EDITORIALE / Perché hanno lasciato Van Aert da solo?

03.07.2023
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Qualcosa che scricchiola c’è. Magari si tratta del necessario assestamento delle prime tappe, magari la condizione non è quella sperata, ma di certo la Jumbo-Visma che ieri ha lasciato solo Van Aert nella rincorsa al possibile successo di tappa è parsa differente dalla corazzata coesa e infallibile del 2022. Wout (in apertura nella foto Jumbo-Visma) avrebbe meritato altro aiuto.

Sin da quando Pello Bilbao ha attaccato nella discesa dell’Alto de Jaizkibel, il belga si è trovato a condurre l’inseguimento in prima persona. Stessa cosa quando l’attacco è venuto da Pidcock e poi da Skjelmose. Vingegaard era lì, ma (giustamente) non si è mosso. E così Wout ha dovuto chiudere da sé sprecando le forze che non ha avuto in volata. Aveva al suo fianco Benoot e Keldermann, che però si sono fatti trovare impreparati o in coda al gruppo. Visto che anche Kuss ha perso le ruote in salita (Sepp ha corso il Giro ed è credibile che abbia iniziato il Tour dovendo ancora crescere), sarebbe preoccupante trovarsi con gregari a corto di gambe già il secondo giorno. Problema inedito e incredibile, data la precisione millimetrica del team olandese in ogni cosa che faccia.

All’inseguimento di Pidcock, dopo aver tirato dietro Bilbao. Benoot e Kelderman sono dietro a bocca aperta
All’inseguimento di Pidcock, dopo aver tirato dietro Bilbao. Benoot e Kelderman sono dietro a bocca aperta

Le parole di Jonas

Ancora più strane suonano le dichiarazioni di Vingegaard dopo la tappa, quando gli è stato fatto notare l’apparente scollamento nella squadra. Non spettava a lui lavorare per Wout, anche se forse una mezza tirata nel finale non gli avrebbe portato via le energie per vincere il Tour e sarebbe stata un buon investimento in vista delle fatiche che certamente saranno richieste al belga nel prosieguo della gara.

«Sono contento della mia condizione – ha raccontato ieri sul traguardo di San Sebastian – sono dove volevo essere, ma oggi eravamo venuti per vincere. Credo di aver fatto il possibile per Wout. Avrei potuto essere egoista e andare via con Pogacar in discesa, ma non gli ho dato cambi. Ho fatto quello che dovevo per aiutare Wout. Non è molto corretto dire che non ho fatto quel che dovevo. Abbiamo obiettivi diversi, ma siamo tutti molto delusi, anche io. Volevamo davvero che vincesse oggi. Ma Lafay è stato davvero impressionante, con un buon attacco, non siamo riusciti a riprenderlo e si è meritato la vittoria».

Vingegaard sui rulli dopo la tappa: il danese respinge le critiche e dice di aver fatto il possibile per il compagno
Vingegaard sui rulli dopo la tappa: il danese respinge le critiche e dice di aver fatto il possibile per il compagno

Lo sfogo di Wout

Dopo l’arrivo, Van Aert ha picchiato il pugno sul manubrio, ha gettato la borraccia a terra e si è rifugiato sul pullman, dopo avervi poggiato contro la bici con veemenza. Poi, fatta la doccia, ne è sceso con il cappellino girato e un sorriso forzato. Non ha rilasciato dichiarazioni e ha chiesto di essere portato in hotel con l’ammiraglia. Anche in questo caso, potrebbe non esserci sotto nulla: capita che i leader vogliano guadagnare tempo rispetto al protocollo. Sarà così?

Si può perdere una corsa e finora il belga ha sempre dimostrato di saper stare al gioco, commentando ogni sconfitta. Una reazione così plateale fa pensare che qualcosa non abbia funzionato. La stessa dinamica della volata è stata paradossale. Mentre Lafay addentava gli ultimi metri, Keldermann e Benoot non hanno avuto gambe per provare a chiudere e lo stesso Van Aert, certamente stanco, ha esitato troppo prima di partire. Probabilmente è presto per parlare di tradimento, ma se picchiare il pugno sul tavolo serve a pretendere che gli venga restituito quel che ha sempre fatto per la squadra, allora Wout ha scelto di essere subito chiaro.

«Sciocchezze totali – dice il diesse Grischa Niermann – se qualcuno ha sbagliato, sono io. Il mio obiettivo era che Vingegaard fosse a ruota di Pogacar per stare con lui negli sprint e perdere meno possibile con gli abbuoni. Quando Lafay ha attaccato, non era compito di Jonas passare in testa. E’ stata una mia scelta dire a Tiesj e Wilco che cercassero di colmare il divario».

Alla vigilia della partenza, Vingegaard e Van Aert provano il percorso di Bilbao. Regna l’accordo
Alla vigilia della partenza, Vingegaard e Van Aert provano il percorso di Bilbao. Regna l’accordo

Il 2023 (finora) opaco

A margine di tutto ciò, va annotato che non tutti gli anni sono uguali e il Van Aert del 2023 è lontano parente del portento dello scorso anno. Ce ne siamo accorti sin dalle prime corse e nelle grandi classiche. Dopo una stagione da cannibale nel cross, in cui si è divertito a vincere una mole notevole di gare (9 vittorie su 14 gare disputate), Wout si è presentato al via della stagione su strada convinto di aver recuperato come al solito, invece così non è stato. E Van der Poel, che quest’anno ha adottato una tattica più cauta, lo ha battuto nei mondiali di cross poi alla Sanremo e alla Roubaix (vinte entrambe) e al Fiandre, in cui meglio di entrambi ha fatto Pogacar. Forse il continuo crescere del livello richiede scelte nei programmi o magari nell’avvicinamento al Tour, Van Aert ha seguito strade diverse: ad esempio qualcuno continua a dire di vederlo molto più magro che in passato: scelta ponderata in vista delle montagne?

Solo i corridori e lo staff della Jumbo-Visma sanno quali siano effettivamente i rapporti dietro alle porte chiuse, ma di certo quel che abbiamo visto ieri stride rispetto alla infallibile macchina da guerra del 2022. Per ora, in un teorico scontro fra squadre, la UAE Emirates sta conducendo il gioco con maggior convinzione. Ma il Tour è appena iniziato, ci sarà il tempo per ribaltamenti e riscritture. Intanto sarà bene applicare qualche goccia d’olio, che metta a posto gli scricchiolii di troppo.

Corazzata Jumbo. UAE più forte in salita. Sorpresa Lidl

01.07.2023
7 min
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Si dice sempre che al Tour de France vanno i migliori corridori e probabilmente è vero. Ma qualche eccezione può esserci. La squadre si tirano a lucido per la Grande Boucle. Dai pullman che cambiano livrea, come quello della Jumbo-Visma, alle maglie rifatte per l’occasione, come hanno optato diversi team tra cui Bahrain-Victorious e Movistar, tra l’altro bellissime.

