Ganna, la ruota bucata e il cambio bici da record

01.06.2021
7 min
Salva

Ganna fila che è un piacere. Nell’ammiraglia che lo segue, Tosatto è alla guida, Cioni studia i dati. Sul sedile dietro viaggiano sir David Brailsford e Matteo Cornacchione, il meccanico. Ha la sua valigetta e una coppia di ruote. Sul tetto della Mercedes, due crono di scorta e anche la bici da strada. La coppia di ruote serve casomai il corridore buchi andando alla partenza, anche se il Team Ineos è solito piazzare un meccanico accanto alla rampa per coprire le evenienze di tutti. Ganna fila che è un piacere ed è già in vantaggio su tutti, quando con un gesto indica la ruota posteriore. La sua radio può solo ricevere, ma il gesto è inequivocabile. La ruota è bucata.

Queste le immagini dalla camera car della Ineos realizzate da Velon

Tosatto e Cioni

«Tosatto ha cominciato subito a dire che avremmo dovuto cambiare la bici – ricorda Matteo – mentre Cioni guardava la velocità, che non calava. Quasi non voleva accettare che la gomma potesse essere bucata. Probabilmente deve aver preso un vetrino e la gomma scendeva pianissimo. Pippo avrà fatto 4 chilometri con la ruota che si sgonfiava e intanto spingeva più forte perché non voleva perdere terreno e dondolava e dava di spalle. Tosatto era sicuro che nelle ultime curve sul lastricato non ce l’avrebbe fatta. Se la gomma si fosse sfilata, sarebbe caduto. Siamo andati avanti così per un po’, poi su un binario a 4-5 chilometri dall’arrivo, Pippo deve aver sentito che la ruota gli scappava e a quel punto Cioni si è convinto e gli ha detto di fermarsi».

Ganna è arrivato come un treno al miglior intermedio sulla sua Bolide azzurra, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata
Ganna come un treno al miglior intermedio, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata

Pit stop: cambio bici

Ganna si ferma. Solleva la gamba e ci fa passare sotto la bici, poi la appoggia. Fa due passi verso l’ammiraglia e già Cornacchione gli è addosso. Pippo sale sulla Bolide nera, Matteo lo spinge finché ha fiato in corpo e la crono riparte. Sembra tutto facile, immediato, banale, ma dietro c’è un mondo.

Cosa succede dal momento in cui l’ammiraglia si ferma?

Apro lo sportello. Scendo. Mollo il gancio. Prendo la bici. Potrei allentare il gancio mentre l’ammiraglia frena, ma rischio che quando apro lo sportello, la bici cada e sarebbe un danno ben peggiore.

E’ facile mettere giù la bici?

Quella da crono è più grande. E quando la prendi, non puoi sbatterla per terra per evitare problemi alle ruote. Pesa 700-800 grammi più della bici da strada e sul tetto è messa con il manubrio in avanti. Quindi l’ho presa per la forcella e per il fodero orizzontale e tenendola così, l’ho appoggiata per terra. Il tempo di farlo e Pippo ci era già sopra. Ha dovuto venirci incontro, perché Tosatto si è fermato un po’ indietro. Avesse guidato Cioni, gli sarebbe montato sopra. Dario quando guida è un diavolo.

La bici sul tetto ha la catena sul rapporto per ripartire?

Sempre. Scegliamo insieme il rapporto, di solito con la catena sul 58 per evitare che Pippo debba cambiare dopo essersi lanciato. Si potrebbe mettere sul 46×15 e lui potrebbe prendere subito velocità facendo una partenza come su pista. Ma poi sarebbe costretto a far salire la catena sul 58 e in quei frangenti e con tutti quei watt, rischierebbe di spaccare qualcosa. Per cui 58×19-21, Pippo si è lanciato e ha fatto subito scendere la catena.

Quanto pensi che abbia perso?

Non abbiamo quantificato, ma siamo nell’ordine di 12-13 secondi.

Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Rispetto al solito, non abbiamo visto Pippo spostare il Garmin.

Perché per lui, Bernal e pochi altri, sulla bici di scorta abbiamo un altro Garmin già tarato. Quell’apparecchio per loro è più importante della borraccia, tante volte più per un fatto psicologico.

Pippo è ripartito e tu a quel punto?

Io a quel punto sono corso indietro per rimettere a posto la bici. Caricarla è più complicato, perché devi infilare le ruote in quei piccoli binari. E poi, trattandosi della bici blu, non volevo graffiarla. Per cui ci ho messo 2 secondi in più, ma non l’ho danneggiata. Sono operazioni da fare comunque in fretta, perché sennò rischi che il direttore sportivo ti lasci lì.

Per quanto tempo Ganna è rimasto senza assistenza?

A dire tanto 500-600 metri, poi gli siamo tornati sotto per le ultime indicazioni. Al mattino aveva fatto la sua ricognizione e ricordava bene il finale dall’anno scorso, ma quando hai sotto delle gomme diverse, la tenuta della bici è sempre un po’ diversa, anche se non sono gomme nuove.

Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sono ruote usate solo da lui oppure sono ruote del team?

Sono le sue gomme, montate sulle sue ruote. Non è facile, ma per Pippo e pochi altri si può fare. In magazzino determinati materiali vengono messi da parte. Così abbiano finito la crono e Pippo è riuscito a vincere. E a quel punto sono arrivati con lo scanner per controllare la bici.

Lo scanner?

