Delfinato o Svizzera per il Tour? Parlano i numeri…

15.06.2025
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Qual è l’approccio migliore al Tour? L’opinione comune è che il Giro del Delfinato dica con poco meno di un mese di anticipo quel che poi vedremo alla Grande Boucle, ma è davvero più propedeutico del Giro di Svizzera, che prende il via proprio oggi quando la corsa francese si conclude? A giudicare dalle rispettive liste di partenza verrebbe proprio da dire di sì. Come si fa a non pensare che Pogacar, Vingegaard e Evenepoel non saranno i protagonisti assoluti anche a luglio? Tra l’altro lo sloveno vincitutto aveva preso parte una sola volta alla prova transalpina, guardate che sconquassi ha creato.

Jonas Vingegaard primo al Delfinato 2023 per poi andare a sbancare il Tour. La sfida a Pogacar è già lanciata
Jonas Vingegaard primo al Delfinato 2023 per poi andare a sbancare il Tour. La sfida a Pogacar è già lanciata

In 14 hanno fatto doppietta

Mettiamo però a confronto le due corse: il Delfinato ha iniziato la sua storia nel 1947, saltando da allora solamente le edizioni del 1967-68 (neanche il Covid lo ha fermato). Ci sono state ben 14 occasioni in cui il vincitore si è portato a casa anche la maglia gialla a Parigi. A dir la verità sarebbero 16, contemplando i due successi di Lance Armstrong poi cancellati come tutta la sua carriera. Il primato in fatto di “doppiette” spetta a Chris Froome, che era solito abbinare le due prove e che ha contraddistinto le annate 2013-15-16. Facendo meglio di Bernard Hinault che centrò l’abbinata nel 1979 e ’81.

E Merckx? Il Cannibale ottenne la doppietta solamente nel 1971, unico anno d’altronde nel quale vinse la prova chiamata allora Criterium du Dauphiné Libéré, dal nome del giornale patrocinatore. Ma tornando a tempi più vicini ai nostri, chi è riuscito nell’impresa negli ultimi vent’anni? La cosa curiosa è che il Delfinato è stato spesso favorevole ai britannici: detto della tripletta di Froome, anche Wiggins prese spinta da qui per vincere la sua unica maglia gialla, nel 2012, lo stesso fece Geraint Thomas nel 2018. Ultimo in ordine di tempo a fare l’abbinamento è stato Jonas Vingegaard, vincitore  nel 2023 e poi capace di dare scacco matto a Pogacar nel 2023. Riuscirà lo sloveno ad aggiungersi alla lista?

Chris Froome ha il primato in fatto di doppiette Delfinato-Tour, 3 dal 2013 al 2016
Chris Froome ha il primato in fatto di doppiette Delfinato-Tour, 3 dal 2013 al 2016

L’impresa di Bernal datata 2019

Spostiamo ora il nostro obiettivo sul Giro della Svizzera, dalla storia più antica essendo iniziato nel 1933. Da allora solamente due corridori sono riusciti a fare doppietta, a parte Armstrong nel 2001 cancellato come detto prima. Uno naturalmente è Merckx nel 1974, il suo anno d’oro nel quale si concentrò praticamente sulle corse a tappe inserendo la vittoria elvetica fra i trionfi a Giro e Tour. L’altro è stato Egan Bernal, che proprio dal Giro della Svizzera prese l’abbrivio per andare a conquistare il Tour: in quell’anno il Delfinato era andato a Fuglsang, che poi al Tour si ritirò confermando la sua idiosincrasia per la Grande Boucle.

Bernal è uno dei due soli corridori che ha vinto il Tour dopo aver trionfato in Svizzera
Bernal è uno dei due soli corridori che ha vinto il Tour dopo aver trionfato in Svizzera

Giro di Svizzera, appuntamento che dà segnali

I numeri però raccontano anche altro, piccole grandi storie come quella del 1975, cinquant’anni fa quando Merckx chiuse lo Svizzera al secondo posto, beffato da Roger De Vlaeminck. Poi il belga andò al Tour sicuro di suonare la sesta sinfonia, trovandosi però di fronte all’enfant du pays Bernard Thevenet, uno di quelli che realizzò la doppietta Delfinato-Tour. Oppure quella della famiglia Schleck, i fratelli lussemburghesi con Frank che nel 2010 vinse il Giro di Svizzera battendo anche Armstrong ma al Tour, dov’era uno dei favoriti, cadde nella terza tappa rompendosi una clavicola in tre punti.

Se proviamo ad allargare il discorso ai podi, scopriamo che comunque il Giro della Svizzera sta guadagnando rispetto come prova propedeutica del Tour. Lo sanno bene ad esempio Richard Carapaz, secondo nel 2021 prima di chiudere terzo in Francia (e poi andare a prendersi l’oro olimpico, ma questa è un’altra storia), oppure Geraint Thomas, vincitore sulle strade elvetiche nel 2022 per poi finire anche lui terzo al Tour. E’ un po’ quello che sperano anche i favoriti dell’edizione che parte oggi, come Almeida (che punta a confermarsi grande specialista delle corse a tappe di una settimana prima di mettersi al servizio del sovrano sloveno) oppure Geoghegan Hart o anche Vlasov.

Thevenet e Merckx, protagonisti di un’epica sfida al Tour de France 1975
Thevenet e Merckx, protagonisti di un’epica sfida al Tour de France 1975

Anderson e il colpaccio di 40 anni fa

Ma c’è stato mai qualcuno che è riuscito nella doppietta Delfinato-Svizzera? Oggi sarebbe impossibile data la loro contemporaneità, ma in passato c’era più differenza temporale e l’impresa riuscì all’australiano Phil Anderson nel 1985. Anche lui era uno specialista delle corse a tappe medio-brevi, aveva già vinto il Giro del Mediterraneo che al tempo (quando il calendario era molto più ristretto rispetto a oggi) inaugurava la stagione e che realizzò una doppietta che lo proiettò tra i papabili per la maglia gialla. Ma il Tour è un’altra cosa. In Francia chiuse 5°, il suo miglior piazzamento di sempre. E obiettivamente poteva anche stargli bene così…

Pogacar attacca, Vingegaard cresce. E Remco cosa fa?

14.06.2025
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Se ieri il titolo giusto per Pogacar poteva essere su cosa succede a farlo arrabbiare battendolo a crono, oggi che la rabbia gliel’hanno fatta scattare davvero cosa si potrebbe dire? La Visma-Lease a Bike è in modalità offensiva dal primo giorno del Delfinato e oggi ha attaccato allo scollinamento della Croix de Fer tirando la discesa con il coltello fra i denti. Forse un atteggiamento troppo aggressivo, forse il tentativo neanche troppo velato di mettere pressione sul campione del mondo. E allora lui, da par suo, ha attaccato e lasciato tutti sul posto.

«Avrei voluto essere più difensivo – spiega Pogacar – ma la Visma ha attaccato in cima alla Croix de Fer e anche in discesa. Hanno dato il massimo, credo che abbiano cercato di fare qualcosa. Non so cosa, ma è stato pazzesco. Il fatto che mi abbiano attaccato in discesa mi ha dato un po’ più di motivazione. Ho preferito lasciare un piccolo margine prima delle curve, perché andavamo davvero forte. Forse per loro non era così veloce, ma io mi sono ritrovato più volte al limite, quindi ho preso precauzioni per non avvicinarmi troppo. Non era necessario andare così, secondo me, avrei lasciato spazio alla fuga. Ma queste sono le corse, lo accetto, questo è il ciclismo moderno. Hanno gettato benzina sul fuoco e per me ha funzionato».