Ma al netto dei colori, nel vero senso della parola, resta la sostanza delle formazioni presentate. Chi c’è, chi non c’è. Chi è più forte e perché? Un’analisi che facciamo con Moreno Moser. Il trentino non solo ha passato in rassegna le squadre, ma ci ha detto qualcosa di più su alcuni corridori. Parola dunque al Moreno.

Moreno Moser (classe 1990) ha corso fino al maggio 2019. Ora è anche un commentatore per Eurosport (foto Instagram)
Moreno Moser (classe 1990) ha corso fino al maggio 2019. Ora è anche un commentatore per Eurosport (foto Instagram)
Moreno, chi c’è, chi manca: che squadre vedi?

Il livello è molto alto, come al Giro d’Italia del resto, ma quello che fa differenza al Tour, e di conseguenza nell’andamento della corsa, sono gli uomini che completano le squadre. Uomini che mediamente sono più forti, anche per fare i gregari. Al Giro c’è il capitano e poi una bella differenza fra lui e gli altri. In Francia no. In Francia la fuga è più interessante, più difficile da riprendere, in quanto gli attaccanti spesso sono gli uomini delle classiche. E questo rende la corsa meno scontata.

Chiaro, si alza il livello medio…

E fanno la fanno differenza in un grande Giro. Non ci sono solo quei due o tre uomini di classifica, da quando hanno iniziato a mettere le tappe mosse la qualità è aumentata. Prima Petacchi vinceva nove tappe, perché ce n’erano 12 per velocisti. Con altri percorsi entrano in ballo altri protagonisti.

Si dice che al Tour ci vada sempre la squadra più forte, ma in casa Ineos Grenadiers non ci sembra così. Quella del Giro era più forte secondo noi. Sei d’accordo?

Assolutamente sì. La Ineos deve inventarsi qualcosa. Non viene al Tour per la maglia gialla, a meno che non accada qualcosa d’incredibile. Magari potranno portarsi a casa un paio di tappe. Chiaro, un Bernal, un Martinez proveranno a fare classifica, ma senza il supporto dei compagni. Poi possono anche essere più pericolosi quando corrono così. Penso a Kwiatkowski che corre con un occhio davanti e uno dietro, anche quando deve controllare la squadra. In questo Tour ha un ruolo importante e magari riuscirà a trovare i suoi spazi già da oggi. Uno come lui vince anche “non di gambe”. O non solo con quelle almeno.

Egan Bernal, così come i compagni Pidcock e Martinez non danno certezze per la classifica
Egan Bernal, così come i compagni Pidcock e Martinez non danno certezze per la classifica
Passiamo al piatto forte: la sfida tra UAE Emirates e Jumbo-Visma…

Entrambe sono belle squadre. La UAE ha Majka che è un ottimo corridore, idem Yates che in teoria è un capitano. Soler, Grosschartner… Poi è ovvio: la Jumbo resta una corazzata che fa sempre paura. Però a livello di squadra credo che la UAE sia più forte in salita.

Agli olandesi mancano Roglic e Kruijswijk, però hanno Kelderman e Kuss, che se fosse quello del Giro…

Esatto, poi hanno anche Van Aert che può fare qualsiasi cosa, ma non credo abbia i numeri per certe salite. Per me loro pensavano di avere Kruijswijk e in qualche modo questa formazione è un aggiustamento. Tuttavia credo anche che abbiano fatto la squadra in base al percorso.

Cioè?

Non è come al Giro che c’erano tanti salitoni: qui le salite non mancano, ma ci sono più tappe mosse che tapponi e quindi hanno costruito la formazione in base a queste esigenze, consci di pagare qualcosa in salita. E quindi Van Aert, che non è uno scalatore puro, è ottimale. Mentre la UAE Emirates ha i passisti o gli scalatori puri.

A ruota di Pogacar una squadra solida e fortissima in salita
A ruota di Pogacar una squadra solida e fortissima in salita
Ci sono poi altre squadre buone, pensiamo alla Bora-Hansgrohe e alla Bahrain-Victorious. Cosa ne pensi?

Belle squadre, ma scendiamo di tanto. Questo Tour, salvo imprevisti, è un discorso a due. Vingegaard e Pogacar sono di un altro pianeta, fanno un altro sport. Quest’anno dovunque abbiano corso, hanno dominato e Pogacar lo ha anche battuto, con un certa cattiveria agonistica come a dire: «Il re sono io!». Per assurdo l’incidente alla Liegi potrebbe riequilibrare le cose e aggiungere narrazione alla corsa. Dicono che Vingegaard potrebbe approfittare del fatto che Tadej sia meno in condizione sin dalle prime frazioni…

E Pogacar ha detto che sta bene, ma non è al top…

Secondo me in casa UAE stanno facendo della strategia, dicendo che non si possono fare miracoli, che non partono favoriti. Che Adam Yates è pronto a fare il capitano… Alla fine Tadej potrebbe essere più fresco di Vingegaard e potrebbe uscire nella terza settimana. Spero solo che non abbia accelerato troppo i tempi. Comunque ha vinto i titoli nazionali con margini enormi. Spero non sia caduto in questo errore. In generale dico che è bello questo duello. Ed è bello che si rinnovi già da due o tre anni: lo sport vive di queste sfide prolungate.

Moreno, passiamo ad altre squadre o altri corridori: chi ti piace?

Mi piace il giovane della Lidl-Trek, Mattias Skjelmose. Ha fatto bene allo Svizzera, ha una buona gamba. Poi c’è Landa, ma su di lui non so cosa dire. E’ difficile parlarne. In salita è forte, fortissimo. Se si facessero le corse come tra gli allievi, col piattone e la salita finale sarebbe lo scalatore più forte al mondo o quasi. Invece gli manca sempre qualcosa. Poi ci sono tanti altri, a cominciare da Hindley. Vanno considerati anche O’Connor, Gaudu, Bardet, Mas… ma tutti loro non danno certezze.

La Lidl-Trek ha corridori di qualità e in forma: è fra le squadre preferite da Moser
La Lidl-Trek ha corridori di qualità e in forma: è fra le squadre preferite da Moser
Tra questi, forse Mas ha qualcosa in più, ma paga qualcosa in termini di squadra…

Però è anche vero che uno come lui “sta lì”. Non deve fare le azioni. Deve correre di rimessa. Ma torniamo al punto di prima: salvo imprevisti, cadute o malattie, nessuno può impedire a quei due di giocarsi la vittoria.

