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Prima le Ardenne poi il Tour per Carapaz, leader unico

10.03.2023
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Che fine ha fatto Richard Carapaz? L’asso ecuadoriano ha esordito col botto in questa stagione, vincendo il campionato nazionale. Esordio stagionale che ha coinciso con il debutto nella sua nuova squadra, la EF Education-Easy Post. 

A febbraio dunque il re del Giro d’Italia 2019 viaggiava con le ali spiegate. Poi però ecco che la salute ci ha messo lo zampino. Carapaz ha avuto problemi con le tonsille: stop di tre settimane e necessità di rivedere il tutto. 

Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)
Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)

Riparte dall’Italia

Fa strano infatti vedere uno dei contendenti dei grandi Giri e delle classiche delle Ardenne non essere né alla Parigi-Nizza, né alla Tirreno-Adriatico.

«La sua malattia lo ha rallentato parecchio – spiega il suo direttore sportivo Charly Wegelius – Carapaz è rimasto in Ecuador più a lungo. E’ arrivato in Europa da poco. Abbiamo dovuto rivedere il suo calendario chiaramente. 

«Debutterà alla Milano-Torino il 15 marzo e poi andrà al Catalunya, ma il fatto che ormai sia qui “con noi” è un bel segno. Significa che tutto è sotto controllo. Anche se devo dire, che pur avendolo visto poco, ci siamo sempre mantenuti in contatto in questi mesi».

Almeno dalle sue parti Carapaz ha potuto approfittare del buon clima, dell’altura e anche della presenza di diversi connazionali. Spesso laggiù c’è più di qualche corridore con lui negli allenamenti lunghi e tutto sommato un po’ di “alegria” sudamericana non guasta mai.

Dopo tre stagioni alla Ineos-Grenadiers il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)
Dopo tre stagioni alla Ineos il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)

Carapaz leader

In EF Easy-Post un uomo come Carapaz era forse il corridore che mancava. Il vero leader, quello di personalità. E’ vero che c’è Rigoberto Uran, ma il “vecchio” Rigo non è più un ragazzino e, almeno su carta, Carapaz dà ben altre garanzie.

«Per noi – va avanti Wegelius – Rigo è Rigo. E’ più di un corridore. Credo che resterà con noi per sempre, anche dopo il termine della sua carriera. E’ un corridore importante per il ciclismo e per la EF. Certo, Carapaz aggiunge molto alla squadra. E’ un atleta forte e di qualità e sono convinto che potrà fare bene.

«Sto imparando a conoscere Richard – va avanti il diesse inglese – Da quel che ho visto, valorizza moltissimo il gruppo. Vedo che si tiene in contatto con i compagni e le persone della squadra, partecipa… Poi da buon sudamericano preferisce i rapporti reali a quelli via internet. Ma io sono sicuro che da adesso in poi, quando starà in pianta stabile con noi, si troverà bene. E’ già parte del gruppo».

Ma soprattutto per la prima volta nella sua carriera Richard potrà essere (e sentirsi) il leader unico. Ruolo che non ha mai potuto avere in Movistar prima e in Ineos poi. E questo non è poco, specie se si è sensibili, come ci dicono essere Carapaz.

Al Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e Carapaz
Al Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e Carapaz

Ardenne e Tour

Ma dove potrà fare bene? Wegelius parla di Tour de France, senza mezzi termini. Anche se non sarà facile visto che Vingegaard punta sul Tour, Pogacar punta sul Tour, e anche atleti un filo al di sotto di questi due fenomeni fanno rotta sulla Grande Boucle, vedi Mas. Forse per Carapaz il Giro poteva essere un’occasione ghiotta. Però va anche ricordato che alla fine proprio Carapaz, oltre a Vingegaard e Mas è stato uno dei tre atleti in grado di stuzzicare Pogacar in salita. Ricordiamoci del Tour 2021, in particolare dei Pirenei…

«Abbiamo scelto il Tour – conclude Wegelius – perché si adatta molto bene alle sue caratteristiche. C’è poca crono e molta salita. Prevediamo due picchi di condizione per Carapaz: uno per le Ardenne e uno appunto per il Tour che, ripeto, ha un percorso nervoso sin da subito e può essere buono». 

Piva: «Girmay è pronto a fare il leader. Il team è per lui»

29.01.2023
5 min
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Biniam Girmay ha detto che sarà pronto ad una stagione da protagonista, che sa di non essere più un corridore qualunque e che per questo sarà anche più marcato. Il che non fa una piega. E anche Valerio Piva, suo direttore sportivo alla Intermarché Wanty Gobert, è sulla stessa lunghezza d’onda.

La stagione dell’eritreo è iniziata qualche giorno fa nelle corse majorchine. Ed è iniziata con un buon terzo posto. Segno che “Bini” ha passato un buon inverno e non si è seduto sugli allori.

