Tutta la Liegi in uno sprint. I tre del podio (più uno)

25.04.2021
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Una Liegi-Bastogne-Liegi da rivivere in un chilometro. L’ultimo. Lo sprint.  In palio un monumento per cinque corridori. Undici côtes, 4.500 metri di dislivello, 260 chilometri e le fiammate della Ineos Grenadiers hanno portato a questo finale.

Lo sprint a cinque. Tra Pogacar, Alaphilippe, Gaudu, Valverde e Woods
Liegi 2021
Pogacar vince la Liegi 2021 allo sprint al colpo di reni

Gaudu, Alaphilippe, Valverde, Woods e Pogacar all’improvviso smettono di collaborare. L’asfalto di Quai des Ardennes, il lungo Mosa che ospita l’arrivo, potrebbe essere tranquillamente il parquet di una pista. Ultime due curve a destra e 800 metri da fare a tutta.

Lo sprint di Pogacar

La Liegi probabilmente per lui vale come una tappa dei Paesi Baschi (con tutto il rispetto per la corsa spagnola, ndr). La pressione o la paura Pogacar non sa neanche dove siano di casa. In un modo o nell’altro all’ultimo chilometro si trova nella migliore posizione, l’ultima. 

L’abbraccio tra Formolo e Pogacar
L’abbraccio tra Formolo e Pogacar

I crampetti avvertiti all’uscita di Boncelles sembrano essere un ricordo. E poi la gamba è più fresca e tutto sommato c’è anche un bel po’ di voglia di riscatto: non aver fatto la Freccia scotta. Scotta perché sa che sta bene. 

Pogacar resta dietro. Quando lo sprint viene lanciato forse perde anche un metro, ma è normale. E’ l’effetto elastico, sono i tempi di reazione. Però prende anche meno aria e infatti risale, accorcia le distanze dal primo, ancora Valverde. Il drappello si apre a ventaglio e lui è il quinto che esce fuori ad un velocità altissima proprio sull’arrivo. Il colpo di reni in rimonta è magistrale.

«E’ incredibile – continua a ripetere Tadej dopo l’arrivo – non ci credo». Ogni tanto lancia degli urletti. Pochi secondi dopo arriva Formolo. Tadej gli dice: «Ho vinto!». I due si abbracciano. Lui ringrazia i compagni e alla fine Roccia gli fa: «Dai che stasera ci mangiamo un super hamburger».

Dopo l’arrivo, il suo capolavoro diventa ancora di più da manuale. Tadej infatti conferma che voleva controllare Alaphilippe, il più pericoloso e ci è riuscito restando ultimo. «Le gambe erano buone. Che dire: sto vivendo il sogno del ciclismo. Adesso un po’ di riposo in famiglia e poi penseremo al Tour de France».

Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»
Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»

Alaphilippe pistard

Partiamo da lui. Al triangolo rosso è in testa. Posizione pericolosa, specie con questa andatura quasi da surplace. Il campione del mondo però è furbo. Si stringe alla transenna esterna e punta dritto, va largo e si crea lo spazio per mettersi in coda, dietro di lui un solo corridore. Indovinate quale?

Le gambe sono buone. Non tremano di paura. No, non è da Alaphilippe farsela sotto. E poi con quel gesto ha mostrato lucidità. Adesso non deve far altro che aspettare, aspettare e intuire un decimo prima colui che lancerà lo sprint. E’ in coda e può studiare bene gli avversari. Quel momento arriva. Si muove Valverde e ai 300 metri è il più lesto a rispondere. Spinge, risale, sorpassa… la Liegi è lì. Ma un’ombra lo affianca e al colpo di reni lo sorpassa. E’ secondo. Sbatte i pugni sul manubrio dopo essersi allontano dalle telecamere. Non ci sta. 

«Questa Liegi è la sua corsa stregata – dice una mezz’ora dopo il traguardo il suo diesse Davide Bramati – ma non state qui a farmi tirare fuori di nuovo questi pensieri», aggiunge sconsolato il Brama.

