Per Taaramae un ritiro speciale, nel cuore dell’Africa

13.11.2022
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Rein Taaramae è una colonna dell’Intermarché Wanty Gobert. Una sorta di regista in corsa, che gode della massima stima da parte di Valerio Piva e di tutto lo staff del team. Ma Taaramae è anche un personaggio molto sfaccettato, che cerca di prendere dal ciclismo molto altro, a livello di esperienze e sensazioni, rispetto a quello che una gara può semplicemente dare. Da qualche anno il corridore estone è una sorta di testimonial del progresso ciclistico africano. Da anni si reca in Ruanda per preparare la stagione. Con il Paese ha stretto un rapporto che va molto al di là di quanto normalmente avviene per i campioni del pedale.

Interpellato sul tema proprio mentre era in ritiro prestagionale a titolo completamente personale, Taaramae si è ben prestato alla chiacchierata. E’ diventato quasi un inviato sul posto, preoccupandosi personalmente della parte fotografica. Per trasmettere attraverso parole e immagini il profondo legame che ormai lo lega a quella parte di mondo.

I paesaggi dove Taaramae si allena sono incantevoli e tutti a una grande altitudine
I paesaggi dove Taaramae si allena sono incantevoli e tutti a una grande altitudine

«La prima volta che sono stato in Ruanda è stato nel 2019, per il locale Tour con il team TotalEnergies – ricorda – Non sapevo affatto che cosa mi aspettava, temevo soprattutto le difficoltà legate al cibo: mangerò 10 giorni solo riso in bianco perché probabilmente la gente non ha nient’altro. Nella mia mente avevo l’Africa dei pregiudizi: molto caldo, pessimi hotel e sicuramente nessuno parla inglese. La realtà era l’esatto opposto: Paese tropicale pulito, temperature per lo più 20-25 quindi non troppo calde. La maggior parte delle persone comunica un inglese migliore rispetto all’Italia o alla Francia. Sono molto gentili e onesti e anche gli hotel e il cibo sono buoni. Basta avere piccole accortezze: non mangiare insalata fresca, che è deliziosa ma semplicemente non va bene per il nostro corpo e non bere l’acqua del rubinetto».

Che percorsi hai trovato in Ruanda?

Ci sono abbastanza strade per allenarsi. Le condizioni stradali sono molto buone, senza buche, larghe e belle. Il paese dove risiedo è collinare ma la maggior parte delle salite dura 10 -30 minuti, qualcuna anche di più. Le pendenze sono limitate, mai più del 6 per cento, ma la sua altitudine ricorda un po’ la Colombia. In pratica l’altezza media è sempre di circa 2.000 metri, come una cima dello Stelvio senza scalare troppo… Il vantaggio è che non hai problemi con le auto come nella maggior parte dei Paesi europei. Guidano a una velocità di circa 50-70 chilometri orari perché qui l’auto è costosa e non vogliono davvero rovinarla. Inoltre ci sono molti autovelox e agenti di polizia e le multe sono salate.

In Ruanda le strade larghe sono un grande vantaggio e gli automobilisti sono molto disciplinati
In Ruanda le strade larghe sono un grande vantaggio e gli automobilisti sono molto disciplinati
Ci sono pericoli?

Per pedalare qui bisogna guardare sempre davanti! Perché c’è sempre un sacco di gente a lato della strada, tanti ciclisti occasionali che a volte attraversano la strada senza guardare. Hanno un’abitudine molto bella qui, puoi sempre guidare in mezzo alla strada senza spaventarti che qualche macchina ti investa. Quando arrivano dietro di te fanno solo un colpo di clacson, nessuno si arrabbia con i ciclisti qui sulle strade.

Per quanto tempo rimarrai ad allenarti lì e sei da solo o con altre persone?

In realtà nel 2019 ho scoperto che il suo posto ideale per fare un training camp in quota, a 100 chilometri dal capoluogo è il paese di Musanze. C’è un piccolo centro speciale solo per il ciclista, con rifugi e ristorante dove il cuoco ti prepara tutto ciò che chiedi con tutti i servizi necessari per ciclisti, meccanici, lavanderia. Ero stanco di andare ogni anno nella Sierra Nevada in Spagna, magari per rimanere in camera perché c’è neve o cadere per il ghiaccio. Qui non abbiamo questo tipo di problemi. Un grande vantaggio è che il viaggio non è così lungo. La mattina prendi il volo in Europa e la sera sei a Kigali, senza cambi di fuso orario. Ora sono qui con mia moglie, è la campionessa estone a cronometro e possiamo guidare facilmente insieme e goderci il “bikepacking”. Rimaniamo 10 giorni e facciamo 700 chilometri in giro per il Paese, da un posto all’altro.

In quest’occasione l’estone è partito con sua moglie Hanna Caroline, campionessa nazionale a cronometro
In quest’occasione l’estone è partito con sua moglie Hanna Caroline, campionessa nazionale a cronometro
Sei molto impegnato anche nell’aiutare la popolazione locale: cosa hai portato quest’anno?

Sono stato qui a gennaio e ho incontrato i ciclisti locali, sembrava che avessero tutto, in forma, bei vestiti, belle bici… ma poi vado in giro con il mio amico e il primo giorno aveva una gomma a terra perché entrambe le gomme erano già completamente usate, poi ha rotto la catena perché era troppo vecchia, un altro dice che non può guidare perché aveva solo un paio di vestiti e li ha rovinati… Poi parlo con gli allenatori dei club locali e mi hanno detto che avere il materiale è un grosso problema in Ruanda. Quindi ora vengo qui con 4 grandi bagagli con circa 75 chili di cose usate e nuove.

Dove le prendi?

Le squadre WT buttano tanto materiale riutilizzabile, ad esempio con casette e catena quando in squadra non si usano più, sono validi per 10.000 chilometri di allenamento, lo stesso con tutte le altre cose, borracce, abbigliamento… Io raccolgo il possibile, ma l’Uci può fare qualcosa in questo senso. Basta contattare tutti i team e, ad esempio, supportare una squadra con cose vecchie di un Paese africano, può essere davvero importante per le immagini della squadra e per l’intero ciclismo locale.

Parte del materiale portato dall’estone in Ruanda e distribuito fra i ciclisti locali
Parte del materiale portato dall’estone in Ruanda e distribuito fra i ciclisti locali
Cosa significa per te essere in grado di aiutare il popolo ruandese?

E’ qualcosa che devo alle mie radici. Quando ho iniziato a pedalare negli anni ’90, l’Estonia era un Paese povero, era difficile avere un abbigliamento nuovo e buono e altro materiale. Ora è giusto che mi adoperi per chi è nella mia condizione di prima.

In Ruanda si faranno i mondiali del 2025: pensi che sarà pronto per organizzare un evento così importante?

Penso di sì, hanno buoni hotel nella capitale, anche le strade sono buone. Mi fa un po’ paura che alla gente piaccia andare in bicicletta e nelle gare ci sono migliaia di persone vicino alla strada, se c’è più pubblico nel mondo non è facile tenerli lontani dalle strade. L’organizzazione di Eanyway Td Rwanda era quasi perfetta, quindi perché non può essere lo stesso nel 2025.

