CESANO MADERNO – Uno scatto secco in una curva che girava a destra e non l’hanno più visto fino al traguardo. Nico Denz porta a casa la sua terza tappa al Giro d’Italiae la prima per la Red Bull-BORA-hansgrohe in questa edizione. Dopo la linea finale quasi non ci crede, sbatte la bici prendendola dalla parte alta del manubrio e digrigna i denti.
Il team austriaco dopo tanti problemi e qualche colpo sfortunato arriva a conquistare ciò che era considerato l’obiettivo minimo quando il gruppo si trovava in Albania. Con il passare dei giorni si era capito che non sarebbe stato semplice. Roglic nell’arrivo di Tagliacozzo si è fatto battere in astuzia e gambe da Ayuso. Ad Asiago è arrivata la fuga ma lo sloveno ha ceduto rimanendo fuori dal gruppo dei migliori.
Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025
I leader a casa
In un certo momento si è pensato che il Giro della Red Bull-BORA-hansgrohe si fosse sgretolato nelle fragilità di Roglic e della sfortuna di Hindley. Quando i due capitani designati si sono ritirati è cambiato tutto nella testa di chi era rimasto. Il primo a dare un segnale di questo tipo è stato il giovane Pellizzari, nella stessa tappa in cui Roglic ha alzato bandiera bianca. L’attacco del marchigiano sulla salita di San Valentino ha acceso gli animi dei tifosi ma per una formazione che vuole vincere e ha investito per farlo non basta un terzo posto anche se ambizioso e sorride al futuro.
«Eravamo partiti in questo Giro – racconta con il volto rosso a causa del caldo esploso ieri sulla corsa – con l’idea di vincere con Roglic o Hindley. Quando poi entrambi sono stati costretti al ritiro le cose sono cambiate. Il nostro diesse Christian Pomer mi ha guardato dicendomi che la tappa 18, quella di ieri, sarebbe stata perfetta per le mie caratteristiche. Prima di allora non eravamo focalizzati su una vittoria di tappa».
Il primo lasciare il Giro in casa Red Bull-BORA è stato Hindley dopo sei tappeRoglic nell’arrivo di Asiago ha pagato le cadute e nella tappa successiva, dopo il giorno di riposo, si è arresoIl primo lasciare il Giro in casa Red Bull-BORA è stato Hindley dopo sei tappeRoglic nell’arrivo di Asiago ha pagato le cadute e nella tappa successiva, dopo il giorno di riposo, si è arreso
Cosa hanno voluto dire per voi i ritiri di Hindley e Roglic?
Non si tratta solo di due corridori che tornano a casa, ma anche di sogni che finiscono e di un sacco di lavoro che abbiamo fatto in prima linea che, alla fine, non è servito a nulla. Se decidi di essere triste per questo, allora ti deprimi e non fai nulla. Al contrario, se decidi di lottare, ed è quello che abbiamo fatto e faremo, può succedere qualcosa di bello.
Quanto è importante il successo di ieri per il team?
Tanto. La vittoria di ieri significa che ogni corridore qui è in grado di fare bene e la forza della Red Bull-BORA non si limita solamente a un uomo solo. E’ una caratteristica che siamo stati in grado di dimostrare anche nei giorni scorsi. Non ci siamo mai arresi.
La tua può essere l’unica vittoria per voi.
Forse, ma è arrivata ed era importante reagire dopo giorni difficili. Lo abbiamo fatto bene.
Nelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappaNelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappa
Arrivano due tappe importanti e impegnative, sosterrete Pellizzari?
Chiaro (dice senza nemmeno il tempo di metabolizzare la domanda, ndr). Giulio sta facendo un lavoro fantastico e sì, avrà tutto il supporto che possiamo dargli. Ciò che posso fare io per lui si concentra maggiormente nelle parti iniziali della tappa. Ovviamente cercheremo di dargli lo stesso aiuto che avrebbe avuto Roglic, in modo che possa avere la possibilità di ottenere il miglior risultato possibile.
Ora che obiettivi avrete?
Non abbiamo più obblighi d’ora in poi, abbiamo vinto una tappa. Insomma, possiamo solo divertirci e goderci la gara.
CESANO MADERNO – Tutti i giorni entro le 19, gli allenatori della Red Bull-Bora-Hansgrohe devono inviare al tecnico responsabile del Giro l’analisi dei dati di gara dei loro atleti. Da quest’anno, la squadra di Ralf Denk ha stabilito che i coach non siano presenti alle gare, ma si occupino dei training camp. Per questo motivo, Paolo Artuso in questi giorni si trova a Sierra Nevada con il gruppo del Tour e lì lo raggiungiamo telefonicamente alla vigilia della tappa di Champoluc, quella in cui il suo pupillo Giulio Pellizzari potrebbe replicare l’ottima prestazione di San Valentino di Brentonico.
La curiosità è tanta: quanto vale il marchigiano in questo Giro conquistato in extremis, in cui si trova per giunta senza il capitano che lo aveva voluto al via? Non si parla chiaramente di un neoprofessionista, ma di un atleta giovane che corre tra i grandi già dal 2023, eppure il salto nel WorldTour è una prova impegnativa, per la quale finora Giulio si è fatto trovare pronto.
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla BahrainArtuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla Bahrain
Dicci, Paolo, come sta davvero Pellizzari?
Fino ad ora, è andato veramente forte. Già nella tappa dello sterrato ha fatto numeri importanti, come pure nella tappa di Asiago e anche in altre occasioni era sempre lì che sgambettava. Sia a livello numerico che soprattutto a livello di feeling, la situazione è ottima. La tappa di San Valentino lo ha fatto vedere. Per quelli che sono i suoi valori, ha fatto un numerone. Più che altro ha espresso ottimi valori dopo 5.000 metri di dislivello. E’ stato quasi vicino al suo best dell’anno: era già andato molto forte anche al Catalunya. Anche nei test ha fatto un bello step in avanti rispetto agli anni scorsi e il trend di questo Giro sta mostrando delle grandi prestazioni in sforzi dai 5 ai 30 minuti.
Il fatto che riesca a fare un best dopo 5.000 metri nella terza settimana vuol dire che abbiamo di fronte un atleta per i Grandi Giri?
Noi l’abbiamo preso, vedendo in lui un talento per i Grandi Giri. Stavamo cercando un corridore per questo tipo di terreno. Non è un atleta per sforzi brevi ed esplosivi, ma ha un grande motore per le salite lunghe. Poi, se necessario, ci si può anche dedicare a corse come le Ardenne oppure una Tirreno-Adriatico qualora il percorso non fosse tanto duro, allenando delle qualità su cui al momento magari è un po’ meno brillante.
Da quanto tempo lavori con lui?
Lo conosco da un po’ di anni, gli ho fatto un test quando era allievo di secondo anno o juniores di primo. Giulio è un po’ anche veneto per parte di suo padre, ha i nonni veneti che abitano abbastanza vicino a casa mia, nell’altra valle. In passato ci siamo visti qualche volta e gli ho fatto dei test. Invece a livello puramente professionale, abbiamo iniziato a ottobre dell’anno scorso, senza toccare nulla di quello che faceva con la Bardiani. Ci siamo visti al Giro del Veneto l’anno scorso, che era l’ultima gara e da lì abbiamo iniziato a lavorare un po’ più a stretto contatto per la transizione da una squadra all’altra.
Giro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lungheGiro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lunghe
Se dovessi dirlo ora, che corridore era il Pellizzari che hai trovato a ottobre?
E’ molto forte. Lo è sul passo, quindi ha delle potenze molto alte a livello di soglia. In più ha anche un buon motore a livello di massimo consumo d’ossigeno. Diciamo che non ha una grande potenza anaerobica: è poco glicolitico, come diciamo noi. Vuol dire che sulle salite brevi soffre perché a livello muscolare ha fibre lente. Di conseguenza, più sono lunghe le salite, più viene fuori la sua qualità maggiore. Quando ci sono 5.000 metri di dislivello, lui fa un po’ meno fatica degli altri. La doppia scalata del Monte Grappa dello scorso anno è la prova di questo, ma noi lo seguivamo già da tempo.
Avete dovuto cambiare di tanto la sua preparazione rispetto a quella precedente?