«Chapeau a loro – dice invece Alaphilippe – mi dispiace perché i ragazzi hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma uno sprint dopo 260 chilometri si può perdere, sono le gambe che hanno fatto la differenza. Io ho spinto al massimo e ho pensato a fare il mio sprint. Alla fine le mie classiche delle Ardenne sono andate bene, ne ho vinta una e ho fatto un podio. Si è lanciato benissimo Pogacar, non credo di aver anticipato io».

Gaudu dopo l’arrivo non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti da pro’
Gaudu non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti

Un nuovo grande: Gaudu

David Gaudu aveva dato appuntamento ai grandi venerdì. Ci aveva detto che gli piacevano le classiche e che la Liegi era la sua preferita. Ci aveva detto anche che lavorava per il testa a testa con i big in salita. E non ha mancato il rendez-vous.

Alle 16,37 del giorno della Liberazione 2021, il corridore della Groupama-Fdj si è fatto trovare in cima alla Roche aux Faucons con i primi. Per scappare via e diventare definitivamente un big anche lui. Un altro della nuova generazione che avanza.

Nel chilometro finale lui sta nel mezzo. Alla radio gli dicono di controllare Alaphilippe. Ma non è facile. Diciamo la verità, certi sprint devi anche saperli affrontare. Però tutto sommato se ne resta buono dietro. Segue la “massa” e “scopre” di essere anche veloce. E di avere gambe

La mattina è stato l’unico a presentarsi in zona mista ben coperto, senza bici e con le scarpe da ginnastica. Mani incrociate dietro la schiena, faceva finta di essere tranquillo. Era invece serissimo. Ma un punto in più per lui, che ha tenuto botta alla pressione, e per essere stato puntuale!

Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno concluso rispettivamente quinto e quarto
Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno chiuso quinto e quarto

Onore a Valverde 

Ma anche se volevamo parlare solo dei protagonisti del podio, non possiamo non aggiungerne uno: il quarto, Alejandro Valverde.

Ecco il suo sprint. Il volpone s’incolla alla ruota del più veloce e pericoloso, Alaphilippe. Il problema è che quello è anche una faina, non solo il campione del mondo. Prende larga l’ultima curva e lo fa ritrovare in testa. Allora lo spagnolo fa una buona cosa, ma non la migliore: si mette su un lato, ma quello esterno. Il rettilineo finale infatti gira leggermente verso destra. In pratica difende il lato lungo. Chi lo passa sulla destra dovrà fare meno strada. Ma certo, valle a pensare queste cose dopo 260 chilometri.

Le gambe poi sono quelle che sono. Parte ai 300 metri, lo sprint non è quella di una volta, quindi tanto vale giocarsela lunga. Sogna per 150 metri, rema come un disperato per gli altri 150. Una medaglia di legno sì, ma piena di onore, di orgoglio e di rispetto.

Ragazzi, chapeau: 41 anni oggi. La Liegi gli ha anche cantato la canzoncina degli auguri prima del via. Unzue, team manager della Movistar, dopo l’arrivo, se ne sta da solo in un lato del bus a fare avanti e dietro. Se potesse gli toglierebbe dieci anni e gli rinnoverebbe il contratto per altrettanto tempo.

Percorso troppo duro e spettacolo bloccato?

25.04.2021
3 min
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Visto quanto detto ieri con Davide Arzeni, diesse della Valcar, e viste le voci dopo le ricognizione da parte delle atlete stesse, ci si aspettava una Liegi-Bastogne-Liegi decisamente più selettiva, con arrivi ben più scaglionati. Il percorso era duro, molto duro.

Ma come spesso accade nel ciclismo moderno, quando si è di fronte a tracciati sin troppo selettivi si rischia di avere l’effetto contrario: cioè bloccare la corsa e di conseguenza anche lo spettacolo. Con questo sia chiaro non vogliamo dire che le ragazze non si siano impegnate, ci mancherebbe. La selezione da dietro sulla côte finale dice tutto.

Allora ci si chiede: ma serve davvero indurire i tracciati? 

Tatiana Guderzo (36 anni) appena dopo la Liegi
Tatiana Guderzo (36 anni) appena dopo la Liegi

Parola alla Guderzo

Più o meno della nostra opinione è Tatiana Guderzo.

