Frontignano, l’analisi di Pellizzari: per Ganna l’esame più duro

14.03.2025
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PERGOLA – «Vista la tappa che ci aspettava oggi – racconta Ganna – ieri ho sentito Geraint Thomas. Gli ho chiesto se secondo la sua altissima esperienza mi convenisse tenere ancora duro o se non fosse meglio cominciare a recuperare. Mi ha detto: “Filippo, con la condizione che hai, anche se fai una giornata di fatica in più, non ti cambia niente. Se poi la settimana prossima sei stanco, stai a letto un giorno di più. Non è che tenere ancora duro manderà via la condizione per la Sanremo”. Credo di aver lavorato bene per arrivare qua, non so quanti sull’ultima salita superassero gli 80 chili. Voglio ringraziare la squadra per tutta la settimana, anche “Kwiato” che si è fermato per problemi a un ginocchio. Siamo felici di aver onorato fin qua la maglia. Comunque ho visto l’Adriatico – ride – siamo partiti dal Tirreno, la mia parte l’ho fatta…».

La maglia mai a rischio

Per qualche minuto in realtà c’è stato il dubbio che Ganna potesse aver perso la maglia. Prima virtualmente, per tutti i chilometri in cui il vincitore di tappa Dversnes viaggiava con un vantaggio superiore al minuto. E poi all’arrivo, dove il leader della Tirreno-Adriatico è passato 41 secondi dopo. Fortunatamente la rilettura del finale ha permesso di stabilire che avesse perso terreno per un problema meccanico negli ultimi tre chilometri. Per cui, accreditato dello stesso tempo di Van der Poel che ha vinto la volata per il secondo posto, Filippo ha chiuso la quinta tappa con la maglia di leader.

«Come ho spiegato, ho preso una buca – spiega – la catena si è incastrata tra la corona e il telaio. Ho dato un colpo di pedale un po’ troppo forte e ho strappato il deragliatore posteriore. Fortunatamente ero entro i tre chilometri. Avevo già chiamato un giudice, ma non sapevo se mi avesse visto oppure no. Ho tenuto duro fino all’ultimo chilometro quando mi hanno passato tutti, ma credo che il problema sia stato evidente».

Lo stress della classifica

Dopo il traguardo, già da qualche giorno ci si guarda con stupore e si commenta quanto stia andando forte Ganna in salita. Lo attaccano e lui risponde. Un gigante dotato di forza e di una brillantissima frequenza di pedalata. Ieri ha rintuzzato Van der Poel a Trasacco, su uno strappo breve e ripido. Oggi sulla più dura scalata di Monterolo (3,9 chilometri al 6,7 per cento di media e punte al 10,5) ha risposto all’attacco di Ayuso e Pidcock. E’ un Ganna molto sicuro quello che viene a sedersi vicino, cercando di raccontare la giornata con la domanda delle domande che aleggia nell’aria: riuscirà a difendersi anche domani? La tappa avrà appena 50 metri di dislivello più di questa, ma si chiude sulla salita di Frontignano (7,7 chilometri al 7,9 per cento di media).

«Di sicuro abbiamo lavorato tanto quest’inverno – dice dietro la barba folta – mentre l’anno scorso è stato un anno un po’ particolare per i malanni che ho avuto. Quest’anno fortunatamente sono felice, per ora è tutto a posto, speriamo si possa continuare così almeno per un’altra settimana (sorride, il riferimento è alla Sanremo, ndr). Sono venuto alla Tirreno per fare bene la cronometro, eppure sono andato forte anche nella terza e quarta tappa, dove abbiamo fatto vedere che come squadra eravamo presenti. Sinceramente stimo tanto quelli che fanno classifica, perché è veramente stressante. Ieri siamo arrivati in hotel un’ora e mezza dopo rispetto ai piani. Fortunatamente avevo un buon autista che ha recuperato un po’ di tempo in macchina. Però rimanere con lo stesso sudore, il freddo e la pioggia per qualche ora di più non è piacevole. Però la corsa e la maglia vanno onorate e finché ce l’avrò, non mi tirerò indietro».

Frontignano, il kom di Pellizzari

La tappa di domani non sarà affatto semplice: 163 chilometri e una serie infinita di salite e strappi che si concluderanno sulla cima di Frontignano, nel comune di Ussita. Lassù dove fino a poco tempo fa ancora si sciava, la salita sulla carta non concede grandi voli pindarici. La ricorda bene Giulio Pellizzari, che raggiungiamo al telefono mentre è ancora sul Teide preparando il ritorno in corsa al Catalunya dopo il debutto a Mallorca. Domani la corsa passerà anche per la sua Camerino.

«Conosco bene Frontignano – dice – è la mia palestra estiva, però il versante che faranno domani io di solito lo faccio in discesa. Solo una volta l’ho fatto in salita e ho stabilito il record, che se non sbaglio è sui 25 minuti, ma tanto domani me lo rubano. E’ una salita vera, dal valico giri a destra e poi si sale ancora. Temo sia una salita per Ayuso. La tappa non regala niente, prima di arrivare al finale non c’è pianura. E poi con il meteo che avete ora in Italia, ragazzi, ma quanta fatica stanno facendo?».

Il miglior Ganna in salita?

E’ davvero la migliore versione di Ganna in salita? Lui ci pensa e forse non è convinto, pur rendendosi conto che finora si è difeso davvero bene in giornate gelide, bagnate e con tanto dislivello: oggi 3.499 metri.

«Il 2020 è un bel paragone – pensa – andavo davvero forte e ora sono 5 chili più di allora, perché ho messo più massa. Tutti mi dicono che sono troppo magro, però la bilancia è sempre a 86 chili e io sono felice così. Sono forse più tranquillo, più consapevole del fatto di essere in una squadra che mi vuole bene e vuole farmi continuare a crescere e puntare forte. Cerco di fare tutto il meglio per me e per la squadra, assieme ai compagni che oggi, ieri, l’altro ieri e anche martedì hanno fatto veramente tanta fatica. Puccio è caduto, però è qua a lottare. Connor Swift, Brandon Rivera: tutti stanno facendo il massimo per portare me e la squadra a fare il meglio possibile. Devo dire grazie a loro e a chi c’è in macchina che ci sta dirigendo».

Solo l’ultima domanda non avrà una risposta: visto che farai la Sanremo e poi la Roubaix e vai così bene sugli strappi, gli chiediamo, perché nel mezzo non fare anche il Fiandre? «Non lo so – dice – non so cosa risponderti».

Campione o gregario, Damiani spiega la regola delle due W

22.02.2025
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Qualche giorno fa Finn Fisher-Black, il neozelandese della Red Bull protagonista di quest’inizio di stagione ha rilasciato una lunga intervista a Rouleur spiegando come il suo passaggio di squadra provenendo dalla UAE sia stato dettato dalla ricerca di spazio. Era stanco di essere considerato un gregario, voleva avere chance personali e, da quel che si è visto nelle prime corse, aveva anche le sue ragioni e soprattutto propellente nelle gambe…

Il cambio di squadra ha fatto bene a Finn Fisher-Black: titolo nazionale e 4 podi
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Le sue parole hanno però riproposto l’eterno tema delle ambizioni di un giovane: approdare in un team WorldTour è per tutti un traguardo, ma molti vorrebbero che fosse anche un inizio, invece spesso (soprattutto per i ragazzi italiani) c’è da fare i conti con la realtà, che spesso li confina in ruoli di secondo piano.