La squadra crede in Girmay. In ritiro hanno provato dei treni appositamente per lui (foto Instagram Cycling Media)
La squadra crede in Girmay. In ritiro hanno provato dei treni appositamente per lui (foto Instagram Cycling Media)

Biniam leader 

«Certamente – spiega Piva con la sua consueta chiarezza – Girmay sarà più controllato dopo un 2022 in quel modo. Non andrà più alle corse così… per fare esperienza o da semi-sconosciuto, posto che sconosciuto non era. Tra Gand e Giro ha mostrato grandi cose. Alle partenze delle prossime gare non sarà uno dei tanti.

«Anzi, starà a noi squadra supportarlo, togliergli magari le castagne dal fuoco, tirare per ricucire sulla fuga. E questa sarà una responsabilità in più per lui… e per noi».

Il discorso delle responsabilità non è banale. Parliamo comunque di un corridore giovane, che viene da un Paese che non ha poi tutta questa cultura ciclistica. Magari certe dinamiche Biniam neanche le ha viste troppo in tv o gli sono state tramandate. Ma anche in questo caso Piva chiarisce subito.

«Non penso che Biniam abbia difficoltà a prendersi le sue responsabilità. L’ho visto in prima persona lo scorso anno al Giro, dove aveva la leadership della squadra. Non aveva paura degli avversari, neppure quando, sempre al Giro, se la doveva vedere con Van der Poel.

«Girmay sa quel che vuole e quanto gli costerà. Ma sa anche che ha un team ormai costruito intorno a lui. Biniam è il nostro leader, almeno per certe corse».

Ad Asmara Biniam si è allenato al caldo ed è stato con la sua famiglia. Eccolo in una sgambata con la compagna (foto Instagram)
Ad Asmara Biniam si è allenato al caldo ed è stato con la sua famiglia. Eccolo in una sgambata con la compagna (foto Instagram)

Inverno africano

Piva racconta che Girmay ha passato un buon inverno e che è stato molto serio. Ha sfruttato i 2.000 e passa metri di Asmara, la Capitale eritrea in cui vive, e il buon clima di quelle parti.

«E’ mancato nel ritiro di dicembre – prosegue Piva – ma eravamo d’accordo proprio perché sfruttasse al meglio le condizioni di casa sua.

«Poi bisogna anche pensare che lì è con la sua famiglia e una volta che riprende la stagione, non torna a casa per molti mesi. Ma già nel ritiro di gennaio si è presentato in ottime condizioni e lo ha dimostrato col terzo posto ad Alcudìa. Tra l’altro un terzo posto viziato da un errore tecnico: il finale era posizionato con 150 metri di differenza rispetto a quanto indicato dal road book».

Quel che conta però è che Girmay ha dimostrato di stare bene, specie in ottica grandi obiettivi.

«Biniam – prosegue Piva – ha dichiarato di voler fare bene nelle classiche del Nord, ma si è inserito un nuovo obiettivo: il campionato africano. E lui ci tiene. Quindi a metà febbraio tornerà in Africa. Da lì appunto ci saranno le corse italiane e poi quelle del Belgio fino, forse, all’Amstel. Poi toccherà al Tour.

«Anche se Girmay avrebbe gradito molto il Giro d’Italia. Voleva concludere quanto fatto lo scorso anno per capire dove sarebbe potuto arrivare (si ritirò a causa del tappo dello spumante nell’occhio proprio nel giorno del successo a Jesi, ndr) e dare assalto alla maglia ciclamino. Ma certo anche per questioni di marketing, visto che Intermarché è francese, il Tour è molto importante per noi. Ma non escludo che possa tornare in Italia nei prossimi anni».

Sognando la Roubaix

A quanto pare, Girmay è innamorato della Roubaix. Non l’ha mai corsa, ma la vedeva in tv. Parteciparvi è un sogno per lui. Una corsa così richiede esperienza e anche degli ottimi materiali.

«Dal punto di vista dei materiali – dice Piva – sono abbastanza tranquillo: lo scorso anno abbiamo portato al traguardo della Roubaix cinque atleti nei primi venti. E lo stesso Girmay alla prima apparizione sul pavè e sui muri, ad Harelbeke, ha concluso al quinto posto. Quindi il pavè gli piace. Mentalmente e fisicamente sembra essere pronto. Poi faremo anche i classici sopralluoghi prima delle corse.

«Se è un po’ leggerino per la Roubaix? Beh, proprio leggero non è. E se lo scorso anno si è giocato le corse con Van der Poel, magari è adatto anche per la Roubaix».

Giovani, esperti e… Bernal. Quale Ineos vedremo?