Per Taaramae una stagione 2022 poco fortunata, con 8 Top 10 e il titolo estone a cronometro
Per Taaramae una stagione 2022 poco fortunata, con 8 Top 10 e il titolo estone a cronometro
Eri soddisfatto della tua ultima stagione e cosa ti aspetti dalla prossima?

Sono stato abbastanza bene per tutta la stagione, penso di aver fatto davvero un buon lavoro per la squadra. Personalmente mi rammarico per due vittorie sfuggite di poco, la terza tappa sulla cima dell’Etna al Giro e la terza frazione della Vuelta. Fino a quando non sei un atleta puoi fare il tuo lavoro in modo scadente, ma a volte anche i bravi lavoratori hanno bisogno di avere la loro giornata, io non ce l’ho avuta. La prossima stagione è un po’ diversa, solo un grande tour e molte gare settimanali. Spero che tutto vada con un po’ più di fortuna.

Nel 2025 compirai 38 anni: quando ci saranno i mondiali, speri di esserci?

Fino a quando avrò lo stesso atteggiamento e una buona squadra, continuo. A 35 anni prendi le cose anno dopo anno. Mi piace davvero e amo quello che faccio, ma non so mai quando sarà la mia ultima stagione, anche se non ho avuto una grande carriera. Se faccio un altro anno va bene, se ne faccio 5 è anche meglio!

Delle Vedove e il futuro alla Intermarché: «Voglio imparare»

12.09.2022
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Alessio Delle Vedove corre veloce verso grandi traguardi, senza farsi spaventare da quello che lo circonda (in apertura festeggia l’approdo in finale nell’inseguimento a squadre, foto Federciclismo). Il ragazzo della Borgo Molino Rinascita Ormelle è ritornato dalla trasferta con la nazionale su pista a Tel Aviv. Dove ha conquistato, insieme ai suoi compagni, il titolo iridato nell’inseguimento a squadre, sfiorando per un soffio il record del mondo. 

«Sono tornato a casa dal Tel Aviv il 28 agosto – dice Delle Vedove – non ho ancora corso, mi sono riposato un po’ ed ho ripreso ad allenarmi pochi giorni fa. Il calendario quest’anno finisce il 16 ottobre, quindi ho ancora un mese di concentrazione, poi si potrà pensare al prossimo anno. Disputerò il campionato italiano di cronometro a squadre agli inizi di ottobre (si correrà il 1° ottobre a Fiume Veneto, ndr), è l’ultima gara sulla quale ho messo gli occhi, spero di finire bene».

Delle Vedove, il secondo da sinistra, insieme ai compagni di squadra dell’inseguimento (foto Instagram)
Delle Vedove, il secondo da sinistra, insieme ai compagni di squadra dell’inseguimento (foto Instagram)
Da dopo Tel Aviv si potrebbe dire che sei tornato in forma e motivato…

La maglia di campione del mondo è un sogno incredibile e già poterla indossare è un onore immenso. Peccato per il record del mondo, ma la pista non era delle migliori, era anche semi aperta, quindi c’erano un po’ di agenti ad influenzare la prestazione. 

A proposito del prossimo anno, abbiamo sentito che correrai con la continental dell’Intermarché Wanty Gobert.

Esatto, ne ho parlato con il mio procuratore Nicoletti ed insieme abbiamo deciso che era la scelta migliore per me. Inoltre io sono molto curioso e volevo proprio mettermi in gioco in una realtà come quella. Penso sia il passo giusto per tentare di fare del ciclismo il mio mestiere.

Delle Vedove ha ricevuto tante richieste: sia dall’Italia che dall’estero (photors.it)
Delle Vedove ha ricevuto tante richieste: sia dall’Italia che dall’estero (photors.it)
Quindi anche tu hai il procuratore, da quanto?

Non da molto, ho firmato la procura con lui da un mese più o meno. Inizialmente non volevo avere un procuratore, devo essere sincero: fossi rimasto a correre in Italia, non avrei firmato. Ma visto che sarò con una squadra straniera e ci saranno tante cose da curare, ho preferito averlo. Avevo un’idea diversa dei procuratori, pensavo imponessero le loro idee e che decidessero le cose a tavolino, invece Nicoletti no, mi ascolta e mi ha sempre chiesto cosa pensassi di ogni singolo dettaglio

Come è nato il contatto con la Intermarché?

A inizio giugno mi sono arrivate tantissime richieste ed offerte, tre da squadre Development: Lotto, Groupama FDJ e Intermarché. Sono arrivate in contemporanea anche due offerte dalle continental italiane: Zalf e Colpack.

Il ragazzo si è messo in luce con tante vittorie quest’anno, sia su strada che su pista (foto photors.it)
Il ragazzo si è messo in luce con tante vittorie quest’anno, sia su strada che su pista (foto photors.it)
Come mai hai scelto l’Intermarché?

Il progetto mi è sembrato molto interessante e disegnato a misura di un ragazzo che è al primo anno da under 23. Ho firmato per due anni, fino al 2024. Il primo anno rimarrò in Italia, c’è la scuola da finire, andrò ogni tanto in Belgio a correre o a fare ritiri. Mi hanno già anticipato che dovrei fare il calendario delle corse in Italia e qualcuna in Belgio e Olanda, non vedo l’ora.

Li hai già conosciuti?

Non dal vivo, andrò di persona solamente a fine ottobre, a stagione finita. Pensavo avessero una struttura molto complessa e intricata, invece nella loro professionalità sono molto semplici. Ho parlato anche con il vicepresidente e con il mio allenatore, Kevin Van Melsen. Quest’anno corre ancora con la WorldTour, ma dall’anno prossimo avrà questo nuovo ruolo. Dalla squadra mi scrivono spesso, mi fanno i complimenti, mi chiedono come sto, sono presenti e mi piace.

Hai già fatto qualche piccola esperienza all’estero, che ti aspetti?

Sì, ho fatto la Corsa della Pace e la Roubaix junior, come prima cosa mi aspetto di imparare tanto. Non vado con presunzione ma con voglia di mettermi in gioco, il livello è alto, l’ho visto nelle mie esperienze. Ho anche avuto modo di parlare con dei ragazzi alla Corsa della Pace, che per curiosità correranno con me il prossimo anno.

Delle Vedove in azione alla Corsa della Pace, una delle poche gare fuori dall’Italia corse dal corridore della Borgo Molino (foto Instagram)
Delle Vedove in azione alla Corsa della Pace, una delle poche gare fuori dall’Italia corse dal corridore della Borgo Molino (foto Instagram)
Cosa vi siete detti?

Parlavamo dei vari allenamenti e delle corse fatte. Ho sempre avuto la sensazione che nel Nord fossero più pronti, e ne ho avuto la conferma. Quei ragazzi fanno 200-300 chilometri in più a settimana rispetto a noi, per questo sono avanti di preparazione e di forma. Mi dicevano che si allenano sempre, anche con la pioggia, noi, invece, no.

