Il minimo salariale nel WT femminile? Parla Guercilena

27.02.2023
5 min
Salva

«Nel WorldTour femminile c’è un problema legato al salario minimo. Non si può pagare 60.000 euro un’atleta che non è in grado di gareggiare. Una cifra difficile da giustificare». Si è un po’ smorzata l’eco delle parole di Patrick Lefevere, uno che ogni volta che parla smuove le acque o solleva un polverone.

Per la verità il 68enne general manager della Soudal-Quick Step e del team continental femminile AG Insurance ha usato bastone e carota nel trattare un argomento che lo riguarda da vicino. Nel corso delle sue dichiarazioni rilasciate in Belgio, Lefevere ha infatti affermato di credere appieno nel potenziale del movimento femminile tanto da aver cambiato idea sul tema rispetto ad un paio di stagioni fa, decidendo di investire budget importanti. Sulla scia di queste affermazioni abbiamo voluto sentire il parere di Luca Guercilena, general manager della Trek-Segafredo, che ha fortemente voluto la parità di trattamento sia per uomini che donne nella sua squadra e che ha lavorato con Lefevere fin dai tempi della Mapei.

Luca Guercilena è il general manager della Trek-Segafredo che dal 2019 ha un team femminile
Guercilena è il general manager della Trek-Segafredo che dal 2019 ha un team femminile
Luca cosa ne pensi di quello che ha detto il tuo ex collega?

Secondo me bisogna fare una valutazione come premessa. Dal 2019 ad oggi il ciclismo femminile è cresciuto in maniera esponenziale. Ha avuto tanta attenzione mediatica, spinta anche da messaggi etici, come l’uguale considerazione con gli uomini in questo sport. Negli ultimi anni possiamo dire che la situazione sia esplosa e il movimento, o parte di esso, è stato costretto a fare delle scelte.

Intendi proprio quelle di tipo economico?

Sì, ma non solo. Siamo tutti consapevoli che il volume di cicliste di alto livello non fosse molto grande prima. Normale quindi che ci fossero ragazze che venissero pagate oltre la media. Adesso c’è quasi un centinaio di atlete competitive, perché tutte possono allenarsi come si deve proprio perché percepiscono un salario minimo, che permette loro di vivere. L’anno scorso, ad esempio, tra Giro Donne, Tour Femmes e Vuelta abbiamo visto una buona qualità media per questo motivo. Alla fine è stata una scelta che ha dato dei frutti. Le gare sono belle da vedere, anche se ancora qualche tattica può essere rivedibile.

Per Guercilena una come Balsamo nei prossimi anni potrebbe guadagnare come un top rider maschile
Per Guercilena una come Balsamo nei prossimi anni potrebbe guadagnare come un top rider maschile
Quindi lo stipendio minimo di cui parlava Lefevere è giustificato?

E’ giusto che tutte vengano pagate in modo adeguato o proporzionale perché le carriere ormai sono sempre più veloci. Vi do alcuni parametri. La base salariale lorda prevede circa 27.000 euro per le neopro’ dipendenti e 44.000 euro per le neopro’ autonome. Mentre sono circa 32.000 euro per le elite dipendenti e circa 52.000 euro per le elite autonome. Detto questo, il movimento economico attorno al ciclismo femminile è ancora in crescita. Per me da qua a tre anni si posizionerà al livello di quello maschile. Non mi stupirei se una atleta venisse pagata un milione di euro. In gruppo ce ne sono già che lo valgono. E penso a Van Vleuten, Wiebes o Balsamo. Da noi alla Trek-Segafredo, come sapete, le atlete partono dal mimino salariale previsto per gli uomini, ovvero 65.000 euro.

Secondo te le cicliste come possono aver reagito alle affermazioni di Lefevere?

Posso dirvi che con le mie ragazze ne ho chiacchierato spesso. Loro sostengono giustamente che ci voglia un minimo salariale anche sotto il WorldTour. D’altronde si sa che ci sono squadre che pagano poco o nulla. Tuttavia le mie stesse ragazze sono consapevoli che mancando una categoria cuscinetto come le U23, le giovani vengono catapultate in realtà troppo grandi per loro.

Sperando di trovare nuovi talenti come Realini da far crescere, Guercilena pensa ad un futuro Devo Team femminile
Sperando di trovare nuovi talenti come Realini da far crescere, Guercilena pensa ad un futuro Devo Team femminile
L’UCI potrebbe fare una ulteriore riforma nel femminile su questo aspetto?

Andando avanti ci sarà sempre più la corsa ad avere le licenze WT per poi andare ad allestire un development team magari legato al territorio. E lì a quel punto potrai far crescere le giovani di cui parlavamo prima. Credo che sarà inevitabile questo passaggio.

Anche per la Trek-Segafredo?

Sì, ci stiamo pensando sul medio termine. Stiamo buttando un occhio in giro e vedere che opportunità ci sono per trovare ragazzine talentuose. Dal 2024 potremmo fare un devo team in cui fare crescere con tranquillità.

Voi vi siete sempre contraddistinti per la parità di trattamento, ma c’è mai stato tra maschi e femmine un atleta che Luca Guercilena si è pentito di aver pagato troppo?

No, mai. La Trek-Segafredo è sempre stata una fautrice dell’ingaggio minino uguale perché noi ragioniamo come una squadra unica tra uomini e donne. Certo ci sono ragazzi in generale che hanno reso di più o di meno come capita spesso, ma siamo soddisfatti al 100 per cento di tutti quelli che sono stati con noi. Siamo sempre stati fortunati ad aver avuto atleti di alto livello. Magari mi sento di dire che alcuni aspetti regolamentari si possono indicizzare. Chi resta a casa per la maternità non la si può sostituire se non prendendo una ciclista dalle continental. Oppure la figura del procuratore che non ha una associazione propria andrebbe regolamentata.

A luglio ci sono Giro Donne e Tour Femmes. Secondo Guercilena vanno cambiate le date
A luglio ci sono Giro Donne e Tour Femmes. Secondo Guercilena vanno cambiate le date
Molte caratteristiche del WorldTour femminile si legano fra loro. Ce ne sono alcune che possono cambiare ancora?

Bisogna trovare il giusto mix tra il buono del maschile e quello del femminile. Bisogna prendere le misure alla crescita ed evitare che il calendario diventi iper fitto. Che poi porta le logistiche ad impazzire. Ad esempio, credo che il format da dieci giorni delle grandi gare a tappe sia più che soddisfacente, anche perché bisogna tenere conto dell’aspetto fisiologico della donna. Poi non si possono avere Giro e Tour a luglio. Oppure la Vuelta a maggio dopo tutta la campagna delle classiche considerando i roster attuali. Se a medio-termine li porteranno a venti atlete, allora si potrà pensare a gare di due settimane o più lunghe come chilometraggio. Ma io vorrei che si evitassero gli errori del maschile.

I pedali Time rientrano in gruppo con la Trek-Segafredo

12.01.2023
3 min
Salva

I pedali Time tornano alla grande nel “circus” del massimo circuito del ciclismo professionistico – il WorldTour, sia maschile che femminile – in virtù di un nuovo accordo di fornitura e di sponsorizzazione pluriennale definito con il team Trek-Segafredo (foto apertura Ross Bell). 