«Continuare a rendere sempre più dure gare che già di per sé sono impegnative non sempre significa avere una maggiore performance degli atleti – spiega la portacolori della Alé Btc Ljubljana – o comunque sia garanzia di attacchi da lontano. A volte si rischia di intimorire l’atleta e le squadre. A cosa è servito aggiungere la penultima côte? Io non l’avrei messa proprio. Oggi abbiamo avuto bel tempo, e nonostante tutto quando siamo partite c’erano 3-4 gradi, ma se avesse piovuto cosa sarebbe venuto fuori? La Liegi è garanzia di durezza, di grande gara perché serviva indurirla? Dunque può succedere anche questo: che si blocchi un po’ la gara.

«E’ pur vero che il livello si è alzato molto e questo può rendere la gara anche più anomala per noi donne. Bisogna considerare infatti che ormai molte squadre hanno le seconde punte che potrebbero essere capitane in altri team e ci sta che la gara sia più controllata».

Vediamo tra poco cosa succederà tra gli uomini. Magari per loro che hanno più “cavalli” questo percorso più duro sarà più adatto. E assisteremo ad una gara più spettacolare.

Il premio della Liegi Bastogne Liegi, una delle cinque classiche monumento
Il premio della Liegi Bastogne Liegi, una delle cinque classiche monumento

Godersi ogni gara

La Guderzo però non è arrabbiata. Parla con serenità e spiega le cose con lucidità ed esperienza. Mentre cerca di recuperare, ma anche lei non sembra stanchissima, Tatiana sorseggia un po’ d’acqua. Ha ancora i gambali addosso. Come lei in molte non si sono spogliate e in effetti anche se c’è il sole, l’aria è molto più rigida rispetto ai giorni scorsi.

«Per quel che mi riguarda, non sono ancora soddisfatta di me. Non sono riuscita a stare con le prime sulla penultima côte. La gamba però sta crescendo e questo è importante. Adesso si torna a casa, ma giusto due giorni perché poi si riparte per il Lussemburgo. Altri due giorni a casa e altra partenza per la Spagna. Mi aspetta un bel mesetto insomma. Ma sì dai, mi godo tutte le gare che arrivano fino a fine carriera!».

Vollering regina con una gregaria che non ti aspetti

25.04.2021
4 min
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Pavé, côtes, salite lunghe, vento, strade bianche… dove le metti, le metti: alla fine sono quasi sempre loro le protagoniste. E nella Liegi-Bastogne-Liegi femminile a fare la differenza sono stati quel quasi e una gregaria non di lusso, ma di platino.

Le favorite infatti c’erano tutte: dalla Van der Breggen alla Van Vleuten, dalla Longo Borghini alla Niewiadoma. Sul lungofiume des Ardennes però non c’era la più veloce Marianne Vos. E vista come è andata la gara è questo il quasi a cui facevamo riferimento.

Le ragazze della Sd Worx si complimentano dopo l’arrivo
Le ragazze della Sd Worx si complimentano dopo l’arrivo

Meno selezione del previsto

Partenza abbastanza fresca, per non dire fredda, da Bastogne e subito bagarre. Tuttavia il gruppo resta molto più compatto di quel che ci si aspettava fin sotto la Roche aux Faucons. Ai piedi dell’ultima côte infatti si presentano in trenta, almeno.

Però la gara e le salite precedenti si fanno sentire. Infatti anche se dalla tv sembra non scattino, la selezione avviene da dietro. Restano davanti in sei prima, poi in otto, e poi ancora in cinque. Le due che fanno la spola sono la Ludwig e la Vos, l’olandese volante alza bandiera bianca nel falsopiano verso Boncelles. Con loro si stacca anche la Moolman che faceva parte delle sei. Però c’è la connazionale della Vos, Demi Vollering. E questo cambia tutto. 

