Barguil come Ciccone: testa al Giro, ma prima il Covid

28.04.2023
4 min
Salva

«Io al Giro d’Italia con una bici italiana: è una grande emozione»: così ha esordito Warren Barguil parlando del suo esordio al Giro d’Italia. Il francese sta preparando, ma forse sarebbe meglio dire stava preparando, con dovizia la corsa rosa. Peccato che, come per Giulio Ciccone, anche per lui si sia messo di mezzo il Covid. 

Il corridore della Arkea-Samsic non dovrebbe mettere a rischio la sua presenza, tuttavia qualche intoppo c’è. Se non altro per i suoi progetti nella prima parte della corsa. Pensiamo magari a frazioni come quella di Lago Laceno che potrebbero essere buone per lui. Si tratta di una salita non durissima che non farà grande selezione e sulla quale i big potrebbero controllarsi. 

Barguil (classe 1991) è alla sua 11ª stagione da pro’. E’ in scadenza di contratto
Barguil (classe 1991) è alla sua 11ª stagione da pro’. E’ in scadenza di contratto

Esordio rosa

«Sono molto felice di venire al Giro – ci aveva detto prima della Liegi e prima che emergesse la bronchite (poi Covid) – e non vedo l’ora che arrivi domani sera. La Liegi sarà la mia ultima gara prima del Giro. Poi testa alla corsa rosa. Inoltre ci verrò con una bici italiana. E’ qualcosa di molto simbolico».

Barguil stava molto bene a suo dire. La gamba era buona. Aveva fatto una discreta primavera di classiche. Già alla Sanremo aveva ricevuto l’appoggio della squadra. Al via da Abbiategrasso, Mozzato e Verre, suoi compagni, ci avevano detto: «Warren è l’unico di noi che può tenere i migliori sul Poggio».

E poi si era ben comportato soprattutto alla Freccia Vallone con un buon decimo posto. «Io sono molto motivato per questo Giro. Sto per iniziare una corsa con un percorso bellissimo». 

Tirreno-Adriatico 2022, a Fermo vince Warren Barguil. Per il francese due tappe al Tour e due alla Vuelta
Tirreno-Adriatico 2022, a Fermo vince Warren Barguil. Per il francese due tappe al Tour e due alla Vuelta

Tutto da scoprire

Ma cosa sa Barguil del Giro? «In gruppo – spiega Barguil – i ragazzi che ci hanno partecipato, mi hanno detto tutti che tra i grandi Giri è il più bello. Lo è per l’ambiente, per i paesaggi, perché è una festa e perché è molto più aperto rispetto a un Tour de France o ad una Vuelta. La corsa è più libera.

«Ho guardato alcune delle salite più importanti e anche qualche tappa. Ci sono trappole ovunque. Ma c’è una frazione che mi stuzzica parecchio. Quella di Bergamo, perché arriva poco distante dalla sede di Bianchi: per me sarà una frazione importante. Ce ne sono anche altre. Ma non le dico tutte…».

E questo suona un po’ come un guanto di sfida. E Barguil, se c’è da attaccare, non è tipo da tirarsi indietro.

Warren ha vinto la maglia a pois nel 2017. Ha disputato 12 grandi Giri e per tre volte è entrato nella top 10
Warren ha vinto la maglia a pois nel 2017. Ha disputato 12 grandi Giri e per tre volte è entrato nella top 10

Chi è Barguil

Ma scopriamolo meglio. Barguil, classe 1991, è un corridore che i francesi per un certo periodo avevano incoronato come colui che avrebbe riportato un grande Giro nella loro Nazione. Warren aveva vinto l’Avenir nel 2012 e aveva ottenuto un ottavo posto nella generale del Tour nel 2014 a soli 23 anni. Poi le cose non sono andate esattamente come le aspettative, ma Barguil resta un corridore di spessore. E allora cosa può fare al Giro?

Lui ha detto che punta a determinate frazioni. Tappe mosse o anche di montagna sono ideali, specie se i favoriti per la generale dovessero guardarsi. Lo specchio preciso di tutto ciò è stata la tappa di Fermo alla Tirreno-Adriatico dello scorso anno. Si è mosso nel momento giusto, i big curavano la generale e Warren ha piazzato la stoccata.

