Per Egan Bernal la tappa di Sega di Ala ha segnato un momento chiave del suo Giro d’Italia, nel bene e nel male. Bene perché si è salvato, male perché ha perso alcune certezze. Quel giorno il colombiano ha vissuto il momento più difficile della sua corsa e quella “botta” ne ha poi caratterizzato anche il resto, con determinati atteggiamenti tattici (più difensivi) adottati nelle frazioni successive.
Bernal nei giorni a venire continuava a dire di aver mangiato, di aver bevuto… come se la piccola defaillance a Sega di Ala fosse dipesa da una “crisi di fame” e non dal mal di schiena a cui tutti pensavano. Dario David Cioni però non la pensa così.
Dario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-GrenadiersDario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-Grenadiers
Una giornata no
La Canazei-Sega di Ala veniva dopo il giorno di riposo, prevedeva un’altimetria particolare (molta discesa all’inizio e salite alla fine) ed è stata corsa ad una velocità folle: la frazione pertanto nascondeva molte insidie.
«Io non credo si possa far riferimento ad una questione di alimentazione – dice Cioni – per me si è trattato di una normale “giornata di traverso”. Come si sa nelle gare di tre settimane un giorno storto capita a tutti. Io ero nell’ammiraglia che stava sulla fuga quel giorno dietro Moscon, ma da quello che mi risulta non ci sono state comunicazioni sul fatto che Bernal non si sia alimentato bene. Tutto è filato nella norma».
Inizia la scalata di Sega di Ala: la BikeExchange tira e Bernal manda giù un gel
Ai -2,5 chilometri, ripreso da Caruso, Bernal ha ancora la borraccia
Ultimo chilometro, la borraccia non c’è più. Una scalata ben gestita sul piano alimentare
Inizia la scalata di Sega di Ala: la BikeExchange tira e Bernal manda giù un gel
Ai -2,5 chilometri, ripreso da Caruso, Bernal ha ancora la borraccia
Ultimo chilometro, la borraccia non c’è più. Una scalata ben gestita sul piano alimentare
Alimentazione nella norma
La maglia rosa è seguita da Ainoha Prieto, nutrizionista spagnola della Ineos-Greandiers. Lei calibra quantità e qualità dei cibi a seconda dello sforzo fatto e quello da fare e anche in questo caso tutto è filato secondo la norma. Anche nel dopo tappa e nel giorno successivo, la frazione verso Stradella.
Fino a qualche tempo fa il giorno di riposo era uno dei più duri dal punto di vista dell’alimentazione. Tanti corridori ci dicevano che non era facile mangiare pochissimo e al tempo stesso avere meno impegni durante la giornata e lo stomaco che brontola per la fatica fatta nei giorni precedenti. Adesso però molto è cambiato. Magari, ma è una supposizione, Bernal ha tirato un po’ la cinghia per paura di ripartire con quel “chiletto” di troppo (che poi è soprattutto di liquidi). Gli scalatori hanno queste “fissazioni” legate al peso, tanto più prima di una tappa di salita.
Tanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldoTanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldo
Riposo anomalo…
Ma allora cosa può essersi inceppato quel giorno?
«Piuttosto – riprende Cioni – se proprio dovessi trovare una spiegazione oltre alla classica giornata no, punterei più il dito sul giorno di riposo. Quello potrebbe aver influito. E’ stato un giorno di riposo un po’ strano: faceva freddo, c’era maltempo e i ragazzi, Egan incluso, non sono riusciti a fare molto. E infatti Bernal ha fatto i rulli, 45′ un’ora al massimo. Senza contare che quel giorno è stato il primo un po’ più caldo e i corridori venivano dal gelo della tappa di Cortina».
A questo punto la prima cosa che ci viene in mente è la “disidratazione”, ma con due virgolette grosse così. Primo perché ha fatto un’ora scarsa di rulli, secondo perché comunque li ha fatti il giorno prima e terzo perché non possiamo neanche lontanamente immaginare che la Ineos, o comunque una squadra di professionisti, commetta un simile errore.
E infatti sempre Cioni aggiunge: «Non credo. Bernal consuma 2-3 borracce ogni ora. Una bella quantità, tra l’altro lui alterna molto acqua e maltodestrine». Ed è stato così anche verso Sega di Ala.
Egan Bernal ha vinto il Giro d'Italia utilizzando gli scarpini Sidi Sixty, leggeri e performanti, ideali per correre anche in condizioni meteo sfavorevoli
Edward Ravasi doveva essere il capitano della Eolo-Kometa, l’uomo di classifica della squadra di Ivan Basso e invece il corridore lombardo ha reso meno di quel che ci si aspettava. Come mai? Cosa è successo? Facciamo questa analisi direttamente con lui che, con grande lucidità, conferma la nostra idea e ci spiega come sono andate le cose nel suo difficile Giro d’Italia.
Edward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generaleEdward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generale
Edward, innanzi tutto come è stato il risveglio in questi giorni? Sei stanco?
Mi sono risvegliato a casa e ho potuto riabbracciare il mio letto e ammetto che ho faticato un po’ a alzarmi. In più in la sera di Milano con la squadra abbiamo fatto un’apericena a “Casa Eolo” con staff, diesse, corridori, Spada… un modo per salutarci e per festeggiare il nostro primo Giro d’Italia.
Cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto della corsa rosa?
Parto da cosa non mi è piaciuto. Mi sono dovuto scontrare con giorni abbastanza duri, nei quali il freddo, che soffro veramente tanto, mi ha bloccato. Soprattutto nelle prime tappe sugli Appennini e lo stesso quel giorno sul Giau: credo che se non avessero accorciato la tappa mi sarei fermato. In più sono caduto a Chieti. Mi sono rialzato subito convinto che non fosse niente, invece strada facendo mi si è gonfiato il braccio sinistro e la gamba. Ho passato 3-4 giorni difficili, facevo fatica a rilanciare la bici, a stare in gruppo.
E le cose belle?
Il pubblico. E’ stato bello rivedere tanta gente a bordo strada. E poi la nostra vittoria sullo Zoncolan. Ha vinto Fortunato, ma potevo esserci io. Quel giorno ce la sentivamo proprio. Dovevamo andare in fuga, eravamo motivati a fare bene. Sarebbe toccato ad uno di noi entrare nella fuga buona.
Il varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limiteIl varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limite
Tu dovevi essere il capitano del team, secondo a un Tour de l’Avenir, hai fatto una Vuelta…
E anche un Giro – puntualizza Ravasi – nel 2017 da neopro’. Purtroppo come ho detto le cose non sono andate bene. Già nella tappa di Sestola il freddo mi ha bloccato e ho perso subito velleità di classifica. Da quel momento il corpo non ha più risposto come volevo. Sono andato bene a Sega di Ala. Quel giorno ho provato a lottare per la top ten, avevo ripreso e staccato Bardet nel pezzo più duro, ma forse ho anche un po’ esagerato e nel chilometro finale ho pagato un po’. Ma è anche vero che avevo speso molto, avevo provato a fare il “pronti e via” per andare in fuga. Ci ho riprovato anche verso l’Alpe di Mera e l’Alpe di Motta ma nella prima ora di pianura uno di 60 chili come me (Ravasi è alto 1,81 metri, ndr) spreca molto.