Boncelles: Van Vleuten attacca, Van der Breggen chiude, Vollering soffre ma tiene
Boncelles: Van Vleuten attacca, Van der Breggen chiude, Vollering soffre ma tiene

Van der Breggen gregaria

Cambia le carte in tavola persino alla Van der Breggen, sua compagna di squadra che nonostante sia la campionessa mondiale in carica, in un attimo indossa i panni della gregaria e si mette al servizio della più veloce compagna. In superiorità numerica e con la “velocista”, le ragazze della Sd Worx fanno il lavoro più semplice che c’è da fare e lo svolgono al meglio: una tira, l’altra sta a ruota.

«Non ho dovuto dire nulla ad Anna – ha spiegato incredula Demi dopo l’arrivo – si è messa in testa a tirare dopo la Roche aux Faucons e ho capito subito che avrei avuto una grande chance. La Vos ad un certo punto era rientrata, ma sullo scatto della Van Vleuten e il lavoro di Anna si è staccata di nuovo. E questo è stato importantissimo: non era bello avere un’atleta così veloce davanti. Sono davvero grata che Anna e la squadra abbiano lavorato per me. Le ringrazio tutte».

La più felice appena dopo l’arrivo, forse perché era la più fresca nonostante le sue trenate, era la Van der Breggen. In qualche modo aveva vinto anche lei. Il suo lavoro era stato finalizzato. E l’abbraccio con la Vollering e il team è sincero. Demi intanto non smette di piangere dalla gioia.

Brand e Longo Borghini, complimenti per il finale e per il podio
Brand e Longo Borghini, complimenti per il podio

Elisa “Lambo-borghini”

E infine ecco Elisa Longo Borghini, anzi riecco Elisa. Lei c’è sempre. Se avesse un briciolo di velocità in più il suo palmares farebbe paura. Però oggi è felice lo stesso. Disponibilissima appena tagliato il traguardo, quasi non ha il fiatone: fa scorrere la bici e un ragazzo dell’organizzazione la richiama per portarla al podio.

Sinceramente ci aspettavamo un suo scatto nel falsopiano dopo la Roche aux Faucons, le diciamo. E lei ribatte prontissima…

«Sinceramente me lo aspettavo anche io! Ma è stato un momento particolarmente difficile perché la Van Vleuten ha forzato e con lei la Van der Breggen. Io ero veramente al limite. A quel punto ho provato ad attendere lo sprint per una volta e a giocarmi le mie carte in volata. Credo che il terzo posto sia una buona posizione. Nel complesso è stata una gara molto dura e la campionessa del mondo ha fatto in modo che nessuna riuscisse ad attaccare sulla Roche aux Faucons».

Intanto la sua compagna, Lucinda Brand, che arriva poco dopo l’abbraccia e le chiede: «Hai vinto tu Lambo-Borghini?», strappandoci un sorriso per il gioco di parole con la super auto sportiva.

La primavera al Nord della Longo Borghini si conclude con due podi. Salvo alla Gand non è mai uscita dalle prime dieci, mostrando, semmai ce ne fosse stato bisogno, una grande solidità. Il team crede molto in lei, a partire dal manager Luca Guercilena che stamattina pur non essendo a Bastogne, ha voluto sentire le ragazze sino all’ultimo minuto.

«Che voto do alla mia campagna del Nord? Penso di meritarmi un 7,5-8 perché comunque sono sempre stata costante. Adesso ho bisogno di un pochino di riposo per i prossimi appuntamenti».

Ultimi dettagli e temi tattici, tutto pronto per la Liegi

24.04.2021
5 min
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Liegi si prepara ad andare a dormire aspettando la sua amata corsa. La più antica tra le classiche per questo Doyenne, decana (prima edizione nel 1892) si terrà anche stavolta nonostante il Covid.

Era già stato un miracolo che si fosse riusciti a salvare l’edizione 2020, quando la seconda ondata stava tornando in modo gigante, ma qui ci tengono troppo a questo evento. In qualsiasi luogo siamo andati: supermercato, benzinaio, fast food… parlando o vedendoci con il pass al collo sapevano esattamente della corsa.

