Ten Dam in nazionale per portare ordine fra le olandesi

09.11.2024
4 min
Salva

A Zurigo l’hanno fatta troppo grossa perché qualcosa non accadesse. Le olandesi sono sempre state solite corrersi contro, gli esempi non mancano. Ma la tattica suicida di Demi Vollering agli ultimi mondiali, con Marianne Vos e Rejanne Markus intrappolate dietro nonostante la possibilità di arrivare in volata, ha fatto sì che Loes Gunnewijk sia stata sostituita. E spiega anche come mai l’ex atleta olandese si fosse rifiutata di rispondere alle nostre domande sul tema. Il nuovo commissario tecnico della nazionale olandese è l’ex professionista Laurens Ten Dam, ritirato nel 2019 dopo 16 anni di carriera.

Nuovo cittì olandese

Lo ha raggiunto il quotidiano belga Het Nieuwsblad, che lo ha intercettato in Spagna durante le riprese di un film sui Lagos de Covadonga ispirato al suo podcast Live Slow, Ride Fast. E la prima domanda che gli hanno fatto è se troverà il tempo per il nuovo incarico. Ten Dam infatti è anche il tecnico della nazionale gravel e ha guidato Van der Poel alla vittoria di ottobre.

«Trovare il tempo – ha risposto l’olandese – è la caratteristica delle persone impegnate. Che pensano sempre: “Sì, ce la posso fare”. Ma avete ragione: ho una vita frenetica, ecco perché non posso fare il direttore sportivo in una squadra WorldTour per 150 giorni all’anno. Invece il tecnico della nazionale femminile prevede ogni anno un campionato europeo, un campionato del mondo e ogni quattro anni i Giochi Olimpici. A parte il Tour de France, sono gli obiettivi più grandi che si possono avere nel ciclismo».

Il barbecue e il Wolfpack

La federazione olandese è arrivata a lui in una serata dell’ultimo Tour, quando si è ritrovato accanto al direttore tecnico. All’epoca Ten Dam era già tecnico del gravel, quindi ha detto che ci avrebbe pensato. La decisione di accettare è venuta dopo aver seguito la gara su strada ai mondiali di Zurigo e aver guidato l’Olanda in quelli gravel che si sono corsi in Belgio. Proprio lassù, racconta l’olandese, ha sentito la mancanza di una sfida adrenalinica come quella di guidare Marianne Vos nella sfida con Lotte Kopecky.

«Sicuramente gravel e strada sono due cose completamente diverse – ha spiegato – ma penso di poter gestire la differenza. Sono stato un professionista su strada per 16 anni, ora sono un professionista del gravel. Conosco entrambi i mondi e come muovermi al loro interno. Quindi sicuramente non organizzerò un barbecue per i mondiali su strada, come ho fatto per quelli gravel. Allo stesso tempo, l’intenzione è che l’esperienza dei mondiali su strada sia ugualmente divertente. Professionale e divertente. Guardate il Wolfpack: una cosa del genere. Però so essere anche severo: chiedetelo ai miei figli. So che dovrò prendere decisioni difficili e non riuscirò ad accontentare tutti. Tutto inizia con patti chiari. Io dico chi voglio portare e cosa mi aspetto che faccia. Ti sta bene? Sei a bordo. Ma se non svolgi il tuo compito, l’anno prossimo non sarai più qui. L’equità sarà un obiettivo importante».

Il giro dei ritiri

Il mondo del ciclismo femminile si è talmente evoluto che discorsi come questo possono attecchire ben più di quanto sarebbe accaduto qualche anno fa, quando le regine olandesi del gruppo avevano diritto a un posto a prescindere dal loro rendimento e dalla loro lealtà. E’ ancora negli occhi l’inseguimento di Annemiek Van Vleuten ad Anna Van der Breggen lanciata verso la vittoria di Imola 2020.

«Per questo dico che bisognerà parlare – ha spiegato Ten Dam – e ci sono incontri già pianificati. In linea di principio visiterò tutti. E se necessario, lo farò una seconda volta. A dicembre andrò nei loro ritiri in Spagna. Indicherò chiaramente in quali gare sarò presente e quale ruolo vedo per ciascuna di loro nelle prove che dovremo affrontare. Non sarà certo il caso di incontrarci per la prima volta in aeroporto e volare subito in Rwanda per i mondiali. Bisognerà preparare tutto prima. L’intenzione è vincere, battendo Lotte Kopecky e le straniere più forti. Se abbiamo fatto tutto bene e loro vinceranno comunque, tanti complimenti a loro. Però ci arriveremo in modo diverso e rilassato. E quello che succederà in corsa non sarà legato solo all’improvvisazione».

Ghiaccio bollente: la storia da film di Faulkner, oro di Parigi

05.08.2024
5 min
Salva

PARIGI (Francia) – Ghiaccio bollente. Non è Grace Kelly, peraltro figlia di un canottiere tre volte oro olimpico (Jake Kelly, due ori ad Anversa 1920 e uno a Parigi 1924), ma la vittoria di Kristen Faulkner è un film. Ghiaccio che si stacca, come lei ha staccato Marianne Vos, Lotte Kopecky e Blanka Vas, andando a vincere una prova cui non doveva nemmeno partecipare. E’ entrata in squadra un mese fa solo perché Taylor Knibb ha preferito nuotare nell’acqua della Senna e dedicarsi al triathlon. D’altra parte entrare a corsa già iniziata non spaventa Kristen, che lo aveva già fatto a suo tempo per entrare nel mondo del ciclismo.

Un arrivo inatteso per tutti, forse anche per Faulkner, incredula sulla linea
Un arrivo inatteso per tutti, forse anche per Faulkner, incredula sulla linea

Una scelta di vita

Ha iniziato nel 2017, a 25 anni, senza però lasciare il suo lavoro nel private equity. La sua storia racconta che in quel periodo a New York per la prima volta lei, ingegnere con laurea conseguita ad Harvard, prova una bici da competizione. Ottiene i primi risultati e arriva la decisione di lasciare il lavoro e di provarci seriamente. Non torna indietro neanche dopo una caduta con commozione cerebrale nel 2022, una tibia fratturata e un coagulo di sangue in un polmone dopo essere stata investita da un’automobile nel 2023.

Non era una sedentaria, aveva praticato nuoto e canottaggio (come il padre di Grace Kelly), ma da lì a diventare ciclista professionista troppo ghiaccio doveva sciogliersi sotto i ponti dell’Alaska. Invece ce l’ha fatta ed è campionessa olimpica.