Questa nuova ed interessante collaborazione rientra a pieno titolo nella più ampia partnership che Sram, la società proprietaria di Time, ha attivato con Trek: primo sponsor e fornitore delle bici e dei componenti al team di Luca Guercilena. Un accordo, quello definito tra Time ed il team Trek-Segafredo, che come anticipato in precedenza, segna il ritorno di questo iconico brand produttore di pedali nel contesto del grande ciclismo su strada.

Gli atleti e le atlete del team Trek-Segafredo utilizzeranno il modello top di gamma XPRO, sviluppato ed ingegnerizzato con il costante supporto e feedback di alcuni tra i migliori corridori professionisti in circolazione. I pedali da strada Time sono dotati di tecnologia ICLIC per un aggancio facile, una ridotta distanza fra suola e pedale, per avere così una migliore efficienza, e una piattaforma più ampia per trasferire meglio la potenza della pedalata. 

Time fornirà i pedali a tutte le squadre del team Trek-Segafredo (foto Ross Bell)
Time fornirà i pedali a tutte le squadre del team Trek-Segafredo (foto Ross Bell)

Tecnologia & performance

Forti di una grande e lunga storia in termini di innovazione tecnologica e di successi in campo agonistico, i pedali Time hanno costantemente affiancato il mondo delle corse del ciclismo professionistico dagli anni ’80 e fino al 2000, supportando imprese di campioni del calibro di Greg Lemond, Miguel Indurain, Marco Pantani e Tom Boonen

«Time è davvero orgogliosa di supportare per le prossime stagioni questa fortissima squadra WorldTour – ha dichiarato Benjamin Marinier, il product manager del brand – e tornare in tutte le gare più importanti rappresenta per noi un passo davvero molto importante. I nostri pedali sono estremamente competitivi, sotto molti punti di vista, considerandone il peso, l’aerodinamica, il comfort, la regolazione e il disegno. Non a caso, abbiamo speso molto tempo con gli atleti per poter fornire loro una piattaforma in grado di rispondere alle loro più specifiche esigenze».

Dopo molti anni Time torna in gruppo, un passo davvero importante per il brand
Dopo molti anni Time torna in gruppo, un passo davvero importante per il brand

«La scelta di rientrare con un competitivo team WorldTour – ha aggiunto Ken Lousberg, il CEO di Sram – è la dimostrazione migliore della qualità e delle performance che ci attendiamo da Time. Non vediamo l’ora di vedere fino a dove potrà spingersi il team Trek-Segafredo utilizzando quello che probabilmente viene considerato uno dei migliori sistemi di pedali al mondo».

SRAM

Riecco Cataldo e il suo lavoro di regista in corsa

04.01.2023
6 min
Salva

Nei giorni del ritiro della Trek-Segafredo a Calpe, la settimana prima di Natale, avevamo raccontato dello scambio con Dario Cataldo sulle velocità del gruppo e il correre frenetico da un paio d’anni a questa parte. Riavvolgendo però il nastro, il viaggio con l’abruzzese prevedeva anche un excursus sul suo ruolo di regista in corsa: “road captain”, come dicono da quelle parti. Arrivato nella squadra di Guercilena al colpo di reni, Dario si è infatti fatto largo con la sua esperienza, firmando un rinnovo biennale fino al 2024.

«C’è stato da subito un ottimo approccio – spiega – il fatto di avere un team ben strutturato aiuta a lavorare meglio. Mi sono trovato a mio agio sin da subito. Potremmo definirlo un incontro di necessità. Io con l’esperienza di regista in corsa fatto in altre squadre, loro che avevano bisogno di una figura di questo tipo e quindi è andato tutto molto bene. Già dalle prime gare, almeno per i riscontri che ho avuto, i miei compagni sono stati contenti e quindi è stato un piacere ricevere questa proposta di rinnovo da parte di Luca. Conferma la fiducia che mi ha dato e io sono contento di averla ripagata».

Al suo primo anno in Trek, Cataldo ha scortato Ciccone al Giro d’Italia
Al suo primo anno in Trek, Cataldo ha scortato Ciccone al Giro d’Italia
Hai parlato di struttura. Tu hai cominciato con Liquigas, poi Quick Step, quindi Team Sky, Astana e Movistar. Ci sono dei requisiti perché una squadra sia definibile ben strutturata?

La parte fondamentale è legata alle persone che ci lavorano. E’ necessario che siano non solo professionali, ma che ci mettano impegno e passione per creare la giusta collaborazione. La struttura è relativa a chi la dirige dall’alto, al team manager che organizza il lavoro e assegna i compiti. E Luca Guercilena in questo è molto bravo. In una mega struttura come la Ineos, hanno una quantità di personale impressionante ed è facile dividere i compiti quando hai tantissime persone.

Facile rispetto a cosa?

Per qualunque compito, riesci a trovare la persona ad hoc. In una squadra come questa c’è tanto personale, però il giusto per quello che serve. Credo che Luca riesca ad organizzare molto bene tutte le risorse di questo team per farle rendere al meglio di quello che si può. E quando c’è l’impegno da parte di ognuno nel suo ruolo, anche noi atleti siamo stimolati a dare il massimo. Non hai scuse, devi dare il massimo per ripagare l’impegno che ci stanno mettendo anche gli altri.

Nel 2014 e 2014, Cataldo ha corso con Sky: qui con Froome all’Oman 2014 dopo la vittoria a Green Mountain
Cataldo ha corso con Sky: qui con Froome all’Oman 2014 dopo la vittoria a Green Mountain
Che lavoro fa il regista in corsa?

Il road captain, qui lo chiamiamo così, fondamentalmente è l’anello di congiunzione tra il corridore e il direttore sportivo, nel senso che fa il direttore in corsa. Quando ci sono decisioni veloci da prendere o bisogna gestire le piccole dinamiche che si creano all’interno del gruppo, che ovviamente un direttore sportivo dalle retrovie non riesce a vedere. Quindi, usando l’esperienza, uno con il mio ruolo dice come muoversi, sa gestire i tempi e i corridori. E intanto insegna il mestiere ai ragazzi più giovani.

Da solo o in comunicazione con il direttore sportivo?

Porti gli occhi del direttore in gruppo. Quindi bisogna comunicargli le informazioni ed è lui che prende le decisioni finali sulle tattiche di corsa. Ogni giorno si fa una strategia e il regista la gestisce. E se ci sono imprevisti, comunica alla radio e riceve le informazioni utili per la corsa. A volte ad esempio dal gruppo non vedi chi c’è nella fuga, altre volte non lo vede l’ammiraglia, perché radio corsa non è tempestiva…

Con il meccanico Adobati, ragionando sul nuovo manubrio Bontrager
Con il meccanico Adobati, ragionando sul nuovo manubrio Bontrager
Sono punti di vista tanto diversi?

Quando si osserva cosa succede in gruppo, chi ha un’esperienza di anni fa valutazioni differenti. Sa come si muovono certi corridori o certi gruppi. Io stesso vedo un grosso cambio in me da quando ero più giovane, come vedevo il gruppo e come lo vedo adesso. Ci sono alcuni dettagli da cui riesco ad anticipare tante situazioni.

Il regista rinuncia alle proprie chance di vittoria oppure ha i suoi spazi?

Alla fine può anche capitare, però dipende dalle caratteristiche personali. Se analizzo la mia carriera, devo ammettere che la mia predisposizione per questo ruolo ce l’avevo sin dagli juniores. E’ vero che ho vinto un Giro d’Italia U23, ma non sono mancati segnali forti di una certa attitudine. In alcune situazioni dove sarei dovuto essere più egoista, non lo sono stato. Ne avrei avuto tranquillamente la possibilità, ma invece di cogliere l’occasione, ho optato per aiutare il corridore di riferimento.