Sì, non il solito tablet. Hanno uno scanner in cui però la bici non entrava per quanto è grande. Io ero già tornato in partenza per seguire Martinez, per cui gli ho detto di smontarla da sé e poi l’avrei rimessa a posto io. E così hanno controllato la bici di Pippo, quella di Martinez e alla fine anche quella di Bernal. Nessun barbatrucco e neanche cuscinetti speciali. E poi hanno controllato anche il peso.

La bici da crono di Ganna rischia davvero essere troppo leggera?

Proprio no. Un po’ perché ci teniamo circa 60-70 grammi di tolleranza e poi perché la stessa ruota anteriore che abbiamo scelto per quel giorno era più pesante. Quello che eventualmente abbiamo perso in grammi lo abbiamo conquistato in watt.

Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)
Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)

Tocco italiano

Dopo la crono e come abbiamo già raccontato, David Brailsford ha commentato che i suoi meccanici potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes in Formula Uno. Noi vi abbiamo raccontato in che modo tre italiani abbiano scortato e assistito il campione del mondo (italiano) alla vittoria della crono di Milano. Questa iniezione di italianità sta dissipando quel fastidioso alone che negli anni andati ha reso il Team Ineos poco simpatico. E Brailsford, che ci vede molto bene, si è accorto anche di questo.

Lefevere, l’estro di Julian e l’ego di Remco. Parla il capo

01.06.2021
5 min
Salva

Patrick Lefevere ci mette la faccia e si carica sulle spalle la Deceuninck-Quick Step, che al Giro d’Italia ha suscitato qualche perplessità e per l’ennesima volta è stata costretta a fare mercato tenendo conto di un budget non certo illimitato. Vanno via Benett e Almeida, restano Evenepoel e Alaphilippe. Al suo fianco rimane Specialized, che nel 2022 legherà la sua sponsorizzazione al team belga e probabilmente a quello in cui finirà Peter Sagan. Mentre sul fronte dei marchi, nello squadrone belga si sussurra che dovrebbe approdare anche il maglificio Castelli in odore di lasciare il Team Ineos Grenadiers. Al netto di tutto ciò, oggi con Patrick, 66 anni e dirigente sportivo dal 1979, parliamo dei due gioielli di casa, Remco e Julian, per capire il suo punto di vista.

Lefevere mantiene il suo team ai vertici facendo spesso scelte dolorose
Lefevere mantiene il suo team ai vertici facendo spesso scelte dolorose
Vincere il Giro a 21 anni, al primo assaggio e senza aver corso per 9 mesi…

Non c’era tempo perché corresse prima, per come era pianificata la sua preparazione in altura. Si è rovinato tutto quando a gennaio è stato costretto a fermarsi ancora. A quel punto avremmo potuto e forse dovuto cambiare i nostri piani, ma avevamo fatto quella scelta e sarebbe sciocco rinnegarla adesso.

In un’intervista con Het Laaste Nieuws hai detto che l’ego di Remco ne è uscito ammaccato.

Dico tante cose, a volte vengono anche ingigantite. E’ un fatto però che quel ragazzo non avesse mai perso. Ha vinto tutto da junior e anche i suoi primi due anni da professionisti sono stati pieni di vittorie. Questo Giro è stato la sua prima sconfitta.

Forse c’erano troppe attese: avete creduto davvero che fosse più grande di Merckx?

Naturalmente avevamo sperato in meglio, non dico di no, ma io non ho mai detto che avrebbe vinto il Giro. Abbiamo assecondato i suoi desideri, ma non sono così pazzo. Sapevamo che la tappa di Montalcino, dopo l’incidente del Lombardia, sarebbe stata un passaggio chiave. Remco non poteva iniziare il Giro in modo normale. A gennaio poteva soltanto nuotare, si è allenato solo negli ultimi tre mesi. Nelle Fiandre qualcuno però credeva che potesse fare un miracolo. Non possiamo giudicarlo per quello che si è visto.

Lefevere netto: il Giro ha fatto assaggiare a Evenepoel per la prima volta la sconfitta
Il Giro ha fatto assaggiare a Evenepoel per la prima volta la sconfitta
Però al netto di tutto questo, si è messo Almeida al suo servizio.

L’ho detto prima che il Giro partisse e lo ripeto ora. Ci conosciamo da anni e sapete che la maglia del team è la cosa più importante per me, non la bandiera o una nazione, e così deve essere anche per i corridori. Quando abbiamo chiesto ad Almeida di aiutare Remco, aveva appena preso 6 minuti nella tappa di Sestola, sarebbe stato lo stesso a parti invertite. Queste sono le nostre regole.

Quale sarà ora il programma di Remco?

Ora recupera e a fine settimana faremo il punto. Si voleva tenerlo un po’ fermo, ma si sta aprendo la possibilità che faccia i campionati nazionali, strada e crono, prima delle Olimpiadi.

A proposito di Olimpiadi, perché Alaphilippe si è chiamato fuori?

Perché sta per diventare padre e vuole essere presente. E poi perché vuole fare bene al Tour. Ha cambiato programma. E’ appena disceso da Sierra Nevada e farà il Giro di Svizzera invece del Delfinato, poi i campionati nazionali e il Tour. Gli ho detto che mi auguro vinca altri tre mondiali, ma l’esperienza di correre il Tour con la maglia iridata resta per ora irripetibile. Andrà in Francia per fare cose alla Alaphilippe e vedrete che di riflesso si ritroverà anche in classifica.

Almeida al servizio di Evenepoel dopo i 5’58” persi a Sestola. Lefevere non ammette equivoci
Almeida al servizio di Evenepoel dopo i 5’58” persi a Sestola
E’ stato pesante tenerlo?