Devo dire che ha lavorato bene. Quando prendo un nuovo corridore, faccio anche una ricognizione del suo storico. Vado a vedere che cosa ha fatto e in che modo e devo dire che con Reverberi ha lavorato molto bene. Ha fatto una base ottima, quindi l’atleta che abbiamo accolto aveva già un ottimo livello, sia sul piano strutturale che mentale. Quindi nel suo caso il progetto giovani della Bardiani sta funzionando, non possiamo dire il contrario, e lui ne era il faro. Poi però quando è arrivato nella struttura più grande della nostra squadra, abbiamo messo un po’ di ordine nelle cose.
In che modo?
Essendo WorldTour abbiamo un calendario gara più certo e questo fa sicuramente comodo. Abbiamo impostato il lavoro in altura in modo da dargli due stimoli prima del Giro d’Italia, che era quello che volevo. Due periodi di tre settimane, che puoi concederti perché avere un budget superiore ti aiuta anche a lavorare meglio. Magari in passato non riusciva a fare due blocchi prima del Giro e tantomeno blocchi di tre settimane. Quindi fondamentalmente abbiamo lavorato così. Giulio ha passato un inverno tranquillo e con una progressione graduale del carico. Abbiamo aggiunto più palestra, più base aerobica nell’inverno, poi avrebbe dovuto fare il UAE Tour, ma si è ammalato. Per questo lo abbiamo spostato sul Catalunya e gli abbiamo prospettato un’altra altura, perché anche in Spagna sarebbe stato un uomo importante per Roglic.
Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)
Quando si è cominciato a parlare del Giro?
Durante le alture, nei test che facciamo per vedere come stanno, avevamo già iniziato a parlarne nello staff performance. C’erano numeri che facevano propendere per quella scelta e così, proprio durante il Catalunya, abbiamo deciso di impostarlo sul Giro d’Italia che inizialmente non era nel programma. Di solito funziona che prima facciamo un ragionamento tra di noi, poi lo proponiamo al corridore, perché se è motivato nel fare le cose, funziona molto meglio. E lui è stato subito contento, perché già gli avevamo fatto un mezzo… torto a non farlo partecipare alla Tirreno, che arrivava davanti casa sua. Così quando gli abbiamo detto che avrebbe corso in Italia, era super contento.
Cosa ha previsto il cambio di piano?
Dopo il Catalunya abbiamo fatto una settimana di riposo completo, senza toccare la bici. E poi siamo ritornati al Teide. Sono state tre settimane scarse, perché ho preferito mandarlo alla Liegi perché facesse esperienza e perché non l’aveva mai fatta.
Un ragazzo così giovane sul Teide con Roglic: come si è trovato?
Giulio è vivace, di conseguenza è tutto più facile. Inoltre il gruppo del Giro d’Italia è ottimo, vanno tutti d’accordo. Un inserimento super naturale.
I tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più giovialeI tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più gioviale
Hai parlato di aumento del carico, ma stiamo parlando di un corridore che era già professionista da tre anni, no?
Chiaramente non si è lavorato come con un neopro’. Abbiamo dosato i carichi, ha fatto un po’ meno volume di quelli più grandi. Poi lo abbiamo mandato a casa per 10 giorni prima del Giro d’Italia, per aiutare l’aspetto mentale. Gli ho tolto un pochettino di alta intensità e ho mantenuto la palestra anche sul Teide e prima del Giro d’Italia. Abbiamo aumentato il minutaggio di soglia, perché alzandola di un po’, vai a migliorare anche il massimo consumo d’ossigeno. Insomma, quando c’è un motore grosso, allenarlo è abbastanza semplice.
Se dovessi individuare ora un miglioramento necessario?
Dobbiamo ancora capire quanto sia forte a cronometro e a livello aerodinamico. Dobbiamo spendere del tempo su questo e lo faremo sicuramente il prossimo inverno. Deve migliorare a livello tattico, deve sprecare un po’ meno. Se sei forte tatticamente, vuol dire che sei forte anche mentalmente e questo avviene con la maturazione naturale. Stare sempre davanti e sempre al posto giusto mentalmente è molto dispendioso. Perciò non deve avere fretta di bruciare le tappe, perché ancora può crescere, non è ancora al massimo.
E’ preciso nel lavoro?
Fa tutto al 100 per cento. Mi sono seduto con lui parecchie volte per spiegargli le cose. Se capisce perché deve fare certi lavori, lui come gli altri, ti seguono al massimo. Io di solito spiego sempre le motivazioni per cui fanno determinate cose piuttosto che altre. Il nostro lavoro è quello di individualizzare il carico di lavoro. Ogni corridore è differente dall’altro e questo si capisce dai file e dai profili fisiologici. Per cui si inizia a fare il test del lattato, poi il massimo consumo oppure si calcola la capacità glicolitica e via dicendo. Facendo tutte queste cose, hai un quadro veramente generale dell’atleta ed è più facile per noi individualizzarne il lavoro.
Bene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormenteBene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormente
Giulio è parso irresistibile a San Valentino, un po’ meno a Bormio: cosa dicevano i suoi file?
Ha fatto il Mortirolo molto bene e nel finale, con quel tipo di percorso più esplosivo e meno adatto a lui, si è difeso bene. Poi sicuramente aveva speso molto il giorno precedente, ma complessivamente bene anche nella tappa di Bormio.
E come sta recuperando?
Avere tante fibre rosse lo aiuta a recuperare velocemente. Ogni giorno mi scrive: «Incredibile, che gamba che avevo!». Ci sentiamo tutti i giorni, perché guardare solamente i numeri è limitante. Dobbiamo abbinare i numeri al feeling del corridore, come quando fai un test del lattato. Guardi la frequenza cardiaca, guardi la potenza media, riguardi la concentrazione di acido lattico, però l’altra cosa che chiedi è la percezione dello sforzo. Perché se anche la percezione dello sforzo corrisponde alla fatica metabolica, allora tutto quadra e la lettura è corretta.
Il resto è uno spiegare il ruolo del coach di riferimento con cui scambiare feedback giornalmente, che si prende cura persino degli orari dei voli da prenotare in funzione degli allenamenti. E’ una struttura complessa, individuata dal team per avere ogni aspetto sotto controllo. E’ il professionismo 3.0, necessario per correre a certi ritmi. Speriamo solo che al dunque, se si tratterà di scattare, Pellizzari attinga ai numeri dell’anima, getti via la bandana e morda l’aria come ha fatto martedì. Quel tipo di agonismo non passa nel computer, basta guardarlo negli occhi per capirlo.
Vendrame conduce la tappa di Castelmonte con grande intelligenza. Supera le salite, ma non l'ultima curva. Schmid lo manda fuori traiettoria. Corsa finita
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SAN VALENTINO – Pellizzari arriva, si ferma, beve, indossa la mantellina, poi resta in silenzio. Nel giorno in cui Roglic è stato costretto al ritiro dai dubbi precedenti e da un’altra caduta, il marchigiano della Red Bull-Bora-Hansgrohe ha attaccato sulla salita finale, mancavano 11 chilometri all’arrivo. Del Toro staccato, come aspettava di fare da almeno due anni. Le mani al centro, sempre seduto, il rapporto lungo girato rapidamente. In questi mesi nella nuova squadra, la sua posizione è diventata più compostaed efficace. Si è fatto riprendere da Carapaz che arrivava da dietro come una furia, poi lo ha staccato nuovamente. Terzo al traguardo, nono in classifica generale e ancora resta in silenzio.
Piazzola sul Brenta, Pellizzari al via: Giulio è un po’ veneto per via di suo padre e il pubblico qui lo adoraPiazzola sul Brenta, Pellizzari al via: Giulio è un po’ veneto per via di suo padre e il pubblico qui lo adora
Fresco e allegro
Potresti immaginare che gli passi per la testa chissà cosa, invece di colpo si scuote, si rivolge a Umberto Martini che è lì col suo microfono RAI e gli dice: «Allora, si comincia?». Ride quando l’altro gli dice che stava aspettando che si riprendesse, ma la verità è che Giulio sta bene. E’ fresco e risponde con il tono di chi sapeva già tutto.
