Debuttare al Giro a 33 anni. Le storie di Pasqualon

29.05.2021
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Tra i 58 debuttanti del Giro d’Italia di quest’anno c’era anche Andrea Pasqualon. Non solo, ma lui era anche il più esperto di questi con i suoi 33 anni e 127 giorni al via da Torino. Velocista atipico (anche ieri era in fuga verso l’Alpe di Mera), il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert ciclisticamente parlando è molto più “straniero” che italiano. O almeno lo era fino a questo Giro.

Andrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di Stradella
Andrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di Stradella
Andrea, dicevamo debuttante al Giro a 33 anni suonati…

Eh già! Eccomi qui finalmente. Le squadre con cui militavo non mi portavano! Prima con la Wanty non ci invitavano, adesso che siamo WorldTour dobbiamo partecipare ed è abbastanza ovvio che un italiano che corre in un team belga sia portato al Giro. 

Tu corri all’estero già da un po’…

Alla Roth, una professional, non si facevano i grandi Giri. E quando ero con Reverberi al Team Colnago probabilmente ero troppo giovane ed inesperto per esserci. Avevo 21 anni. Però prima del Giro ho fatto tre Tour de France.

E infatti proprio di questo volevamo parlare. Eterna domanda: che differenze hai trovato tra le due corse?

Lo stress – risponde secco Pasqualon – al Tour ce n’è tantissimo ed è in tutto. Qui spesso si parte più tranquilli, al Tour per andare in fuga c’è una lotta totale. Anche se devo dire che anche qui al Giro più volte abbiamo lottato tantissimo. Verso Sega di Ala c’è voluta più di un’ora prima che la fuga partisse. E poi cambia il discorso mediatico e della gente. Al Tour quando sali sull’Alpe d’Huez c’è uno scenario unico. Anche se mi rendo conto che qui si risente ancora del Covid e il meteo non ha aiutato. Penso al tappone dolomitico dimezzato, alle presenze limitate sullo Zoncolan.

Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)
Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)
Cosa ti è piaciuto di questo Giro?

Mi è piaciuto che si vive con un po’ più di relax e questo consente delle tappe con più tattica, al Tour tutto è più calcolato. Qui invece la fuga spesso è arrivata. C’è più spazio per le inventive.

Se dieci anni fa Reverberi (diesse della Colnago) ti avesse fatto esordire, come sarebbe stato il tuo debutto?

Credo un po’ più facile. Dieci anni fa le medie erano un po’ più basse. Adesso sono tutti molto preparati, c’è la massima dedizione anche per le tappe più facili. Tra diesse e corridore c’è un rapporto diverso in gara. Sì, anche all’epoca già c’erano le radioline, ma adesso in ammiraglia c’è una tecnologia pazzesca tra App, software, tablet e di conseguenza la corsa è molto più tenuta sotto controllo. Per altri aspetti sarebbe stato invece per me un Giro più difficile. Adesso ho più esperienza. Vivo la corsa con più tranquillità. E tutto sommato quando decido di andare in fuga ci riesco.

Eri sia in quella di Sega di Ala che in quella verso l’Alpe Mera…

Sì, ma le ultime fughe sono andate via perché alcune squadre volevano così e non perché i corridori siano scappati di forza. Bora-Hansgrohe e Ineos-Grenadiers, ma soprattutto la Bora per difendere la maglia ciclamino di Sagan, hanno fatto il blocco davanti al gruppo. Nella tappa più lunga per esempio ho provato ad andare in fuga, avrò fatto 30 scatti, ma non ci sono riuscito, poi un mio compagno ne ha fatto uno e ci è entrato. Perché? Perché in quel momento hanno fatto il blocco, non facevano passare in testa al gruppo. Ho provato a rientrare dopo ma avevano già 200 metri e non sono più riuscito ad agganciarmi. Se io fossi in maglia ciclamino lotterei fino alla fine, ma evidentemente a loro va bene così.

Però! Dalla tv certe dinamiche si colgono meno, molto meno. Torniamo al tuo debutto. C’era una tappa che avevi cerchiato in rosso?

Sì, quella di Termoli. Lì ho fatto quinto, speravo almeno nel podio. Eravamo abbastanza ad inizio Giro e in molti avevano buone gambe, magari fosse arrivata adesso sarebbe stata diversa.

Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°
Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°
Perché?

Perché c’era quello strappo di 500 metri prima dell’ultimo chilometro, poi il falsopiano dove rilanciare e infine il rettilineo per fare la volata. Un finale duro come quelli che piacciono a me, perfetto per le mie caratteristiche. 

E il gruppetto?

Al Tour si fa molto poco, si forma quando il corridore proprio è sfinito e scivola indietro. Al Giro invece lo chiamano proprio, una cosa che ho scoperto qui. Ci sono quei 30-40 corridori che trovano un accordo e si chiama. Sinceramente non mi piace molto fare gruppetto. Lo faccio se il giorno dopo c’è una tappa particolarmente adatta a me e quindi cerco di risparmiare.

Tra pochi chilometri terminerà questo Giro, cosa ti porti via?

Ho scoperto di avere tanti tifosi per le strade ed è stato particolare. Bello. Sulle strade urlavano il mio nome e cognome in quasi tutte le tappe, al Nord soprattutto, ma anche Sud. Credevo che non mi conoscessero e questo mi rende fiero della mia carriera. Sapete, io non sono un corridore come poteva esserlo Pozzato che era spesso in tv e passava da eroe. Io sono sempre stato poco considerato dalla tv, dai giornalisti e in questo Giro mi sono accorto che non è così. Ho scoperto che molti si ispirano al tipo di corridore che sono. Ho ricevuto molti complimenti nelle interviste della Rai e di Eurosport per quello di positivo che trasmetto.

Tappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentare
Tappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentare
Alla fine sei un italiano al Giro. Il Tour non ti dà quella empatia o visibilità che può darti l’Italia…

Vero, il Giro è nostro. Gli italiani amano il Giro. Pensavo che il Tour fosse l’olimpo del ciclismo e che fosse così anche per il pubblico italiano. Invece mi sto accorgendo che se dico alla gente che ho fatto tre Tour gliene frega poco. Se invece gli dico che sto correndo il Giro: strabuzzano gli occhi e mi fanno: ma dai!

E quindi “ci” piace questo Giro d’Italia?

A questo punto dico che il Giro mi piace più del Tour e se ne prossimi anni ho la possibilità di scegliere quale fare scelgo il Giro. E poi vuoi mettere come si mangia, come sono belli gli alberghi e l’affetto della gente?

Artuso: «Il Caruso del Giro, nato dopo la Sanremo»

27.05.2021
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L’Italia si sta raccogliendo sempre di più attorno a Damiano Caruso. Il siciliano ci sta facendo sognare con le sue prestazioni, tanto più dopo l’exploit di ieri verso Sega di Ala in cui ha rintuzzato la maglia rosa di Bernal e gli ha anche dato tre piccoli, ma chissà se anche preziosi, secondi. Con il preparatore della Bahrain-Victorious, Paolo Artuso, parliamo proprio delle prestazioni di Damiano.

A Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato Bernal
A Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato Bernal
Paolo, ma è vero che Caruso non è mai andato così forte? Tra le voci che girano sul suo conto c’è anche questa…

No, però sta bene. E’ sui valori dello scorso anno al Tour de France. E’ molto simile anche per quel che riguarda il peso e la percentuale di massa grassa. Solo che vediamo che va forte perché al Giro d’Italia fa lo sforzo in momenti differenti rispetto al Tour dell’anno scorso. Lì correva in appoggio e magari faceva delle tirate a 15-10 chilometri dall’arrivo. Qui le fa nel momento clou della gara.

Però non dovendo partire con i gradi di capitano, ci sta che Damiano non abbia fatto certi tipi di lavori? Ci riferiamo a quelli più esplosivi, che danno brillantezza.

Damiano era qui per Mikel Landa, ma la preparazione sarebbe stata la stessa. Anche nel caso fosse stato leader non sarebbe cambiato nulla. Ha lavorato come Mikel, come un capitano.

Beh, meglio così! Almeno anche Damiano non ha chissà quali tarli nella testa…

Io dico che abbiamo lavorato bene. Abbiamo fatto due alture, una a febbraio e una ad aprile. Credo che la scelta vincente sia stato lo stop di otto giorni dopo la Sanremo.

Il siciliano impegnato sul Giau
Il siciliano impegnato sul Giau
In quella settimana Caruso non ha pedalato per niente?

Magari qualche uscita l’ha fatta, ma solo se ne aveva voglia. Era libero. L’obiettivo era recuperare e lui si è ben gestito. E poi nel secondo ritiro sul Teide abbiamo lavorato alla grande. Siamo andati in progressione con i carichi e abbiamo fatto la rifinitura al Romandia, cosa che è un po’ naif se si sta preparando il Giro. 

Perché siete andati al Romandia allora? 

Abbiamo optato per questa scelta anomala poiché Damiano voleva una soddisfazione personale. Al Romandia sarebbe stato il leader e lì, pur essendo appena sceso dall’altura e quindi non all’apice della forza, ha chiuso 9° nella generale. In quelle condizioni scattano energie positive a livello mentale. Damiano ne è uscito più sereno e tranquillo. Aveva la certezza di aver lavorato bene.

E la testa conta molto…

Sì, poi all’Uae Tour magari non si è visto ma nella prima tappa è caduto a 60 all’ora, il giorno dopo c’era la crono e ne ha risentito. Alla Tirreno ha perso terreno per un problema meccanico in un momento sbagliato ed era comunque in appoggio a Landa. E poi abbiamo curato bene tutto, anche l’alimentazione. Qui al Giro le cose sono cambiate dopo Ascoli. Quando piano piano gli abbiamo parlato e lo abbiamo iniziato a far ragionare e a far correre da leader, in seguito alla caduta di Landa.

Correre da leader…

Sì, ha smesso di fare avanti e dietro dall’ammiraglia, a guardare tutto e tutti. Quelle mansioni sono passate a Valls. In tal senso la vittoria di Mader il giorno dopo il ritiro di Landa ha aiutato molto la squadra ad alleggerire la pressione per aver perso il leader appunto.

Verso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per Caruso
Verso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per Caruso
Nel giorno di riposo Caruso è andato a scalare un duro passo come il San Pellegrino: perché?

Perché volevo che facesse un po’ di fatica. La tappa di ieri all’inizio era in discesa e le salite c’erano nel finale, non volevo perdesse il ritmo e così ha fatto 10′-15′ con dei lavoretti fino a toccare il fuori soglia in salita per riattivare il metabolismo, ma senza stancarsi, giusto pochi secondi. In tutto ha fatto un’ora e mezza. Eravamo a Canazei: 18 chilometri per andare a prendere il San Pellegrino, il passo che era di 13 chilometri e siamo rientrati. In cima si è ben coperto perché iniziava a piovere, a fare freddo.

Se aveste saputo che sarebbe stato capitano quindi non avreste cambiato nulla nella preparazione?

No, come ripeto abbiamo lavorato bene sotto ogni aspetto: crono, alimentazione, programma di lavoro. Damiano è tranquillo e piano piano ha iniziato a crederci. E poi abbiamo una posizione mentale buona: Bernal è “irraggiungibile” e sugli altri abbiamo un piccolo gap di vantaggio.

Facciamo del fantaciclismo: con quanto distacco dovrebbe arrivare a Milano Caruso da Bernal?

Beh, considerando che Damiano può dargli un secondo al chilometro, dico 30”. Ma attenzione perché Bernal non va piano contro il tempo. Ce lo ricordiamo quando in un Giro di Svizzera rifilò 20” a Dennis che era ancora con noi.