Il primo team in cui Cataldo è spiccato come regista in corsa è stata l’Astana: più con Aru che con Nibali
Il primo team in cui Cataldo è spiccato come regista in corsa è stata l’Astana: più con Aru che con Nibali
La vittoria di un compagno ti ripagava?

In realtà, non sempre il compagno in questione riusciva a vincere e io avevo perso comunque la mia chance, ma non me ne sono mai fatto un problema. Comunque l’anno scorso mi sentivo tanto la responsabilità di questo ruolo, quindi mi ci sono buttato al 100 per cento. Da un certo punto di vista è un peccato non provare a fare qualcosa per me stesso, tanto che lo stesso Josu (Larrazabal, capo dei preparatori della Trek-Segafredo, ndr) mi ha detto che vuole tornare a vedere il Dario che, quando c’è il momento, approfitta dell’occasione.

Quindi si può fare?

Sarà una piccola sfida per me stesso. Rifare quello step indietro e non concentrarmi solo come road captain, ma provare a cogliere anche le occasioni che dovessero capitare (Cataldo ha vinto 7 corse da pro’, fra cui una tappa alla Vuelta, una al Giro e un tricolore crono, ndr). Non credo si possa dire che mi sia seduto in questo ruolo, perché comunque è un incarico di grossa responsabilità. Il fatto di cercare qualche occasione è paradossalmente più comodo. Se fai un’azione, parlano di te in televisione. Magari nei giorni prima hai fatto un lavoro ben più importante, ma non se ne è accorto nessuno…

Cataldo riprenderà a correre alla Vuelta San Juan: questa la sua Emonda da gara, messa a punto a Calpe
Cataldo riprenderà a correre alla Vuelta San Juan: questa la sua Emonda da gara, messa a punto a Calpe
Si parte dall’Argentina?

Alla Vuelta San Juan e poi ci sarà il Giro d’Italia, che parte dall’Abruzzo. E’ quasi obbligatorio!

Svolgi in squadra il ruolo che Bennati ha avuto per anni in squadra. Come va col nuovo cittì?

Abbiamo corso insieme un anno alla Liquigas e sono arrivato alla Movistar l’anno dopo che ha smesso. A Benna, come prima a Cassani, dico: «Se ti servo per la causa, io ci sono». Ma non mi va di andare in nazionale solo per dire che ho indossato la maglia azzurra. Che io venga convocato oppure escluso, non me la prendo sul lato personale. Indossare la maglia azzurra, soprattutto se ti impegni al massimo, resta l’onore più grande.

Trek-Segafredo, ora le donne “minacciano” gli uomini

20.11.2022
6 min
Salva

Trentatré a diciannove: è questo il divario fra le vittorie di donne e uomini in casa Trek-Segafredo. La squadra delle due “Elise” (Balsamo e Longo Borghini) ha surclassato quella di Ciccone e Pedersen e questo ha dato il via a una serie di riflessioni. La più evidente è che in proporzione il tasso tecnico del team femminile è molto più elevato rispetto al maschile. Poi c’è il fatto che probabilmente fare mercato fra le ragazze è meno proibitivo. E dato che il team di Luca Guercilena si è mosso per tempo e ha investito comunque parecchio, il suo organico vanta nomi di primissima grandezza e contratti ancora lunghi.

Le due “Elise” della Trek-Segafredo: Balsamo con la maglia tricolore, ereditata proprio dalla compagna di squadra
Le due “Elise” della Trek-Segafredo: Balsamo con la maglia tricolore, ereditata proprio dalla compagna di squadra

Parità assoluta

La curiosità è però capire in che modo convivano le due anime della squadra e se questa disparità di risultati dipenda solo dai nomi o anche dalle diverse motivazioni. Guercilena è la guida ideale.

«E’ ovvio che quando fai la squadra – dice – cerchi ragazze valide sotto tutti i punti di vista. Una volta che le prendi, offri loro le stesse possibilità degli uomini. Quindi fanno vita da atlete al 100 per cento e si sentono al pari dei colleghi maschi, perché su questo abbiamo puntato fortemente dall’inizio. Quanto alle motivazioni, è possibile che le ragazze in alcuni casi si sentano meno appagate. Dipende da persona a persona. La differenza reale sta nel fatto che il movimento femminile sta crescendo e farne parte le responsabilizza. C’è meno… routine rispetto a quello che succede nel maschile, dove le cose sono ormai stabilizzate».

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Guercilena con Ciccone in giallo al Tour 2019. Il settore maschile è trainante, ma le donna incalzano
Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Guercilena con Ciccone in giallo al Tour 2019. Il settore maschile è trainante, ma le donna incalzano
Si può dire che i risultati delle donne ripaghino ampiamente l’investimento?

Sicuramente hanno un’immagine che funziona e ci fa dire che abbiamo fatto bene a puntarci tanto. Il maschile però resta trainante, il rapporto fra i due budget è di 1/10. Ma è vero che gli investimenti delle prime 10 squadre femminili stanno crescendo e presto ci sposteremo dalla parità di genere verso la costruzione di squadre con l’obiettivo di vincere

Le ragazze traggono stimolo dall’essere nello stesso grande gruppo degli uomini?

E’ un fattore che permette loro di crescere rapidamente. Abbiamo una squadra maschile forte, ma vedere le ragazze che spingono e vincono così tanto è uno stimolo anche per gli uomini. I primi tempi la buttavano sull’ironia, ma adesso che le grandi corse si somigliano ed hanno in proporzione gli stessi contenuti tecnici, c’è poco da scherzare.

Foto di gruppo alla vigilia della stagione 2022: i ritiri insieme compattano il gruppo
Foto di gruppo alla vigilia della stagione 2022: i ritiri insieme compattano il gruppo
Il fatto che alcune ragazze facciano parte di corpi militari crea conflitti?

Nessun intralcio. I corpi militari hanno tenuto vivo il settore. E’ inevitabile che a lungo andare ci sarà uno scollamento, soprattutto quando gli ingaggi delle ragazze diventeranno tali per cui il doppio stipendio diventerà un conflitto di interessi. Credo che a un certo punto, mantenere lo status di dipendente statale sarà difficile. 

Le vostre squadre sono sponsorizzate da Bontrager, stessa famiglia di Trek: come si vive il fatto che nelle gare con la nazionale o nei tricolori un’atleta del valore di Elisa Longo Borghini usi i materiali della Polizia di Stato?

Ci sono dei piccoli conflitti di interesse per i materiali, ma siamo coscienziosi. Non ci sono mai stati problemi. Elisa Balsamo si è sfilata quest’anno e anche Longo Borghini sta facendo le sue valutazioni. 

Vuelta 2022, vigilia dei mondiali. Balsamo vince l’ultima tappa, Longo 2ª in generale. Per la Trek donne 33 vittorie nel 2022
Vuelta 2022, vigilia dei mondiali. Balsamo 1ª a Madrid, Longo 2ª in generale. Per la Trek 33 vittorie nel 2022
In che modo si integra la componente dei direttori sportivi?