«Ve l’avevo detto – sorride – che arrivava il mio momento e oggi è arrivato. Lo abbiamo detto ieri, è arrivato oggi. Quindi a volte basta essere solo un po’ un po’ fiduciosi. E questa storia dei team WorldTour stranieri non è assolutamente vera, perché se uno ha le gambe ti lasciano andare senza problemi».
Lo staff si prende cura di lui come del cucciolo di casa. Gli danno da bere. Gli passano la mantellina e poi il fasciacollo. Il berretto. Lo aiutano a indossare tutto e intanto scambiano il cinque e il sorriso. Il ritiro di Roglic è stato un duro colpo per la squadra venuta in Italia per vincerne il Giro, ma forse la scoperta di Pellizzari può rendere il boccone meno amaro. Se non fosse stato per Primoz, Pellizzari al Giro non sarebbe neppure venuto. E forse è un segno che nel giorno del suo ritiro, il testimone sia stato raccolto proprio da lui. Come quando nel 1997 Pantani si ritirò per la caduta del Chiunzi e il testimone passò a Garzelli, che imparò a vincere e chiuse quel Giro al nono posto. La stessa posizione di Pellizzari, che può fare ancora molto per migliorarla.
Con Del Toro, bestia nera negli U23, nella tappa di Asiago, che Pellizzari ha corso accanto a RoglicCon Del Toro, bestia nera negli U23, nella tappa di Asiago, che Pellizzari ha corso accanto a Roglic
Quando si è capito che Primoz si stava fermando, ti è arrivato il via libera della squadra?
Sì, è stato tutto uno scoprire. Abbiamo aspettato di vedere come stava Primoz, perché era giusto che continuassimo a credere in lui. Poi quando lui si è fermato, mi hanno detto: «Giulio, fai la tua gara!». Primoz invece non ha detto nulla, ma credo fosse normale. Non era un bel momento, abbiamo solo saputo che si stava fermando. Purtroppo in una rotonda è caduto di nuovo, quindi forse era il segno che era meglio che andasse a casa e che recuperasse. Sappiamo tutti il corridore che è e non c’era bisogno di mostrarlo qua con tutta questa sfortuna.
Sapevi di stare così bene?
Sì, lo sapevo e sono semplicemente andato a tutta. Sono partito dal basso perché avevo in testa la vittoria, ma sapevo anche che la fuga aveva ancora tanto margine. Alla fine sono arrivato a 55 secondi, non è bastato. E allora ci riprovo, proviamo a vincere una tappa. So che andando in fuga dall’inizio è sempre un po’ rischioso, ma avendo le gambe posso permettermi di rischiare sull’ultima salita. Oggi ci sono andato vicino, ma non finisce qui.
Il secondo attacco per togliere di ruota Carapaz e conquistare il terzo postoIl secondo attacco per togliere di ruota Carapaz e conquistare il terzo posto
Carapaz ti ha ripreso e andava fortissimo, però tu sei riuscito a staccarlo nel finale. Significa che hai una grande condizione?
Un po’ quello e un po’ diciamo che forse negli ultimi giorni avevamo accumulato tanta rabbia. Domenica stavo davvero bene, ma sono restato vicino a Primoz ed era giusto così. Oggi volevo solo dimostrare che stavo bene. Sulla penultima salita ho preso tanto morale e quindi alla fine mi sono divertito.
Da quanto tempo non aprivi così forte il gas per un risultato personale?
Diciamo che alla fine questo è il sesto mese di Red Bull, quindi da sei mesi. Ma ora ci saranno altri 10 anni per aprire il gas.
C’è qualcosa che in questi giorni sei riuscito a rubare da Roglic, correndo al suo fianco?
Ho cercato di rubargli tutti i segreti del pre e del dopo tappa. In gara lui corre sempre molto bene, sempre davanti. A volte è un po’ un po’ sfortunato, però il suo modo di correre mi affascina e cerco di imparare il massimo.
Si può dire che oggi hai dimostrato di essere il più forte in salita?
Magari in qualche tappa mi sono risparmiato, quindi oggi ho riscosso per tutti i fuorigiri non fatti.
Appena arrivato, le cure del suo massaggiatore e poi le parole con gli inviati presentiAppena arrivato, le cure del suo massaggiatore e poi le parole con gli inviati presenti
La dedica speciale
Ci sono giorni nella vita di un inviato che restano nella memoria e diventano metri di paragone. Non ha vinto e non sappiamo se lo farà nelle prossime tappe. Ma ha messo sull’asfalto la sua bellissima sfrontatezza e gli crediamo quando dice che si è divertito. Ora è coperto di tutto punto, risponde a due domande in inglese e poi si avvia verso la discesa per raggiungere il pullman, con l’immancabile fischietto al collo.
Stasera saremo a cena a casa di Stefano Casagranda, ex pro’, organizzatore della Coppa d’Oro e padre della sua compagna Andrea. Gli racconteremo di averlo visto scattare e siamo certi che la battuta arriverà affettuosa e spietata come sempre. Come siamo certi che scendendo Giulio abbia avuto nel petto la dedica che avrebbe voluto fare. E conoscendolo siamo altrettanto certi che non perderà l’occasione per riprovarci. Che abbia vinto o no, questo è un giorno che in tanti ricorderemo a lungo.
Roglic non è ripartito, come si prevedeva. Troppo violenta la caduta di ieri, che però è solo una delle troppe che lo hanno fermato negli ultimi due anni
Giulio Pellizzari è l’angelo custode di Roglic, al pari di Damiano Caruso per Tiberi. Il Giro d’Italia segnala questa singolare dinamica. Alla Red Bull-Bora, il giovane di talento si ritrova al servizio del campione anziano, per lavorare e rubargli l’arte. Alla Bahrain Victorious è il contrario: il corridore più anziano è il riferimento per il giovane di talento. Due diversi modi di essere gregario, che approfondiamo con Massimo Ghirotto, che ha aiutato svariati campioni e con il ruolo ha notevole dimestichezza.
Il padovano come da quindici anni a questa parte sta seguendo il Giro d’Italia con il team di Radio Rai, ma non più dalla moto. Chiunque, non potendo seguire le tappe dalla televisione, riesca ad ascoltarle in radio resta ogni volta piacevolmente ammirato dalla qualità del loro lavoro. De lresto il ciclismo è nato alla radio e lo spazio per l’immaginazione lasciato dalle parole degli inviati è un inestimabile valore aggiunto.
La postazione di Radio Rai: da sinistra Ghirotto, l’ospite Francesco Moser, Piccinelli e Martinello (immagine Instagram)La postazione di Radio Rai: da sinistra Ghirotto, l’ospite Francesco Moser, Piccinelli e Martinello (immagine Instagram)
Al Giro d’Italia ci sono due gregari: uno vecchio e uno giovanissimo. Caruso fa da balia a Tiberi, Pellizzari lavora e intanto impara da Roglic. Che differenze ci sono?
Le differenze sono sostanziali. Tiberi si avvale di un uomo di grandissima esperienza e di grandissimo spessore, che ha anche fatto delle belle classifiche. Non per niente nel 2021 Caruso è arrivato secondo, nel 2023 è arrivato quarto, poi mi pare abbia fatto un decimo posto al Tour. Damiano ha fatto il capitano, magari ci si è trovato perché il suo leader a volte cadeva, ma lui è stato in grado di non farlo rimpiangere. Sa come gestire una classifica e i momenti difficili. Quindi Tiberi ha veramente l’uomo giusto che lo può consigliare, cosa che invece Roglic non ha ovviamente in Pellizzari.
Approfondiamo!
La Red Bull-Bora ha ingaggiato Giulio e ha fatto bene, perché ha visto le qualità che ha messo in mostra l’anno scorso al Giro d’Italia e i suoi risultati da giovane. Sono andato a leggere meglio ed è evidente che in tutte le corse più belle degli under 23, soprattutto il Tour de l’Avenir, il primo avversario per Del Toro era proprio Pellizzari. Questo ragazzino anche domenica sulle strade bianche, in un terreno che non era suo, ha veramente dimostrato delle doti, ma chiaramente non ha mai gestito una situazione critica. Lui i consigli a Roglic non li darà mai. Roglic lo sfrutta perché ha delle doti e quando servirà lo metterà a tirare.