Nostalgia di Almeida e Yates

Tappa breve di 131,6 chilometri da Grand-Algueblanche a Valmeinier 1800, con la Madeleine dopo il via, poi la Croix de Fer, infine l’arrivo in salita. L’azione della Visma-Lease a Bike ha sortito l’effetto di isolare il leader in maglia gialla, che però ha sempre pedalato con ampi margini di sicurezza.

«Ho parlato con Sivakov nel finale – prosegue Pogacar – e abbiamo detto che se ci fossimo trovati con gli stessi avversari sull’ultima salita, sarebbe stato meglio anticipare, in modo da non doverci preoccupare dei contrattacchi. Ha funzionato, ma non vedo l’ora di avere Almeida e Yates al Tour con me, in modo da non dover vivere altre avventure come questa. E’ stata un’eccezione, ma è stato un attacco per difendermi. Ho controllato fino in cima e nel frattempo ho vinto la tappa, quindi sono più che contento. Sono riuscito a raggiungere il traguardo da solo e nessuno mi ha infastidito negli ultimi 10 chilometri».

Un colpo a Vingegaard e uno ai media

Vingegaard si è avvicinato nel finale, con la sensazione che però sia stato lo sloveno a calare il ritmo. Lo ha fatto perché appagato o perché anche lui ha iniziato ad accusare la fatica di quell’azione così lunga?

«Non avevo bisogno di aumentare il distacco – dice ancora Pogacar – avevo già accumulato un vantaggio sufficiente e oggi era più importante che gli altri non mi attaccassero. Sono riuscito a gestire lo sforzo e negli ultimi chilometri ho potuto rilassarmi. Così ho potuto fare le interviste più facilmente perché non ho più dovuto fare un recupero troppo lungo sui rulli dopo l’arrivo. E’ tutta una questione di efficienza, è stata una buona giornata».

Il ragazzo sta attento e deve aver capito che le interviste flash fatte ieri sui rulli davanti al backdrop della corsa non siano andate giù. E anche l’aver puntualizzato di aver rallentato è un’abile mossa per raffreddare l’entusiasmo di Vingegaard, che questa volta tuttavia non ha ceduto. E’ arrivato a 14 secondi dando l’idea di essere in crescita. Mancano due settimane abbondanti all’inizio del Tour, quante cose possono ancora cambiare? E in che modo hanno lavorato i tre contendenti in altura?

Evenepoel al traguardo ancora con un ritardo pesante: ci sta tutto, se in altura ha lavorato soprattutto sul fondo
Evenepoel al traguardo ancora con un ritardo pesante: ci sta tutto, se in altura ha lavorato soprattutto sul fondo

Remco fa il filosofo

Chi deve sperare che le settimane rimaste gli diano la brillantezza che serve è Remco Evenepoel. Lui sicuramente ha curato la brillantezza nella crono e il risultato lo ha confermato. Ma se in altura ha lavorato soprattutto sul fondo, si spiega il cedimento sui cambi di ritmo, che oggi gli hanno fatto perdere l’enormità di 2’39”.

«E’ stata durissima – ha detto dopo l’arrivo – con la partenza già in salita. Alla fine ero davanti, ma le gambe hanno iniziato a cedere man mano che ci avvicinavamo al traguardo. Un po’ la stessa storia di ieri. L’anno scorso ero ugualmente qui contro avversari meno forti e ho subito dei distacchi superiori. Rispetto ad allora sono più avanti. Al momento mi sto concentrando su me stesso e affrontiamo le cose giorno per giorno. Ora mi faccio una bella doccia e spero di riprendermi un po’. Anche l’anno scorso c’erano corridori che hanno fatto bene qui e sono arrivati dietro di me al Tour. Prendiamo tutto quello che vediamo con le molle».

Il re si è già ripreso lo scettro. Pogacar devastante a Combloux

13.06.2025
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Mirco Maestri aveva sbagliato di 24 ore. «Domani Tadej dirà: oggi gliela faccio vedere io». “Quell’oggi” è arrivato appunto un giorno dopo. Il portacolori della Polti-Kometa aveva commentato la corsa per noi e quel giorno Pogacar le prese da Remco Evenepoel, ma soprattutto dal suo rivale numero uno: Jonas Vingegaard.

Oggi, al primo tappone del Critérium du Dauphiné, con la sua innata cattiveria agonistica, il campione del mondo è tornato a imporre la sua legge. Tappa e maglia e soprattutto una netta prova di forza. Ora la classifica dice: primo Pogacar, secondo a 43″ Vingegaard, terzo Lipowitz a 54″ e quarto Remco a 1’22”.

Il re è già tornato

Analizziamo la corsa di Pogacar e della sua UAE Emirates. La squadra corre compatta attorno al suo leader, lascia addirittura l’onere della corsa alla Visma-Lease a Bike che tira sulla penultima salita. L’attenzione da parte di Pogacar è massima e addirittura manda Narvaez a rosicchiare il secondo d’abbuono rimasto al traguardo volante. Dettagli che parlano di una concentrazione massima, quasi feroce, famelica.

Sulla Cote de Domacy ha messo la squadra a tirare. Ha frammentato il gruppo e in una curva particolare, quella in cui Vingegaard nel 2021 saliva volando e lui invece “arrancava” (con due virgolette grosse così visto che finì secondo), ha affondato ancora più forte.

Quel conto aperto col passato

Sullo strappo di Domancy, Pogacar al Tour de France di due anni fa, appunto le prese dal danese. Da quel giorno Tadej ha lavorato come non mai. Al termine di quel Tour cambiò coach e preparazione. E oggi ha servito questa vendetta cucinata a fuoco lento.

«Avevamo il nostro piano – spiega Pogacar mentre era sui rulli per il defaticamento – ma la Visma ha deciso di dare il massimo sulla salita prima del finale. Questa salita mi ha riportato alla mente dei “bei” ricordi (il riferimento è al Tour de France 2023, appunto, ndr). Devo ringraziare ed elogiare Tim Wellens, Jhonatan Narvaez e Pavel Sivakov, sono stati incredibili. Mi sentivo bene, abbiamo deciso di prendere il controllo fin dai primi metri della salita, non avevo nulla da perdere».

«Mi sentivo davvero bene e mi dovevo sbrigare perché volevo vedere l’arrivo di mia moglie al Tour de Suisse – scherza da guascone lo sloveno – quando ho attaccato, sapevo di dover dare il massimo e che mancavano 15 minuti di sforzo alla fine. La sensazione era buona, le gambe giravano bene, è stato fantastico essere davanti».

E qui emerge tutta la ferocia agonistica di Pogacar. “E’ stato fantastico essere davanti”, come se non gli succedesse da un secolo… Non si accontenta mai e infatti è lui stesso a tornare sulla crono.

«Vorrei sapere dove ho perso tempo. E’ una sfida per me e per la squadra cercare di migliorare ulteriormente a crono. La nostra forma è buona, ma dobbiamo anche conservare un po’ di energia per il Tour».