04.11.2022
6 min
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Tanti campioni, ma non il super leader. Almeno ad oggi 4 novembre 2022. La Ineos Grenadiers che verrà è chiamata ad un bel rimescolamento di ruoli e capitani. Carapaz ha salutato la compagnia e Bernal ancora non dà certezze. Thomas non è un bimbo…

 Matteo Tosatto ci aiuta a districarsi nel labirinto di quel che sarà con tanti atleti di ottima caratura. Perché se è vero che manca il leader dei leader è anche vero che il livello dello squadrone inglese resta molto alto.

Matteo, come detto un bel ricambio in corso. A partire da Carapaz che passa alla EF Education-Easypost…

Carapaz che è andato via è senza dubbio un perdita, ma il nostro mercato, come già quello dell’anno scorso, punta forte sui giovani. Vogliamo lavorare con loro con calma. Lasciarli tranquilli e averli pronti fra 2-3 anni.

Ma un super team come il vostro può permettersi di non avere l’uomo pronto per 2-3 anni?

Beh è un po’ come nel calcio: ci sono dei cicli che finiscono. Noi abbiamo vinto per tanto tempo con la Sky e anche con il passaggio ad Ineos abbiamo subito raccolto molto: un Tour e un Giro con Bernal. Poi non è che i leader non li abbiamo. Sì, Thomas non sarà giovane ma non è che gli manchi il pelo. E poi i nostri giovani sono di livello. Pidcock è un ottimo corridore. Sheffield ha vinto tre corse al primo anno. I fratelli Hayter vanno davvero forte. Leo ha vinto il Giro under 23 ed Ethan ha fatto un altro step che lo proietta anche verso corse molto importanti.

Dopo l’incidente dello scorso gennaio Bernal è riuscito a tornare in corsa ad agosto. Per lui una dozzina di gare, anche in aiuto del team
Dopo l’incidente dello scorso gennaio Bernal è riuscito a tornare in corsa ad agosto. Per lui una dozzina di gare, anche in aiuto del team
Hai parlato di Bernal. Certo lui deve tornare a dare garanzie…

L’ho detto alla Gazzetta dello Sport qualche giorno fa: non possiamo sapere come starà, ma noi imposteremo una preparazione invernale come se niente fosse. Come se l’incidente non ci fosse stato. E si vedrà proprio con una preparazione normale e con le prime gare come starà. Certo, Egan ad oggi è un punto di domanda. Ne siamo consapevoli, ma al tempo stesso siamo fiduciosi. E lo siamo perché intanto è tornato in corsa. Si è messo a disposizione della squadra, si è mosso. Chiaramente nè si aspettava lui, né gli abbiamo chiesto dei risultati noi.

Torniamo ai giovani, “Toso”. La lista è lunga. Ci sono anche Carlos Rodriguez e Tao Geoghegan Hart…

Carlos ha fatto un altro salto di qualità. E’ davvero un grande corridore. E Tao non ha reso nelle ultime stagioni. Ma nel complesso io credo che siamo competitivi e su questo dobbiamo lavorare. Magari anche pensando di affiancarli ai più esperti, come Castrovejo, Kwiato, Puccio… In questo momento non pensiamo che possiamo vincere i grandi Giri… forse, ma se Egan tornasse Egan avremmo già il nostro leader. Senza contare che anche nella classiche possiamo fare bene con Pidcock. E in più abbiamo preso Arensman, che è giovane ma non giovanissimo, e può essere un pedina fondamentale.

Pidcock per le classiche, non anche per i grandi Giri? Non è pronto?

Può lottare con la sua testa di campione. E anche i numeri sono dalla sua. Ma dipende anche da lui. Tom ha espresso il piacere di fare le classiche. Nei grandi Giri non parte da zero. L’anno scorso ha fatto la Vuelta, anche se non l’aveva preparata al meglio venendo dalle Olimpiadi in mtb, e quest’anno ha fatto il Tour. Al Tour nelle prime due settimane era nei top 10, per me può puntare alla classifica e darci una mano.

Cosa significa per Pidcock fare classifica in un grande Giro?

Una top 5 o anche un podio. Comunque parliamo di un ragazzo che ha dominato il Giro baby. Poi nelle corse di tre settimane c’è sempre l’incognita della terza settimana. Però, ripeto, ha già fatto due grandi Giri. Vedremo a dicembre quando parleremo con i ragazzi che cosa ha in mente. 

Per Thomas 4 Giri d’Italia: i primi due li ha finiti nelle retrovie, gli ultimi due (da capitano) si è ritirato. Eccolo sofferente sull’Etna nel 2020
Per Thomas 4 Giri d’Italia: i primi due li ha finiti nelle retrovie, gli ultimi due (da capitano) si è ritirato. Eccolo sofferente sull’Etna nel 2020
Prima si è parlato di Tao, ma può tornare ai livelli del Giro?