Infatti dovrà essere lui a imparare da Primoz…
E’ chiaro che il mestiere del gregario, che è un’arte, lo impari strada facendo. A me viene in mente un altro nome che è qua: Rafal Majka. Un gregario di lusso, uno che potrebbe essere capitano e che a 35 anni lavora per Del Toro e Ayuso. Come pure Adam Yates, che faceva delle cose stratosferiche al Tour de France. Sono stati leader, ma adesso sono al servizio dei loro capitani. Pellizzari è stato ingaggiato perché sarà sicuramente un ragazzo di futuro e di talento, ma in questo momento può fare solamente il domestico. E si dovrà vedere se Roglic vorrà insegnargli qualcosa. Io sono stato nei panni del vecchio corridore e quando non vuoi insegnare, certe cose te le tieni per te.
Pellizzari ha iniziato a lavorare a stretto contatto con Roglic al Catalunya, dove si è guadagnato la convocazione per il GiroPellizzari ha iniziato a lavorare a stretto contatto con Roglic al Catalunya, dove si è guadagnato la convocazione per il Giro
Cosa potrebbe insegnargli Roglic?
Fare il gregario non è solamente mettersi là davanti e tirare, ci sono tante sfumature. Quando intervenire e come gestirti e a volte anche avere il coraggio di dire no. Quando chiedere di mettere un altro a tirare, perché può tornarti utile per il resto della corsa. Sono cose che Pellizzari non può decidere da sé, ma se gliele dice Roglic, allora è diverso. Fermo restando che certe cose le impari quando ci sbatti il naso. I bambini li puoi sgridare, ma imparano solamente quando sbagliano. Sicuramente Pellizzari è giovanissimo e se saprà metabolizzare i suoi errori, sarà uno che potrà dare grandi soddisfazioni.
Questo dipende anche dalla generosità del corridore più esperto?
Mi viene in mente un aneddoto di quando avevamo il Chiappucci giovane e noi eravamo i vecchi. Non è mai bello fare i paragoni col passato, però ricordo quando Claudio sgomitava e aveva voglia di farsi vedere, cosa che a noi più vecchi dava un po’ fastidio. E allora succedeva che non ci aprissimo tanto con lui per insegnargli, anche se poi ha imparato da sé. E’ capitato che fossimo frenati e che lo lasciassimo sbattere il naso. Ecco, se l’anziano non si apre, questo può accadere. Diciamo che Caruso ha già una storia ed è pagato anche per quel ruolo: non l’hanno portato perché faccia la sua classifica. C’è da vedere se a un certo punto fra Pellizzari e Roglic, magari non in questo Giro, verranno fuori gelosie interne.
Roglic ha fatto una bella crono dopo il passaggio a vuoto di Siena, come vedi il seguito della storia?
Roglic non si discute. Quando ne parliamo tra di noi, si fanno delle analisi. Credo che la tappa di Siena l’abbia pagata dal punto di vista psicologico e quando si è trovato in quella situazione, ha salvato il salvabile. Ma non diamolo per morto. Ero sicuro che avrebbe fatto una bella crono, è bastato guardare quella che ha fatto a Tirana. La fortuna dei suoi avversari è stata che ieri era una crono corta, altrimenti il suo margine sarebbe stato superiore. Ora però bisognerà vedere la sua squadra.
La collaborazione fra Caruso e Tiberi (di spalle) è il filo conduttore da quando Antonio è approdato alla Bahrain VictoriousLa collaborazione fra Caruso e Tiberi (di spalle) è il filo conduttore da quando Antonio è approdato alla Bahrain Victorious
Uscito di scena Hindley, appunto, Pellizzari si trova al centro delle operazioni.
C’è da capire. Martinez va meno dello scorso anno, ma è di quei “cagnacci” che saltano fuori nella tappa giusta. Hanno Aleotti, che ancora si è visto poco. E c’è Pellizzari, appunto, che si troverà costretto a maturare in questo nuovo incarico. Si trova proiettato in una situazione nuova, dopo gli anni alla Bardiani in cui era discretamente libero. Ha davanti questo ruolo nuovo. Dovrà mettersi alla prova e imparare. Lo aspetta una grande scuola.
Prima del via, incontriamo Ghebreigzabhier. A lungo in fuga nella tappa di ieri, ha un fisico da mezzofondista. Tira per Milan, sogna di vincere per sé
PISA – Come stai, Giulio? «Sin troppo bene», risponde lui. La cronometro Lucca-Pisa si è conclusa da pochissimi secondi per Giulio Pellizzari. E’ lucido, presente. I massaggiatori sono dietro una curva stretta. Giulio li vede e si ferma senza problemi. Altri prima di lui l’avevano affrontata con difficoltà, tanto più che l’asfalto era viscido.
Il corridore della Red Bull-Boraè sempre più l’uomo prezioso di Primoz Roglic e, giustamente, inizia a rendersene conto. «In un mese sono passato dal non fare il Giro d’Italia ad esserci… e anche bene». Il sogno continua. Stamattina dei ragazzi, poco più giovani di lui, lo avevano cercato per dei selfie e Pellizzari si è prestato. Poi aveva preso il box con il suo pasto e se ne era andato nel bus in attesa del riscaldamento e del via.
Pellizzari in azione nella crono Lucca-Pisa. La posizione è migliorata molto rispetto all’anno scorso. Ma c’è ancora tanto lavoro da farePellizzari in azione nella crono Lucca-Pisa. La posizione è migliorata molto rispetto all’anno scorso. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare
Dopo Hindley
Chiaramente la caduta di Jai Hindley ha cambiato non poco i piani della squadra e, in parte, quelli di Pellizzari. Dopo le frazioni di Tagliacozzo e Siena è diventato prezioso quasi quanto Roglic ai fini della maglia rosa.
Se prima ci poteva essere una mezza idea, più che altro un sogno da tifosi, di vederlo all’attacco, adesso no. Ma è giusto, è normale. La posta in palio è troppo alta. Avrebbe potuto testarsi nelle crono: a Tirana, per esempio, era andato molto bene. Oggi non ha fatto neanche la ricognizione, per risparmiare energie.
«L’ho fatta in modo tranquillo – ha detto Pellizzari – avevo una gran gamba. E avevo anche molta voglia di spingere, però dalla macchina mi dicevano di rallentare perché serve il mio aiuto. E io sono qui per la squadra. La cosa buona, però, è che mi sono testato su una crono lunga. E so che posso migliorare ancora tanto.
«Com’è cambiato il mio Giro d’Italia dopo la caduta di Hindley? Parecchio. Sicuramente abbiamo perso l’uomo più importante, quindi cerchiamo di stare vicino a Primoz e crediamo che lui possa ribaltare la situazione. Abbiamo tanta fiducia in lui».
Mentre Giulio ci dice queste parole, il suo capitano sta giusto lottando con il cronometro e l’asfalto bagnato.
Questa mattina al via, Giulio era sereno e sorridente. Scherzava anche sul fatto che il suo amico Piganzoli gli partiva vicino e quindi non poteva andare piano!Questa mattina al via, Giulio era sereno e sorridente. Scherzava anche sul fatto che Piganzoli gli partiva vicino e quindi non poteva andare piano!
Pellizzari prezioso
Come dicevamo e come si vede, il marchigiano è salito di grado. Daniel Martinez non sta benissimo, Hindley non c’è e gli altri sono più passisti. Di certo vedremo uscire alla distanza Jan Tratnik. Dopo Siena, Pellizzari si è autoblindato in qualche modo. E’ stato grazie a lui che Roglic non è naufragato. Da solo ha mantenuto il distacco entro certi limiti, mentre davanti, nel gruppo di Juan Ayuso, erano in tanti a tirare: Ayuso, la Lidl-Trek, qualche compagno di Ayuso…
Pertanto, questo feeling si fa sempre più forte. Roglic lo ha cercato spesso dopo gli arrivi. Ci parla. E sappiamo che durante i ritiri in quota si sono conosciuti meglio, merito anche dello stesso Pellizzari, che in pochi mesi si è ripresentato alla squadra parlando un ottimo inglese, fondamentale per poter condividere e stringere i rapporti. Qualcosa che non è passato inosservato neanche alla squadra, come ci ha raccontato tempo fa Enrico Gasparotto.
