CAMPO IMPERATORE – Dopo l’arrivo sul Gran Sasso, persa per mano di Bais la maglia blu della montagna, Thibaut Pinot si è infagottato nel giubbino più pesante ed è disceso dalla montagna in bicicletta. Un’immagine nostalgica e romantica, per l’uomo che sta correndo l’ultimo Giro nella sua ultima stagione, anche se di ritiro Pinot non vuole sentir parlare. Un ritorno al bus di quasi 30 chilometri, a capo di una tappa di 218. Lassù il francese era già arrivato secondo nel 2018, battuto dall’imbattibile Simon Yates. Questa volta è arrivato sesto, terzo nella volata del gruppo, dietro Evenepoel e Roglic. Due scenari completamente differenti. Allora lottarono i migliori, questa volta la tappa se la sono giocata tre uomini coraggiosi mentre dietro si limava.
«E’ andata totalmente all’opposto di quello che è successo cinque anni fa – ha raccontato Pinot a L’Equipe una volta raggiunto il parcheggio di Fonte Cerreto – soprattutto a causa del vento. Ce l’avevamo in faccia e nessuno tra i leader oggi voleva bruciare la sua squadra. Più in generale, nessuno oserà prendere in mano la situazione, a parte la Soudal-Quick Step e la Jumbo di Roglic. A parte loro, nessuno avrà il coraggio di attaccare se alla fine sarà comunque battuto dai due. Del resto c’è Remco che controlla da solo la corsa. E se decide di non correre per la tappa, le fughe vanno fino in fondo».
Campo imperatore 2018: Simon Yates batte Pinot. Ieri uno scenario totalmente diversoPinot ha vestito fino a ieri la maglia blu: eccolo con Remco verso Lago Laceno: il belga controlla la corsaCampo imperatore 2018: Simon Yates batte Pinot. Ieri uno scenario totalmente diversoPinot ha vestito fino a ieri la maglia blu: eccolo con Remco verso Lago Laceno: il belga controlla la corsa
Il passivo della crono
E mentre Leknessund oggi è ripartito con la maglia rosa, sapendo che molto probabilmente si tratterà dell’ultimo viaggio di questo Giro con le insegne del primato, Pinot guarda più lontano, cercando di capire che piega prenderà per lui la corsa.
«Per fare un primo punto – ha detto ieri Thibaut – bisognerà aspettare la cronometro. Domani (oggi) la tappa è dura, potrebbe essere favorevole per un velocista che riesce a superare le salite, ma domenica di sicuro perderò molto tempo. Nella prima crono, Remco mi ha rifilato 1’43” in meno di 20 chilometri, non mi faccio troppe illusioni su quello che potrò fare domenica. Il Giro è ancora molto lungo, bisognerà aspettare anche la prima tappa di alta montagna a Crans Montana. Fino ad allora, nulla sarà molto preciso nella classifica generale, soprattutto perché nella seconda settimana è prevista molta pioggia».
Nella cronometro di Ortona, Pinot ha subito 1’43” da Evenepoel: pensa che domani andrà ben peggioPinot sta vivendo il Giro 2023, l’ultimo della sua carriera, senza pressione: si percepisce chiaramenteNella cronometro di Ortona, Pinot ha subito 1’43” da Evenepoel: pensa che domani andrà ben peggioPinot sta vivendo il Giro 2023, l’ultimo della sua carriera, senza pressione: si percepisce chiaramente
La pressione non fa crescere
Al di là di quello che potrà fare, del piazzamento finale o dell’eventuale vittoria di tappa, sorprende vedere Pinot che corre in modo rilassato, rincorrendo i gran premi della montagna e mostrandosi molto disteso alle partenze.
«Conosco il Giro d’Italia – ha detto – ad ora la mia preoccupazione principale è salvarmi dal freddo e dalle cadute. Non penso mai che sia l’ultimo anno, sono in corsa e voglio arrivare a Roma senza rimpianti. Faccio davvero fatica quando sono in bici a realizzare che questa è l’ultima volta che corro qui, anche se ho ancora molta meno pressione rispetto al 2018. E questo forse è il più grande rimpianto della mia carriera. Mi rendo conto che non è la pressione che accelera i progressi, invece ho sempre voluto fare troppo bene, essere all’altezza delle aspettative e alla fine ho corso più per gli altri che per me stesso».
Magari Romain Gregoire non sarà super appariscente come Juan Ayuso o come poteva esserlo a suo tempo Remco Evenepoel, ma il giovanissimo francese, è un classe 2003, ha iniziato col piede giusto la sua avventura tra i professionisti.
Il portacolori della Groupama-Fdj ha messo nel sacco dei buoni piazzamenti, tra cui l’ottavo posto alla Strade Bianche, gara WorldTour il cui livello è stato come sempre siderale.
Jerome Gannat è il suo ex direttore sportivo. Seguiva Romain fino allo scorso anno quando l’atleta di Besancon era nella continental del gruppo di Marc Madiot.
Gannat con Gregoire dopo il Trionfo alla Liegi U23 (foto Instagram – Alexis Dancerelle)Gannat con Gregoire dopo il Trionfo alla Liegi U23 (foto Instagram – Alexis Dancerelle)
Sorpresa a metà
Abbiamo visto da vicino Gannat e i suoi ragazzi. Come si comportavano in corsa, nelle riunioni, tra di loro. Il gruppo era centrale in quella squadra. Tra l’altro una squadra di fenomeni: oltre a Gregoire c’erano anche Germani, Paleni, Thompson, Martinez…
«Romain – dice Gannat – è ora con il team WT. Ha mantenuto l’allenatore che lo stava già seguendo nella squadra continental. Ora è sotto la guida dei direttori sportivi del team maggiore e lo vedo di tanto in tanto al Service Course, perché Romain vive nello stessa cittadina che è anche molto vicino al mio paese.
«In queste prime gare i suoi risultati sono ottimi. E si vede che ha ancora un legame molto forte con le corse italiane. Negli under 23 fece sue gare come il Belvedere, il Recioto e una tappa al Giro Baby. Evidentemente sono fatte per lui, in quanto sono gare esigenti. E perché no, le corse italiane potranno far brillare Romain anche nelle classiche al termine della stagione».
Romain Gregoire (classe 2003) impegnato all’ultimo Trofeo Laigueglia. Per il francese tanta classe e anche tanta grintaRomain Gregoire (classe 2003) impegnato all’ultimo Trofeo Laigueglia. Per il francese tanta classe e anche tanta grinta
Punta sulla Liegi
Gannat dunque non appare poi così sorpreso che il suo ex gioiellino si sia subito distinto anche tra i grandi. Conosceva il valore di Romain allora e sapeva che si sarebbe adattato bene. Anche perché lui stesso la scorsa estate ci disse che Gregoire è molto serio, inquadrato nella sua vita da atleta.
