CALPE (Spagna) – Nel mondo del ciclismo, pochi nomi evocano emozioni come quello di Mikel Landa. Lo scalatore basco, celebre per le sue imprese in salita e il suo stile spettacolare, si prepara a guidare la Soudal-Quick Step nel prossimo Giro d’Italia. Con il sole che gli sbatte in faccia e spesso lo costringe a chiudere gli occhi, Mikel ci racconta della sua stagione, la 16ª da pro’. Il suo menu è ricco di obiettivi ambiziosi, il Giro appunto ma non solo: con la Spagna ha già alzato il braccio per il mondiale in Rwanda.
Landa viene da un 2024 solido tra il grande lavoro per Remco Evenepoel e le sue buone prestazioni alla Vuelta dove ha riassaporato il ruolo di leader. Il percorso del Giro poi gli evoca bei ricordi, tra Mortirolo e Colle delle Finestre. Anche se poi dice: «Al Giro sono stato in forma super in passato, ma per un motivo o per un altro non sono mai riuscito a vincerlo». Insomma, Mikel sembra mentalizzato come poche altre volte lo abbiamo visto. Dopo 22 gradi Giri nel sacco di cui 7 corse rosa, il basco ci riprova e lo farà con la piena convinzione della squadra stavolta. Aspetto non da poco.
Mikel Landa, classe 1989, ha messo nel mirino anche il mondiale in RwandaMikel Landa, classe 1989, ha messo nel mirino anche il mondiale in Rwanda
Mikel, partiamo dal tuo programma?
Inizierò con Strade Bianche e Tirreno-Adriatico, poi passerò alla Volta a Catalunya e quindi verrò al Giro d’Italia. Mi sento pronto e motivato. Non sarà facile, ci sono molti contendenti forti, ma vedremo come andrà. La squadra è molto competitiva e questo mi dà fiducia.
Senza Remco avrai più occasioni di essere leader?
Non lo so ancora. Sicuramente alla Volta a Catalunya ci sarà un gruppo di scalatori forti e vedremo chi sarà il capitano. Non è un problema per me, l’importante è lavorare bene insieme. Rispetto all’anno scorso, le dinamiche sono cambiate un po’ non facendo un calendario a strettissimo contatto con Remco, ma questo rende tutto più interessante.
E’ cambiato anche il tuo ruolo nella Soudal-Quick Step?
L’anno scorso ho avuto opportunità importanti, come alla Vuelta, e mi sono divertito molto. Ho imparato tanto collaborando con Remco Evenepoel. Quest’anno avrò più responsabilità all’inizio della stagione, ma sarò anche pronto a supportare Remco e gli altri nei momenti chiave, come al Tour de France.
Landa e Remco: un primo anno positivo per questo due ispanico-belgaLanda e Remco: un primo anno positivo per questo due ispanico-belga
Parlando del Giro, pensi che l’assenza di corridori come Pogacar e Vingegaard renda la lotta più aperta?
Sicuramente è più facile senza nomi come Pogacar, ma ci saranno comunque molti avversari forti. In grandi gare chi arriva davanti va sempre forte e per esperienza dico che non è mai semplice. Quello che posso fare io? Essere al top della forma e prepararmi al meglio.
Sarà una lotta tra spagnoli la prossima corsa rosa? Ci sei tu, Ayuso, Pello Bilbao…
Ah non so! Difficile da dire. Ma non siamo i soli. Ci sono molti corridori forti. Penso a Roglic per esempio.
Come stai lavorando per migliorare i tuoi punti deboli?
Per me la cronometro è sempre stata un punto debole. Quest’anno voglio concentrarmi su questo aspetto per fare meglio, dopo un anno con gli stessi materiali si può migliorare. I miei allenatori stanno lavorando su una preparazione mirata. Non ci sono segreti è importante allenarsi duramente e curare ogni dettaglio.
Mikel, la news della tua presenza al Giro è stata accolta con grande favore. Hai molti tifosi anche in Italia. Come te lo spieghi?
Penso che tutto sia iniziato con il Giro del 2015, quando ho ottenuto risultati importanti e ho aiutato Aru. Abbiamo lottato con Contador. Da allora ho corso spesso in Italia e mi sono sempre trovato bene. Il calore dei tifosi italiani è speciale, lo sento ogni volta che corro da voi.
Maggio 2015 e con una doppietta a Madonna di Campiglio e all’Aprica, l’Italia scopre Landa. Mikel vince all’ApricaMaggio 2015 e con una doppietta a Madonna di Campiglio e all’Aprica, l’Italia scopre Landal. Mikel vince all’Aprica
Quale sarà la tua preparazione prima del Giro?
Farò un periodo in altura dopo il Catalunya, probabilmente a Sierra Nevada, con la squadra (Mikel non dovrebbe fare le Ardenne, ndr). L’altura è fondamentale per arrivare al massimo della forma nelle grandi corse a tappe.