Sul podio, l’oro di Kristen Faulkner, davanti all’eterna Marianne Vos e l’iridata Lotte Kopecky
Sul podio, l’oro di Kristen Faulkner, davanti all’eterna Marianne Vos e l’iridata Lotte Kopecky

L’importante è rischiare

«A 8 anni guardavo le Olimpiadi di Sydney in tv – racconta – e mi dicevo che volevo esserci anch’io». L’importante è partecipare, ma cosa si prova a vincere una medaglia d’oro? «Non lo so, ditemi voi cosa è successo», dice in conferenza stampa con gli occhi che le brillano. «Sto ancora guardando il tabellone con la classifica. E mi chiedo come sia possibile che il mio nome stia lì».

E’ possibile perché è stata fredda come il ghiaccio, attaccando nel momento giusto e dopo alcune cadute. Solo che stavolta non è rimasta coinvolta nell’incidente che a 45 chilometri dall’arrivo ha spezzato il gruppo e condizionato la gara di alcune favorite, tra cui la compagna di squadra Chloe Dygert. E dopo l’ultima scalata di Montmartre, dove erano appostati i suoi genitori, Kristen ha colto il momento giusto per lasciarsi indietro tutte. E così, quarant’anni dopo la vittoria di Connie Carpenter-Phinney a Los Angeles 1984 (madre a sua volta di Taylor Phinney, a lungo corridore professionista), l’oro torna agli Stati Uniti.

E’ stata Faulkner a riportare Kopecky sulle prime: si vedeva che avesse una marcia in più
E’ stata Faulkner a riportare Kopecky sulle prime: si vedeva che avesse una marcia in più

L’attacco giusto

Fredda come il ghiaccio, si diceva: «Sapevo che dovevo attaccare in quel momento, dopo aver ripreso le due che erano in testa. Con me c’erano ragazze veloci, che non erano disposte a collaborare tra loro. Se avessi preso un piccolo vantaggio probabilmente loro sarebbero rimaste a lottare per il secondo posto». Così è stato, si è staccata come un pezzo di ghiaccio e se n’è andata. Non s’è mai voltata indietro e per tenere la concentrazione: «Ho contato fino a 10 per 10 volte, finché non ho raggiunto il traguardo».

Non ha fatto gesti eclatanti alla Evenepoel, «perché troppe volte ho visto atlete perdere gare quando pensavano di averle già vinte». Poco dopo l’ha raggiunta anche la sfortunata compagna di squadra Dygert, ma ha pensato solo a Kristen: «Ha fatto un ultimo giro fantastico. Quest’anno ha dimostrato più volte di essere brava a vincere con queste azioni. Sono super felice per lei, è grandioso. Se l’è meritata, se riesce a fare queste cose è frutto del suo lavoro in pista».

Con la famiglia e l’oro olimpico ai piedi della Tour Eiffel, per l’immaginario americano un quadro indimenticabile
Con la famiglia e l’oro olimpico ai piedi della Tour Eiffel, per l’immaginario americano un quadro indimenticabile

Adesso il quartetto

Già, la pista. Era questo il motivo per cui Kristen doveva essere a Parigi, per partecipare all’inseguimento a squadre. Le era stato detto di non stancarsi troppo in strada, a meno che non ne valesse la pena. Eccome se ne valeva. Tra pochi giorni la rivedremo nel quartetto americano, a caccia di un altro oro. E magari questi diventeranno i Giochi in cui chi vince la prova in linea vince pure un altro oro. Lei ci proverà, come ci ha provato a Montmartre, rischiando.

«Ho lavorato nell’alta finanza – sorride – so che il rischio può portare a grandi vittorie. E il mio percorso mi ha insegnato che non è mai troppo tardi per buttarsi in qualcosa».

Il passato è ancora dentro di lei e il passato, come diceva un altro Faulkner, lo scrittore William, non è mai passato. E il futuro, oltre il ciclismo? «Voglio scalare l’Everest e trascorrere tempo con i monaci buddisti». Prima o poi lo farà, perché non è mai troppo tardi per avverare i sogni. «Ma questo, l’oro olimpico, era il mio sogno più grande e finalmente si è avverato».

Per inseguirlo, ha rischiato. E forse qualche anno fa, quando ha deciso, non è stata fredda come in gara, come il ghiaccio. «Ma mi sono resa conto che lo scenario peggiore non era essere al verde o senza lavoro», ha raccontato nel podcast Choose the Hard Way nel 2023. «Lo scenario peggiore era avere 80 anni e pensare: “Peccato non averci provato”». E quando l’ha pensato il ghiaccio dell’Alaska è diventato bollente.

Scopriamo Karlijn Swinkels, un’altra olandese che va forte

29.07.2024
6 min
Salva

In una nazione come l’Olanda che domina il ciclismo femminile e sforna talenti a ripetizione che vincono ovunque, diventa difficile spiccare, ma c’è una ragazza che si sta ritagliando il proprio spazio. Karlijn Swinkels quest’anno ha mostrato una crescita ed una costanza di risultati che la pongono in cima alla lista delle atlete da seguire con più attenzione.

La venticinquenne della UAE Team ADQ finora ha conquistato sei podi più altre nove top 10 con molte prestazioni da protagonista. Le è mancata solo la vittoria per mettere la ciliegina sulla torta, ma Swinkels non è una che si arrende, soprattutto ora che sta diventando consapevole dei suoi mezzi. Le stimmate della campionessa sono uscite da junior quando nel 2016 è diventata iridata della cronometro, senza tuttavia mantenere le attese, a parte il sigillo tre anni dopo in una tappa della Vuelta a Burgos. Per vari motivi sembrava essersi un po’ smarrita (situazione che per altro capita a molti), invece nel finale dell’anno scorso in Belgio si è decisamente ritrovata. La tripletta centrata in maglia Jumbo-Visma al Tour de la Semois è stata la svolta per vedere la Swinkels di adesso. E noi abbiamo cercato di conoscerla meglio.

Al Fiandre Swinkels è sempre stata nel gruppo di testa, lavorando per Persico e chiudendo poi decima
Al Fiandre Swinkels è sempre stata nel gruppo di testa, lavorando per Persico e chiudendo poi decima
Karlijn che tipo di corridore sei? Che caratteristiche hai?