«Riguardo ai programmi – chiede Gannat – non conosco esattamente il suo calendario, ma so due cose: che vorrebbe brillare alla Liège-Bastogne-Liège, che ha vinto negli under 23, e poi vorrà fare bene la Vuelta. Vuelta che fa parte anche del programma di Lenny (Martinez, ndr)».
Romain Gregoire vince a Pinerolo, in cima ad uno strappo durissimo, l’ultima tappa del Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)Gregoire vince a Pinerolo, in cima ad uno strappo durissimo, l’ultima tappa del Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)
Come un pugile
Gregoire si è mostrato un corridore di sostanza fra il gli under 23. Al netto dell’impresa di Leo Hayter verso Santa Caterina Valfurva che ha scombussolato Giro U23 e tattiche di squadra (era in testa proprio il compagno Martinez), Romain ha mostrato una grande costanza di rendimento.
Forte in salita, forte sugli strappi. Non a caso dominò il finale del Giro U23 sullo strappo di Pinerolo. Un colpo da finisseur. Ma come si può inquadrare un atleta così?
«Più che scalatore – spiega Gannat – Romain è prima di tutto un “puncher”, cioè un combattente, con qualità di arrampicatore. Il suo ottavo posto nella Strade Bianche dimostra che ha il potenziale per brillare in eventi difficili di un giorno come le Ardenne o le classiche italiane».
«Ma sono anche convinto che le sue qualità di scalatore progrediranno nei prossimi anni», come a dire che potremmo vederlo presto competitivo anche per le corse a tappe. Intanto aspettiamolo nelle corse di un giorno più dure.
Il giorno dopo il tappone alpino la Groupama-Fdj si lecca le ferite ma non getta la spugna. Cambia tattica e pensa al Fauniera. A Chiavenna intanto vince il canadese Pickrell
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Le convivenze sportive, come quelle di tutti i giorni, vivono e sopravvivono di compromessi, belli o brutti che siano. Non ne è esente la Groupama-Fdj che quest’anno, con l’enorme ringiovanimento dell’organico, potrebbe avere qualche problema in più a far coesistere in alcune gare Demare e Gaudu (entrambi in apertura, foto Facebook/Groupama-Fdj).
La prima che faranno assieme sarà la Parigi-Nizza che parte questa domenica e, in questa ottica, potrebbe essere una prova generale per il Tour de France. Nel frattempo si è un po’ affievolito il polverone di fine gennaio suscitato dalle avventate dichiarazioni di Gaudu su Discord rivolte indirettamente a Demare, di cui abbiamo già parlato. Resta tuttavia la curiosità di vedere come si comporteranno i diretti interessati.
Proprio alla “corsa verso il sole” ci sarà anche Jacopo Guarnieri, che conosce benissimo entrambi. Al 34enne piacentino della Lotto-Dstny, che sappiamo non ha paura di esporsi o sottrarsi alle responsabilità, abbiamo chiesto cosa ne pensi. E lui, che domani partirà per la Francia (dove sarà assente Ewan e lavorerà per De Lie), ci ha risposto vestendosi da pompiere.
Marc Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra più che alle loro ruggini (foto Facebook/GroupamaFdj)Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra (foto Facebook/GroupamaFdj)
Jacopo qual è il tuo punto di vista sulla questione?
Più che il mio punto di vista, prendo in considerazione i protagonisti. O meglio, contestualizzo loro in base alle idee su come vengono divise le squadre per una gara a tappe. Ci sono dinamiche ben precise tra velocista e scalatore. Non sempre ci vuole una squadra più per uno che per l’altro oppure divisa a metà. Basta avere gli uomini giusti. Guardate Cadel Evans che vinse il Tour nel 2011 con una squadra formata da compagni adatti alle classiche.
Gaudu dopo il quarto posto dell’anno scorso al Tour voleva una formazione tutta per sé.
Sì, ci sta il suo ragionamento. Ma a mio modo di vedere, lo scalatore dovrebbe pensare così solo se può avere in squadra altri scalatori di altissimo livello. Se ci sono, bene. Altrimenti meglio portare compagni che ti possano aiutare in pianura e tenerti coperto in quelle tappe rese difficili dal maltempo. Immagino che Madouas rifarà il Tour, dove l’anno scorso è andato forte (10° nella generale, ndr). Lui secondo me lavorerà per David, che a sua volta non credo farà grandi proclami di vittoria. Per fortuna però non sarà compito mio scegliere la squadra.
Scalatore. Gaudu, 26 anni, al prossimo Tour de France punta a migliorare il 4° posto del 2022 (foto Facebook/GroupamaFdj)Il 2023 di Gaudu è iniziato bene. Quattro piazzamenti, compreso un secondo posto, in 10 giorni (foto Facebook/GroupamaFdj)Scalatore. Gaudu, 26 anni, al prossimo Tour de France punta a migliorare il 4° posto del 2022 (foto Facebook/GroupamaFdj)Il 2023 di Gaudu è iniziato con 4 piazzamenti, compreso un 2° posto (foto Facebook/GroupamaFdj)
Perché, nei tuoi anni in Groupama-Fdj, ti è capitato di dare consigli su chi portare ai tuoi diesse?
No, no (sorride, ndr), era solo un modo di dire. Sicuramente sarà una questione che riguarderà Madiot. Lui non ha mai chiesto nulla ai corridori, giustamente. E noi, quantomeno quelli di seconda fascia come me, non ci siamo mai permessi di dire nulla. Magari poteva capitare che fosse uno dei capitani a battere i pugni per avere un uomo in più per lui. Ad esempio ricordo che al Tour 2021, dove c’erano sia Arnaud (Demare, ndr) che David, il nostro treno dovette rinunciare a Sinkeldam per uno scalatore.
Alla Groupama-Fdj hanno spesso mandato Demare da una parte e Pinot o Gaudu dall’altra. E’ così difficile trovare un equilibrio tra velocista e scalatore in una formazione per un grande giro?
A volte capita che non ce ne sia tra due velocisti o due scalatori che partono alla pari. Sono scelte che si fanno, come dicevo prima. Sappiamo che per la generale, gli uomini di classifica possono incappare sempre in problemi vari. Se invece hai anche un velocista vincente, meglio puntare su quello perché può sempre salvarti la corsa. E’ una scelta che spesso le squadre fanno per mettersi al sicuro, specie se sei un team francese al Tour. Poi può essere che quest’anno Arnaud, che aveva fatto il Giro un anno fa, voglia semplicemente tornare in Francia col solo obiettivo delle vittorie di tappa senza puntare alla maglia verde, dove in quel caso avrebbe una concorrenza agguerrita con gente come Van Aert o lo stesso Pogacar.