Sicuramente parliamo di una cifra importante e l’acqua non è tanto profonda da non rendercene conto. Ma lui voleva rimanere e abbiamo trovato l’accordo. E’ un personaggio che corre in modo aggressivo e sa vincere. E’ simpatico. Fa gruppo. Sta bene con noi.

Con lui al Tour ci sarà Bennett?

Bennett e il suo treno, che si prenderà sulle spalle un bel po’ di pressioni, in modo che Julian sia più libero. Per Sam sarà l’ultimo anno con noi, si dice che tornerà alla Bora, ma ancora non ci sono certezze. E così per il prossimo anno, ci affideremo alle volate di Jakobsen, perché sono certo che il suo ritorno sarà un successo.

Porterete anche Cavendish al Tour?

Chi?

Cavendish, Mark Cavendish…

Sì, avevo capito. Mark ha fatto poche corse, è stato anche sfortunato, perché alcune che doveva fare sono state cancellate. Si è ritirato alla terza tappa della Vuelta Andalucia, dicendo che non era una corsa per velocisti e il giorno dopo ha vinto Greipel. Il Tour forse è troppo duro per lui ora.

Come stanno i quattro italiani?

Bagioli è stato sfortunato, non corre da Laigueglia e speriamo possa fare una bella seconda parte di stagione. Di Ballerini siamo contenti. Masnada ha fatto 40 giorni di altura e ha dovuto ritirarsi dal Giro per una tendinite. E Cattaneo lo aspettiamo al Tour. Il ciclismo non è una scienza esatta. Lavori tanto, poi speri che tutto vada bene. Ogni anno, all’inizio della stagione, faccio lo stesso discorso ai corridori: «Sono già stato diverse volte a Lourdes, ma non ho mai visto miracoli».

Foss, distrutto e felice. Nuovo Dumoulin in rampa?

31.05.2021
4 min
Salva

Visti i distacchi, sarebbe stato impossibile migliorare il nono posto, però intanto Tobias Foss, corridore norvegese di 24 anni, esce dal Giro d’Italia con tante buone indicazioni e sensazioni anche migliori. E trattandosi di un ragazzo che due anni fa ha vinto il Tour de l’Avenir, per la Jumbo Visma ecco un altro motivo per fregarsi le mani.

Il granatiere biondo è nato a Lillehammer, città celebre più per lo sci che per il ciclismo, e nel 2014 e 2015 è stato rispettivamente bronzo e argento agli europei juniores nella crono. Poi, quando già correva con la Uno-X, nel 2019 ha vinto il Tour de France degli under 23, lasciandosi alle spalle il nostro Giovanni Aleotti e il belga Van Wilder, ora al Team Dsm. Piazzandosi terzo quell’anno anche nella Liegi-Bastogne-Liegi di categoria e sesto ai mondiali di Harrogate conquistati da Battistella.

Terzo nella crono di Torino, quando non sapeva di dover fare il capitano
Terzo nella crono di Torino, quando non sapeva di dover fare il capitano

Exploit al Giro

Al Giro d’Italia, che non aveva concluso lo scorso anno per il ritiro nella tappa di Tortoreto, Foss si è presentato con il terzo posto nella cronometro di Torino. Ma ciò che più ha sorpreso, trattandosi di un atleta alto 1,84 m per 74 chili di peso, sono state le prestazioni nelle grandi tappe di montagna. Tobias infatti ha ottenuto il 10° posto nella tappa di Cortina, l’11° in quella di Sega di Ala e addirittura il 9° posto all’Alpe di Mera. Nonostante tanto ardire, lo abbiamo visto abbastanza prudente nelle fasi più concitate di corsa, ma come ha raccontato lui per primo, si è trattato di un atteggiamento provvisorio e conservativo, dopo aver visto cadere ritirarsi il compagno Jos Van Emden.

«Sono diventato più prudente dopo la caduta nella quindicesima tappa quando Jos è andato via – racconta – io ero alla sua ruota e ho cercato di proteggermi per impedire che succedesse qualcosa di peggio».

Nella Jumbo Visma, che alle spalle di Roglic ha già tirato fuori Vingegaard, il suo nome va annotato tra quelli buoni.

All’Aquila con Kevin Bouwman, festeggiando per il primo sole
All’Aquila con Kevin Bouwman, festeggiando per il primo sole
Il piazzamento fra i primi 10 era un obiettivo della squadra?

In parte sì, anche se avremmo voluto una vittoria di tappa. Per me si è trattato da andare sempre a tutta. Questo Giro è stato il mio primo Gran Tour in cui mi sia messo davvero alla prova. Perciò lasciatemi fare una valutazione nei prossimi giorni, per capire cosa sto diventando. Un piazzamento fra i primi 10 è un bel risultato.

Te la sei cavata anche bene sulle grandi salite…

Mi sono trovato a correre su percorsi che non si addicono a corridori grandi come me, ma ho avuto la possibilità di farlo in condizioni di cattivo tempo che invece mi vanno più a genio. Diciamo che certe montagne sarebbero state un incubo ben peggiore se ci fosse stato il vero caldo.

A Montalcino 16° all’arrivo, insieme a Caruso e Yates
A Montalcino 16° all’arrivo, insieme a Caruso e Yates
Pensi di aver imparato qualcosa in queste tre settimane?

Il Giro si è trasformato in una grande scuola, vedendo il livello del gruppo. Siamo tornati a casa con tanti dati e tante sensazioni da analizzare che ci permetteranno di fare lavori più specifici in allenamento.

Nel 2019 vincesti il Tour de l’Avenir, quanto ti manca per raggiungere la stessa sicurezza?

Penso che adesso mi trovo allo stesso livello che avevo al Tour de l’Avenir. Magari sono più stanco, ma so che il mio potenziale è ancora lì. Mi dà grandi motivazioni vedere che sto ancora così bene e che posso stare con il gruppo giusto.

