Domenica si corre la Parigi-Tours, classica di antica nobiltà. Fu lanciata nel 1896 da Henri Desgrange, l’ideatore del Tour del France, per ripercorrere idealmente il tracciato che i reali di Francia seguivano per raggiungere uno dei loro castelli, collegando la nuova e l’antica capitale di Francia. Dal punto di vista ciclistico, si tratta di una delle classiche più antiche, che tuttavia negli anni ha cambiato più volte pelle.
E se negli anni Novanta era diventata la classica dei velocisti, scontro al vertice fra treni e uomini, con l’introduzione di un paio di muri nel finale era diventata una corsa più vivace. Finché ASO che la organizza, probabilmente ispirata dalla concomitanza con l’Eroica di Gaiole in Chianti, s’è inventata una serie di passaggi su sterrati in mezzo ai vigneti.
Tanti italiani
Fra gl italiani l’hanno vinta Minali e Petacchi, quando era prova di Coppa del mondo e sull’Avenue du Grammont si arrivava in volata. Un anno però la vinse Tafi. Era l’8 ottobre del 2000, Andrea arrivò da solo con la rabbia in corpo e inviò così un messaggio al cittì Fusi che lo aveva lasciato fuori dai mondiali che si sarebbero corsi la settimana successiva a Plouay. L’ha vinta anche Marcato, attuale diesse del UAE Team Emirates.
L’ultimo italiano ad averla vinta è stato Matteo Trentin. Accadeva nel 2015 e nel 2017, quando il trentino correva ancora nella Quick Step. E siccome a certi appuntamenti non ci si può sottrarre, Trentin sarà nuovamente al via che sarà dato da Chartres. Ormai da Parigi non parte più niente, nemmeno le Olimpiadi. Trentin giovedì ha corso la Sparkassen Münsterland Giro, ovviamente in maglia Tudor Pro Cycling.
Cambia qualcosa ad averla vinta per due volte?
Non cambia niente, cambia solo se non c’è Pogacar e in teoria non c’è, quindi si va alla partenza più fiduciosi. Quello che ha fatto al mondiale credo non fosse mai successo prima. Comunque penso che se l’Olanda e il Belgio trovavano subito un accordo e lo mettevano a 20 secondi, era una cosa. Potevano fare l’azione e prenderlo. Se invece lo lasci andare, tira solo il Belgio e l’Olanda si nasconde, allora gli fai anche un favore. L’unico che poteva provare era Evenepoel, infatti tutti gli altri si sono finiti cercando di rispondere ai suoi scatti.
Torniamo alla Parigi-Tours, quanto è cambiata da quando l’hai vinta tu?
Ai tempi era ancora la Parigi-Tours classica, un po’ più lunga. Se c’era vento, veniva una corsa un pochino più dura. Poi hanno aggiunto due strappi finali e rispetto a quella che era la prova di Coppa del mondo cambiava parecchio e si decideva lì. Adesso il percorso è cambiato totalmente con queste strade sterrate. In teoria è più dura, però negli ultimi anni si è sempre deciso tutto in finale. Quindi più dura, ma anche no.
Il vento incide sempre?
Comanda lui. E’ il vento che determina quanto viene dura la corsa. Il percorso non è difficile, di per sé è fattibile.
Le strade bianche non incidono?
La verità? Non sono così belle e alla fine sono tutte dritte, quindi non sono neanche tecniche. E’ tecnico il pezzo del circuito, ma la strada sterrata in sé non è tortuosa – destra, sinistra, salita, discesa – che renderebbe il percorso tecnico come in Toscana. Sono tutte strade dritte, a parte una che ha due curve e un’altra che ne ha una. Quindi diciamo che fanno la differenza perché buchi. Mentre non l’abbiamo ancora mai fatta con la pioggia e questa potrebbe essere la vera incognita. Infatti mi hanno detto che ha piovuto per per tutta la settimana scorsa, quindi non credo proprio che arriverà ad asciugarsi tutto.
Preferisci questa versione della Parigi-Tours o quella di prima?
Quella di prima. Questa sembra una sorta di “vorrei ma non posso” cercando di imitare la Strade Bianche. In Francia nel 2018 e 2019 mettevano strade bianche dappertutto, perché si erano accorti che tiravano. Poi per carità, ci sta che abbiano voluto modernizzare un pochino la corsa, perché era sempre stata la corsa del vento. Però alla fine non è cambiato nulla: se non c’è il vento, la Parigi-Tours non diventa dura sino al finale. E il finale non è abbastanza duro per fare la differenza. L’anno scorso sono arrivati in quattro, ma la selezione è venuta dopo mille scatti e controscatti, non perché il percorso fosse impegnativo.
Quanto conta avere accanto la squadra?
Oddio, conta come in tutte le corse. Se c’è vento, più sei davanti e meglio è. Quando poi si arriva nelle strade sterrate, per quanto la strada in sé non sia così selettiva, il tratto è comunque nervoso. Sei sempre lì a limare e tenere posizioni. Quindi è ovvio che se hai qualcuno che ti dà una mano, come in tutte le corse, ti aiuta a risparmiare un po’ di energie. Io avrò con me un bel gruppo di giovani, compreso il nostro Sierra.
Come stai? Si può provare a fare qualcosa?
Sto bene. La settimana scorsa al Grand Prix de Wallonie ero lì per giocarmi la corsa e uno ha deciso di non fare la curva, di finirmi addosso e poi trascinarmi per terra. Alla Super 8 Classic ho fatto sesto. Questa settimana invece ho riposato. Ho ancora due gare, Parigi-Tours e Gran Piemonte, penso di star bene, quindi vediamo di portare a casa qualcosa. La squadra invece non farà le corse di Pozzato in Veneto, quindi fra poco si chiude la stagione e si pensa alla prossima. La squadra si sta rinforzando, come corridori e staff. Arrivano Alaphilippe e Hirschi che si inseriranno benissimo nel gruppo. Ho corso con entrambi e non ho dubbi. Il progetto sta crescendo davvero bene.