Vingegaard all’arrivo si è subito bagnato con tanta acqua addosso.
Vingegaard all’arrivo si è subito bagnato con tanta acqua addosso.

Jonas e Remco…

Vingegaard dal canto suo sembra abbia controllato più che altro di non fare fuorigiri enormi. Alla fine non è mai andato in crisi e il fatto che Pogacar lo abbia staccato in un momento in cui non era sui pedali, ma di passo, vuol dire che il limitatore c’era. Bisogna vedere quanto ha staccato la spina prima del fuorigiri. Quello è il punto chiave.

Anche Pogacar però non sembrava andare oltre certi limiti. Forse davvero oggi la differenza l’ha fatta la motivazione, la voglia di rivalsa. O anche il caldo. All’arrivo il danese è parso essere quello più colpito dalla calura estiva. C’erano oltre 30 gradi, nonostante le zone di montagna.

 «Pogacar è stato il più forte oggi – ha detto il direttore sportivo Grischa Niermann – i distacchi all’arrivo sono stati significativi. Certo, speravamo che Jonas potesse rimanere più vicino sulla salita finale. Essendo così breve ed esplosiva, questa tappa si adattava perfettamente a Tadej ed è stato chiaro fin dall’inizio che la UAE avesse un piano. Quando qualcuno è più forte, non puoi fare altro che accettarlo e congratularti con lui per la vittoria. Ma mi tengo il mio spirito di gruppo».

E Remco? Forse Evenepoel anche lui si aspettava qualcosina di più. Invece si è staccato da tre uomini della Visma-Lease a Bike e da tre della UAE Emirates. E proprio la squadra è forse il capitolo più nero per Remco.

Nei trenta che hanno approcciato la salita finale era l’unico della Soudal-Quick Step. Ha lottato, ha provato a gestirsi, forse aveva anche qualche oggettivo impedimento per la caduta, però resta il fatto che alla fine anche Lipowitz lo ha ripreso e staccato.

«Mi sentivo benissimo sulla penultima salita – ha detto senza cercare scuse il campione olimpico – ma forse poi in vista del finale non mi ero ancora ripreso abbastanza da quello sforzo. Non so… Hanno iniziato l’ultima rampa come se il traguardo fosse dopo due chilometri». E infine, laconico, ha aggiunto: «Io ad ogni chilometro diventavo sempre più lento».

Nonostante sia più magro dell’anno scorso. Remco paga ancora dazio sulle salite rispetto a “quei due”
Nonostante sia più magro dell’anno scorso. Remco paga ancora dazio sulle salite rispetto a “quei due”

Soudal da rivedere

Vero, mancavano Landa e Cattaneo, e Louis Vervaeke si è ritirato (e molto probabilmente non sarà abile per la Grande Boucle), ma contro questi giganti serve di più. Tra l’altro anche Landa non è detto che possa essere subito al top dopo la cadutaccia nella frazione inaugurale del Giro. Mi sa proprio che in casa Soudal dovranno rivedere qualche priorità. E magari chiedersi se Merlier, al quale servono non meno di due uomini, sarà poi così necessario alla Grande Boucle.

«Ci aspettavamo di essere un po’ più avanti – ha commentato il diesse Tom Steels a WielerFlitsE’ un po’ la stessa situazione dell’anno scorso. Dobbiamo ancora recuperare quelle piccole percentuali in salita, ma la strada fino all’ultima settimana del Tour è ancora lunga. Abbiamo ancora del lavoro da fare, ma non è certo un’impresa drammatica. Dobbiamo mantenere la calma e continuare a lavorare». Tuttavia, nessun accenno sulla squadra. In Belgio, e sono parole della TV di Bruxelles, è un tema che è già forte.

Vingegaard, le pedivelle da 150 e bersaglio fisso su Pogacar

12.06.2025
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Vingegaard che attacca nella prima tappa e poi fa la volata con Pogacar. Pogacar che scherzando gli chiede se voglia diventare un velocista e Vingegaard che ride. Poi la crono e il danese che fa meglio dello sloveno. Al Criterium du Dauphine manca ancora di affrontare le montagne, ma è chiaro che quei due si stiano studiando. Nulla di ciò che accade in questi giorni di Francia può ritenersi risolutivo, al Tour si suonerà un’altra musica, ma è un fatto che il danese della Visma-Lease a Bike, che nel 2022 e 2023 ha piegato Pogacar al Tour, si presenti alla sfida con credenziali migliori rispetto allo scorso anno.

Prima del via della corsa francese in svolgimento, che ha visto ieri la vittoria di Evenepoel nella crono di Saint Peray, Vingegaard si era raccontato con un gruppo di giornalisti. Abbiamo fatto la sintesi di un incontro molto lungo, da cui traspare il suo essere diverso.

Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo
Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo

Sui miglioramenti tecnici

L’obiettivo è portare al Tour il miglior Vingegaard di sempre: non può essere diversamente se vuole battere Pogacar. Ne hanno parlato a lungo nel team, partendo dal buono del 2024 cui Jonas era arrivato da vincitore uscente del Tour.

«Prima dell’incidente dell’anno scorso – ha spiegato – i miei numeri di potenza erano molto buoni e non avevo ancora raggiunto il peso ottimale. Quindi si è trattato più che altro di tornare a quel livello. A causa dell’incidente ho perso molta massa muscolare: al Tour ero leggero, ma non avevo la mia potenza abituale. Per questo abbiamo lavorato per recuperare potenza e poi da lì fare un altro passo avanti. In più abbiamo cambiato alcune cose. E’ uscito sui media ad esempio che sono passato a pedivelle da 150 mm. Ogni anno cerchiamo di migliorare il nostro equipaggiamento, forse anche il modo di prepararci per il Tour, ma ovviamente non è qualcosa di cui voglio parlare nei dettagli. Basterà aspettare per vedere se avrà funzionato».

Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150
Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150

Fra allenamento e corse

La caduta ai Paesi Baschi dello scorso anno ha falsato la preparazione del Tour. La commozione cerebrale di quest’anno alla Parigi-Nizza gli ha fatto perdere una settimana, ma l’impatto sulla preparazione è stato decisamente meno importante.

«Ho dovuto prendermi una settimana di riposo – ha detto – quindi ovviamente mi sento come se mi fossi perso la primavera. Però sto bene e di conseguenza ho ancora più motivazioni. A me piace gareggiare, ma a dire il vero mi è piaciuto molto anche lavorare a Sierra Nevada. Uno dei motivi è che siamo insieme con tutto il gruppo e l’atmosfera è davvero bella. E poi stando in ritiro abbiamo il tempo per ragionare su come si possa migliorare e sono pensieri davvero interessanti.

«Dieci anni fa si diceva che per raggiungere il livello migliore bisognasse soprattutto correre. Poi è arrivato il Covid, nessuno ha corso per sei mesi e una volta che abbiamo ricominciato, il livello era altissimo. Quindi tutti hanno fatto un passo in quella direzione. Non sto dicendo che ho fatto un passo ulteriore, ma che potrebbe non essere necessariamente un male prendersi una pausa più lunga dalle gare. Anche di questo parleremo dopo il Tour».

