagoni importanti del treno di Trentin. Eppure, anche senza di loro, a tre chilometri dall’arrivo eravamo davanti noi al gruppo a tirare. Non un team WorldTour, ma la Tudor. Poi Dainese ha fatto quarto in volata. 

Bilancio positivo?

Positivo, assolutamente. Ora ci concentriamo sui prossimi obiettivi. Abbiamo il Giro di Svizzera che è la corsa di casa sulla quale puntiamo molto.

Caro Gualdi, ci racconti come si vincono le Olimpiadi in tre?

29.05.2024
5 min
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L’ultima volta che l’Italia vinse le Olimpiadi correndo con tre atleti, come accadrà a Parigi il 3 agosto prossimo, era il 1992. Un altro ciclismo, tanto che la corsa a cinque cerchi era campo di battaglia dei dilettanti. Gli azzurri, in corsa a Barcellona con Rebellin, Casartelli e Gualdi conquistarono l’oro con Casartelli (foto di apertura). Una gara di 194 chilometri disputata in tre e per questo dall’andamento particolare. Insieme a Mirko Gualdi ragioniamo di tattiche e di come si possa affrontare una corsa di quel calibro con soli tre atleti a disposizione. 

«Giosuè Zenoni, il cittì di quella nazionale – racconta Gualdi – aveva un acume tattico incredibile. I giorni prima degli appuntamenti importanti parlava con ognuno di noi e disponeva una tattica singola. Poi ragionava e metteva insieme tutto, creando una tattica di squadra. Ad esempio in un mondiale, lungo 14 giri, avevamo deciso che Caruso e io ci saremmo mossi nei giri pari per entrare in qualche fuga. Lo stesso avrebbero fatto Manzoni e Nicoletti nei giri dispari. Tarocco, invece, sarebbe entrato in azione nel finale e Baldato sarebbe stato coperto per aspettare la volata».

Però si correva in più di tre, l’Olimpiade com’è stata gestita?

La tattica è diventata di essere presenti nelle fughe, quelle con più di quattro corridori. C’erano Nazioni da “marcare” come Francia, Germania, Spagna e Belgio. Se un atleta di queste squadre fosse entrato nella fuga anche noi ci saremmo dovuti muovere. 

Anticipare insomma.

Pensare di organizzare un inseguimento in tre è impensabile. A Barcellona ci fu un primo attacco che andò via, poi un secondo nel quale entrai io. In un momento successivo rientrò un altro gruppo nel quale era presente Casartelli, che poi vinse. Io parlai con Zenoni prima della corsa e gli dissi che avrei preferito anticipare, perché ero convinto che si spendesse meno davanti piuttosto che dietro. 

Anche perché diventa una corsa a sfinimento…

Zenoni ebbe una bella idea. Le ultime gare di selezione prima delle Olimpiadi ci chiese di correre senza il supporto della squadra. Io andai a delle gare con la maglia della Zalf e tre compagni giovani che però non erano in grado di darmi un supporto in corsa. Zenoni voleva capire il nostro acume tattico e la capacità di battagliare da soli. Infatti dalla spedizione a cinque cerchi furono esclusi corridori più forti di me, ma che avevano corso con l’appoggio della squadra. 

Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Servono corridori intelligenti tatticamente.

Sì e anche bravi nel correre davanti, non di rincorsa, gente che sa stare in testa al gruppo. Provare a fare azioni di rientro, in tre, è impossibile, ci si brucia un compagno subito. 

Per questo dicevi che correre davanti diventa meno dispendioso?

Anticipare, soprattutto in un percorso come quello di Parigi con uno strappo abbastanza duro nel circuito, permette di fare una gara regolare. Mentre chi resta dietro vive di fiammate oppure si trova ad andare a ritmi folli fin dai primi passaggi. Non so l’Italia chi potrà portare, io Ganna lo avrei visto bene. 

Lui e Milan sono esclusi di partenza, visto che saranno impegnati con il quartetto pochi giorni dopo la corsa su strada.

Gli incastri saranno difficili, come sempre. Ganna diventa una perdita importante, mentre Milan non mi sembra il corridore adatto a queste corse. E’ forte, ma vincolante, deve avere una squadra che gli dà supporto, in tre non può accadere una cosa del genere. A lui preferirei Mozzato

Perché?

Intanto al Fiandre ha dimostrato di saper andare forte. E’ un regolarista, vero, ma che sa stare sempre davanti e spendere il giusto. Diventa il corridore che può seguire diversi contrattacchi o comunque restare con i migliori. Ma l’uomo certo per me è Bettiol, ha passo, regge in salita e sa muoversi anche da lontano. Le convocazioni sarebbero anche “facili” perché insieme a questi due si potrebbe portare Trentin, un altro che sa attaccare da lontano e non ha paura a farlo. 

Però sembra ormai certa la presenza di Viviani, e questo abbassa a due i posti liberi.