Velocista. Demare, classe 1991, è alla tredicesima stagione col gruppo Fdj (foto Facebook/Groupama)Nuovo treno. Per Guarnieri quest’anno Demare dovrà abituarsi a situazioni diverse dal passato (foto Getty Sport)Velocista. Demare, classe 1991, è alla tredicesima stagione col gruppo Fdj (foto Facebook/Groupama)Nuovo treno. Per Guarnieri quest’anno Demare dovrà abituarsi a situazioni diverse dal passato (foto Getty Sport)
Ciò non toglie però che si sia scatenato un bel caos. Ti era mai successo in carriera una situazione simile?
No mai, anche se sono cose che capitano. Siamo sempre stati tutti bravi a convivere. O comunque ci siamo sempre lavati i panni sporchi in casa. Leggendo quello che è successo recentemente con Gaudu, che comunque ha chiesto scusa a Demare, direi che sicuramente non è un buon punto di partenza. Probabilmente, anzi sicuramente non doveva saltare fuori questo problema o quanto meno non con queste modalità. Personalmente penso sia più una roba ingigantita dai media, tant’è che siamo qui a parlarne anche noi. E la penso un po’ come Madiot, che ha ridimensionato la cosa.
Derubricazione. Guarnieri è della stessa idea di Madiot sul caso Gaudu-Demare (foto Facebook/GroupamaFdj)Tour 2021. Guarnieri e Gaudu durante una riunione pre-gara. C’era anche Demare (foto Facebook/GroupamaFdj)Derubricazione. Guarnieri è della stessa idea di Madiot sul caso Gaudu-Demare (foto Facebook/GroupamaFdj)Tour 2021. Guarnieri e Gaudu durante una riunione pre-gara. C’era anche Demare (foto Facebook/GroupamaFdj)
La coesione fra Gaudu e Demare sembra un po’ forzata rispetto al passato. Può essere data dal fatto che corridori esperti come te siano andati via?
Da quest’anno ci sono tanti ragazzi giovani in Groupama che sono andati a rinforzare più la pattuglia degli scalatori. Non sono certamente loro che possono e devono sistemare eventuali problemi. Tuttavia però mi sento di dire, forse con un pizzico di orgoglio senza essere presuntuoso, che le partenze inaspettate di Sinkeldam e me hanno danneggiato un po’ Arnaud. Per lui sono cambiate molte cose. Non prendete però come esempio il UAE Tour che è una corsa che per i treni non ha mai dato indicazioni importanti, vedi anche noi della Lotto-Dstny. Io laggiù non mi sono fasciato la testa per gli automatismi da trovare e così deve fare anche Arnaud. Deve solo abituarsi a situazioni nuove.
Cosa si sente di dire Jacopo Guarnieri in versione fratello maggiore a Gaudu e Demare?
Non devo dare loro consigli in particolare. Li vedrò alla Parigi-Nizza, dove avranno interesse reciproco a lavorare bene assieme. E secondo me sarà così. Posso solo dire che parlerà la strada. E a quel punto si accorgeranno che tutta questa situazione sarà ben più facile di quello che sembra.
Lenny Martinez, primo anno da U23 e vincitore del Lunigiana 2021, ha partecipato al Tour fo the Alps accanto a Pinot. Terzo tra i giovani. Il suo racconto
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Dopo il debutto al Tour Down Under in Australia e due corse in Spagna nel weekend 11-12 febbraio, Lorenzo Germani è tornato a casa a Roccasecca, mettendo in fila una serie di allenamenti con la maiuscola. Incuriositi dal lavoro e dal debutto, lo abbiamo raggiunto, scoprendo che le ultime settimane hanno portato dei notevoli cambiamenti nel metodo di lavoro. Soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Niente di nuovo probabilmente per gli atleti più maturi, ma il primo passo per il ventenne della Groupama-FDJ verso il livello superiore.
«Il debutto nel WorldTour – dice – è stato duro. Le prime tre tappe sono andate bene. Nelle ultime due però… Niente, finito, morto. Nell’ultima in realtà mi ero ripreso un po’, solo che a 20 chilometri all’arrivo Molard, che era il nostro uomo di classifica e che puntava a entrare nei 10, ha forato. Gli ho chiesto alla radio se volesse la ruota o la bici e lui ha detto la bici. Così mi sono fermato e gliel’ho data, poi ho continuato tranquillo. E’ andata così, però diciamo che il mio gesto è stato apprezzato.
Nell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Rudy Molard, che faceva classificaNell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Molard, che faceva classifica
Qual è stata la difficoltà principale?
Il ritmo, ma soprattutto i cambi repentini. Dal mortorio ad avere la sella in punta ai 60 all’ora, neanche te ne accorgevi. In un momento passi dal ridere e scherzare a sputare l’anima. E poi anche il nervosismo, la maggior parte delle volte per niente.
Un altro stile di corsa, insomma…
Prima tappa, prima corsa da professionista. Partiamo e penso che qualcuno proverà ad andare in fuga, invece niente. Allora il direttore sportivo alla radio si mette a scherzare: «Benvenuti nel World Tour…». E allora rispondo io e chiedo: «Ma quando finisce il trasferimento?». E giù tutti a ridere, poi però il trasferimento è finito e non rideva più nessuno…
Recuperato subito tutto?
Mica tanto. Sono arrivato in Australia che stavo bene. Siamo andati due settimane prima e abbiamo fatto 25 ore di lavoro tosto per settimana. Quando sono tornato a casa avevo una sensazione strana. A livello di jet lag e cose legate non ho avuto nessun problema. Però in bici non mi sentivo per niente bene, in più mi vedevo gonfio e ho preso peso. Finché una settimana dopo il rientro, ho avuto un virus intestinale. Quindi praticamente ho passato una settimana a non fare niente per via del recupero post Australia e un’altra a non fare niente perché stavo male. Nei giorni successivi mi allenavo però non andavo avanti e questa cosa l’ho pagata in Spagna nelle corse di due settimane fa: Murcia e Almeria.
Debutto al Tour Down Under e non poteva mancare il saluto al koala (foto Instagram)E poi è la volta del canguro, anzi del wallaby, di taglia inferiore (foto Instagram)Debutto al Tour Down Under e non poteva mancare il saluto al koala (foto Instagram)E poi è la volta del canguro, anzi del wallaby, di taglia inferiore (foto Instagram)
E adesso?
Insieme all’allenatore ci siamo messi a studiare. A me piace analizzare e capire. E visto che ci sentiamo quasi ogni giorno, abbiamo fatto il punto della situazione. Abbiamo visto che in 8 giorni di allenamento, ne ho fatti 3 di vero lavoro. E a questi livelli, se sei anche al 75-80 per cento prendi delle belle sventagliate…
Adesso va meglio?