E’ un argomento con il quale Roberto Damiani, diesse della Cofidis, si è confrontato spesso: «Il tema è delicato e io lo affronterei ponendo innanzitutto una domanda: i giovani che approdano nelle WorldTour sono davvero tutti da WorldTour? Spesso purtroppo il valore dei corridori è gonfiato da vittorie giovanili che dicono molto poco e dalla pressione dei procuratori. Il circuito maggiore ha ormai un livello altissimo, anche coloro che sono “svezzati” da tempo faticano, anche perché non esistono più le corse di preparazione, ogni volta che metti il numero ti chiedono il risultato, l’11 deve girare, altro che storie…».

Lo sprint vincente di Valentin Ferron a La Marsellaise, primo acuto Cofidis nel 2025
Lo sprint vincente di Valentin Ferron a La Marsellaise, primo acuto Cofidis nel 2025
E’ un problema soprattutto per i più giovani che cercano spazio…

Sì, perché l’approccio può essere traumatico. Cominci a non fare i risultati che sognavi, ti trovi quasi impantanato, ti butti giù. Prima o poi questo mestiere ti pone davanti alla realtà e ti chiede di guardarti dentro. Chi lo fa, chi si rende conto del suo valore e capisce che può ritagliarsi un ruolo importante ha un futuro. Magari sarà un aiutante, un luogotenente, ma sarà per anni in questo mondo guadagnando bene. Chi non si rassegna ma non ottiene risultato, è destinato a scendere dal treno.

E’ un discorso che travalica l’aspetto prettamente sportivo…

Sì, perché bisogna ragionare con la testa, mettersi in gioco in una fetta importante della propria vita. Io dico sempre ai miei ragazzi, quando arrivano alle soglie del team, che devono provarci, ma se capisci che non hai le qualità per emergere, per fare il leader devi saperti adattare anche al ruolo del gregario.

Daniel Oss, a sinistra, con Sagan, un’accoppiata gregario-campione andata avanti per anni con grandi risultati
Daniel Oss, a sinistra, con Sagan, un’accoppiata gregario-campione andata avanti per anni con grandi risultati
Tu lavori in un team francese ma hai avuto e hai corridori italiani. Quanto pesa non avere una squadra nazionale nel WorldTour, per il movimento tricolore?

Tanto, è debilitante. Ogni squadra ha comunque, di base, una predilezione per i corridori di casa propria che viene dalla risonanza che le loro vittorie hanno nei mercati dove gli sponsor agiscono. Se si fanno scelte tattiche, la bandiera conta, una vittoria di un corridore straniero non può avere lo stesso peso di uno locale. Noi ad esempio abbiamo avuto un clamoroso ritorno d’immagine da La Marsellaise perché a vincere è stato Valentin Ferron. Ma era così anche da noi, ad esempio ai tempi della Liquigas. Lì c’era un corridore che ho sempre ammirato…

A chi ti riferisci?

A Daniel Oss. Quand’era giovanissimo si era messo in evidenza come un grande specialista soprattutto per le classiche del nord, ma ha avuto l’intelligenza di comprendere che non sarebbe mai stato un leader e si è ritagliato uno spazio importante al fianco di Sagan, costruendosi così una carriera importante. Un altro esempio è Ulissi, che da parte sua è stato capace di ritagliarsi sempre le sue occasioni tanto da vincere ogni anno. Perché aveva saputo cogliere le opportunità, si era messo in mostra e chi dirigeva ha creduto in lui. Devi saper emergere, anche nelle condizioni più difficili e sperare che quei risultati solletichino l’attenzione di chi guida il team.

Per Pellizzari l’approdo nel WorldTour, ora però comincia tutto. Il team vuole risultati
Per Pellizzari l’approdo nel WorldTour, ora però comincia tutto. Il team vuole risultati
Quindi è più una responsabilità di chi guida o di chi corre?

Principalmente di quest’ultimo che deve fare i conti con se stesso e saper cogliere le occasioni, essere pronto per esse. Io apprezzo tantissimo il lavoro che fanno team come Polti e VF Bardiani, perché danno l’opportunità ai ragazzi di mettersi in mostra, ad esempio l’azione dei 3 VF a Maiorca è stata davvero importante. Se sai sfruttare l’opportunità cresci. Pellizzari ha saputo farlo, è approdato in un grande team, ora starà a lui sapergli ritagliare spazi anche lì.

Si parla spesso del gregario, ma ormai non ti pare un termine desueto?

Certamente il gregario non è più il portaborracce, ormai in squadra ci sono ruoli specializzati: chi per il treno delle volate, come per aiutare in salita e così via. Guardate che cosa fece Marco Velo da corridore, trasformandosi da luogotenente di Pantani in salita fino ad aiutante di Petacchi nelle volate, un doppio salto mortale. Oppure quel che ha fatto Bruseghin. Io dico sempre ai corridori, quando hanno ormai 2-3 stagioni alle spalle, che il tempo passa in fretta e il nostro mondo è regolato dalle due “W”: work o win ossia lavora o vinci.

Marco Velo davanti a Petacchi. Il cittì sii è completamente riciclato nella sua attività agonistica
Marco Velo davanti a Petacchi. Il cittì sii è completamente riciclato nella sua attività agonistica
Secondo te, quindi, anche la “preferenza nazionale” si può superare?

Se hai qualità, il team ha tutto l’interesse a investire su di te. Bernal ha vinto essendo un colombiano in un team britannico. Sta a te farti spazio, ma considera che comunque questo è un lavoro nel quale si vince di squadra. Ne ho conosciuti tanti che con i premi vinti dal compagno di squadra si sono fatti casa…

Pellizzari e il Natale pensando a Red Bull: «Sono nel posto giusto»

25.12.2024
5 min
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L’umore di Giulio Pellizzari è frizzante, come se fosse una bottiglia di spumante alla quale non vede l’ora di togliere il tappo perché sprigioni la forza delle sue bollicine. Il marchigiano è di ritorno dal primo ritiro con la Red Bull-Bora Hansgrohe con gli occhi che ancora luccicano (in apertura è con il suo mentore Massimiliano Gentili). Ma l’emozione si è quasi diradata lasciando spazio a pensieri profondi di un ragazzo pronto a diventare grande

«Ho un pochino di raffreddore – dice mentre si trova in aeroporto pronto per partire in direzione Venezia, da lì poi tornerà a Camerino in macchina – questi giorni non sono stati bellissimi a livello di meteo. Ha piovuto e ha fatto anche freddo, praticamente i pantaloncini corti non li abbiamo mai messi. Siamo stati dieci giorni a Palma de Mallorca ad allenarci e fare gruppo. E’ stato fantastico, mi sono divertito parecchio e ho preso le misure con la nuova realtà. E’ tutto ampliato, quello che prima era per uno ora è per dieci».