Ci sono altre differenze?

La scuola, ne discutevo con un ragazzo tedesco e mi spiegava che da loro la scuola ti viene incontro se fai attività sportiva di alto livello, programmano le interrogazioni e le verifiche. Al contrario, in Italia, ti dicono che ti aiutano, ma poi non lo fanno concretamente

Insomma, curiosità e voglia di iniziare…

Voglio ripartire da zero, tirare una riga e rimettermi in gioco, non importa cosa ho fatto fino ad ora. Devo imparare tanto, lo ripeto, nei primi mesi dovrò restare attento. Per farvi un esempio: non so fare i ventagli, i miei compagni sì, non sono abituato a correre sul pavé, loro ci vivono. Non mi monto la testa, si fa un passo alla volta e nel 2024 vorrei trasferirmi in Belgio in pianta stabile, per fare un ulteriore passo in avanti.

Pasqualon alla Bahrain-Victorious, l’uomo in più per Mohoric

24.08.2022
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«Abbiamo preso Andrea Pasqualon perché è un ottimo corridore che potrà mettere la sua esperienza al servizio del team. Esperienza che ha soprattutto per le corse del Nord. Di certo è e sarà più di un gregario». Inizia così il giudizio di Franco Pellizotti sull’acquisto del corridore trentino.

Con il direttore sportivo della Bahrain Victorious si parla appunto dell’acquisto di Pasqualon, il quale si unirà alla sua squadra a partire dalla prossima stagione. Un passaggio un po’ inaspettato. Dopo tanti anni nel team belga e con la fiducia dei suoi direttori sportivi non era così scontato che Pasqualon potesse lasciare la Intermarché Wanty Gobert.

Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale
Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale

Pellizotti lo aspetta

«Andrea – continua Pellizotti – è un ragazzo che ha tanta esperienza, è abituato a correre all’estero e per noi è importante visito che siamo un team molto internazionale, abbiamo atleti di molte nazioni.

«Da un punto di vista tecnico Pasqualon è più di un velocista. E’ un corridore duttile. Può fare bene in molte corse, anche nelle tappe non troppo veloci e soprattutto può fare bene in Belgio. Non che non abbiamo dei buoni corridori per quelle corse, ma non abbiamo neanche un leader da poter dire agli altri: tu fai il gregario di… Tu sei l’uomo di… Abbiamo Mohoric che è bravo e Pasqualon può essere ideale per stargli vicino. 

«E poi abbiamo anche tanti giovani e può essere un esempio per loro. Parlando di Belgio e giovani mi viene in mente anche Milan per esempio».

L’arrivo di Pasqualon fa riflettere e con Sonny Colbrelli fermo ai box da ormai una stagione intera e senza certezze sul suo rientro, che ci auguriamo possa avvenire e avvenire presto, è lecito chiedersi se Andrea non possa essere il suo sostituto naturale.

«Non abbiamo ingaggiato Andrea per sostituire Sonny. Hanno caratteristiche simili, ma Sonny è Sonny! Anzi, sono convinto che sarebbe stato dei nostri anche con lui e ne sarebbe stato un compagno ideale. E vi dirò anche che era un bel po’ che lo avevamo preso e non è stata una decisione presa così…».

Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious
Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious

Pasqualon e il Nord

Da Pellizotti a Pasqualon stesso. Andrea sta correndo in Belgio. Giusto ieri ha chiuso al settimo posto alla Egmont Cyclng Race.

«Se non fosse stato per un’incomprensione con la squadra – racconta Andrea – nel finale sarebbe potuta andare meglio. Ero convinto di avere un compagno, ma non c’è stato. Ai 500 metri si è aperto un buco e nulla… in quattro hanno preso una manciata di metri ed è finita lì. 

«Io però sono contento perché era la prima gara dopo l’altura. E si sa che ci vuole sempre un po’ per ritrovare il ritmo gara». 

Anche per queste qualità: velocità, costanza di rendimento Pasqualon vestirà i colori della Bahrain Victorious dal 2023.

«Sì, adesso è ufficiale – dice Andrea – sono contento perché la Bahrain è uno dei migliori team in assoluto. Non che la Intermarché non lo sia, soprattutto dopo una stagione come quella che abbiamo fatto. Ma la nuova squadra so che mi darà il 110% per diventare un corridore vero, di altissimo livello. Mancava qualcosina, quel qualcosa di più che sono convinto la Bahrain mi possa dare.

«In Bahrain potrò mettere a disposizione la mia esperienza per il Nord. Potrò stare vicino a corridori come Mohoric e Bauhaus i quali avevano bisogno di un uomo con le mie caratteristiche. Ma al tempo stesso avrò il mio spazio».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio

L’amico Mohoric 

Anche con Pasqualon tocchiamo il “tasto Colbrelli”. E già solo con questo paragone Andrea sembra lusingato. 

«Eh – sorride – non si sa mai. Negli ultimi anni sono cresciuto e magari fare come Colbrelli può essere il mio obiettivo. A me piace andare forte al Nord e Sonny è andato forte al Nord. La mia corsa dei sogni è la Roubaix e Colbrelli ha vinto la Roubaix… Magari ci riuscirò anche io!».

Pasqualon sa che dovrà essere soprattutto di supporto. E’ in sintonia con Pellizotti quando parla di esperienza e di giovani. Anche su Milan dice che potrebbero mettere su un grande team per le volate e che non vede l’ora di conoscerlo nei primi ritiri.

E su Mohoric: «Credo – spiega Pasqualon – che Matej, oltre che fortissimo, sia il corridore più intelligente in gruppo. E non lo dico solo io. Legge la corsa, è sempre informato, conosce i materiali… è sprecato per fare il ciclista! Io e lui siamo ottimi amici. In gruppo parliamo spesso e anzi, se arrivo in Bahrain è anche grazie a lui. 

«E’ lui che mi vuole al suo fianco. Gli serviva un corridore che sa limare, che sa creare lo spazio, che sa essere davanti al momento giusto in certe corse e dopo 12 anni di professionismo sono qualità che ho acquisito e che mi consentiranno, spero, di essere un’ottima pedina».

Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019
Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019

Sogni azzurri

Prima di congedarci con Pasqualon gettiamo anche un occhio su suo prossimo futuro: il mondiale di Wollongong. 

Il ragazzo di Bassano del Grappa non ha mai nascosto di volerci essere e anche stavolta ribadisce il discorso. Si è preparato bene. Ad Andorra ha una casa dove vive a 2.000 metri. La gamba sembra esserci. La prestazione di ieri in una corsa tanto veloce e nervosa non è qualcosa da sottovalutare.

«Sul mondiale – dice Andrea – ho messo la crocetta da tempo. Mi sto preparando per quell’evento. Voglio esserci perché è una corsa adatta alle mie caratteristiche e anche per dare una mano a gente come Bettiol o Trentin

«Correrò oggi a Overijse, poi altre gare come la Bretagne Classic, Plouay, la trasferta con le due gare canadesi e poi vedremo come evolverà la situazione. Io ci tengo tantissimo».