Basso è stato corridore e uomo di classifica, ti dava consigli?
Ivan è sempre stato con noi. Lui così come Zanatta e i diesse. Ogni giorno ci spronavano a dare il massimo, a dirci quando mollare perché magari si poteva fare qualcosa il giorno dopo. Non abbiamo mai corso solo per far vedere la maglia. E credo si sia visto. Ivan mi ha detto di stare tranquillo sin dalla sera di Sestola. Mi ha detto che a quel punto avrei cercato una vittoria di tappa. Mi resta l’amaro in bocca per non essere riuscito ad esprimermi come volevo e mi dispiace perché ho fatto davvero tanti sacrifici, sarebbe bastata una giornata fatta bene e sarebbe cambiato tutto.
Però è stata un’esperienza, non sei un ragazzino (Ravasi è un classe 1994, ndr) ma neanche un vecchietto…
Sì certo. A Sega di Ala ho capito che posso stare davanti. E infatti Ivan me lo ha detto subito a fine tappa: visto che c’eri nonostante tu abbia fatto il “pronti e via”? Mi ha fatto notare che potevo stare con i primi dieci della classifica. Questo Giro ha evidenziato qualche qualità e anche dove ho sbagliato, a cominciare dalla testa e dall’aspetto fisico.
A Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finaleA Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finale
In che senso?
Che non serve a nulla essere troppo magri se poi paghi così tanto gli eventi naturali, il freddo per intenderci, anche se poi io lo soffro lo stesso. Sono partito sin troppo tirato. Però tutto questo adesso è utile per tirare una riga per il prosieguo della stagione e della carriera.
Che programmi hai?
Farò qualche giorno di riposo, poi andrò all’italiano e poi ancora staccherò del tutto. E penserò alla seconda parte di stagione. Non ho un calendario definitivo, ma l’idea è di fare un bel “reset”. Non ho corso molto, ma ho lavorato tanto, per questo mi spiace di come sia andato il Giro: so quanto avevo fatto e come andavo. Comunque credo che farò il blocco delle corse italiane, quelle da fine agosto ad ottobre per chiudere la stagione al top con qualche gara tipo il Giro dell’Emilia più adatta a me. E nel mezzo non so se farò Burgos o il Giro di Sardegna.
Ravasi ammette molto: errori e qualche limite. Ma la presa di coscienza è già un ottimo passo e se il corridore della Eolo-Kometa riuscirà a farne tesoro sarà un ottimo passo in avanti per lui e per il nostro ciclismo. Questo ragazzo è un talento e va tutelato fino alla fine.
E come succede al termine della scuola anche per il Giro d’Italia ecco arrivare le pagelle. Chi è promosso, chi è bocciato e chi rimandato. I nomi da inserire in questo elenco potrebbero essere moltissimi, noi abbiamo selezionato coloro che nel bene o nel male ci hanno colpito e che sono entrati nell’economia della corsa o nel cuore dei tifosi.
I promossi
Partiamo da coloro che hanno ben figurato, non solo per i risultati ma anche per la tenacia e la gestione della gara, pensando anche ai direttori sportivi.
Puccio in testa e Ganna alla sua ruota, la Ineos-Grenadiers ha controllato il GiroPuccio in testa e Ganna alla sua ruota, la Ineos-Grenadiers ha controllato il Giro
Tosatto e la Ineos: 10 e lode
Praticamente perfetti. Hanno attaccato quando c’era da attaccare, si sono difesi quando c’era da difendersi. Hanno vinto con Ganna le due crono. Cosa aggiungere? Verso l’Alpe Mera poi un capolavoro tecnico-tattico nella gestione della scalata di Bernal. Yates attacca, il colombiano sta bene ma vede anche le streghe per quel suo mal di schiena. Dall’ammiraglia MatteoTosatto gli fa ignorare gli avversari, gli tiene vicino Catsrovejo e Martinez ed Egan va recupera.
E poi che amalgama nel team. Ineos che ride, che si diverte, un team di amici. Puccio ormai è più che un capitano, un manager in corsa che gestisce tutto e tutti. Se Pellaud è il re dei chilometri in fuga lui è quello con più chilometri in testa a tirare. Moscon un gioiello che sa far male come pochi. Tosatto ha cambiato volto alla corazzata dal cuore di pietra.
A Verona Nizzolo rintuzza Affini e coglie il suo primo successo al GiroA Verona Nizzolo rintuzza Affini e coglie il suo primo successo al Giro
Nizzolo, non più solo secondo
Campione italiano, campione europeo, velocista formidabile e “poco personaggio”, eppure questo Maciste del pedale è rimasto in un team che lo scorso autunno stava per sparire, sarebbe potuto andare (quasi) ovunque ma è rimasto a tirare la carretta. Con lui sono rimasti anche altri leader, vedi Campenaerts. Zitto, zitto ha preso per mano la squadra sudafricana ed eccoli: tre tappe vinte (una con lui stesso a Verona) e un po’ più di ottimismo verso il futuro, per lui e per il team. Lo aspettiamo a Leuven per i mondiali.
Alberto Bettiol vince la frazione di Stradella. L’urlo liberatorio del toscanoAlberto Bettiol vince la frazione di Stradella. L’urlo liberatorio del toscano
Bettiol, l’urlo che tutto cambia
Finalmente. Bello. A tratti bellissimo. Era ora che Alberto Bettiol mostrasse chi è per davvero. Questo ragazzo ha un motore grosso come una casa e una classe infinita. Ha corso il Giro spesso davanti, anche nelle tappe in cui non te lo aspetti, ha vinto con una cattiveria che non aveva mai mostrato. Quando ha detto che non credeva si potesse vincere con il mal di gambe, più che la frase ci ha colpito il fatto che forse davvero è cambiato qualcosa nella sua testa. Ha lavorato bene. Ha passato un inverno durissimo. Fossimo in Cassani stamattina andremmo a fargli il biglietto per Tokyo.
Andrea Vendrame in fuga verso Bagno di RomagnaAndrea Vendrame in fuga verso Bagno di Romagna
Vendrame, benvenuto tra i grandi
Stesso discorso di cui sopra, ma fatte le debite proporzioni. Almeno per ora. E sì perché se a Bettiol mancava la testa quella era l’arma di vincente di Andrea. Bellissima ed entusiasmante la sua vittoria a Bagno di Romagna. Un trionfo voluto, cercato, studiato al dettaglio, quasi (anzi senza quasi) curva per curva. Vendrame è un lottatore, un corridore moderno che ha dalla sua uno spunto veloce come pochi altri, specie se si pensa alla sua tenuta in salita. Adesso deve trovare continuità e potrà entrare a far parte dell’Olimpo dei grandissimi del nostro ciclismo.