Sono un corridore a tutto tondo. Credo che le gare che mi si addicono di più siano quelle di media difficoltà. Mi piacciono le salite brevi e incisive. Sono abbastanza veloce in un gruppo ristretto dopo una gara dura. D’altra parte, mi piace molto anche aiutare le mie compagne di squadra a raggiungere la vittoria o il podio. Penso di poter essere di supporto in ogni tipo di gara.

L’anno scorso dopo la tua vittoria al Tour de la Semois sembri esserti sbloccata ed entrata in una nuova dimensione. E’ corretta questa impressione?

Sento che in questa stagione ho fatto un deciso passo in avanti. Sono felice di potermi migliorare passo dopo passo e che la squadra mi abbia lasciata libera di scoprire meglio i miei punti di forza.

Quest’anno hai fatto molti podi. Come giudichi la stagione finora?

Sono davvero soddisfatta di ciò che ho fatto. Avrei firmato per questo prima della stagione. Essere stata nei momenti decisivi dei finali delle classiche ed aver conquistato più podi in tutti i tipi di percorsi mi fa credere di poter vincere le corse. Questa conferma è davvero bella da ottenere dopo un duro lavoro.

Quali sono le gare in cui pensavi di vincere? Hai qualche rammarico?

Mi sono giocata la vittoria in più gare, ma passo dopo passo ho imparato di più. Non mi è capitato molte volte nella mia breve carriera, quindi ogni giorno continuo ad imparare. Anche recentemente al Thuringen Tour sono andata molto vicina alla vittoria, ma… non sono riuscita a chiudere abbastanza la porta (dice sorridendo, ndr). Sto cercando di trovare la mia strada verso il gradino più alto. Credo che questo obiettivo posso centrarlo anche in questa stagione.

Terza piazza per Swinkels (dietro a Jackson e Vas) nella seconda tappa della Vuelta. Uno dei tanti podi stagionali
Terza piazza per Swinkels (dietro a Jackson e Vas) nella seconda tappa della Vuelta. Uno dei tanti podi stagionali
C’è qualcuno che vuoi ringraziare per la tua crescita?

Naturalmente voglio ringraziare la mia famiglia che mi è sempre stata vicina e mi ha sostenuto in tutto quello che ho fatto fino a oggi. Senza di loro non sarebbe stato possibile essere dove sono ora. Inoltre, apprezzo molto Giorgia (Bronzini, la sua compagna, ndr) perché mi sta rendendo una persona migliore. Mi ha insegnato a essere più presente nel momento e a godermi quello che sto facendo. Infine, ma non per questo meno importante, voglio ringraziare l’UAE Team ADQ per aver creduto in me come ciclista e come persona. I miei allenatori Luca Zenti ed Enrico Campolunghi sono fantastici.

Hai qualche idolo in particolare?

Onestamente non ho un idolo, però mi piace imparare da chi è più bravo di me in qualcosa per poter crescere.

Doha 2016, Swinkels si fa conoscere al mondo vincendo la crono iridata juniores su Morzenti e Labous
Doha 2016, Swinkels si fa conoscere al mondo vincendo la crono iridata juniores su Morzenti e Labous
Qualcuno ha detto che hai un grande potenziale e che ricordi la “prima” Marianne Vos. Cosa ne pensi?

Penso che Marianne Vos sia una ciclista con cui non posso paragonarmi. È unica e ha vinto tanto in carriera. Penso solo di essere brava in gare simili a quelle adatte a Marianne. Spero di poter vincere un giorno gare come importanti come ha fatto lei.

Quali sono quindi le gare dei tuoi sogni?

Ne ho più di una. Mi piacerebbe vincere l’Amstel Gold Race, la Strade Bianche, il Fiandre o una tappa a Giro, Tour o Vuelta.

Swinkels è un’atleta che si trova a suo agio nelle corse a tappe. Al Thuringen Tour ha vinto la classifica a punti
Swinkels è un’atleta che si trova a suo agio nelle corse a tappe. Al Thuringen Tour ha vinto la classifica a punti
Che obiettivi ha Karlijn Swinkels per il finale di stagione e per il futuro?

Il mio obiettivo sarà quello di vincere una gara con i colori della UAE Team ADQ. Oltre a questo voglio continuare a correre con il cuore. Ho appena terminato il mio training camp in altura come avvicinamento al Kreiz Breizh (domani, ndr), al Tour Femmes e poi a Plouay. Spero di continuare a essere costante nel resto della stagione e di ottenere altri podi per la squadra.

Amstel Gold Race: Pidcock l’ha vinta, Wiebes l’ha buttata

14.04.2024
6 min
Salva

A Berg en Terblijt si respira l’aria della festa mentre Tom Pidcock si sbaciucchia il cane Chestnut. L’Amstel Gold Race è finalmente sua, dopo la beffa che nel 2021 lo relegò alle spalle di Van Aert, a capo di un fotofinish che ancora oggi lascia qualche dubbio. Il britannico della Ineos Grenadiers ha fatto pace con la corsa dei mastri birrai e con una stagione che non voleva saperne di prendere la strada giusta.

«Adesso mi sento bene – dice – quest’anno è stato davvero duro. All’inizio ho dovuto fare grandi sacrifici, stando tanto a lungo lontano da casa. Quindi adesso alzare le mani al cielo significa molto. Questa è una gara che ho sempre amato, è piuttosto speciale. Oggi la squadra era totalmente dalla mia parte. “Kwiato” sta andando davvero bene, ma si è impegnato completamente a mio favore. Riuscire a ripagarli è davvero speciale.

«C’è stato il momento in cui tutti si guardavano e io ho attaccato: non è sempre una questione di gambe, serve anche scegliere il giusto tempo. Per come erano messe le mie mani dopo la Roubaix, avevo paura che avrei avuto difficoltà a sprintare. Quindi non ero così fiducioso, ma è andata bene. E ora che la pressione è allentata, possiamo semplicemente andare a correre e finalmente a divertirci alla Freccia e alla Liegi».

Il gruppo dell’Amstel Gold Race fra ali di tifosi: la passione è straripante
Il gruppo dell’Amstel Gold Race fra ali di tifosi: la passione è straripante

Le mani di Pidcock

Le sue mani alla vigilia dell’Amstel sono state l’oggetto di una dichiarazione a metà fra l’ironico e lo scaramantico, rilasciata venerdì da Pidcock.