Fanno parte dello stesso gruppo. Le riunioni si fanno tutti insieme e i direttori sportivi degli uomini e delle donne sono a conoscenza di ogni cosa che riguardi gli atleti. Quando Ina Teutenberg va alle corse degli uomini acquisisce più nozioni perché si trova a condividere nuove esperienze. Per contro, quando direttori uomini vanno alle corse delle donne, notano le differenze nelle dinamiche della gestione del gruppo e portano la loro esperienza.

Come si trovano i corridori con un direttore donna? E’ la stessa esperienza che si vivrà a breve alla Corratec con Fabiana Luperini…

L’approccio è identico. Se presenti il gruppo come unico già dai primi ritiri, non ci sono problemi. Chiaramente la gestione di gara è diversa, perché il livello femminile non ha ancora raggiunto lo stesso livello sul piano del controllo tattico. C’è proprio un diverso modello di gestione della gara, ma anche qui c’è uno scambio di spunti. Quello che cambia è l’aspetto emozionale.

Ina Teutenberg, qui al TDU 2019, è il direttore sportivo delle donne Trek, ma segue anche le corse degli uomini
Ina Teutenberg, qui al TDU 2019, è il direttore sportivo delle donne Trek, ma segue anche le corse degli uomini
Vale a dire?

Nel rapportarsi con gli atleti, i direttori sanno di dover usare registri diversi, proprio perché l’alto livello femminile si sta assestando. Con gli uomini l’intervento secco è di prassi, con le ragazze si interviene ancora in modo graduale, per evitare un impatto troppo forte in gruppi limitati, in cui delle tensioni eccessive rischiano di deteriorare i rapporti.

Gruppi limitati, appunto. Hai la sensazione che in rapporto al calendario gli organici siano esigui?

Ci siamo resi conto che con 14-15 atlete si fa fatica. Tante hanno di base la pista o il cross, ugualmente però bisogna essere presenti alle gare principali, quindi il calendario va studiato nei dettagli. Bisogna gestirle con attenzione. Trek approva la multidisciplina, anche il cross, visto che produce bici specifiche. Quindi se un atleta di alto livello, uomo o donna, vuole dedicarsi ad altro, cerchiamo di assecondarlo.

Paolo Slongo segue spesso il team femminile. Qui al Giro 2022 con Giorgia Bronzini, diesse della Liv e prima alla Trek
Slongo segue spesso il team femminile. Qui al Giro 2022 con Bronzini, diesse Liv e prima alla Trek
Squadre come la SD WORX che non hanno un team maschile alle spalle riusciranno ad andare avanti a lungo?

Credo che alla lunga sia complicato avere solo la squadra di donne, ma la SD Worx è una squadra storica che alle spalle ha un grande marchio e un progetto vincente. Non so quanto sia sostenibile, ma credo che la loro si possa ritenere un’eccezione.

Quale impatto ha avuto il Tour Femmes sul movimento?

Ha portato grandissima eccitazione, che ha velocizzato la crescita. Finora abbiamo vissuto la fase in cui per fare una bella squadra potevi evitare di svenarti, la sensazione però è che non durerà a lungo.

Tiberi non ha dubbi: «O sei under 23 o sei pro’»

02.10.2022
4 min
Salva

Fedorov ha fatto la Vuelta e ha vinto il mondiale under 23. Anche noi avevamo un ragazzo, un talento, che ha fatto la Vuelta, ma al mondiale non ci è andato. Parliamo di Antonio Tiberi. Messa così sembra anche facile. Se avesse spiccato il volo per Wollongong di certo avrebbe detto la sua. Forse sì, forse no. 

Ma non siamo qui per fare processi, bensì per sapere il parere del corridore stesso in merito ad una questione che in qualche modo è aperta. E che avrebbe potuto vederlo protagonista. Questione, per altro, emersa anche ieri parlando con Luca Guercilena, il team manager della Trek-Segafredo. E come vedrete tra i due, dirigente e corridore, c’è una forte coerenza di pensiero.

L’ultima apparizione di Tiberi in azzurro risale alla Coppa Sabatini del 2020 quando era ancora alla Colpack
L’ultima apparizione di Tiberi in azzurro risale alla Coppa Sabatini del 2020 quando era ancora alla Colpack
Antonio, ti sarebbe piaciuto rispondere presente ad una convocazione di Amadori per Wollongong?

Sì, dai… sarebbe stata una bella esperienza. Mi avrebbe fatto piacere.

Però Amadori aveva fatto un sondaggio alla Coppi e Bartali, poi lasciò cadere la proposta in quanto non ebbe segnali d’interesse da parte della squadra…

Personalmente non ci ho parlato, semmai non di questo. Nulla di particolare nelle conversazioni in quella occasione. Magari ne hanno parlato Marino e i diesse, Baffi per esempio, ma nessuno mi ha interpellato. In ogni caso mi va bene aver fatto la Vuelta.

Cosa pensi invece tu, Antonio, che un corridore che ha fatto la Vuelta abbia vinto il mondiale U23?

Sicuramente è un vantaggio. Ha corso con molta gente che fa solo il calendario under 23. Tuttavia da un lato la vedo in senso negativo, sinceramente. A me avrebbe fatto piacere andare, ma non è molto giusto. Ragazzi che sono già nel WorldTour e fanno solo o quasi gare di alto livello, contro ragazzi che fanno un’altra attività: non ha senso. E se poi se uno del WorldTour vince, la maglia iridata quando la vediamo?

I primi 9 del mondiale venivano da una WT o vi avevano fatto lo stagista. Solo l’australiano Dinham (7°) non aveva un contratto neanche per il 2023
Fra i primi 9 del mondiale, 8 venivano da una WT o vi avevano fatto lo stagista
Questa estate hai preparato la Vuelta, ti sarebbe piaciuto magari preparare anche Avenir e mondiale?

E’ un po’ il solito discorso. Non riuscirei a fare un confronto tra preparare un Avenir e un mondiale under 23 con una Vuelta. Fosse stato un mondiale dei professionisti sarebbe stato diverso, ma così ho dato più importanza alla Vuelta.

Un po’ ci sorprendi. Che un corridore delle tue caratteristiche possa “glissare” sul mondiale, corsa di un giorno, ci sta, ma credevamo che un Avenir fosse diverso. Che ti avrebbe fatto più gola. Uno come te sarebbe andato per giocarsela…

Sì, l’Avenir è una corsa prestigiosa, importante. E’ una vetrina soprattutto per chi vuol passare in un team importante. Messa così, mi sembrerebbe di andare a togliere un posto, o comunque dello spazio, ad un ragazzo che sta cercando un posto in una WorldTour. 

Chiaro, però se andiamo a vedere l’ordine di arrivo dello scorso anno per esempio Johannesen aveva già il contratto con la Uno-X (squadra in crescita), Zana era con la Bardiani Csf Faizanè e Rodriguez addirittura con la Ineos-Grenadiers

Quello è vero, ma ripeto, resta pur sempre una gara under 23 ed è anche diverso il modo di correre in quella categoria. Per me, o sei under 23 nel vero senso della parola o sei professionista. E se sei un pro’ non vedo il senso di continuare a fare l’under. Poi dipende anche da dove sei. Zana, per esempio, era alla Bardiani, una professional e non sempre aveva la possibilità di fare delle gare WorldTour. In quel caso ci sta anche che possa andare all’Avenir.