Nei dieci giorni a Palma de Maiorca la Red Bull-Bora non ha trovato un clima sempre favorevole (foto Instagram)
Nei dieci giorni a Palma de Maiorca la Red Bull-Bora non ha trovato un clima sempre favorevole (foto Instagram)

Come se fosse a casa

Ormai l’emozione del momento si è sciolta, Pellizzari ha preso confidenza con i nuovi compagni e la sua simpatia ha abbattuto ogni barriera. In squadra è uno dei più giovani, gli altri lo vedono e gli vogliono bene. Anche perché il ragazzo cresce a grandi passi. 

«Mi sono allenato con la gente che ho sempre visto in televisione – racconta – visto che ero nel gruppo degli scalatori. C’erano i vari Roglic, Hindley, Martinez e Vlasov. Ridiamo e scherziamo comunque, sono persone normali. Rispetto alla Bardiani c’è un altro modo di divertirsi, più adulto. Qui in Red Bull i corridori hanno tutti figli, da Reverberi eravamo un gruppo di diciottenni sempre con la risata in bocca. Anche questo fa parte della crescita».

Con questo post Instagram la Red Bull ha annunciato la presenza di Roglic al Giro d’Italia 2025 (foto Instagram)
Con questo post Instagram la Red Bull ha annunciato la presenza di Roglic al Giro d’Italia 2025 (foto Instagram)
Che giorni sono stati?

Tranquilli. Il gruppo degli scalatori inizia a correre abbastanza tardi. Io sarò il primo a iniziare a fine gennaio con tre gare proprio a Mallorca. Sinceramente non vedo l’ora di correre anche se saremo un gruppo misto, metà dal WT e metà dal devo team. Il diesse sarà Cesare Benedetti, che conosco molto bene, quindi sarà un inizio un po’ più morbido. 

Sei il più giovane del gruppo, cosa ti hanno detto i tuoi compagni?

Roglic mi ha parlato un po’ quando ha saputo che sarei stato tra le riserve del Giro d’Italia. Mi ha detto di non preoccuparmi che ho una carriera lunga davanti e di fare le cose con calma. Lui alla mia età non era ancora salito in bici. 

Prime pedalate e primi test per i corridori, ma senza fretta (foto Instagram)
Prime pedalate e primi test per i corridori, ma senza fretta (foto Instagram)
Ti dispiace essere riserva al Giro?

Da un lato certamente mi spiace, ma è comunque una scelta della squadra e la rispetto. Ognuno ha il suo programma. Ho parlato con Gasparotto e mi ha detto che fare il Giro con Roglic sarebbe un rischio perché intorno alla squadra si crea tanta attenzione e molta pressione. Per un ragazzo di vent’anni può non essere facile fare il gregario in una situazione del genere. Di contro sono stato inserito nella squadra della Vuelta. 

Sei felice di questa occasione?

Sì, perché proverò qualcosa di diverso. Inoltre la squadra ha scelto questo Grande Giro per due motivi: il primo per avere una minore pressione. Il secondo, invece, è perché potrei avere più libertà. Correre con Roglic vuol dire lavorare al 100 per cento per lui. E’ una garanzia: dove va, fa bene e vince. 

Pellizzari sarà uno dei più giovani del team, prima di lui c’è il solo Herzog
Pellizzari sarà uno dei più giovani del team, prima di lui c’è il solo Herzog
Poi hai anche nove mesi per ambientarti e capire.

Farò un calendario molto interessante e avremo occasione di capire come reagirò ai vari impegni. Per settembre conto di aver imparato come lavorare con la squadra e di apprendere ogni dettaglio. 

Che programma hai?

Dopo Mallorca andrò al UAE Tour e poi in altura a marzo per preparare il Catalunya che correrò con Roglic. Sarò ancora in Spagna ai Paesi Baschi e andrò anche al Romandia. Mi fermerò ancora per un altro ritiro e farò il Giro di Svizzera, Burgos e Vuelta. E’ un calendario bellissimo. 

Pellizzari sarà tra le riserve del Giro, per lui la squadra ha pensato potesse essere più utile la Vuelta
Pellizzari sarà tra le riserve del Giro, per lui la squadra ha pensato potesse essere più utile la Vuelta
Sei carico?

Non vedo l’ora di mettere la divisa per la prima volta, dopo tre anni cambiare è bello e stimolante. Qualche giorno fa mi hanno spedito il pacco da 25 chili a casa pieno di vestiti. L’ho aperto subito, un regalo di Natale bellissimo. 

Come ti senti tra i grandi?

Più che bene, sento di poterci stare. Inizialmente mi dispiaceva l’idea di correre poco in Italia, sarà per il prossimo anno. Magari farò le gare di fine stagione, ma non ne sono sicuro ancora. 

Altri corridori, come Piganzoli, sono rimasti in una professional un altro anno per correre il Giro da protagonisti e una volta fatto questo passo saranno pronti per il WorldTour. Tu ti senti già pronto?

Penso che da grande voglio essere un corridore vincente. Per fare ciò, questo era il passo giusto da fare. Provare a essere un atleta vincente e conquistare un Grande Giro vuol dire anche fare un passo come questo. Sono sicuro che se andrò forte avrò le mie occasioni e penso di essere nella squadra giusta. Qui mi possono dare il sostegno giusto, se puntano su un corridore lo fanno al 100 per cento.

Tiberi, Piganzoli, Pellizzari: motori (e testa) a confronto

22.12.2024
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Pino Toni non è un nome qualunque nel ciclismo: è uno dei preparatori più quotati e rispettati, con anni di esperienza e una capacità unica di leggere i corridori, i loro numeri e le loro prospettive. Abbiamo parlato con lui di tre dei giovani più promettenti del panorama italiano: Antonio Tiberi, classe 2001, Davide Piganzoli, classe 2002, e Giulio Pellizzari, classe 2003. Tre atleti con storie e caratteristiche diverse, ma uniti da un comune denominatore: il talento.

Toni ci ha offerto un confronto tecnico e umano sui loro “motori”, l’evoluzione anno per anno e le prospettive future. Ne è emersa una lettura interessante non solo del loro potenziale fisico, ma anche di quello mentale. «Anche se – ci tiene subito a chiarire Toni – Piganzoli è quello che conosco meno. Posso giudicare per quel che ho visto. Non posso basarmi sui dati di Strava, per un confronto vero servono i numeri reali».

Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con diversi team
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con diversi team
Pino, partiamo da Tiberi: il tuo giudizio su di lui?

Antonio l’ho seguito quando era al Team Ballerini, lui è uno di quei corridori completi che eccellono sia in salita sia a cronometro. Ricordiamo che è stato campione del mondo tra gli juniores, un risultato che non arriva per caso. Il suo motore è davvero impressionante, ma ciò che colpisce di più è la sua completezza. Va forte su tutti i terreni, anche se non l’ho ancora visto nei contesti più estremi. Rimane comunque un ragazzo dotato, con ampi margini di miglioramento.