Mi sono allenato e sinceramente mi sento bene. Ho approfittato dell’ultima settimana per rimettermi a posto. Sono tornato lunedì e abbiamo pianificato di fare martedì tranquillo, poi mercoledì e giovedì un po’ di più, venerdì recupero e poi una bella tripletta sabato, domenica e lunedì. Inoltre in questa settimana di carico, anche con il nutrizionista abbiamo impostato bene il piano alimentare. Alla fine sono riusciti ad inculcarmi il fatto di mangiare e bere bene in bicicletta. In effetti mi sono sentito per tutto il tempo con la gamba piena.
Vedendo la tua attività sui social, hai fatto anche parecchia salita…
Sì, stavo bene e ho fatto un sacco di dislivello. Solo questa settimana ho fatto 20 ore e 9.000 metri di dislivello, con un giorno di riposo. Ieri ho fatto 4 ore scarse con 1.800 metri di dislivello e ho preso i KOM sulle tre salite principali della zona.
In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)
Rientri nel weekend a L’Ardeche, ma quando è previsto che tu vada forte davvero?
Tra circa un mese, diciamo da fine marzo a fine aprile. Avrò il Catalunya, le tre classiche francesi a Besancon, poi il Romandia. In quel periodo dovrò essere davvero in condizione. Avrò due settimane e mezzo per prepararmi. Per metà faremo un blocco di lavoro, per metà assimilazione.
Che cosa intendevi dicendo che ti hanno convinto a mangiare bene in bicicletta?
Quando ero a casa, partivo con una borraccia d’acqua e mangiavo una barretta. Poi magari mi fermavo per un caffè e semmai un cornetto. Adesso invece mi hanno fatto entrare in testa che se alla macchina metti la benzina dopo che l’hai finita, devi portarcela a piedi in una tanichetta. Se invece la metti mentre ancora vai, ti risparmi di camminare fino al distributore.
Quindi adesso come mangi?
Dipende dal tipo di lavoro. Per questa settimana il nutrizionista mi ha fatto proprio il piano perfetto. L’allenatore gli ha dato gli allenamenti di tutti i giorni e lui ha elaborato il piano alimentare. Sono nello stesso ufficio in sede a Besancon, hanno le scrivanie attaccate. Lavorano sempre in sintonia.
La sosta al bar ci può anche stare, conferma Germani, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)La sosta al bar ci può anche stare, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)
Che cosa è cambiato?
Soprattutto il conto dei carboidrati per ogni ora. Oggi che dovevo fare 3 ore e mezza di endurance, avevo 75 grammi di carboidrati per ora, fra borracce e barrette. Un altro giorno avevo 4 ore, ancora di endurance, e abbiamo fatto 60 grammi. Quando si è trattato di fare 4 ore con lavori intensi, siamo saliti a 120 grammi per ora, come in corsa, ma solo nell’ora in cui raggiungevo le intensità più alte. Nelle ore restanti, sono ritornato a 60 grammi l’ora, perché ne avevo meno bisogno. Devo dire che c’è stato un cambio netto. Anche ieri ho dovuto fare dei lavori di soglia e praticamente con il piano che mi aveva fatto, erano previsti 80 grammi l’ora. E ho notato che dal primo al terzo dei lavori ho avuto sempre le stesse sensazioni. Come in gara, perché in gara ho sempre mangiato come diceva lui. Bisogna allenarsi anche a mangiare.
In che modo?
Mi dice Lucas Papillon, il nutrizionista, che se l’intestino non lo abitui già in allenamento, in gara puoi mangiare pure 200 grammi di carboidrati l’ora, ma non li assimili perché l’intestino non è capace. In gara c’è lui che ti fa trovare le borracce e le barrette pronte. A casa te le devi preparare da solo e quindi se uno non ci sta con la testa al 100 per cento, si perde qualche pezzo. Io con questo piano così preciso, mi sono trovato davvero bene. Perché mangiando così in bici, anche fuori dalla bici non c’è bisogno di tanto. Insomma, al rientro a casa non avevo neanche troppa fame. Perché non arrivi in debito, la glicemia è sempre costante e alla fine mi sono anche asciugato.
I 120 grammi l’ora di carboidrati li raggiungi con le barrette o anche le borracce?
Quasi solo con le borracce. Ieri ne avevo due da un litro ciascuna. Avevo da fare quattro ore con il lavoro specifico nella prima. Perciò per la prima ora ho usato la prima borraccia con 120 grammi di carboidrati. Nella seconda borraccia c’era quel che serviva per finire il lavoro.
Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)
E per i cibi solidi?
Ha fatto il piano anche con quelli e sta tutto nel timing in cui prenderli. Nel momento in cui devi fare un certo lavoro, sai di dover prendere il gel tot minuti prima. La barretta invece tot minuti dopo. Fatto questo, non serve altro. Anzi, una volta che hai questa disciplina, puoi anche fare la sosta al bar. Tanto che nella tabella di ieri c’era scritto che dopo le prime tre ore potevo fermarmi in una boulangerie.
Tutti i corridori della squadra vengono seguiti in questo modo?
Lo fanno con tutti. Magari una settimana glielo chiede un corridore. La settimana dopo arriva un altro. Una settimana lavorano con la glicemia di uno, la settimana dopo con la glicemia di un altro. Sono quelle cose che ti fanno fare il salto di qualità. Insomma, penso che ho appena fatto tre giorni di carico e non me li sento per niente.
Dopo due anni nel devo team della Lidl-Trek, Matteo Milan firma un triennale con la Groupama e punta sulle sue chance da velocista. Ora sfiderà suo fratello
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Con un palcoscenico mondiale come quello WorldTour, Julbo presenta i suoi primi due caschi da ciclismo. Ad accompagnare per il 2023 la Groupama-FDJ, ci sarà Fast Lane, un casco areato che fa della leggerezza e del comfort i propri assi nella manica. Per le frazioni più veloci ecco invece Sprint, un modello che grazie alla sua aerodinamica e al design filante aiuterà ogni ciclista a massimizzare ogni pedalata.
Julbo per il 2023 sarà partner tecnico della formazione transalpina e a partire dal 2024 fornirà oltre ai caschi anche gli occhiali. Un modo per testare i propri prodotti nelle corse più famose al mondo a partire dal Tour de France. Prove sul campo in grado di restituire preziosi riscontri da parte degli atleti professionisti sotto gli occhi dei futuri utilizzatori.