Oltre a non smarrirsi dopo il ritiro di Landa, la Bahrain ha vinto il premio fair playOltre a non smarrirsi dopo il ritiro di Landa, la Bahrain ha vinto il premio fair play
Volpi e Pellizotti, camaleontici…
Sono venuti al Giro con la squadra più forte dopo la Ineos, un capitano, Landa, solido e che dava certezze. Dopo cinque tappe gli è crollato il mondo addosso. In poco più di una settimana hanno perso tre uomini e che uomini (Landa, Mader e Mohoric). A quel punto potevano, tanto più che avevano già vinto una tappa, continuare ad andare a caccia di questo o quel traguardo senza dannarsi l’anima, invece… Pellizotti e Volpi hanno ridisegnato la squadra, riassegnato i ruoli, resettato la testa di Caruso. E’ anche grazie a loro se abbiamo vissuto un Giro bellissimo e pieno di emozioni.
I bocciati
E i bocciati? Ecco la parte più difficile di queste pagelle. Non tutti hanno dato il massimo e raccolto quel che ci si aspettava, a volte per sfortuna, altre per negligenza.
Ewan primo a Termoli, il giorno dopo lascerà il GiroEwan primo a Termoli, il giorno dopo lascerà il Giro
Velocisti senza grinta
Si era partiti da Torino un gran parterre di ruote veloci. Invece hanno corso senza un grande piglio dimostrando poco rispetto per il Giro. Una volta poi che Sagan ha indossato la ciclamino per loro, o meglio per quei pochi di loro rimasti, si trattava solo di arrivare ogni giorno nel tempo massimo. Sono arrivate fughe su fughe denotando uno scarso interesse.
In tanti si sono smaterializzati. Merlier cinque giorni dopo il ritiro ha vinto la Ronde van Limburg, lo stesso Nizzolo è sparito dai radar, Groenewegen idem… Peccato non si sia smaterializzato il comodino addosso al quale “ha sbattuto” Caleb Ewan in hotel. Queste scuse risparmiatecele. Andrebbe reintrodotta la regola che fino a che non termina la gara a cui si stava partecipando non si può prendere parte ad un’altra competizione.
Montalcino, Evenepoel non va e Almeida lo aspettaMontalcino, Evenepoel non va e Almeida lo aspetta
Deceuninck-QuickStep, un disastro?
La presenza e la gestione di Remco Evenepoel li ha fatti vacillare. Si è deciso di puntare, non si sa bene come, sul giovane belga che non correva da otto mesi, che rientrava da un infortunio mostruoso e che era alla prima esperienza in un grande Giro. Tutto ciò aggravato anche dalla contemporanea gestione di Almeida, messo troppo presto a fare da spalla a Remco.
Capiamo che in un team belga, un corridore che in patria è già leggenda, che ha un seguito mediatico enorme e che ha da poco rinnovato il contratto meriti delle attenzioni, ma farsi scombussolare così proprio non ce lo aspettavamo dalla corazzata di Lefevere. Unica, piccola, attenuante è che per la prima volta partivano per far classifica in un grande Giro.
Simon Yates, il suo Giro è stato un continuo di alti e bassiSimon Yates, il suo Giro è stato un continuo di alti e bassi
Simon Yates, il più misterioso
Questo ragazzo è proprio un oggetto misterioso. Ed è per questo che lo mettiamo tra i bocciati, non tanto per i risultati: ha vinto una tappa ed è salito sul podio finale. Se è in giornata sarebbe in grado di battere persino Alaphilippe, altrimenti potrebbe arrivare col gruppetto dei velocisti. Tre anni fa dominò il Giro per due settimane salvo pagare dazio nella terza. Memore di quella disfatta quest’anno sembrava essere partito più piano, ma poi è andato a corrente alternata. L’exploit della terza settimana non c’è stato o è stato effimero. Si dice che dopo il Tour of the Alps abbia avuto un piccolo stiramento ad una gamba.
Per Viviani (Cofidis) due terzi posti in questo GiroPer Viviani (Cofidis) due terzi posti in questo Giro
Viviani e il trenoCofidis che non va
Caro Elia non ci siamo proprio. L’arrivo nella sua Verona è la foto del suo attuale momento: parte lo sprint ma si tocca con un avversario e addio sogni di gloria. Ma perché si tocca? Perché è troppo indietro nel momento cruciale. I rivali continuano a dire che va forte, che è sfortunato, però da qui a non azzeccare nessuna volata ce ne passa. Non ha mai dato la reale sensazione di poter vincere. Manca qualcosa e deve sbrigarsi a capire cosa: Tokyo è qui.
Ma se il veronese ha le sue colpe il suo treno non è da meno. Un treno che su carta era il più corposo del Giro. Sabatini non si è visto, Consonni idem: il suo momento di visibilità lo ha trovato grazie ad una fuga. Al termine di questa stagione andranno riviste molte cose: squadra, obiettivi, treno, preparazione.
Per Giovanni Visconti qualche intoppo prima del Giro ma qualche fuga l’ha azzeccataPer Giovanni Visconti qualche intoppo prima del Giro ma qualche fuga l’ha azzeccata
Battaglin e Visconti, poche gambe
Spiace dirlo ma da due così ci si aspettava parecchio di più. Visconti qualcosa ha fatto vedere, ma “Battaglia”… Era il momento più importante della loro stagione. Capiamo che il livello è alto ma potevano e dovevano farsi vedere di più, avere più inventiva. Visconti qualche fuga l’ha azzeccata e ci ha provato anche in frazioni che non erano troppo adatte alle sue corde, Battaglin mai della partita. Reverberi di certo non avrà gradito.
I rimandati
Infine uno sguardo a chi è rimandato: né bocciato, né promosso. Corridori che in qualche modo si sono visti e che meritano una riflessione.
Per Nibali un Giro difficile, un paio di tentativi di fuga e tanta faticaPer Nibali un Giro difficile, un paio di tentativi di fuga e tanta fatica
Nibali, dicci presto cosa fare
Cominciamo dallo Squalo. Il suo Giro sta tutto nelle parole dette ad Alessandra De Stefano al Processo alla Tappa: «Sarebbe stato più facile restare a casa che venire al Giro dopo l’incidente al polso di fine aprile». E qualche giorno prima: «Sto soffrendo come un cane». Parole di una sincerità e di un ‘umiltà che se dette da un campione della sua portata gli fanno onore per la sua onesta ma che al tempo stesso pesano come un macigno.
Cosa si fa, Vincenzo? Cosa si può raccogliere ancora? C’è spazio per trovare la condizione in vista delle Olimpiadi? Sarebbe importante saperlo a breve così da tirare una riga ed eventualmente tararsi su altri obiettivi. Il credito Nibali ce l’ha, ma la posta in palio è alta. Questa situazione va risolta quanto prima.
Lorenzo Fortunato in azione sulle rampe dello ZoncolanLorenzo Fortunato in azione sulle rampe dello Zoncolan
Fortunato, che non sia una meteora
Bravo, bravissimo. Lorenzo ha vinto una delle frazioni più attese di questo Giro, quella dello Zoncolan, ha concluso alla grande la terza settimana. E’ arrivato 16° nella generale, primo dei corridori delle squadre professional. E’ un classe 1996, c’è subito da capire cosa vuol fare da grande. Qui urgono italiani per le grandi corse a tappe visto che anche Ciccone ancora non scioglie “la sua prognosi”.