La Visma Lease a Bike arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno dal Giro Van Aert, il vincitore Yates e Affini
La Visma arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno (dal Giro) Van Aert, il vincitore Yates e Affini

La sfida con Pogacar

Pogacar lo condiziona. Forse non è ancora diventato il suo incubo peggiore, ma di certo è un tema ricorrente delle sue giornate. Lo stimolo per fare meglio, la foto sullo specchio prima di ogni uscita. Non è un caso che i tre momenti più belli vissuti da Jonas al Tour coinvolgano lo sloveno.

«Trovo davvero bello – ha spiegato Vingegaard – lottare sempre contro di lui. Quando non c’è, il livello è più basso e quindi è più facile vincere. La sua presenza mi permette di migliorare in termini di motivazione, di aumento del livello di competizione mio e dell’intera squadra. Penso che avere un avversario così tira fuori il meglio di me. So che devo dare il massimo ogni giorno per cercare di batterlo.

«Non a caso, il ricordo più bello che ho del Tour è la cronometro di Combloux nel 2023. Quel giorno è stato incredibile per me, per la squadra e anche per la mia famiglia, come l’anno prima quando ho preso la maglia gialla sul Col du Granon. Il terzo momento più bello invece è la vittoria di tappa dell’anno scorso, anche se già essere al via del Tour sia stato un grande successo, molto emozionante per me e la mia famiglia. Tutto quello che abbiamo passato l’anno scorso è stato incredibilmente duro. Quindi, essere riuscito a essere sulla linea di partenza è stato probabilmente uno dei più grandi traguardi della mia carriera».

La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte
La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte

La prima provocazione

Il Delfinato lo dimostra, anche nel suo correre senza timori reverenziali, sono pochi coloro che possono sfidare Pogacar reggendo lo sguardo. I più attaccano il numero e si preparano alla sconfitta.

«Ci sono alcuni elementi – ha detto invece Vingegaard – che mi fanno pensare di poterlo battere. Ad esempio il fatto che l’anno scorso al Tour de France non fossi al mio livello migliore. So che posso essere molto più forte, perché la preparazione è stata migliore e ogni anno si migliora in qualche aspetto. E’ stato così per me in passato: ogni anno ho guadagnato un po’ di livello e ora ci siamo concentrati davvero su questo. Credo davvero di poterlo battere e di poter fare molto meglio al Tour de France.

«E’ davvero impressionante come si sia comportato in primavera, le gare che ha fatto e le vittorie. Ma a essere onesti, come per il Tour de France, l’unica cosa che posso fare è concentrarmi su me stesso e sul dare il massimo. Quindi non penso a quanto sia stato bravo in primavera, anche perché non è detto che se sei stato il migliore in primavera, lo sarai anche al Tour de France».

Remco vola, Vingegaard morde, Pogacar trema. Parola a Maestri

11.06.2025
7 min
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Perché alla fine la notizia è la sconfitta di Tadej Pogacar. Inutile girarci intorno. Forse è anche esagerato dire così: alla fine lo sloveno ha perso 28” dal suo rivale numero uno. Ma questo è quello che succede agli Dei. Tuttavia la crono di Saint-Péray, quarta tappa del Critérium du Dauphiné, ha detto molto di più.

Ci ha detto che Remco Evenepoel sta raggiungendo livelli sempre più siderali in questa disciplina, che Jonas Vingegaard fa paura ed è già in ottima condizione, e che Pogacar forse aveva il sentore che gli mancasse qualcosa a cronometro. Nella conferenza stampa dell’altro giorno infatti aveva detto che avrebbe voluto lavorare un po’ di più in questa specialità.

Mirco Maestri (classe 1991) lo scorso anno si è laureato campione europeo nella mix relay
Mirco Maestri (classe 1991) lo scorso anno si è laureato campione europeo nella mix relay

L’occhio di Maestri

Tutto questo lo commentiamo con un cronoman italiano, uno degli eroi dell’europeo 2024: Mirco Maestri. Il portacolori della Polti-VisitMalta è in partenza per il GP Aargau e la Copenhagen Sprint. E mentre faceva le valigie si è fermato a studiare i tre tenori.

«Sto bene nel complesso – racconta Maestri – ma è stato un Giro d’Italia duro e ancora vado a giornate alterne. Però c’è da tenere duro fino agli italiani, dove cercherò nella crono di migliorare il sesto posto dell’anno scorso. Per questo devo ringraziare la squadra che ha creduto in me per questa sfida e mi ha permesso di migliorare e di lavorarci su».

Mirco, insomma cosa ti è sembrato di questa crono?

Che quei tre volano! Remco è stato spaventoso…

Su cosa ti sei concentrato guardandolo?

Sulla posizione dei top player, dai corridori che vincono le cronometro, specialisti, che poi tante volte ormai sono gli scalatori quelli che vanno forte a crono, a parte qualcuno. Mi piace molto la posizione e lo stile che ha Remco a cronometro, perché è un piccolo missile, bello dritto, spianato. Guardi più che altro quello, non essendoci il nostro Ganna si guardano gli avversari. Studiamo gli avversari soprattutto. Esatto, esatto.

E riguardo alla gestione dello sforzo, ti aspettavi un finale ancora devastante da parte sua?

No, ma penso che come fa le crono lui è molto costante. Non è mai uno che parte forte e poi perde o il contrario, parte piano e poi guadagna: fa una crono molto lineare. Mi piace soprattutto come sta fermo in bici, questa potenza che ha. Se guardiamo anche la salitella: l’ha fatta tutta di potenza, seduto. Infatti quando ho visto che Pogacar si alzava, avevo già annusato che secondo me non era brillantissimo. A cronometro più sei fermo, più riesci a spingere forza bruta. Devi avere quella forza in quella giornata lì: il che fa tutta la differenza.

Hai introdotto tu Pogacar: cosa ci dici di lui? Hai notato qualcosa di diverso rispetto alle sue ultime crono?

Come ho detto prima, Tadej l’ho visto un po’ meno potente del solito, ma può essere anche la giornata. Una giornata no per lui. Se guardate altre cronometro che ha fatto, la salita l’ha sempre affrontata in spinta da seduto. E’ vero che era un nove per cento, ma da quello che mi ricordo l’ha sempre affrontata di forza, rimanendo addirittura in posizione. Secondo me, ripeto, può essere anche stata una giornata storta. Non era una gran giornata, e a cronometro se non sei perfetto paghi. Ricordiamoci che lui deve essere in condizione al Tour e ancora di più nel finale del Tour. E al via della Grande Boucle mancano ancora tre settimane.

Un plauso al giovane Ivan Romeo che si è trovato a duellare coi giganti. Ha chiuso la sua prova 15° a 1’25” da Evenepoel (foto Instagram)
Un plauso al giovane Ivan Romeo che si è trovato a duellare coi giganti. Ha chiuso la sua prova 15° a 1’25” da Evenepoel (foto Instagram)
Quanto è importante questa crono ai fini del Tour? Che dati si acquisiscono? Ed eventualmente c’è margine per lavorare?

Per me questa crono è più un indicatore di come si sta tre settimane prima del Tour. E’ il primo vero test. Si può testare la posizione, la brillantezza, come si è lavorato. Poi dipende anche dall’approccio: se uno vuole impostare un Tour in crescendo ci sta che sia ancora lontano dal top della forma. Diciamo che adesso io non vorrei essere al top, a tre settimane dal Tour.