A crono il francese non è un drago, ma se starà bene potrà difendersi
A crono il francese non è un drago, ma se starà bene potrà difendersi

Tappe, Gpm, classifica

Ma c’è un altro obiettivo più che concreto per Barguil e si chiama maglia azzurra: quella che indossa il re della montagna.

Il bretone – Barguil è di Hennebont, sulla costa meridionale della penisola francese – ha già vinto questa classifica. Si portò a casa la maglia a pois al Tour del 2017. Con il livello di oggi, per conquistare questa maglia serve un corridore che abbia tenuta nelle tre settimane e chiaramente vada forte in salita: il suo identikit.

Ma Barguil può anche puntare alla generale. Come detto, ha chiuso un Tour in ottava posizione. E’ vero che da quel piazzamento sono passati nove anni, ma se fosse al meglio una top 10 non sarebbe impossibile per lui. Certo però che letta in questo modo, le tante cronometro potrebbero non favorirlo. Intanto speriamo però che possa recuperare bene e che possa battere gli antibiotici e il Covid.

Mozzato, la prima convocazione dopo un Tour di spessore

13.08.2022
5 min
Salva

Il grande momento si avvicina, quello degli europei di Monaco e Luca Mozzato avrebbe voluto una vigilia più tranquilla da molti punti di vista. La caduta al Circuit Franco-Belge ha lasciato strascichi fisici, ma ancor più malumore con Giacomo Nizzolo, suo avversario in quest’occasione e suo compagno fra qualche ora. I due si sono spiegati, ma sinceramente sarebbe stato meglio un avvicinamento più soft per una gara già di per sé complicata. Anche perché, dopo l’allenamento di ieri con gli azzurri, Nizzolo è stato costretto ad alzare bandiera bianca, lasciando il posto a Viviani.

Tutto ciò però non ha scalfito la soddisfazione di Mozzato per la sua prima maglia azzurra “da grande”, dopo averla vestita più volte nelle categorie inferiori e anche da pro’, in qualche gara del calendario italiano dov’era possibile presentare anche la squadra nazionale (come nella foto di apertura alla Tre Valli Varesine del 2017). Una convocazione figlia di un Tour de France, il suo primo, vissuto da protagonista, con molti piazzamenti.

«E’ stato un bellissimo viaggio – racconta – anche se davvero duro, era la mia prima esperienza e mi sono portato dietro tante soddisfazioni. E mancata solo la ciliegina sulla torta, ossia un podio di tappa».

Mozzato Tour 2022
Un Tour di valore per Mozzato con 4 presenze in top 10, sfiorata anche nella tappa finale di Parigi
Mozzato Tour 2022
Un Tour di valore per Mozzato con 4 presenze in top 10, sfiorata anche nella tappa finale di Parigi
Era il tuo primo grande Giro?

Sì, la grande incognita era conoscere il mio rendimento nell’arco di tre settimane. Non sapevo come avrei reagito, se avrei tenuto la condizioni, se andavo in crescita o in calo. Devo dire che alla fine le sensazioni sono state positive, ancora nell’ultima tappa degli Champs Elysees ero lì a giocarmi un piazzamento. Ero stanco, ma mai scarico.

In un grande Giro non ci sono solo le tappe per velocisti, quelle dove essere protagonista. Come hai vissuto quelle di montagna, dove era d’obbligo sopravvivere?

Sono sempre stato tranquillo, non ho mai rischiato e questo mi ha dato ottime sensazioni. Anche nelle tappe più dure non ero mai nell’ultimo gruppetto e questo è importante perché ti dà sicurezza. Sai che hai dietro gente e che c’è come una rete di salvataggio alle tue spalle. Oltretutto ciò significa che puoi affrontare l’ultima salita senza dover spingere a tutta, salvi la gamba e puoi salire in tranquillità. Devo dire che alcune ascese me le sono anche godute, soprattutto per la gente intorno.

Mozzato Beghelli
Il vicentino ai maglia azzurra al Trofeo Beghelli. Bennati ce l’ha da tempo sul suo taccuino
Mozzato Beghelli
Il vicentino ai maglia azzurra al Trofeo Beghelli. Bennati ce l’ha da tempo sul suo taccuino
Che ricordi hai delle tue precedenti esperienze azzurre?