Partiamo dal presupposto che la tattica di gara diventa quella di anticipare. Bettiol è imprescindibile. Viviani invece può giocare due ruoli: quello di tappabuchi oppure di attendista e aspettare l’eventuale volata. Ci sarebbe da decidere se portare Mozzato o Trentin, forse meglio il secondo. 

C’è da considerare anche che Trentin non farà il Tour, Mozzato probabilmente sì.

Come ha detto Mozzato nella vostra intervista, il Tour può dare una gamba importante. Trentin non facendolo rischia di essere un passo indietro, ma lui ha le qualità per prepararsi bene. Poi è uno che sa liberarsi dalla mentalità attendista degli stradisti. Corridori che arrivano dal cross come Van Der Poel e Van Aert non hanno paura nell’uscire allo scoperto. Servirà una grande intelligenza tattica, cosa che non tutti i corridori possiedono.

Abus al Giro d’Italia? E’ in corsa con tre team

13.05.2024
3 min
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Il (primo) centenario dalla fondazione di Abus rappresenta un’occasione celebrativa straordinaria. Quale cosa migliore se non metterla in evidenza anche attraverso uno degli eventi ciclistici più iconici come il Giro d’Italia 2024? 

«Con grande soddisfazione – ha dichiarato Charlie Hancock, Category Manager Mobile Security di Abus Italia – quest’anno Abus corre il Giro con ben tre squadre: il Team Movistar di Nairo Quintana, il Team Tudor con Alberto Dainese e Matteo Trentin, e il Team Alpecin Deceuninck con Nicola Conci, alla quarta partecipazione alla corsa rosa. Per Abus è un vero e proprio traguardo storico, la prima grande corsa a tappe nel corso della quale così tante squadre si affidano ai nostri prodotti. Ma cosa rende questo momento così significativo?

«La risposta è nel fatto che i nostri caschi alto di gamma, utilizzati da Tudor e Movistar, sono Made in Italy: una tangibile testimonianza del nostro impegno finalizzato all’eccellenza artigianale e alla qualità. E’ un’emozione vedere i nostri caschi e i nostri accessori in azione al Giro, sapendo che sono stati concepiti e realizzati con grande dedizione in Italia. Con il Team Alpecin Deceuninck siamo invece partner per quanto riguarda la sicurezza».

100 anni di storia

Quest’anno Abus ha presentato la seconda generazione del celebre casco GameChanger, un vero e proprio concentrato di tecnologia e innovazione. Ogni dettaglio di questo casco aerodinamico è stato progettato con un solo scopo: garantire prestazioni di altissimo livello. Collaborando con atleti professionisti e producendo in Italia, i tecnici Abus hanno potuto mettere a punto un prodotto che soddisfa esigenze estremamente elevate.

Le esperienze acquisite nel ciclismo professionistico, frutto di collaborazioni strette con importanti realtà agonistiche e straordinari atleti, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo e nell’innovazione dei caschi per il ciclismo. Attraverso sinergie con aziende leader nel settore, Abus ha canalizzato una vasta gamma di conoscenze, di abilità e di tecnologie avanzate per creare prodotti di serie di alta qualità. L’evoluzione del casco per il ciclismo non è solo una questione di protezione, ma anche di prestazioni ottimali e comfort. Grazie alla esperienza nel campo del ciclismo professionistico, Abus ha compreso le impegnative sfide e le esigenze degli atleti di livello mondiale. E questa consapevolezza ha consentito di progettare e produrre caschi che non solo rispettano gli standard di sicurezza più rigorosi, ma offrono anche un’elevata aerodinamicità, leggerezza e ventilazione.

Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività
Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività

I feedback dei pro’

«Ogni singola fase del processo di sviluppo del prodotto – prosegue Hancock – è guidata da una ricerca approfondita e da un costante impegno verso l’eccellenza. Collaboriamo con esperti del settore, ingegneri e atleti professionisti per testare e perfezionare ogni singolo dettaglio del casco. A partire dalla forma del guscio esterno alla disposizione dei canali di ventilazione interni. Questo approccio orientato alla qualità ci consente di garantire che ogni casco sia un prodotto di serie di alta qualità, pronto a offrire prestazioni superiori.

«Inoltre, la nostra stretta collaborazione con atleti professionisti ci consente di mantenere un vantaggio competitivo nel settore. Osservando da vicino le esigenze degli atleti e raccogliendo feedback dettagliati sul campo, siamo in grado di identificare rapidamente le tendenze emergenti, adattando i nostri prodotti di conseguenza».

Abus

Tosatto e la Tudor, ultime rifiniture in vista del Giro

17.04.2024
6 min
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SALORNO – Il Tour of the Alps spesso e volentieri è una delle ultimissime prove generali prima del Giro d’Italia. Una serie di spunti da cui i diesse possono trarre indicazioni più o meno importanti. Uno di loro è senza dubbio Matteo Tosatto, arrivato ad inizio stagione per guidare la Tudor Pro Cycling.