Milano, il Giro è finito con un 9° posto su cui lavorare
Milano, il Giro è finito con un 9° posto su cui lavorare
Che cosa pensi delle grandi aspettative che c’erano sulla partecipazione di Evenepoel a questo giro?

Onestamente mi dispiace che il suo Giro sia finito così, ma c’erano davvero tante aspettative ed è brutto andare via a causa di una caduta. Al mio primo Giro venni con poche aspettative perché non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito. Forse è stato sbagliato pretendere così tanto da lui. Spero che si riprenda presto e che possa tornare al suo livello.

EDITORIALE / Quello che perdono i campioni nascosti

31.05.2021
3 min
Salva

«Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più – ha detto Bernal ieri a Milano – ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice». Il Giro d’Italia di Bernal va in archivio portando con sé le storie del colombiano e di Caruso che, seppure nati da storie e strade diverse, hanno conquistato pubblico e addetti ai lavori con la cifra della semplicità. Fatica. Famiglia. Dedizione. Grinta. Rispetto del lavoro. Il coraggio di raccontarsi. La grande dignità nell’ammettere i momenti difficili. I campioni di ciclismo sono prima di tutto uomini ed è proprio questa dimensione così vicina alla nostra a renderli se possibile più grandi.

A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro
A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro

«Sono cresciuto con i miei valori – ha detto Caruso dopo la tappa vinta – e li ho portati avanti nel tempo. Prima di essere un ciclista, mi piace pensare di essere un uomo e una persona perbene».

Filtri e controlli

Ci sono i filtri. Ci sono gli uffici stampa. E per carità, crediamo anche noi che serva preservare la vita privata dei campioni e la tranquillità durante gli allenamenti. Quello che invece non serve è impedirgli di esprimersi. E’ chiaro che raccontarsi nei momenti della vittoria sia più facile che farlo in quelli difficili, ma crediamo che proprio da questa dialettica con la stampa e di riflesso col pubblico nasca l’immagine di campioni a 360 gradi, che finiranno con l’essere comunque un riferimento per chi guarda a loro cercando l’ispirazione. Abbiamo narrato con i brividi le prime vittorie di Pantani, siamo rimasti senza parole adeguate davanti alle più grandi e ascoltato con angoscia, capacità critica e brividi diversi le sue difficoltà, senza che nelle occasioni pubbliche Marco si sia mai nascosto. Privare il campione di un vero confronto, selezionando al suo posto gli argomenti è fargli probabilmente un torto.

I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?
I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?

«Il dopo Tour – ha detto ancora Bernal – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio?».

Campioni nascosti

Pensiamo a Pogacar, che in questi giorni si sta allenando a Livigno, e alla difficoltà di incontrarlo e parlare con lui. Pensiamo a Nibali, che ha tanto da raccontare e dare, ma viene tenuto al riparo (probabilmente anche per sua volontà) da domande che inevitabilmente a questo punto sarebbero scomode. E’ un lavoro non semplice e ce ne rendiamo conto, ma isolare i campioni dal confronto, assecondare la voglia di chiudersi o confinarli in ambienti controllati e ovattati, significa privarli del confronto e del modo, a tratti scomodo, di prendere contatto con la realtà.

Carboni, Giro di alti e bassi: «Ho tanta strada da fare»

31.05.2021
4 min
Salva

Giovanni Carboni corridore classe 1995, è passato professionista col team Bardiani Csf-Inox nel 2018, cogliendo subito risultati importanti, come ad esempio un ottavo posto nella classifica conclusiva del Tour of Austria, un settimo posto nella classifica finale dell’Adriatica-Ionica Race, oppure un prestigioso terzo posto nella settima tappa del Tour of Britain. Tra i dilettanti ha corso per 2 anni con il team Unieuro Wilier nelle stagioni 2015 e 2016 e con il team Colpack Ballan nel 2017, stagione in cui ha vinto una tappa nel Giro della Val d’Aosta Mont Blanc. Questo del 2021 è stato il suo terzo Giro d’Italia, corso all’attacco, rendendosi protagonista in più di una tappa e sfiorando quasi il successo nell’ottava frazione vinta dal corridore francese del team Cofidis Victor Lafay, con partenza a Foggia e arrivo a Guardia Sanframondi. Abbiamo deciso di sentirlo, per approfondire il suo Giro.

In cima al Passo Giau, Carboni è uno scalatore, ma ha vissuto un Giro di alti e bassi
In cima al Passo Giau, Carboni è uno scalatore, ma ha vissuto un Giro di alti e bassi
Nell’ottava tappa ci sei andato vicino…

C’è mancato poco, ho provato ad anticipare prima dell’ultima salita, però Lafay ne aveva di più. Purtroppo, Campenaerts che di solito va fortissimo, quel giorno era un po’ affaticato e non mi è stato di grande aiuto. Gran parte del lavoro lo facevo io, quando lui passava avanti mi rallentava. Io ero li che spingevo, e col senno di poi vi dico che forse sarebbe stato meglio lasciarlo andare e rimanere sulle ruote, per poi giocarmi il tutto per tutto sull’ulitma salita.

Come valuti il tuo Giro d’Italia?

Forse non ho ottenuto i risultati che erano nelle mie possibilità, forse potevo fare di più. Però ho capito i miei errori, so dove dover migliorare.

Dove pensi di dover migliorare?