Il laziale alla Vuelta davanti a Carapaz. Ritrovarsi all’improvviso fra gli U23 potrebbe non essere così facile come sembra
Il laziale alla Vuelta davanti a Carapaz. Ritrovarsi all’improvviso fra gli U23 potrebbe non essere così facile come sembra
Hai detto modo diverso di correre. Cosa intendi?

Negli under 23 è diverso lo stile di gara. Magari all’Avenir è un po’ più alto il livello e questa differenza si avverte meno, ma nelle gare under 23 si parte forte, c’è sempre un rimescolamento. Nei pro’ una volta andata via la fuga ci si gioca tutto negli ultimi 50 chilometri, dove si va forte veramente e chi ha gamba… ha gamba.

Come a dire che c’è un andamento più regolare. Ultima domanda. Avete fatto la Vuelta entrambi: parlavi mai con Fedorov? E come lo vedevi?

Sinceramente non abbiamo parlato molto, però era sempre lì a lottare e si vedeva che pedalava bene.

Da Vacek al mondiale U23 per Tiberi: il no di Guercilena

01.10.2022
6 min
Salva

Alle spalle dell’iridato Fedorov, sul podio degli under 23 di Wollongong è salito Mathias Vacek, corridore della Repubblica Ceca, che nel 2022 è rimasto fermo per 4 mesi a causa del caso Gazprom. Si sapeva già che fosse promesso alla Trek-Segafredo, ma l’annuncio è stato dato solo alla metà di agosto. La sua presenza nella gara australiana, ci offre lo spunto per affrontare il tema dei giovani con Luca Guercilena, team manager della squadra americana. Probabilmente infatti, se Vacek fosse stato già un corridore WorldTour non avrebbe partecipato al mondiale, come pure è successo con Antonio Tiberi.

Luca Guercilena ha 49 anni ed è il team manager della Trek-Segafredo
Luca Guercilena ha 49 anni ed è il team manager della Trek-Segafredo
Come siete arrivati a Vacek?

Da quasi tre anni, abbiamo iniziato un programma di scouting con Markel Irizar, nostro ex corridore. Vacek ce l’aveva segnalato già da tempo, già dagli juniores. Avevamo trovato l’accordo l’anno scorso, con l’idea di farlo crescere con più tranquillità. Per questo era andato alla Gazprom, per starci nel 2022 e poi avremmo parlato anche del 2023. L’idea era che rimanesse per un paio d’anni e poi passasse con noi. Quello che è successo ci ha portato a inserirlo prima.

Questo progetto di scouting su che numeri si muove?

Cerchiamo di non fare cose esagerate. L’indicazione è di stare sui 10 atleti, perché comunque non puoi inserirne troppi. L’idea è di avere un gruppo ristretto di ragazzi di età differenti. Li segui, gli dai la bicicletta e un minimo di assistenza, li porti in ritiro, vai a vederli quando fanno le gare internazionali. Sapendo che di 10, magari quelli che possono passare sono un paio e quindi ci focalizziamo su quelli. E’ stato così con Skjelmose, Simmons, Tiberi e lo stesso Baroncini. 

Che cosa cercate?

Il lavoro che stiamo cercando di fare è quello di avere atleti che abbiano già un curriculum valido dal punto di vista del talento e dal punto di vista fisiologico. E poi che abbiano capacità fisiche in gara, quindi anche un curriculum di risultati in crescita. Irizar fa queste valutazioni. Li va a vedere. Li conosce. Va in ritiro. Parla con i direttori sportivi delle squadre dilettanti. In modo che quando passano, sia gente che si inserisce bene nel gruppo e già un po’ in linea con le aspettative della squadra. 

Mondiali U23 crono del 2021: Baroncini parla di bici con Irizar e De Kort, osservatori della Trek-Segafredo
Mondiali U23 crono del 2021: Baroncini parla di bici con Irizar e De Kort, osservatori della Trek-Segafredo
Avete seguito Vacek durante i mesi senza correre?

Innanzitutto, visto il momento particolare, abbiamo cercato di capire quale potesse essere il suo calendario con la nazionale, dopodiché gli abbiamo dato bicicletta, scarpe, casco. Poi gli abbiamo offerto supporto per l’allenamento, confermandogli le nostre intenzioni. Per farlo sentire parte del gruppo, sebbene non potesse correre.

Nella conferenza stampa è parso esaltato dall’idea di passare nella squadra WorldTour…

Vacek ha sempre dimostrato talento, quest’anno sicuramente era partito col piede giusto, poi è successo quello che è successo. Ha dovuto fermarsi. E’ stato a lungo senza correre e poi ha avuto solo un calendario di dilettanti. Adesso invece passa nel WorldTour. E’ ovvio che per un ragazzo giovane sia un cambio di vita abbastanza sostanziale.

A Wollongong Vacek ha collaborato con Fedorov, per poi perdere nella volata a due
A Wollongong Vacek ha collaborato con Fedorov, per poi perdere nella volata a due
Che tipo di attività gli proporrete?

Quando passano il primo anno in World Tour, ponderiamo bene. Valutiamo in primis il numero totale di corse e quali. E poi semmai dove potranno provare a fare risultato, normalmente sempre nella seconda parte di stagione. Per cui è chiaro che si fa tutto con tranquillità. Ovvio che nel caso di Mathias, che ha già vinto una tappa al UAE Tour, si possa pensare ad un calendario leggermente più consistente rispetto a un neopro’.

E qui veniamo ai mondiali U23. Mandereste un vostro U23 a farlo?

Se c’è un’esigenza assoluta, sicuramente lo valutiamo. Però come filosofia del team, eviterei ad atleti che già sono nel WorldTour di andare al campionato mondiale under 23. Se uno corre a un determinato livello, non ha senso poi confrontarsi con i dilettanti under 23 o quelli delle continental. Però dipende sempre dal Paese che te lo chiede.

Cioè?

Se è un Paese che ha difficoltà a mettere insieme il numero minimo di corridori, se ne ragiona. Ma se parliamo di Italia o Francia, ad esempio, per me non ha senso. Perché allora in realtà il mondiale U23 lo avrebbe vinto Remco e secondo avrebbe fatto Skjelmose, quindi è un po’ un guazzabuglio di situazioni.

Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Amadori dice di aver sondato Tiberi e di aver percepito freddezza. Non credi che per lui, che non fa un mondiale dal 2019, sarebbe stato comunque il modo per imparare a gestire certe situazioni?

A mio parere no, perché corri tutto l’anno con atleti più forti di te, cercando comunque di fare risultato: Antonio ad esempio in Ungheria è riuscito a vincere. Ti ritrovi a un mondiale dove partono in 20-30 di quel livello e tutto il resto magari arriva da continental e squadre dilettantistiche vere e proprie. Alla fine secondo me ha un valore relativo, lo vedo sinceramente come qualcosa di non necessario.

Perché?

Secondo me è una questione di meritocrazia. Se il sistema valuta che sei già in grado di essere competitivo a livello superiore, non vedo perché devi andare a competere a livello inferiore. Sembra anche brutto dire così. Secondo me invece il mondiale under 23 deve dare la possibilità di progredire ai ragazzi che sono ancora in fase di crescita e non hanno ancora dimostrato il loro potenziale.

Nel calcio la nazionale U21 va alle Olimpiadi.

Se è solo per premiare i più giovani, allora che partecipino al livello elite e poi si premia il primo di loro. Fra le donne, la Guazzini ha vinto la crono e la Fisher Black la strada. Il calcio manda gli under 21 alle Olimpiadi, ma sappiamo che, per quanto importanti a livello calcistico, i Giochi vengono vissuti come una competizione minore.