Le 20 prese d’aria fanno del Fast Lane un casco fresco e leggeroI colori sono quelli della divisa Groupama-FDJDal 2024 la collaborazione con il team comprenderà anche gli occhiali Le 20 prese d’aria fanno del Fast Lane un casco fresco e leggeroI colori sono quelli della divisa Groupama-FDJDal 2024 la collaborazione con il team comprenderà anche gli occhiali
Fast Lane
Alla luce della collaborazione con la Groupama-FDJ, i colori della squadra avvolgeranno i nuovi caschi. Per quanto riguarda la tecnica della costruzione partiamo dal primo modello. Il casco Fast Lane è leggero e molto areato. Dispone di 20 prese d’aria in posizioni studiate per mantenere un flusso d’aria costante. Il comfort è garantito anche dall’imbottitura interna traspirante che aiuta l’eliminazione del sudore.
Un modello dalla vestibilità precisa, grazie alla rotella posteriore per una regolazione micrometrica del fitting. Il cinturino regolabile presenta il sistema di aggancio facilitato Fidlock, un anello magnetico che permette di velocizzare le fasi di chiusura e sgancio. Fast Lane offre un’accortezza in più. C’è infatti la possibilità, per chi ha i capelli lunghi, di inserire la coda nella struttura sul retro del casco, in modo che questo rimanga ben posizionato sulla testa. Infine, è possibile collocare sul retro del casco una luce per aumentare la sicurezza in strada. Il prezzo consigliato al pubblico sul sito è di 139,90 euro.
Le sole sei prese d’aria sono ben studiate per rendere il casco areato ma aerodinamicoLa regolazione è studiata per essere precisa al millimetroSprint è pensato per essere la scelta perfetta quando le medie si alzanoLe sole sei prese d’aria sono ben studiate per rendere il casco areato ma aerodinamicoLa regolazione è studiata per essere precisa al millimetroSprint è pensato per essere la scelta perfetta quando le medie si alzano
Sprint
Il casco Sprint è pensato per le corse più veloci e per gli sprinter della formazione francese. Non solo, anche per chi cerca un modello con un’anima rivolta alle alte velocità e alla limitazione dei flussi d’ariainterni, una caratteristica che risulta molto utile durante i mesi più freddi. Un punto di forza infatti è l’aerodinamicità: la forma e le 6 prese d’aria sono pensate per ridurre la resistenza aerodinamica e rendere ancora più filante la posizione in sella.
La vestibilità precisa è garantita dalla rotella posteriore che assicura l’adattamento del casco sulla testa. Il cinturino ottimizzato con regolazione laterale aggiuntiva si chiude con un aggancio molto leggero e comodo. L’imbottitura interna Coolmax Comfort è rimovibile e lavabile e offre una traspirabilità totale e performante. Il prezzo consultabile sul sito è di 159,90 euro.
Acque agitate in casa Groupama-FDJ. Negli ultimi giorni le cronache relative al team francese, si sono occupate delle polemiche roventi innescate da David Gaudu nei confronti del suo coequipier Arnaud Demare (nella foto d’apertura de L’Equipe i due “contendenti”). Il più giovane, quarto lo scorso anno al Tour, non ci è andato leggero, prendendo spunto dalla presenza del velocista nel ritiro della squadra dedicato prevalentemente agli scalatori.
Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)
«Al Tour non ce lo voglio»
«Ha scelto lui di venire, se poi è distrutto di che si lamenta? – sono state le parole espresse da Gaudu – vuole venire al Tour? Il posto non è garantito, anzi vorrei che non venisse. Non ce lo voglio».
A questo Gaudu, un fiume in piena, ha fatto seguire altro: «Tra me e lui non va, mi manca di rispetto dal 2017, l’ho sentito io dire: “Non salgo in ascensore se c’è Gaudu” e durante delle riprese ha anche tentato di farmi cadere. Non lo sopporto e lo sa benissimo».
Successivamente, come sempre succede, Gaudu ha ritrattato, affermando che erano parole che dovevano rimanere riservate e che ha chiesto scusa alla squadra e al diretto interessato. Ma la frattura è ben lungi dall’essere sanata.
Lo stesso team manager del team, Marc Madiot ha detto: «Non m’interessa molto che siano amici, se devono correre insieme lo faranno e infatti alla Parigi-Nizza dovranno farlo. Non sempre se sei amico di qualcuno significa anche che ci lavori bene insieme. Quella di Gaudu è stata una ragazzata».
Un estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su DemareUn estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su Demare
Conta la corsa
Madiot per certi versi minimizza, ma il tema resta e per saperne di più abbiamo chiesto lumi al diesse della squadra Philippe Mauduit, che spiega innanzitutto come sono trapelate le parole “dell’enfant prodige” transalpino.
«Partecipava a una di quelle chat associate ai videogiochi, rispondendo ad alcune domande, non pensava che sarebbero uscite da quel contesto. Diciamo che è stata una leggerezza cadere nelle provocazioni e David si è scusato per questo. Noi siamo allineati con la posizione di Madiot, quel che conta è la squadra».
Far coesistere due persone di primo piano che non si sopportano (anche se va detto che da Demare non c’è stata alcuna replica) non è semplice: «Noi guardiamo quel che avviene in corsa e in allenamento, quel che si fa per la squadra. Se la diatriba coinvolge il lavoro, allora diventa un problema e noi lo affrontiamo come tale. Sanno bene entrambi che i primi penalizzati sarebbero loro, se non si fa ciò che viene chiesto.
«Non mi sembra una storia così eclatante, sono cose che nell’ambiente possono succedere: considerate che un team ciclistico coinvolge qualcosa come 140 persone, impossibile che tutti vadano d’accordo, ma la collaborazione deve essere sempre massima».
Gaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes MaritimesGaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes Maritimes
Demare senza treno
Va anche detto che, in base alle loro caratteristiche tecniche, Gaudu e Demare non avranno così tante occasioni di coesistenza.
«Questo è vero – continua Mauduit – ma ci saranno comunque, come alla Parigi-Nizza. Vorrei chiarire un punto sul Tour de France: se Demare non ci sarà, non è certo per le parole di Gaudu. Noi dobbiamo valutare quel che è meglio per la squadra e nel prossimo Tour ci saranno poche occasioni per i velocisti, al massimo sei tappe».
L’occasione viene buona anche per chiarire un aspetto tecnico legato proprio a Demare, che ricordiamo da quest’anno sarà privo del suo “pesce pilota” abituale, Jacopo Guarnieri.
«Arnaud – dice Mauduit – sa bene che non può avere un treno a lui dedicato, ma è così ormai già da un paio d’anni. L’ultima Parigi-Tours l’ha vinta correndo senza un treno, giocandosi le sue carte da solo. Se guardate, ormai i veri e propri treni per velocisti sono pochissimi, inoltre bisogna considerare che ormai vere volate non ci sono quasi più: trovi sempre o una salitella finale che fa selezione, o una curva in prossimità dell’arrivo che scompagina il gruppo e così via».