Conoscendolo, stasera Pogacar è tranquillo del suo cammino o ha qualche certezza in meno?

Lo conosco da dentro il gruppo e comunque da quello che vedo è uno a cui non piace perdere, indipendentemente dallo stato di forma. Però ormai lo standard si è livellato (in alto) anche per loro. Può essere che gli altri siano stati un po’ più pimpanti, un po’ più preparati. Tuttavia per me è comunque tranquillo.

Certo Pogacar non è “morto” oggi, anzi… forse sarà ancora più cattivo?

Esatto, ribadisco il fatto che mancano tre settimane. Sarei ben sereno. Lui è abituato a dar spettacolo, a far vedere che è forte. E giustamente dimostra sempre di avere qualcosa in più rispetto ai diretti avversari.

Al Delfinato (Sud Ovest della Francia) c’erano 32 gradi: una giornata torrida specie con quei bodi aero (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Al Delfinato (Sud Ovest della Francia) c’erano 32 gradi: una giornata torrida specie con quei bodi aero (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Ha perso 48 secondi da Evenepoel e 28 da Vingegaard.

Da Remco comunque ci può stare, anche perché non era particolarmente dura. Certo, per lui può essere tanto, anche considerando la batosta dal diretto avversario, ma penso che dormirà tranquillo stanotte. Anzi, dirà: «Domani glielo faccio vedere io».

Passiamo a Vingegaard: questa partenza a tutta è un modo per mettere pressione ai rivali?

Penso che anche Vingegaard nel complesso la viva abbastanza bene. Sì, fa vedere che c’è. Magari c’erano dei dubbi, l’avevano visto un po’ strano, con tutte quelle voci che girano prima del Tour, la caduta alla Parigi-Nizza… Invece si è visto che c’è eccome. Ora Pogacar sa che dovrà dare battaglia per vincere.

E da un punto di vista tecnico, come ti è sembrato il danese?

Lui è molto meticoloso. Vedi come prepara gli appuntamenti, le cronometro, è molto preciso anche sulle curve, molto concentrato. Nel finale mi ha colpito il fatto che su una curva ha tolto solo una mano dalle appendici perché c’era un dosso, poi si è rimesso subito in posizione: quello è un segno di lucidità. E poi so che alla Visma-Lease a Bike preparano ogni crono al dettaglio. Io conosco bene Affini e so come lavorano. Quindi sono sicuro che Jonas sapeva cosa doveva fare per perdere il meno tempo possibile. Sono meticolosi. E lui, per quello che vedo da fuori, è uno molto quadrato, studia il dettaglio.

In maglia gialla ora c’è Remco con 4″ su Lipowitz e 9″ su Romeo
In maglia gialla ora c’è Remco con 4″ su Lipowitz e 9″ su Romeo
Prima hai parlato della potenza di Vingegaard. A noi ha colpito quell’agilità estrema sulla salita. Sarà andato a 110 rpm…

Dipende da come l’hanno preparata. Perché alla fine avere troppa cadenza ti penalizza in termini di aerodinamicità. Se sei agile perché stai facendo girare un rapporto lungo va bene, altrimenti non è redditizia quella scelta a crono. Però credo che quando riesci a fare potenza in agilità vuol dire che la forma è buona. Non vai a ricercare il rapporto: hai potenza per far girare le gambe.

Quanto conta invece la prestazione di Jorgenson, sia dal punto di vista fisico che dei materiali e delle metodologie?

Di sicuro vanno forte e lavorano bene. Pensiero mio: magari servirebbero alcune regole che livellassero un po’ certi aspetti, come quello dei caschi. Mi sembrano un po’ esagerati. Detto questo, Jorgenson non è l’ultimo arrivato. Anche lui è andato forte perché molto probabilmente l’hanno preparata al dettaglio. E lui con ogni probabilità ha fatto da apripista per Vingegaard, fornendogli poi i dati su gestione, curve…

Ultima domanda, Mirco. Pogacar è stato l’unico che ha bevuto: magari c’era un goccio di maltodestrine in quella borraccia. Questo può essere indicativo per i tecnici o anche per te?

La questione è delicata perché non sappiamo cosa c’era in quella borraccia. Non dimentichiamo che Tadej soffre il caldo e voleva idratarsi. Quindi potrei ipotizzare anche solo acqua per inumidire la bocca, perché vai in secchezza. Anche io preferisco bagnarla, anche se è uno sforzo di venti minuti. Arrivare con la bocca asciutta non dà buone sensazioni. Quindi può essere che sia stato per quello. Mi sembra difficile che usino maltodestrine in uno sforzo così breve. Anche se le hai prese a metà gara, qualcosa entra forse nel finale, ma non va a influire davvero.

Delfinato in vista: come lo affrontano i tre big. Parla professor Nibali

02.06.2025
5 min
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Il Giro d’Italia si è concluso da meno di 24 ore ed è già tempo di guardare avanti al Tour de France. Ma per farlo bisogna passare dal Critérium du Dauphiné, per tutti il Delfinato, l’antipasto storico della Grande Boucle, che scatterà l’8 giugno da Domerat. Quest’anno sarà un antipasto ancora più gustoso, in quanto saranno presenti i tre maggiori contendenti alla maglia gialla: Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel

Ma come si affronta un Delfinato quando poi il grande obiettivo termina un mese abbondante dopo? E soprattutto, come lo si affronta quando ci sono tutti i tuoi rivali? Ne abbiamo parlato con un ex corridore che di Tour se ne intende: Vincenzo Nibali. 

Il Delfinato è ricco di salite dure. Salite che spesso si affrontano al Tour che verrà
Il Delfinato è ricco di salite dure. Salite che spesso si affrontano al Tour che verrà
Cosa significa per uno che, ovviamente come te, doveva vincerlo il Tour, andare al Delfinato? Come ci si va?

Il Delfinato è un passaggio. Un passaggio quasi obbligato per andare verso il Tour de France, un po’ perché a volte ricalca il percorso del Tour stesso e quindi hai anche modo di studiare in corsa le strade, e poi soprattutto perché vedi come sono messi i tuoi rivali dal punto di vista della condizione. Vedi quello che è un pochino più indietro, quello che è con i tempi giusti, quello che invece è già in super condizione e forse è un po’ troppo avanti. 

Che ricordi hai dei tuoi Delfinato?

Sono state occasioni che ho sofferto maledettamente, perché comunque lo affrontavo dopo un periodo di altura. Avevo bisogno di metabolizzare il lavoro e quindi facevo fatica. In alcune occasioni invece sono andato molto bene. Però diciamo che, a prescindere da come va, non c’è da fasciarsi troppo la testa perché poi l’appuntamento clou rimane comunque il Tour de France. 

Chiaro…

Prima ho parlato delle strade. Un aspetto molto importante è prendere confidenza con quel tipo di percorsi e di tattiche. Con quello che troverai lungo le strade, abituarsi al modo di correre francese… sempre un po’ particolare e… scattoso. E’ un antipasto del Tour, insomma. 

Bisogna arrivarci in condizione oppure si può anche non essere al top?

Oggi è molto importante arrivare in condizione in una gara che sicuramente potrebbe essere meno importante, ma che poi meno importante non è. Mi spiego: al Delfinato capita molte volte che si vada più forte del Tour de France. 