Devo dire che da quando ero junior ho sempre ricevuto chiamate, anche se poi l’unica volta che ho gareggiato è stato a Doha, ai mondiali del 2016 quando finii ai piedi del podio. E se ci ripenso mi fa ancora male. Ma questa ha un sapore diverso, è la prima da “adulto”.

Si dice spesso che nel ciclismo, Olimpiadi a parte, il secondo e terzo posto in un mondiale o in un europeo non contano. Le tue parole a proposito di Doha dimostrano il contrario…

Magari può essere trascurabile per un grande campione, ma per chi è giovane o per chi si guadagna la pagnotta ogni giorno, quella medaglia ha un bel sapore, lo posso assicurare proprio per il fatto che non ce l’ho. All’inizio, quel quarto posto fu un brutto colpo, ripensandoci a mente fredda non fu tutto da buttare.

Mozzato Doha 2016
La sfortunata volata mondiale 2016, chiusa al 4° posto quando vinse il danese Egholm
Mozzato Doha 2016
La sfortunata volata mondiale 2016, chiusa al 4° posto quando vinse il danese Egholm
Che cosa rappresenta per te vestire quella maglia domenica a Monaco?

E’ innanzitutto un grande onore perché quando indossi quel simbolo sai che rappresenti la tua Nazione. E’ anche una responsabilità, perché devi svolgere un compito e devi farlo al meglio possibile proprio perché stai rappresentando il tuo Paese. Non bisogna sbagliare nulla.

Considerando le tue caratteristiche, potresti avere un ruolo importante a Monaco, quello del guastafeste in caso di fuga…

Con Bennati dobbiamo ancora parlare, ma non mi dispiacerebbe, considerando che avere un uomo veloce davanti consentirebbe ai miei compagni di lasciare agli altri l’onere dell’inseguimento, d’altronde credo che ormai anche gli altri sappiano che in volata non sono propriamente fermo…

Mozzato Kint 2022
L’ultimo podio di Mozzato, 2° alla Marcel Kint Classic dietro De Lie (BEL)
Mozzato Kint 2022
L’ultimo podio di Mozzato, 2° alla Marcel Kint Classic dietro De Lie (BEL)
Che cosa ti resta di quelle tre settimane di corsa?

Il Tour è qualcosa di unico: me ne sono accorto dopo, vengo riconosciuto molto di più perché tanta gente lo guarda e magari prima non seguiva il ciclismo. Ha una risonanza speciale, in Francia in quei giorni non si parla d’altro.

Che cosa ti aspetta dopo Monaco?

Ci saranno un po’ di impegni in Francia, fino al GP Plouay, poi vedremo se tirare dritto o prendere qualche giorno di stacco per il finale di stagione. Vivo comunque questo periodo con grande tranquillità, anche perché ho ancora tre stagioni di contratto con la B&B Hotels-Ktm e questo mi dà una grande sicurezza.

Le azzurre in Spagna lavorano e aspettano i percorsi

18.01.2022
4 min
Salva

L’hotel Diamante di Calpe è lo stesso in cui si sono… accampati di nuovo i pro’ della Gazprom-RusVelo, quelli del Team Dsm e anche la nazionale britannica della pista. Quando Paolo Sangalli ha unito tutti i puntini degli spostamenti delle azzurre, si è reso conto che la cosa più utile da fare fosse portare il ritiro da loro, piuttosto che costringerle a un viaggio supplementare. Perciò nell’impostare il primo raduno del 2022, il nuovo commissario tecnico ha scelto la Spagna. Ci rimarranno fino a sabato, dato che il volo di ritorno è stato ritardato di un giorno. E poi torneranno per un secondo blocco, che condurrà al debutto di Valencia. Così il 2022 prenderà finalmente il largo.

«Siamo qui con un gruppo eterogeneo – dice Sangalli, che nella foto di apertura è con le atlete, con Marco Velo, i massaggiatori Moro e Gradi e il meccanico Foccoli – ragazze della strada, altre di strada e pista, quelle di strada e crono… Sono venuti anche Villa e Velo, si sta lavorando bene tutti insieme. Velo porta le metodologie che usano con Ganna, Affini e Sobrero, sono contento. Intanto le giovani sono a contatto con le più esperte e imparano tanto. Soprattutto quelle che corrono nelle squadre WorldTour hanno leader che non parlano italiano e tutto diventa più difficile. E anche per me l’occasione è utile per conoscere le nuove e seguirle per la prima volta in allenamento».