Chi ha il motore più grande tra i tre?

Tiberi ha il motore più grande. Quando era under 23 nell’allora ColpacK-Ballan, già emergeva come un leader, capace di gestire corse a tappe di livello. Già questo lo differenzia dagli altri due: Antonio è già molto più strutturato come corridore e come obiettivi. Ha un approccio più maturo, una personalità già formata, mentre gli altri sono ancora in fase di costruzione.

Gli altri due sono più piccoli: due anni a questa età si vedono?

Sì e no. Tiberi era più maturo anche quando era più giovane. Pellizzari, ad esempio, ha due anni in meno e si vede: deve ancora crescere sotto diversi aspetti. Fa sorridere quando Giulio chiede l’autografo a Pogacar (il riferimento è agli occhiali dopo la tappa del Monte Pana, al Giro d’Italia, ndr): non credo che Tiberi lo avrebbe fatto. Questo non significa che sia meno promettente, anzi. Tuttavia, è evidente che il suo processo di maturazione richiederà più tempo. Piganzoli mi sembra invece un po’ più impostato.

Pellizzari è il più giovane dei tre. E’ quello che forse ha più margini… specie a crono
Pellizzari è il più giovane dei tre. E’ quello che forse ha più margini… specie a crono
I tre sono paragonabili? Ci sono somiglianze?

No, non hanno grandi somiglianze. Tiberi è un leader nato, lo si vede anche dalle scelte di carriera: è passato direttamente con una squadra WorldTour come Trek-Segafredo, una scelta che riflette la sua ambizione e il suo talento. Pellizzari, invece, è ancora nella fase in cui deve dimostrare il suo valore. Piganzoli invece lo posizionerei a metà strada: ha una squadra che crede molto in lui e lo fa sentire importante. Questo potrebbe aiutarlo a fare il salto di qualità, ma il tempo ci dirà se saprà imporsi.

Diesel o benzina: che tipo di atleti sono?

La favola del diesel ormai non regge più. Nel ciclismo moderno, devi andare a “benzina a cento ottani”, cioè saper spingere al massimo sin da subito e mantenere un livello elevato ed essere capace di mangiare tanti carboidrati. Tiberi è senza dubbio più potente e performante. Pellizzari, invece, ha ancora bisogno di consolidare il suo motore, mentre Piganzoli ha già dimostrato di poter competere ad alti livelli, pur essendo ancora da definire completamente.

Tiberi, Piganzoli e Pellizzari sono i nostri uomini da corse a tappe, ma chi vedi più scattista tra i tre?

Piganzoli senza dubbio. In una corsa come la Liegi o la Clasica di San Sebastian, potrebbe fare bene grazie alla sua esplosività. Anche se poi vista la durezza di una Liegi un Tiberi può emergere lo stesso. Antonio, invece, è più adatto a percorsi duri e prolungati, dove la resistenza è fondamentale. Pellizzari si posiziona nel mezzo: ha spunti interessanti, ma deve ancora costruire un’identità precisa.

Piganzoli? Per Toni il corridore della Polti-Kometa è quello che ha il cambio di ritmo migliore
Piganzoli? Per Toni il corridore della Polti-Kometa è quello che ha il cambio di ritmo migliore
Chi è il più scalatore?

Come scalatori puri, Tiberi e Pellizzari si equivalgono. Entrambi hanno numeri notevoli, ma Tiberi ha già dimostrato di poter reggere il ritmo dei migliori. Pellizzari, al momento, rimane più indietro, anche se lui ha davvero ampi margini di crescita. Ancora non si è ritrovato nel vero testa a testa con i big. Piganzoli, invece, ha caratteristiche diverse: in salita tiene bene, ma è meno incisivo rispetto agli altri due secondo me.

Quali margini di miglioramento hanno?

Tutti e tre hanno margini importanti, ma è anche vero che il livello internazionale è altissimo. Pensiamo a corridori giovani come Ayuso, Del Toro, Torres, i due giovani belgi (il riferimento è a Van Eetvelt e Uijtdebroeks, ndr)… gente che già domina o comunque va fortissimo. Questo non significa che i nostri ragazzi siano meno promettenti, ma devono lavorare molto per competere con i migliori.

In conclusione, il tuo giudizio complessivo su questi ragazzi?

Tiberi è già un leader, con un motore superiore e una maturità che lo pone un gradino sopra gli altri due. Pellizzari ha ancora bisogno di tempo per crescere, ma il potenziale c’è. Piganzoli è un corridore completo, con caratteristiche leggermente più da scattista. Ripeto i motori di Tiberi e Pellizzari li conosco: il primo lo avevo alla Ballerini, come detto, e l’altro quando passò in Bardiani: so che possono fare bene.

L’inverno spagnolo di Piganzoli, mentre fuori diluvia

14.12.2024
7 min
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OLIVA (Spagna) – Mercoledì mattina, tre giorni fa. La stanza di Bais e Piganzoli è sotto sopra come quella di chiunque sia appena arrivato e non ha ancora vuotato la valigia. Piove così tanto che le strade sono trasformate in un vero acquitrino. La Polti-Kometa ha dovuto cambiare sistemazione, perché nel solito Nova Beach sono arrivate come un tornado la Visma-Lease a Bike e la Ineos Grenadiers, che per la prima volta da anni ha abbandonato la soluzione di Mallorca. Così la squadra di Basso e Contador ha ripiegato su un complesso dal nome Las Dunas: casette bianche e due corridori per appartamento. Sono arrivati nella serata di ieri, martedì.

Quando entriamo nella hall, Giovanni Ellena e Jesus Hernandez lavorano al computer sul tesseramento degli atleti e sui programmi. I meccanici stanno sistemando una fila di rulli sotto alla grande tettoia, perché i corridori di certo non usciranno, ma dopo la palestra si concederanno ugualmente qualche pedalata. Sono anche giornate di vari approfondimenti, non solo tecnici. Stamattina si è svolta la riunione con ITA (International Testing Agency) a proposito di antidoping e reperibilità Adams. Scambiamo poi due parole con Tommaso Cappella, che sta girando nei ritiri dei team sponsorizzati dalle gomme Vittoria. Mentre in uno degli appartamenti si provano nuove appendici da cronometro, in attesa di definire il partner ufficiale.

Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima
Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima

Nella stanza di Piganzoli

A farci strada fino alla camera di Piganzoli (in apertura foto Maurizio Borserini) è stato Asier Ferdandez Soberta, il social media manager passato dai team giovanili a quello dei professionisti. E’ singolare rendersi conto che nella squadra sostenuta da sponsor italiani, la catena di comando sia quasi interamente spagnola. Davide invece l’accento iberico di quando correva nella squadra U23 spagnola l’ha perso del tutto. Così come il ragazzino esile dei primi tempi ha lasciato spazio a un atleta sulla via della maturità, con le idee chiare e poche parole, sempre essenziali. Il 2024 è stato l’anno del primo Grande Giro e non poteva essere che quello d’Italia, dato che la trazione spagnola non è bastata per un invito alla Vuelta. Ed è stato anche l’anno del podio al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock.