Partito bene (7° a Torino) Evenepoel si è ritirato dopo 17 tappePartito bene (7° a Torino) Evenepoel si è ritirato dopo 17 tappe
Evenepoel, adesso viene il bello
Facciamo fatica a giudicare Remco, credeteci. Per forza e determinazione dovrebbe stare tra i promossi, ma i suoi sorrisi, le dichiarazione continue «Va tutto bene», sono diventate ridondanti e poco credibili. La squadra lo ha protetto e gli ha lasciato fare ciò che voleva, come per esempio esordire al Giro dopo tanti mesi di stop tanto per infortunio. A nostro avviso una scelta scellerata. Questo non è un corridore come gli altri. Per tutelarlo troppo si rischia di fare peggio.
La speranza è che abbia davvero recuperato al 100% e che, passato questo “rodaggio”, torni l’Evenepoel spaccamontagne che tanto piace, altrimenti il ciclismo avrà perso molto.
Per alcuni doveva essere la sua consacrazione definitiva e magari anche la maglia rosa di Milano. Per altri doveva solo fare esperienza e ritrovarsi dall’infortunio: c’erano tante aspettative e pressioni su Remco Evenepoel.
Qui più che parlare di cosa ci si aspettava dal belga, vogliamo analizzare il suo Giro d’Italia, spulciando piccoli dettagli e comportamenti tenuti tappa per tappa. E non solo in corsa.
Remco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvioRemco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvio
Leone a Torino
Le prime frazioni sono filate con il sorriso stampato sulla bocca. Il ritornello stava quasi diventando un “disco incantato”: «Sono contento di essere tornato in gara dopo l’incidente al Lombardia», diceva Evenepoel.
E con il sorriso, ma anche con tanta determinazione il gioiellino di Lefevere si lancia dalla rampa della crono di Torino. Cosa ci ha colpito? La scioltezza con cui ha guidato la sua bici da crono. Solo Ganna ha fatto (e rischiato) di più, segno che ci credeva e che si allena molto su quella bici. L’ultima volta che Remco aveva affrontato Pippo a crono era stato in Argentina un anno fa e lo aveva schiantato. Su tali presupposti si potrebbe dire che il belga abbia perso una battaglia invece è stato il primo tra gli uomini di classifica.
Nelle due tappe successive non commette errori, né atti particolari se non che corre davanti, scortato dai compagni il che fa pensare che in Deceuninck-Quick Step ci credono eccome e non ci sia solo la storiella dell’esperienza. Tutto scorre tranquillo e la gamba sembra esserci.
Sempre sorridente, forse troppo?
Ogni mattina al via era assalito dai giornalisti
Sempre sorridente, forse troppo?
Ogni mattina al via era assalito dai giornalisti
A Sestola si salva
A Sestola, primo arrivo duro e con brutto tempo, Remco perde 10”. Si fa un po’ sorprendere nel momento dell’attacco. Per la prima volta resta solo. Tuttavia quello è, crono a parte, uno dei momenti migliori del suo Giro. Di certo lo è sulla gestione dei nervi. Piove, è solo, è il primo vero banco di prova, resta indietro, nel finale ci sono degli avvallamenti in discesa affatto semplici… Lui però si rimbocca le maniche e perde molto meno di quel che ci si poteva aspettare dopo gli attacchi di Landa e Bernal.
Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)
Voglia di rosa
Le tappe passano, la fatica inizia a farsi sentire. Remco però continua a recuperare posizioni in classifica generale (è secondo) e anzi punta alla maglia rosa. E’ un furetto pronto persino a sprintare sui traguardi volanti pur di indossarla come verso Foligno. Un atteggiamento che ci è piaciuto, sia nei confronti del Giro sia per il suo entusiasmo.
Ma non corriamo avanti e facciamo un passo indietro. Ascoli, Guardia Sanframondi, Campo Felice: si affrontano tappe impegnative, nervose, tatticamente delicate e spesso corse sotto l’acqua. E’ forse questo il nemico principale di Evenepoel: la pioggia in discesa.
Il forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosaIl forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosa
Assaggi di fatica sugli Appennini
Scendendo da Forca di Presta attorno a lui la Deceuninck piazza degli uomini. Remco fa un po’ l’elastico: a volte è in fondo al gruppo, anche un po’ rigido, e a volte è davanti. E’ evidente che ha delle difficoltà. Difficoltà che però non sono di gambe, in quanto in quella stessa tappa, a San Giacomo, arriva con Bernal staccando i migliori.
Qualcosa di simile lo ripete due giorni dopo a Campo Felice. Nel giorno della consacrazione di Bernal, Remco resta imbrigliato nel tratto sterrato tra le transenne e un corridore. Smette di pedalare, mentre Egan scappa. Nei 400 metri finali forse è il più veloce in assoluto, rimonta 7-8 corridori. Chiude quarto, senza abbuoni e sfiora la maglia rosa.
In ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da BernalIn ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da Bernal
Lo schiaffo di Montalcino
Ogni mattina in mix zone Evenepoel è letteralmente preso d’assalto dai giornalisti, belgi soprattutto. E lui imperterrito continua a ridere e a dispensare tranquillità. Noi invece qualche dubbio iniziamo a nutrirlo. Il sorriso c’è, ma inizia ad essere inespressivo, “vuoto”.
Nel giorno di riposo va in scena un conferenza stampa fiume. Remco non sta fermo un attimo, ride. Parte il refrain: «Sono già contento di essere qui – ma poi aggiunge – se pensavo di non poter vincere il Giro non sarei neanche partito». La bomba è definitivamente innescata. Lo stress della corsa inizia a salire e il giorno dopo a Montalcino quella bomba scoppia.
Una tappa delicata, complicata per un veterano, figuriamoci per un novellino (dal quale media e tifosi si aspettano la luna). Scricchiola sul primo sterrato ma in qualche modo anche grazie all’Astana ci mette una pezza, poi crolla prima di nervi e poi (un po’) di gambe nel secondo. In quel momento cambia tutto il suo Giro. Si stacca la radiolina, non vuol parlare con l’ammiraglia.Almeida prima lo aspetta, poi lo la lascia lì, poi lo riaspetta. Dieci minuti di totale blackout. Sembrava si ritirasse. La cosa “strana” di questa crisi era che nonostante davanti menassero forte, Remco non perdeva poi così tanto. Nei tratti su asfalto andava quasi come i migliori e se non hai gambe questo non puoi farlo. A fine tappa, il diesse Bramati ancora in ammiraglia è delusissimo, ma più per l’atteggiamento. «Stasera riordineremo le idee», ci disse a botta calda.
Prima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borracciaPrima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borraccia
Il crollo…
Remco continua a sorridere, ma è un sorriso senza entusiasmo. Forse ha capito che in bici si soffre anche. Va lodato però il suo comportamento. Continua a correre nelle posizioni che contano del gruppo (ma non più in salita e si vede già verso Bagno di Romagna), si muove bene. Sul piano tecnico non sbaglia un colpo: mantellina quando serve, alimentazione (notiamo che mangia spesso), ha sempre la borraccia nel portaborraccia e lo vediamo anche quando a fine tappa fra le transenne dopo l’arrivo le regala ai tifosi. Sotto questo punto di vista è ineccepibile.