«Le mie mani sono ancora doloranti – ha detto – immagino che sia una lezione che dovevo imparare. Ora so che non si può semplicemente andare alla Parigi-Roubaix senza preoccuparsi anche di questo. Normalmente non ho problemi con queste cose, ma di recente non sono andato in mountain bike e non ho fatto nessun’altra corsa sul pavé. Quindi le mie mani sono un po’ più morbide del solito. L’Amstel è una gara fantastica, poi verranno le Ardenne, un mio grande obiettivo fin dall’inizio dell’anno. Quindi non vedo l’ora di mettermi in gioco, insieme alla squadra. Questo è un periodo dell’anno davvero bello».

Van der Poel sotto tono

Il fatto è che quando Pidcock ha attaccato, la gente guardava fisso alle sue spalle, cercando di capire quando Van der Poel avrebbe attaccato per andarsi a prendere la corsa di casa. Dopo il Fiandre e quella Roubaix, ci si abitua alle imprese. E il fatto che il campione del mondo non si fosse ancora mosso, si riconduceva forse al volersi risparmiare per la Liegi o al correre più accorto in una corsa che non si risolve solo con grandi attacchi. Invece Mathieu questa volta è rimasto indietro, chiudendo anonimamente oltre la ventesima posizione.

«In effetti non avevo delle super gambe – ha detto dopo l’arrivo – anche se in generale non ci siamo comportati male con la squadra. Forse c’è mancato qualcuno per il tratto tra Fromberg e Keutenberg, dove tutti hanno iniziato ad attaccare. E lì ho fatto una scelta tattica, perché se avessi attaccato, gli altri sarebbero saltati. Se in questa corsa metti troppo preso le carte in tavola, vieni punito. Perciò abbiamo mantenuto un ritmo alto e speravo che saremmo rientrati, ma i primi erano davanti per un motivo ben preciso: erano semplicemente i più forti.

«Non potete aspettarvi che vinca ogni fine settimana, tanto più che le corse più adatte a me sono passate. Oggi c’era una probabilità maggiore di perdere rispetto a quella di vincere. E’ una corsa diversa con altri corridori, sono abbastanza realista da sapere che non posso vincere tutto. E così sarà anche la prossima settimana. La Liegi è ancora un grande obiettivo e ci riproverò, anche se ci sarà in corsa un certo Tadej Pogacar. Oggi parto per la Spagna per riposarmi un po’ e godermi il bel tempo».

Prma del via, Van der Poel con Leo Van Vliet, organizzatore dell’Amstel
Prma del via, Van der Poel con Leo Van Vliet, organizzatore dell’Amstel

Il colpaccio di Marianne

Poco prima, nella gara delle donne, si è consumata la beffa più grande ai danni di Lorena Wiebes per mano di quella splendida volpe di Marianne Vos. L’olandese del Team SD Worx-Protime ha fatto tutto bene, prendendo la ruota di Elisa Longo Borghini che ha lanciato lo sprint. Si è destreggiata fra le altrui gambe e quando ha visto arrivare la riga, ha buttato lo sguardo verso destra ed ha allargato le braccia, convinta di aver ormai finito il lavoro.

«Ho visto che Lorena si è alzata e ha iniziato a sperare – ha raccontato Marianne Vos – e sapevo per esperienza che in quei casi si può perdere molta velocità. Io ero molto lanciata e ho deciso di sprintare fino al traguardo, anche se non avrei mai pensato di poter vincere. E’ un tipo di errore che fortunatamente non mi è mai capitato e che a Lorena non capiterà più. Le ho parlato brevemente, ma non potevo fare altro che dirle che un giorno tornerà per vincere. Anche a me è dispiaciuto per lei, mi rendo conto che si sentisse davvero a terra».

L’ironia di Wiebes

Per fortuna Wiebes l’ha presa abbastanza bene, consapevole che per un po’ sarà lo zimbello delle colleghe e delle stesse compagne di squadra.

«Demi Vollering – ha raccontato nella conferenza stampa – mi ha detto che tornerà a questa corsa con ancora più fame. Ma so che per questo gran finale non dormirò bene per qualche notte, anche perché la squadra ha fatto un ottimo lavoro. Quando ho capito che non avevo vinto? In realtà abbastanza rapidamente. Non ho visto arrivare Marianne, è stato solo uno stupido errore. E’ la prima volta che mi succede e spero davvero che sia l’ultima. Metterò da parte la bici per qualche giorno e cercherò di godermi la vita».

La corsa delle donne è stata falsata dalla caduta di un poliziotto in moto. La gara è stata fermata e dopo un’ora di sosta, il gruppo è stato guidato in convoglio fino al traguardo. Qui è stata data una seconda partenza. La gara così rimodulata è stata lunga appena 55 chilometri e questo ha impedito che ci fosse l’attesa selezione.

Ora la carovana punta il naso verso le salite delle Ardenne. Mercoledì la Freccia Vallone, domenica la Liegi. Prima che inizi la stagione dei Grandi Giri, gli appassionati e i corridori hanno ancora davanti delle sfide pazzesche.

A Ninove subito festa Visma: prima Tratnik e poi Vos

24.02.2024
6 min
Salva

Come si apre la campagna del Nord? Con una doppietta della Visma-Lease a Bike, tanto per mettere le cose in chiaro. Jan Tratnik vince tra gli uomini e un’oretta dopo Marianne Vos fa la stessa cosa fra le donne.

Questa classica, chiaramente parliamo della Omloop Het Nieuwsblad, si conferma terreno di caccia dei gialloneri. Con quella di oggi sono tre anni che vincono tra gli uomini.

L’azione potente di Affini, decisivo per i suoi compagni e nel cuore della corsa per due terzi di gara
L’azione potente di Affini, decisivo per i suoi compagni e nel cuore della corsa per due terzi di gara

Due più uno

L’intenzione, neanche troppo celata, è quella di riprendersi quanto prima lo scettro di prima squadra del WorldTour. Scettro che lo scorso anno gli ha tolto la UAE Emirates.

«Doppietta? Io direi tripletta – racconta un raggiante Edoardo Affini – mettiamoci anche la vittoria di Jonas Vingegaard al Gran Camino.

«Che dire: spero che dalla tv vi abbiamo offerto un bell’intrattenimento. Quando arrivi al traguardo, ti volti e vedi che sul tabellone c’è in testa il nome di un tuo compagno fa sempre piacere. Se poi ce n’è anche un altro sul podio e un altro appena sotto, allora capisci che hai fatto un buon lavoro».