Secondo me a livello fisico mi sono preprato bene, tuttavia vorrei provare ad arrivarci con una preparazione diversa. Intendo nell’avvicinamento alla corsa. Penso sia importante fare una preparazione mirata esclusivamente al Giro d’Italia. In un team professional fai un calendario diverso da quello che fanno i team WorldTour. E soprattutto qui alla Bardiani-Csf-Faizanè, giustamente, devi dimostrare di andare e forte e guadagnarti il Giro, e questo implica già un dispendio di energie importante prima della corsa rosa.

Carboni in salita incitato dai tifosi
Carboni in salita, incitato dai tifosi
Quali sono stati i momenti in corsa in cui hai sofferto di più?

Sicuramente per cercare di andare in fuga. Devi partire davanti, concentrato e soprattutto devi cogliere l’occasione buona. Anche i rilanci in curva non sono il massimo della simpatia nella terza settimana, sono delle volate in cui ti sembra di fare una crono. Nel finale, nonostante in classifica fossi nei primi 35, ho sempre mollato. Ho tenuto duro in un paio di occasioni, poi mi sono lasciato sempre andare.

Qual’è stata la tappa più dura?

Quella dello Zoncolan, lì mi sono veramente lasciato andare.

Quella più divertente?

A Montalcino, è stata una tappa spettacolare, bel percorso. Belle strade, mi sono divertito molto.

Inoltre in quell’occasione eri davanti con i pochi rimasti…

Sì, eravamo circa 25 corridori, poi mi sono staccato, un po’ per le gambe che mancavano, un po’ perché non avevo ambizioni di classifica.

In fuga sul Passo Giau, la fatica sul volto di Carboni
In fuga sul Passo Giau, la fatica sul volto di Carboni
E’ difficile trovare un equilibrio tra testa e gambe, tu come gestisci questa situazione?

Può dipendere dai giorni, ti dico la verità. Però mi sento di separare due categorie di corridori: gli attaccanti e gli uomini di classifica. Nel primo caso le gambe forse devono prevalere, magari andando oltre i tuoi limiti, per cercare il successo. Mentre nel secondo caso la testa è tutto, se fai classifica, devi tenere sotto controllo la corsa in ogni suo aspetto. Ovviamente devi avere anche una grande gamba.

Tu che tipo di corridore sei?

Nelle brevi corse a tappe penso alla classifica, e arrivo davanti. Nelle corse di tre settimane penso alle tappe, è troppo presto per pensare alla classifica generale, sono giovane e posso migliorare ancora. Ho molta strada da fare.

Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?

Correrò il Giro di Slovenia, il campionato italiano, L’Adriatica-Ionica Race, e il Sibiu Tour.

Quale tra queste corse hai messo nel mirino?

Adesso penso a riposare un po‘, poi a seconda della condizione fisica valuterò dove potrò cogliere un risultato importante.

Pello Bilbao: «Venite, vi racconto chi è Damiano»

30.05.2021
5 min
Salva

Quella mano sulla spalla. Pello era lì senza più fiato in corpo e chissà se l’ha capito subito che Caruso gli stava dicendo grazie prima di spiccare il volo. Eppure oggi, poco meno di 24 ore dopo, lo spagnolo non lo trova così strano.

Perciò in questa serata che sa di pensieri dolci e abbracci, per dedicare un pensiero a Caruso nel giorno del secondo posto al Giro d’Italia e ascoltare qualcosa che vada oltre le parole che stasera e domani tutti scriveranno, abbiamo pensato di chiedere a Pello Bilbao. Corridore basco di 31 anni, venuto al Giro per aiutare il suo amico Mikel Landa e diventato l’angelo custode del grande gregario diventato capitano.

«E’ triste che ci si stupisca per un gesto come quello – dice – dovrebbe essere normale fra un capitano e il suo gregario. Il ritmo di corsa e la frenesia di ogni giorno ci fanno dimenticare la forma e lo stare al mondo, ma Damiano non l’ha dimenticato. E al traguardo mi ha anche aspettato…».

Si commuove ancora Pello, il suo cuore basco trasuda di amore per il ciclismo e quel compagno italiano, venuto come lui dal basso, lo coinvolge ancora.

Chi è Damiano Caruso?

Ho per lui un grandissimo rispetto professionale. Ammiro i corridori seri che si comportano correttamente in gruppo e sanno riconoscere ai compagni il valore del lavoro. E’ un grande corridore che ha dimostrato di sapersi prendere il ruolo di leader e tenerlo sino alla fine. E la squadra ha creduto in lui. Quello che abbiamo fatto ieri non sarebbe stato possibile se tutti non avessimo creduto in lui.

Che cosa è successo ieri?

Sul passo San Bernardino, mi ha detto che aveva grandi sensazioni. Ho visto che voleva di più e questo mi ha spinto a credere in quell’azione e correre in modo aggressivo. E’ stata una tappa di quelle che piacciono a me. Con Damiano mi sono divertito, mi ha dato la motivazione per rompere l’ordine prestabilito, sovvertire i piani che stavano bene a tutti. La verità è che in bici mi diverto molto. In giornate come ieri vale la pena essere ciclisti. Non credo che certe cose si possano vivere fuori dal ciclismo.

Pello è campione spagnolo della crono, ma l’ha presa con calma e ha chiuso a 3’40”
Pello è campione spagnolo della crono, ma l’ha presa con calma e ha chiuso a 3’40”
Eppure eri qui per il tuo amico Mikel Landa…

Era chiaro dall’inizio di stagione. Avrei voluto e potuto confermarmi, ma era chiaro che al Giro saremmo stati al 100 per cento per Mikel, per vincere il Giro d’Italia con lui. Avevamo un piano solido e una squadra forte, come si è visto nei giorni successivi, quando tutti i piani sono saltati e abbiamo dovuto inventarne di nuovi ogni giorno. L’uscita di Mikel è stata un duro colpo, ma non ci siamo lasciati prendere dalla disperazione.