Per la serie “lui sa come si fa”, grazie ai trionfi rosa ottenuti con la Sky/Ineos, sulla porta dei 50 anni (li compirà il 15 maggio) il tecnico nativo di Castelfranco Veneto ora ha una nuova missione. Lo abbiamo incontrato proprio nella corsa dell’Euregio (foto Tudor Pro Cycling in apertura) chiedendogli come stia procedendo il suo ambientamento nella Tudor e quali siano le aspettative del team Professional svizzero alle soglie della sua prima grande corsa a tappe. Il viso rilassato sembra la naturale conseguenza di una persona che, dall’alto della sua esperienza, sa che il nuovo percorso intrapreso è quello giusto.

Come sta andando la tua nuova esperienza con la Tudor?

E’ cambiato tutto dopo sei anni tra Sky e Ineos. Sono super felice perché l’avventura è iniziata col piede giusto, così come il progetto sta andando avanti bene. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imporci in qualche bella corsa. E soprattutto saperci imporre come stile di gara, prendendoci le nostre responsabilità senza paura. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un gruppo di giovani. A volte sbagliamo, ma chi sbaglia poi impara. Penso che siamo sulla linea giusta.

La filosofia che ci aveva spiegato Cancellara, l’ha trasmessa facilmente anche a voi?

Il nostro motto è quello di crescere piano piano, sapendo le nostre potenzialità. Noi andiamo alle corse per vincere, ma sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo fare anche esperienza. In alcune gare andiamo per imparare, dove portiamo tanti giovani che magari affrontano il loro primo grande Giro o la prima grande classica. Contestualmente abbiamo fatto degli innesti con corridori esperti che portano il loro bagaglio tecnico in squadra. Ad esempio la vittoria alla Parigi-Nizza (con De Kleijn, ndr) è il frutto di un grande lavoro iniziato già nel 2023, al primo anno di nascita della formazione. Nelle classiche del pavé abbiamo sempre fatto delle top 10, a parte il Fiandre. Tutto ciò ci riempie di gioia.

Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Quindi siete entrati in sintonia in fretta.

Sì, assolutamente. Come dice sempre Fabian, non dobbiamo fare il passo più lungo della nostra gamba. Stiamo diventando consapevoli della nostra forza. Dobbiamo solo restare calmi e continuare a lavorare. Poi il nostro hashtag “nati per osare” (#borntodare, ndr) deve essere uno stimolo. Se noi facciamo le cose per bene, come allenamenti, nutrizione o materiali, non dobbiamo avere paura. Non possiamo competere con i grandi team WorldTour, ma essere lì a giocarcela significa fare bella figura.

Quanta differenza c’è tra guidare una squadra come Ineos e uno come la Tudor?

Cambia tanto. Parlare o andare a provare una gara con campioni che hanno già vinto classiche o grandi Giri lo affronti in una maniera diversa. C’era una pressione diversa all’interno di un gruppo consolidato. Qua in Tudor devi partire dalle fondamenta. Devi far capire cos’è un grande Giro per esempio. E per me è un grande stimolo.

E’ stata questa la motivazione che ha portato Matteo Tosatto alla Tudor?

Ho fatto vent’anni da professionista e devo ringraziare ancora oggi Dave Brailsford che mi ha dato subito la possibilità di salire in ammiraglia. Ho imparato un lavoro facendo sei anni magnifici con loro, però era arrivato il momento di cambiare. Alla Tudor abbiamo nuovi obiettivi e penso di aver fatto la scelta migliore.

Il Tour of the Alps vi darà qualche indicazione per il Giro?

A questa corsa abbiamo 2-3 ragazzi che potrebbero correre a maggio. Sicuramente al Giro ci sarà Michael Storer, che proverà a curare la generale già qua al Tour of the Alps. Potrebbe fare altrettanto anche al Giro, anche se non ha mai affrontato una grande corsa a tappe per farla. Di sicuro punterà a fare bene le tappe di montagna. Potenzialmente può fare bene entrambe le cose, ma partiamo con un obiettivo minimo, poi vedremo se cambiarli strada facendo.

Come sarà il resto della vostra formazione alla Corsa Rosa?

Non vogliamo trascurare le altre tappe. Il nostro velocista sarà Dainese, che è tornato a correre dopo un infortunio e ha vinto in Francia ad inizio mese. Trentin sarà il nostro tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe delle frazioni intermedie o giocarsi le proprie carte in altri modi. Decideremo come completare la squadra dopo il Romandia.

Abbiamo capito che vi vedremo davanti al Giro.

La nostra volontà è quella di essere protagonisti. Vogliamo usare la testa. Non andremo in fuga solo per fare vedere la maglia. Noi cercheremo la vittoria, il nostro grande obiettivo di quelle tre settimane di maggio. Qualcuno di noi sarà emozionato perché sarà il primo grande giro della Tudor. Tuttavia vorrei infondere calma e serenità, vedendo come andrà la gara giorno dopo giorno. Io sono molto motivato e fiducioso.