Non sei il primo che lo dice…

Davvero si va più forte. Qualcuno deve guadagnarsi il posto… E’ dunque un riferimento importante. Si cominciano a vedere un po’ di numeri importanti sul computerino. E quelli sono molto indicativi, si prendono dati importanti. Perché se trovi corridori che vanno fortissimo già dal Delfinato, è normale che poi prima o poi caleranno. Almeno si spera… Ci sono invece squadre che hanno già programmato tutto il team per il Tour e prendono davvero il Delfinato come un avvicinamento. E questo è stato spesso il mio caso. 

Raccontaci…

Sapevo da tempo cosa dovevo fare e con chi. Pertanto lo affrontavo per migliorare la condizione, tanto è vero che dopo il Delfinato inserivo un altro blocco di lavoro in altura. Magari media altura, ma era un completamento di preparazione, di un programma. 

Tra pochi giorni vedremo tutti e tre i maggiori contendenti del Tour impegnati al Delfinato: cosa ti aspetti da loro? Ognuno seguirà il proprio programma o si punzecchieranno?

Non è facile da dire. Loro sono stati tantissimo fuori gara. Quello che più di tutti è rimasto fuori gara è stato Remco per i suoi problemi legati all’infortunio. Pogacar, lo sappiamo, può rientrare anche il giorno prima senza aver mai corso e andare forte. Vingegaard invece per me è da valutare e per me è quello più pericoloso, se non altro per capire come arriverà a questo appuntamento. 

Lo scorso anno vinse Roglic (in giallo), sembrava dominasse ma nell’ultima tappa rischiò di saltare
Lo scorso anno vinse Roglic (in giallo), sembrava dominasse ma nell’ultima tappa rischiò di saltare
Questo ciclismo corre tantissimo e, anche se sono passati pochi anni, è diverso dai tuoi tempi il Delfinato attuale?

Oggi è diverso il modo di correre, perché sono state affinate le tecniche di allenamento. Ormai sappiamo tutti che i carboidrati, l’alimentazione, i materiali fanno una grandissima differenza. Se ne parlava anche al Giro con gli stessi corridori. Abbiamo visto le medie altissime, specialmente nelle prime ore. Basti pensare che nella tappa del Mortirolo, a fine discesa, avevano 38 di media, una media altissima. È vero che le bici sono più veloci, è vero che l’abbinamento è molto più tecnico, però alla fine la devi spingere, devi pedalare. Resta dunque valida l’idea che non ci si debba arrivare troppo in forma.

Lo vince uno dei tre? E chi secondo te?

Non lo so, perché a volte vengono fuori anche degli outsider, ma credo che Pogacar vorrà far vedere sin da subito chi comanda. 

Qual è il tuo aneddoto del Delfinato, Vincenzo?

Difficile ricordare! Forse non c’è un aneddoto particolare, ma dire tutto il mio primo Delfinato. Lì mi sono reso conto che era qualcosa di diverso: era duro, era difficile ed ero mi trovavo sempre staccato. Ero giovane e avevo un mal di gambe pazzesco. Vedevo i campioni vicino a me che lottavano e prendevano, come ho detto, i vari riferimenti per il Tour de France, su grandi salite come Croix de Fer, Télégraphe… E io facevo tanta, tanta fatica!

Pogacar e Vingegaard: da Sierra Nevada strade parallele…

24.05.2025
5 min
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Qui si lotta sulle strade del Giro d’Italia, ma il resto del ciclismo non si ferma. C’è chi corre nel Nord Europa, chi lo fa in Estremo Oriente e chi invece nel Sud dell’Europa si sta allenando. Parliamo dei primi due pretendenti alla prossima maglia gialla: Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Sloveno e danese, per ironia della sorte o forse semplicemente per qualità dell’altura, sono entrambi a Sierra Nevada, nel sud della Spagna.

E’ lì che stanno costruendo il rispettivo Tour de France. E’ lì che si sono persino incrociati in allenamento, ma non si sono parlati. Da quel che si sa, uno procedeva in un senso e l’altro nella direzione opposta. E come stanno andando le cose?

Pogacar a Sierra Nevada: resistenza ma anche tanta intensità (screenshot a video su X)
Pogacar a Sierra Nevada: resistenza ma anche tanta intensità (screenshot a video su X)

Casa UAE

Partiamo dalla UAE Emirates di Pogacar. Come sempre, il campione del mondo è parso il ritratto della felicità: sereno, tranquillo, fa il suo e ride. Emblematico il video che ha pubblicato lui stesso qualche giorno fa, mentre giocava col vento e la sua Colnago alla soglia dei 2.500 metri di quota.

«Tadej è Tadej – sorride Mauro Gianetti, quando ci spiega come procedono i lavori del suo corridore – Viene da un ottimo inizio stagione, quindi è rilassato. Allo stesso tempo però è concentrato sul Tour. Sa bene, e lo sappiamo anche noi, che Vingegaard ci arriverà molto agguerrito, molto forte. Per questo sta lavorando seriamente, ma soprattutto serenamente».

Dopo le classiche, Pogacar si è fermato una settimana precisa: una pausa di riposo e relax, anche e soprattutto mentale. La doppietta Roubaix-Amstel non è stata uno scherzo neanche per lui.

«Vero – dice Gianetti – dopo la primavera ha fatto una settimana di stacco per poi ricominciare pian piano. I primi giorni a Sierra Nevada sono stati molto tranquilli in termini di allenamenti, adesso invece sta lavorando sodo per arrivare al Delfinato in buona condizione. Il Delfinato servirà a fare una rifinitura».

Per la precisione proprio in questi giorni Pogacar è tornato a casa a Monaco. Si è allenato anche con il suo amico e pilota della Williams, Carlos Sainz.

Vingegaard a Sierra Nevada ha utilizzato anche la bici da crono (foto da X)
Vingegaard a Sierra Nevada ha utilizzato anche la bici da crono (foto da X)

Casa Visma

Vingegaard ha affrontato un calendario di gare molto limitato, con solo una trasferta all’Algarve e la Parigi-Nizza abbreviata a causa di un incidente. La sua permanenza in Francia è stata interrotta da una caduta con conseguente commozione cerebrale, che gli ha fatto saltare anche il Catalunya di marzo.

Si sta allenando in quota insieme a diversi compagni della Visma-Lease a Bike, tra cui Matteo Jorgenson, Sepp Kuss, Victor Campenaerts e Tiesj Benoot. Qui a parlare è stato direttamente Vingegaard.

«Ora sto meglio – ha detto il danese – la caduta di quest’anno è stata uno scherzo rispetto a quella della primavera 2024. E’ avvenuta a 15 all’ora in salita. Però mi ha creato non pochi problemi. Rimanevo sveglio per circa un’ora e poi dovevo dormire. E’ stato così per i primi tre-quattro giorni. Poi sono migliorato e già pochi giorni dopo l’incidente sono risalito in bici, ma dopo solo un’ora avevo mal di testa e nausea e mi sono dovuto riposare. A quel punto poi non sono più salito in bici per qualche giorno. Dal punto di vista mentale è stata comunque difficile da affrontare. Anche per questo ora sono ancora più motivato nel tornare in gara, perché mi sono perso anche il Catalunya. Sono più determinato che mai».