Van Avermaet con il casco dorato in ricognizione ieri (foto Instagram)
Van Avermaet con il casco dorato in ricognizione ieri (foto Instagram)

Parla Van Avermaet

In questa giornata di vigilia tutto sembra più calmo da una parte, più frenetico da altre. Se i super big hanno parlato ieri, oggi è toccato ad un corridore che poi non è affatto piccolo (in ogni senso), Greg Van Avermaet. E le sue parole sono state importanti, perché di base incarnano il discorso che circola tra i team e gli esperti. «Chi aspetta la Roche aux Faucons ha perso», queste in estrema sintesi le parole del campione olimpico in carica.

Che poi rispecchia quel che ci ha raccontato Bartoli parlando della Freccia Vallone. Se si arriva tutti insieme sotto al Muro di Huy ci sono due o tre persone che possono vincere. Tutti gli altri no.

«Ci sono due corridori – ha detto Van Avermaet – Alaphilippe e Roglic, che stanno dimostrando di essere i più forti. Se aspettiamo la Roche aux Faucons abbiamo perso, perché Roglic attaccherà e solo due o tre corridori potranno seguirlo: Alaphilippe di sicuro e forse Valverde o Schachmann. La nostra unica opzione è “aprire” la gara, attaccare da lontano. Se un corridore arriva con 30” ai piedi della La Roche-aux-Faucons, allora può anche sperare, ma non sarà facile».

Disamina perfetta. Ma si riuscirà poi a far saltare il banco da lontano? Deceuninck-Quick Step e Jumbo Visma, le squadre dei due favoriti, hanno dei leader ben designati e uomini molto forti. Per assurdo potrebbero anche allearsi per buona parte della gara e in quel caso non ce ne sarebbe per nessuno. 

La riunione dei diesse nel lussuoso palazzo della Provincia di Liegi, ex sede vescovile
La riunione dei diesse nel lussuoso palazzo della Provincia di Liegi, ex sede vescovile

Vigilia sigillata

Mentre i ragionamenti tattici vanno avanti, come detto ci si prepara. E se per i corridori è una giornata tranquilla, per tutti gli altri no. Bisogna cambiare gli adesivi sulle macchine, togliere quelli della Freccia e mettere quelli della Liegi. C’è la riunione dei direttori sportivi, i meccanici sistemano le ultime cose sulle fuoriserie dei campioni e anche Shimano tira a lucido le trenta bici del servizio corsa che mette a disposizione.

I corridori hanno fatto una semplice sgambata e restano chiusi nelle loro stanze di hotel, tanto più con il Covid. In alcuni alberghi, gli spazi delle squadre sono stati addirittura transennati.

Anche la presentazione dei team è stata programmata per domattina, come visto già al Giro delle Fiandre. E’ stata persino diramata la scaletta con la quale le 25 squadre si dovranno presentare al foglio firma: dovranno arrivare con intervalli di due, tre fino a cinque minuti a seconda dei loro leader.

Intanto i meccanici lavorano sulle bici. Bellissimo e hi-tech il motorhome della Movistar
Intanto i meccanici lavorano sulle bici. Bellissimo e hi-tech il motorhome della Movistar

E la Liegi delle donne?

In tutto ciò non va dimenticata la Liegi delle donne. E ci si chiede se il discorso fatto da Van Avermaet possa valere anche per loro. La gara femminile partirà presto (alle 8,40) da Bastogne. E si annuncia molto dura. Se si dovesse arrivare sotto alla Roche aux Faucons, la Van der Breggen avrebbe messo una gigantesca ipoteca sulla vittoria finale.

Ne parliamo con Davide Arzeni, della Valcar, quando esce dalla riunione dei diesse dal Palazzo dei Vescovi di Liegi. Stavolta il “Capo” è anche super partes, visto che domani la sua squadra non parte per favorita.

«Siamo qui – dice Arzeni – per fare esperienza. C’è Alice Arzuffi che ritorna dal cross e deve trovare il ritmo su strada, e ci sono delle giovani che spero possano imparare molto. Le mie atlete stanno lavorando tanto sulla pista, visto che in quattro possono aspirare ai Giochi di Tokyo, pertanto non è certo quello della Liegi il nostro percorso, ma venderemo cara la pelle».