Il gruppo delle azzurre di rientro a Calpe, dopo l’allenamento sulle strade dell’entroterra (foto Fci)
Azzurre di rientro a Calpe, dopo l’allenamento sulle strade dell’entroterra (foto Fci)
Andiamo con ordine, come va col Covid?

Siamo attenti a tutto. Praticamente l’hotel è così grande che riusciamo a stare nel nostro gruppo senza avere quasi contatti con altra gente. Ogni cosa che si tocca, ci disinfettiamo le mani. Anche in ascensore riusciamo a evitare contatti. Il momento è questo, si deve stare attenti a tutto quel che si fa.

Come va nel nuovo ruolo?

E’ stato un passaggio quasi naturale, conoscevo già le ragazze. Ho iniziato a comunicare con i tecnici delle squadre, soprattutto le straniere, non per fare la voce grossa, ma per essere trasparente e fargli capire che la nazionale ci tiene. Hanno delle atlete che a noi interessano e per le quali sarà cruciale la giusta programmazione.

Programmazione: come si fa senza sapere bene dove e come si correrà?

Questo è il primo problema. Prima di ragionare dei programmi delle ragazze e fare una selezione credibile, bisognerebbe in effetti capire bene come saranno fatte le gare che dovremo affrontare. Non abbiamo ancora i percorsi definitivi. A quanto si sa, i mondiali di Wollongong si articoleranno attorno a due circuiti, ma non si capisce quante volte si farà l’uno e poi l’altro. Da quanto sappiamo, gli ispettori UCI non sono ancora andati a fare il sopralluogo, perché non è semplice, fra quarantene e altro.

Un gruppo eterogeneo, con azzurre specialiste della strada, della cronometro e della pista (foto Fci)
Un gruppo eterogeneo, con specialiste di strada, cronometro e pista (foto Fci)
Invece gli europei?

Aspettiamo a breve notizie dalla UEC per quelli U23 e juniores che si correranno ad Anadia, in Portogallo. Mentre Bennati e Velo andranno a breve a vedere quello degli elite a Monaco di Baviera. Abbiamo visto le altimetrie. C’è un tratto in linea ondulato e poi un circuito nervoso, ma tendenzialmente abbastanza veloce. Un po’ come Glasgow.

Bè, non ci dispiace allora, visto che quella volta vinse Marta Bastianelli…

Marta è qua assieme a Elena Cecchini e sono i fari del ritiro. Sono molto propositive e non avevo dubbi, ma questa disponibilità per me è un segnale importante. Erano già qua in ritiro o ne cominceranno un altro subito dopo, eppure non sono volute mancare.

Che notizie di Elisa Balsamo?

Anche lei in Spagna, ma con la Trek-Segafredo. Sarà con noi nel prossimo blocco, dal 7 al 16 febbraio. La soluzione spagnola per venire incontro alle loro esigenze è venuta bene e mi permetterà anche di seguire la prima gara. Nei limiti del possibile, cercherò di vederne il più possibile.

Tutto liscio, quindi?

E’ un momento di serenità e chi è fuori è giusto che un po’ sia scontento, perché vuol dire che ci tiene.

Il primo raduno 2022 si concluderà sabato, il secondo inzierà il 7 febbraio (foto Fci)
Il primo raduno 2022 si concluderà sabato, il secondo inzierà il 7 febbraio (foto Fci)
E intanto in Italia ha ripreso ad allenarsi la Guderzo, che punta alla maglia azzurra.

Mi ha comunicato questa decisione qualche giorno prima che uscisse. Ho rispetto assoluto per il corridore che è, non che è stato. Ha passione e sono contento per la squadra di Rigato perché Tatiana porterà in dote dei bei punti che potrebbero rendere qualche invito in più. Le ho detto che se vuole, potrà venire al prossimo ritiro.

Senti ancora Salvoldi?