Vingegaard e Pogacar all’ultimo Tour. I due arriveranno alla prossima Grande Boucle rispettivamente con 18 e 22 giorni di corsa
Vingegaard e Pogacar all’ultimo Tour. I due arriveranno alla prossima Grande Boucle rispettivamente con 18 e 22 giorni di corsa

Tadej a Isola 2000?

Entrambi si incontreranno al Delfinato. I due non corrono uno contro l’altro dal giorno di Nizza, finale dell’ultimo Tour, che era per giunta una crono. La corsa francese è un passaggio quasi obbligato per il loro programma. Il Tour de Suisse avrebbe significato un approccio al Tour leggermente diverso e più breve in termini di recupero.

«Dopo il Delfinato – riprende Gianetti – Tadej tornerà in altura, credo a Isola 2000, ma questo deve ancora essere definito per bene. Per adesso sta facendo un lavoro in crescendo, come dicevo. Ha lavorato sulle salite lunghe, sulla forza, sulla resistenza: quello che serve dopo una primavera in cui aveva fatto un lavoro più specifico per le classiche, con più lavori di esplosività».

Abbiamo chiesto a Gianetti se questo tipo di lavoro comporti anche un leggero cambiamento fisico: vedremo un Pogacar più magro?

«Sì, ci sta che cambiando un po’ lavoro si perda quel chiletto, ma non perché lui debba dimagrire. Semplicemente, in quel momento serviva più forza. E’ una conseguenza del lavoro che deve fare, quindi è molto probabile che al Tour sia più leggero rispetto alle classiche. Poi è chiaro che il fisico è quello, non è che lo puoi stravolgere. Stiamo parlando di dettagli, ma dettagli che a questo livello diventano importanti».

Il danese è parso super motivato: «La primavera di Pogacar? Mi ha impressionato, ma non vuol dire che al Tour sarà così forte»
Il danese è parso super motivato: «La primavera di Pogacar? Mi ha impressionato, ma non vuol dire che al Tour sarà così forte»

Vingegaard a Tignes

Ancora Vingegaard: «Al momento so di non essere ancora al mio miglior livello, ma questo è il motivo per cui sono qui sulla Sierra Nevada ad allenarmi. Spero di riuscire a raggiungere un livello che non ho mai raggiunto in passato. Se dovessi riuscirci, sono sicuro di poter lottare per vincere il Tour».

Da quel poco che si è visto, anche Vingegaard sta intensificando i lavori. Ci sono alcuni video in cui è impegnato a fare degli scatti.

Una piccola differenza fra i due è che, per adesso almeno, Vingegaard ha già fatto delle ricognizioni sulle tappe chiave della Grande Boucle, mentre Pogacar ha visionato la crono di Caen (ma qualche tempo fa). Il capitano della Visma è andato sul Col du Soulor e ad Hautacam, quindi in ricognizione della dodicesima tappa. Ha percorso anche la frazione numero 14, il tappone pirenaico con Col de Peyresourde, Col du Tourmalet, Col d’Aspin e il finale in salita di Superbagnères.

Dopo il Delfinato, i due saranno di nuovo “vicini di casa”: Vingegaard e compagni, stavolta con la squadra al completo, andranno a Tignes, sulle Alpi francesi.

Parigi-Nizza, si parte. Chi fermerà Vingegaard?

09.03.2025
5 min
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«Ricordo la mia prima partecipazione nel 2023. Ho molti ricordi – ha detto ieri Vingegaard nella conferenza stampa di vigilia alla Parigi-Nizza – alcuni belli e alcuni brutti. Ero venuto per vincere, invece arrivai terzo, quindi rimasi un po’ deluso. Non si può sempre vincere, ma sono tornato per farlo. Dovrò stare al coperto nelle prime tappe, senza perdere tempo. Poi potremo guadagnare nella cronometro a squadre e pure il giorno dopo alla Loge des Gardes, cinque minuti di salita dura. Poi restano le ultime due tappe, che saranno davvero impegnative».

La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri
La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri

Il parco dei pretendenti

Parte oggi la corsa francese, con un giorno di vantaggio sulla Tirreno-Adriatico che scatterà domani. Nel complesso e singolare intreccio dei calendari, senza Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, chi potrà impedire a Jonas Vingegaard di portarla a casa?

Lo scorso anno il danese vinse la Tirreno-Adriatico, con disarmante superiorità. Al giorno d’oggi, sono solo quattro i corridori – fra classiche e Giri – in grado di staccare in modo significativo il resto del gruppo e produrre differenza evidenti. Uno è il danese, l’altro è Pogacar, poi ci sono Evenepoel e Van der Poel. Per questo, senza imprevisti, è immediato inserire Vingegaard tra i favoriti della corsa francese. Anche perché il vincitore 2024, Matteo Jorgenson, correrà al suo fianco ed è intuibile che sarà chiamato ad aiutarlo.

Contro di loro, il campo dei partenti è solido, ma non irresistibile. La Soudal-Quick Step schiera Schachmann che ha vinto la corsa per due volte. La UAE Emirates avrà Almeida e assieme a lui Sivakov e McNulty. La Red Bull-Bora si affida a Vlasov. La Jayco-AlUla schiera O’Connor, secondo nel 2024 alla Vuelta e al mondiale. Infine la Bahrain Victorious ripropone la coppia Buitrago-Martinez.

Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza
Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza

Il punto dopo l’Algarve

Vingegaard si presenta al via della Parigi-Nizza cercando di mettere a punto la condizione dopo il debutto a mezze tinte della Volta ao Algarve, vinta grazie alla crono, ma faticando più del previsto in salita.

«In Portogallo abbiamo imparato molte cose – ha proseguito Vingegaard – soprattutto riguardo al primo arrivo in salita, che per me non ha funzionato. Abbiamo provato a capire di cosa si trattasse per provare a fare di meglio. Qui avrò anche una squadra molto forte, mentre in Algarve ero da solo e per questo mi sono ritrovato in una posizione difficile. Da allora ho recuperato. Ho fatto buoni allenamenti a casa. La forma è abbastanza buona, non sono ancora stato in altura per cui non sono nella forma migliore, ma neanche male. Spero di aver guadagnato qualche punto percentuale rispetto all’Algarve».

Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno
Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno

Otto tappe impegnative

La Parigi-Nizza ha otto tappe, come ha accennato Vingegaard. Parte da Le Perray en Yvelines e si concluderà domenica prossima a Nizza. Dopo le prime due giornate destinate ai velocisti e la veloce cronosquadre della terza, il primo scossone alla classifica verrà il quarto giorno, con l’arrivo in salita di La Loge des Gardes. E’ il luogo in cui nel 2023 Pogacar piegò per la prima volta Vingegaard, vincendo la tappa.

L’indomani, la tappa di La Cote Saint André ripropone un profilo da classica delle Ardenne, che precede il sesto giorno (nervoso) di Berre l’Etang. C’è poi l’arrivo in salita ad Auron il settimo giorno, dopo aver scalato la Colmiane. Infine l’ottava tappa si conclude a Nizza dopo quattro salite e il Col de Quatre Chemins a 9 chilometri dall’arrivo.

Il computo totale parla di 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri e 28 gran premi della montagna.

Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone
Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone

Il calendario di Vingegaard

Dopo aver raccontato a Eurosport lo stato disastroso in cui si è ritrovato lo scorso anno dopo la caduta al Giro dei Paesi Baschi, il danese ha spiegato come il suo livello al Tour de France non potesse essere accettabile. Perciò da allora si è rimboccato le maniche, pensando alla rivincita contro Pogacar. Anche a costo di snobbare le classiche e le corse sulle quali lo sloveno sta costruendo invece la sua leggenda.

«Abbiamo visto che le corse a tappe mi si addicono molto bene – ha detto Vingegaard – quindi sono più propenso a quelle che alle gare di un giorno. L’anno scorso ho vinto la Tirreno-Adriatico, quindi la cosa più normale è puntare alla Parigi-Nizza, per fare qualcosa un po’ diverso dagli ultimi anni. Vorrei vincere quante più gare a tappe WorldTour possibili e la Parigi-Nizza è la più grande, al di fuori dei Grandi Giri.

«Qui correremo con due leader, Jorgenson e il sottoscritto. Con lui ho un ottimo rapporto, sarei felice se vincesse. Non sono così egoista da pensare soltanto a me stesso. Sarò felice di sacrificarmi se lui sarà nelle condizioni di vincere, oppure se sarà il più forte e avrà la possibilità di vincere. E sono certo che sarà lo stesso anche al contrario, se sarò io a meritare. Su questo siamo uguali».

Vingegaard vince, gli altri no. De Groot, che succede alla Visma?

04.03.2025
5 min
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Quattro vittorie. E’ vero, la stagione è appena iniziata e è presto per fare bilanci, ma pochi si sarebbero attesi una Visma-Lease a Bike messa alle corde già dopo poco più di un mese, quando i rivali della UAE sono già a 13 (e Pogacar di suo ne ha messe in carniere tre). Con Robbert De Groot avevamo già avuto modo di parlare dei nuovi giovani che stanno uscendo fuori, a cominciare dal talentuoso norvegese Nordhagen, ma dopo la vittoria di Vingegaard alla Volta ao Algarve abbiamo ripreso in mano il telefono per sentire gli umori in casa olandese.

Vingegaard ha vinto a cronometro all’Algarve aggiudicandosi la classifica finale. Due delle 4 vittorie del team
Vingegaard ha vinto a cronometro all’Algarve aggiudicandosi la classifica finale. Due delle 4 vittorie del team

Si può fare davvero di più

«E’ solo un piccolo inizio – afferma il direttore sportivo olandese – Gran parte della squadra è ancora al lavoro, c’è anche chi deve cominciare e sta lavorando in altura per i futuri impegni. Possiamo dire che la stagione vera e propria per noi è cominciata con le classiche belghe dell’ultimo fine settimana dove effettivamente ci aspettavamo di più. Ma in generale possiamo essere soddisfatti delle nostre prestazioni in Oman e soprattutto anche in Algeria, ovviamente. Mettiamo in conto anche le difficoltà avute da alcuni, ad esempio Kooij che dopo le due vittorie in Oman si è ammalato all’UAE Tour non potendo rendere per quanto è capace. Io penso che siamo a un buon livello al momento e speriamo di poterlo dimostrare anche dalle prossime gare».

Olav Kooij aveva iniziato bene al Tour of Oman, ma un’influenza lo ha poi debilitato
Olav Kooij aveva iniziato bene al Tour of Oman, ma un’influenza lo ha poi debilitato
Parliamo allora degli aspetti positivi: come hai visto Vingegaard alla Volta ao Algarve, secondo te a che punto è della sua condizione?

Penso che possiamo essere contenti, molto contenti. Considerando che in funzione del Tour non abbiamo avuto ancora periodi di altura per lui. Quindi sì, siamo molto contenti del suo livello, credo che sia già un bel segnale anche per come è arrivata.

Che cosa chiedi ai vostri giovani che vengono dal devo team, in questa fase della stagione?

Penso che sia una squadra, il devo team, molto interessante visti i nomi che ci ha già dato. A cominciare da Brennan e Nordhagen. Ma ci sono altri nomi del team giovane che stiamo tenendo sotto la nostra lente, da Hoydahl a Rex a Smith. Interessante è anche l’altro inglese, Pattinson. Abbiamo alcuni giovani ragazzi molto interessanti in arrivo e sicuramente proveremo a mostrare qualcosa nelle gare come Umago, Porec, questo tipo di gare dove ci sarà anche Mattio. Ma ci mescoleremo. Ci mescoleremo parecchio. In gare come Denain o alla Coppi e Bartali porteremo alcuni giovani nel team principale per far fare loro esperienza.

Il danese insieme a Pogacar all’ultimo Tour. La sfida si rinnoverà e sarà replicata alla Vuelta
Il danese insieme a Pogacar all’ultimo Tour. La sfida si rinnoverà e sarà replicata alla Vuelta
Vingegaard ha vinto la Volta ao Algarve grazie alla cronometro, tutti ricordiamo la sua prestazione nella crono di Combloux al Tour. Hai detto però che Nordhagen alla sua età è superiore, che cosa te lo fa credere?

E’ molto difficile da dire. Stiamo lavorando per capire quali sono i suoi limiti, per vedere come può gestire un team. Intanto siamo intenzionati a fargli fare molte gare a tappe brevi, dove curare la classifica. Per sviluppare le sue abilità vincenti, abituarlo a quelle responsabilità. E per sviluppare qualche altra abilità tecnica. Quindi dobbiamo davvero aspettare e vedere come va la stagione per lui. L’importante è non metterlo subito sotto giudizio.

Il fatto che i leader della vostra squadra in questo momento non solo olandesi, salvo Kooij per gli sprint, come è visto dai fans in Olanda?

La gente a casa vorrebbe avere più corridori olandesi, lo sappiamo. Ma per noi non è così, il ciclismo è uno sport internazionale. Tutti i team sono vere e proprie multinazionali. Pogacar è sloveno e corre in un team arabo, Vingegaard danese in un team olandese e così via. Dobbiamo accettare che il ciclismo è un grande gioco internazionale E non importa se sei del Paese in cui è tenuta la licenza. Penso che si tratti di creare squadre vincenti, ma puoi farlo solo avendo i migliori corridori da tutto il mondo.

Per Uijtdebroeks prevista una serie di prove brevi a tappe, per abituarlo alla guida della squadra
Per Uijtdebroeks prevista una serie di prove brevi a tappe, per abituarlo alla guida della squadra
Tutti aspettano la doppia sfida fra Jonas e Pogacar a Tour e Vuelta. Quanto inciderà la scelta degli uomini dei team e la loro prestazione in aiuto dei capitani per fare la differenza?

Penso che sia un fattore molto importante. Sono team a un livello incredibilmente alto per supportare grandi campioni e noi abbiamo una grande fiducia nel fatto che i nostri corridori possano competere con il campione del mondo. Quindi faremo tutto il possibile per creare una squadra molto, molto forte in queste gare, per supportare Jonas, per provare a competere con quello che ad oggi è il più forte di tutti. Ma dovremo essere tutti al massimo, io credo che sarà uno spettacolo enorme e vogliamo che sia incerto fino alla fine.

Che risultato ti renderebbe davvero felice quest’anno?

Vincere il Tour de France, che diamine…