La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicatoLa volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicato
Un team, più obiettivi
Probabile quindi che Demare venga dirottato sul Giro d’Italia, dove comunque le occasioni per uno sprint non saranno poi molte di più: «Probabile, non sicuro. Quando gestisci un team devi valutare bene che cosa vuoi ottenere. Se hai il corridore che va per vincere, come Pogacar o Vingegaard, allora costruisci la squadra su di lui. Se hai un corridore che può – e il verbo è importante – salire sul podio non puoi vincolare tutto il team a questo, devi pensare anche alle tappe, devi fare una valutazione generale per portare a casa quanto più possibile».
«Demare si deve adattare a correre senza un treno, ma anche i compagni devono adattarsi a non avere una squadra completamente bloccata pensando alla classifica. Per questo dico che David e Arnaud devono collaborare, quel che conta è il team».
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Con un passo davvero deciso e nello stesso tempo veloce, Julbo prosegue la sua crescita all’interno del mercato sportivo italiano. Stiamo parlando di una realtà di fama mondiale con alle spalle ben 134 anni di esperienza. L’azienda francese è stata infatti fondata nel 1888 nel dipartimento dello Jura, in quella che può essere considerata la patria dell’industria francese dell’occhialeria.
Oggi Julbo è in grado di proporre al mercato prodotti high-tech che spaziano dall’alpinismo allo sci in tutte le sue discipline e sfaccettature. L’azienda francese realizza inoltre occhiali di alto livello anche per vela, running, enduro e naturalmente per ciclismo su strada.
Il coordinamento delle attività di Julbo in Italia sarà affidato a Stefano CronstMarta Ripamonti ricoprirà il ruolo di Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’AostaLuca Bergamini: figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna Il coordinamento delle attività di Julbo in Italia sarà affidato a Stefano CronstMarta Ripamonti ricoprirà il ruolo di Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’AostaLuca Bergamini: figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna
L’Italia cresce
A distanza di quattro anni dal cambio di strategia deciso per il mercato Italia, Julbo conferma il trend positivo delle vendite chiudendo l’anno fiscale con una crescita del 10% rispetto al precedente. Un dato questo che proietta il secondo trimestre dell’anno in corso ai massimi storici.
Thomas Pellegrino, Direttore Commerciale Europa Med, ha voluto commentare con queste parole la situazione positiva del mercato italiano per Julbo.
«Stiamo affrontando grandi sfide e ci poniamo traguardi ambiziosi per l’Italia. Julbo è un prodotto tecnico dedicato alla performance, che vanta oltre 100 anni di tradizione e know-how, ideato e progettato da chi ama lo sport, per atleti e professionisti dell’outdoor e per gli amatori più esigenti. Abbiamo l’obiettivo di crescere insieme ai nostri partner, per questo, abbiamo la necessità di avere un team in solida evoluzione».
Thibaut Pinot è uno dei volti di riferimento della Groupama-FDJThibaut Pinot è uno dei volti di riferimento della Groupama-FDJ
Un nuovo team
Come anticipato dallo stesso Thomas Pellegrino, per il brand francese risulta oggi fondamentale avere un team in grado di presidiare al meglio il mercato italiano. Il coordinamento delle attività di Julbo per il nostro Paese è stato affidato a Stefano Cronst che ricoprirà il ruolo di Country Manager. Nel suo lavoro potrà contare sulla professionalità consolidata di Marta Ripamonti, Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Accanto a loro Luca Bergamini, selezionato come figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna.
Il nuovo assetto del team rispecchia l’approccio strategico dell’azienda al mercato, volto a garantire una crescita organica e sostenibile, capace di mantenere l’attenzione sul partner offrendo formazione, supporto alle attività di sell-out e un livello di assistenza post vendita adeguato alla qualità e ai valori del brand.
Trai i giovani passati dalla continental del team francese alla formazione WorldTour c’è anche Lorenzo Germani (foto Facebook Lapierre)Trai i giovani passati dalla continental del team francese alla formazione WorldTour c’è anche Lorenzo Germani (foto Facebook Lapierre)
Con Pinot e compagni
Ricordiamo che Julbo non è solo occhiali, ma anche caschi. Il brand francese ha inoltre un forte legame con il ciclismo. Da quest’anno la Groupama-FDJ, la formazione diretta da Marc Madiot, utilizzerà caschi firmati Julbo mentre nel 2024 ai caschi si aggiungeranno anche gli occhiali. Diverso il discorso per la formazione continental del team francese che nel 2022 ha dominato la scena internazionale con Lenny Martinez, Romain Gregoire e il nostro Lorenzo Germani. I ragazzi del team continental già da quest’anno utilizzeranno caschi e occhiali Julbo.
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Al momento di annunciare il suo ritiro, sorridendo, Thibaut Pinot ha detto che la prima cosa che farà dopo l’ultima corsa, sarà vendere i rulli. Leggere L’Equipe è fare soprattutto un viaggio fra ricordi comuni e sensazioni che tutti abbiamo provato un paio di anni fa. Qualcuno le ha elaborate lasciando la posizione in cui è cresciuto per dare vita a un nuovo progetto. Altri, come Pinot, hanno immaginato la loro vita fuori dal ciclismo.
«Se torno un po’ indietro – racconta – ho iniziato a pensarci durante il lockdown. Era la prima volta che mi sentivo me stesso. E’ stata, tra virgolette, una vacanza imposta, senza stress, senza pressioni, senza correre dappertutto. Da quel momento mi sono posto molte domande. Sul fatto che vivevo a 1.000 all’ora, che non mi stavo godendo i momenti. C’erano corridori sui rulli, io invece mi sono preso il tempo per dedicarmi alla mia fattoria, alla mia vita».
Così L’Equipe ha salutato l’annuncio del ritiro di uno dei suoi beniamini. Chapeau! La foto di apertura è della Groupama-FDJCosì L’Equipe ha salutato l’annuncio del ritiro di uno dei suoi beniamini. Chapeau! La foto di apertura è della Groupama-FDJ
«Facciamo ogni giorno 4-5 ore di allenamento, ma ho l’impressione che ne servano 24. Hai sempre dentro una vocina che ti ricorda che sei un ciclista. Durante il lockdown, per la prima volta da quando ero piccolo, non avevo più la pressione di pensare sempre alla bici. Ho avuto un assaggio della vita che mi attende. Ripartire fu difficile perché significava lasciare i tre mesi migliori dopo tanto tempo».