Una squadra forte, ma da valutare secondo noi è la EF Education-Easy Post. Hanno Carapaz che nelle ultime stagioni ha dimostrato di lottare anche a livelli altissimi, ma poi portano Bettiol, Powless, Cort… che vanno a caccia di tappe…

Con Pogacar e Vingegaard quasi tutte le squadre sanno che non potranno vincere e allora si regolano portando una formazione per vincere le tappe. Perché okay il piazzamento, ma un quarto o un quinto posto senza neanche una vittoria di tappa lascia l’amaro bocca. Un podio senza tappe è già diverso. Alla fine hai la foto che conta, ma senza sei “invisibile”. Senza un successo di tappa il quarto posto lo apprezziamo noi addetti ai lavori, la gente no. Agli sponsor fa piacere la foto dell’arrivo con quella bici, quelle scarpe, quegli occhiali… specialmente al Tour. Io capisco invece la EF.

Altri team?

Ce ne sono tanti che ci potranno far divertire. Mi vengono in mente la Intermarché-Circus con Girmay e la Alpecin-Deceuninck con Van der Poel, ma certo non aspettiamoci un Tour divertente come quello dell’anno scorso perché sarebbe alto il rischio di restare delusi! Poi se accade tanto meglio. Ma ora che ci penso una squadra che mi piace tanto nel suo insieme c’è.

Riuscirà Sagan a vincere ancora una tappa? «Bello, ma difficile», per Moreno Moser
Riuscirà Sagan a vincere ancora una tappa? «Bello, ma difficile», per Moreno Moser
Quale?

La Lidl-Trek perché ha tanti uomini bravi. Ciccone sta andando veramente forte e può vincere una o più tappe e può pensare davvero di portare a casa la maglia a pois. Ci sono poi corridori come Pedersen, Simmons, Juan Pedro Lopez e questo Skjelmose, come ho detto prima.

Capitolo velocisti. Una volta il Tour era una manna per loro, adesso hanno meno chance. Chi vedi favorito anche al netto della squadra che hanno alle spalle?

Il mio preferito in assoluto è Jasper Philipsen e per me e dominerà lui gli sprint. Poi c’è il solito Jakobsen (Soudal-Quick Step). E c’è Ewan che ha lavorato bene con il nuovo treno della sua Lotto-Dstny. Senza dimenticare Van Aert che alla bisogna si butterà dentro, anche se non mi sembra avere la stessa gamba dell’anno scorso. E poi c’è il sogno…

Spara!

Peter Sagan. Sarebbe bellissimo per lui, anche al netto delle recenti vicissitudini, e per il movimento intero se riuscisse a chiudere la carriera con un trionfo al Tour, ma la vedo dura.

Jumbo verso la terza rosa? Ecco cosa rispondono

23.06.2023
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Qualche giorno fa a Trieste al termine del Giro NextGen ci è venuta in mente subito una suggestione. Dopo il trionfo di Roglic al Giro d’Italia e quello di Staune-Mittet nella gara riservata agli U23, la Jumbo-Visma potrebbe fare tripletta al prossimo Giro Donne?

Per la verità questo interrogativo inizialmente ha rischiato di non essere preso nemmeno in considerazione, ma la recente conferma ufficiale di PMG Sport/Starlight (società organizzatrice) sul regolare svolgimento della corsa a tappe femminile ci ha fatto dirottare la nostra curiosità verso i tecnici del team olandese.

Secondo Carmen Small la sua Jumbo-Visma non è interessata a fare classifica al Giro Donne
Secondo Carmen Small la sua Jumbo-Visma non è interessata a fare classifica al Giro Donne

Certo, la Jumbo-Visma Women non è la formazione principalmente accreditata per la vittoria finale, ma quando schieri al via “sua maestà” Marianne Vos (tre successi al Giro Donne e trentadue di tappa) tutto è possibile, anche se lei non è più la cannibale delle classifiche generali come un tempo. E così abbiamo coinvolto la diesse statunitense Carmen Small per scoprire come correrà la sua Jumbo-Visma alla corsa rosa (in programma dal 30 giugno al 9 luglio).

Com’è stato il vostro approccio alla corsa considerando che si sapeva poco del percorso?

Abbiamo costruito la nostra squadra con diversi obiettivi in mente. Principalmente per le atlete, con il loro sviluppo nell’avvicinamento alla gara, e poi non solo a seconda di come sarebbero andate le varie tappe. Abbiamo però tenuto conto anche degli altri appuntamenti importanti stagionali come il Tour Femmes e i campionati del mondo. Naturalmente conoscere le tappe in anticipo è sempre utile, ma non avrebbe cambiato la composizione della nostra squadra.

Per quello che avete visto e sentito, vi piace il percorso?

Per la nostra formazione è un buon mix di tappe di diverso tipo. Speriamo che la corsa sia sempre emozionante e che anche le altre squadre possano correre duramente o cogliere le giuste occasioni per animare la gara. Non tutti i giorni saranno validi per la generale quindi credo si potranno vedere tante fughe e anche volate di gruppo.

Cosa ne pensi del giorno di riposo (e trasferimento) a due tappe dalla fine?

Onestamente devo dire che è bello tornare in Sardegna anche quest’anno. Nel 2022 le tappe sono state davvero difficili per il caldo ed il vento. Le strade non sono mai pianeggianti, quindi sarà interessante vedere la stanchezza accumulata prima delle ultime due tappe e cosa succederà. Credo che inciderà tanto, anzi sarà necessario il recupero dopo un giorno di viaggio.

Chi saranno secondo te le protagoniste della corsa?

Difficile rispondere in maniera secca o precisa. Credo che le squadre stiano correndo in modo un po’ diverso in quest’ultima parte della stagione. I direttori sportivi e i corridori stanno cambiando le loro strategie per capire come vincere. E’ emozionante perché ogni squadra si presenta alle gare con un roster forte e sembra che la maggior parte di loro cerchi di utilizzare i propri corridori in modo diverso da quello tipico. Si vede maggior aggressività, si prendono rischi e non aspettano solo di vedere come vanno le cose. Al momento, a parte il Team DSM, non ho visto altre formazioni, quindi è difficile dire qualcosa sulle squadre.

Due tappe per Vos alla Vuelta. Anche al Giro Donne dovrebbe puntare solo ai successi parziali
Due tappe per Vos alla Vuelta. Anche al Giro Donne dovrebbe puntare solo ai successi parziali
Della vostra formazione c’è un’atleta che potrebbe essere la sorpresa?

Al Giro Donne vogliamo portare delle ragazze che sappiano correre in modo aggressivo, senza subire, sfruttando magari tutte quelle situazioni favorevoli che possono crearsi. Direi che tutte le nostre atlete possono essere una sorpresa se giochiamo bene le nostre carte.

Qualcuno dice che, a parte la quinta tappa con la salita al Pian del Lupo seppur lontana dal traguardo, il tracciato potrebbe essere adatto a Marianne Vos. E’ con lei che la Jumbo-Visma punta a vincere il Giro Donne replicando ai vostri colleghi maschi?