Meintjes, terza top 10 al Tour e ora sotto con la Vuelta

28.07.2022
4 min
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Se n’è parlato poco, molto poco, eppure al Tour de France Louis Meintjes è andato forte. Molto forte. Il sudafricano è arrivato ottavo (è la terza volta dopo il 2016 e 2017). E’ stato autore di un paio di fughe buone grazie alle quali ha recuperato il tempo perso nella prima settimana del Tour tra pianura, pavé, problemi al cambio… E poi ha lottato col coltello fra i denti per restare nella top 10.

Il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert è una vecchia conoscenza, anche del ciclismo italiano se vogliamo. Ha corso molto da noi. E’ stato alla Lampre. Sempre da noi ha ottenuto i primi buoni risultati, come la medaglia d’argento ai mondiali di Firenze U23 e uno dei suoi tecnici è Valerio Piva. 

Un problema al cambio ha costretto Meintjes a tagliare a piedi il traguardo alla Planche des Belles Filles
Per un problema al cambio, Meintjes ha tagliato a piedi il traguardo alla Planche des Belles Filles

Frenato dalle attese

L’impronta di Piva in questa squadra si nota sempre di più e se c’è stata questa buona crescita, una fetta del merito è proprio del direttore sportivo lombardo. Per la prima volta infatti, il team belga ha piazzato uno suo corridore nella top 10 della Grande Boucle.

«Beh – commenta Piva – Meintjes non è uno sconosciuto. Fece già ottavo al Tour e si piazzò bene in una Vuelta. Quando arrivò al grande ciclismo si parlava di lui come il paladino del ciclismo africano e questo forse gli ha messo quella pressione addosso per la quale si è un po’ perso».

Il tempo però è passato inesorabile e il “bimbo” si è ritrovato a trent’anni, con una buona carriera, ma senza aver riempito la bacheca di “mille” trofei.

«Noi lo abbiamo ripreso proprio con l’intento di recuperarlo. In Intermarché ha trovato un ambiente che crede in lui e che non gli mette pressione».

A inizio giugno il sudafricano aveva vinto il Giro dell’Appennino
A inizio giugno il sudafricano aveva vinto il Giro dell’Appennino

Un Tour all’attacco

Un po’ come il suo collega Pozzovivo, tra l’altro i due tecnicamente si somigliano moltissimo, Meintjes aveva in testa la classifica sin dal via della Grande Boucle. La tattica, se di tattica si può parlare, era chiaramente quella di correre di rimessa: stare coperti e tenere il più possibile in salita.

«E invece – riprende Piva – mi ha stupito questo suo atteggiamento. Louis è un difensivo, invece è andato spesso all’attacco. E alla fine si è ritrovato a lottare con i grandi nomi. E quando sei lì tiri fuori anche quello che non hai. A mio avviso ha fatto proprio un bel Tour, il più bello della sua carriera».

Piva ha toccato subito un tema centrale: la pressione. Le aspettative che c’erano attorno a Meintjes sono ciò che hanno bloccato questo ragazzo, ciò che non gli hanno consentito di esprimersi al meglio. Il motore, anche se non gigantesco o al pari di quello di Pogacar o Vingegaard (ma chi ce l’ha?), è comunque buono.

Dopo gli ottimi risultati internazionali come il titolo di campione africano in linea, l’ottavo posto al Tour, in Sud Africa lo davano come il prossimo vincitore della corsa francese. Ma come detto non è facile per un ragazzo giovane supportare questo fardello.

«Louis – spiega Piva – è uno di quei corridori che “funziona” se tu lo lasci tranquillo. Allora vedi che alla sua maniera raggiunge gli obiettivi che si è prefissato. Ma per fare questo gli serve l’ambiente giusto».

E a Parigi Meintjes ha detto: «Ancora ottavo, non male!». Ha poi ringraziato molto la sua squadra (foto Twitter)
E a Parigi Meintjes ha detto: «Ancora ottavo, non male!». Ha poi ringraziato molto la sua squadra (foto Twitter)

Vamos a la Vuelta

E la stagione del corridore di Pretoria non finisce qui. Adesso per lui c’è la Vuelta. E probabilmente la correrà sulla falsariga del Tour.

«Ma magari – sorride Piva – pensando in modo un po’ più concreto di portare a casa una tappa. Io non credo che lui voglia mollare la classifica in Spagna. E’ nelle sue corde questo modo di correre. Ma ha dimostrato che sa vincere».

Piva si riferisce al Giro dell’Appennino. Quel giorno il leader della Intermarché Wanty Gobert era Rota, ma poi lui non è riuscito ad essere dov’era e in corso d’opera è subentrato Louis… che ha vinto. «E quel successo gli ha dato parecchia fiducia. Anche per questo credo sia arrivato in Francia estremamente motivato». 

In tal senso la Vuelta potrebbe essere la corsa della “svolta”. Enormi pretendenti stavolta sembrano, il condizionale è d’obbligo, non esserci. Pogacar è dato verso il forfait, Roglic sembra non essere al massimo, Mas è uscito male dal Tour… E visto che Louis è sempre andato bene nella seconda parte di stagione chissà che non possa pensare a qualcosa di più della top 10 nella generale.

Pozzovivo verso la Vuelta con una teoria su Pogacar

23.07.2022
6 min
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«Alla fine Pogacar ha avuto ragione – sorride Pozzovivo – a voler guadagnare su ogni traguardo all’inizio del Tour. Senza il passaggio a vuoto del Granon, visto che non ha mai staccato Vingegaard, quei secondi sarebbero stati il suo gruzzolo prima della crono».

La caduta di Hautacam e il distacco subìto sono stati la conseguenza del dover rincorrere e contano fino a un certo punto. Dal Covid allo Stelvio e poi dallo Stelvio all’Etna, la calda estate di Domenico Pozzovivo prevede ora San Sebastian e la Vuelta. Ma prima la sua lettura sulla sfida del Tour offre nuovi spunti.

Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ha riconosciuto i sintomi del Covid (foto IWG)
Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ecco i sintomi del Covid (foto IWG)

Demolito dal Covid

Lo scalatore lucano è uscito dal Giro di Svizzera con il nono posto ed ha avuto appena il tempo di tornare a casa, per iniziare a riconoscere i primi sintomi. Gli stessi che pochi giorni dopo ha manifestato sua moglie Valentina. E se nel caso del primo contagio di aprile dopo il Giro di Sicilia le cose erano filate lisce, risolvendosi in pochi giorni, questa volta la botta è arrivata più forte.

«Mi ha proprio demolito – sorride amaramente Domenico – e mi ha costretto a saltare il campionato italiano. Mi è dispiaciuto perché si correva al Sud. Ho aspettato che passasse. Ho fatto tutte le visite mediche per il ritorno all’attività. E poi sono andato sullo Stelvio. So che i miei compagni erano a Livigno, anche Petilli e Rota, ma a me quella zona non piace. Vado sullo Stelvio e mi alleno spesso verso la Val Venosta. Non li ho mai nemmeno incontrati».