La sala da pranzo (con cucina) mobile della Israel Start-Up

25.05.2021
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Marginal gains, restrizioni del Covid, aumento della qualità della vita nelle settimane di gara: la sala pranzo mobile ne è una conseguenza. Di cosa parliamo? Del “motorhome” (cucina e sala da pranzo appunto) che usano alcune squadre. I primi ad adottare questa soluzione furono gli Sky, ora Ineos-Grenadiers, ma adesso non sono più soli. Anche la Israel StartUp Nation ne ha uno e il suo “padrone” è Gianpaolo Cabassi, lo chef. Con lui scopriamo questo mezzo.

Fino a dieci posti a sedere, una tv maxischermo, una macchina del caffè, fornelli, forno… Leonilde Tresca, che con la sua ditta (Tresca Transformer) allestisce anche i bus del circus del ciclismo, l’ha dotato di ogni utilità. Ufficialmente questo mezzo si chiama Cellar&Bistrot Restaurant on Tour.

Paolo, parlaci di te prima di tutto. Da quanto tempo segui le gare dei professionisti?

Vengo da Paderno Franciacorta, Brescia, e questo è il mio 34° grande Giro consecutivo: Giro, Tour e Vuelta, uno dietro l’altro, oltre alle altre gare. Ho iniziato ai tempi della Katusha. Ci arrivai tramite un amico, stavano cercando un cuoco. Era il 2010 e da allora non ho più smesso. Ho cucinato per Freire, “Purito” Rodriguez, Paolini…

Gianpaolo Cabassi, chef della Israel Start-Up Nation
Gianpaolo Cabassi, chef della Israel Start-Up Nation
Come è nata l’idea di questo mezzo?

Dal nostro sponsor Vini Fantini, quindi da Valentino Sciotti. E’ lui che ha voluto investire nel motorhome, sia per il discorso del Covid che per una crescita in generale del team. Per me è molto meglio perché c’è più privacy e perché con la pandemia, la bolla e tutto il resto, era sempre più difficile cucinare negli hotel.

E per te quindi è più facile?

E’ più semplice da una parte perché ho tutto a portata di mano, spesa e tutto il resto, ma certo devo avere un occhio di riguardo per la pulizia della cucina e della sala da pranzo.

Come è strutturato?

In due aree principali, la cucina e la sala da pranzo, dove c’è il tavolo per mangiare e il piano del buffet. E’ un camion grande e c’è un autista che lo conduce, mentre io guido il mio furgone dispensa.

Il motorhome: dietro la la sala da pranzo, al centro la cucina, davanti la motrice
Il motorhome: dietro la la sala da pranzo, al centro la cucina, davanti la motrice
Paolo, cosa cucini ai ragazzi?

Non c’è una dieta specifica perché cambia di giorno in giorno, ma trasformo il cibo in piatti gourmet, per alleggerire la testa dei ragazzi. Se devono mangiare barbabietole io gli preparo un tortino di barbabietole. L’occhio vuole la sua parte.

Lavori a stretto giro con il nutrizionista?

Sì, ne ho due con cui mi interfaccio. Ci troviamo e traiamo insieme degli spunti. Loro sono la teoria, io la pratica. In più sul tavolo del buffet c’è una bilancia nel caso in cui i corridori vogliano pesare i loro cibi, ma ormai devo dire che quasi tutti si conoscono e la usano molto poco.

Stilate il menù di tappa in tappa…

In realtà ho già pronto il menù per tutto il Giro da prima del via. Ne abbiamo parlato già a gennaio nel primo ritiro e poi lo abbiamo perfezionato in base ai corridori tra marzo e aprile. Il menù è rapportato a quello che prevede la tappa il giorno dopo. A partire dall’integrazione post gara che va fatta subito. Per esempio dopo la frazione di Gorizia sul bus hanno mangiato straccetti di tacchino.

La tavola è pronta e aspetta i corridori
La tavola è pronta e aspetta i corridori
E poi immaginiamo i soliti riso e pasta…

Sì, ma quelle sono anche scelte individuali. Per esempio al mattino tra coloro che ho qui al Giro solo Cimolai mangia la pasta, mentre Daniel Martin manda giù solo porridge e se c’è una frazione impegnativa ci aggiunge del riso in bianco condito con frutti rossi freschi. Froome invece mangia tanto riso: a pranzo, a cena e a colazione. Riso ed omelette.

E nel tuo motorhome è previsto lo “sgarro” o il dolcetto a fine cena?

Quella è la priorità assoluta. Deve essere diverso tutti i giorni e lo cucino con alimenti non troppo grassi. Preparo mousse, budino di riso, crostata… Si sgarra la sera prima del giorno di riposo. Un pizza e una birretta o un hamburgher. Quello è il solo momento in cui ci si “lascia” andare, anche perché sono pietanze che preparo io con ingredienti meno pesanti e di qualità. La carne, per esempio, la prendo dal mio macellaio di fiducia prima di partire, per il pesce invece mando un’e-mail in hotel e per quel giorno faccio in modo di averlo fresco.

Cabassi delizia i corridori con i suoi piatti gourmet
Cabassi delizia i corridori con i suoi piatti gourmet
I ragazzi cosa dicono di questo loro “angolo”?

Questo è il primo Giro che ci facciamo e sono molto contenti. Possono parlare con più serenità, c’è maggiore tranquillità. Froome invece ci era abituato. E’ un ambiente importante per loro.

Anche lo staff può mangiarci?

No, il motorhome è esclusivamente per i corridori. Il resto del team mangia in hotel.

Ponomar, il bimbo del Giro. Poche parole, tanti fatti

25.05.2021
3 min
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Con i suoi 18 anni Andrii Ponomar è il corridore più giovane del Giro d’Italia. Di fronte a lui persino Remco Evenepoel sembra un’esperto e Bernal un “vecchietto”. L’Ucraino corre con l’Androni Giocattoli-Sidermec. Fino a qualche mese fa i suoi avversari erano i ragazzi che vanno a scuola, che devono prendere la patente, adesso invece eccolo tra Nibali e Yates

Ponomar (il primo a destra) è approdato all’Androni questo inverno, ha fatto lo junior in Italia
Ponomar (primo a a destra) è approdato all’Androni questo inverno

Scuola Franco Ballerini

Andrii non è molto loquace, primo perché parla poco l’italiano, e secondo perché è proprio così: poche chiacchiere e tanta sostanza.