Ma il destino lo aspetta al varco. Anche se fai tutto bene, un grande Giro e il meteo non sono facili da domare. Neanche se ti chiami Evenepoel. Il gelo della Sacile-Cortina lo respinge. E lo fa già prima del Giau. Adesso sì che forse inizia a pagare anche sul piano fisico. Arriva stremato nella Perla delle Dolomiti, ma non molla ancora.
La fatica sullo Zoncolan
Keisse lo spinge a Sega di Ala, in serata il comunicato della squadra: Evenepoel si ferma qui
La fatica sullo Zoncolan
Keisse lo spinge a Sega di Ala, in serata il comunicato della squadra: Evenepoel si ferma qui
Il ritiro
Sfrutta il giorno di riposo e ci riprova verso Sega di Ala. Di fatto il suo Giro finisce sul Passo di San Valentino, penultima ascesa di giornata. Il sole lo aiuta e lui si apre la maglia. Rispetto ai giorni dello Zoncolan e del Giau si muove proprio in modo diverso sulla bici, tuttavia si stacca quasi subito. E’ solo, non ha compagni. Si mette con la testa bassa e mulina il rapporto. Ad un tratto si riaccoda alla scia delle ammiraglie. In questi casi il corridore sa che il gruppo non è lontano e con ancora maggiore piglio rientra sulla maglia rosa. Da applausi, se non altro per il carattere.
Poi però in discesa cade. Riemergono (forse) i fantasmi del Lombardia e prende una forte botta al braccio sinistro. Gli ultimi 35 chilometri sono uno stillicidio. Arriva a Sega di Ala scortato dai compagni che in precedenza gli erano dietro a 36’28”. La squadra lo ferma: «Continuare così adesso non ha più senso». «Tornerò», dice lui. E noi glielo auguriamo, in fin dei conti è un patrimonio del ciclismo mondiale.
Tris di Evenepoel a San Sebastian. Attacco in salita a 73 chilometri dall'arrivo e poi sprint a due con Pello Bilbao. Poteva staccarlo? Forse non ha voluto
Digerita la Liegi, Evenepoel riparte dal Tour of Norway e riprende a vincere. Volata sullo strappo e arrivo in solitaria. Solita sicurezza e piedi per terra
Tra i 58 debuttanti del Giro d’Italia di quest’anno c’era anche Andrea Pasqualon. Non solo, ma lui era anche il più esperto di questi con i suoi 33 anni e 127 giorni al via da Torino. Velocista atipico (anche ieri era in fuga verso l’Alpe di Mera), il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert ciclisticamente parlando è molto più “straniero” che italiano. O almeno lo era fino a questo Giro.
Andrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di StradellaAndrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di Stradella
Andrea, dicevamo debuttante al Giro a 33 anni suonati…
Eh già! Eccomi qui finalmente. Le squadre con cui militavo non mi portavano! Prima con la Wanty non ci invitavano, adesso che siamo WorldTour dobbiamo partecipare ed è abbastanza ovvio che un italiano che corre in un team belga sia portato al Giro.
Tu corri all’estero già da un po’…
Alla Roth, una professional, non si facevano i grandi Giri. E quando ero con Reverberi al Team Colnago probabilmente ero troppo giovane ed inesperto per esserci. Avevo 21 anni. Però prima del Giro ho fatto tre Tour de France.
E infatti proprio di questo volevamo parlare. Eterna domanda: che differenze hai trovato tra le due corse?
Lo stress – risponde secco Pasqualon – al Tour ce n’è tantissimo ed è in tutto. Qui spesso si parte più tranquilli, al Tour per andare in fuga c’è una lotta totale. Anche se devo dire che anche qui al Giro più volte abbiamo lottato tantissimo. Verso Sega di Ala c’è voluta più di un’ora prima che la fuga partisse. E poi cambia il discorso mediatico e della gente. Al Tour quando sali sull’Alpe d’Huez c’è uno scenario unico. Anche se mi rendo conto che qui si risente ancora del Covid e il meteo non ha aiutato. Penso al tappone dolomitico dimezzato, alle presenze limitate sullo Zoncolan.
Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)
Cosa ti è piaciuto di questo Giro?
Mi è piaciuto che si vive con un po’ più di relax e questo consente delle tappe con più tattica, al Tour tutto è più calcolato. Qui invece la fuga spesso è arrivata. C’è più spazio per le inventive.
Se dieci anni fa Reverberi (diesse della Colnago) ti avesse fatto esordire, come sarebbe stato il tuo debutto?
Credo un po’ più facile. Dieci anni fa le medie erano un po’ più basse. Adesso sono tutti molto preparati, c’è la massima dedizione anche per le tappe più facili. Tra diesse e corridore c’è un rapporto diverso in gara. Sì, anche all’epoca già c’erano le radioline, ma adesso in ammiraglia c’è una tecnologia pazzesca tra App, software, tablet e di conseguenza la corsa è molto più tenuta sotto controllo. Per altri aspetti sarebbe stato invece per me un Giro più difficile. Adesso ho più esperienza. Vivo la corsa con più tranquillità. E tutto sommato quando decido di andare in fuga ci riesco.
Eri sia in quella di Sega di Ala che in quella verso l’Alpe Mera…
Sì, ma le ultime fughe sono andate via perché alcune squadre volevano così e non perché i corridori siano scappati di forza. Bora-Hansgrohe e Ineos-Grenadiers, ma soprattutto la Bora per difendere la maglia ciclamino di Sagan, hanno fatto il blocco davanti al gruppo. Nella tappa più lunga per esempio ho provato ad andare in fuga, avrò fatto 30 scatti, ma non ci sono riuscito, poi un mio compagno ne ha fatto uno e ci è entrato. Perché? Perché in quel momento hanno fatto il blocco, non facevano passare in testa al gruppo. Ho provato a rientrare dopo ma avevano già 200 metri e non sono più riuscito ad agganciarmi. Se io fossi in maglia ciclamino lotterei fino alla fine, ma evidentemente a loro va bene così.
Però! Dalla tv certe dinamiche si colgono meno, molto meno. Torniamo al tuo debutto. C’era una tappa che avevi cerchiato in rosso?
Sì, quella di Termoli. Lì ho fatto quinto, speravo almeno nel podio. Eravamo abbastanza ad inizio Giro e in molti avevano buone gambe, magari fosse arrivata adesso sarebbe stata diversa.
Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°
Perché?
Perché c’era quello strappo di 500 metri prima dell’ultimo chilometro, poi il falsopiano dove rilanciare e infine il rettilineo per fare la volata. Un finale duro come quelli che piacciono a me, perfetto per le mie caratteristiche.
E il gruppetto?
Al Tour si fa molto poco, si forma quando il corridore proprio è sfinito e scivola indietro. Al Giro invece lo chiamano proprio, una cosa che ho scoperto qui. Ci sono quei 30-40 corridori che trovano un accordo e si chiama. Sinceramente non mi piace molto fare gruppetto. Lo faccio se il giorno dopo c’è una tappa particolarmente adatta a me e quindi cerco di risparmiare.
Tra pochi chilometri terminerà questo Giro, cosa ti porti via?