«Sicuramente ho fatto una buona annata – dice il valtellinese – un buon Giro d’Italia e un ottimo finale di stagione. Alla fine tra il Lussemburgo e le gare in Italia, l’Emilia e il Lombardia un po’ meno, ho messo insieme dei buoni ricordi che ci fanno lavorare bene e sperare nel 2025. Il podio del San Luca ha portato tante emozioni. Quando sei davanti in una gara come quella e in mezzo a certi nomi, dai quel qualcosina in più che magari non riusciresti a dare quando ti stai giocando una settima, ottava posizione. E’ stata una buona gara, ho fatto buoni numeri e cercheremo di ripartire proprio da questo».

Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Quei numeri si possono davvero tradurre in fiducia?

Sicuramente ho fatto una buona crescita, non solo con l’Emilia che però è stata la ciliegina sulla torta perché lì è arrivato il risultato. Ma ci sono state tante gare, soprattutto al Giro del Lussemburgo, in cui ho sentito di essere passato a un altro livello. Ho fatto un secondo ritiro in altura da solo, tra Livigno e lo Stelvio, che mi ha dato tanta forza tanto e tanto morale. Non dimentico che il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta sono andato sul Teide. Stavo preparando il Giro e ho visto che davvero mi ha dato tanto. Perché al Giro ho ottenuto il tredicesimo posto finale, però ho fatto buoni numeri. Sono cresciuto molto e per tre settimane non sono mai calato. Quindi penso che l’altura mi abbia fatto bene e per questo cercheremo di ripercorrere gli stessi passi.

Come è stato andare per la prima volta sul Teide?

Bellissimo, non si può dire altro. E’ stato un ritiro in altura che mi è piaciuto molto, sia per i paesaggi che trovi lassù, sia per i percorsi che ci sono quando scendi. Alla fine è vero che ogni volta devi tornare sul Teide, quindi fare un’ora e mezza, due ore di salita. Però quello che ottieni in cambio è veramente tanto e ti fa capire la fortuna che abbiamo noi di lavorare in posti del genere. Quando sono sceso e sono andato al Tour of the Alps, sapevo di non essere al 100 per cento perché avevo fatto tanto fondo, però mi mancava il ritmo gara. Una volta che è è arrivato anche quello, al Giro si è vista la differenza, soprattutto nella terza settimana.

Prova a pensare al “Piga” neoprofessionista che veniva dalla Spagna. Quanto ti vedi più grande rispetto a quei giorni?

Mi vedo veramente tanto più grande, migliorato sia fisicamente che mentalmente come uomo, come atleta. Penso che questo sia successo soprattutto grazie alla squadra in cui sono, che mi ha fatto fare i passi giusti al momento giusto. La volontà è sempre stata quella di continuare qui e alla fine abbiamo trovato un buon accordo, in cui è compresa la possibilità di fare il programma giusto per me. Non vedrei possibile in questo momento in altre squadre riuscire a fare un altro Giro e giocare le mie carte. Come minimo avrei degli spazi limitati. Qui ho la possibilità di mettermi alla prova e credo che sia una buona cosa.

Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Tempo fa si fece una riflessione proprio su questo: andare in uno squadrone, come ad esempio ha fatto Pellizzari, potrebbe significare non correre il Giro: un vantaggio o uno svantaggio?

Dal mio punto di vista sarà utile tornarci. Quest’anno ho fatto una buona esperienza e ora so dove posso migliorare. Quindi cercherò sicuramente di farlo, per capire se veramente si riesce a crescere su questi punti o se in un futuro dovrò dedicarmi ad altro. Penso che anche Giulio abbia fatto i giusti passi. Ha corso per tre anni in Bardiani ed è cresciuto anche lui molto. Siamo molto amici. Nel 2024 è andato veramente forte in certe tappe del Giro e quest’anno è passato in uno squadrone. Avrà gli spazi ridotti però se lui crede che sia l’ambiente giusto, ha fatto molto bene.

Quali sono le aree in cui pensi di dover crescere?

So che posso migliorare in salita: devo lavorarci ancora tanto, però sono fiducioso. Poi sicuramente nella cronometro, perché quest’anno ho utilizzato poco quella bici. Adesso stiamo apportando dei miglioramenti, cercheremo di mettere a posto alcune cose su cui nel 2024 si faceva un po’ fatica. Ho già iniziato a utilizzarla da quest’inverno almeno un paio di volte a settimana per trovare la posizione e prenderci la mano. Da junior ho fatto il podio ai campionati italiani, da under 23 li ho vinti. Nelle categorie giovanili sono sempre andato a podio dietro gente come Milesi, quindi non penso di essere così lontano. So che devo lavorarci tanto, bisogna dedicarsi ai materiali e cercheremo di fare il possibile.

Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Milesi, Pellizzari… Cosa pensi a vedere che la tua generazione sta crescendo così bene?

Mi fa sicuramente un bel effetto, anche perché siamo tutti amici. Con Milesi e Romele che erano nella mia squadra, con Garofoli, con Germani e con Frigo. Stiamo uscendo pian pianino, perché abbiamo fatto i giusti passi da giovani.

Hai già un’idea del tuo calendario?

E’ ancora presto, stiamo studiando qualcosa, però più o meno cercheremo di seguire il calendario dello scorso anno. Intanto siamo qui per fare un avvicinamento alle prime corse. Siamo divisi in due gruppi, perché non siamo come le WorldTour che partono dall’Australia quindi deve esserci qualcuno che sia pronto già ora. Fra noi, qualcuno partirà un filo prima, qualcuno un po’ dopo. Ma in generale il primo ritiro è più tranquillo. Iniziamo magari con qualche doppia fila, ma soprattutto per affinare il gesto e spolverare gli automatismi. In salita non si va più del medio, perché penso che sia un buon periodo per fare tanto fondo e mettere chilometri nelle gambe sperando che il tempo migliori. E se piove, si va in palestra…

Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Un lavoro che si tiene comunque almeno d’inverno?

Almeno una o due volte a settimana e penso che dal mio punto di vista sia funzionale e utile. Spesso in bici alleni una forza diversa e hai bisogno di altri stimoli per altri muscoli.

Vacanza di Natale a casa?