«Il Giro? Bello. “Io contento”. Come me lo aspettavo? Così…». Non è facile tirargli fuori commenti ed emozioni, però i suoi compagni e lo staff ci dicono che invece si è ben inserito nel gruppo e sta bene in compagnia. Ponomar, che viene dalla scuola della toscana Franco Ballerini, ha fatto quindi il grande salto juniores-professionisti. Un qualcosa che è sempre meno raro, per chi ha le qualità come lui. Ma certo ritrovarsi a fare un Giro non è cosa da poco.

Fisico possente, neanche tiratissimo, ha dei margini enormi. E se un ragazzino dopo 14 tappe si ritrova in fuga verso lo Zoncolan qualcosa di buono deve averlo per forza. «Io ogni giorno mi sento più forte – dice Ponomar – ma la tappa alla vigilia del primo giorno di riposo (la L’Aquila-Foligno, ndr) per me è stata la più dura. Ero stanco».

L’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembre
L’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembre

Un gestione delicata

Come gestiranno in casa Androni questo talento? «Con la massima attenzione verso l’atleta – spiega il team manager Gianni Savio – Andrii chiaramente deve imparare non tanto, tutto. Lo abbiamo portato per fargli fare esperienza, senza la minima pressione. Non so se ritirerà, non abbiamo un programma preciso in tal senso. Finché starà bene e se la sentirà andrà avanti. Io più che con lui sono in stretto contatto con il medico della squadra, Andrea Giorgi. Lo monitoriamo costantemente la mattina e la sera. E se Giorgi mi dirà che i suoi valori sono in calo, che sta andando oltre i suoi limiti io andrò dal ragazzo e lo fermerò». 

Ponomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fuga
Ponomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fuga

Fuga sì, fuga no!

Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare vista la sua giovane età, Ponomar non ha un corridore di stretta fiducia che gli stia accanto, in corsa e fuori. Un po’ tutti e un po’ nessuno sono le sue “chiocce”. Lui ama fare da solo, provare sulla propria pelle.

«Chi mi aiuta? Nessuno… Però anche io aiuto la squadra – rilancia come a sentirsi sminuito – ho cercato di andare in fuga e mi sarebbe piaciuto andarci di più. Cosa mi piace del Giro? Quando vinco, quello è bello!».

Sorride Savio che è al suo fianco. 

«I primi giorni – dice il team manager piemontese – durante le riunioni mi diceva: io quando in vado in fuga? Quando tocca a me? E io lo tenevo buono. Dopo una settimana di Giro ha smesso di chiedermelo! E’ un bravo ragazzo, taciturno, come avete visto, ma anche gioviale. Ha un grande motore, ma non mettiamogli fretta». E infatti l’altro giorno è andato in fuga verso lo Zoncolan: il coraggio (e il motore) non gli mancano.

Trek Segafredo Enervit

Enervit, ecco come si collabora con i professionisti

24.05.2021
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Per affrontare al meglio le tre settimane del Giro d’Italia ricopre un ruolo fondamentale l’alimentazione, che deve essere studiata sulle esigenze e le necessità dei corridori. Ogni squadra ha una collaborazione con un’azienda specializzata nell’integrazione alimentare. Tra queste c’è Enervit, che rifornisce due WorldTour come la Trek-Segafredo e la UAE Team Emirates. Per capire come funziona la collaborazione fra l’azienda di integratori e le squadre, abbiamo parlato con Paolo Calabresi, Enervit Marketing Director Sport&Fitness Division.

Fernando Gaviria
Fernando Gaviria uno dei velocisti presenti al Giro d’Italia (Credits @PhotoFizza)
Fernando Gaviria
Fernando Gaviria della UAE Team Emirates è uno dei velocisti presenti al Giro d’Italia (Credits @PhotoFizza)
Le squadre vengono rifornite di tutto il materiale a inizio stagione oppure lo fate in più tranche?

Lo facciamo in più tranche perché desideriamo che i team abbiano il prodotto sempre “fresco”. E soprattutto perché ci coordiniamo, nei diversi periodi dell’anno, con i responsabili della gestione dei prodotti relativi all’integrazione sulla base delle necessità.
 

Ci sono prodotti che da inizio stagione fino ad oggi sono maggiormente richiesti o comunque richiesti più del previsto? Se ci sono quali sono?
 

Abbiamo studiato le loro esigenze e abbiamo lanciato nuovi prodotti, tra cui Isocarb con rapporto maltodestrine/fruttosio 2:1, che è diventato in poco tempo uno dei più utilizzati e ordinati dai team. Lo sviluppo del prodotto è stato fatto a stretto contatto con gli atleti con l’obiettivo di massimizzare la quantità di carboidrati assorbibili nell’unità di tempo, in gara e in allenamento.

Qual è il risultato?

La messa a punto di un prodotto per chi pratica sport di endurance e ha l’esigenza di assumere alte quantità di carboidrati, in base all’intensità e alla durata dell’attività sportiva, facilmente assimilabili e nel minor tempo possibile. E’ nato Isocarb, un prodotto perfetto per gestire al meglio una strategia di integrazione, un Nutrition System che permetta di modulare il rapporto di carboidrati a seconda della tipologia di sforzo da affrontare, fino ad arrivare a 90 grammi ora. Questo è il quantitativo richiesto per gli sforzi più intensi come quelli dei professionisti.  

Quali sono gli altri prodotti molto richiesti?

Altri prodotti molto richiesti dai team, e tra i più apprezzati, sono gli Sport Gel, le Competition Bar e gli Isotonic Gel.
 