L’ultimo foglio firma di un mondiale firmato da Tiberi è quello di Harrogate nel 2019, da junior
L’ultimo foglio firma di un mondiale firmato da Tiberi è quello di Harrogate nel 2019, da junior
Difficile gestire la gara nella gara…

Lo so, ma chi è il miglior under 23 al mondo? E’ Fedorov o Evenepoel, visto che hanno la stessa età? Secondo me è una scelta che andrebbe regolamentata. Io credo che a livello dilettantistico si debba ricominciare a pensare veramente ai punteggi, come si faceva ai nostri tempi. Insomma, quando avevi accumulato un determinato punteggio, non potevi più correre con la categoria inferiore e portare via le corse a chi studiava o aveva bisogno di crescere più gradualmente. Mentre se io faccio il corridore di mestiere e ho già accumulato 50 punti internazionali al 31 di gennaio, ha poco senso che poi vada ancora a correre le gare provinciali con quelli che studiano. Il sistema di punteggio era più meritocratico e secondo me tutelava la categoria.

Però resta il dubbio che a Tiberi avrebbe fatto bene essere là…

Senza dubbio, io dico solo che deve esserci una regola. Decidiamo, ad esempio, che nessun under 23 può partire con gli elite nel mondiale strada e quindi partono tutti per età. Ma nel momento in cui decidi che c’è una categoria under 23 e la gestisci come si fa oggi, allora non ha più minimamente senso. Perché, rispondendo alla domanda precedente, il miglior under 23 che c’è al mondo oggi è Evenepoel e non Fedorov.

Michael Rogers, le regole, le corse e i pensieri su Ganna

26.09.2022
7 min
Salva

Michael Rogers ha 42 anni ed è originario di Canberra, anche se fa ormai base da una vita in Svizzera, vicino al confine con l’Italia. Quando era ancora un corridore, fu il primo a vincere tre mondiali consecutivi della crono e ad approcciarsi con la specialità applicando in modo forse pionieristico le tecnologie e le teorie con cui oggi i corridori convivono. Per questa sua vivacità intellettuale, a fine carriera l’UCI lo ha coinvolto inizialmente con il ruolo di Innovation Manager e più di recente lo hanno nominato Road Manager. In poche parole, non si muove niente a livello tecnico, senza che lui lo sappia e abbia dato il suo parere.

Per questo lo abbiamo invitato a sedersi con noi su un divano della sala stampa, per fargli raccontare i mondiali australiani e il suo mondo di oggi, dopo aver vissuto le vittorie di ieri: quelle crono, ma anche tappe al Giro e al Tour e varie classifiche, dallo Svizzera al Delfinato, il Catalunya e il Deutschland Tour.

A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
Che effetto fa un mondiale in casa, essendo però un uomo UCI?

E’ bellissimo mostrare la mia Australia al mondo del ciclismo. Però, nello stesso tempo, avendo il cappello dell’UCI, vuoi che sia tutto perfetto. Ed essendo io coinvolto a livello organizzativo, cerco e vedo le cose che si potrebbero migliorare. In ogni caso per me è stata un grande emozione. Diverso rispetto a quando il mondiale lo correvo, perché vedevo tutto dalla prospettiva del corridore. Ero molto concentrato nella mia bolla. Adesso scopri che ci sono migliaia di altre cose di cui i corridori ignorano l’esistenza, con cui invece bisogna fare i conti. 

Innovation Manager: cosa fai?

E’ un ruolo che svolgevo già dal 2020. L’UCI ha vari protocolli che riguardano ad esempio i telai. Perciò lavoriamo con i costruttori per essere sicuri che, ad esempio, rispettino i termini di sicurezza. Oppure ci occupiamo delle ruote, per verificare che superino tutte le prove. Questo è un periodo molto interessante nel ciclismo. Già da qualche anno si sta passando dai metodi di costruzione tradizionale, sui quali è stato sviluppato il vecchio regolamento, a prodotti in scocca e altri stampati in 3D. Prendiamo ad esempio il manubrio, che nel regolamento è ancora composto da attacco e curva. Adesso sono pezzi unici e spesso i giudici di gara nelle crono fanno fatica a verificarne le misure.

Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
E come si fa?

Per ora si cerca di essere elastici, per stare nelle norme con le nuove tecnologie. Adoriamo l’innovazione, però ci rendiamo conto che il commissario che deve prendere le misure, in pista o piuttosto prima della partenza di una crono, si trovi in difficoltà a capire dove cominci un pezzo e dove l’altro. Per questo abbiamo elaborato il nuovo regolamento che entrerà in vigore il primo gennaio. Lo abbiamo scritto dando un po’ più di flessibilità alle aziende.

Da atleta hai mai subìto le nuove misure imposte?

Per fortuna non ho mai avuto problemi quando regolamentarono l’avanzamento della sella, perché ero sempre dietro i 5 centimetri dal movimento centrale. Ero sempre a 6-7, ma adesso sono tutti a 5, perché c’è molta più attenzione alla posizione. Sono stato uno dei primi a studiare l’aerodinamica. Il primo ad andare in galleria del vento a Milano con Luca Guercilena. Abbiamo aiutato noi a disegnare e realizzare il supporto per tenere ferma la bicicletta. Quindi c’è sempre stata grande attenzione per materiale e performance, ma adesso l’aerodinamica è preponderante. E questo porta anche conseguenze soprattutto in pista, dove ormai nell’inseguimento girano quasi a 70 all’ora. Ormai una semplice cucitura del body, in base a dove è messa, può fare la differenza.

Questo cosa c’entra col regolamento?

Non tutti hanno accesso a un body che costa 8.000 euro. Non è facile fare questo tipo di ragionamento, ma se facciamo una previsione a lungo termine, soprattutto per la  pista, dobbiamo stare attenti che l’investimento per stare in gara non comporti conseguenze pesanti. Se per essere competitivi si alza a dismisura il budget necessario, magari ci ritroviamo nel 2032 con tre sole squadre, tre Paesi.

Un’opera nel segno dell’uguaglianza?

Sarebbe triste da vedere secondo me. Triste se una nazionale fosse tagliata fuori dallo sport perché non ha gli stessi soldi di chi può investire. Diciamo che lo spirito di base è questo. Evitare le tante velocità diverse in base al budget. Tutelare o quantomeno ridurre le differenze.

Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Cosa fa invece il Road Manager?

Il Road Manager fa un po’ tutto per quanto riguarda l’organizzazione. Si occupa del calendario, per il quale collabora con le varie associazioni. Poi con il mio team seguo la registrazione di tutte le squadre, verificando che tutti i contratti siano in ordine, che ci siano le garanzie bancarie con le quali i corridori siano tutelati. E poi seguiamo le gare a livello di regolamento. Adesso non mi ricordo esattamente, ma più di 850 gare ogni anno seguono il nostro regolamento, quindi è un lavoro di 24 ore al giorno. C’è almeno un’emergenza al giorno da qualche parte del mondo….

Hai avuto un ruolo nel caso Gazprom?

In realtà non tantissimo. Quello è stato un discorso legato al management più alto. Il Comitato olimpico ha dato la sua disposizione e l’UCI l’ha recepita.