Con i miei genitori, magari qualche giorno con la mia ragazza e poi tornerò a San Marino fino al secondo ritiro. Da noi ci sono tanti mercatini di Natale, perché sono posti vicini alle montagne, quindi in tutti i paesini si organizzano queste piccole fiere, che dal mio punto di vista sono molto belle perché senti proprio l’aria natalizia. Il Natale mi piace, non mi piace il freddo, però il Natale è bello. Cosa dice il meteo per domani? Massima di 13 gradi, speriamo che si scaldi ancora un po’…

Il cambio generazionale della Vf Group-Bardiani: parla Reverberi

06.12.2024
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Le porte della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè hanno girato come se fossero quelle di un saloon del Far West americano. Tanti sono i corridori che sono usciti dal team dei Reverberi, ben sei sui ventitré. Nella prossima stagione il numero totale dei ragazzi sarà sempre ventitré, ma tante cose sono cambiate all’interno della professional italiana. Intanto l’età media si è abbassata drasticamente, passando a 21,9 anni: un dato che la fa diventare la squadra più giovane del panorama professionistico. Questo perché i Reverberi salutano gli esperti Pozzovivo, Zoccarato e Tonelli. Arrivano invece tanti giovani dalla categoria juniores: ben sei

«Visto l’addio di tre corridori esperti come quelli elencati prima – dice Roberto Reverberi – abbiamo capito che forse era arrivato il momento di voltare pagina e seguire il filone dei giovani. Il fatto di aver abbassato di molto l’età media è anche dovuto al ciclismo moderno che ti obbliga a puntare subito sui giovani. Anche se, per loro, forse sarebbe meglio fare due o tre anni da under 23 puri e poi vedere. Però l’avvento dei devo team ci ha costretto a forzare la mano».

Spazi maggiori

Arriva il momento, voluto o meno, di puntare sui giovani e su un primo bilancio del progetto U23. I primi atleti arrivati direttamente dal mondo degli juniores furono Pellizzari e Pinarello. Il marchigiano approderà nel WorldTour, mentre Pinarello è chiamato a fare il passo di crescita definitivo (in apertura al Giro del Veneto 2024). 

«Il nostro progetto giovani – continua Reverberi – ci permette di portare i ragazzi alle corse internazionali under 23 e poi chi merita corre tra i professionisti. Pellizzari è l’esempio più lampante da questo punto di vista. Poi noi comunque cerchiamo di premiare e far crescere i giovani italiani, andare in un devo team straniero può portare a scelte difficili. Una squadra olandese vorrà far emergere i ragazzi del suo Paese. Anche gli under 23 italiani vengono fuori, chi prima o chi dopo. Piano piano i nostri ragazzi si fanno vedere: Pinarello, Martinelli, Scalco e Tolio. Ma anche gli altri capiscono che qui c’è lo spazio per emergere e diventare grandi».

Il problema del ranking

La Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè nel 2024 è rientrata tranquillamente tra le prime quaranta squadre al mondo, occupando la 27ª posizione. Risultato che le permette di essere invitata alle corse WorldTour e ai Grandi Giri. Alla fine del 2025 sarà importante però rientrare tra le prime 30 squadre del ranking UCI. Il problema sorge nel momento in cui la formazione professional perde i due atleti più prolifici: Pellizzari e Pozzovivo, i quali nel 2024 hanno apportato un totale di 1.132 punti. 

«E’ vero che perdiamo due corridori importanti – ammette Reverberi – anche se va detto che il nostro distacco nei confronti della 31ª posizione è di quasi 1.600 punti. Tra l’altro la squadra in questione è il devo team della Lidl-Trek. Uscire dalle prime 30 squadre vorrebbe dire fare una stagione priva di acuti. In squadra c’è fiducia, parlando con i ragazzi è emerso che tutti credono nel progetto».

Maggiori responsabilità

Chiaramente perdere corridori di esperienza e di qualità richiede una crescita da parte di tutto il team per non far sentire la loro assenza. Coloro che rimangono avranno maggiori carichi di responsabilità, com’è giusto che sia.

«L’idea è di cambiare un po’ le cose a livello di calendario – spiega Roberto Reverberi – passando a disputare più corse di un giorno (anche perché l’uscita di Pellizzari e Pozzovivo non è facile da rimpiazzare, ndr). La classifica generale di una gara a tappe offre gli stessi punti di una corsa in linea. Naturalmente ci aspettiamo un salto di qualità da parte dei ragazzi più grandi, come Fiorelli o Marcellusi, ma anche dai giovani che sono con noi da qualche anno: Pinarello e Conforti, ad esempio. Sono convinto che qualcuno della nostra “linea verde” verrà fuori nel 2025, non ai livelli di Pellizzari, ma siamo fiduciosi».

L’occasione mancata: Donati e quel pasticcio in Slovenia

02.12.2024
5 min
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Ripercorrendo le corse della stagione 2024 che non sono andate come sperato, oggi ci concentriamo sul Giro di Slovenia, dove la VF Group-Bardiani ha vissuto una giornata cruciale. Alessandro Donati, direttore sportivo della squadra emiliana, ci racconta il dietro le quinte di quella terza tappa che avrebbe potuto cambiare l’esito dell’intero giro.

Domenico Pozzovivo, Giulio Pellizzari e Luca Covili, forti di una situazione di superiorità numerica, si sono visti sfuggire Giovanni Aleotti in discesa, complice una serie di errori tattici. E’ questo il momento “X” di cui ci parla Donati, che riavvolge il nastro e ci porta in ammiraglia con lui in quel 14 giugno.

Alessandro Donati (classe 1979) è uno dei diesse della VF Group-Bardiani (immagine Instagram)
Donati (classe 1979) è uno dei diesse della VF Group-Bardiani (immagine Instagram)
Alessandro, qual è stata la tua occasione persa di questo 2024?

Il Giro di Slovenia e in particolare quel che è successo durante la terza tappa, quella di Nova Gorica. Era una giornata in cui avevamo tutto per fare bene: Martin Marcellusi aveva lavorato molto bene nel circuito iniziale. Nelle due salite finali eravamo rimasti in 12 con Pellizzari, Pozzovivo e Covili dentro. Eravamo dunque in superiorità numerica.

E cosa è successo?

Abbiamo commesso un errore: ci siamo fatti scappare Aleotti in discesa. Ed è stato un errore soprattutto perché era una discesa pedalabile e non tecnica. Eravamo i più forti in salita, ma non abbiamo saputo gestire il momento. Non siamo riusciti a sfruttarlo. Aleotti non ha fatto neanche un vero e proprio scatto, la sua è stata quasi una “fagianata”.

Ti sei accorto subito dell’errore?

Sì, immediatamente. Non si può lasciare andare un corridore in discesa, soprattutto quando sei in superiorità numerica. Devi chiudere i buchi e giocartela, anche se poi arrivi in volata, almeno la classifica resta aperta. Questo errore ci ha penalizzato anche nella tappa successiva con arrivo in salita, dove un’incomprensione tra Pozzovivo e Pellizzari ci ha messo ulteriormente in difficoltà.

Cosa è successo il giorno successivo?

Il problema è stato figlio del giorno prima. Se Pellizzari o Pozzovivo fossero rimasti con Aleotti, il finale sarebbe cambiato anche quel giorno. Nella salita finale verso Krvavec Aleotti ha stretto i denti e ha difeso la maglia di leader. Era lì, lì… per staccarsi. Pozzo non ha visto che Pellizzari era anche un po’ al gancio e ha tirato forte per seguire Pello Bilbao.