Enervit Isocarb
Enervit Isocarb 2:1 è uno dei prodotti più usati
Enervit Isocarb
Enervit Isocarb 2:1 è uno dei prodotti più utilizzati dai team professionistici
Per il Giro d’Italia studiate una strategia alimentare in collaborazione con i nutrizionisti delle due squadre?
 

La strategia alimentare, che è messa a punto dai nutrizionisti dei team e per la quale è richiesto a Enervit di fornire dei prodotti per poterla implementare, è quella di stare il più vicino possibile ai 90 grammi carboidrati l’ora.
Enervit già da tempo sta lavorando a strategie differenti col suo Nutrition System, in base alla tipologia di sforzo da sostenere. Un sistema nutrizionale che si basa sui grammi di carboidrati ora e non più su una strategia generale legata al percorso.

Può essere una strategia utile anche a livello amatoriale?

In ambito amatoriale, dove ci sono grandi divari di prestazioni all’interno di uno stesso evento, non si può pensare di attuare una strategia unica che accontenti tutti i partecipanti. Per questo siamo passati a strategie personalizzate.

Avete preparato delle strategie nutrizionali per i diversi percorsi delle singole tappe?

La strategia nutrizionale è preparata dallo staff medico della squadra con il loro nutrizionista. Per le tappe più dure, come quelle di montagna, si tende a sostituire l’integrazione solida con quella liquida, dai prodotti in borraccia ai gel tradizionali, come Liquid Gel e Isotonic Gel. Nelle prime ore c’è una parte di integrazione solida ma poi, tendenzialmente, si passa ad un’integrazione a base di liquidi in borraccia alternata a diverse tipologie di gel.
 

Enervit Isotonic Gel
Tra i prodotti molto richiesti dai prò c’è l’Isotonic Gel
Enervit Isotonic Gel
Tra i prodotti più richiesti ed usati dai professionisti c’è l’Isotonic Gel
Date dei suggerimenti su cosa mangiare e bere in base alle condizioni meteo che troveranno i corridori? Nel senso, suggerite che in caso di brutto tempo e freddo è meglio assumere certi integratori e in caso di bel tempo e caldo è meglio assumerne altri?
 

Gli staff medici dei team hanno fornito calcoli specifici sulla perdita di liquidi in base alle condizioni meteo, alla temperatura, e sui singoli corridori.
Sulla base di questo viene modulata l’integrazione, attraverso acqua, Sali minerali e prodotti energetici in borraccia. Con climi più freddi si può pensare ad un’alimentazione con una quota di grassi leggermente superiore, come frutta secca e omega-3. Nel periodo di preparazione, in inverno, c’è un uso maggiore di prodotti proteici per supportare l’attività muscolare.
Sono stati richiesti, oltre a prodotti a base proteica, vitamina C, multivitaminico ed Enervit Difese Immunitarie.
 

I corridori consumano più barrette o più gel?
 

E’ sempre soggettivo. Ogni atleta ha i suoi gusti. Nelle prime ore di corsa vengono privilegiate le barrette, per poi passare ai gel. In allenamento viene preferita un’integrazione con barrette.
Poi ci sono casi, come Jasper Stuyven del Team Trek-Segafredo che, essendosi posto come obiettivo la Milano-Sanremo, aveva testato nei ritiri in altura una speciale integrazione esclusivamente a base di gel. Alternando gel tradizionali a Isotonic Gel, per arrivare a utilizzare nella fase finale quelli con caffeina.

Qualcuno ha mai fatto delle richieste particolari?

Con grande soddisfazione riscontriamo un elevatissimo tasso di gradimento dei nostri prodotti da parte dei team. Pertanto ci è stato solo richiesto di customizzare qualche prodotto per avere il giusto quantitativo di carboidrati. In termini di efficacia e gusto riusciamo a coprire tutte le esigenze dei due team
 

Richeze ci spiega qualcosa su Molano e la sella di Gaviria

23.05.2021
4 min
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Sereno e rilassato prima della tappa dello Zoncolan: solo un velocista può esserlo. E Maximiliano Richeze lo è. Sembra assurdo ma se l’altimetria non fa temere per il tempo massimo è così per gli sprinter. Di solito è la salita in partenza ad alimentare queste paure. E non a caso le ruote veloci del gruppo erano ben più tese a Castel di Sangro, con il Passo Godi in avvio.

Il campione argentino in carica si gode l’abbraccio di amici, moglie e figlia. E intanto con noi fa il bilancio sul Giro d’Italia di Fernando Gaviria e dei velocisti.

Prima volata del Giro a Novara: Richeze guida Gaviria e Molano è in terza ruota
Prima volata del Giro a Novara: Richeze guida Gaviria e Molano è in terza ruota

Il caos di Verona

Si parte dall’ultima volata disputata, cioè quella di Verona. Che in qualche modo ha visto protagonista la sua Uae.

«E’ stata una volata abbastanza veloce – dice Richeze – sapevamo che c’era un arrivo molto lineare. Eravamo ben posizionati e tutto stava andando bene. Poi Fernando ha avuto un po’ di problemi all’ultimo chilometro e in quel momento ci siamo un po’ persi. E niente… Abbiamo sprecato una grandissima opportunità perché eravamo in ottima posizione e lui stava molto bene. Con “Seba”  (Molano, ndr) e con il resto della squadra avevamo fatto un bel lavoro per tutta la tappa».

A Foligno Molano (che si è appena spostato sulla sinistra) ha tirato lo sprint anche a Sagan
A Foligno Molano (che si è appena spostato sulla sinistra) ha tirato lo sprint anche a Sagan

Cambio ruolo

Molano. Criticatissimo nel primo sprint vinto da Merlier, autore di qualche imprecisione nel finale, il colombiano è oggetto di analisi. E ci si chiede perché quest’anno l’ultimo uomo sia stato lui e non lo stesso Richeze.

«Bueno, praticamente Molano si è inserito ora nel treno – dice Richeze – e spesso faceva fatica a trovare gli spazi giusti, a capire certe dinamiche sul prendere le posizioni. E siccome io ho più esperienza abbiamo deciso di cambiare: io penultimo e lui ultimo uomo». 