Devo essere sincera e vi dico che non siamo particolarmente interessati alla classifica generale. Quella la cureremo al Tour Femmes con Riejanne Markus che si sta già concentrando su quell’obiettivo. Tuttavia il Giro Donne è una grande corsa e non si può tralasciare nulla perché tutto può cambiare in un solo giorno.

Lo Stelvio incorona Staune-Mittet nuova maglia rosa

14.06.2023
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PASSO STELVIO – Staune-Mittet e Faure Prost escono dall’ultima curva appaiati, la strada sotto le loro ruote sale e li respinge. Il norvegese è a tutta, così come il francese della Circus-ReUz. Vince il corridore della Jumbo-Visma Development, che esplode in un urlo liberatorio che riecheggia sulle pareti delle montagne. Il Passo dello Stelvio si è confermato il Re di questo Giro Next Gen e con i suoi 36 tornanti ha guardato tutti negli occhi, sputando sentenze.  

Subito dopo l’arrivo Johannes Staune-Mittet litiga con i rulli prima di fare defaticamento, dal volto sembra quasi che la parte più difficile della giornata sia questa. Sale in bici e pedala, si copre e pedala, di nuovo. A 2.758 metri fa freddo ed il vento non perdona. 

Nuovo leader

Conquistare il binomio tappa e maglia sullo Stelvio è un qualcosa da ricordare, un motivo di orgoglio. Staune-Mittet lo realizza pian piano, tra una pedalata e l’altra, mentre ringrazia compagni e staff. 

«Sono molto felice – racconta con un sorriso che non finisce più – abbiamo avuto una prima parte di Giro molto positiva, siamo rimasti uniti e lontani dai pericoli. L’Italia è un Paese che mi piace molto, c’è una grande passione per il ciclismo e indossare la maglia rosa è fantastico. Qui da voi ho corso molto da inizio stagione, prima la Coppi e Bartali e poi Belvedere e Recioto. Non è la mia prima volta a queste altitudini, l’anno scorso al Tour de l’Avenir abbiamo corso su Iseran e Col de la Madeleine. Ho fatto anche tanti training camp in altura dove ho imparato a gestire certe situazioni».

«Lo Stelvio è una salita mitica – conclude – vincere qui è qualcosa di eccezionale, è una giornata che non dimenticherò mai. Conquistare anche la maglia rosa ha reso questa tappa davvero leggendaria».

Faure Prost ci crede

Il francese della Circus-ReUz ha dato le prime risposte, prima di questa tappa tutti si chiedevano in che modo avrebbe reagito allo Stelvio. Secondo posto e maglia bianca di miglior giovane, una bel modo di mettere tutti d’accordo. La sua squadra si è messa davanti fin dai primi chilometri della salita ed ha imposto il ritmo. 

«Stavo bene e ci credevo – spiega Faure Prost seduto nella mixed zone – ho chiesto ai miei compagni di lavorare perché oggi era una tappa fondamentale. Forse la più importante del Giro. Era la prima volta che lottavo con Staune-Mittet, fin dalla riunione del mattino sapevamo fosse lui l’uomo da battere. E’ molto forte ed oggi ha vinto lui, ma anche io ho avuto buone sensazioni. Ora indosso la maglia bianca, ho dimostrato di stare bene e non mi accontento, punterò a quella rosa. Le prossime tappe saranno fondamentali, quella di sabato ci metterà davanti ad una grande chance». 

La grinta di Martinelli

Alessio Martinelli si ferma in cima, si sdraia e fa fatica anche a rialzarsi, i massaggiatori della Green Project-Bardiani lo devono sostenere. Lui si piega in due e respira affannosamente, poi si prende la gamba destra e la tira, i crampi mordono. 

«Ho dato tutto – racconta una volta rialzato – non potevo arrendermi, oggi era la tappa di casa. Avevo tante persone sul percorso che mi incitavano, mi sono spinto davvero oltre i miei limiti. Alla prima casa cantoniera, a 14 chilometri dall’arrivo, il gruppo ha alzato il ritmo e ho un po’ sofferto. Però ero a conoscenza del fatto che la salita spianasse e allora ho stretto i denti. Ho preferito andare su del mio passo, anche quando mi sono staccato una seconda volta non sono andato in panico. Il fatto di vedere davanti a me il gruppetto di testa mi ha aiutato a non perdermi d’animo. E’ stata la scelta giusta, alla fine sono riuscito anche ad arrivare quarto e conquistare la maglia di miglior italiano».

Kooij, quando vincere non basta mai

07.06.2023
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Olav Kooij ha un piccolo difetto: vince. Sempre e comunque. Qui in Italia abbiamo cominciato a conoscerlo un giorno di settembre del 2020, in quella stagione stravolta dalla pandemia con la Settimana Coppi e Bartali spostata a fine estate e con l’olandese che allora apparteneva al team Devo della Jumbo Visma, vincitore della prima semitappa a Gatteo a Mare. Già quell’anno portò a casa 7 successi internazionali, ma era ancora under 23.

L’anno dopo, approdato nella squadra maggiore, ha preso le misure, con sole 2 vittorie ma anche il bronzo iridato U23 in Belgio, nel 2022 ben 12 successi, quarto nella classifica dei plurivincitori e quest’anno è già ben avviato, con 5 vittorie di peso, battendo il fior fiore dei velocisti mondiali. Ma certe volte anche toccare la punta della piramide non basta a chi deve giudicare…

L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe
L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe

Un velocista… da classifica

Da qualche giorno gira nell’ambiente la notizia che a fine stagione le strade di Kooij e della Jumbo Visma si separeranno e considerando che si parla di un velocista di soli 21 anni, che nel team olandese è praticamente cresciuto, sembra davvero incredibile. Anche perché non stiamo parlando di un velocista comune.

Kooij ha una capacità innata di vincere, ma non solo le volate. E’ uno che capitalizza, che segue con attenzione l’evoluzione delle corse e che sa fare tesoro dei suoi successi, altrimenti non si spiegherebbe come nel suo curriculum spicchino anche corse a tappe come ZLM Tour o Circuit de la Sarthe.

Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili
Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili

La “fame” dello sprinter

«Puoi essere un ciclista professionista senza avere una completa mentalità vincente – affermava qualche giorno fa a Ride Magazine – ma non vai da nessuna parte se non senti dentro di te una totale voglia di emergere e di arrivare prima degli altri. Questo influisce anche sul mio modo di essere, completamente diverso quando salgo in bici.

«Per me, in quel momento, gli altri smettono di essere persone – ha spiegato Kooij arrivando anche a sfiorare il paradosso – sono avversari, corridori da superare, corridori che devono arrivare dietro quando passo la linea d’arrivo. Poi finisce tutto e si ritorna a com’era prima».

Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo
Olav con Van Der Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo

Il traguardo come una liberazione

Questi principi, sui quali fonda la sua attività, ma anche il suo modo di interpretare il mestiere di velocista lo hanno portato a essere accomunato a personaggi carismatici e caratterialmente anche spigolosi, come Cipollini o Cavendish e Kooij, onorato di essere affiancato a tali campioni, ha voluto specificare ulteriormente il suo pensiero.