L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
Vicino alla zona di arrivo c’è stato per tutto il tempo il gazebo contro le frodi tecnologiche…

Ormai vediamo tutto ricorrendo a varie tecnologie. Prima era complesso, perché c’era un apparecchio molto grande. Adesso abbiamo un sistema molto più leggero e davvero vediamo tutto, dagli spessori del telaio ai fili della trasmissione. Prima che arrivassi io, c’erano delle voci. Poi hanno trovato la ragazza del ciclocross. Dobbiamo stare attenti, per evitare che semmai qualcosa c’è stato, possa tornare. Come per l’antidoping. Ma ad ora, dai dati che raccogliamo, negli ultimi anni non abbiamo trovato niente di strano.

Tu hai vinto tre mondiali di seguito, cosa succede poi nella testa del corridore? 

E’ proprio la testa il problema. Per preparare un grande evento come una crono ci vuole tanta energia mentale, anche e soprattutto nella fase di allenamento, perché è molto specifico. Non è facile. L’abbiamo visto. Io sono stato il primo, poi è arrivato Fabian (Cancellara, ndr), e poi Tony Martin. Eravamo tutti intorno a quel podio e io ho fatto fatica al quarto mondiale.

«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
Perché?

Non avevo più la concentrazione o la grinta per spingermi così tanto nella fase di allenamento, come quando lottavo per vincere. Preparando il quarto, mi accorsi subito che non avevo la fame per fare fatica. Quasi vomitavo dopo ogni ripetuta. Ecco, penso proprio che sia un fatto mentale. E la settimana scorsa ho visto proprio Ganna dopo la crono. Era rimasto male, era proprio giù. E mi sono detto: «Caspita, lo capisco, forse non ci sono tanti che ci riescono».

Come se ne esce?

E’ giovane, ha il tempo per ritrovarsi, poi magari ha solo avuto una giornata no. Non ci ho parlato. Però ricordo che lo stesso sono stato male per lui, perché sapevo esattamente quello che stava pensando.

La dura vita del cronoman. Un viaggio con Guercilena

22.09.2022
6 min
Salva

Il fatto che l’asticella continui a salire non è sempre un bene. Sì, vediamo medie orarie strabilianti, campioni fare numeri intriganti, ma di pari passo aumenta lo stress a cui è sottoposto l’atleta, specialmente colui che che è chiamato a vincere. E ancora di più se è un cronoman. Non ultimo l’esempio di Filippo Ganna, “solo” settimo a Wollongong. Come se un settimo posto al mondo fosse robetta.

Certo che se si vince sempre, poi in qualche modo si è condannati al successo e la vittoria diventa lo standard: tutto ciò che non lo è considerato dalla massa un fallimento. Pensiamo a Pogacar al Tour. Ma non è vero. Avviene così nel calcio, nella Formula 1, nel tennis.

Tornando al nostro mondo, questo concetto del “dover vincere” viene amplificato nell’esercizio della cronometro individuale. Disciplina assai complessa, specie appunto nel ciclismo attuale in cui ogni minimo aspetto fa brodo ed è esasperato.

Ne abbiamo parlato con Luca Guercilena, ora team manager della  Trek-Segafredo, ma prima direttore sportivo e preparatore anche di un certo Fabian Cancellara

Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Luca, in questa specialità hai visto lo svizzero crescere, vincere, poi avere una flessione (a crono) e quindi tornare a vincere sul finire della carriera… La crono pesa più della strada dunque?

E’ chiaro che parliamo di una disciplina che richiede un grande impegno mentale. Per prepararla devi fare tanti chilometri, tanti lavori specifici e tutti con un grande sforzo. L’impegno pertanto è fisico ma anche mentale e le energie mentali non sono infinite. In più mettiamoci che al di fuori di qualche seduta dietro motore, in cui sei a ruota dell’allenatore, per il resto del tempo sei solo. Puoi contare solo te stesso. Non è come su strada che puoi condividere la fatica. Questo accentua non poco lo sforzo e il dispendio mentale.

Come ti spieghi questa “onda” nella carriera di Cancellara? 

Io ho seguito Fabian all’inizio della sua carriera (in Mapei Giovani, ndr) e poi negli ultimi anni. Per me molto dipende anche dagli impegni e dai programmi che si fanno con la propria squadra. Nei primi anni ha lavorato sulla crono. E’ cresciuto ed ha vinto. Poi nella fase centrale della sua carriera si è concentrato maggiormente sulle classiche, per poi tornare a puntare sulle prove contro il tempo nelle ultime stagioni.

Per esempio, Rogers ha detto in questi giorni a Wollongong, che dopo il terzo titolo mondiale aveva quasi la nausea pensando alle crono…

Hai talmente tanta pressione che ad un certo punto molli. Si tratta di una disciplina così specifica che quando l’abbandoni e poi torni a concentrarti su di essa la riprendi subito. Implica delle caratteristiche fisiche che ti restano addosso… per tornare all’esempio di Cancellara. Anche Tony Martin ad un certo punto ha detto basta. Lui ha avuto una crescita lineare e poi ha “cambiato mestiere”, si è messo a lavorare per altri. Rogers, è sempre stato forte a crono, sin da juniores. Io l’ho avuto quando vinse il suo secondo titolo a Verona. Poi ad un tratto ha cercato di fare classifica nelle corse a tappe e ha lasciato il discorso crono… Anche se sia lui che Martin restavano due cronomen molto forti.

In corsa e in allenamento il cronoman è solo
In corsa e in allenamento il cronoman è solo. E questo di certo non facilita le cose
Quindi è certamente un peso elevato. E anche in virtù di ciò, a tuo avviso si può fare un paragone con la maratona del podista? Loro hanno due grandi focus l’anno, sui quali si riversa una grossa pressione: i tanti aspetti da mettere a fuoco, i dettagli su cui lavorare…

Direi di sì, ma è un po’ tutto il ciclismo attuale che cura i dettagli al limite. Se ripenso all’Olimpiade del 2016 con Cancellara e ancora di più a come preparai Rogers per Verona e Madrid (anni 2004 e 2005, ndr) già c’era una bella differenza. In quelle occasioni sostanzialmente si lavorava con le corse su strada e si rifiniva con dei lavori a crono.

E adesso invece?

Ora si fa un lavoro superspecialistico: le medie sono più alte e più alto è il numero dei competitor. Se vogliamo, prima era una disciplina di nicchia, adesso il podio invece è l’obiettivo di molti e chi punta alla vittoria deve avere numeri ancora più alti. Tutto, dunque, è più estremizzato.

Prendiamo l’esempio di Ganna, settimo. Pippo viene da un anno estremamente dispendioso dal punto di vista psico-fisico: il prologo del Giro con la maglia rosa in ballo, le Olimpiadi, il mondiale a crono, il mondiale su pista, i tanti ritiri… Tutto ciò incide?

Di certo può pagare tutto ciò, ma questo discorso vale anche per Van der Poel. Anche lui quest’anno non è stato super a lungo come gli altri anni. Se tu fai la multidisciplina la tua stagione in pratica non finisce mai. E tutto ciò ripetuto negli anni si fa sentire. Non sei al tuo livello. Non raggiungi i tuoi obiettivi. Strada e pista, cross e strada, strada e Mtb: tenere alto il livello per tutta la stagione è molto complicato. E poi c’è un altro aspetto a mio avviso che conta molto.

Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Quale?