Affini già qualche giorno fa ci aveva detto del buon lavoro svolto dalla squadra durante l’inverno. Sia sul fronte personale, che su quello del gruppo.

I Visma erano arrivati in Belgio attraverso strade differenti: chi aveva già corso, chi veniva dall’altura, chi da qualche apparizione nel cross, ma tutti volevano essere al meglio per la Omloop Het Nieuwsblad. L’intento insomma era partire bene. Ci sono riusciti alla grande.

Tutto facile?

Vedere tanti gialloneri davanti, vedere quel forcing sul Wolvenberg, ad oltre 50 chilometri dall’arrivo, sparigliare il gruppo con una superiorità piuttosto marcata, ha fatto pensare che tutto fosse facile per Affini e compagni. Anziché subire l’assalto degli altri, come paventava Affini, sono stati loro a prendere in mano la situazione.

Van Aert pedalava spesso a bocca chiusa. Parlava e controllava. Pidcock per restare attaccato ai sei che erano scappati da quel muro, è stato costretto a fare le volate.

«Proprio facile non direi – prosegue Affini – è andata come doveva andare, secondo le condizioni di vento che c’erano. Sapevamo tutti che in quelle situazioni ci sarebbero stati dei punti importanti, dei punti cruciali, dove c’era la possibilità di creare dei ventagli e di sfruttarli a nostro favore. E così abbiamo fatto. 

«Mi spiace solo che ad un certo momento ho subito una foratura e dal primo gruppo e mi sono trovato ad inseguire. Però almeno sono riuscito a rientrare e a dare una mano a Jan Tratnik, che poi ha vinto, e a Dylan Van Baarle».

Tratnik precede Politt, che ha tirato di più. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore
Tratnik precede Politt, che ha tirato di più. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore

Rischio (quasi) calcolato

Il rimescolamento è una costante in queste corse. Ma c’è stato anche un momento in cui la Visma, nonostante ne avesse tre su sei davanti, ha rischiato di perdere la corsa dopo l’affondo di Jorgenson, uno dei sei. A quel punto, i cinque rimasti rallentano. Dietro intanto Tim Wellens fa un’azione potente e si porta dietro il gruppo. Da qui, dopo una serie di scatti, ne escono appunto Tratnik e Politt, compagno di Wellens e guarda caso della UAE Emirates.

Dei tanti uomini veloci che hanno in Visma, si ritrovano davanti uno dei corridori (Tratnik) che allo sprint dà meno garanzie. Van Aert è in agguato, ma non si può muovere. Laporte anche, ma il rischio è alto. Sono in due. E’ un 50-50.

«Io – va avanti Affini – ho visto bene la corsa finché sono stato davanti. Poi dopo la foratura ho pensato a dare più supporto ai compagni che avevo vicino. So che tra i più pericolosi che c’erano De Lie e Philipsen. E sono rimasti anche dopo i ventagli. Però è anche vero che siamo sempre stati in vantaggio numerico e potevamo giocarcela in maniera diversa», come di fatto poi è stato.

Affini parla comunque di una corsa nervosa. Lui e i compagni si cercavano spesso, specie in prossimità di quei punti nevralgici. «Dove sei?». «Ti ho perso». «Ragazzi, qui cambia il vento». Sono queste le frasi che ci ha riportato Affini. «Non abbiamo parlato molto a dire il vero: poche parole, c’era da “menare” più che altro!».

Festa chiama festa

Sul bus Affini e gli altri attendevano Tratnik, impegnato tra interviste e premiazioni, e come prima cosa hanno seguito il trionfo di Vingegaard alla tv, mentre la gara delle donne stava per arrivare.

Dalla tv Affini capisce Vos che gioca molto d’astuzia. Di esperienza. Di classe. La corsa delle donne è spaccata e delineata da una grande Elisa Longo Borghini, alla quale va un doppio applauso. Uno per la corsa e uno per come si è ripresa dopo l’inverno tumultuoso.

«Dopo aver visto la vittoria di Jonas – dice Edoardo – abbiamo girato canale e ci siamo gustati il trionfo di Marianne. Credo proprio che stasera in hotel sarà…  champagne! Un brindisi non mancherà. Ma giusto un bicchiere perché domani c’è la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, anche se io non la farò».

Sono andate via in quattro: Marianne Vos, Lotte Kopecky, Shirin Van Anrooij ed appunto Elisa. Le due della Lidl-Trek (Van Anrooij e Longo Borghini) scattano a ripetizione, prima una poi l’altra. Kopecky è la più forte e chiude sempre. Vos la francobolla e non le dà un cambio. E’ la mossa giusta.

Sul rettilineo di Ninove, che tira, eccome se tira, l’olandese ha una gamba nettamente più fresca e va a prendersi la Omloop Het Nieuwsblad, siglando così la doppietta per la Visma-Lease a Bike per la prima classica del Nord.

Un colpo di esperienza in un’atmosfera piacevole in casa Visma. «Ieri sera era – conclude Edoardo – era il compleanno di Jan. In hotel gli abbiamo cantato tanti auguri e lui nel suo discorso ha detto di essere come il vino: “Più invecchio e più miglioro”. Non si era sbagliato».

Tappa a Consonni, rosa a Van Vleuten e l’addio di Bastianelli

09.07.2023
6 min
Salva

OLBIA – Baci, abbracci e lacrime, per fortuna anche di gioia. Così finisce il Giro Donne dominato da Annemiek Van Vleuten, così finisce la carriera di Marta Bastianelli. Ed è un finale di carriera scritto da uno sceneggiatore benevolo, che fa specchiare sul mare di Olbia il sorriso di Chiara Consonni, compagna di squadra e di camera della trentaseienne laziale con i bordini iridati sulla maglia della Uae Adq.

Come già lo scorso anno a Padova, Chiara Consonni conquista l’ultima tappa del Giro Donne
Come già lo scorso anno a Padova, Chiara Consonni conquista l’ultima tappa del Giro Donne

Da Chiara con affetto

La bergamasca aveva vinto l’ultima volata anche nella scorsa edizione e ci scherza su: «Le faccio aspettare sino all’ultimo. Però sono contentissima perché c’erano tante tappe dure e non sono riuscita a dire la mia neppure in quella piatta. Ma oggi sono soddisfatta, anche perché è l’ultima gara di Marta. E anche se è mia e non sua, credo che questa vittoria se la ricorderà per sempre. Sicuramente è dedicata a lei».