Tutti dicono che ha vinto un Giro strano ed in parte è vero perché si è corso ad ottobre. Però lo ha vinto con numeri di assoluto valore, battendo chi quest’anno il Giro lo ha vinto. Nel 2021 lui voleva fare il Tour perché non lo aveva mai fatto. E quest’anno le cose sono andate storte sin da subito. Il Covid, poi l’influenza alla Tirreno, di nuovo male prima del Giro, alla Vuelta cade quando era nei primi cinque… Il fatto è che qui bastano due stagioni non brillanti e con il ricambio generazionale che c’è si fa presto a dire che va tutto male. Da parte nostra avrà il giusto supporto e lui stesso sa che dovrà concentrarsi ancora di più.

Hai detto che di programmi ancora dovete parlarne, ma visto il percorso con tanta crono: è lecito attendersi un Thomas capitano al Giro?

Intanto a metà mese ci riuniamo noi del gruppo performance per capire gli obiettivi di Ineos, cioè dove vincere e dove fare podio e da lì fare in modo di arrivarci con la squadra migliore. Di solito si parte dai grandi Giri, in primis il Giro e il Tour, poi la Vuelta viene da sé. A dicembre parleremo poi con i corridori per capire ciò che vogliono. Al Giro ci teniamo molto. Negli ultimi tre anni abbiamo colto due vittorie e un secondo posto, pertanto faremo in modo di arrivarci con il team più forte possibile.

Consonni i passi giusti per diventare capitano

25.01.2022
6 min
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Capitano, ma se suona arcaico diremo leader. Dopo la partenza di Elia Viviani, Simone Consonni è uno dei leader della Cofidis. Nei giorni scorsi, il suo preparatore Luca Quinti ci ha spiegato in che modo lo sta allenando, ma quel che più ci piace annotare è la reazione del bergamasco davanti alla nuova responsabilità.

«Sto molto bene – dice Consonni – è un bel peso da portare. Si lavora per quello. Nella mia pur breve carriera, ho sempre avuto delle occasioni. Nasco come uno che si gioca le sue carte. Per cui sentire che sono leader mi gasa. A livello mentale, non credo che si possa provare un’ansia superiore a quella dei mesi dopo Tokyo. Mi hanno fatto maturare, perché li ho sentiti davvero».

Finale di stagione con il dolce in bocca per il corridore della Cofidis con l’iride nel quartetto
Finale di stagione con il dolce in bocca per il corridore della Cofidis con l’iride nel quartetto

Sempre lo stesso

Professionista da cinque anni, Simone è uno dei fantastici campioni olimpici di Tokyo nel quartetto. E quando hai la forza di restare concentrato su sfide ad alta tensione nelle quali ti giochi tutto in 4 minuti, probabilmente hai anche la lucidità e la consapevolezza per farti carico di un finale in volata.

«In squadra sono sempre lo stesso – sorride – non mi sento cambiato. Non essendoci più un leader come Elia, in ritiro ci siamo dati le nostre bastonate in volata, fra chi partiva lungo e chi succhiava le ruote. Siamo in tanti veloci, tutti reclamano il loro spazio. Ma io voglio il peso della squadra».

Consonni è diventato un uomo chiave della squadra francese (foto Team Cofidis)
Consonni è diventato un uomo chiave della squadra francese (foto Team Cofidis)
Di solito quando ci sono tre velocisti, si rischia di combinare dei bei disastri…

La necessità di ruoli chiari l’ho imparata da junior. Il mio diesse era Paolo Lanfranchi, l’ex professionista. E se in volata facevamo secondo e terzo, ci mandava a casa in bici. Che due della stessa squadra si piazzino alle spalle del vincitore non si può vedere. Nel mio DNA c’è vincere, ma bisognerà fare fronte a questa situazione che resta strana.

E’ cambiato qualcosa nella preparazione per far fronte al nuovo ruolo?

Ho fatto tante più volate. Più palestra e tante più volate. Perché è un altro lavoro. L’anno scorso il mio ruolo prevedeva che lavorassi per 20-30 secondi, mentre gli ultimi 10 erano affare di Elia. Adesso tocca a me, per cui ho tolto alcuni giorni di lavoro al medio in salita e grazie alla palestra mi sento più potente, ma non credo di aver perso resistenza sugli strappi.

Palestra particolare o come in pista?

Uguale a quella della pista. Nel quartetto sono il secondo, per cui devo avere l’esplosività per non risentire del primo giro di Lamon. Sto facendo le stesse cose.

Secondo Morkov, il velocista che viene dalla pista si riconosce facilmente…

Con la pista mi porto dietro qualcosa di più, soprattutto il colpo d’occhio negli ultimi 100 metri. Però anche quello devo ritrovarlo. Finora sono andato con il pilota automatico fino ai 150 metri e poi avevo finito, invece adesso cambia anche l’approccio agli ultimi 2-3 chilometri.

Davide Cimolai aiuterà Consonni nelle prime corse, poi farà le sue volate (foto Team Cofidis)
Davide Cimolai lo aiuterà nelle prime corse, poi farà le sue volate (foto Team Cofidis)
In che modo?