«Sì, c’è un buon feeling con Primoz. Sono qua per aiutarlo – dice – sto imparando tanto in questo Giro. E va bene così, questo ruolo. Infatti, credo che se avessi fatto io classifica non sarei stato pronto, e me ne sto rendendo conto proprio grazie a Primoz».
Come a dire che le difficoltà non sono solo sulla strada: pressioni, gestione del dopo tappa… Non è tutto scontato. «Ed è per questo che cerco di imparare il più possibile. E poi magari l’anno prossimo potrò prendere il suo posto».
Negli sterrati di Siena l’aiuto di Pellizzari è stato determinante al fine di limitare i danni per RoglicNegli sterrati di Siena l’aiuto di Pellizzari è stato determinante al fine di limitare i danni per Roglic
Verso le montagne
Quanto fa piacere sentirlo parlare così. Ambizione e rispetto. Voglia di vincere, ma anche riconoscenza al team. Dopo questa cronometro, il gioco per la Bora-Hansgrohe non si fa affatto facile. La sfortuna ci ha messo lo zampino due volte.
La prima durante la ricognizione, quando Roglic è scivolato. E la seconda oggi, quando sempre lo sloveno è stato costretto a correre sull’asfalto bagnato, specie nella parte in discesa. Cosa che invece non è accaduta ad Ayuso e Del Toro, che hanno affrontato la discesa sull’asciutto. Così, una crono in cui doveva recuperare tanto si è trasformata in un’occasione in cui ha dovuto accontentarsi degli spiccioli.
Domani ancora una frazione tosta. Tutti parlano del San Pellegrino in Alpe, ma dopo quella salita il percorso non regalerà nulla. Altre salite, zero pianura. Insomma , senza più tappe contro il tempo è un Giro che si deciderà in montagna.
Di nuovo però Pellizzari si fa trovare pronto e ottimista. «Se siamo pronti per queste salite? Non vedo l’ora».
CASTELRAIMONDO – Quanto tifo ieri abbiamo visto lungo il tracciato per Giulio Pellizzari. Ma è così, quando c’è di mezzo l’enfant du pays… E’ il bello del ciclismo e del Giro d’Italia. Tanto calore anche per l’altro marchigiano in gruppo, Gianmarco Garofoli, ma lui è di Ancona e quanto calore ci fosse anche per lui già lo avevamo visto questo inverno, mentre queste maceratesi erano proprio le strade di Giulio.
La sua Camerino distava appena nove chilometri dall’arrivo. E’ qui che si allena ed è qui che ha iniziato a inseguire il sogno di diventare corridore. E oggi eccolo (di nuovo) al Giro d’Italia al fianco di un capitano importante, forse il più importante di tutta la corsa rosa.
Sandro Santacchi a capo del tifo per PellizzariSandro Santacchi a capo del tifo per Pellizzari
Non chiamatelo fans club
Ma di questo tifo vi vogliamo raccontare tramite Sandro Santacchi, il coordinatore del “non fans club” di Giulio.
«Non vuole che si chiami fans club – spiega Santacchi – perché Giulio è particolarmente attento a quello che sono i fatti e non le parole. Mi spiego meglio: lui considera il fan club come un modo di porsi al mondo con troppa apparenza. Un po’ come se non se lo fosse ancora meritato… diciamo così. Magari tanti suoi colleghi lo vorrebbero, ma lui non lo gradisce in modo ufficiale. Però noi gli andiamo dietro lo stesso, almeno dove è possibile!».
Messa così sembra che Pellizzari possa essere distante da loro, invece… fermi tutti, non è affatto così. Anzi. «Oggi (ieri, ndr) quando è passato su Sassotetto ci ha guardato e ci ha fatto un sorriso grosso così. Ha visto questo gonfiabile di sei metri! Era contento… E noi con lui».
Sandro Santacchi è alla guida di un gruppo di amici, sostanzialmente come ce ne sono tanti nei paesi d’Italia. E guida questo gruppo sotto le insegne della sua società ciclistica la Frecce Azzurre di Camerino.
Le classiche scritte sull’asfalto…E tanti cartelloni: così le strade maceratesi hanno accolto il ragazzo di casaLe classiche scritte sull’asfalto…E tanti cartelloni: così le strade maceratesi hanno accolto il ragazzo di casa
Griglia e ciclismo
Ieri su Sassotetto erano in tanti. Gli amici del paese, uniti dalla passione per la bici e l’amore per Pellizzari che hanno visto crescere. Il gonfiabile sì, gli striscioni anche… ma pure carne alla brace e vino.
«Siamo tornati giù da poco. Ci siamo divertiti. Perché siamo tutti innamorati di lui? Perché è una gran bella persona, in tutte le sue sfaccettature… E’ sempre sorridente, è sempre disponibile con tutti e allo stesso tempo è concentratissimo sui suoi obiettivi. E’ un professionista esemplare. Non lascia niente al caso. Ma quando poi monta in bici ha una cattiveria… E’ bestiale».
«Io, e non solo io, mi sono avvicinato a lui, prima di tutto perché c’è un bel rapporto con la sua speciale famiglia. Perché se Giulio è così è perché ha la fortuna di avere una famiglia stupenda. Abbiamo iniziato a seguirlo dalle sue gare juniores, noi tutti siamo appassionati di ciclismo. Era un piacere vedere pedalare questo ragazzino e si intravedeva subito che la stoffa c’era. E da lì, man mano, è nato tutto».
Qualcuno si aspettava che la Red Bull-Bora gli lasciasse spazio… ma la maglia rosa di Roglic è troppo importanteQualcuno si aspettava che la Red Bull-Bora gli lasciasse spazio… ma la maglia rosa di Roglic è troppo importante
Tifo competente
Prima, quando vi abbiamo detto che Santacchi è uomo di ciclismo, intendevamo nel vero senso della parola. Ha anche un certo occhio tecnico.
«Le doti di Giulio in bici le stiamo vedendo – racconta Santacchi – e ancora non abbiamo visto tutto, perché Giulio è in crescita. Ha già fatto un bello step dall’anno scorso. In tal senso mi ha molto colpito la cronometro che ha fatto a Tirana. Fino all’anno scorso non aveva mai preparato bene questa disciplina e quest’anno, stando in una squadra dove si cura di più, è andato subito bene».
La cosa bella è anche il rispetto verso l’atleta: non c’è invadenza. Il tifo vero è “senza nulla a pretendere”. Non pensiamo solo al “non fans club” di Pellizzari, ma in generale alle tantissime persone che lungo la strada scrivono un foglio, uno striscione o fanno scritte sull’asfalto. Il tifoso applaude quando passa il gruppo, applaude più forte quando passa il suo beniamino. In questo caso il ragazzo in corsa, dell’enfant du pays, diventa l’orgoglio di una terra.
«Se l’avevamo sentito prima della tappa di ieri? Vi dico questa – conclude Santacchi – ci siamo ripromessi che con l’inizio del Giro, Giulio avrebbe “staccato” il telefono. Era arrivato al punto che ogni sera aveva 400 messaggi e lui è tipo da rispondere a tutti! Quindi ha preferito fare così per non intaccare la sua concentrazione. Però sapeva che lo aspettavamo. Erano giorni che ci lavoravamo per farlo contento… e perché piaceva anche a noi. Anche perché non so quante altre volte potrà capitare che il Giro passerà dalle nostre parti con Pellizzari è protagonista. Bisognerà attendere altre congiunzioni astrali! Intanto ci siamo goduti questa».
LIEGI (Belgio) – Dopo quattro edizioni, la presentazione delle squadre della Liège-Bastogne-Liège, la Doyenne, torna in centro, nella piazza di Saint Lambert sotto al (bellissimo) palazzo vescovile, dentro al quale c’è anche la sala stampa. Scriviamo sotto volte barocche con affreschi, quadri giganti, tappeti antichi e scalinate che sembrano degne di una principessa di Walt Disney nel suo castello.
In tutto ciò la gente si raduna nell’assolata piazza sottostante. Una lunga fila di bus inizia a scorrere dalla Mosa fin sotto al palco. La prima a presentarsi alla firma è la DD Group, piccola squadra belga, l’ultima è la corazzata di Tadej Pogacar che sale sul palco assieme all’altra UAE, la UAE Team ADQ di Elisa Longo Borghini.