Al Giro di Svizzera ha chiuso all’8° posto la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto nella generale (foto IWG)
In Svizzera ha chiuso 8° la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto (foto IWG)
Come stai adesso?

Ho sensazioni altalenanti, non sono il solito Domenico. Spero che tra San Sebastian e prima della Vuelta vada tutto a posto. Andrò in Spagna per fare classifica, con le stesse motivazioni del Giro. Una diversa cornice, farà caldo e a me piace. Anche se non possiamo proprio lamentarci del meteo trovato quest’anno in Italia.

Nella diretta con Bernal di qualche giorno fa, con Nibali e Lello Ferrara, si ironizzava sulle tue abilità a cronometro…

Dimenticando quando feci meglio di Cancellara proprio alla Vuelta (sorride, ndr). Quest’anno purtroppo la bici mi penalizza, perché sono arrivato tardi in squadra e non ho avuto modo di fare i test necessari. Fare le crono mi piace e penso che siano in piccolo anche una mia abilità. Per cui in questo ciclismo così livellato e attento ai dettagli, è un peccato non averci potuto lavorare. Già dopo il Lombardia inizieremo con i test.

Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Sei arrivato per ultimo in squadra e come va?

La Intermarché-Wanty-Gobert è stata una piacevole sorpresa per il livello tenuto in tutta la stagione. Ottima anche sul piano dei rapporti umani, che non si possono mai dare per scontati. C’è una sorta di divisione in due anime. Ho lavorato con quasi tutti i gruppi, ma certo quello delle corse fiamminghe ha caratteristiche che non si sposano con le mie. Siamo complementari, così è perfetto.

In questi giorni Meintjes, che ti somiglia, sta facendo un bel Tour.

Lo sto seguendo. Ha le mie caratteristiche e si sta ritrovando dopo un periodo un po’ storto. Non avere addosso una grande pressione gli permette di correre al meglio.

Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
E’ uno di quei Tour dove vorresti esserci o vanno così forte che si sta meglio a casa?

In queste tappe di montagna mi piacerebbe esserci. Quando sono davanti alla televisione, sono un corridore che si immedesima. Se però penso alla prima settimana e al pavé, mi viene male. Anche se rispetto al solito ci sono state meno cadute. Sono uscito bene dallo Svizzera, avrei potuto farci un pensierino, ma adesso non posso certo rammaricarmi, visto che poi mi sono ammalato. E in queste settimane sono stato in fase di ricostruzione.

Cosa ti pare del duello Pogacar-Vingegaard?

Della tattica di Tadej della prima settimana ho già detto. Se aveva la percezione che Vingegaard sarebbe stato difficile da staccare, ha fatto bene.

Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Lo abbiamo criticato perché potrebbe aver speso troppo…

Tadej è sicuro di se stesso e probabilmente sapeva che, pur facendo così, il suo livello non sarebbe calato nella terza settimana. Ma non è stato un Tour lineare…

In che senso?

E’ stato condizionato dal Covid, ma non mi aspettavo questo livello di Vingegaard e al contrario, dopo averlo visto alla Tirreno, ero convinto che il livello di Pogacar sarebbe stato irraggiungibile. A Hautacam secondo me ha ceduto anche mentalmente, perché essere staccato in salita da Van Aert può essere un duro colpo.

Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Pensi che da questo Tour trarrà un insegnamento?

Penso che dovrà imparare a considerare di più l’aiuto della squadra. Finché è stato nettamente il più forte del gruppo, poteva passare sopra agli eventuali errori semplicemente accelerando. Ora scoprirà nuovi dettagli da curare.

Torniamo indietro a Lello Ferrara, come ti trovi in questo ruolo di spalla sul web?

Diciamo che nelle prime dirette, gli diedi credito per amicizia. Lo sapete, sono una persona obiettiva, dico le cose come stanno. E se uno non è capace di fare qualcosa, glielo dico in faccia. Invece in Lello ho trovato del talento, ha smosso belle situazioni e secondo me fa bene a coltivarlo.

Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Dallo Stelvio ti sei spostato sull’Etna, come mai?

Perché sullo Stelvio si sta così bene, che ti dimentichi del caldo. Sull’Etna in quota si sta bene, ma sotto ti alleni alla temperatura che si troverà alle corse, un caldo normale. Per cui il 27 vado a San Sebastian e poi torno quassù. Se penso che quelli di Livigno fanno la sauna per abituarsi al caldo, sto meglio io qua che il caldo ce l’ho naturale, no?

Pozzovivo non si ferma e cerca il Giro perfetto

31.05.2022
5 min
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Più cerotti che pelle sana, Pozzovivo viene a sedersi dopo la doccia sui gradini nella parte anteriore del pullman. Manca un’oretta alla partenza della crono che chiude il suo 16° Giro d’Italia che ancora una volta chiuderà fra i primi dieci. La caduta del Mortirolo ha condizionato pesantemente la seconda parte di gara, ma per il resto il lucano si è mosso come un grillo nelle prime file del gruppo. E così, mentre infila le calze a compressione e si appresta all’ultima vigilia della corsa, parliamo con lui di quel che ha visto in giro e quel che sarà.

Al via da Marano Lagunare, nella tappa del Santuario di Castelmonte
Al via da Marano Lagunare, nella tappa del Santuario di Castelmonte
Soddisfatto?

Sì, sono soddisfatto perché comunque parlare di top 10 e raggiungerla con tutto quello che ho vissuto questo inverno e comunque dopo il mio incidente, è un grandissimo risultato.

Come l’hai vista la lotta davanti per questo Giro?

Per me è stata anche più di quello che mi aspettassi nelle prime due settimane, perché ero lì allo stesso livello di coloro che se lo sono giocato, quindi questo mi fa ancora più piacere. Vedevo favorito Carapaz, per come si era messa e perché soprattutto in altura di solito trova pane per i suoi denti. Però la condizione di Hindley è stata veramente stellare. Anche due anni fa, quando si e rivelato al grande pubblico, l’ultima settimana per lui fu di altissimo livello. Quindi penso che sarà veramente un osso duro per i prossimi anni.

E’ stato Pozzovivo a tirare la volata di Girmay a Jesi: missione compiuta
E’ stato Pozzovivo a tirare la volata di Girmay a Jesi: missione compiuta
Come si sono mossi i tre blocchi che si sono giocati il Giro?

La Ineos ha fatto la corsa senza prendere nessun rischio e alla fine non ha pagato. Penso che la Bora abbia fatto una cosa offensiva e anche molto spettacolare che in alcuni tratti ha deciso le sorti del Giro. Tolta la tappa di Torino, in cui hanno fatto un’azione spettacolare, è stata praticamente in tutte le fughe. Quindi una corsa molto offensiva. Invece la Bahrain ha cercato di capitalizzare tutto il lavoro in una sola tappa, quella del Fedaia, però alla fine le gambe non erano buone. Insufficienti per battere gli altri due.