Certo, siamo amici. Sta lavorando sodo con gli juniores. Conoscendolo, vedrete che andrà alla grande anche con loro.

Bennati cittì: succede a Cassani. A Milano i nuovi tecnici azzurri

02.11.2021
6 min
Salva

«Ballerini mi ha insegnato una cosa importante – dice Bennati mentre è in auto di ritorno verso casa – che l’amicizia per un corridore è una cosa e il lavoro di tecnico è un’altra. Io e lui eravamo super amici, è stato anche mio testimone di nozze. Eppure nei due mondiali vinti da Bettini, io sono stato il corridore escluso. C’era una ragione tattica superiore e Franco tirò dritto».

Bennati cittì dell’Italia

Daniele Bennati succede a Davide Cassani nel ruolo di commissario tecnico dei professionisti (i due sono insieme nella foto di apertura alla Vigilia di Ponferrada 2014, quando il toscano fu per la prima volta regista della nazionale del romagnolo). Lo hanno ufficializzato stamattina a Milano durante una conferenza stampa organizzata dalla Federazione, ma se ne parlava da un pezzo. Con lui poi se ne ragionava da almeno quattro anni, da quando tra il serio e il faceto si cominciò a parlare di un possibile passaggio di Cassani alla guida del Giro d’Italia e dell’ammiraglia azzurra da occupare con qualcun altro. Le cose sono andate come tutti sappiamo e il risultato è che il Benna, 41 anni lo scorso 24 settembre, dal 2022 avrà le chiavi di quell’auto e tutte le incombenze che il ruolo comporta.

La strada corre sotto le ruote. Il navigatore l’ha mandato verso Cesena e poi da lì affronterà l’Appennino sulla via per Arezzo, dato che a Sasso Marconi a causa di un incidente la coda sembrava proibitiva

Oggi a Milano sono stati annunciati i nuovi tecnici federali. Bennati ai pro’, Salvoldi agli juniores
Oggi a Milano sono stati annunciati i nuovi tecnici federali
Da quanto tempo ci pensavi a questo incarico?

In realtà mi sono sempre ispirato alla figura di Alfredo Martini, che pure è inavvicinabile. I suoi modi mi hanno sempre affascinato. Poi sono diventato amico di Franco (Ballerini, ndr) con cui è nato un bellissimo rapporto. Mi è sempre piaciuto il suo carisma, la capacità di confrontarsi con gli atleti guardandoli negli occhi. Poi quando a fine carriera ho cambiato ruolo, mettendomi a fare il regista in corsa, erano gli altri a dirmelo

Dirti cosa?

Che ero tagliato per quel ruolo, che potevo fare il tecnico della nazionale. E a forza di sentirmelo dire, ho cominciato a farmelo frullare per la testa. Nel frattempo durante il covid ho preso i tre livelli da direttore sportivo, ma non pensavo ancora a questo ruolo. Mi ero portato avanti, avevo parlato con Ineos e Movistar, ma non avevo la necessità impellente di salire su un’ammiraglia.

E allora come è successo?

Una mattina mi squilla il telefono e leggo il nome di Dagnoni. Avevo il numero perché durante le Olimpiadi, con Iuri Chechi s’era fatta una trasmissione dal Vigorelli e mi era servito il suo contatto. Non lo conoscevo, visto il risultato delle elezioni, ci avevo messo una pietra sopra. Invece mi chiama e dice che avrebbe piacere a incontrarmi. Non ci ho messo molto a capire il perché. Così c’è stato il primo incontro con lui. Al secondo c’era anche Roberto Amadio. E poi sono iniziate varie consultazioni.

Cassani, Dagnoni e Amadio: siamo alla Coppi e Bartali, non si sa ancora se Davide sarà riconfermato
Dagnoni e Amadio, foto dalla Coppi e Bartali: il rinnovamento è in fase di lancio
E ora ci ritroviamo con Bennati tecnico della nazionale…

Oggi ero in quella conferenza stampa con la maglia azzurra che non vestivo da Bergen 2017. Devo ancora metabolizzare la cosa. Sono sincero! Ho delle idee per la testa che mi piacerebbe mettere in atto, ma ancora devo ordinare i pensieri e incontrarmi con gli altri tecnici. Una cosa l’ho ben chiara e oggi l’ho detta. E’ bella questa cosa di far provare il professionismo ai giovani portandoli alle gare italiane con la maglia azzurra, ma quella maglia va assolutamente meritata. Forse perché ricordo bene quanto ho dovuto sudarla la prima volta per metterla in una gara internazionale in Italia nel 1997 da junior.