Nova Gorica, Aleotti dopo aver guadagnato spazio in discesa si prende tappa e maglia. Dietro il drappello con i tre atleti della VF Group-Bardiani
Nova Gorica, Aleotti dopo aver guadagnato spazio in discesa si prende tappa e maglia. Dietro il drappello con i tre atleti della VF Group-Bardiani
Insomma non hanno gestito bene quella fase concitata. E addio Slovenia…

Esatto, noi avevamo tre corridori in classifica, ma una situazione diversa avrebbe potuto darci la vittoria generale. Anche psicologicamente, avere la maglia addosso cambia tutto: Aleotti, senza maglia, forse avrebbe sofferto di più. E noi avremmo corso in altro modo con gerarchie più definite sin dal giorno prima.

Come avete gestito la squadra dopo la terza tappa? Avete parlato subito?

Di solito aspettiamo prima di parlare con i ragazzi, non lo facciamo a caldo. Il giorno successivo, nella riunione pre-gara, abbiamo analizzato la situazione ed è stato chiarito come l’errore principale fosse stato lasciare andare Aleotti in discesa. Quel giorno abbiamo provato a recuperare con Covili, mandandolo in fuga, ma ormai il danno era fatto. Quei 18 secondi che abbiamo concesso ad Aleotti gli hanno permesso di vincere lo Slovenia, con Bilbao secondo e Pellizzari terzo.

Come ti sei sentito in ammiraglia quando hai capito la situazione?

È stato frustrante. Dalla macchina vediamo tutto con qualche secondo di ritardo, ma abbiamo capito subito che Aleotti stava guadagnando. Abbiamo cercato di chiudere, ma la discesa era pedalabile e Aleotti è un corridore molto forte sul passo. I nostri ragazzi si guardavano per cercare cambi, ma gli altri non collaboravano e lui si è allontanato.

Anche il giorno successivo non una tattica perfetta: prima Povvovivo va avanti, poi nonostante la fatica Pellizzari e Aleotti sopraggiungono da dietro
Anche il giorno successivo non una tattica perfetta: prima Povvovivo va avanti, poi nonostante la fatica Pellizzari e Aleotti sopraggiungono da dietro
E i ragazzi, come hanno reagito?

Si sono resi conto dell’errore. Per Pellizzari, che ha solo 20 anni, ci sta sbagliare: serve per crescere. Gli altri due erano più esperti e sapevano cosa fare, ma anche loro hanno ammesso l’errore. La cosa più assurda è che Giulio aveva attaccato poco prima che partisse Aleotti…

Beh, in effetti dovevano stare più attenti. Anche se poi è facile giudicare a posteriori e “dal divano” come si suol dire

Sono cose che succedono e, come ho detto prima, noi direttori quando vediamo le cose dalla tv in ammiraglia, sentiamo radio corsa o addirittura scorgiamo parte del percorso è sempre tardi quando poi diamo le indicazioni. Quel giorno poi la salita era stretta e non è che fossimo proprio subito dietro alla testa del gruppo. In gara ci sono i corridori e una situazione tattica come quella che avevamo era piuttosto chiara.

Nonostante tutto, siete soddisfatti della prestazione?

Sì, alla fine Pellizzari ha chiuso terzo in classifica generale e ha vinto la maglia dei giovani. È una soddisfazione vedere un ragazzo così giovane emergere, ma resta il rammarico per una corsa che potevamo vincere. Eravamo al Giro di Slovenia per questo, lo possiamo dire apertamente.

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Da Pellizzari a Morgado: i pro’ più giovani sotto lo sguardo di Ballan

10.11.2024
5 min
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Questa è stata un’altra stagione “dei giovani”. Togliendo Pogacar, sono stati loro i protagonisti dell’anno. In tanti si sono messi in mostra e hanno stupito. Alessandro Ballan li ha seguiti con attenzione. L’ex campione del mondo ha valutato per noi il gruppo dei migliori Under 21.

La classifica UCI degli Under 21, con al massimo due anni di esperienza professionistica, vede nell’ordine: Romain Gregoire, Isaac Del Toro, Lenny Martinez, Max Poole, Finlay Blackmore, Alec Segaert, Jan Christen, Thibau Nys, Giulio Pellizzari e Antonio Morgado.

Una piccola precisazione: tecnicamente Pellizzari è al terzo anno da pro’, in virtù del “gruppo giovani” della VF Group-Bardiani, ma il primo anno ha svolto prevalentemente attività U23

Giulio Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista
Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista

Pellizzari, talento in salita

Sarà perché è italiano, sarà perché lo ha visto più da vicino, ma Ballan è rimasto particolarmente colpito da Giulio Pellizzari.
«In particolare – dice Ballan – Pellizzari mi ha colpito per le sue abilità in salita: lì davvero può dire la sua. Ha lottato spesso davanti con i grandi. Giulio ha mostrato una naturale predisposizione per le lunghe ascese, ha una buona capacità di gestione dello sforzo e di resistenza. Certo, è svantaggiato a cronometro… per ora, e non può primeggiare in un grande Giro. Ma adesso andrà in una squadra in cui lo faranno lavorare, con altri materiali e metodi, e potrà migliorare anche lì. Che poi come migliorare è un po’ il segreto di tutti questi ragazzi».

E qui Ballan apre un capitolo importante: quello degli stimoli e della fame, come dice lui. «Ora faccio un discorso generale, che non è riferito né a Pellizzari né agli altri, ma è un po’ lo specchio della direzione che ha preso il mondo. Mi spiego: oggi danno tutto o quasi per passare. Ci riescono, e quando poi hanno firmato un buon contratto, si adagiano. Io parlo anche per la mia esperienza personale. A 15 anni ho perso mio padre. Mia madre era una casalinga, la mia famiglia era povera. Dopo la scuola andavo a lavorare nei tre mesi invernali. Un anno ho fatto l’idraulico, un anno il muratore, un anno l’elettricista. E ho capito quanta fatica si facesse per arrivare a sera e guadagnare qualche soldo».

Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)
Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)

«Quando un giorno mi hanno detto che sarei diventato professionista e che mi sarei allenato 6-7 ore al giorno, per me era una fatica diversa: sapevo cosa significava essere un lavoratore. Oggi i ragazzi, non solo i ciclisti, non hanno l’esigenza di lavorare, di fare certi sacrifici.

«E’ lo stile di vita moderno, dove tutto è più facile… Questo, nel caso del ciclismo, per me si lega molto a quanta fame hanno di migliorarsi questi ragazzi. Spero che Pellizzari mantenga questa sua voglia di migliorarsi. Ma mi sembra motivato».

Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour
Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour

Gregoire, costanza e risultati

Un altro ciclista che ha catturato l’attenzione di Ballan è il francese Romain Gregoire. Se Pellizzari eccelle in salita, Gregoire lo ha impressionato per la sua costanza e per i risultati ottenuti in questa prima fase della sua carriera.

«Forse – dice Ballan – nel complesso il francese è il più forte di tutti. Ha vinto e si è piazzato spesso. E poi si è visto dall’inizio alla fine della stagione. Lui è uno dei francesi che sta uscendo benone. Questo perché Oltralpe loro lavorano bene nelle categorie giovanili. Sostanzialmente, noi stiamo vivendo quello che i francesi hanno vissuto 10-15 anni fa, con la differenza che loro, rispetto a noi, hanno molte squadre, WorldTour e non solo, dove farli passare, crescere e tutelare. Da qualche anno a questa parte sono arrivati i Bardet, poi gli Alaphilippe, i Gaudu… fino a Martinez e Gregoire».