Quando hai il velocista a ruota, devi stare sul lato giusto della strada per tenerlo al coperto. Sai che dai meno 5 prenderai aria e dovrai fare le classiche passate in gruppo per portarlo davanti casomai fosse rimasto indietro.

Ci sarà un pilota per Simone?

Nessuno assegnato in pianta stabile. Al Saudi Tour ci sarà Cimolai, che viene da una storia simile alla mia. Doveva essere una corsa poco combattuta, invece ci saranno Gaviria, Groenewegen e pure Cavendish. Cimolai ci sarà anche ad Almeria, poi prenderà la sua strada verso le classiche e le sue volate. Non avrò un treno di riferimento e dovrò creare il giusto feeling con l’ultimo uomo.

Qualche idea?

C’è Walsheid che lo faceva per Nizzolo e anche Coquard potrebbe fare la sua parte. In ritiro l’ho trovato concentrato e forte. La strada darà le sue gerarchie. In allenamento ridevamo e scherzavamo, ma le volate che abbiamo fatto sono come le prove del quartetto a Montichiari, che sorridevi ma non mollavi un metro. Cimolai mi stava dietro e per saltarmi si è spaccato il fegato. Mentre io per non farmi passare ho sputato l’anima. Una situazione che in ritiro ci ha spronato. Questa abbondanza potrebbe farmi bene, se non hai stimoli non migliori. Come con il quartetto olimpico.

La squadra correrà ancora su De Rosa, ma quest’anno con ruote Corima (foto Team Cofidis)
La squadra correrà ancora su De Rosa, ma quest’anno con ruote Corima (foto Team Cofidis)
Nel frattempo avete cambiato le ruote…

Siamo passati da Fulcrum a Corima e mi trovo ugualmente benissimo. Rispetto alla doppia scelta di Fulcrum, con cerchi da 44 e 58, Corima ci dà più profili in base ai diversi percorsi.

I velocisti usano ormai tutti il 54: fai così anche tu oppure da buon pistard sei più agile?

Uso il 54 anche io, ma in certi giorni per le volate servirebbe il 55. L’anno scorso in Belgio, in una delle ultime corse vinte da Viviani in circuito, visto che prima della volata c’era la discesa di un cavalcavia, Elia ha chiesto al meccanico di cambiargli la guarnitura e di mettere il 56. Ha cambiato bici e alla fine ha vinto.

Cosa ti porti degli ultimi due anni con Elia?

Tante cose, anche se sono stati più i momenti brutti di quelli belli. Però quando nell’ultima parte di stagione abbiamo ingranato, è stato bellissimo. Vedergli vincere la prima maglia iridata in pista è stato emozionante. Porto con me due anni bellissimi in cui mi sono proprio divertito e impegnato. Elia è uno preciso, è impressionante come analizzi ogni cosa e questo credo di averglielo rubato. O almeno ci sto provando.

Vedere Viviani vincere il primo mondiale su pista è una delle gioie del 2021 per Consonni
Vedere Viviani vincere il primo mondiale su pista è una delle gioie del 2021
Come sarà fare volate contro di lui?

Quando hanno annullato l’Argentina, gliel’ho detto: «Cerca di non venire a rompere!». Sarà strano. Neppure lui avrà il treno, per cui spero di non trovarmelo in mezzo al gruppo. Non sarà facile, ma succederà. E vorrà dire che ci daremo qualche testata e qualche gomitata… in amicizia!

Perché sarà strano?

Perché quando ero junior, avevo la cartolina col suo autografo. L’ho sempre visto come il prototipo del corridore che fa doppia attività. Sarà strano sfidarlo, ma non sarà la prima volta. E’ già successo. Al UAE Tour del mio debutto e poi a Dubai e anche nella mia prima Vuelta. Lui era già Elia Viviani, io ero un ragazzino. Ma adesso sono cresciuto.

Canola, parole da leader e tanta voglia di vincere

20.12.2021
4 min
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«E’ un lavoro difficile – dice Canola – prima vivevo di sogni, ero molto ingenuo. Ho scoperto invece che il professionismo è un continuo rinnovarsi. Ogni anno fai le stesse cose, ti alleni bene, mangi bene… devi essere predisposto. Negli anni sono diventato un riferimento per i compagni, mi piace. Ma giusto stamattina in allenamento ho pensato che vorrei proprio vincerne un’altra. Se tutto va come spero, nel 2022 verrà il momento di alzare le braccia al cielo. L’ho anche sognato tante volte in questo periodo, sapete? Un colpo di mano nel finale e l’arrivo in solitaria. La vittoria dà un senso superiore a questa fatica. E io credo nel destino. Quando insisti tanto per ottenere qualcosa, alla fine la raggiungi...».