Ho scoperto di avere tanti tifosi per le strade ed è stato particolare. Bello. Sulle strade urlavano il mio nome e cognome in quasi tutte le tappe, al Nord soprattutto, ma anche Sud. Credevo che non mi conoscessero e questo mi rende fiero della mia carriera. Sapete, io non sono un corridore come poteva esserlo Pozzato che era spesso in tv e passava da eroe. Io sono sempre stato poco considerato dalla tv, dai giornalisti e in questo Giro mi sono accorto che non è così. Ho scoperto che molti si ispirano al tipo di corridore che sono. Ho ricevuto molti complimenti nelle interviste della Rai e di Eurosport per quello di positivo che trasmetto.
Tappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentareTappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentare
Alla fine sei un italiano al Giro. Il Tour non ti dà quella empatia o visibilità che può darti l’Italia…
Vero, il Giro è nostro. Gli italiani amano il Giro. Pensavo che il Tour fosse l’olimpo del ciclismo e che fosse così anche per il pubblico italiano. Invece mi sto accorgendo che se dico alla gente che ho fatto tre Tour gliene frega poco. Se invece gli dico che sto correndo il Giro: strabuzzano gli occhi e mi fanno: ma dai!
E quindi “ci” piace questo Giro d’Italia?
A questo punto dico che il Giro mi piace più del Tour e se ne prossimi anni ho la possibilità di scegliere quale fare scelgo il Giro. E poi vuoi mettere come si mangia, come sono belli gli alberghi e l’affetto della gente?
L’Italia si sta raccogliendo sempre di più attorno a Damiano Caruso. Il siciliano ci sta facendo sognare con le sue prestazioni, tanto più dopo l’exploit di ieri verso Sega di Ala in cui ha rintuzzato la maglia rosa di Bernal e gli ha anche dato tre piccoli, ma chissà se anche preziosi, secondi. Con il preparatore della Bahrain-Victorious,Paolo Artuso, parliamo proprio delle prestazioni di Damiano.
A Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato BernalA Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato Bernal
Paolo, ma è vero che Caruso non è mai andato così forte? Tra le voci che girano sul suo conto c’è anche questa…
No, però sta bene. E’ sui valori dello scorso anno al Tour de France. E’ molto simile anche per quel che riguarda il peso e la percentuale di massa grassa. Solo che vediamo che va forte perché al Giro d’Italia fa lo sforzo in momenti differenti rispetto al Tour dell’anno scorso. Lì correva in appoggio e magari faceva delle tirate a 15-10 chilometri dall’arrivo. Qui le fa nel momento clou della gara.
Però non dovendo partire con i gradi di capitano, ci sta che Damiano non abbia fatto certi tipi di lavori? Ci riferiamo a quelli più esplosivi, che danno brillantezza.
Damiano era qui per MikelLanda, ma la preparazione sarebbe stata la stessa. Anche nel caso fosse stato leader non sarebbe cambiato nulla. Ha lavorato come Mikel, come un capitano.
Beh, meglio così! Almeno anche Damiano non ha chissà quali tarli nella testa…
Io dico che abbiamo lavorato bene. Abbiamo fatto due alture, una a febbraio e una ad aprile. Credo che la scelta vincente sia stato lo stop di otto giorni dopo la Sanremo.
Il siciliano impegnato sul GiauIl siciliano impegnato sul Giau
In quella settimana Caruso non ha pedalato per niente?
Magari qualche uscita l’ha fatta, ma solo se ne aveva voglia. Era libero. L’obiettivo era recuperare e lui si è ben gestito. E poi nel secondo ritiro sul Teide abbiamo lavorato alla grande. Siamo andati in progressione con i carichi e abbiamo fatto la rifinitura al Romandia, cosa che è un po’ naif se si sta preparando il Giro.
Perché siete andati al Romandia allora?
Abbiamo optato per questa scelta anomala poiché Damiano voleva una soddisfazione personale. Al Romandia sarebbe stato il leader e lì, pur essendo appena sceso dall’altura e quindi non all’apice della forza, ha chiuso 9° nella generale. In quelle condizioni scattano energie positive a livello mentale. Damiano ne è uscito più sereno e tranquillo. Aveva la certezza di aver lavorato bene.
E la testa conta molto…
Sì, poi all’Uae Tour magari non si è visto ma nella prima tappa è caduto a 60 all’ora, il giorno dopo c’era la crono e ne ha risentito. Alla Tirreno ha perso terreno per un problema meccanico in un momento sbagliato ed era comunque in appoggio a Landa. E poi abbiamo curato bene tutto, anche l’alimentazione. Qui al Giro le cose sono cambiate dopo Ascoli. Quando piano piano gli abbiamo parlato e lo abbiamo iniziato a far ragionare e a far correre da leader, in seguito alla caduta di Landa.
Correre da leader…
Sì, ha smesso di fare avanti e dietro dall’ammiraglia, a guardare tutto e tutti. Quelle mansioni sono passate a Valls. In tal senso la vittoria di Mader il giorno dopo il ritiro di Landa ha aiutato molto la squadra ad alleggerire la pressione per aver perso il leader appunto.
Verso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per CarusoVerso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per Caruso
Nel giorno di riposo Caruso è andato a scalare un duro passo come il San Pellegrino: perché?
Perché volevo che facesse un po’ di fatica. La tappa di ieri all’inizio era in discesa e le salite c’erano nel finale, non volevo perdesse il ritmo e così ha fatto 10′-15′ con dei lavoretti fino a toccare il fuori soglia in salita per riattivare il metabolismo, ma senza stancarsi, giusto pochi secondi. In tutto ha fatto un’ora e mezza. Eravamo a Canazei: 18 chilometri per andare a prendere il San Pellegrino, il passo che era di 13 chilometri e siamo rientrati. In cima si è ben coperto perché iniziava a piovere, a fare freddo.
Se aveste saputo che sarebbe stato capitano quindi non avreste cambiato nulla nella preparazione?
No, come ripeto abbiamo lavorato bene sotto ogni aspetto: crono, alimentazione, programma di lavoro. Damiano è tranquillo e piano piano ha iniziato a crederci. E poi abbiamo una posizione mentale buona: Bernal è “irraggiungibile” e sugli altri abbiamo un piccolo gap di vantaggio.
Facciamo del fantaciclismo: con quanto distacco dovrebbe arrivare a Milano Caruso da Bernal?
Beh, considerando che Damiano può dargli un secondo al chilometro, dico 30”. Ma attenzione perché Bernal non va piano contro il tempo. Ce lo ricordiamo quando in un Giro di Svizzera rifilò 20” a Dennis che era ancora con noi.
Marginal gains, restrizioni del Covid, aumento della qualità della vita nelle settimane di gara: la sala pranzo mobile ne è una conseguenza. Di cosa parliamo? Del “motorhome” (cucina e sala da pranzo appunto) che usano alcune squadre. I primi ad adottare questa soluzione furono gli Sky, ora Ineos-Grenadiers, ma adesso non sono più soli. Anche la Israel StartUp Nation ne ha uno e il suo “padrone” è Gianpaolo Cabassi, lo chef. Con lui scopriamo questo mezzo.