Antonio Morgado sui muri del Fiandre
Antonio Morgado sui muri del Fiandre

I giovani UAE

Oltre a Pellizzari e Gregoire, Ballan ha elogiato i giovani della UAE Emirates . Si è detto colpito da Antonio Morgado e Isaac Del Toro. Morgado, noto per il suo temperamento aggressivo e la sua intelligenza tattica, e Del Toro, dotato di una notevole versatilità, rappresentano delle promesse per il team degli Emirati Arabi. Ballan ha anche elogiato Jan Christen, un giovane che, pur non comparendo in classifica, ha dimostrato qualità eccellenti che lo rendono meritevole di attenzione.

«In particolare Morgado – ha detto Alessandro – ha fatto quinto a un Fiandre pur essendo così giovane. Baldato, il suo diesse, mi diceva che ha preso tutti i muri in coda e poi rimontava. Sono andato a rivedere la corsa ed, in effetti, è stato proprio così. Fare quinto in quel modo, su quelle strade, dopo 250 chilometri, significa che sei davvero forte».

Ballan ha riconosciuto anche il potenziale di Thibau Nys e le doti, soprattutto a cronometro, di Alec Segaert.
«Ma in generale – ha concluso – mi colpiscono i giovanissimi, di nuova generazione, quelli ancora più giovani dei 21enni. Ho avuto la fortuna di assistere al Giro Next Gen: c’era gente come Torres o Vidar che davvero faceva la differenza. E parliamo di atleti di primo e secondo anno. Avevano due marce in più rispetto a quelli di terzo e quarto».

Gasparotto: «Su Pellizzari non ci poniamo limiti, ma serve tempo»

29.10.2024
5 min
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Il finale di stagione di Enrico Gasparotto e della Red Bull-Bora-Hansgrohe coincide con la programmazione del 2025. Nel quartier generale austriaco è andato in scena il primo raduno che proietta la squadra verso gli impegni del prossimo anno. Una settimana insieme per conoscere i membri dello staff, i preparatori, i direttori sportivi, il reparto manageriale. Insomma, per i nuovi una prima infarinatura su come funziona un team destinato a pensare in grande e che da poco ha annunciato la nascita della formazione development.

Gasparotto risponde al telefono da Lugano, domani (oggi per chi legge) volerà a Parigi per la presentazione del Tour de France.

«Questi due mesi, ottobre e novembre – dice il Gaspa – saranno i più importanti dell’anno per me. Da ora svolgo il ruolo di Head of Sport Directors e la programmazione è diventata il momento cruciale dell’anno. Andrò in vacanza a febbraio, quando le corse partiranno ufficialmente e il meccanismo sarà avviato. Ora ci sono da coordinare tante cose: dal team professionisti a quello under 23. Non opero direttamente in tutti e due, quello dei giovani ha il suo staff dirigenziale, ma un occhio di riguardo ci va. D’altronde qualche ragazzo verrà a correre con i grandi, per iniziare a fare esperienza».

Con il nuovo ruolo di Head of Sport Directors Gasparotto passerà meno tempo in ammiraglia rispetto alle scorse stagioni
Con il nuovo ruolo di Head of Sport Directors Gasparotto passerà meno tempo in ammiraglia rispetto alle scorse stagioni

Il giovane Pellizzari

Tanta curiosità gira intorno al nome di Giulio Pellizzari, il giovane corridore che ha salutato la Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ed è pronto a spiccare il volo con lo squadrone austriaco. Come entrerà nel progetto uno dei giovani più interessanti del nostro movimento? Riuscirà a preservare il suo cammino di crescita?

«Va detto, prima di tutto – ci spiega Gasparotto – che per Pellizzari questo è uno step importante, come lo è per noi della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Rispetto all’inverno 2023 tutto è più grande e fatto in maniera differente, più metodologica. Abbiamo tante figure esterne da inserire e imparare a conoscere: ingegneri, nutrizionisti, uno staff performance profondo. Quella di Pellizzari è un’esperienza fondamentale, rivedo il cammino fatto da me in Intermarché. Il rischio di uno “shock” è alto, da una realtà familiare passa a un team strutturato e con 170 persone che ci lavorano, se consideriamo anche le squadre U23 e U19».

Stimolo a imparare                              

Il passo in un team WorldTour può spaventare, ma in un certo modo lo stimolo a cui si è sottoposti è enorme. Serve la testa giusta per goderselo e per portare a casa un insegnamento nuovo ogni giorno. Arrivare qui a 21 anni per Pellizzari può essere importante, ma tutto va calibrato nel modo giusto.

«Lo stimolo nel correre accanto a campioni del calibro di Roglic, Hindley, Vlasov e Martinez non è da sottovalutare (continua Gasparotto, ndr). Gli investimenti negli anni sono stati importanti e vogliono portarci a vincere il Tour de France, perché no anche con ragazzi cresciuti, o comunque modellati, da noi. Pellizzari può essere tranquillamente questo profilo, ma l’inserimento va fatto in maniera graduale e logica. Ha tutto da scoprire: dalla ricerca dei materiali al loro sviluppo.

«Ci sono tanti dettagli che nella sua carriera non ha curato – prosegue – e quindi di lui non si conoscono i limiti di crescita perché è tutto da scoprire. Pellizzari ha fatto vedere tanto con i Reverberi e con lui si può fare molto, sicuramente non è un giovane “spremuto”.

Futuro da scrivere

La crescita di Pellizzari passerà tanto dalle sue qualità, vero, ma anche dalle occasioni che potrà avere con la Red Bull-Bora- Hansgrohe. Come si garantisce la maturazione di un giovane così promettente?

«Penso che sia talmente grande quello che lui può scoprire di se stesso e noi di lui – analizza Gasparotto – che dire cosa farà è fin troppo limitato. E’ ancora molto giovane, quindi penso che affiancare un corridore come Roglic o Vlasov in una grande corsa a tappe possa essere d’insegnamento per capire e imparare cosa serve per essere un capitano. Avere la percezione di cosa serve per diventare un grande corridore. Correre ancora in una professional non gli avrebbe dato questa dimensione, che invece penso sia importante avere.

«Sono situazioni – dice – che ho vissuto anche io per primo quando correvo. Affiancare un grande corridore in un Giro d’Italia e vincere ti dà sempre qualcosa. Noi Pellizzari lo aspettiamo, è anche vero che ha bisogno di step, con l’iniziare ad essere protagonista in corse di una settimana nel WorldTour. Poi il fatto che io ricoprirò questo ruolo può essere un fattore importante perché sarò la figura di riferimento e con me potrà parlare in italiano. Il suo preparatore invece sarà Paolo Artuso. La prima cosa da fare quando un corridore arriva in un contesto del genere è tutelarlo e mettergli accanto persone che possano comunicare facilmente con lui».