Madiot e i paradossi
Madiot lo sapeva. Il burbero Marc, che a Porrentruy con mezzo busto fuori dall’ammiraglia festeggiò la prima tappa al Tour del 2012, ricorda di quando Pinot (al secondo anno da pro’) prese un treno da Melisey per pranzare con lui a Parigi, pregandolo di schierarlo in quel Tour.
«Il ritiro l’ho sentito arrivare – racconta – non sono sorpreso. Abbiamo avuto una conversazione in autunno e mi ha confermato quello che prevedevo. Il suo arrivo ha segnato l’inizio di una nuova era, la seconda nascita della squadra. Per molti corridori gli anni del ciclismo a due velocità sono stati un trauma, la generazione di Pinot ci ha fatto ritrovare uno slancio sportivo.
Nizza, Tour de France 2020: la caduta che ha spinto Pinot verso una fine anticipata della carrieraNizza, Tour de France 2020: la caduta che ha spinto Pinot verso una fine anticipata della carriera
«E’ un romantico, un ragazzo con dei paradossi. Vuole stare tranquillo nel suo mondo e allo stesso tempo racconta la sua vita sportiva su Strava. Si allena duramente, ma al contempo non ha mai accettato tutte le possibilità di migliorare che gli sono state offerte. La sua realizzazione assoluta per me è la vittoria sul Tourmalet nel 2019. Un giorno gli chiesi se volesse vincere il Tour e se ci pensasse la mattina mentre si radeva. Lui rispose di no, capii che ci pensavo io al posto suo. Per me Thibaut si è spento con la caduta di Nizza al Tour 2020. La ricostruzione è stata lunga e dolorosa, Nizza è il punto di svolta».
Via dalla pressione
Un altro 90 che lascia il gruppo. Non si può parlare di ritiro prematuro, ma è arrivato prima di quanto si sarebbe immaginato. Più tardi di Dumoulin e Aru, ad esempio, ma con qualcosa che li lega.
«E’ stata una benedizione – dice – che non abbia vinto il Tour. Ovviamente sono poche le persone che possono capirmi. Volevo vincerlo e se non ci sono riuscito, è stato un segno del destino. Sarei diventato un personaggio pubblico, cosa che non volevo. Ogni volta che vincevo una tappa al Tour, non avevo fretta di tornare a casa perché sapevo che avrei avuto persone davanti al cancello. Quindi non riesco nemmeno a immaginare come sarebbe stato se avessi vinto il Tour de France. A casa non ci sarei tornato più…
Presentazione della squadra prima del ritiro di Calpe a dicembre: decisione già presa (foto Groupama-FDJ)Presentazione della squadra prima del ritiro di Calpe a dicembre: decisione già presa (foto Groupama-FDJ)
«Avevo degli obiettivi, li ho raggiunti quasi tutti. Adesso ho solo la rivincita col Giro, non mi va di lasciarlo con il ricordo di un ospedale, perché il Giro resta la corsa più bella. Il ciclismo ha preso un terzo della mia vita e ora voglio dedicarmi alla mia seconda passione, gli animali, la natura. Se potrò avere il futuro che sogno è anche perché non ho vinto il Tour. La mia vita sarebbe cambiata troppo, per questo non me ne pento».
La vita del campione
Lo incontrammo per la prima volta ai mondiali di Mendrisio 2009, dopo la fresca vittoria al Giro della Valle d’Aosta. Aveva il futuro fra le mani, la Francia era certa che fra lui, Bardet e Barguil sarebbe uscito il prossimo vincitore del Tour.
«Sono già arrivato – ragiona – oltre le mie aspettative. Quando sono diventato professionista, non avrei mai pensato di vincere così tante belle gare. Mi rassicuro così. E poi sono rimasto onesto, nella mia filosofia ciclistica e per tutta la carriera. Ne sono soddisfatto. Avevo il potenziale grezzo per vincere più gare, un grande Giro per esempio, ma nel ciclismo di adesso questo non è abbastanza.
«Il Giro 2018 è stato un clic (fu portato in ospedale disidratato e con complicazioni renali nel giorno dell’impresa di Froome sul Finestre, ndr). Quando ti arrendi e finisci in ospedale in terapia intensiva, ti accorgi che è la vita non è solo ciclismo. Quell’esperienza mi ha aiutato ad accettare il ritiro dal Tour del 2019. Prima non sopportavo il fallimento, mi faceva molto male, ma dopo il 2018 è diventato diverso, mi sono detto che non potevo continuare a rovinarmi la vita. Non ho mai voluto la carriera di un campione, non è mai stato facile per me. Nei giorni del gruppetto al Tour, mi nascondevo nel mezzo perché non volevo che la gente mi riconoscesse. Mi vergognavo…».
Tour 2012, il primo di Pinot, che vince a Porrentruy. Madiot dietro esplode. E’ la svolta per il teamAlpe d’Huez 2015, il massimo per uno scalatore franceseAsiago, Giro 2017, batte Zakarin e Nibali. Perde il podio nell’ultima crono, chiudendo 4° a 1’17” da DumoulinSi incrocia spesso con Niibali. Qui lo batte al Lombardia del 2018, la sua classica preferitaTourmalet al Tour del 2019: Pinot domina in salita, a si ritirerà dopo 5 tappe. Un colpo tremendoTour 2012, il primo di Pinot, che vince a Porrentruy. Madiot dietro esplode. E’ la svolta per il teamAlpe d’Huez 2015, il massimo per uno scalatore franceseAsiago, Giro 2017, batte Zakarin e Nibali. Perde il podio nell’ultima crono, chiudendo 4° a 1’17” da DumoulinSi incrocia spesso con Niibali. Qui lo batte al Lombardia del 2018, la sua classica preferitaTourmalet al Tour del 2019: Pinot domina in salita, a si ritirerà dopo 5 tappe. Un colpo tremendo
Il più in alto possibile
Chissà se averlo annunciato prima toglierà il fuoco di dosso o gli permetterà di correre divertendosi come da under 23. Il programma è ricco, le aspettative ancora alte.
«Sono motivato a vincere il più possibile – dice – farò di tutto per questo. Ho detto in anticipo che il 2023 sarà l’ultima stagione, per liberarmi da questo peso e divertirmi per il tempo che resta. Non faccio una croce sul muro ogni mattina per i giorni che passano. Mi sento molto meno nervoso e più libero. Ho sempre detto che quando non sarei stato più in grado di vincere, avrei smesso.
«Sono sempre stato lucido riguardo alle mie capacità. Andrò al prossimo Tour con l’obiettivo di aiutare Gaudu. Perché il mio ultimo anno sia bello, devo esserci. Fosse solo per tutti quelli che mi hanno supportato. Da me ci si aspettava che lo vincessi, non ci sono riuscito. Il Tour e la Vuelta dell’anno scorso sono stati frustranti. Ma anche questo fa parte del viaggio che porterà alla pensione».