Le parole di Richeze ci dicono come sia più complicata la preparazione della volata vera e propria. Se tutto fila liscio infatti l’ultimo uomo del treno in teoria deve “solo” (le virgolette sono d’obbligo) tirare forte e lanciare il velocista che si presuppone sia stato fatto uscire dal penultimo uomo. Un po’ quello che è successo a Foligno proprio con Molano, solo che alla sua ruota dovrebbe esserci il suo velocista e non un avversario, nello specifico Gaviria e non Sagan.

«Esattamente per questo motivo abbiamo deciso di cambiare un po’ i ruoli, per spendere meno energie per trovare la posizione giusta. Molano è molto forte, ma sta imparando adesso il mestiere. E non è facile. Con un velocista come Fernando poi, che è tra i migliori al mondo, bisogna essere perfetti. In più siamo al Giro».

Al via di Cittadella Gaviria viene a richiamare Richeze: «E’ ora di andare».
Al via di Cittadella Gaviria viene a richiamare Richeze: «E’ ora di andare».

La sella di Gaviria

Con Richeze si parla poi degli altri velocisti.

«Li ho visti un po’ tutti in palla – dice Richeze – sono andati forte e quasi tutti hanno vinto. A volte è anche questione di fortuna. Anche Viviani non va piano, è in grandissima posizione ma come Fernando non è riuscito a vincere. Il livello era molto alto. 

«Per esempio a Verona Elia si è toccato con qualcuno. Io ero indietro ma ho rivisto lo sprint solo la sera e ho notato che si è toccato, ma è normale. Le volate sono così, si va sempre a limite e per questo dico che tutto deve filare liscio».

Infine la domanda più curiosa: ma dove ha perso la sella Gaviria verso Verona?

«Eh – ride Richeze – l’ha persa all’ultimo chilometro. Quando prima ho detto che aveva avuto un problemino mi riferivo a questo. Per questo ha perso le ruote. Era in punta di sella, all’improvviso gli è scappata e si è ritrovato sul telaio della bici. Ha fatto tutto il finale in piedi. Per questo dispiace. Una grande gamba se pensate che ha fatto uno sprint di 800 metri. Speriamo nella tappa di oggi verso Gorizia».

Fortunato re dello Zoncolan e Albanese se lo gusta alla tv

22.05.2021
4 min
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Lorenzo Fortunato lo Zoncolan se lo sognava da un po’, lo temeva, lo desiderava, lo voleva. Questa mattina al via da Cittadella era il più concentrato e teso dei suoi. Tutta la sua giornata non è stata affatto una sorpresa però. Ieri sera, come fa sempre, ha aperto il Garibaldi e ha studiato la tappa, dando vita a sogni e programmi. Tuttavia come lui stesso ammette vive alla giornata. Tanto che oggi era la prima volta che scalava il Mostro della Carnia.

Lasciata la pianura la fuga entra tra i monti della Carnia
Lasciata la pianura la fuga entra tra i monti della Carnia

Come Basso

«Non mi rendo conto di quello che ho fatto – dice emozionato il corridore della Eolo-KometaEro partito con l’idea di andare in fuga dopo due giorni in cui ho dormito un po’ e non l’avevo presa. Sentivo e sapevo che stavo bene. Se penso che ero felice già solo per essere al Giro d’Italia, figuriamoci adesso come posso stare».

Nei ripidissimi tremila metri finali Fortunato è di una cattiveria agonistica unica. Sguardo da killer con gli occhi incollati sull’asfalto. Un’azione che ricorda molto quella di Ivan Basso, oggi suo team manager, quando vinse quassù nel 2010. Anche Lorenzo come Ivan non si è mai voltato. Dava di spalle ma continuava a girare le gambe.

«Non pensavo a niente, spingevo e basta. E il non pensare credo mi abbia aiutato. Non avevo nessuna pressione». 

Basso al lavoro con la Eolo-Kometa, professional nata quest’anno. Fortunato era alla Vini Zabù
Basso al lavoro con la Eolo-Kometa, professional nata quest’anno. Fortunato era alla Vini Zabù

Grazie alla Eolo-Kometa

Lorenzo viene da Castel de Britti, Bologna, stesso paese di un certo Alberto Tomba. Ma se il suo conterraneo le piste da sci le faceva in discesa lui le costeggia in salita. La stradina che si arrampica ai 1.730 metri dello Zoncolan da questo versante infatti risale proprio le piste da sci, che tra l’altro sono ancora innevate e oggi erano spazzate da nuvole e da un vento a dir poco freddo, con la temperatura appena sopra allo zero.

Fortunato ringrazia il team: dai massaggiatori, ai diesse, dai compagni a Basso e Contador. E’ un fiume in piena. 

«Luca Spada (il fondatore di Eolo, ndr) mi ha abbracciato sull’arrivo. Basso invece stamattina prima di scendere dal bus mi ha preso da parte e mi ha detto secco: “Fortu”, tu oggi vai in fuga, arrivi sotto allo Zoncolan e vinci la tappa. Ivan ci credeva più di me, più di tutti. Mentre io ci ho creduto solo quando ho passato la linea di arrivo».

Tratnik ha attaccato sullo Zoncolan, Fortunato ha chiuso e ai 2.300 metri lo ha staccato
Tratnik ha attaccato sullo Zoncolan, Fortunato ha chiuso e ai 2.300 metri lo ha staccato

Sognando il Lombardia 

La storia di Fortunato con la bici ha origine grazie al papà, Marco, un cicloamatore.

«Ho iniziato con gli amatori uscendo la domenica: senza pretese, senza stress. Ho continuato, ho continuato e oggi ho vinto sullo Zoncolan. Prima avevo provato calcio, basket, atletica.

«Se mi chiedevano quale fosse il mio obiettivo ad inizio Giro la mia risposta sarebbe stata: farmi vedere. Adesso invece… Penserò a vincere ancora, magari un giorno conquisterò il Giro di Lombardia. La mia ragazza, Veronica, è di Erba, da qualche tempo vivo lì e mi piacerebbe vincere nella mia seconda casa. Dopo il Giro dell’Emilia, però!»