Non sono sembrati irresistibili tra Pordoi e Fedaia…

In gruppo penso che fossero al limite delle loro capacità. Perché comunque quando fai una settimana così tirata, c’è anche un livellamento e non sempre si riesce a fare una grandissima differenza. Se loro avessero accelerato di più, perdevano subito anche Buitrago, quindi erano tutti più o meno livellati. Penso comunque che la Bora puntasse dall’inizio su Hindley. Diciamo che aveva anche altri co-capitani, come si usa tanto adesso, perché gli incidenti nei grandi Giri capitano sempre. Però si vedeva che lui era quello più protetto e su cui contavano di più.

Sul Fedaia. Pozzovivo si è piazzato a 3’12” da Hindley, pagando il conto al mal di schiena
Sul Fedaia. Pozzovivo si è piazzato a 3’12” da Hindley, pagando il conto al mal di schiena
Senza caduta come sarebbe cambiato il tuo Giro?

Top 5 invece di top 10 e sarebbe stato ancora più prestigioso. Però devo dire, pensando anche che a me piacciono tanto i numeri, che arrivare ottavo 14 anni dopo il mio primo nono posto in classifica generale è tanta roba. Mi sono state fatte domande sul prosieguo della mia carriera, forse questa caduta mi dà la motivazione per cercare quello che io chiamo il Giro perfetto. C’ero quasi riuscito, ma adesso ho la motivazione per i continuare nei prossimi mesi.

Fosse per te non finirebbe mai?

Ovviamente sono consapevole che rischio qualcosa nel correre, perché il gomito non è al 100 per cento. Però diciamo che ho trovato un buon compromesso nel correre dietro quando me lo posso permettere e sprecare un po’ di più per risalire, ma limitando così i rischi.

La caduta nella discesa del Mortirolo dovuta a una modifica dell’impianto frenante
La caduta nella discesa del Mortirolo dovuta a una modifica dell’impianto frenante
Davvero la caduta è dipesa da una scelta sbagliata dei dischi?

Da un problema con i freni, davvero. Ho limitato tutti i rischi nello stare in gruppo e poi abbiamo cercato di cambiare qualcosa in un impianto frenante che era buono, ma non al 100 per cento. E non è andata meglio.

Si parlava di misura troppo piccola del disco…

Non è quello. Il disco da 140 ce l’abbiamo standard, lo prevede la bici e averne uno superiore sarà diciamo l’evoluzione. Più che altro, abbiamo cambiato qualcosa nella pinza e non ha funzionato.

L’ultima crono chiusa a 2’56” da Sobrero, facendo prove per il Giro di Svizzera
L’ultima crono chiusa a 2’56” da Sobrero, facendo prove per il Giro di Svizzera
Come hai visto il vecchio Nibali?

L’ho visto molto bene, non me l’aspettavo che riuscisse a fare una top 5, dopo l’inizio di stagione tribolato anche per lui. Penso che non se l’aspettasse nemmeno lui, che temesse di avere un crollo da un giorno all’altro, una crisi che lo costringesse a mollare. Invece ha tenuto duro. Diciamo che su binari paralleli abbiamo tenuto duro tutti e due nell’ultima settimana, cercando di tirar fuori il meglio.

Ultima crono sempre a tutta?

Le crono mi piace farle al massimo, altrimenti diventano un’agonia. Quindi cercherò anche di testare qualche cosa nuova sulla bici, visto che al Giro di Svizzera ci sono 25 chilometri contro il tempo. Andiamo avanti, insomma…

Girmay batte Van der Poel, ma il tappo rovina la festa di Jesi

17.05.2022
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La volata è magistrale, lunga, di potenza pura. A Jesi va in scena la rivincita del duello visto a Visegrad. E’ una sfida fra titani, un duello di forza. E alla fine Mathieu Van der Poel deve arrendersi a Biniam Girmay. E prima di farlo gli fa il gesto del pollice in alto come a dirgli: “Ehi amico, oggi il più forte sei stato tu”.

Il Giro d’Italia arriva a Jesi ed è un bagno di folla. L’estate è esplosa all’improvviso. I platani fanno ombra e i pioppi “fanno nevicare”. L’eritreo della Intermarché Wanty Gobert dunque ce l’ha fatta. Ha vinto la tanto desiderata tappa. E sì che è tutto il Giro d’Italia che ci prova e proprio contro di lui.

Pozzo alla Guarnieri

Nel rettilineo dietro l’arrivo si alza il boato: sono tutti contenti che Girmay abbia vinto. Uno tra i primi a superare la barriera di giornalisti e fotografi che hanno dato l’assalto all’eritreo è Domenico Pozzovivo.

«E’ stata la prima volta in carriera che tiravo una volata – dice il lucano con un sorriso grosso così – Abbiamo fatto un lavorone oggi e Biniam lo ha finalizzato. E’ stata una tappa fantastica per noi. Ce l’avevamo in mente sin dal mattino, ma anche da prima.

«Abbiamo corso compatti. Ci siamo divisi bene i compiti. Prima i passisti e poi nel finale eravamo davanti noi scalatori. Nell’ultima discesa, infatti, che era velocissima, abbiamo un po’ faticato a tenere le ruote. Però sono riuscito a risalire e agli ultimi 700 metri ho urlato a Biniam di seguirmi… ed è andata benissimo».

«La tattica era questa sin dal via: tutti per lui. Ma non era facile attuarla. Soprattutto il finale lo avevamo studiato benissimo. Un meeting molto accurato con i nostri direttori sportivi, Valerio Piva e Steven De Neef.

Biniam è un talento cristallino. Durante la gara abbiamo cercato di farlo stare tranquillo con qualche parola, standogli vicino…».

Pozzovivo è davvero felice. Il suo sorriso è sincero. E’ contento per il compagno, per la squadra, per il gruppo. E per questa nuova esperienza da ultimo uomo. Un Guarnieri in versione mini! Anche a 40 anni c’è qualcosa da imparare. 

Tappo maledetto

Nel frattempo tutti i corridori che sfilano fanno un gesto d’intesa a Girmay o danno una pacca sulla spalla ad uno dei corridori dell’Intermarché Wanty Gobert che incontrano. E’ festa… Piva ai bus abbraccia tutti i componenti dello staff che man mano arrivano a Jesi.

La festa però viene rovinata nel momento in cui dovrebbe iniziare del tutto, cioè sul palco delle premiazioni. Il tappo della bottiglia dello spumante colpisce con violenza l’occhio sinistro di Girmay. 

Poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, il suo occhio sinistro inizia a gonfiarsi
Poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, il suo occhio sinistro inizia a gonfiarsi

In ospedale

Quella che doveva essere una semplice “pizzicata”, con il passare dei minuti diventa un bel problema. E infatti dietro il palco in attesa della conferenza stampa, l’eritreo è piuttosto contrariato. Il dissenso diventa paura quando dice di non vederci più.