E’ un ruolo di scelte e decisioni da comunicare…

Bettini mi ha detto spesso che si tratta della fase più delicata e non stento a credergli. E’ un ruolo in cui si devono prendere decisioni e l’esempio di Ballero che mi lasciò fuori quelle due volte me lo porto dentro.

Obiettivo maglia iridata?

Per forza. Firmerei anche subito per i quattro campionati europei vinti da Cassani, ma la priorità è il mondiale che manca dal 2008. Lo vinci se hai il fuoriclasse, oppure se hai tanti buoni corridori, che in Italia non mancano. Nel 2019 Trentin ha perso un mondiale che sembrava già vinto contro Pedersen, che non è un fuoriclasse, ma un buon corridore. In Italia abbiamo almeno 5-6 corridori di quello spessore. Il ciclismo sta cambiando, ma possiamo dire la nostra. Per cui serviranno fortuna e lavorare bene, ma si può provare a vincerlo.

Marino Amadori con Gazzoli: il romagnolo è stato confermato alla guida degli under 23
Marino Amadori con Gazzoli: il romagnolo è stato confermato alla guida degli under 23
Nella tua storia ci sono stati due mondiali controversi. Nel 2011 eri capitano e la squadra ti ha voltato le spalle. Nel 2016 eri il più forte, ma ugualmente si è corso per altri…

Il 2011 è stato una brutta parentesi personale. Magari non avrei vinto, ma potevo giocarmi il podio o perlomeno provarci. Non andavo piano. Ero uscito bene dalla Vuelta e in allenamento ero arrivato a fare 1.700 watt. Quella nazionale però era troppo giovane e io evidentemente non fui abbastanza leader. A causa di quel mondiale si rovinarono i miei rapporti con Bettini e anche lui in seguito ammise di aver sbagliato qualcosa nei miei confronti. Ci è capitato di parlarne, perché col tempo il rapporto si è ristabilito e adesso siamo buoni amici.

E il 2016?

Il 2016 e quello che feci forse sono il motivo per cui sono qui a fare il tecnico azzurro.

In che senso?

Il mondiale di Doha fu il giorno in cui io sono andato più forte di sempre sulla bici. Tutti sapevano che ero il più in forma, ma io da parte mia non potevo tradire i compagni e il tecnico con cui mi ero impegnato a lavorare per arrivare in volata. Non mi pento di quello che ho fatto, né in corsa ho mai pensato di rimangiarmi la parola. Quel mondiale è un esempio che porterò ai miei ragazzi parlando dei ruoli. Anche se nei giorni successivi feci fatica a dormire, perché se fossi stato un altro uomo, avrei potuto sfruttare l’occasione.

Salvoldi non seguirà più le donne, ma gli juniores. Il ruolo è di assoluto rilievo, ma il colpo per lui è stato duro
Salvoldi non seguirà più le donne, ma gli juniores, ruolo di assoluto rilievo
Bennati sarà un tecnico capace di cambiare idea?

Nella vita normale sono capace di farlo. Ci deve essere la capacità di ripensare a un decisione presa, anche per avere un piano di riserva che non guasta. Certo al mondiale si complica tutto, perché non ci sono le radioline e ti devi fidare ciecamente dei tuoi compagni… Dei tuoi compagni, Benna… Non sei più un corridore (ride, ndr). Ti devi fidare dei tuoi uomini ed essere chiaro con loro prima del via.

Si parla di nazionale come un team, cosa vedi di diverso?

Ho corso quattro mondiali, non ho mai visto come venivano preparati dietro le quinte. Arrivavo in hotel che era tutto pronto. Vedo però che Amadio vuole dare il senso di una sola grande squadra, per cui ci troveremo a Milano la prossima settimana per impostare programmi che siano legati dallo stesso filo. Come idea mi è piaciuta dall’inizio, ma devo metabolizzare il tutto, conoscere le persone e il loro modo di lavorare.

E a casa Bennati come l’hanno presa?