«Un velocista non è come uno scalatore. In quei pochi secondi in cui si va a tutta raggiungendo velocità da auto in corsa, rischiando anche la vita come ad esempio è capitato a Jakobsen, devi avere carattere. Devi lottare per mantenere la posizione, devi avere qualcosa più degli altri per capitalizzare il lavoro di tutta la squadra e dell’intera giornata. Per questo quando taglio per primo il traguardo è come una liberazione, che ha un senso di bellezza epica per l’obiettivo raggiunto, ma anche il sapore della chiusura di una parentesi».

Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte
Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte

Un occhio verso Parigi

Questo atteggiamento lo ha portato a emergere sempre più velocemente. Chi bazzica nell’ambiente si è accorto che rispetto allo scorso anno è forse il velocista che più è progredito, tanto quanto De Lie che però ha caratteristiche un po’ diverse. Rispetto al corridore della Lotto Dstny, Kooij è velocista più puro, forse meno duttile tatticamente ma sfrontato al confronto con chiunque: «Io non ho paura di chi ho di fronte, ho il massimo rispetto per ogni avversario ma mai paura o senso di inferiorità. Posso giocarmela con tutti».

Parliamo di un ragazzo di 21 anni, che sa bene come programmare i grandi eventi tanto che molti lo additano come la vera carta da giocare al tavolo di Parigi 2024, una delle punte della spedizione arancione che non fa mistero di voler puntare alla top 5 del medagliere anche, anzi soprattutto grazie al ciclismo. Forse anche per questo la sua probabile fuoriuscita dalla Jumbo Visma non lo porterà lontano, visto che i “cugini” del Team Dsm si sono detti subito pronti ad accoglierlo. Meno vincolati alle esigenze di classifica dei loro capitani e più pronti a costruire un treno intorno a lui. Perché le vittorie contano e lui ne garantisce in buon numero…

I momenti del trionfo: Affini (senza voce) racconta

29.05.2023
5 min
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ROMA – Solo una manciata di ore prima i corridori erano ancora in Friuli Venezia Giulia, a Trieste. Erano in attesa del volo che il Giro d’Italia gli aveva prenotato per arrivare a Roma. Le emozioni della giornata rosa di Primoz e del team erano ancora calde. E soprattutto hanno lasciato strascichi! Edoardo Affini infatti ha davvero poca voce quando inizia a parlare con noi.

Giustamente sabato sera in casa Jumbo-Visma si è fatto festa. Ci si è sfogati, anche se le briglie non sono state sciolte del tutto. Mancava ancora un passo. Quello di Roma appunto.

Senza voce

E’ stata una rincorsa lunga tre settimane, iniziata, per Roglic e compagni, con tante tensioni per i continui cambi di formazione tra Covid e cadute. Su tutti, l’addio di Kelderman e di Tratnik a poche ore dal via di Fossacesia. E poi la caduta dello sloveno verso Rivoli, la tanta pioggia…

Ma l’assenza di voce di Affini è un “bel” segnale in questo caso. Ed è da qui che partiamo con il gigante mantovano.

«Non ho la voce – spiega Edoardo – un po’ perché con l’acqua che abbiamo preso, faccio parte di quella metà del gruppo che tossisce. E un po’ perché sabato sera… ci ho dato dentro ad urlare! Nella notte, ad ogni respiro, ho sentito che la voce se ne andava. E stamattina (ieri, ndr) proprio non c’era. Ma va bene così!».

Affini è stato uno degli alfieri più preziosi di Primoz ed è un colonna portante di questo team. Fa parte anche del gruppo classiche di Wout Van Aert. Uno come lui si vede meno nelle fasi calde di salita, perché visto il suo fisico lavora più in pianura. Ma in alcune occasioni ha tirato… la carretta anche quando la strada saliva. E saliva forte come sul Santa Barbara.

Foto di rito per la maglia rosa e i suoi alfieri. Al termine della tappa tutti in un ristorante nella zona Sud-Ovest di Roma
Foto di rito per la maglia rosa e i suoi alfieri. Al termine della tappa tutti in un ristorante nella zona Sud-Ovest di Roma

Birra sì, ma non troppa

Affini però stavolta più che parlare di ciclismo, ci racconta della festa e della tensione vissuta sabato pomeriggio. Lui non ha seguito la crono di Primoz ai piedi del palco come Kuss e gli altri scalatori.

«No – dice Affini – io ero al bus con Dennis e Gloag. Anche loro erano partiti presto, nel secondo scaglione. Con noi c’erano anche il dottore, il fisioterapista, alcuni meccanici… Eravamo tutti davanti alla tv nel bus».

Fatta la doccia, Edoardo e gli altri si sono radunati in religioso silenzio davanti al monitor e hanno iniziato a soffrire. Sapevano quanta ne avesse il loro leader, ma non era facile battere il gallese. In fin dei conti Thomas non aveva mai dato segni di cedimento.

«Quando Primoz ha avuto il problema meccanico, è stato un brivido. Un brivido grosso… Ma poco dopo siamo passati alla gioia sfrenata».

«Abbiamo aspettato un bel po’ prima che Primoz scendesse a valle. Mentre svolgeva tutte le procedure, noi eravamo al parcheggio e ci godevamo quel momento. E’ stato speciale.

«A quel punto – va avanti Affini – abbiamo impiegato un’oretta e mezza per andare in hotel e lì abbiamo bevuto qualche birra, ma senza esagerare. Insomma, c’era ancora da fare questa tappa…».

Sempre all’erta

Roglic ha puntato tutto sulla crono del Lussari, ma in realtà Affini non è del tutto d’accordo. Il grande pubblico si aspettava un super Primoz, ma va ricordato che lo scorso autunno lo sloveno era alle prese con le fratture e i problemi alla spalla. Lui stesso a novembre ci disse che prima di fare i programmi, aveva come primo obiettivo quello di rimettersi in sella.

«Sapevamo – spiega Affini – che il Lussari poteva essere un punto a nostro favore visto il tipo di corridore che è Primoz, ma bisognava arrivarci. Per di più Thomas si è dimostrato molto solido e performante. Ci aspettavamo una battaglia all’ultimo colpo di pedale e così è stato».

Infine Affini ci toglie una curiosità: quando, il suo capitano, ha scelto di utilizzare la bici con la monocorona?
«E’ stata una scelta fatta in precedenza, non è una cosa che si è sognato la notte. Aveva fatto le sue prove non so quante volte. E in allenamento ha trovato il sistema di sfruttarla al meglio».