E Marta, poco più in là precisa: «Oggi eravamo tutti per Chiara, lei è quella veloce. Siamo state dieci giorni assieme in camera, abbiamo lavorato tanto perché potesse arrivare a questa tappa in buona condizione. Oggi è stata molto dura anche per lei – racconta – si è staccata in varie salite, l’abbiamo sempre aspettata e motivata. Ho corso attaccata alla radiolina, spiegandole passo dopo passo quello che doveva fare e spero che mi abbia ascoltato e faccia tesoro di questi consigli anche per il prosieguo della sua carriera».

Un viaggio a 55 stelle

Con la piccola Clarissa, 9 anni, sul palco a far festa con tutta la Uae e il marito Roberto a guardarla dal basso, Marta non può che essere una donna appagata. La sua carriera («Conclusa con 55 vittorie», puntualizza) era iniziata con il botto, con quel mondiale vinto a Stoccarda che avrebbe potuto anche schiacciarla, ma che ha avuto la funzione di indicarle la strada. «Da lì è partito tutto, la mia carriera e la consapevolezza di poter diventare una grande atleta. Da allora ad oggi di sicuro è cambiato anche il ciclismo».

Nel frattempo Marta pedalava, tra un contrattempo e una vittoria, con tanti sacrifici che non bastano solo le tante vittorie a ripagare. Ci deve essere dell’altro. «Si fa sempre tutto con un obiettivo, diventare grandi atlete, essere sempre al top del top, all’altezza del nome della nostra squadra e della nostra bandiera».

E le squadre sono state tante, con tantissime compagne con le quali il rapporto è stato anche stretto: «Molte di loro sono state anche amiche. Bisogna farsi voler bene in questo mondo. Credo che anche in questi giorni ci sia stata la dimostrazione che sono benvoluta in gruppo e questo mi rende felice più che una vittoria».

Voglia di normalità

L’amicizia più grande, anzi il grande amore è stato con la bicicletta. Spesso queste relazioni sono condite da piccoli grandi tradimenti. Non quella di Marta: «Tradimenti miei nei suoi confronti o suoi nei miei non ce ne sono stati. Però ci sono state tante sconfitte, che mi hanno portato a essere ancora più forte nel corso della mia carriera».

Qualcuna delle tante bici usate ce l’ha ancora: «Ho tenuto quelle delle squadre con le quali ho vinto le gare più importanti. Certo un po’ di spazio serve».

Nel suo futuro, invece, per cosa ci sarà spazio? «Per la vita di tutti i giorni. Voglio mettere in pratica tutto ciò che il ciclismo mi ha insegnato per avere una vita migliore». E non vede l’ora di «stare a casa, semplicemente e non vedere aeroporti per un po’».

E se deve completare la frase: non c’è una grande ciclista senza! Lei aggiunge sicura: «Senza una grande donna! E poi anche una grande famiglia. Io ho avuto la mia squadra a casa che mi ha aiutato e mi ha sostenuto in ogni momento della mia carriera».

Il sogno olimpico

E’ serena Marta, non ha grandi rimpianti, anche se ammette: «Qualche classica che mi sarebbe piaciuto vincere c’è. Di sicuro l’Olimpiade è sempre stata una gara nella quale mettere al collo una medaglia che mi avrebbe reso felice».

Ma ormai è fatta. Cavendish potrebbe continuare un altro anno per provare ad avere un’altra chance di vincere la trentacinquesima tappa al Tour: «Io non lo farei. Ho preso questa decisione adesso perché credevo che fosse il momento più bello. Voglio vivere le mie vittorie, tutti i miei successi in maniera tranquilla. Il ciclismo è cambiato molto, sicuramente in meglio. Il livello è altissimo è ha bisogno di una grande attenzione».

Il saluto di Marianne Vos, finita seconda dietro Marta sia ai mondiali 2007 sia agli europei 2018
Il saluto di Marianne Vos, finita seconda dietro Marta sia ai mondiali 2007 sia agli europei 2018

L’abbraccio di Marianne

Passa Marianne Vos, che ha sfiorato il bis del successo del 2022 qui a Olbia, si guardano, si abbracciano. Sono praticamente gemelle (14 giorni di differenza d’età), hanno combattuto tante battaglie, c’è un enorme rispetto.

«Lei è uno dei grandi nomi del ciclismo femminile – dice la fuoriclasse olandese della Jumbo-Visma – abbiamo corso tanto insieme e naturalmente voglio augurarle tutto il meglio per la sua vita futura. E soprattutto mi voglio congratulare per una grande carriera della quale deve andare fiera».

Campionessa d’Italia, d’Europa, del Mondo: smette una delle migliori cicliste italiane del ventunesimo secolo. Con qualche lacrima, con un grande sorriso.

Sassari consacra Blanka Vas, 51 chili di puro talento

08.07.2023
6 min
Salva

SASSARi – «L’anno scorso non era stato possibile, ma questa volta voglio proprio farmi qualche giorno al mare qui in Sardegna». Farà piacere un bel mazzo di rose, come direbbe Paolo Conte, ma un tuffo in Sardegna fa gola di più anche a Blanka Vas, che ha già pensato come premiarsi per la bella vittoria in volata nell’ottava tappa del Giro Donne.

La tappa di Sassari va a Blanka Vas, che non fa rimpiangere il ritiro di Wiebes. In apertura i complimenti delle compagne
La tappa di Sassari va a Blanka Vas, che non fa rimpiangere il ritiro di Wiebes. In apertura i complimenti delle compagne

Dal cross alla strada

Qualche grado di pendenza sul rettilineo d’arrivo di via Duca degli Abruzzi, a Sassari, non basta a spiegare come abbia fatto questa ragazza di 51 chili e 21 anni a domare le velociste del gruppo, ma tant’è. Se ne faranno una ragione Chloe Dygert e Liane Lippert, ma anche la nostra Silvia Persico e anche Marianne Vos, giunta decima per un problema nei metri finali, perdendo una chance per bissare la vittoria sarda di Olbia 2022. Anche perché non è la prima volta che questa precoce ungherese dimostra di avere doti notevoli.