Fino a dieci posti a sedere, una tv maxischermo, una macchina del caffè, fornelli, forno… Leonilde Tresca, che con la sua ditta (Tresca Transformer) allestisce anche i bus del circus del ciclismo, l’ha dotato di ogni utilità. Ufficialmente questo mezzo si chiama Cellar&Bistrot Restaurant on Tour.
Paolo, parlaci di te prima di tutto. Da quanto tempo segui le gare dei professionisti?
Vengo da Paderno Franciacorta, Brescia, e questo è il mio 34° grande Giro consecutivo:Giro, Tour e Vuelta, uno dietro l’altro, oltre alle altre gare. Ho iniziato ai tempi della Katusha. Ci arrivai tramite un amico, stavano cercando un cuoco. Era il 2010 e da allora non ho più smesso. Ho cucinato per Freire, “Purito” Rodriguez, Paolini…
Gianpaolo Cabassi, chef della Israel Start-Up NationGianpaolo Cabassi, chef della Israel Start-Up Nation
Come è nata l’idea di questo mezzo?
Dal nostro sponsor Vini Fantini, quindi da Valentino Sciotti. E’ lui che ha voluto investire nel motorhome, sia per il discorso del Covid che per una crescita in generale del team. Per me è molto meglio perché c’è più privacy e perché con la pandemia, la bolla e tutto il resto, era sempre più difficile cucinare negli hotel.
E per te quindi è più facile?
E’ più semplice da una parte perché ho tutto a portata di mano, spesa e tutto il resto, ma certo devo avere un occhio di riguardo per la pulizia della cucina e della sala da pranzo.
Come è strutturato?
In due aree principali, la cucina e la sala da pranzo, dove c’è il tavolo per mangiare e il piano del buffet. E’ un camion grande e c’è un autista che lo conduce, mentre io guido il mio furgone dispensa.
Il motorhome: dietro la la sala da pranzo, al centro la cucina, davanti la motriceIl motorhome: dietro la la sala da pranzo, al centro la cucina, davanti la motrice
Paolo, cosa cucini ai ragazzi?
Non c’è una dieta specifica perché cambia di giorno in giorno, ma trasformo il cibo in piatti gourmet, per alleggerire la testa dei ragazzi. Se devono mangiare barbabietole io gli preparo un tortino di barbabietole. L’occhio vuole la sua parte.
Lavori a stretto giro con il nutrizionista?
Sì, ne ho due con cui mi interfaccio. Ci troviamo e traiamo insieme degli spunti. Loro sono la teoria, io la pratica. In più sul tavolo del buffet c’è una bilancia nel caso in cui i corridori vogliano pesare i loro cibi, ma ormai devo dire che quasi tutti si conoscono e la usano molto poco.
Stilate il menù di tappa in tappa…
In realtà ho già pronto il menù per tutto il Giro da prima del via. Ne abbiamo parlato già a gennaio nel primo ritiro e poi lo abbiamo perfezionato in base ai corridori tra marzo e aprile. Il menù è rapportato a quello che prevede la tappa il giorno dopo. A partire dall’integrazione post gara che va fatta subito. Per esempio dopo la frazione di Gorizia sul bus hanno mangiato straccetti di tacchino.
La tavola è pronta e aspetta i corridoriLa tavola è pronta e aspetta i corridori
E poi immaginiamo i soliti riso e pasta…
Sì, ma quelle sono anche scelte individuali. Per esempio al mattino tra coloro che ho qui al Giro solo Cimolai mangia la pasta, mentre Daniel Martin manda giù solo porridge e se c’è una frazione impegnativa ci aggiunge del riso in bianco condito con frutti rossi freschi. Froome invece mangia tanto riso: a pranzo, a cena e a colazione. Riso ed omelette.
E nel tuo motorhome è previsto lo “sgarro” o il dolcetto a fine cena?
Quella è la priorità assoluta. Deve essere diverso tutti i giorni e lo cucino con alimenti non troppo grassi. Preparo mousse, budino di riso, crostata… Si sgarra la sera prima del giorno di riposo. Un pizza e una birretta o un hamburgher. Quello è il solo momento in cui ci si “lascia” andare, anche perché sono pietanze che preparo io con ingredienti meno pesanti e di qualità. La carne, per esempio, la prendo dal mio macellaio di fiducia prima di partire, per il pesce invece mando un’e-mail in hotel e per quel giorno faccio in modo di averlo fresco.
Cabassi delizia i corridori con i suoi piatti gourmetCabassi delizia i corridori con i suoi piatti gourmet
I ragazzi cosa dicono di questo loro “angolo”?
Questo è il primo Giro che ci facciamo e sono molto contenti. Possono parlare con più serenità, c’è maggiore tranquillità. Froome invece ci era abituato. E’ un ambiente importante per loro.
Anche lo staff può mangiarci?
No, il motorhome è esclusivamente per i corridori. Il resto del team mangia in hotel.
L'uso dei nitrati assunti tramite succhi e “shottini” dà vantaggi concreti. Ne parliamo con Laura Martinelli. Cominciò tutto 13 anni fa con il Team Sky
Ponomar (il primo a destra) è approdato all’Androni questo inverno, ha fatto lo junior in ItaliaPonomar (primo a a destra) è approdato all’Androni questo inverno
Scuola Franco Ballerini
Andrii non è molto loquace, primo perché parla poco l’italiano, e secondo perché è proprio così: poche chiacchiere e tanta sostanza.
«Il Giro? Bello. “Io contento”. Come me lo aspettavo? Così…». Non è facile tirargli fuori commenti ed emozioni, però i suoi compagni e lo staff ci dicono che invece si è ben inserito nel gruppo e sta bene in compagnia. Ponomar, che viene dalla scuola della toscana Franco Ballerini, ha fatto quindi il grande salto juniores-professionisti. Un qualcosa che è sempre meno raro, per chi ha le qualità come lui. Ma certo ritrovarsi a fare un Giro non è cosa da poco.
Fisico possente, neanche tiratissimo, ha dei margini enormi. E se un ragazzino dopo 14 tappe si ritrova in fuga verso lo Zoncolan qualcosa di buono deve averlo per forza. «Io ogni giorno mi sento più forte – dice Ponomar – ma la tappa alla vigilia del primo giorno di riposo (la L’Aquila-Foligno, ndr) per me è stata la più dura. Ero stanco».
L’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembreL’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembre
Un gestione delicata
Come gestiranno in casa Androni questo talento? «Con la massima attenzione verso l’atleta – spiega il team manager Gianni Savio – Andrii chiaramente deve imparare non tanto, tutto. Lo abbiamo portato per fargli fare esperienza, senza la minima pressione. Non so se ritirerà, non abbiamo un programma preciso in tal senso. Finché starà bene e se la sentirà andrà avanti. Io più che con lui sono in stretto contatto con il medico della squadra, Andrea Giorgi. Lo monitoriamo costantemente la mattina e la sera. E se Giorgi mi dirà che i suoi valori sono in calo, che sta andando oltre i suoi limiti io andrò dal ragazzo e lo fermerò».
Ponomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fugaPonomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fuga
Fuga sì, fuga no!
Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare vista la sua giovane età, Ponomar non ha un corridore di stretta fiducia che gli stia accanto, in corsa e fuori. Un po’ tutti e un po’ nessuno sono le sue “chiocce”. Lui ama fare da solo, provare sulla propria pelle.
«Chi mi aiuta? Nessuno… Però anche io aiuto la squadra – rilancia come a sentirsi sminuito – ho cercato di andare in fuga e mi sarebbe piaciuto andarci di più. Cosa mi piace del Giro? Quando vinco, quello è bello!».
Sorride Savio che è al suo fianco.
«I primi giorni – dice il team manager piemontese – durante le riunioni mi diceva: io quando in vado in fuga? Quando tocca a me? E io lo tenevo buono. Dopo una settimana di Giro ha smesso di chiedermelo! E’ un bravo ragazzo, taciturno, come avete visto, ma anche gioviale. Ha un grande motore, ma non mettiamogli fretta». E infatti l’altro giorno è andato in fuga verso lo Zoncolan: il coraggio (e il motore) non gli mancano.
Per affrontare al meglio le tre settimane del Giro d’Italia ricopre un ruolo fondamentale l’alimentazione, che deve essere studiata sulle esigenze e le necessità dei corridori. Ogni squadra ha una collaborazione con un’azienda specializzata nell’integrazione alimentare. Tra queste c’è Enervit, che rifornisce due WorldTour come la Trek-Segafredo e la UAE Team Emirates. Per capire come funziona la collaborazione fra l’azienda di integratori e le squadre, abbiamo parlato con Paolo Calabresi, Enervit Marketing Director Sport&Fitness Division.
Fernando Gaviria uno dei velocisti presenti al Giro d’Italia (Credits @PhotoFizza)Fernando Gaviria della UAE Team Emirates è uno dei velocisti presenti al Giro d’Italia (Credits @PhotoFizza)
Le squadre vengono rifornite di tutto il materiale a inizio stagione oppure lo fate in più tranche?
Lo facciamo in più tranche perché desideriamo che i team abbiano il prodotto sempre “fresco”. E soprattutto perché ci coordiniamo, nei diversi periodi dell’anno, con i responsabili della gestione dei prodotti relativi all’integrazione sulla base delle necessità.
Ci sono prodotti che da inizio stagione fino ad oggi sono maggiormente richiesti o comunque richiesti più del previsto? Se ci sono quali sono?
Abbiamo studiato le loro esigenze e abbiamo lanciato nuovi prodotti, tra cui Isocarb con rapporto maltodestrine/fruttosio 2:1, che è diventato in poco tempo uno dei più utilizzati e ordinati dai team. Lo sviluppo del prodotto è stato fatto a stretto contatto con gli atleti con l’obiettivo di massimizzare la quantità di carboidrati assorbibili nell’unità di tempo, in gara e in allenamento.
Qual è il risultato?
La messa a punto di un prodotto per chi pratica sport di endurance e ha l’esigenza di assumere alte quantità di carboidrati, in base all’intensità e alla durata dell’attività sportiva, facilmente assimilabili e nel minor tempo possibile. E’ nato Isocarb, un prodotto perfetto per gestire al meglio una strategia di integrazione, un Nutrition System che permetta di modulare il rapporto di carboidrati a seconda della tipologia di sforzo da affrontare, fino ad arrivare a 90 grammi ora. Questo è il quantitativo richiesto per gli sforzi più intensi come quelli dei professionisti.
Quali sono gli altri prodotti molto richiesti?
Altri prodotti molto richiesti dai team, e tra i più apprezzati, sono gli Sport Gel, le Competition Bar e gli Isotonic Gel.
Enervit Isocarb 2:1 è uno dei prodotti più usatiEnervit Isocarb 2:1 è uno dei prodotti più utilizzati dai team professionistici
Per il Giro d’Italia studiate una strategia alimentare in collaborazione con i nutrizionisti delle due squadre?
La strategia alimentare, che è messa a punto dai nutrizionisti dei team e per la quale è richiesto a Enervit di fornire dei prodotti per poterla implementare, è quella di stare il più vicino possibile ai 90 grammi carboidrati l’ora. Enervit già da tempo sta lavorando a strategie differenti col suo Nutrition System, in base alla tipologia di sforzo da sostenere. Un sistema nutrizionale che si basa sui grammi di carboidrati ora e non più su una strategia generale legata al percorso.
Può essere una strategia utile anche a livello amatoriale?
In ambito amatoriale, dove ci sono grandi divari di prestazioni all’interno di uno stesso evento, non si può pensare di attuare una strategia unica che accontenti tutti i partecipanti. Per questo siamo passati a strategie personalizzate.
Avete preparato delle strategie nutrizionali per i diversi percorsi delle singole tappe?
La strategia nutrizionale è preparata dallo staff medico della squadra con il loro nutrizionista. Per le tappe più dure, come quelle di montagna, si tende a sostituire l’integrazione solida con quella liquida, dai prodotti in borraccia ai gel tradizionali, come Liquid Gel e Isotonic Gel. Nelle prime ore c’è una parte di integrazione solida ma poi, tendenzialmente, si passa ad un’integrazione a base di liquidi in borraccia alternata a diverse tipologie di gel.
Tra i prodotti molto richiesti dai prò c’è l’Isotonic GelTra i prodotti più richiesti ed usati dai professionisti c’è l’Isotonic Gel
Date dei suggerimenti su cosa mangiare e bere in base alle condizioni meteo che troveranno i corridori? Nel senso, suggerite che in caso di brutto tempo e freddo è meglio assumere certi integratori e in caso di bel tempo e caldo è meglio assumerne altri?
Gli staff medici dei team hanno fornito calcoli specifici sulla perdita di liquidi in base alle condizioni meteo, alla temperatura, e sui singoli corridori. Sulla base di questo viene modulata l’integrazione, attraverso acqua, Sali minerali e prodotti energetici in borraccia. Con climi più freddi si può pensare ad un’alimentazione con una quota di grassi leggermente superiore, come frutta secca e omega-3. Nel periodo di preparazione, in inverno, c’è un uso maggiore di prodotti proteici per supportare l’attività muscolare. Sono stati richiesti, oltre a prodotti a base proteica, vitamina C, multivitaminico ed Enervit Difese Immunitarie.
I corridori consumano più barrette o più gel?
E’ sempre soggettivo. Ogni atleta ha i suoi gusti. Nelle prime ore di corsa vengono privilegiate le barrette, per poi passare ai gel. In allenamento viene preferita un’integrazione con barrette. Poi ci sono casi, come Jasper Stuyven del Team Trek-Segafredo che, essendosi posto come obiettivo la Milano-Sanremo, aveva testato nei ritiri in altura una speciale integrazione esclusivamente a base di gel. Alternando gel tradizionali a Isotonic Gel, per arrivare a utilizzare nella fase finale quelli con caffeina.
Qualcuno ha mai fatto delle richieste particolari?
Con grande soddisfazione riscontriamo un elevatissimo tasso di gradimento dei nostri prodotti da parte dei team. Pertanto ci è stato solo richiesto di customizzare qualche prodotto per avere il giusto quantitativo di carboidrati. In termini di efficacia e gusto riusciamo a coprire tutte le esigenze dei due team
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