Boato Roglic. Conquista tappa, maglia e Slovenia

27.05.2023
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MONTE LUSSARI – Pazzesco. Paz-ze-sco… Neanche Agatha Christie avrebbe potuto scrivere un finale così intenso del Giro d’Italia. Merito suo e se vogliamo anche di Enzo Cainero che si è inventato questa scalata. Per Primoz Roglic: tappa e maglia rosa.

Il Lussari era una bolgia. Da Tarvisio al Monte era una fila continua di sloveni e di bandiere della Slovenia. Slovenia che è qui a poche centinaia di metri. Sulla bandiera spunta il Monte Tricorno. Vediamo la sua cima verso Est fare da sfondo al set di questa sfida. Capite che clima, anche mistico, che c’era?

Sulla bandiera slovena il profilo del Monte Tricorno, oggi un talismano
Sulla bandiera slovena il profilo del Monte Tricorno, oggi un talismano

Un conto col destino

Si dice che ogni sloveno nella vita dovrebbe scalare questa montagna. E’ un simbolo. E questo simbolo guardava Primoz scalare il Lussari. Non poteva andare come al Tour del 2020 un’altra volta, nella famosa crono della Planche. Dopo incidenti, cadute, fratture, la sorte non poteva metterci lo zampino di nuovo con quel guaio meccanico. Stavolta le cose dovevano andare nel verso giusto. 

Scrivere questo articolo, stando ancora quassù è una vera emozione. Fuori dalla sala stampa la gente inneggia a Roglic e persino a Sepp Kuss. Cantano l’inno. Non ci si può non far travolgere dall’entusiasmo. Ma dobbiamo mantenere i nervi saldi e raccontare le cose come sono andate. Quindi andiamo con ordine.

In mattinata sciolti i dubbi: Cervélo R5 con monocorona 42×44. Ma gomme (25 mm) più corpose rispetto alle Tre Cime, visto il cemento
In mattinata sciolti i dubbi: Cervélo R5 con monocorona 42×44. Ma gomme (25 mm) più corpose rispetto alle Tre Cime, visto il cemento

Sale la tensione

Questa mattina il capitano della Jumbo-Visma è stato l’unico a fare la scalata, parzialmente in bici. Ha percorso gli ultimi 1.500 metri. «Sono salito in bici quando era finito il pezzo duro», ha detto lo stesso Primoz. Mentre saliva vedeva già i suoi tifosi a bordo strada. Ma cercava di essere concentrato. Quando è ripassato qualche minuto dopo e si stava cambiando in auto li ha salutati.

Poi è tornato al bus. A Tarvisio. La riunione con il direttore sportivo Marc Reef e lo staff, per decidere il ritmo e la bici. Poi ancora via in una camera d’albergo nelle vicinanze affittata dal team per l’occasione. Poco dopo le 15 rieccolo al bus. Riscaldamento, rulli, partenza.

In mattinata lo staff giallonero non aveva voluto parlare. Bocche cucite sulle scelte tecniche a partire dalla monocorona. Clima tranquillo, ma concentrato… diciamo così.

Alle 17:11 scatta Roglic. La tensione è palpabile. Ma le birre e la gioia fanno superare tutto al pubblico, mentre Roglic è ben più teso.

«Nella prima parte – ha detto lo sloveno – sono stato tranquillo. Ho cercato di prendere il mio passo, di non fare dei fuorigiri. Poi è iniziata la scalata e pensavo solo a spingere bene. Mentre salivo avevo i brividi. E’ stato stupendo con tutti quei tifosi. Loro sarebbero stati contenti a prescindere dal risultato, ma per fortuna sono riuscito a ripagarli».

Brividi gialloneri

Intanto i suoi compagni si radunano davanti al podio. Persino Sepp Kuss che dovrebbe stare sulla sedia del leader, dietro le quinte. Fremono. Sono una squadra anche in questo caso. 

Primoz sta guadagnando terreno. E quando al secondo intermedio il vantaggio diventa netto ecco che gioiscono. Ma è una gioia effimera. L’immagine successiva vede Roglic fermo per un problema meccanico. 

Si alzano. Si mettono le mani nei capelli. Sembra tutto perso.

«In quel momento – spiega Roglic – ho cercato di ripartire subito. Poi però mi sono spaventato un po’ perché su quella pendenza non ci riuscivo. Per fortuna che sono intervenuti il mio meccanico e quel tifoso. Un tifoso grosso, che mi ha dato davvero una grande spinta! Lo ringrazio. Un po’ di questo successo è anche il suo.

«E’ stato un brutto momento, però devo ammettere che mi ha anche aiutato a recuperare un po’».

Quell’istante è stato quello del tutto o niente. Basta calcoli. Basta agilità da laboratorio. Primoz inizia a spingere forte. Quando si alza sui pedali stavolta fa velocità. E si vede.

Il Monte Lussari e il resto del percorso erano tutti per Roglic
Il Monte Lussari e il resto del percorso erano tutti per Roglic

Il Lussari esplode

Al terzo intermedio, nonostante tutto, Primoz è ancora davanti e Geraint Thomas non ha più la stessa pedalata. E’ di nuovo il boato. I volti dei Jumbo-Visma sotto al palco si riaccendono.

Primoz taglia il traguardo in testa. Ma c’è da attendere Thomas. Sono minuti interminabili. Poi il verdetto. Primoz Roglic è maglia rosa. Il Lussari esplode.

Kuss alza la bici al cielo. I tifosi inneggiano anche a lui. E’ stato un grande protagonista di questa corsa. 

«Sono senza parole – dice lo statunitense – Un finale da mangiarsi le unghie. Il momento dell’incidente è stato spaventoso, ma sapevo che Primoz avrebbe potuto superare le avversità. Non riesco a immaginare quanta pressione e quanto stress abbiano avuto, penso anche a Thomas. Una crono come questa, alla fine di tre settimane… incredibile».

«Io un leader di questa squadra? No, non sono un leader, sono solo un atleta molto felice del lavoro che riesce a fare. Aiutare ragazzi come Primoz mi rende contento». 

«E’ stato onore combattere con Thomas – ha concluso Roglic – Geraint è un grande atleta. Un corridore onesto. Io ho lavorato per arrivare al meglio a questo momento. Ho avuto paura dopo la caduta della seconda settimana. Avevo battuto l’anca e non ero al meglio. Ma ogni giorno miglioravo. Ora però pensiamo alla tappa di domani.

«Qualcosa è cambiato stamattina. Quando dopo la ricognizione scendendo a valle ho visto tanta gente ho capito quello che mi aspettava. Sarebbe stato bellissimo. Io mi volevo divertire. E mi sono divertito».

Kuss esalta Roglic, frusta Thomas e stacca Almeida

25.05.2023
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VAL DI ZOLDO – Sepp Kuss è forse il più fresco tra coloro appena arrivati sul primo arrivo dolomitico di questo Giro. Il gregario di lusso di Primoz Roglic schiva il caos post linea d’arrivo e prosegue la sua scalata facile, facile in direzione della vetta dello Staulanza. Vuole sciogliersi un po’.