Lo scalatore bolognese è compagno di stanza di Samuele Rivi, ma è amico di “vecchia data” di Vincenzo Albanese. Fortunato infatti ha corso in Toscana da dilettante, all’Hopplà, dove c’era anche Albanese.

Un sorridente Vincenzo Albanese a fine tappa
Un sorridente Vincenzo Albanese a fine tappa

Albanese stop al maxischermo

E se Lorenzo aveva preso la fuga del mattino il merito era stato anche di Albanese. Vincenzo nel drappello dei fuggitivi ci è rimasto a lungo, fino ai pedi dello Zoncolan. Il toscano si è sobbarcato la maggior parte del lavoro, o meglio, ha spinto più di Fortunato. Lui, Affini (per Bennett) e Mosca (per Mollema) erano i “gregari” in fuga. Fortunato a quel punto ha dovuto pensare “solo” a mangiare e a sprecare il meno possibile.

Quando Albanese taglia il traguardo, Fortunato è sul podio. Rispetto ad altri, in cima, il suo volto è sorridente e disteso. 

«Se sapevo della vittoria di Lorenzo? Certo! Ai 3 chilometri c’era un maxi schermo, ho visto che mancavano 500 metri e così mi sono fermato a vederlo. L’ho guardata alla televisione! Troppo bello… Tanto per me non c’era fretta. Poi piano, piano sono ripartito. Io e Francesco Gavazzi lo abbiamo aiutato ad uscire dal gruppo, cosa che non gli riesce molto bene. Gli ho detto: stai alla mia ruota e ti porto fuori io. Poi lui nel finale è stato bravissimo a finalizzare».

Rivi ci porta in fuga con sé, fra numeri e sensazioni

22.05.2021
5 min
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La tappa di ieri, la Ravenna-Verona di 198 chilometri era la più piatta di tutto il Giro d’Italia. Su carta una tappa facile da interpretare, tanto più che non c’era vento, l’unica possibile insidia. Ma come si affronta una frazione simile? Quanto spende un corridore? Cosa pensa? Lo abbiamo chiesto a Samuele Rivi della Eolo-Kometa uno dei tre fuggitivi, insieme agli altri due attaccanti più stakanovisti del Giro: Simon Pellaud dell’Androni Giocattoli e Umberto Marengo della Bardiani Cfs Faizanè.

Dopo l’arrivo Rivi ha cercato subito dei liquidi
Dopo l’arrivo Rivi ha cercato subito dei liquidi
Samuele, la tua fuga era programmata?

Sì, perché io in squadra sono colui che ha meno possibilità di attaccare quando c’è salita e quindi tra noi della Eolo-Kometa toccava a me ieri.

Siete partiti al chilometro zero, giusto?

Esatto, con una tappa del genere così piatta si sapeva che non ci sarebbe stata bagarre, che si sarebbe arrivati in volata. Ci siamo ritrovati in tre davanti. Un’azione così andava bene agli uomini di classifica e alle squadre dei velocisti. In più con la fuga in atto, anche in caso di vento laterale ci sarebbe stata meno bagarre in gruppo. Una fuga del genere per prenderla servono un po’ di volontà e buone gambe.

Quindi non si è lottato: di solito si fanno dei lunghi periodi a tutta prima di prendere il largo…

Di solito è così: per 10-15′ anche 20′ si gira molto forte, ma ieri in una fuga come la nostra si è andati subito regolari. Abbiamo cercato di prendere il ritmo.

E cioè? A quanto andavate?

Quasi sempre sui 42-43 all’ora, tanto il vantaggio come sempre è il gruppo che lo decide. Magari se avessimo spinto a 50 all’ora, avremmo subito preso 6′. Poi però anche il gruppo si sarebbe messo a 50 all’ora e a quel avremmo dovuto sfinirci per tutta la tappa per restare davanti.

C’era vento?

Un po’, quasi sempre laterale e a favore nel finale.

La tabella riassuntiva dei dati espressi ieri da Rivi in gara
La tabella riassuntiva dei dati espressi ieri da Rivi in gara
Che rapporti hai spinto e che cadenza avevi?

Quasi sempre il 54×14 e la cadenza media è stata, dato del computerino alla mano, di 88 rpm.

Andatura regolare, però nel secondo traguardo volante hai forzato anticipando Pellaud e Marengo. In quel caso a quanto andavi e con che rapporto?

Memore di un piccolo screzio-incomprensione che era accaduto in occasione del primo traguardo volante, ho fatto 3,5 chilometri molto forte. Andavo via con il 54×12 a 95 rpm, quindi andavo sui 55-56 all’ora. In quel caso è una lunga volata e non vai a “mezzo gas”. Io quando spingo di solito mi attesto sempre poco al di sotto delle 100 rpm. Mi viene naturale. Non c’è una regola fissa chiaramente.

Capitolo alimentazione, quanto e cosa hai mandato giù? Ricordiamo che la temperatura era di 22-24 gradi circa.

Cinque borracce le ho consumate tutte, quattro di acqua e una di maltodestrine. Se fossi rimasto in gruppo in una tappa tipo quella di ieri forse avrei bevuto meno, ma in fuga hai più tempo per pensare e non ti distrai. Ho mangiato 3 rice cake, 3 barrette e 2 gel isotonici. Uno l’ho preso a 40 dall’arrivo e uno intorno ai meno 20. Ho mangiato “a sentimento” non avevo una tabella precisa, ma credo che tra una mangiata e l’altra passavano 30′-40′. Alla fine non abbiamo bruciato tantissimo. Io mi sono fermato a 3.600 calorie.

Beh, neanche poco…

Nei giorni precedenti più volte abbiamo sballato le 5.000 calorie.

Parliamo dei numeri. Prima di tutto toglici una curiosità: ma in una tappa “biliardo” come quella di ieri in piena Pianura Padana quanto dislivello si accumula?