Arzeni, all’uscita dalla riunione dei diesse, scherza con un numero avanzato
Arzeni, all’uscita dalla riunione dei diesse, scherza con un numero avanzato

Arzeni replica a Van Avermaet

«Credo che quello che ha detto Van Avermaet possa valere anche per le donne – riprende Arzeni – ma credo anche ci sarà più selezione. L’anno scorso la Vos attaccò da lontano, poi vinse la Deignan e venne fuori una corsa dura. Abbiamo fatto la ricognizione l’altro giorno e per me quest’anno sarà ancora più dura. La cote du Rosier è una salita vera, di 5 chilometri, che va oltre i 500 metri. Quindi non so quanto arriveranno unite sotto all’ultima salita. Anche perché poi ci sono atlete che non hanno un grande spunto veloce e cercheranno di attaccare prima. Io spero si arrivi in tante all’ultima cote, magari c’è anche qualcuna delle mie, e proveremo a dare fastidio! 

«Piuttosto – conclude il diesse – è stata interessante la tattica di corsa della Trek-Segafredo alla Freccia Vallone. Secondo me ha corso benissimo per cercare di mettere in difficoltà la Van der Breggen e c’era riuscita. Se non fosse caduta la Winder non so come sarebbe finita. Ha fatto un bel podio con la Longo Borghini. Magari sotto alla Roche attacca proprio Elisa! Io tifo per le italiane».

Però, Gaudu! Ragiona da vero leader…

24.04.2021
4 min
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Ma insomma, questo David Gaudu cosa vuole? Il giovane francese della Groupama-Fdj ormai è una presenza costante nell’elite del ciclismo mondiale. Vince alla Vuelta, si porta a casa una gara ad inizio anno e si permette persino di battere Primoz Roglic in salita al Giro dei Paesi Baschi. E l‘altro giorno, alla Freccia Vallone, ha messo tutta la squadra a tirare per chiudere sulla fuga.

Gaudu ha vinto l’Ardèche Classic ad inizio stagione
Gaudu ha vinto l’Ardèche Classic ad inizio stagione

Liegi first

Di questo ragazzo avevamo già parlato qualche mese fa, quando si pensava potesse venire al Giro d’Italia. Invece in questi giorni tra le Ardenne il bretone ha svelato i suoi piani.

«Sarò al Tour de France, però prima di guardare ad altri obiettivi c’è la Liegi». Gaudu, forse spinto anche dai suoi addetti stampa, riporta il discorso sulle Ardenne.

«La Liegi è la classica più dura e per questo mi piace molto, per me è la più bella fra le corse di un giorno. Fa paura solo a parlarne. Le sue salite sono mitiche. Ho già fatto sesto (avvenne nel 2019, ndr) su questo percorso e quest’anno vorrei fare ancora meglio. Credo ci sarà più movimento, rispetto alla Freccia. Sarà importantissimo correre davanti, soprattutto quando si arriverà ai piedi della Roche-aux-Faucons. Anche perché se si resta dietro in quel punto è molto facile finire fuori dai giochi».

David (in blu) nella ricognizione per la Liegi. Curiosità: aveva ancora il numero della Freccia
David (in blu) nella ricognizione per la Liegi. Curiosità: aveva ancora il numero della Freccia

Sarà capitano al Tour

Gaudu, complici anche le disastrose condizioni di Pinot, è sempre più la punta della squadra di Marc Madiot: ci sono lui per i grandi Giri e Demare per le volate. Anche per questo ormai è blindata la sua partecipazione al Tour. Squadra francese, con corridore francese non può non presentarsi col “vestito migliore” alla Grande Boucle. 

Eppure quando a David gli si prospetta il “ruolo” da corridore da corse a tappe non fa i salti di gioia. E’ un’etichetta che non vuole o che preferisce rimandare.

«A me piacciono le corse di un giorno, ne ho anche vinta una ad inizio stagione, l’Ardèche Classic, mentre non ho ancora vinto una corsa a tappe, neanche di una settimana tra i pro’. Certo, ho ancora difficoltà ad approcciarmi alle corse di un giorno, ma vedo che miglioro. All’Amstel ho chiuso 34°, alla Freccia 7°».