Forse si sono abituati loro all’idea più di me. Dopo il secondo incontro erano sicuri, io mi ero preso del tempo per rifletterci ancora. Ma sono contenti, molto contenti…

Mondiali in arrivo, ecco la maglia azzurra Castelli

16.09.2021
3 min
Salva

I mondiali di ciclismo, che come noto si svolgono nelle Fiandre, uno dei territori “sacri” per quanto riguarda la storia e la tradizione di questo sport, sono oramai alle porte. La settimana prossima si comincia con le prove a cronometro, per poi andare a “chiudere” domenica 26 settembre con la grande prova su strada riservata ai professionisti lungo il circuito di Lovanio. L’attesa è fortissima. E per questo grande evento ogni casa è preparata al meglio, anche la maglia che indosseranno i nostri ragazzi.

La presentazione della maglia azzurra per Leuven agli europei di Trento
La presentazione della maglia azzurra per Leuven agli europei di Trento

Presentazione agli Europei di Trento

Castelli, che della Federazione ciclistica italiana è da anni partner per quanto riguarda l’abbigliamento tecnico, ha ufficialmente svelato, ai Campionati Europei di Trento, la nuova maglia delle nostre nazionali che sarà indossata proprio in occasione delle gare iridate in Belgio. A questo apposito “vernissage” sono intervenuti il presidente federale Cordiano Dagnoni, il presidente e amministratore di Suzuki Italia, Massimo Nalli, l’amministratore delegato di Manifattura Valcismon, il gruppo che di Castelli è proprietario, Alessio Cremonese, il Ceo di Enervit, Alberto Sorbini, e l’amministratore delegato di Trentino Marketing, Maurizio Rossini.

Suzuki, Castelli e Enervit sono i tre sponsor che appaiono con il proprio logo sulle divise della nostra nazionale azzurra.

Stile e performance

«Presentiamo una maglia che non solo rappresenta la nazionale – ha dichiarato Cordiano Dagnoni – ma lo stile di questa nuova Federazione: elegante e sobrio. Ringraziamo Castelli per il supporto e per la scelta dei colori. Quella azzurra è una maglia che va sudata e meritata. Vedo nei nostri atleti un senso di appartenenza unico».

«Quella tra Suzuki e la FCI – ha ribattuto Massimo Nalli – è una partnership che è nata in Giappone per poi svilupparsi in Italia grazie al gemellaggio tra il Monte Fuji e lo Zoncolan. Suzuki ha sempre guardato con interesse al mondo dello sport come metafora di vita. In questo ambito c’è davvero tutto: dal fallimento, alla ripartenza, fino a giungere ovviamente al successo. Quest’anno poi il logo Suzuki sulle maglie avrà un adeguamento cromatico per poterlo rendere più armonico col prodotto: abbiamo difatti accettato di far tornare la maglia azzurra del suo colore esprimendo in questo modo la nostra vicinanza ad atleti e pubblico. Noi di Suzuki siamo storicamente vicini al ciclismo, tant’è che il nostro primo prodotto fu proprio una bicicletta con motore».

«Noi viviamo di questo mondo – ha poi chiuso Alessio Cremonese – e con orgoglio vestiamo con Castelli la FCI . Noi rappresentiamo un marchio storico italiano, un brand che ben identifica l’Italian Style in tutto il mondo. Per questa rassegna iridata, in particolare, abbiamo pulito il design della maglia. A mio avviso una delle più belle di sempre… Il prodotto nasce in galleria del vento, per ottimizzare un risparmio di watt e riuscire a mettere le condizioni migliori gli atleti che vogliono gareggiare al top. Una maglia che è già disponibile on line e presso i rivenditori Castelli per far sì che gli appassionati la possano indossare con orgoglio».