Nel 2021 da neopro’, Canola si presenta con una vittoria al Tour de Langkawi
Nel 2021 da neopro’, Canola si presenta con una vittoria al Tour de Langkawi

Rivelazione al Giro

Marco Canola ha 32 anni e in carriera ha vinto 9 corse. La prima a 24 anni in Malesia, la seconda a 26 sul traguardo di Rivarolo Canavese al Giro d’Italia. Dalla Bardiani passò dunque alla United Healthcare, poi due anni con 7 vittorie alla Nippo-Fantini e quando questa chiuse i battenti nel 2020 è arrivato alla Gazprom-Rusvelo. C’era tutto perché il percorso di vittorie riprendesse eppure la caduta di Mallorca, di cui s’è già parlato senza darle la giusta importanza, ha congelato le sue speranze.

«L’anno scorso – racconta – ho avuto un grosso incidente e c’è voluto tanto tempo per riprendermi. Nel 2021 ho avuto il miglioramento che speravo, ma ugualmente mi sentivo lontano dal Marco della Nippo. Non ero andato via di lì senza vittorie, pensavo di arrivare qui e dare la svolta, invece non ero più me stesso. Durante la corsa, ma anche nei finali dove normalmente diventavo una bestia. Ero come… spento. Il meccanismo era come grippato. Ho sentito un mental coach. Ho sentito soprattutto un neurologo e alla fine abbiamo trovato che c’era qualche complicazione a livello clinico che ora è rientrata. Per questo penso che non sarebbe proprio male alzare le braccia. Anzi, mi ci vorrebbe proprio…».

Nel 2014 vince la volata sul gruppetto in fuga. Così Canola si porta a casa la tappa di Rivarolo Canavese al Giro
Nel 2014 vince in volata la tappa di Rivarolo Canavese al Giro
La ripresa arriva al momento giusto, visto il nuovo vento che si respira in squadra, no?

Sedun sta incidendo profondamente, penso si capisca anche da fuori. Abbiamo cambiato pelle ed è merito di Renat (Khamidulin, general manager della Gazprom, ndr) aver colto l’attimo per la svolta. In questa squadra c’è sempre stato grosso potenziale, ma nessuno era riuscito a organizzarla per tirarlo fuori. Ora sembra che grazie al lavoro di tanti, questo stia accadendo. Ci sono stati arrivi importanti grazie ai quali sono certo che prenderemo il volo.

Fra i preparatori c’è Benfatto, una tua vecchia conoscenza…

Siamo stati compagni di squadra e soprattutto avversari e ora mi ritrovo a lavorare con lui. Da allievi e da juniores non passava corsa senza che ce le dessimo. Però non c’è mai stato un battibecco, forse perché sono state di più le mie vittorie delle sue (ride, ndr). 

Quando hai saputo che sarebbe diventato preparatore alla Gazprom?

Un giorno mi scrive e mi dice che vuolle parlarmi. L’ho chiamato e mi ha dato l’anticipazione. Sono contento, è un bell’acquisto. E dopo tanti anni di carriera potrà essere utile.

Giusto, la carriera: a che punto sei?

Un punto importante. Sono passati due anni da quando sono qui. Volevo vincere subito, invece a causa della caduta mi sono ritrovato a fare un bel lavoro con i compagni, costruendo le nuove leve. Mi piace essere riferimento per i giovani. Li sprono. Gli do consigli. Gli suggerisco le decisioni da prendere in corsa. Sono io quello che li aspetta quando sono in difficoltà, che tira e dà l’esempio. Arrivo prima degli altri agli allenamenti. I ragazzi devono capire che non bisogna sprecare il tempo, ma anche che non si può avere tutto e subito (le sue parole rimandano direttamente alla definizione di leader, approfondita nei giorni scorsi, ndr). Ma io di base voglio ancora vincere.

Al Giro di Germania, mettendo la firma su un finale di 2021 più convincente
Al Giro di Germania, mettendo la firma su un finale di 2021 più convincente
Esiste la ricetta giusta?

Ci do dentro. Non mi tiro indietro di un solo metro, martello se vedo che si batte la fiacca. Non si vince da soli, bisogna creare il gruppo. E soprattutto non bisogna dimenticare che oltre al professionismo, c’è una componente di divertimento che non va dimenticata. Altrimenti non duri.

Forse per questo oggi tanti faticano a tenere la motivazione?

Essendo sempre molto tirati, c’è una linea sottile su cui essere in equilibrio ed è molto facile cadere dall’altra parte. Poi risalire non è per niente facile. Il ciclismo non è per tutti, auguro a tutti una bella carriera. Ma adesso mi concentro su di me, so che ho tanto da dare e ho proprio voglia di farlo.