Mentre pedala – e noi gli corriamo a fianco – ci racconta della sua tappa. I complimenti per il lavoro svolto sono d’obbligo e lui ringrazia con un sorriso vagamente timido ma sincero. Il Pelmo da una parte e il Civetta dall’altra incastonano questa giornata che per la Jumbo-Visma è stata positiva.

La Ineos-Grenadiers ha controllato la tappa e in alcune occasioni ha fatto la selezione. Ma poi sulla salita più dura è bastato un guizzo dello scalatore americano, forse più forte di questo Giro d’Italia, e tutto è cambiato.

L’americano Sepp Kuss (classe 1994) è sembrato essere il migliore in salita del gruppo, al netto del lavoro per il suo capitano
Kuss (classe 1994) è sembrato essere il migliore in salita del gruppo, al netto del lavoro per il suo capitano
Sepp, ancora un super lavoro… Qual era il vostro obiettivo oggi?

L’obiettivo era guadagnare tempo, se possibile. Primoz non vedeva l’ora che arrivasse questa tappa. E quella salita (Coi, ndr) in particolare.

Perché?

Perché era una salita ripida, seguita da breve discesa e poi ancora un paio di chilometri tutti da spingere… Insomma un finale esplosivo: poteva essere un buon terreno per lui e credo lo sia stato.

Abbiamo visto che spesso vi siete parlati: cosa ti chiedeva Roglic durante la salita?

D’impostare un ritmo duro e poi avrebbe valutato quando attaccare. Quando abbiamo visto che Almeida si era staccato un po’ abbiamo forzato ancora di più. Io poi ho ho cercato di stare lì il più a lungo possibile. Così nel finale avrei potuto spingere ancora e aumentare il divario.

Dopo il Bondone adesso c’è più fiducia in voi per il resto del Giro?

Sì… penso di sì. Domani c’è ancora una tappa molto difficile e vedremo. Ora non fatemi parlare in salita però che sono davvero stanco!

Dopo l’arrivo, Thomas dà una pacca sulla spalla a Roglic che poi contraccambia
Dopo l’arrivo, Thomas dà una pacca sulla spalla a Roglic che poi contraccambia

Fiducia Kuss

Poco dopo Kuss gira la bici e scende verso il suo massaggiatore e il suo staff. Prende da bere, gli passano una mantellina e un fischietto per tornare ai bus, che sono un paio di chilometri più a valle. In quei frangenti però l’americano – va detto – è stato super disponibile. E ha raccontato ancora.

«Sapevamo che Primoz stesse bene – continua Kuss – abbiamo sempre avuto tutto sotto controllo, anche stamattina sulla Crosetta. Nessun problema: semplicemente Primoz si era rilassato un attimo. Ma siamo risaliti subito. Più che altro c’è stato uno scarto improvviso e ci siamo ritrovati appena dietro. Anch’io ho dormito un po’ in quel momento! Le altre squadre devono aver immaginato che Primoz stesse soffrendo e hanno accelerato».

Kuss dice che ormai lui e Primoz in certi momenti si conoscono a memoria. Sanno quanto e come devono spingere. Rassicura che sul Bondone non si è trattato di una crisi per il suo capitano, ma di un giorno non super che può capitare in una tappa tanto difficile. «Se davvero Primoz non fosse stato bene, non avrebbe recuperato per una giornata così dura come quella di oggi».

Lo sloveno era più a suo agio su queste pendenze, ma l’inglese si è difeso benissimo non cedendo un centimetro
Lo sloveno era più a suo agio su queste pendenze, ma l’inglese si è difeso benissimo non cedendo un centimetro

Thomas, Roma più vicina

Ma poi ci sono gli avversari. Geraint Thomas  è stato un gatto a ricucire sullo sloveno.

Dopo l’arrivo i due si danno una reciproca pacca sulla spalla. Alla fine hanno guadagnato un bel gruzzolo di secondi (21″) su Almeida. E’ stata un’alleanza del momento. Da domani saranno avversari di nuovo, ma certo per Thomas è un giorno in più alle spalle. E un giorno più vicino a Roma… con la maglia rosa sul petto.

«Non vi aspettavate una tappa così dura? Io sì – dice Matteo Tosatto – io la conoscevo. Avete visto cos’era la penultima scalata?». Il direttore sportivo della Ineos mangia delle caramelle morbide. La tensione fa bruciare energie anche ai diesse in ammiraglia. Però il veneto è sorridente.

«Sorrido perché c’è il sole! Thomas ha risposto subito. Se perdi un po’ di secondi e hai la gamba è meglio così. “G” ha  dimostrato di stare bene. Un’altra tappa andata… su».

Si è detto che la Ineos-Grenadiers, e Thomas in particolare, siano esperti nel gestire certe situazioni, ma le gambe restano basilari e Tosatto mette sempre prima le gambe.

«Se hai esperienza, ma sei senza gambe, con l’esperienza non ci fai niente. Ma – conclude il “Toso” – guardiamo a domani. L’ho detto stamattina in riunione ai ragazzi che Roglic sarebbe stato il più pericoloso. E domani lo sarà ancora di più. Per questo dico che ogni giorno è diverso e che bisogna stare calmi».

Almeida (sullo sfondo) li vede andare via. Il portoghese ha ceduto 21″ a Roglic e Thomas e li ha persi quasi tutti nel finale
Almeida (sullo sfondo) li vede andare via. Il portoghese ha ceduto 21″ a Roglic e Thomas e li ha persi quasi tutti nel finale

Almeida stringe i denti

«Purtroppo non è andata proprio come ci aspettavamo – commenta il diesse UAE, Fabrizio Guidi abbiamo perso qualche secondo di troppo. In fondo alla discesa di Coi Joao era quasi rientrato, ma non è riuscito a chiudere. Un peccato che Vine abbia fatto “quel dritto” lungo la discesa, altrimenti li avrebbero ripresi.

«Però non posso dire nulla ai ragazzi. Sono stati bravi. Anche per radio li incitavo».

All’arrivo, a dispetto di Kuss, Joao Almeida era quello più provato. Sul Bondone, Roglic nel finale ha recuperato, lui ha perso. Non un gran segnale per le prossime due tappe.

Il portoghese della UAE-Emirates ha trovato anche un bel po’ di tifosi connazionali lungo la via. Come sempre ha dato tutto e ha corso con intelligenza. Ha davvero stretto i denti. Per un po’ è tornato l’Almeida metronomo che conoscevamo. Il ragazzo che in salita non risponde a mezzo scatto. Forse ha ragione Guidi quando dice che senza quel dritto scendendo dal Coi le cose sarebbero state diverse. Per un istante tra il gruppetto di Joao e quello della maglia rosa c’erano davvero solo 50 metri.