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Il Giro della Lunigiana da junior nel 2021. Il primo anno in continental con la vittoria del Val d’Aosta nel 2022. E adesso il salto nel WorldTour con il resto degli otto ragazzini della Groupama-FDJ, fra i quali il nostro Lorenzo Germani. Lenny Martinez non sta più nella pelle. E anche se si tratta di un francese nello squadrone francese, l’emozione la puoi tagliare con un coltello.
Dopo il primo ritiro a Calpe – dove Lenny ha sperimentato la serie di riunioni, allenamenti, massaggi e ginnastica (in apertura, foto Nicolas Gotz) – abbiamo così pensato di risentirlo per capire come vadano le cose. E in che modo si avvicini al primo anno da professionista.
Martinez ha 19 anni, è alto 1,68 per 52 chili: eccolo con la nuova maglia della Groupama-FDJ (foto Nicolas Gotz)Martinez ha 19 anni, è alto 1,68 per 52 chili: eccolo con la nuova maglia della Groupama-FDJ (foto Nicolas Gotz)
Cosa hai fatto dopo la fine della stagione?
Mi sono preso una pausa di 6 settimane. Sono rimasto a casa a godermi la mia famiglia e poi mi sono spostato nel Sud della Francia per stare con mia madre. L’anno scorso mi ero fermato per 4-5 settimane, questa volta sono aumentate.
Che effetto ti fa passare nella WorldTour?
Diventare professionista era un sogno fin dall’infanzia e ora eccolo qui…
Passare con tanti compagni della continental sarà un vantaggio?
Sì, è un vantaggio perché ci conosciamo tutti molto bene. Siamo ottimi amici e faremo tutti progressi più concreti e impareremo ogni cosa restando insieme. E’ fantastico, l’avventura continua.
Martinez non ha cambiato modo di mangiare, ma un confronto sul tema non guasta (foto Nicolas Gotz)Martinez non ha cambiato modo di mangiare, ma un confronto sul tema non guasta (foto Nicolas Gotz)
Avresti fatto un altro anno nella continental?
Avrei potuto, ma non ho voluto! I miei risultati con il team continental e la WorldTour mi hanno fatto capire che potevo passare al livello successivo. Il team mi ha offerto un contratto, quindi ho accettato con piacere.
Cosa è cambiato nella preparazione?
Una pausa un po’ più lunga e un ritiro in più rispetto all’anno scorso, quello di dicembre. Per il momento non faccio più ore dell’anno scorso, ma arriverà anche quel momento.
Un po’ di reazione fisica prima di partire con la bici (foto Nicolas Gotz)Un po’ di reazione fisica prima di partire con la bici (foto Nicolas Gotz)
Perché hai scelto di eliminare il ciclocross dal menù?
Poiché la mia pausa è stata piuttosto lunga, poi c’è stato il ritiro di dicembre e fra breve ci sarà quello di gennaio. Penso che non possiamo fare tutto, inoltre mi sono trasferito nel Sud della Francia e qui c’è poco ciclocross.
Le gare pro’ a cui hai partecipato nel 2022 cosa ti hanno fatto capire il tuo adattamento al professionismo?
Ho visto dei risultati molto interessanti. Nel WorldTour sono riuscito a ottenere una top 10 e un sacco di top 15. Mi sentivo pronto e a livello di under 23 ero tra i migliori al mondo, per cui dovevo passare al livello successivo
Al team dei giovani più forti appartiene ovviamente anche Romain Gregoire (foto Nicolas Gotz)Al team dei giovani più forti appartiene ovviamente anche Romain Gregoire (foto Nicolas Gotz)
Cosa ti convince del programma di Marc Madiot per voi giovani?
Penso sia una buona cosa, come ho detto, il fatto che cresceremo tutti insieme.
Come è organizzata la tua settimana di preparazione quest’inverno?
Per il momento sto lavorando sulla resistenza, un po’ di velocizzazione, qualche sprint, lavoro sulle crono e anche esercizi per gli addominali, un paio di volte a settimana. Per il momento sono meno di 15 ore di bicicletta. Non ho cambiato nulla sul fronte dell’alimentazione. Mangio sempre bene e tanto, mi diverto ogni giorno.
Pinot è vissuto da Martinez come un mito e anche un riferimento (foto Nicolas Gotz)Nello stesso Sol y Mar si sono ritrovati anche i corridori della Total Energie (foto Nicolas Gotz)La Groupama-FDJ si è ritrovata a due passi dalla spiaggia di Calpe (foto Nicolas Gotz)Pinot è vissuto da Martinez come un mito e anche un riferimento (foto Nicolas Gotz)Nello stesso Sol y Mar si sono ritrovati anche i corridori della Total Energie (foto Nicolas Gotz)La Groupama-FDJ si è ritrovata a due passi dalla spiaggia di Calpe (foto Nicolas Gotz)
Hai imparato qualcosa in ritiro da scalatori come Pinot e Gaudu?
Sì, anche se soprattutto nei primi giorni eravamo tutti mischiati e non divisi in gruppi specifici. Però, più andremo avanti nella stagione e più avrò da imparare da loro, soprattutto nelle corse. Pinot è il ragazzo che guardavo in televisione, fortissimo in montagna. E’ un gran corridore e ha una personalità unica.
Il tuo obiettivo è crescere velocemente come gli altri giovani?
Non saprei, penso che progredirò al mio ritmo. La squadra non andrà troppo veloce con me, ma neppure mi terrà troppo a freno.
Nel 2022 Martinez ha vinto due tappe alla Ronde de l’Isard, dopo il Val d’Aosta (foto Richard Corentin)Nel 2022 Martinez ha vinto due tappe alla Ronde de l’Isard, dopo il Val d’Aosta (foto Richard Corentin)
Qual è il ricordo più bello che porti dalle categorie giovanili?
Tutta l’ultima stagione con la squadra è stata bellissima, in gara e fuori gara. La mia vittoria in Val d’Aosta, la mia prima vittoria alla Ronde de l’Isard, le gare con la WorldTour. Ma il mio ricordo più bello è un flashback sulla mia maturazione da quando ero piccolo. Sono orgoglioso di aver raggiunto tutto questo e di essere ora quello che sono.
Tuo padre Miguel è orgoglioso della tua carriera?
Sì, è molto orgoglioso (suo padre Miguel è stato oro olimpico nella mountain bike a Sydney, ndr). E’ davvero felice e segue i miei risultati. Quando vinco una gara, penso a lui e alla mia famiglia e sono quasi più felice per loro che per me. Invece mio nonno ormai non mi dà troppi consigli, di solito parliamo solo della vita.