Castelli

Cassani, il ciclismo bandiera dell’unità nazionale

12.05.2021
4 min
Salva

Apparentemente molto distanti tra loro, ciclismo e unità nazionale sono due mondi che si sono incontrati in più occasioni e che tuttora si intrecciano. La partenza da Torino del Giro 2021 è stata dedicata all’anniversario dell’Unità d’Italia (160 anni), così come lo furono le edizioni del 2011 e del 1961 (rispettivamente 150 e 100 anni dall’unificazione del Paese). La stessa carovana del Giro, che in oltre un secolo di storia ha attraversato in lungo e in largo lo Stivale, ha contribuito a creare identità e unione tra popolazioni che fino a 70-80 anni fa faticavano persino a comprendersi reciprocamente

Bartali e Togliatti

L’episodio sicuramente più clamoroso che sancisce il legame tra ciclismo e unità nazionale accade pochi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’attentato a Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948, provoca disordini civili diffusi, occupazioni di fabbriche, scontri e anche alcuni morti. Molti temevano si potesse scatenare persino una guerra civile. Alcide De Gasperi, allora Presidente del Consiglio dei ministri, telefona a Gino Bartali, che sta correndo il Tour de France, ma è staccatissimo dalla maglia gialla Louison Bobet, e gli chiede l’impresa. Non si sa con certezza se quella telefonata l’abbia fatta davvero lui, fatto sta che Bartali rimonta, tappa dopo tappa. Recupera venti minuti a Bobet sull’Izoard, si impone anche nelle due tappe successive e vince clamorosamente il Tour a 34 anni, dieci dopo il suo primo successo. La grande vittoria contribuì a calmare gli animi e a placare le tensioni: l’unità nazionale era salva.

I mondiali di Imola 2020 sono stati un bel segnale di gestione dello sport in epoca Covid
I mondiali di Imola 2020 sono stati un bel segnale di gestione dello sport in epoca Covid

La maglia azzurra

Oggi quello spirito unitario è ben rappresentato dalla squadra nazionale. Ce lo conferma Davide Cassani, dal 2014 cittì della nazionale italiana.

«In questi anni – dice – ho sempre trovato dei ragazzi fantastici perché, nonostante siano dei professionisti, hanno una dedizione particolare per la maglia azzurra e l’hanno sempre onorata nel migliore dei modi».

Da diversi anni la nazionale italiana è chiamata “La squadra” (proprio col termine italiano) anche dagli stranieri, segno, per Cassani «che è sempre stata un punto di riferimento di unità, coesione e attaccamento alla maglia». Il cittì confessa che «consegnare delle maglie azzurre ha un significato particolare, sento sempre una grande responsabilità. Molti corridori cercano in tutte le maniere di convincermi a convocarli per partecipare a europei, mondiali e Olimpiadi: tutto questo è molto bello».

«Le vittorie ai campionati europei – continua Davide – ottenute negli ultimi tre anni sono la testimonianza di una squadra unita, dove si è corso per vincere, senza guardare alle individualità».

Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince l’europeo su strada
Nel 2019 Viviani, olimpionico su pista, vince l’europeo su strada

Il mondiale

Anche per gli appassionati e per chi il ciclismo lo segue solo saltuariamente, alcune competizioni hanno un significato che va al di là del semplice evento sportivo.

«Il campionato del mondo – dice ancora Cassani – è seguito anche da persone che abitualmente non guardano il ciclismo, ma si appassionano per la nazionale, come nel calcio e in tutti gli altri sport. La gente mi chiede di vincere un campionato del mondo, c’è sempre un’attenzione particolare verso la squadra».

L’orgoglio di appartenere alla nazionale unisce i nostri ragazzi
L’orgoglio di appartenere alla nazionale unisce i nostri ragazzi

Ciclismo e Covid

In questo momento storico, nel quale la pandemia rischia di disgregare i rapporti sociali e l’unità stessa del Paese, il ciclismo può avere un ruolo importante.

«Non possiamo pensare che il nostro sport sia la soluzione dei problemi – puntualizza il cittì – possiamo però dire che è un esempio, perché l’anno scorso e quest’anno le corse ci sono state. Sono stati osservati i protocolli, le bolle hanno funzionato, i contagi sono stati veramente bassi. E devo dire che, grazie agli organizzatori, alle squadre e ai corridori, abbiamo avuto la possibilità di assistere a gran belle competizioni. Che possono aver sollevato e dato coraggio anche a chi non appartiene a questo mondo».

Il ciclismo, si sa, è uno sport di fatica e per Cassani «può contribuire a stimolare positivamente tutte quelle persone che hanno avuto difficoltà di salute e lavoro per colpa della pandemia».