«Ma a questo punto del Giro è così – chiosa Guidi – quando ci sono queste tappe di montagna una volta tocca ad uno, una volta tocca ad un altro… A Thomas non è mai toccato? E infatti il Giro lo vince chi non incappa in queste giornate».

Roglic se la ride, ma qualche dubbio del Bondone resta

24.05.2023
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PERGINE VALSUGANA – Il clima è disteso in casa Jumbo-Visma. Quei 25” persi ieri sul Bondone non hanno creato tensioni. Almeno in apparenza. Sepp Kuss ci sorride e parlando del buon lavoro svolto ieri ci dice che oggi sarebbe stata più facile. E Primoz Roglic è il ritratto della serenità. Saluta i suoi tifosi. Parla con la tv slovena, venuta ad assicurarsi che sia stato solo un piccolo inciampo.

Intanto il meccanico pulisce le gomme della sua Cervélo con un panno inumidito di un particolare prodotto. Per oggi, tappa veloce, Roglic e i suoi compagni hanno scelto la S5, la bici aero.

Ieri le parole del suo direttore sportivo, Marc Reef, non erano state allarmistiche ma senza dubbio erano più serie rispetto al clima di questa mattina: «Non è qualcosa che ci aspettavamo prima della tappa di oggi (ieri, ndr) ma è quello che è successo. Ci sono due tappe difficili giovedì e venerdì. Sepp Kuss ha fatto un ottimo lavoro. Senza di lui il distacco di Primoz sarebbe stato un po’ più grande. Ma va detto che Primoz è stato molto forte nell’ultimo chilometro». 

Roglic sereno

Oggi invece c’era tutt’altra atmosfera nel clan giallo-nero. Ieri sul Bondone, Primoz non era stato di grandi parole. Aveva detto solo che non corre da solo, replicando a chi dava per scontato un suo assolo. E che la botta rimediata verso Rivoli – la stessa caduta che ha visto il ritiro di Tao Geoghegan Hart – non era del tutto passata.

«Oggi va bene – ha detto Roglic – vedremo come starò nei prossimi giorni. Però io sono fiducioso. Vero, ieri ci sono stati due atleti più forti di me, ma ci sono ancora dei giorni importanti da affrontare. Oggi si va verso il mare e possiamo recuperare bene in vista delle prossime salite».

«Io darò il massimo per vincere questo Giro d’Italia. Dopo la caduta a Rivoli non ho mai pensato di andare a casa. Ripeto, dobbiamo essere ottimisti: tutto è sicuramente possibile fino alla fine. E anche il fatto di aver ripreso qualche secondo nel finale di ieri è qualcosa di buono».

Edoardo Affini, sta bene. Ieri per lui un grande lavoro sul Santa Barbara e sulla Bordala
Edoardo Affini, sta bene. Ieri per lui un grande lavoro sul Santa Barbara e sulla Bordala

Affini racconta

E allora cosa è successo? Proviamo a mettere insieme i pezzi. E’ vero che Roglic sia caduto e che aveva un bel dolore, motivo per il quale non si è mosso né verso Crans, né verso Bergamo. Però fino a metà Bondone sgambettava agile e con la bocca semichiusa, pertanto sicuramente lo sloveno stava bene, altrimenti non avrebbe messo a tirare i suoi compagni in quel momento. Compagni che non hanno tirato solo nella scalata finale.

«Ieri la fuga era numerosa e noi non c’eravamo – ha detto Edoardo Affini – non volevamo che prendesse troppo vantaggio, visto che c’era gente anche relativamente vicina alla maglia rosa. La Ineos-Grenadiers aveva due uomini in fuga e non avrebbe preso in mano la situazione e così abbiamo deciso di dare una mano alla Groupama-Fdj. Ho tirato io in prima persona».

«Visto che si dice che è un Giro noioso abbiamo deciso di prendere in mano la situazione e dare una smossa alla battaglia. Poi il risultato finale non è stato quello che ci aspettavamo, ma neanche è stato un disastro. Tutto è assolutamente in gioco e viste le salite che mancano non sarà questione di secondi, ma di minuti. In questo momento ci sono tre corridori vicini e probabilmente il vincitore del Giro uscirà tra di loro».

All’arrivo di Rivoli, Roglic si è presentato così. Per lo sloveno una caduta meno banale di quanto sembrasse
All’arrivo di Rivoli, Roglic si è presentato così. Per lo sloveno una caduta meno banale di quanto sembrasse

Crisi di fame?

Insomma la botta c’è stata, ma Roglic e la sua squadra l’hanno assorbita bene. Thomas non è l’ultimo arrivato e Almeida è davvero in palla. «Ieri sera a cena – va avanti Affini – Primoz era tranquillo. Non l’ho visto nervoso, teso o giù di morale.

«Poi cosa sia successo di preciso sul Bondone non lo so. Io ero nelle retrovie e avevo finito il mio lavoro. So che i ragazzi hanno fatto un buon ritmo, ma può essere anche che dopo il giorno di riposo il fisico sia un po’ indecifrabile. Magari Primoz si è sentito bene all’inizio e poi ha capito che gli mancava qualcosina. O magari anche a livello di alimentazione non è stato perfetto, ma questo lo sa solo lui».

La versione del calo di zuccheri sembra essere la più attendibile per come è andata. Ben inteso: non è una crisi di fame, perché da quella non ci si riprende, né in tempi così rapidi, né in quei frangenti. Semmai si tratta di un errore fatto “a monte”, o per meglio dire qualche chilometro più a valle. In più va considerato il fatto che ad un certo punto del Bondone ha iniziato a piovere e questo se si è al limite con gli zuccheri incide nella termoregolazione.

«Se guardiamo alla sua reazione dopo che si è staccato, Primoz ha dimostrato che c’è. Nel chilometro e mezzo finale ha guadagnato qualcosa. Quindi si è gestito bene. Come ho detto, per me Primoz stava bene. Ha sentito che le gambe non rispondevano come si aspettava e ha deciso di aspettare un po’. Ha deciso di vedere come andavano le cose».

Aspettando il Lussari

Voce comune è che Roglic voglia attendere la crono del Lussari e giocarsi tutto lì. Ma più di qualcuno dice che le pendenze delle Tre Cime lo favoriranno contro corridori come Almeida e Thomas.

«Ci aspettano due tapponi – conclude Affini – ma è chiaro che mettere una crono del genere a fine Giro incida. Quando ti ritrovi con 5 chilometri al 15% capisci che non è più una questione di secondi… Se si prende una botta lì ci si spegne e credo che questo tenga bloccati un po’ tutti».

Giorno di riposo, i postumi della caduta, un possibile calo di zuccheri… tutto può essere. Qualche dubbio resta, ma probabilmente tra meno di 24 ore sapremo la verità. Roglic ieri ha perso una battaglia ma non la guerra. La maglia rosa dista solo 25″. E quel finale in rimonta dà tanta, tanta, speranza.