Subito tutti per Caruso?

Il ciclismo è uno sport rischioso, dobbiamo godere di ogni giorno per come viene, al massimo come fosse l’ultimo. Abbiamo scelto un sogno e Caruso come nuovo capitano e lo abbiamo realizzato stupendamente. Il giorno dopo a caduta di Mikel, la vittoria di Gino Mader ci ha permesso di cambiare il chip e dimenticare lo scoramento.

Ti aspettavi di più dal tuo Giro?

Non è stato facile come negli ultimi due anni. Ho avuto ostacoli, problemi fisici. Alti e bassi. Fastidio a una gamba e a un ginocchio. Ho passato davvero tanto tempo con il fisioterapista e l’osteopata, per preparare la tappa successiva. E poi ci si è messa la tensione di dover abbandonare i piani in cui credevamo. E’ stato un Giro per certi versi pericoloso, molto tirato. E Damiano è stato il corridore più regolare di tutti. E la sua ambizione di podio è diventata motivazione anche per noi, cercando energie dove neanche c’erano più.

Quali sensazioni ti rimarranno addosso di questo Giro?

Quelle degli ultimi 3 chilometri di ieri. Li ho vissuti in modo molto intenso, sapendo che Damiano stava vincendo e aveva un margine di 20 secondi. E’ stato molto emozionante. Il modo migliore di giocarsi un Giro, attaccando e rischiando. Damiano è un grande corridore, ma gli dobbiamo più ammirazione per come si comporta in gruppo. E quel suo gesto… Bè, sarò onesto, da lui me lo aspettavo!

Bernal: «Grazie al Giro ho ritrovato la felicità»

30.05.2021
5 min
Salva

C’è tanta Colombia stasera in piazza Duomo, per quella straordinaria capacità che hanno quelli di laggiù di sentirsi Paese e stringersi attorno ai loro eroi. E’ bastato seguire per tre volte il Tour Colombia per capire di quanto amore siano capaci. E oggi sono tutti qui per Egan Bernal. Il ragazzo in maglia rosa ha gli occhi buoni e quando dice che dentro è un ribollire di emozioni e felicità, bisogna credergli, perché in fondo al suo sguardo c’è tanta commozione.

A cena col capo

La storia di questo suo Giro d’Italia nasce dopo l’ultimo Tour da una cena a Monaco con David Brailsford, il grande capo della Ineos Grenadiers. Egan era a pezzi, niente di quello che sapeva fare sembrava più alla sua portata. A Brailsford bastò sentirlo parlare per indicargli la strada.

Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi
Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi

«Parlammo tantissimo – ricorda ora – e alla fine arrivammo a capire quello che serve per avere la versione migliore di Egan. Stare tranquillo e divertirmi. A me piace correre d’istinto e David è stato quello che più mi ha aiutato in questo processo. E alla partenza del Giro mi ha detto: “Vai e fai quello che senti di fare!”. Una parte molto importante di questa vittoria è sua».

L’indigestione

La vittoria è un piatto che devi saper mangiare. Se ti ci avventi sopra con la fame di sempre, ti riempie e può farti male. E in fondo nel commentare quella del Giro, Egan ha quasi paura di sbilanciarsi, ricordando il periodo nero vissuto dopo il Tour. Trovateci un calciatore che dopo la grande vittoria sia capace di andare così a fondo dentro se stesso.

«Il dopo Tour – dice – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio? Non è stato per niente facile ritrovare la grinta. Di alzarmi. Fare stretching. Fare colazione. Uscire in bici. Tutto con l’obiettivo del Tour. Mi allenavo, facevo dei buoni test, ma sentivo chiaramente che non era la stessa cosa. Poi sono successi dei cambiamenti non semplici nella vita, mentre in Colombia tutti mi aspettavano. E quando sono arrivato al Tour, dove avrei voluto dimostrare che non avevo vinto per caso, è venuto fuori il mal di schiena. In quel momento sono iniziati i dubbi. Riuscirò mai più ad andare forte? Riuscirò a trovare quella voglia? Bene, in questo Giro l’ho ritrovata. E per questo sono davvero felice».

Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»
Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»

Pogacar avvisato

Fu tutto troppo veloce e senza troppo pathos. Si arrivò a dire che la strada del Tour fosse ormai chiusa e per tanti anni a venire. Molto meglio questo Giro, vinto soffrendo. Lo disse giorni fa: nessuno è invincibile e sarebbe brutto vincere troppo facilmente.

«Ho vinto il Giro – dice – ma so già che là fuori ci sono campioni come Pogacar e Roglic che mi aspettano. Sono tornato nel gioco e devo dire grazie a loro per le motivazioni che mi daranno nei prossimi mesi. Il momento più difficile di questo Giro è stato ieri quando Caruso ha attaccato. Ero con sei compagni e dopo dieci chilometri erano rimasti in tre. E’ stata una fase difficile da gestire e in quella situazione mi ha aiutato tantissimo Castroviejo, un vero capitano di strada».

La vera felicità

Il nuovo Bernal si è scrollato di dosso ogni etichetta ed è semplicemente tornato ad essere Egan e per farlo ha scelto il suo gruppo, in quella Ineos che per anni è stata un modello un po’ troppo asettico di efficientismo. Saremmo quasi tentati di chiedergli, dopo il suo allontanare con le mani il Tour, se ci andrebbe potendo portare con sé gli uomini del Giro. Ci illudiamo che direbbe di sì, ma lasciamo stare.