Autografi pre-Doyenne per Longo Borghini. La campionessa italiana è la speranza numero uno per vedere un’atleta di casa sul podioAutografi pre-Doyenne per Longo Borghini. La campionessa italiana è la speranza numero uno per vedere un’atleta di casa sul podio
L’Italia che non molla
E’ un bel caos, simile a quelli che ieri vi avevamo raccontato sulla Redoute, tra l’altro stamattina ancora più affollata. La vigilia è passata veloce alla fine. Una visita al museo della Doyenne e l’incrocio fugace proprio di Elisa. L’abbiamo vista durante la sua sgambata mescolarsi per un attimo al serpentone degli amatori.
«Spero – ci aveva detto Elisa – che la corsa si accenda sulla Redoute anche per noi, perché vorrà dire che ci sarà gara dura, perfetta per donne di fondo come me». La determinazione di Longo Borghini è proverbiale. Pensate che il giorno dopo la Freccia si è sciroppata quasi quattro ore sotto la pioggia. Quattro ore in cui ha provato una parte di percorso. Poi ieri altre tre ore e un’altra parte di Liegi e oggi una semplice (meritata) sgambata.
La compagine italiana non è affatto male in questa Doyenne, almeno se si pensa alle altre classiche e non lo è sia per numero di atleti ed atlete che per la qualità. Oltre ad Elisa e le sue compagne, per esempio, c’è il duo della Liv AlUla Jayco, Anna Trevisi e Monica Trinca Colonel. C’è Soraya Paladin (qui il video della vigilia) pronta a correre per Niewiadoma, Marta Cavalli… E anche tra gli uomini i corridori aggressivi non mancano: Ulissi (qui il video della vigilia), Ciccone appena arrivato dal Tour of the Alps, Zambanini, Scaroni… E poi Giulio Pellizzari.
Era il 2021, quando avvenne l’ultima presentazione dei team in piazza Saint Lambert. I lavori per il tram avevano bloccato questa tradizioneI bus arrivavano nella piazza. Facevano scendere gli atleti che andavano sul palco e in mix zone. Pian piano si spostavano sotto al Palazzo Vescovile, per poi ripartire verso gli hotelIl museo della Liegi a Remouchamp: così abbiamo passato la mattinataEra il 2021, quando avvenne l’ultima presentazione dei team in piazza Saint Lambert. I lavori per il tram avevano bloccato questa tradizioneI bus arrivavano nella piazza. Facevano scendere gli atleti che andavano sul palco e in mix zone. Pian piano si spostavano sotto al Palazzo Vescovile, per poi ripartire verso gli hotelIl museo della Liegi a Remouchamp: così abbiamo passato la mattinata
Pellizzari al debutto
E in qualche modo la presenza last minute del marchigiano della Red Bull-Bora Hansgrohe in questa Liegi ha tenuto banco. Una presenza che potrebbe non limitarsi alla sola Doyenne. Vederlo quassù al primo anno nel WorldTour non era poi così scontato. Ma le sue prestazioni, che hanno convinto i tecnici, e qualche forfait dei compagni, hanno giocato a suo favore.
E così, Giulio, eccoti alla prima Liegi. Quando l’hai saputo?
L’idea ha iniziato ad esserci dopo il Catalunya. Quando ho saputo che non avrei fatto il Giro dei Paesi Baschi. Poi qualche mio compagno è stato poco bene, quindi mi hanno chiamato lunedì scorso e mi hanno detto che avrei corso qui. Non potevo che essere più felice!
Dov’eri quando hai ricevuto la chiamata?
Ero al Teide, dopo sei ore di allenamento, quindi ero finito, ma ero contento!
Eri con Roglic?
Sì, sì, e proprio in quel momento mi hanno chiamato. Allora l’ho detto a Primoz e lui: «Stai tranquillo, stai safe (sicuro, ndr)…». Era contento perché io ero contento. E questo mi ha fatto piacere.
Come stai? Stai andando forte…
Il Catalunya direi che è andato bene, ed è stato impreziosito dalla vittoria di Primoz. Quindi come squadra siamo contenti. Ora vediamo i prossimi appuntamenti, come andranno. Siamo preparati e abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. Io anche sto bene, certo non corro da un po’ (proprio dal Catalunya, ndr) e per queste corse serve ritmo… Bisognerebbe avere un po’ di fortuna affinché le cose girino bene.
Ieri abbiamo seguito la tua ricognizione. Sei sempre stato davanti, come mai?
Proprio sempre no, dai! Ci sono stato spesso. Un po’ le strade le conoscevo, avendo fatto la Freccia Ardennese con la VF Group-Bardiani da under 23. Qualche salita me la ricordavo. Più che altro volevo fare un po’ di fatica, diciamo così…
Dal Teide alla Doyenne. Pellizzari è alla prima Liegi. Emozione e adrenalina non gli mancano (foto Instagram)Dal Teide alla Doyenne. Pellizzari è alla prima Liegi. Emozione e adrenalina non gli mancano (foto Instagram)
Che corsa ti aspetti domani? E che corsa dovrai fare?
Mi aspetto che sarà dura! La Liegi è una gara lunga. Spero di partire non con le migliori sensazioni…
Ma come? Perché…
Perché per come sono fatto è meglio “volare bassi”. Se sto bene finisce che mi gaso troppo e rischio che parto “in palla”, spreco e poi vado giù. Mentre se sono costretto a stare più tranquillo, magari poi sto meglio nel finale. Purtroppo, come accennavo, la squadra ha avuto un po’ di sfortuna in queste classiche, quindi cerchiamo di dare il massimo e vedremo come andrà.
Giulio, ma quindi con che ruolo parti? Sei il leader…
No, non leader… Vediamo intanto come saranno quelle sensazioni. Sicuramente se starò bene non ci saranno problemi per poter fare la mia gara. Però, ripeto, vediamo le gambe: è la Liegi. E’ tanto lunga.
Una delle voci che più gira quest’oggi, pensando a Pogacar ed Evenepoel, è che tanti, anche ottimi corridori, vogliono anticipare…
Sicuramente qualcuno anticiperà. Sappiamo che Tadej attaccherà sulla Redoute, o almeno sembra sia scontato, pertanto immagino che qualcuno si muoverà. Noi partiamo per provare a far una top ten, magari una top five. Il top sarebbe un podio… Sappiamo che vincere è difficile, però ci proviamo.
Insomma Pellizzari “vecchio stile”: all’arrembaggio. Ma tu ce l’hai l’incoscienza di seguirli sulla Redoute?
Eh – ride Giulio, ma non smentisce – per prima cosa la Redoute bisogna prenderla davanti, perché se sei dietro non segui proprio nessuno. E prenderla davanti non è mica facile. Poi vediamo. Lo stimolo, la voglia da parte mia c’è sempre, ma a volte bisogna correre più di testa che di cuore.
Un’ultima domanda, Giulio: ieri sarebbero dovuti uscire i nomi della Red Bull-Bora per il Giro. E’ cosa nota che tu fai parte della “lista lunga”, delle riserve diciamo così, ma cosa puoi dirci in merito? Insomma, ci sarai al Giro?
Sicuramente io mi sono preparato bene. Ho fatto l’altura… Quindi la possibilità di essere in Albania la prossima settimana c’è. Sarebbe bellissimo.
Un “tesissimo” Pogacar con i suoi compagni, attende di andare sul palco…Più serio, ma disponibile soprattutto con i bambini, Evenepoel. Remco ha il Belgio sulle spalle… e lo sa beneUn “tesissimo” Pogacar con i suoi compagni, attende di salire sul palco…Più serio, ma disponibile soprattutto con i bambini, Evenepoel. Remco ha il Belgio sulle spalle… e lo sa bene
Sarebbe davvero bello vederlo impegnato nella corsa rosa. La Red Bull-Bora sin qui lo sta gestendo benissimo. La sensazione è che questo sogno possa realizzarsi, ma non si può dare per certo: la comunicazione ufficiale giustamente spetta al team. Noi non possiamo far altro che incrociare le dita.
Intanto andiamo a cena pensando (sognando) che domani, quando si scatenerà la guerra tra i due giganti, Pellizzari possa buttarsi nel mezzo. Rispondere senza paura, il che non sarebbe la prima volta. E se poi si dovesse staccare… pace. L’importante è provarci. Testarsi, sbagliare, ma stare nella corsa. Vicino ai grandi.