Questi grandi atleti della multidisciplina hanno colto risultati importanti in tempo di pandemia, quando si viaggiava molto meno. Non c’erano trasferte esagerate, ma adesso che si è tornato a farle tutto è più complicato e si paga dazio. E’ un dato di fatto. Con questo non voglio dire che sono contrario alla multidisciplinarietà.

Sempre parlando di Ganna, per lui è stato programmato (l’8 ottobre prossimo) anche il tentativo di Record dell’Ora e, sembra, il condizionale è d’obbligo, che Pippo stesso non fosse super contento di farlo in questo momento. Il rischio è di esporlo ad un fallimento…

Su questo non posso dire molto. Non conosco le condizioni precise dell’atleta, ma suppongo che se la Ineos-Greandiers abbia programmato il tentativo in questo momento è perché pensano di riuscirci. Ma sono cose in seno alla loro squadra.

Luca, quanto tempo serve per preparare una crono importante come quella iridata o olimpica?

Non meno di due mesi. Quando con Cancellara abbiamo preparato quella di Rio 2016 abbiamo fatto due mesi di lavori specifici, con anche 15 giorni di Tour de France. Per raggiungere la condizione al 100%, totalmente finalizzata a quello specifico obiettivo, servono due mesi. Anche tre.

Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Parlando ancora di multidisciplina e di molteplici impegni, tu quale credi sia il binomio migliore per un cronoman?

Quello strada-pista, decisamente. Quella dell’inseguimento e quella crono sono due discipline molto simili. L’adattamento è più facile. Anche se inseguimento e crono sono due estremi: uno dura 4 chilometri ed è molto violento, l’altro magari ne misura 40… Quel che cambia è l’intensità, ma le caratteristiche sono quelle. 

Ti abbiamo fatto questa domanda perché una volta Davide Cassani ha detto che il biker è un buon cronoman…

Un crosscountrista fa uno sforzo di un’ora e mezza e un crossista di un’ora: sono sforzi adeguati alla durata di una crono. Un crossista fa tanti rilanci brevi e intensi con sforzi simili a quella di uno sprinter, ma non tutti i crossisti sono buoni velocisti. Come ho detto, credo che l’inseguimento su pista sia vicino alla crono, anche per aspetti fisiologici. Poi molto dipende dalla lunghezza della prova. Fossero state crono vecchio stile, cioè di 70 chilometri, allora sarebbero emerse le qualità dello stradista anche nelle gare contro il tempo. Ma vista la lunghezza media nel corso dell’anno, oggi le crono sono più da pistard.

Un altro Giro per Cicco e il sogno (sfumato) di Ganna

10.08.2022
5 min
Salva

«Abbiamo sondato Ganna – spiega Luca Guercilena – per capire se fosse interessato a un ruolo di leader assoluto, non solo per le crono. Gli abbiamo parlato di classiche e di grandi Giri, in cui andare a caccia di tappe senza dover tirare per un capitano. Ma alla fine ha scelto di prolungare il contratto con Ineos. Massimo rispetto per la sua scelta e per chi lo ha messo nelle condizioni di farla».

Il team manager della Trek-Segafredo risponde da Mentone. In questa fase torrida dell’estate, le sue giornate sono fatte un po’ di mare e di telefono sempre acceso, perché come dice sorridendo, la new generation lavora sempre. La voce per cui Ganna sarebbe finito nello squadrone americano con forte matrice italiana aveva cominciato a girare e ci aveva incuriosito. In precedenza, la Trek aveva provato la carta Nibali senza grosse fortune reciproche e il nome Ganna poteva essere un bel modo per rendere più grande l’italianità del team.

La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
Sfumata l’occasione Ganna, si può dire che la squadra 2023 sia fatta?

Più o meno sì. Una volta luglio era il mese delle strette di mano e ad agosto si chiudevano gli affari. Adesso si lavora tutto l’anno, perché nessuno vuole rischiare di firmare un contratto dopo il Tour, quando magari una vittoria può far lievitare il valore dell’atleta. Meglio chiudere prima. E poi si sta diffondendo questa abitudine di firmare contratti lunghissimi.

Che cosa vuol dire?

Innanzitutto che c’è stabilità e questo è un bene. Ma sicuramente questo aprirà le porte del mercato, perché non è detto che un corridore si troverà per forza bene per 5-6 anni nella stessa squadra. E a quel punto, essendo tutti contratti con penali prestabilite, si potrebbe tentare di portarne via qualcuno. Di solito questa opportunità viene a crearsi nelle squadre con tanti leader.

Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Alex Carera ha spiegato che il sistema del ranking potrebbe rendere nulli dei contratti.

E’ vero. Nel contratto si scrive che ha validità finché si rimane nel WorldTour. Questo significa che le squadre che retrocedono potrebbero rischiare di sparire e che l’eventuale retrocessione metterà sul mercato tanti corridori che potrebbero non volere seguire il team nella categoria inferiore.

A parte Ganna, non si siete svenati per inseguire un grosso nome, soprattutto per i grandi Giri.

Due o tre anni fa facemmo la scelta di puntare su corridori U25, che col tempo avremmo selezionato ulteriormente. Pedersen e Stuyven sono i primi frutti di questa politica, come Simmons e Ciccone, che non è giovanissimo, ma fa parte comunque di un processo di formazione. Detto questo, i leader più forti sono già blindati e non conviene strapagarne uno che magari arriva nei primi cinque. Soprattutto se vuoi avere il controllo del budget.

Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
C’era Carapaz sul mercato e andrà alla EF-Easy Post…

Carapaz è un atleta forte, ma rientra nella categoria precedente. Per cui, avendo sposato la politica dei giovani, non aveva senso puntare su un atleta di 30 anni che avrebbe impegnato una grande fetta di risorse.

Nel frattempo ci sono degli stagisti molto interessanti.

Abbiamo Vacek e Thibau Nys, ma ci sono in arrivo anche altri nomi da team professional di cui ancora non posso parlare.

Il 2022 ha insegnato qualcosa di più su Ciccone?

Giulio ha dimostrato di poter vincere tappe nei grandi Giri, ma sono convinto che debba fare ancora un tentativo per la classifica. Serve la salute e lui non ne ha avuta molta. Voglio ancora un tentativo tenendo conto delle sue caratteristiche. Quindi senza limitarlo, perché la sua arma potrebbe essere l’imprevedibilità.

Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
E intanto Bennati ha convocato Baroncini per gli europei.

Dal mio punto di vista, “Baro” è l’italiano che può guadagnarsi una posizione di assoluto rilievo. Ha fisico e testa. Può diventare un grande leader, sta a lui riuscirci.

Si può dire che il Covid abbia danneggiato anche il 2022?

Assolutamente! E sarà così anche nel 2023. Anche se non ci sono effetti pesanti sulla salute, tanti corridori hanno il sistema immunitario non ancora a posto. Inoltre si tornerà a 30 corridori e questo li metterà ancor più sotto pressione. Però non sono più a favore delle super restrizioni. Bisogna tornare a spingere come nel 2019 e chi sta male resta a casa.

Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Torniamo per un attimo a Ganna, per lui saresti tornato allenatore? Sarebbe stato stimolante dopo Cancellara…

Ci avevo pensato, sarebbe stato perfetto nella nostra squadra. Sono ambizioso, lo siamo tutti e penso che non sarebbe stato male. Però lo capisco, Ineos è uno squadrone. Se ne andrà a 31 anni, la sua carriera ormai ha quei colori.