Specialista del ciclocross, collezionista di titoli nazionali, amante del cibo italiano, aveva già vinto la tappa inaugurale del Giro di Svizzera. In tre settimane ha infilato quattro vittorie, condividendo con Elisa Longo Borghini un successo in questo Giro Donne e la doppietta nel campionato nazionale (strada cronometro). In pratica, è la seconda maglia verde, bianco, rosso che vince una tappa in questa edizione, dopo la sfortunata piemontese a Borgo Val di Taro.

Tre giorni da turista

«Per me è incredibile aver vinto oggi», ammette Vas mentre cerca di ripararsi dal sole sardo che lo scirocco ha reso micidiale. «Ho pensato soltanto al miglior posizionamento e a stare calma. Sapevo che dovevo uscire il più tardi possibile perché era uno sprint in salita e mi sarei bruciata. Dovevo attendere il momento giusto».

Per lei la Sardegna è già un dolce ricordo ed è per quello che vuole trattenersi: «Resterò tre giorni, dato che l’anno scorso non avevo avuto tempo per visitare l’Isola e lo farò quest’anno. Credo che sia una vacanza meritata e ho davvero bisogno di un po’ di riposo dopo una corsa a tappe così dura».

Pizza, tiramisù e gelato

Non smette di sorridere Blanka Vas, che supera la voce dello speaker per chiarire cosa le piace dell’Italia: «Mi piace il cibo italiano – ammette, snocciolando un menù che è poco da ciclista professionista – pizza, tiramisù e gelato italiano».

Quando si tratta di scegliere i punti di riferimento nel ciclismo, invece, punta forte sui Paesi Bassi: «Mathieu van der Poel, Anna Van der Breggen e Marianne Vos. Correre con lei, sì, sembra un po’ strano, ma è bello stare accanto a lei sulla linea di partenza. Ricordo che nelle prime corse era una sensazione speciale».

Così come quelle vissute a Sassari, che magari potrebbero tornare. C’è un’altra occasione a Olbia: «Ci proverò – promette Blanka Vas – se passerò indenne le montagne».

Sfortuna Bastianelli

La Sassari-Olbia sarà la tappa nella quale completare un capolavoro per Annemiek Van Vleuten (che ha nuovamente fatto infuriare gli organizzatori, dribblando l’intervista-flash per la televisione, per infilarsi subito nelle stanze dell’antidoping), ma anche l’ultima occasione per tante.

L’ultimissima per Marta Bastianelli, che a Olbia appenderà la bici al chiodo e avrebbe voluto provarci già oggi, ma si è dovuta arrendere alla sfortuna, apparsa sotto le spoglie più comuni, quelle della foratura.

«Ero in ottima posizione e stavo bene – racconta – volevo puntare a un buon risultato o aiutare Silvia (Persico, ndr) nel finale. Ho cambiato bici, sono rientrata ai meno 4, ma ho forato anche la bici di scorta e a quel punto non potevo più inventarmi nulla».

Difficoltà supplementari in una giornata di caldo micidiale. Lo scirocco, però, ha dato una mano al gruppo (oltre 40 di media). Per andare da Sassari a Olbia, scavalcando Tempio, se non cambia se lo troveranno in faccia. Questo Giro Donne sarà da conquistare sino all’ultimo metro.

“Ribellione” Longo Borghini, Van Vleuten si inchina

03.07.2023
4 min
Salva

BORGO VAL DI TARO – «It’s a… Lidl emotion this victory». E’ la stessa Elisa Longo Borghini, giocando col nome del nuovo sponsor della sua squadra, a dare l’incipit per parlare del suo successo. E ne ha ben donde la campionessa italiana perché ormai ci ha preso davvero gusto a vincere gli sprint ristretti.

Nella quarta tappa, la più lunga del Giro Donne, le battute di giornata sono l’ex calciatrice Ewers (la prima ad accendere la miccia e già due volte seconda dietro la Longo ad Emilia e Tre Valli 2022) e la maglia rosa Van Vleuten, che guida la generale proprio sulle due rivali. A 40” chiude il grosso del gruppo regolato da Wiebes, mantenendo quasi fede alle proprie dichiarazioni della vigilia per il successo parziale.

A Borgotaro Longo Borghini batte Ewers e Van Vleuten. E’ la sua seconda vittoria in carriera al Giro Donne
A Borgotaro Longo Borghini batte Ewers e Van Vleuten. E’ la sua seconda vittoria in carriera al Giro Donne

Elisa c’è

A parte due cronosquadre vinte, quella in Val Taro per Longo Borghini è la seconda affermazione personale al Giro Donne. L’altra era stata in Puglia alla penultima frazione dell’edizione 2020 davanti a Van der Breggen. Elisa la possiamo considerare una sostanziosa parte di quel resto del mondo che combatte sempre contro le olandesi di cui facevamo riferimento ieri.

«Per oggi – spiega Longo Borghini mentre ancora sorride per la divertente battuta iniziale – ringrazio le mie compagne, il nostro staff e mando un saluto a Luca Guercilena, il nostro general manager, che è a casa. Questo successo ha un sapore particolare perché è la prima in maglia tricolore con il nuovo marchio del team. E’ stata una giornata un po’ strana. Non avevamo pianificato nulla, dovevamo solo salvare le energie per la tappa di domani e quelle successive. Invece avete visto tutti com’è finita».

Occhi aperti

Quando dopo il gran premio della montagna di Bardi è partita la Ewers in gruppo hanno aspettato di capire come evolvesse la situazione. SD Worx e Jumbo-Visma volevano tenere la fuggitiva a tiro rispettivamente per Wiebes e Vos (poi quarta e quinta). Ma quando la statunitense della EF Education Tibco SVB ha avuto più di un minuto di vantaggio ed era maglia rosa virtuale, gli scenari sono cambiati. Ed ecco la gara ha preso un’altra piega.

Van Vleuten, Longo Borghini e Ewers protagoniste nel finale. Sono nell’ordine le prime tre della generale
Van Vleuten, Longo Borghini e Ewers protagoniste nel finale. Sono nell’ordine le prime tre della generale

«Era chiaro – continua Longo Borghini che indossa anche la speciale maglia azzurra di miglior italiana in classifica – che Annemiek (Van Vleuten, ndr) non avrebbe lasciato la leadership ad Ewers. Di conseguenza mi aspettavo un attacco sull’ultimo gpm e così ha fatto. Ho guardato i suoi movimenti, ho visto che ha messo davanti la sua squadra (la Movistar, ndr) e mi sono messa alla sua ruota. E l’ho seguita.