VIELSAM (Blegio) – Finalmente, dopo 36 ore di pioggia ininterrotta, torna a splendere un timido (anzi, facciamo timidissimo) sole sulle Ardenne. Non piove e già va bene. E’ venerdì, antivigilia della Liegi-Bastogne-Liegi, ed è quindi il classico giorno delle ricognizioni.
Alla sera, dopo un ultimo giro di messaggi con i vari direttori sportivi, stabiliamo anche noi il nostro piano di battaglia. Molti team hanno scelto Vielsam come punto di partenza. Tanto vale recarsi lì. Tra le 9,30 e le 11 tutti sono in “pista”.
Pista è un termine che calza, visto che questa è la strada della Liegi e che nel bel mezzo della recon si lambisce anche il circuito di F1 di Spa-Francorchamps. Il primo atleta che incontriamo è un italiano: Samuele Battistella. Un saluto incoraggiante e, insieme al capitano Ben Healy e ai compagni, s’immette alla scoperta degli ultimi 104 chilometri della Doyenne.
Ore 10, la XDS-Astana si trova a Vielsam per la ricognizione della LiegiPoco dopo passa Bagioli. Da segnalare che in casa Lidl-Trek domattina arriverà Ciccone dal Tour of the AlpsPellizzari è stato davanti ininterrottamente per i 104 km di reconIl monumento dedicato a Merckx sullo Stockeu: 1 km al 12,5% di pendenza mediaKopecky era intenta a trafficare con lo smartphone. Alla Freccia non è parsa brillante, saprà riprendersi alla Liegi? (foto Patrick Pirotton)Ore 10, la XDS-Astana si trova a Vielsam per la ricognizione della LiegiPoco dopo passa Bagioli. Da segnalare che in casa Lidl-Trek domattina arriverà Ciccone dal Tour of the AlpsPellizzari è stato davanti ininterrottamente per i 104 km di reconIl monumento dedicato a Merckx sullo Stockeu: 1 km al 12,5% di pendenza mediaKopecky era intenta a trafficare con lo smartphone. Alla Freccia non è parsa brillante, saprà riprendersi alla Liegi? (foto Patrick Pirotton)
Appuntamento a Vielsam
Poco dopo ecco spuntare Andrea Bagioli. Lui è in compagnia di un solo altro atleta e in ammiraglia sono seguiti dal direttore sportivo Maxime Monfort. Il resto del team ha fatto la ricognizione ieri: si sono sciroppati 150 chilometri sotto la pioggia. Qualcosa d’insolito anche per i belgi, tanto è vero che più di qualche voce locale aveva sottolineato la cosa.
In casa XDS-Astana Team, il primo a scendere dal bus è Alexandre Vinokourov! Ma non aveva smesso? O siamo ancora al 2005, quando vinse la sua seconda Liegi? Vino scherza: «No, non la faccio mica tutta con loro». E infatti, dopo aver preso un caffè, il manager s’incammina con una delle bici di Velasco, un po’ prima dei ragazzi. Mario Manzoni, il direttore sportivo, dà le ultime indicazioni e poi partono anche Diego Ulissi e gli altri.
Qualche centinaio di metri a valle, ma sempre a Vielsam, ecco due team: Team Visma-Lease a Bike e Red Bull – Bora. E qui la sorpresa: tra i “tori rossi” c’è anche Giulio Pellizzari. La squadra lo ha annunciato in extremis, ma siamo venuti a sapere che, tutto sommato, Pellizzari sapeva di fare la Liegi già da un po’. Non tanto, ma neanche così all’ultimo.
E’ sorridente, emozionato e anche quello che si sente di più. Fa “perdere la pazienza”, nel senso buono, anche con Enrico Gasparotto. Insomma, si parte tra le risate. Giulio è al debutto e seguiamo il suo team per un po’. La cosa che abbiamo notato è che, praticamente per tutto, ma proprio tutto, il tempo Pellizzari è stato in testa. Forse voleva vedere per bene le strade. Una bella fame di conoscenza, di entusiasmo…
Attenzione! Ciuffo già fuori dal casco per Tadej (foto Patrick Pirotton)La Visma-Lease a Bike ha pedalata forse con l’andatura maggiore di tutte le squadre visteLa foto forse non rende giustizia a questa svolta secca e in piena discesa con strappo a seguire. La Liegi è tutta cosìLa Soudal è partita tutta insieme: sia la squadra maschile che femminile. Bella iniziativa (foto Wout Beel)Remco ha incrociato la UAE di Pogacar proprio sulla Redoute. Un anticipo della sfida! Attenzione! Ciuffo già fuori dal casco per Tadej foto Patrick Pirotton)La Visma-Lease a Bike ha pedalata forse con l’andatura maggiore di tutte le squadre visteLa foto forse non rende giustizia a questa svolta secca e in piena discesa con strappo a seguire. La Liegi è tutta cosìLa Soudal è partita tutta insieme: sia la squadra maschile che femminile. Bella iniziativa (foto Wout Beel)Remco ha incrociato la UAE di Pogacar proprio sulla Redoute. Un anticipo della sfida!
Nel cuore della Doyenne
E a proposito di strade, forse la tattica di Gasparotto di farlo stare davanti è davvero corretta. Seguendo questa recon da così dentro e così da lontano rispetto al solito, ci siamo resi conto anche noi di cosa sia davvero la Liegi. Non è solo Redoute o Roche-aux-Faucons o Stockeu. E’ un serpente d’asfalto alquanto velenoso. Noi seguiamo le côtes, ma in realtà è un continuo saliscendi. La pianura non esiste. E spesso si sale a strappi.
E non si deve pensare solo al dislivello: le strade sono spesso strette. Si lascia una strada nazionale e si svolta secchi su una comunale di campagna. Il risultato è: carreggiata ristretta, curve, pendenze violente anche in discesa e asfalto ondulato. Tanti microdossi che richiedono molta attenzione. Proviamo a immaginare lo stress dei corridori in gruppo, il cercare di stare davanti.
Il tratto in discesa dopo Wanne, giusto per dirne uno, è difficilissimo. Lo stesso vale per le stradine che precedono la cote di Mont-le-Soie. Poi, ovviamente, ci sono le salite vere e proprie… che non regalano nulla.
Gregoire guidava i suoi sulla salita di Cornemont, che però non è segnata come cotes (foto Patrick Pirotton) Per le ragazze della VolkerWessels, un po’ di dietro motore dopo Haute LevéeIl fans club di Andrea Bagioli…Florio Santin, uno dei tiofsi più noti, con la torta di riso.. Possiamo confermare che era buonissima!Remouchamp, base della Redoute: i camper sono già numerosi. Ed è solo venerdì…Gregoire guidava i suoi sulla salita di Cornemont, che però non è segnata come cotes (foto Patrick Pirotton) Per le ragazze della VolkerWessels, un po’ di dietro motore dopo Haute LevéeIl fans club di Andrea Bagioli…Florio Santin, uno dei tiofsi più noti, con la torta di riso.. Possiamo confermare che era buonissima!Remouchamp, base della Redoute: i camper sono già numerosi. Ed è solo venerdì…
Ardenne già in festa
E poi c’è il contorno di questa ricognizione. Ed il contorno è la gente, la festa, il popolo del ciclismo. Ragazzi che si accodano ai team, tifosi a bordo strada e la solita Redoute già presa d’assalto. A Remouchamps, il pratone verde alla base della cote simbolo della Liegi è già pieno di camper e sulla salita tutti aspettano i big. Che bel caos per Tadej Pogacar, ma soprattutto per i beniamini di casa: Lotte Kopecky e Remco Evenepoel. Un signore ci confida che spera proprio sia Remco a battere Pogacar.
Ma la festa, anche la nostra, non è finita. Poco dopo la Redoute, dove Remco staccò Healy due anni fa, c’è uno stand con una bandiera belga e una italiana. Si mangia, si beve e si fa il tifo per Andrea Bagioli. E’ il suo fan club. A dirigere l’orchestra è Florio Santin.