«Nella vita – dice – ho avuto diversi sogni, ma ora credo che la cosa migliore come corridore sarebbe vincere anche la Vuelta e poi starmene nella mia casa, con i miei animali. La mia mucca, i tre cani, le galline e la mia ragazza. Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più, ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice».

Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa
Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa

Giro che passione

Le stesse parole pronunciate ieri da Caruso e la stessa voglia di sdebitarsi con Martinez che Damiano ha concretizzato ieri con la pacca sulla schiena di Pello Bilbao. Lo guardiamo e ci accorgiamo che è esausto. Una crono comunque ti svuota e ti mette pressione.

«Eppure è stata una bella giornata – dice – con il mio allenatore che alla radio. Mi segnalava le curve, i wattaggi, i distacchi. Mi ha dato tranquillità. Il Giro d’Italia è una corsa difficile per noi corridori, faticosa. Ma genera tanta passione. La gente nelle strade partecipa e spero che di questa vittoria continueranno a parlare anche in futuro».

Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello
Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello

Tour? No, grazie

Fuori lo aspettano per l’ultima fatica di giornata, nella forma di una festa per tutta la squadra. Lo scorso anno vinsero per caso e la tattica fu duttile e poco snervante. Quest’anno sono venuti per vincere e sono stati perfetti, pur in cambio di una fatica a volte pesante.

«Mi sono divertito – saluta – ho attaccato in salita, ho fatto le volate in pianura, a Montalcino mi sono esaltato e ho capito che potevo vincere. Adesso sono stanco, vado a riposarmi. Il Tour? Non lo vedete – ride e saluta – come sono conciato?».

La grinta di Egan, il motore di Pippo: domenica perfetta

30.05.2021
4 min
Salva

Dice e molla una risata che la foratura è stata studiata per dare un po’ di pepe alla crono. Poi però Ganna torna serio e spiega che in quel momento gli si è un po’ stretto lo stomaco, perché non aveva i distacchi e sapeva di avere un piccolo vantaggio su Affini. Poi però, in questa domenica perfetta, la squadra è stata fantastica nel cambiargli la bici, tanto che David Braislford ha commentato dicendo che potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes su come si faccia un pit stop.

Serata di festa in casa Ineos, Milano ribolle di tifosi colombiani e come lo scorso anno il tripudio porta i colori del team britannico. Al posto delle lentiggini di Tao c’è il sorriso indio di Bernal, mentre quello grande e contagioso di Ganna è sempre lo stesso. Semmai con una punta di stanchezza in più ai lati della bocca.

«Rispetto all’anno scorso – dice – i chilometri in testa al gruppo sono stati quattro volte tanti. Abbiamo protetto Egan, siamo stati squadra e il Giro è stato bellissimo, anche con la presenza del pubblico, cui dobbiamo dire grazie. Qualcuno mi ha rimproverato perché sulle salite non sono stato troppo disponibile e sembravo imbronciato. Ne chiedo scusa, ma mettetevi nei nostri panni, se sulla salita finale della 19ª tappa non abbiamo voglia di scherzare…».

Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
E’ dall’inizio del Giro che parli di proteggere Egan. Puoi dire che rapporto si è creato con lui?

E’ piccolo, ma ha sotto due… attributi che a tanti altri mancano. Ci ha portato morale e ci dava tanta grinta, quando lo sentivamo dire alla radio «Toso, io sto bene!». Come il giorno dei ventagli in salita sui Sibillini. Uno di 84 chili come me su quelle salite non doveva neanche esserci, ma avevo dentro il fuoco. In quei giorni ho speso tanto, tanto che ieri mentre tiravo, mi è venuto accanto proprio lui e mi ha detto: «Capitano, pensa a domani, molla un po’».

Grande sensibilità…

In questa squadra si respira un bel clima, se non mi trovassi bene non avrei rinnovato per latri tre anni. Certo, correre come in questo Giro è logorante. Soprattutto nelle tappe di 200 chilometri, disegnate per i velocisti, quando i velocisti se ne stanno in coda al gruppo e non mettono la squadra. E’ sempre toccato alla maglia rosa, ma quando dopo 21 tappe vedi il tuo capitano sollevare quel trofeo, ti passa tutto. E sei pronto per il 2022. Qualche volta però sono andato anche io in camera sua…

Per dirgli cosa?

«Capitano, divertiti. Fai le cose che ti piace fare e che pensi siano utili per vincere. Corri come vuoi, non fasciarti la testa». Se Bernal riesce a correre libero di testa, ragazzi, non ce n’è per nessuno.

Siamo qua a parlare di Bernal, ma hai vinto un’altra crono. Come si fa a restare focalizzati e trovare ancora la voglia di migliorare?

Ci sono tanti aspetti su cui concentrarsi, atletici e tecnologici. Fausto Pinarello sta già mettendo delle novità in cantiere, ci sono continui progressi che permettono di ottenere risultati migliori. Io per parte mia posso e devo continuare ad allenarmi, avendo valori alti e tenendo il motore pulito e senza ruggine. Parliamo di Egan, ma giuro che sono contento per la maglia rosa e anche per la tappa.

Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Probabilmente gli europei cancellati in Bielorussia saranno ricollocati fra Lituania e Danimarca, ma se non ci fossero, come fareste ad arrivare bene alle Olimpiadi?

Dovremo focalizzarci sul fatto che anche gli allenamenti sono una fase importante e che i tempi che si fanno tra noi, cercando di batterci, hanno la stessa dignità di una gara. Mancherà l’apporto del pubblico, ma dovremo arrivare a Tokyo con la certezza di aver fatto il massimo.