Sinceramente quando parla con tanta enfasi delle sue attitudini alle gare di un giorno ci crediamo sì, ma fino ad un certo punto. Gaudu ha vinto il Tour de l’Avenir nel 2016, non una corsetta qualsiasi. E aveva conquistato anche la Corsa della Pace, altra pietra miliare dei dilettanti. E infatti lui stesso, forse perché si è reso conto di aver “esagerato”, poi ricorda che comunque si sente portato anche per quel tipo di gare.

Gaudu in fuga con Roglic nella 6ª tappa dei Baschi, vinta dal francese
Gaudu in fuga con Roglic nella 6ª tappa dei Baschi, vinta dal francese

Ragiona da grande

Però è bello che un corridore giovane che ancora non dà garanzie di vittoria ci voglia provare, che metta la squadra a tirare e che il team creda in lui ugualmente: è così che si cresce. Sono prove di fiducia, di responsabilità, di pressioni da saper gestire.

L’azione della Groupama-Fdj non è passata inosservata ai colleghi francesi ad Huy. Persino lo speaker della gara in attesa dell’ultimo passaggio aveva sottolineato questa cosa.

«Ho voluto provare – spiega Gaudu – per vedere cosa succedeva. Volevo prendere il Muro davanti e tutto sommato ci sono riuscito. Poi nel finale ero a ruota di Alaphilippe, ma sono rimasto un po’ chiuso. Negli ultimi 350 metri le gambe mi andavano a fuoco (foto in apertura, ndr). Non sarebbe cambiato molto, avrei potuto fare poco meglio. Spero che il lavoro fatto alla Freccia possa essere utile per la Liegi. Come detto, è una corsa più dura, meno esplosiva e per me che ho meno watt di loro è meglio».

Gli chiediamo allora se si sente pronto per il testa a testa con i big, in fin dei conti al Giro dei Paesi Baschi ha battuto un certo Roglic.

«Cerco sempre di migliorarmi – ha concluso Gaudu – e quello è l’obiettivo, ma non si possono fare paragoni tra quella tappa, la Freccia e la Liegi. Quella era una gara all’interno di una corsa a tappe e su una salita molto più lunga di queste delle Ardenne. Qui devi aspettare fino all’ultimo prima di muoverti».

Alaphilippe pronto alla sfida. Intanto coccola la nuova bici

24.04.2021
4 min
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Impossibile non continuare a parlare di Julian Alaphilippe. Il francese ha un seguito pazzesco, basta vedere la copertina che gli ha dedicato l’Equipe per la vittoria alla Freccia Vallone in tempo di Superlega.

Ieri sulla Redoute, durante la ricognizione solo per Gilbert, che lì è di casa nel vero senso della parola, ci sono stati gli stessi applausi e gli stessi incitamenti. «Allez Loulou!». E lui approvava facendo segno col capo.

Grande tifo sulla Redoute per Alaphilippe e i suoi compagni
Grande tifo sulla Redoute per Alaphilippe e i suoi compagni

Ma quale pressione! 

Il campione del mondo parte da super favorito per la Liegi: viene dalla vittoria della Freccia Vallone, non ha nascosto le sue ambizioni e, aggiungiamo noi, ha anche il dente avvelenato per come andò lo scorso anno, quando fu declassato al quinto posto. Con tutti questi preamboli la prima cosa che gli chiediamo è se sente la pressione.

«Sento quella giusta – risponde Loulou – quando ci sono questi grandi obiettivi, e la Liegi è quello più importante di questa parte di stagione, un po’ di pressione serve. Ho vinto la Freccia e questo già aiuta parecchio e poi dall’inizio dell’anno con la squadra abbiamo raccolto molte vittorie e anche questo ci fa stare tranquilli. Da un punto vista personale sono molto contento e spero di finire al meglio le classiche. Ma non c’è nessuna pressione speciale. E’ giusto voglia di fare le cose bene».