L’occhio si gonfia. Si siede, continua a toccarselo, gli danno dell’acqua. Ma nulla da fare. Si attende il medico che a sua volta decide di portarlo in ospedale. L’urlo di gioia viene strozzato. E la conferenza stampa annullata.

La forza del gruppo

Quel che non cambia però è il risultato. E come lo si è raggiunto. Lorenzo Rota, segue Pozzovivo ad una manciata di secondi. 

Mentre sorseggia dei sali, con la divisa più leggera e super traspirante segnata dal bianco del sudore secco, Lorenzo racconta…

«E’ stata una giornata perfetta per noi – dice il lombardo – Ieri abbiamo riposato bene e oggi… è andata così. La vittoria era nell’aria, ma non è mai facile trasformarla in realtà, specie in un grande Giro. Però verso Jesi, dal primo all’ultimo di noi abbiamo fatto un lavoro straordinario».

Anche Rota non sta nella pelle. Sarà anche perché sta tornando ai suoi livelli, dopo aver superato un virus che lo ha tenuto lontano dalle corse per due mesi.

«Sono veramente contento. Come detto, non era facile. Non si tratta di pressione, perché viviamo alla giornata, ma quando inizi a fare risultato questa cresce. Ed è normale. Abbiamo due uomini in classifica e tutte le volte siamo protagonisti con qualcuno». 

«Siamo un bellissimo gruppo. Siamo ragazzi tranquilli. In questa squadra si sta bene, siamo una famiglia… e infatti ho rinnovato con loro per diversi anni. Anche ieri, nel giorno di riposo, anziché stare davanti ai telefonini o ai videogiochi ce ne siamo stati in hotel tutti insieme a chiacchierare. A chiacchierare del più e del meno, a fare considerazioni sulla corsa, a scherzare…

«E anche Pasqualon, che sta preparando il Tour, ogni tanto si fa sentire. L’altro giorno mi ha scritto. Il Giro è ancora lungo e speriamo di toglierci altre soddisfazioni».

L’insolito compleanno di Petilli sull’Etna, mentre il Giro va…

05.05.2022
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Auguri un corno, ha pensato ieri Petilli, all’ennesima telefonata per il suo compleanno. Intorno, l‘Etna era lo scenario che meno si aspettava per festeggiare i 29 anni. Da programma, avrebbe brindato con discrezione assieme ai compagni a Budapest, al via del Giro d’Italia. Invece la Intermarché-Wanty-Gobert ha rimescolato le carte e Simone è rimasto in Italia.

Lo avevamo salutato dopo la Liegi, felice come una Pasqua per il secondo posto di Quentin Hermans. La squadra lo aveva richiamato dal ritiro in altura, che stava facendo sul vulcano dopo il Giro di Sicilia, per rinforzare il blocco delle Ardenne. E sull’Etna Simone sarebbe tornato in vista del Giro. Otto giorni assieme a Pozzovivo, sia pure in alberghi diversi. Domenico all’Hotel Corsaro, come d’abitudine. Simone al Rifugio Sapienza.

Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone
Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone

«Immaginavo un compleanno diverso – sorride – sapevo di dover fare il Giro da inizio stagione, ma questo è il ciclismo e la squadra ha scelto per il meglio. Dovevamo essere cinque scalatori, dato che Pozzovivo punterà alla classifica, più tre uomini veloci fra cui Biniam Girmay per le altre tappe. Visto però il risalto mediatico ottenuto da “Bini” dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem, la squadra ha deciso di dargli maggior supporto, sacrificando uno scalatore».

Da Liegi all’Etna

Questo è il ciclismo, inutile fare polemiche: Petilli lo sa bene. La squadra sarà al via da Budapest con Peak, De Gendt e Vliet in supporto a Girmay, risultando meno sbilanciata a favore di Pozzovivo.

«Capisco la squadra – dice – ma devo riconoscere che soprattutto all’inizio ci sono rimasto male. Per un italiano il Giro è trovarsi per un mese in un’atmosfera speciale. Io ho capito, i tifosi ancora non se ne fanno una ragione. Dopo la Liegi sono tornato qui sull’Etna, perché volevo farmi trovare pronto. Ma visto che non vado più a Budapest, ho deciso di prolungare per altri 4 giorni, preparandomi per gli obiettivi futuri. In questo modo risolvo anche la parte logistica. L’8 maggio arrivano in Sicilia gli uomini dello staff in discesa dall’Ungheria, vado giù a portargli l’ammiraglia che mi hanno lasciato, così mi accompagnano loro all’aeroporto e torno a casa. Ho ancora in programma il Giro di Svizzera e si sta pensando di inserire il Tour of Norway a fine maggio».

Un grande Giro

La squadra, vera rivelazione di questa primavera, sarà comunque forte: su questo Simone non ha dubbi ed è pronto a scommettere anche qualcosa.

«Con Pozzovivo ci siamo visti poco – sorride – perché lui aveva i suoi lavori ed io i miei. Però abbiamo pranzato insieme un paio di volte e l’ho trovato davvero bene. Ha un’ottima condizione. Non voglio lanciarmi in pronostici, ma secondo me farà davvero un bel Giro d’Italia. E come lui, farà davvero bene Lorenzo Rota, ne sono sicuro. Sarà lui il solo italiano in corsa per noi, anche lui sta bene. E’ stato ad allenarsi in Colombia ed è nell’anno giusto per vincere una tappa. Ha trovato la giusta consapevolezza. In più preparatevi a rivedere un grande Hirt, ai livelli di quando era all’Astana e poi alla CCC. Infine Taaramae, una certezza. Anche lui è stato in altura, ma in Rwanda, fino al Romandia. E’ stato il primo a chiamarmi quando ha saputo che non avrei fatto il Giro e poi tutti gli altri. Sapevano che ci ero rimasto male».

Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020
Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020

Un anno in più

E tutto sommato, proprio questa vicinanza è il motivo che ha reso la rinuncia meno dolorosa, unita ai contatti con la squadra per il rinnovo del contratto. Con la scadenza a fine 2022, non fare il Giro sarebbe stato un bel danno se non ci fossero state conferme di altro senso.

«Credono in me – conferma Simone – e abbiamo già parlato di prolungare per un altro anno. E’ un progetto a lungo termine, con una squadra che sta crescendo. A inizio stagione avremmo messo una firma subito su questi risultati, ma non so quanti ci avrebbero scommesso. Ora in ogni corsa si parte con una diversa sicurezza e una nuova consapevolezza che ci responsabilizza. Io stesso ho saputo che non avrei fatto il Giro, ma ho continuato ad allenarmi e mangiare bene. Il malumore dei primi giorni se ne è andato. La prima reazione è stata di non vedere neanche una tappa, ma ora so che tutti i giorni sarò lì a guardare. Dopo l’Etna andrò a casa e semmai me ne andrò per una settimana a Livigno per allenarmi meglio. L’obiettivo potrebbe essere il rientro in Norvegia. E poi chissà che da cosa nasca cosa e mi ritrovi per la prima volta al Tour de France. Non dico nulla, neanche ci faccio al bocca, ma non sarebbe affatto male…».