Il ritratto del leader: non basta essere imposti

15.12.2021
4 min
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Hanno fatto un po’ pensare le dichiarazioni di Primoz Roglic a Cyclingnews, poi chiarite dallo stesso sloveno (in apertura nella vittoria alla Milano-Torino), sull’avere chiarezza circa il suo ruolo e quello di Van Aert al prossimo Tour de France. Sa solo Roglic se in qualche modo soffra la personalità del belga e magari le sue parole sono state fraintese, però hanno fatto pensare a un passaggio di quel famoso libro di Guillaume Martin, leader della Cofidis alla seconda pubblicazione, in cui parla del ruolo dei comprimari rispetto ai vincitori e dei leader imposti dall’alto.

«Viviamo in un mondo – dice Martin – che esaspera le piccole differenze, che le amplifica. Oggi sono diventato il leader di una squadra e come tale godo di uno status radicalmente diverso da quello dei corridori che dominavo a fatica nelle categorie amatoriali. E’ così che funziona il mondo e io lo vedo, ma soprattutto forse non è così che dovrebbe funzionare. Vedo male i leader imposti dal management della società».

E così, mentre leggendo si pensava allo schematismo del Team Ineos Grenadiers o alla difficile coabitazione degli anni scorsi fra i tanti leader della Movistar, abbiamo pensato di rivolgerci alla dottoressa Manuella Crini, psicologa, per indagare sulla figura del leader. Chi è il leader? E perché viene riconosciuto dai compagni?

Fra Pantani e i suoi gregari un rapporto basato sulla stima, sul carisma e sulle dimostrazioni
Fra Pantani e i suoi gregari un rapporto basato sulla stima, sul carisma e sulle dimostrazioni

L’empatia del leader

Il piccolo Pantani era quasi venerato dai suoi compagni, che nel corso degli anni lo hanno supportato e sostenuto, facendogli scudo da critiche di ogni tipo e lavorando per lui oltre il limite della fatica. Nessun dubbio che fosse lui il solo capitano della squadra. Per il suo carisma e per le parole chiare di Luciano Pezzi, che creò quella Mercatone Uno, che al momento della presentazione disse parole chiarissime.

«Martinelli è il direttore sportivo e ha voce in capitolo sulle decisioni – disse Luciano – ma Pantani è il capitano».

«Dipende da come è calato il leader nella squadra – spiega la dottoressa Crini – se la sua qualità viene riconosciuta. Chiaro che se la squadra ha la sensazione che il leader sia lì per una forma di raccomandazione, difficilmente avrà la credibilità che serve. Detto questo e proprio per il tipo di stima su cui si fonda il ruolo del leader, non è neanche detto che il leader debba essere il più forte, perché magari è quello che riesce a far girare al meglio i corridori attorno a quello più forte. Se però non hai toccato con mano quel carisma, è difficile riconoscerlo. Il leader deve avere capacità empatiche, ma detto questo ogni gruppo ha la sua vita, per cui non esistono leggi universali che ne regolano il funzionamento».

Froome e Thomas, alla pari al via del Tour 2018, che poi premiò il secondo
Froome e Thomas, alla pari al via del Tour 2018, che poi premiò il secondo

Il riconoscimento del leader

L’affermazione sul leader che non è necessariamente il più forte ci lascia un po’ interdetti, c’è bisogno di vederci con maggiore chiarezza, per cui il discorso riparte.

«La storia è piena di leader acclamati quindi riconosciuti  – prosegue Manuella, avendo intuito la perplessità – ma non è detto che avessero le qualità per esserlo. Il leader è colui che in un modo o nell’altro porta obiettivo e vittorie. Chi ha una fama, una nomea e un vissuto ha facilità di essere riconosciuto. L’intoccabile perché protetto dai capi non ha grosso riconoscimento. Il leader è una persona con capacità che viene poi riconosciuta per quello che riesce a fare, innescando una trasposizione fra il passato e l’attualità. Ti riconosco la stima per quello che sei stato, ma devi confermarlo con quello che fai».

Nel mondo del lavoro

E’ così in ogni ambito, anche quello professionale. Nessuno ti segue se non ti riconosce dei meriti e se non sei in grado di confermarli quotidianamento con l’esempio.

«L’ambito della leadership – conclude Manuella – è difficile da affrontare nella vita quotidiana. Una cosa che mi sento di aggiungere sulla figura del leader è che non deve lasciarsi influenzare dagli altri e, al giorno d’oggi soprattutto, deve avere fra le sue competenze anche la capacità di comunicare, altrimenti perde il favore del gruppo».

Con questi altri pensieri da coltivare, ce ne andiamo in giro pensando a quali leader delle squadre che frequentiamo abitualmente abbiano questo carisma, la capacitò di comunicare e la fedeltà assoluta dei compagni. Secondo voi quali nomi si potrebbero fare?