I ragazzi della nuova generazione, anche se Alaphilippe non è più un ragazzino (ha 29 anni), non smettono di stupire. Altra mentalità. Una mentalità alla quale dovremmo abituarci. Basta tornare indietro di dieci anni, non un secolo, e ricordare le vigilie tese di Cancellara o Boonen: a questi ragazzi sembra scivolare tutto addosso. Da una parte è un bene.

Pogacar e Hirschi chiacchieravano e ridevano ieri mentre pedalavano. Idem Gaudu e Madouas. Roglic forse era il più serio. 

La nuova Specialized Tarmac con i colori iridati per il francese (foto Twitter)
La nuova Specialized Tarmac con i colori iridati per il francese (foto Twitter)

Bici nuova

Julian invece prima si è coccolato la nuova bici “iridata” che gli ha consegnato Specialized e poi sornione se n’è andato con i compagni a fare la ricognizione. Solo sulla Roche aux Faucons ha fatto un piccolo allungo, ma forse era più un favore per i tanti fotografi al seguito. Comunque sia in quel tratto è passato da solo.

«In questi giorni dopo la Freccia ho pensato solo a recuperare – ammette Alaphilippe – La vittoria di mercoledì ha confermato la mia buona condizione, ma la Liegi è una gara diversa: è più lunga, ha un altro finale. Alla Freccia sai che devi aspettare il muro finale. La Liegi richiede molta energia e concentrazione ed è un attimo a ritrovarsi senza gambe. Io però penso di essermi ben preparato. Dopo le classiche fiamminghe, anche se non sono andato in altura, ho fatto parecchia salita. Ho fatto scalate più lunghe».

Alaphilippe in ricognizione sulla Roche aux Faucons, ultimo strappo della Liegi
Alaphilippe in ricognizione sulla Roche aux Faucons, ultimo strappo della Liegi

Quell’arrivo ad Ans

Come abbiamo visto, parlando con Marta Cavalli e Davide Formolo, il percorso sembra essere più selettivo, Alaphilippe però non è totalmente in linea con loro.

«C’è una nuova salita ed era giusto provarla, cosa che abbiamo fatto anche ieri, cambia un po’ ma non tantissimo. La Redoute e soprattutto la Roche-aux-Faucons faranno la differenza».

E allora gli chiediamo: «Preferivi il vecchio percorso con Saint Nicolas ed arrivo ad Ans o quello attuale?». 

«Bella domanda – ribatte Julian – mi piacciono tutti e due e ho corso su entrambi, ma viste le mie caratteristiche un po’ più da grimpeur forse era leggermente meglio l’altro, comunque la Roche-aux-Faucons è veramente difficile. La gara mi piace lo stesso».

Roglic in ricognizione a Boncelles, inizio della discesa su Liegi. Anche per lui bici nuova
Roglic in ricognizione a Boncelles, inizio della discesa su Liegi. Anche per lui bici nuova

Il duello con Roglic

E a proposito di Roglic. Lo sloveno è il campione uscente. Vista come è andata la Freccia già si parla di una gara a due. 

«Non dobbiamo “incendiarci” l’uno con l’altro – ha detto Alaphilippe – so bene che Primoz è molto forte. L’ho seguito al Giro dei Paesi Baschi, sapevo che era in buona forma. Chiaramente partiamo favoriti e sarà il primo avversario. In più l’anno scorso ha mostrato di saperla vincere. Ma ci sono tanti altri che possono trionfare e che vanno tenuti d’occhio. E poi ci sarà qualche corridore che vorrà anticipare».

Di sicuro gli avversari non mancano. Pogacar sarà fresco e voglioso di riscatto per non aver fatto la Freccia. E Pidcock è più o meno sulla stessa lunghezza d’onda. Il britannico ha detto che non si ricordava quanto fosse duro l’asfalto, ma anche che ha recuperato al meglio. Anzi, ci ha talmente preso gusto che la Liegi non doveva neanche farla, ma ha deciso di esserci lo stesso dopo la caduta verso Huy e la beffa dell’Amstel. E poi ci sono Valverde, Fuglsang... la lista è lunga.