Cantiere Intermarché, Van der Schueren dirige i lavori

03.05.2022
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Si sono incontrati nell’hotel di Piva, come in una grande famiglia alla fine del viaggio. Solo che questa volta il viaggio erano le classiche del Nord, che per la Intermarché-Wanty-Gobert sono state un’esperienza travolgente. La vittoria di Girmay alla Gand-Wevelgem e il secondo posto di Hermans a Liegi, oltre alle buone prove alla Roubaix e alla Freccia Vallone, hanno proiettato il team belga a un livello probabilmente inatteso. Per questo, quando Hilarie Van der Schueren è entrato nell’Hove Malpertuus e ha incontrato l’altro vecchio volpone di Yvo Molenaers, i due si sono stretti la mano. In quello scambio di occhiate c’era una complicità di antica radice.

«Quinten era solo in finale – dice Hilarie, scuotendo il capo durante un incontro successivo su Zoom – Planckaert avrebbe potuto restare con lui, invece è entrato in fuga di prima mattina. Un errore. Ma la vittoria di Bini… Abbiamo fatto la storia del ciclismo lì. Non eravamo nemmeno convinti che potesse arrivare davanti ad Harelbeke, invece ha fatto quinto. Non abbiamo un budget illimitato, per questo serve saper scegliere. Lo avevo visto muoversi bene nelle prime gare in Francia, sapevo che avesse del potenziale, ma nessuno pensava che sarebbe stato così bravo».

Aike Visbeek, qui con Girmay, è il capo dei preparatori della squadra (foto Intermarché-Wanty)
Aike Visbeek, qui con Girmay, è il capo dei preparatori della squadra (foto Intermarché-Wanty)

Euforia alla Liegi

In questo ciclismo che non ha più segreti né veli, il video dell’ammiraglia belga nel finale della Liegi è un siparietto intenso e insolito (foto di apertura). Già sembra strano che a guidare l’auto in corsa ci sia appunto Van der Schueren, 74 anni. Vederlo poi arginare l’esultanza di Valerio Piva durante la volata è degno delle migliori candid camera.

«Valerio era emotivo – ride a sua volta – su di giri, ma io ero al volante. E lui a un certo punto inizia a urlare e picchiare, avrei avuto voglia di farlo anche io, ma ho dovuto guardare un po’ davanti. Non avrei voluto investire qualcuno…».

Van der Schueren è nato a gennaio del 1948. E’ direttore sportivo dal 1985
Van der Schueren è nato a gennaio del 1948. E’ direttore sportivo dal 1985

Rispetto in gruppo

Parlando con i corridori alla presentazione delle squadre o alle varie partenze, è emerso un aspetto di cui avevamo già parlato con i ragazzi della Eolo-Kometa. I risultati portano rispetto. E se prima c’era chi ironizzava, vedere la squadra davanti nelle corse che contano e sentirne parlare come di una grande famiglia fa sì che l’interesse del gruppo sia cresciuto. E questo per Van der Schueren è motivo di orgoglio.

«Ho 74 anni – sorride – quindi devo delegare. Oggi il mio ruolo è prendere contatto con gli organizzatori e poi ci sono i direttori e Aike Visbeek (il capo dei preparatori, uscito dalla Seg Academy Racing, ndr) che fanno la squadra. Decidono quali corridori mandare in quali gare. Visto come vanno le cose in questi ultimi mesi, con formazioni da rimaneggiare all’ultimo per motivi di salute, non è un lavoro di cui essere gelosi. Ho sempre preferito essere sull’ammiraglia e ora posso concentrarmi solo su quello. Non devo più preoccuparmi nemmeno che tutti abbiano i soldi sul conto alla fine del mese. Questo è il lavoro dei manager, Jean Francois Bourlart e Maxim Segers, e lo fanno bene».

Pozzovivo è appena arrivato nella squadra e si è detto stupito del bel clima trovato
Pozzovivo è appena arrivato nella squadra e si è detto stupito del bel clima trovato

Senza soldi dove vai?

«Ricordo bene – racconta ancora – quando uscì Vacansoleil e il nostro budget era quasi nullo, riuscivamo appena a pagare 12 corridori e tutti al minimo. Sia chiaro, non c’era niente di sbagliato. Sarebbe bello se esistesse ancora oggi una squadra in cui i giovani possano mettersi davvero alla prova. Ma se non hai soldi, non puoi fare niente. Siamo passati da avere un preparatore a mezzo servizio ad averne addirittura cinque. Ci sono sei medici e tre nutrizionisti, perché la prima cosa di cui parlò Visbeek fu proprio l’alimentazione. Non ce ne occupavamo prima per mancanza di soldi. Bastava che fossero pronti i sacchetti del rifornimento. Invece Aike ha lavorato molto duramente su questo».

Kristoff è l’emblema, secondo Van der Schueren, dell’abnegazione che regna nella sua squadra
Kristoff è l’emblema, secondo Van der Schueren, dell’abnegazione che regna nella sua squadra

Corridori come monaci

Va bene il budget, ma la scelta di salire nel WorldTour, rilevando la licenza che fu della CCC e prima ancora della BMC fu coraggiosa e per certi versi necessaria.

«Abbiamo avuto l’opportunità di diventare una WorldTour – racconta – e abbiamo dovuto coglierla, anche se forse non eravamo ancora pronti. Ricordo che dissi a Jean François Bourlart: “Se non lo facciamo, non andremo mai più al Tour. Alpecin è una certezza, Lotto e Quick-Step sono certezze. Non aggiungeranno mai una quarta squadra belga”. Abbiamo dovuto cogliere questa opportunità, sapendo che sul mercato c’erano pochi buoni corridori. Però a quelli che abbiamo preso, abbiamo passato la mentalità necessaria per tirare fuori il massimo del potenziale. Quando necessario, vivono come monaci. Questo è lo spirito in squadra e anche un corridore come Kristoff lo ha capito e si sta impegnando al massimo. Tutti si rendono conto che se non fanno così, non avranno chance di emergere».

Il secondo posto di Hermans alla Liegi è il primo podio del team in una Monumento
Il secondo posto di Hermans alla Liegi è il primo podio del team in una Monumento

Una tappa al Tour

E poi con i saluti e l’auspicio di vincere una tappa con Girmay al Giro d’Italia, il vecchio Hilarie che divenne direttore sportivo nel 1985 parla anche un po’ di sé.

«Mi fermerò – dice – non appena sentirò di non farcela più. Nessuno dovrà consigliarmi, dirmi che non mi fa bene… Sarò io il primo a staccare la spina. Mi tengo a un bastone, ma la mia salute va alla grande. Per guidare l’ammiraglia, devo sottopormi a un esame annuale e superare un test di guida. Mezz’ora attraverso il centro di Bruxelles. Quest’anno sono passato di nuovo a pieni voti. A luglio andrò al Tour per la 25ª volta. Forse sarà anche l’ultima. Vincere una tappa lì non sarebbe formidabile?».