«Nella tappa di Marradi – prosegue – non ho avuto una gran giornata ma non ho pagato un conto troppo salato come a Cesena l’anno scorso. Il Giro è estremamente aperto. Domani c’è il tappone, è un altro giorno del Giro Donne. Noi della Lidl-Trek abbiamo buone possibilità. Gaia (Realini, ndr) è una grande scalatrice ed io terrò sempre gli occhi aperti, vedendo come va giorno per giorno. Il Passo del Lupo è lontano dal traguardo, ma può certamente spaccare la corsa. Si è visto nel corso degli anni che non c’è paura di attaccare da lontano. In ogni caso onestamente ci penseremo domattina a questa tappa regina».

Alle spalle delle prime tre, Wiebes vince la volata: la campionessa d’Europa cresce a vista d’occhio
Alle spalle delle prime tre, Wiebes vince la volata: la campionessa d’Europa cresce a vista d’occhio

Lavoro ai fianchi

Seppur si siano corse tre tappe (la cronometro iniziale è stata annullata), l’impressione è che Longo Borghini stia prendendo sempre più le misure a Van Vleuten (e di conseguenza al resto delle rivali) per sferrare un colpo decisivo tra salite e discese. Ogni momento può essere quello buono. Come un pugile che lavora ai fianchi il suo avversario e cerca di stenderlo prima della quindicesima ripresa.

«La tappa di Canelli – conclude – non è da sottovalutare ma la tappa della Liguria è molto dura. Lì verrà scritta definitivamente la classifica generale. Non credo che nelle ultime due tappe in Sardegna cambierà qualcosa. Si farà tutto prima».

Jumbo verso la terza rosa? Ecco cosa rispondono

23.06.2023
4 min
Salva

Qualche giorno fa a Trieste al termine del Giro NextGen ci è venuta in mente subito una suggestione. Dopo il trionfo di Roglic al Giro d’Italia e quello di Staune-Mittet nella gara riservata agli U23, la Jumbo-Visma potrebbe fare tripletta al prossimo Giro Donne?

Per la verità questo interrogativo inizialmente ha rischiato di non essere preso nemmeno in considerazione, ma la recente conferma ufficiale di PMG Sport/Starlight (società organizzatrice) sul regolare svolgimento della corsa a tappe femminile ci ha fatto dirottare la nostra curiosità verso i tecnici del team olandese.

Secondo Carmen Small la sua Jumbo-Visma non è interessata a fare classifica al Giro Donne
Secondo Carmen Small la sua Jumbo-Visma non è interessata a fare classifica al Giro Donne

Certo, la Jumbo-Visma Women non è la formazione principalmente accreditata per la vittoria finale, ma quando schieri al via “sua maestà” Marianne Vos (tre successi al Giro Donne e trentadue di tappa) tutto è possibile, anche se lei non è più la cannibale delle classifiche generali come un tempo. E così abbiamo coinvolto la diesse statunitense Carmen Small per scoprire come correrà la sua Jumbo-Visma alla corsa rosa (in programma dal 30 giugno al 9 luglio).

Com’è stato il vostro approccio alla corsa considerando che si sapeva poco del percorso?

Abbiamo costruito la nostra squadra con diversi obiettivi in mente. Principalmente per le atlete, con il loro sviluppo nell’avvicinamento alla gara, e poi non solo a seconda di come sarebbero andate le varie tappe. Abbiamo però tenuto conto anche degli altri appuntamenti importanti stagionali come il Tour Femmes e i campionati del mondo. Naturalmente conoscere le tappe in anticipo è sempre utile, ma non avrebbe cambiato la composizione della nostra squadra.

Per quello che avete visto e sentito, vi piace il percorso?

Per la nostra formazione è un buon mix di tappe di diverso tipo. Speriamo che la corsa sia sempre emozionante e che anche le altre squadre possano correre duramente o cogliere le giuste occasioni per animare la gara. Non tutti i giorni saranno validi per la generale quindi credo si potranno vedere tante fughe e anche volate di gruppo.

Cosa ne pensi del giorno di riposo (e trasferimento) a due tappe dalla fine?

Onestamente devo dire che è bello tornare in Sardegna anche quest’anno. Nel 2022 le tappe sono state davvero difficili per il caldo ed il vento. Le strade non sono mai pianeggianti, quindi sarà interessante vedere la stanchezza accumulata prima delle ultime due tappe e cosa succederà. Credo che inciderà tanto, anzi sarà necessario il recupero dopo un giorno di viaggio.

Chi saranno secondo te le protagoniste della corsa?

Difficile rispondere in maniera secca o precisa. Credo che le squadre stiano correndo in modo un po’ diverso in quest’ultima parte della stagione. I direttori sportivi e i corridori stanno cambiando le loro strategie per capire come vincere. E’ emozionante perché ogni squadra si presenta alle gare con un roster forte e sembra che la maggior parte di loro cerchi di utilizzare i propri corridori in modo diverso da quello tipico. Si vede maggior aggressività, si prendono rischi e non aspettano solo di vedere come vanno le cose. Al momento, a parte il Team DSM, non ho visto altre formazioni, quindi è difficile dire qualcosa sulle squadre.

Due tappe per Vos alla Vuelta. Anche al Giro Donne dovrebbe puntare solo ai successi parziali
Due tappe per Vos alla Vuelta. Anche al Giro Donne dovrebbe puntare solo ai successi parziali
Della vostra formazione c’è un’atleta che potrebbe essere la sorpresa?

Al Giro Donne vogliamo portare delle ragazze che sappiano correre in modo aggressivo, senza subire, sfruttando magari tutte quelle situazioni favorevoli che possono crearsi. Direi che tutte le nostre atlete possono essere una sorpresa se giochiamo bene le nostre carte.

Qualcuno dice che, a parte la quinta tappa con la salita al Pian del Lupo seppur lontana dal traguardo, il tracciato potrebbe essere adatto a Marianne Vos. E’ con lei che la Jumbo-Visma punta a vincere il Giro Donne replicando ai vostri colleghi maschi?

Devo essere sincera e vi dico che non siamo particolarmente interessati alla classifica generale. Quella la cureremo al Tour Femmes con Riejanne Markus che si sta già concentrando su quell’obiettivo. Tuttavia il Giro Donne è una grande corsa e non si può tralasciare nulla perché tutto può cambiare in un solo giorno.