Olympia Leader, numero uno di nome e di fatto

04.06.2021
2 min
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Olympia è uno dei marchi che hanno fatto la storia della bicicletta in Italia essendo nato addirittura nel 1893. Il modello di riferimento per il settore strada è la Leader. La scelta del nome non è casuale, dal momento che si tratta del top di gamma della collezione. Una bici con caratteristiche di eccellenza, tra le quali spicca sicuramente la leggerezza. Infatti il telaio pesa appena 850 grammi.

Tre tipi di carbonio

I disegno dei tubi abbandona la sezione tonda e vede sagomature pensate per accrescere solidità e aerodinamica. Il raccordo fra i segmenti nella zona del cannotto di sterzo (solido e affidabile, da 1-1/2 x 1-1/2) fa pensare a prima vista a un comparto molto rigido. Il telaio è monoscocca e nel costruirlo, in funzione delle porzioni e delle caratteristiche strutturali da conferire loro, si sono combinate tre tipologie di carbonio Toray: T1000, T800 e M40J. Per la sua realizzazione, Olympia ha fatto ricorso alla tecnologia EPS, che produce una superficie interna perfettamente levigata e priva di materiale di riporto in eccesso. In questo modo si ottiene una struttura più compatta, leggera e rigida. Per compensare la grande rigidità dell’avantreno, l’avancorsa è stato allungato e il rake della forcella (anch’essa monoscocca in carbonio) è stato portato a 42 millimetri.

La bici Leader, top di gamma dell’intera collezione Olympia
La bici Leader, top di gamma dell’intera collezione Olympia

Rigida e confortevole

E’ una bici rigida, confortevole e soprattutto versatile: per le sue caratteristiche esprime ottime potenzialità su ogni terreno. Reattiva in salita, aerodinamica in pianura, guidabile in discesa.

Come tendenza vuole, anche la Olympia Leader è montata con freni a disco Sram Force Etap AXS , a beneficio della sicurezza e della guidabilità. E’ equipaggiata con il gruppo Sram Force Etap AXS, le ruote sono a scelta fra tre modelli. Le Miche Race DX, le Vision Metron SC40 DB Carbon oppure le Vittoria Qurano 46 Disc con coperture a scelta fra Vittoria Rubino PRO G2.0 e Vittoria Zaffiro PRO G2.0. La sella è una Selle Italia SP-01. Per chi invece volesse optare per il gruppo Shimano, l’azienda di Piove di Sacco offre l’opportunità di montare la bici con l’Ultegra FC-8000.

olympiacicli.it

Parla il capo: Nibali è un vero leader

03.10.2020
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Poche ore al via del Giro d’Italia. Le squadre si stanno preparando per la ricognizione della crono d’apertura. E’ una crono davvero particolare essendo quasi tutta in discesa. In questa fase di attesa facciamo due chiacchiere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo di Vincenzo Nibali.

Luca, cosa significa partire per il Giro con Nibali in squadra, per di più dalla sua Sicilia?

E’ già importante esserci, vista l’annata particolare. Avere Nibali è uno stimolo in più per tutti noi. Credevo che Vincenzo potesse smettere nella squadra che aveva scelto tre anni fa. Invece si è ricreata questa opportunità e vogliamo sfruttarla al massimo. C’è davvero una bella atmosfera.

Vincenzo è un vero leader?

Assolutamente sì. Ormai ha un esperienza tale che anche gli altri gli riconoscono questo suo ruolo.

Guercilena
Giro d’Italia 2020, da sinistra: Gianluca Brambilla, Julien Bernard e Vincenzo Nibali
Da sinistra: Bernard e Nibali
Cosa ti fa credere che Nibali possa ancora essere vincente?

I campioni sono campioni sempre. Quello che fa la differenza è la motivazione e questa con lui non è un problema.

Riguardo alla preparazione sei intervenuto anche tu, il capo?

Come in tutti i team ci coordiniamo. Da anni ormai c’è uno staff collaudato con Josu Larrazabal che pianifica il lavoro. Da quest’anno si è aggiunto anche Paolo Slongo, che è il punto di riferimento di Vincenzo. Lui ha le sue idee, ma come tutte le persone intelligenti, si è aperto alla discussione.

Si teme che il Giro non possa arrivare a Milano. Voi correrete come se ci fossero da fare le tre settimane o magari pensando che possa terminare prima?

Noi correremo come se dovessimo arrivare a Milano. Anche perché per noi la terza settimana è la migliore. E’ quella in cui Nibali può fare la differenza. Poi vedremo se ci sarà da raccogliere qualcosa prima.

Giulio Ciccone non sta ancora benissimo, dopo aver avuto il covid. Almeno in queste prime tappe il suo lavoro ricadrà su Nicola Conci?

Tutti i ragazzi sanno che devono dare il massimo per Vincenzo. Loro sanno che in queste prime frazioni Giulio potrebbe non essere in condizione. Sono motivati e sapranno svolgere il loro lavoro. Con la speranza che poi anche Ciccone sarà pronto più avanti.