Il computerino segnava 432 metri: tutti ponti e dossi! Io faccio partire la registrazione al chilometro 0 perché se per radio mi dicono per esempio, al chilometro 140 c’è il traguardo volante, io devo avere il riscontro preciso sul display e non devo stare a calcolare anche il trasferimento (che ieri era di 5,5 chilometri).

Rivi, Pellaud e Marengo, sono i tre corridori in fuga ieri nella Ravenna-Verona
Rivi, Pellaud e Marengo, sono i tre corridori in fuga ieri nella Ravenna-Verona
Samuele, veniamo ai numeri: potenza, battiti… Ma prima dicci quanto sei alto e quanto pesi?

Sono alto 187 centimetri e peso 73 chili. Vi dico i dati: i battiti medi di ieri sono stati 133 e quelli massimi 181. La potenza media è stata di 230 watt, quella normalizzata di 285 e quella massima di 1.320 watt toccata in occasione del primo traguardo volante.

E la velocità?

Io ho fatto 42 di media oraria, ma va considerato che per la mia filosofia, cioè che se non sono davanti nel finale è inutile fare fatica, risparmio energie. E così negli ultimi 3 chilometri dopo che ci hanno ripreso sono andato tranquillissimo e mi sono volutamente staccato dal gruppo (lasciandosi sfilare ultimo a 2’58” da Nizzolo, ndr). Nel finale prima di essere riassorbito ho provato ancora perché semmai fossi riuscito a restare solo avrei insistito un altro po’. Un po’ di visibilità in più: per noi professional è importante.

Giustamente bisogna risparmiare, il Giro è lungo e oggi poi c’è lo Zoncolan…

Per assurdo la tappa di oggi per me, che in salita non posso attaccare, è “tranquilla”. Immagino ci sarà la bagarre per andare in fuga, ma dalla salita prima dello Zoncolan si formerà il gruppetto e a quel punto con il rapportino andrò all’arrivo.

Chiudiamo con una battuta: ma in una fuga come quella di ieri come passate il tempo? Si parla?

Sì, un po’ abbiamo chiacchierato. Pellaud è il più loquace. E’ stato l’animatore della fuga. Tende a fare il simpatico ma certe volte dovrebbe essere più concentrato!

Affini (quasi) come Freire. Una botta da finisseur

21.05.2021
3 min
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Quasi come Oscar Freire. Sul traguardo di Verona, dove lo spagnolo vinse il campionato del mondo nel 1999, Edoardo Affini è stato autore di un attacco degno del migliore dei finisseur. È partito agli 800 metri e per qualche istante è sembrato anche che ce la potesse fare.

Un’azione di potenza, di classe, inaspettata. Un gesto tecnico come sempre più raramente se ne vedono.

Affini (a sinistra) prova la zampata, un gesto tecnico-atletico di spessore
Affini (a sinistra) prova la zampata, un gesto tecnico-atletico di spessore

Una sorpresa

«Non so neanch’io cosa sia successo – dice divertito il gigante della Jumbo Visma – La nostra idea era quella di fare il treno per Groenewegen. Un finale caotico dopo una tappa abbastanza semplice per cui tutti eravamo non dico freschi, perché a metà Giro non si può esserlo, ma c’era nervosismo. Era l’ultima occasione per gli sprinter e la velocità era altissima. Nell’ultimo chilometro ho trovato uno spazio 100 metri prima che ci si richiudesse con l’ultima curva. A quel punto ho pensato fosse il momento di andare, ma con la convinzione di avere alla ruota il mio velocista».

Nizzolo sopravanza il mantovano negli ultimi metri
Nizzolo sopravanza il mantovano negli ultimi metri

Ha fatto il vuoto

E in effetti Affini spinge come un forsennato. Guadagna 20-30 metri. L’inquadratura dall’elicottero lascia sognare.
«Spingevo, spingevo – racconta Affini – quando ho cominciato a guardare per terra sulla mia ruota posteriore e ho visto che dietro non c’era nessuno. A quel punto ho continuato a “blocco totale”… Nessuna comunicazione via radio. Mi sono mancati 15-20 metri penso, non di più. Ripeto: assolutamente non era un’azione programmata. E’ nata per caso sul momento».

Tappa piatta e andatura lenta, nel finale c’erano tante energie in gruppo
Tappa piatta e andatura lenta, nel finale c’erano tante energie in gruppo

Le scritte dalla maglia

A chi gli fa notare che a Torino aveva perso per un distacco maggiore, Affini sorride e annuisce.
«Ah sì! A Torino sono stati 10 secondi, qua non so… 15 metri. Andavamo a 65 all’ora quindi quanto sarà stato: un secondo forse?». 
Fisico possente, il mantovano ha nelle corde questi numeri. È una sorta di Ganna anche lui, sia per le caratteristiche del cronoman che per i watt nelle gambe. E chissà che questa azione non possa dargli il “la” per nuovi scenari e nuove consapevolezze.
«Con la coda dell’occhio ho visto Nizzolo che risaliva come un razzo e, come si dice in gergo, mi ha tolto le scritte dalla maglia!».

Affini (col body) al via della Ravenna-Verona, pronto ad indossare il casco aero
Affini (col body) al via della Ravenna-Verona, pronto ad indossare il casco aero

Un po’ veronese

Affini è un po’ a casa anche lui come Formolo e Viviani. Ciclisticamente parlando è cresciuto nel veronese. Qui si è formato da allievo e da juniores, Pedale Scaligero prima e Contri Autozai poi. Stamattina lo avevamo visto al via tranquillo e sorridente. Parlava con il pubblico alle transenne prima di recarsi al foglio firma. Però ci aveva colpito il fatto che avesse scelto di correre con il body nonostante i 200 chilometri da fare.
«No, non c’entra nulla con il mio attacco. Di solito quando ci sono tappe così piatte con la squadra scegliamo il body e il casco chiuso aerodinamico».