Quale dunque il programma ora?

Finiamo la domenica facendo festa. Riposo. Poi altura. Dovrò sentirmi con Villa per la pista e quei lavori di intensità che su strada non si riescono a fare. Poi probabilmente correremo con la nazionale una corsa a tappe in Sardegna a luglio. Si comincia mercoledì con un ritiro, il resto verrà da sé.

Vincenzo, cosa dici di Caruso? E lo Squalo si scioglie

30.05.2021
4 min
Salva

«Mi aspettavo che attaccasse – dice Vincenzo – perché avevamo parlato poco prima e gli avevo detto di stare davanti perché in discesa il gruppo si sarebbe spaccato. E Damiano è stato proprio grande e si è andato a prendere una tappa bellissima».

Verso Sega di Ala, prima che Vincenzo cada
Verso Sega di Ala, prima che Vincenzo cada

Ultimo giorno

Caldo torrido alla partenza da Senago, il pullman della Trek-Segafredo delimita una piccola oasi di ombra. Chiedere a Nibali di parlare di sé e di un Giro al di sotto delle attese sarebbe indubbiamente interessante, ma forse prematuro. Però quando gli chiediamo di fare due parole sul suo ex gregario, lo Squalo non si fa pregare. Scende dal pullman e viene a sedersi su un frigorifero da campo. Oltre la transenna, sua moglie Rachele tiene al guinzaglio un cagnolino minuscolo, che appena può scappa da tutte le parti.

«La mia storia con Damiano – riprende – inizia da un pezzo, dal Mastromarco. Io ero già passato professionista e vivevo a casa mia, lui stava nel ritiro della squadra a 100 metri di distanza. Ci allenavamo insieme, abbiamo condiviso vari periodi della nostra vita. Poi abbiamo iniziato a frequentarci con le famiglie. Veniamo da storie simili, bene o male siamo legati dallo stesso filo».

E’ il 2012, sono insieme alla Liquigas, ma a fine anno Nibali andrà via
E’ il 2012, sono insieme alla Liquigas, ma a fine anno Nibali andrà via

Un super gregario

Il ritiro di Mastromarco è una palazzina di due piani, che sotto ha la cucina e sopra le stanze. Accanto, in una rimessa, i meccanici tengono in ordine le bici. Caruso ci approdò nel 2007, quando Vincenzo era già professionista da due anni e fu come se ne avesse raccolto l’eredità. Nella stanza in cui i corridori mangiano, le loro foto si seguono, si sovrappongono, si intrecciano.

«La sua carriera – continua Nibali – lo ha portato a fare la scelta di diventare un super gregario, super davvero. Le cose cambiano con addosso la pressione di dover vincere, ma lui è arrivato qui con una grandissima condizione e so bene come si era preparato, perché eravamo insieme sul Teide. Lassù ci siamo incrociati più di una volta ed è sempre stato un farsi battute, su quanto fossimo tirati o quanto andassimo forte…».

Varie volte insieme in nazionale: qui Ponferrada 2014, debutto di Cassani
Varie volte insieme in nazionale: qui Ponferrada 2014, debutto di Cassani

La sua visuale

Le loro strade si erano incrociate alla Liquigas, poi nuovamente nel 2019, per un solo anno, quando Nibali lo volle con sé al Team Bahrain, nel dopo Bmc dalla quale Damiano non sarebbe andato più via.

«Ogni corridore – prosegue Nibali – ha la sua visione delle cose. Vanotti era in un certo modo, Agnoli in un altro. Damiano ha la sua visuale. Si vedeva più come uomo a disposizione di un capitano che nei panni che veste oggi. Non aveva problemi a rimboccarsi le maniche, ma ci ha sempre messo il suo contributo e fui uno dei primi a impuntarsi perché lo prendessimo nella squadra in cui ancora corre».

Al Tour del 2016 si parla delle imminenti Olimpiadi di Rio
Al Tour del 2016 si parla delle imminenti Olimpiadi di Rio

La Sicilia che ce la fa

Ma questo Giro non è una sorpresa e Vincenzo lo dice chiaramente. «Non saprei cosa consigliargli per il futuro – dice – perché sono scelte personali, se provare a correre da leader o continuare allo stesso modo di sempre. Una cosa però posso dirla: dopo questo Giro, Damiano ha capito di avere un grande potenziale. E non è la prima volta che lo fa vedere. Al Giro del 2019 andò anche fortissimo. Si prese la febbre nella tappa di Terracina. Veniva alle corse coperto di tutto punto, poi quando la febbre passò, nel finale andò fortissimo. Magari pubblicamente non l’ho mai ringraziato abbastanza, ma lo feci in privato. Visse giornate difficili e le superò pensando a me. Guardi la tappa di ieri e ti commuovi, perché è la faccia della Sicilia che ce l’ha fatta. E ogni volta è bellissimo…».

Al Giro del 2019 sta male nelle prime tappe, poi diventa un riferimento sulle montagne
Al Giro del 2019 sta male nelle prime tappe, poi diventa un riferimento sulle montagne

Tanto da fare

Il resto sono saluti, la spiegazione della caduta verso Sega di Ala, il polso che non fa più male e la possibilità fra stasera e domani di fare il vaccino.

«Ma non ditemi che è l’ultimo giorno di scuola – ride – vorrei fare ancora qualcosa quest’anno…».

Poi si alza e si avvia nuovamente verso il pullman, dopo una strizzata d’occhio a Rachele. Ancora poche ore e anche il suo decimo Giro d’Italia finirà in archivio. Tokyo è meno lontana di quanto si pensi, Cassani verrà presto a parlare. Forza Squalo!