Un bicchiere di rosso, un panino e la torta di riso. «Questa è tipica della zona, delle Ardenne – ci dicie Florio – Ne era golosissimo Giovanni Visconti. Che ha poi trasmesso questa passione anche a Valverde. Prima è passato Bagioli, ma non si è fermato… purtroppo. Mentre è stata molto carina Elisa Longo Borghini. Ha rallentato, ci ha sorriso e abbiamo scambiato una battuta».
E’ ormai l’ora di pranzo passata. I team non passano più. Quel che è fatto è fatto. I big hanno le conferenze stampa. Gli altri potranno vivere con un pizzico in più di relax questo avvicinamento… all’ultima grande classica di questa splendida Campagna del Nord.
Cosa c'è dietro al passaggio di Evenepoel alla Red Bull? La stampa scava e ragiona. Le squadre si assestano. La confusione non manca. E Lipowitz cosa dice?
Basta sbirciare tra i vari post Instagram di Giulio Pellizzari per rendersi conto di come il marchigiano si sia ben integrato nella Red Bull-Bora-Hansgrohe e abbia stretto un bel legame con Roglic. Il Catalunya lo ha mostrato nella veste di uomo di fiducia e considerando il fatto che lo sloveno si è aggiudicato la classifica finale, si può dire senza il rischio di essere smentiti che la collaborazione abbia dato ottimi frutti.
Quando ci risponde, Giulio è finalmente a casa. La stagione finora è vissuta sulle prime tre corse a Mallorca. Poi tre settimane di ritiro sul Teide. Il Catalunya. E ora, dopo questi pochi giorni a Camerino, ripartirà di nuovo per l’altura, in attesa di ricevere il resto del programma. Intanto fra i segnali da interpretare c’è che il Giro dei Paesi Baschi è stato tolto dal calendario, perché ritenuto troppo pesante dopo il Catalunya. Su tutto aleggia la suggestione del Giro d’Italia, che per ora tuttavia non è nei programmi.
Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Hai pubblicato un post in cui racconti della conoscenza con Roglic e di come adesso per te sia semplicemente Primoz.
Non posso dire che siamo amici, non andiamo a cena insieme. Però c’è un rapporto di stima. Vedendo tutte le attenzioni che ha quando è giù dalla bici, cerco di disturbarlo il meno possibile. Per me è una persona normale, forse mi ha preso bene perché lo tratto come se fosse uno qualunque. Ho tante domande, gliele faccio per curiosità. Mi racconta aneddoti, quindi è bello starlo a sentire.
Al Catalunya sei sembrato protagonista anche nel tuo ruolo da gregario, con uno scopo ben chiaro.
Sono arrivato con un po’ di timore, perché avevo corso pochissimo. Avevo fatto le tre gare di Mallorca, ma al Catalunya c’era un altro livello, quindi avevo qualche dubbio. Invece col passare dei giorni, sono andato sempre meglio. Sinceramente non mi aspettavo neanche io di andare così forte, ho fatto i migliori valori della vita, quindi si vede che prima ho lavorato bene.
Vuol dire che tanta altura ha funzionato. Come sono state quelle tre settimane?
Sono passate velocissime, non credevo. Eravamo tutti quelli del Catalunya, a parte Tratnik. C’erano Wandahl, Hajek, Nico Denz, Roglic, Aleotti, poi Meeus e anche Pithie. Sono state giornate piene. Sei lassù per allenarti, fai da 26 a 28 ore a settimana. Per cui rientri alle quattro, hai giusto il tempo di fare pranzo, massaggio, aspetti l’ora di cena. Dopo cena partita a FIFA con Jordy Meeus, chiamata alla mia ragazza e poi via a letto.
Chi vinceva a FIFA con Jordy Meeus?
Ha vinto sempre lui, ho perso 200 euro (ride di gusto, ndr)…
Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Come è stato vivere il Catalunya nella squadra del vincitore?
Finché ero alla Bardiani, magari c’ero io al centro e avevo addosso tanta pressione. Si potrebbe pensare che avendo un leader da aiutare, ce ne sia di meno, invece vuoi essere all’altezza del ruolo. Magari l’anno scorso arrivavo alle gare e, comunque andasse, la vivevo senza troppi pensieri. Ora invece riconosci i sacrifici della squadra. Pensi al ritiro sul Teide e al fatto che hanno prenotato le stanze per quattro mesi. Massaggiatori, meccanici, voli: per la squadra sono sacrifici. Per cui un po’ di pressione c’era ugualmente e sono stato contento quando dopo la prima tappa Ralf Denk (il general manager della squadra, ndr) mi ha abbracciato tutto contento e mi ha detto che ero stato bravo ed ero andato forte. Ho sentito la loro fiducia. Fino a quel momento avevo visto tante gare in televisione e mi era venuta voglia di dimostrare che anche io fossi forte.
Che effetto fa lavorare per un altro?
Un bagaglio di esperienza enorme. Mi hanno detto che il miglior capitano è quello che è stato gregario e io sono sicuro che arriverà anche il mio momento.
Sei sembrato anche più composto in bicicletta: c’è voluto tanto per abituarsi alla nuova posizione?
Pochissimo. Sono andato da loro a ottobre, mi hanno cambiato la posizione e mi hanno detto di andare. Sono partiti dalla vecchia posizione e hanno messo a punto la nuova. Una sera del Catalunya mi ha chiamato Wladimir Belli e mi ha chiesto se finalmente fossi diventato composto sulla bicicletta. Non so come sia successo, però anche in bici mi sento proprio bene. Sono un po’ più basso di sella, più corto di 5 millimetri e ho il manubrio più stretto.
Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassaPellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Come ti trovi con la sella più bassa?
Sento che spingo meglio. Come quando uno è a tutta e va in punta di sella, anche a crono. Ora vado tanto in punta di sella, sento che spingo meglio così che da dietro. Lavoro più con il quadricipite, sento di fare più forza.
In quale momento del Catalunya ti sei sentito meglio?
Nella tappa in cui ho fatto decimo, mi pare la quarta. Sono partito male, ero imballato, avevo sensazioni bruttissime. Poi sono arrivate le montagne, mi sono sbloccato e sull’ultima salita non sentivo la catena. Volavo sulle ali dell’entusiasmo, ero proprio felice. Da quel momento ho cercato di fare quello che mi diceva la squadra e quello che mi chiedeva Primoz. Ho tirato. Ho fatto il gregario, però alla fine il lavoro pesante l’ha fatto tutto la UAE. Io ho tirato qualche salita, ma sono stato spesso accanto a lui. Ho preso le misure e nell’ultima tappa sono riuscito a capire quello che voleva senza che quasi dovessero dirmi nulla.
In tutto questo, Aleotti è il tuo maestro di vita nel team?
Al Catalunya eravamo in camera insieme e mi ha dato tanti consigli. Anche il giorno che io ho fatto decimo e ha vinto Primoz, io ero a ruota di Landa quando è partito Ayuso. Non sapevo se dovessi seguirlo, se tirare, che cosa volesse lui. Invece Aleotti dopo la tappa mi ha detto che in questi casi devo spostarmi sempre, perché Primoz ci pensa da solo. Consigli di questo genere. Lui ormai è nei meccanismi della squadra da tre anni. Mi ha detto di seguirlo nel giorno dei ventagli, però purtroppo non ci sono riuscito. Mi ha davvero aiutato tanto.
Aleotti si è rivelato un ottimo maestro di strada al CatalunyaCorrere accanto a Roglic gli ha permesso di conoscerlo e farsi apprezzareAleotti si è rivelato un ottimo maestro di strada al CatalunyaCorrere accanto a Roglic gli ha permesso di conoscerlo e farsi apprezzare
Come va con l’inglese?
Meglio! All’inizio avevo paura di parlare, adesso invece parlo e sbaglio. E quando sbaglio, mi metto a ridere e loro ridono assieme a me, questo è positivo. In corsa invece, sull’ammiraglia c’era Patxi Vila. Lui è spagnolo, quindi il suo inglese è simile al nostro per cui lo capivo bene.
Prossima altura nuovamente sul Teide?
Esatto, già dalla prossima settimana. Se lo avessi saputo, avrei lasciato su la valigia. Molto meglio tenerla in hotel che andare in giro con un bagaglio di 40 chili. Qua piove e fa freddo, non mi dispiace tornare al caldo. Di quello che verrà non so ancora. Si sta parlando di varie ipotesi, però è meglio aspettare e non crearsi false attese.