Prima hai accennato ad una squadra forte: puoi dirci qualcosa sui tuoi compagni che ti accompagneranno al Giro?
Io credo che ci saranno Gianmarco Garofoli, un giovane scalatore promettente, Josef Cerny, che è un corridore molto affidabile. E anche Valentin Paret-Peintre. Forse ci saranno anche altri giovani come Paul Magnier,uno sprinter talentuoso. Sarà una squadra equilibrata, con corridori pronti a supportarmi nelle tappe più dure. Sono molto fiducioso. Voglio continuare a migliorare e a divertirmi. Il ciclismo è una passione e una sfida continua. Ogni stagione porta nuove opportunità e voglio sfruttarle al meglio.
Prima di ripartire dalla Spagna abbiamo raccolto anche due chicche relative a Mikel. La prima riguarda il suo futuro. A 35 anni suonati non è detto che Landa si ritiri, anzi… E poi ha anche espresso un sogno: fare Giro, Tour e Vuelta nello stesso anno. «Se non lo faccio – abbiamo letto su Marca – almeno una volta, sento che potrei pentirmene».
ROMA – Il Giro d’Italia numero 108, presentato poche ore fa nella Capitale, ha subito suscitato opinioni contrastanti: c’è chi lo ha definito «Senza capo né coda», chi lo ha elogiato come «bellissimo» e chi lo ritiene «ben equilibrato e interessante». Noi di bici.PRO e anche Vincenzo Nibali, ci collochiamo in quest’ultimo gruppo, trovando che il disegno proposto sia intrigante e carico di sfide. Non è un Giro mostruosamente difficile, ma il dislivello complessivo supera i 52.000 metri, quasi 10.000 in più rispetto ad un anno fa: un incremento significativo rispetto al 2024.
Alla presentazione, tenutasi presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo raccolto l’opinione del siciliano. Due vittorie del Trofeo Senza Fine per Nibali e una conoscenza profonda della corsa e dei corridori: senza dubbio lo Squalo rappresenta una delle voci più autorevoli.
In attesa di scoprire il lotto definitivo dei pretendenti, il livello medio si annuncia piuttosto buono, anche considerando le assenze quasi certe di Pogacar e Vingegaard. Qualche nome? Auyso, Adam Yates, Gee, Landa, Hindley, Tiberi, e soprattutto Primoz Roglic. Cosa riserverà per loro il percorso della corsa 2025? Scopriamolo appunto con Nibali.
Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisivaGiro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Vincenzo, sarebbe piaciuto questo Giro allo Squalo?
E’ un Giro molto duro, quindi direi di sì. La partenza però mi fa un po’ paura: da atleta, avevo spesso il dubbio di essere pronto o meno e una tappa così impegnativa all’inizio può fare male. Se sbagli giornata, rischi di compromettere tutto subito o comunque di metterti nei guai.
Che peso avranno le cronometro? Ricordiamo che i chilometri contro il tempo sono 42…
Avranno sicuramente un ruolo importante. Se sei in forma, già quei primi 13 chilometri a Tirana ti danno un’indicazione chiara di dove ti trovi in termini di condizione e questo vale un po’ per tutti. Mentre in generale per i cronoman, come Roglic per esempio, sono essenziali. Le crono permetteranno a Roglic di guadagnare terreno prezioso. E poi di gestire la corsa in certo modo.
Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo percorso?
A prima vista, il percorso mi sembra bello. La partenza dall’Albania è impegnativa, ma coerente: costringe i corridori a mettersi subito in gioco. Ciò che mi convince meno sono i trasferimenti, che possono pesare sul recupero degli atleti e complicano il lavoro dello staff, sono uno stress in più. Magari da fuori non ci se rende conto ma pesano. E gli arrivi tardivi in hotel non sono mai ideali.
Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora (qui alla Vuelta 2024 vinta giusto da Roglic) si annuncia fortissimaUna squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora si annuncia fortissima
Le famose tappe “trabocchetto” ci è sembrato essere numerose: cosa possiamo aspettarci?
Vero, ce ne sono parecchie. Abbiamo quella di Siena con lo sterrato, ma penso anche alle tappe abruzzesi, che spesso vengono sottovalutate e invece possono fare grandi danni. E poi non sottovaluterei la Puglia. La tappa che va verso Matera sembra tranquilla, ma non lo è e da quelle parti il vento potrebbe diventare un fattore determinante. Quando c’è il vento, cambia tutto. Sono situazioni che possono mettere in difficoltà…
Magari proprio uno come Roglic che spesso in certe tappe ha pagato dazio…
Anche un corridore come Roglic, che tante volte in difficoltà ci si mette da solo… a meno che non abbia una squadra impeccabile. Lui per me in questo Giro deve fare una cosa sola. Sfruttare al massimo le cronometro, farsi scortare bene della squadra e non fare altro. Aspettare anche nelle tappe di montagna e aspettare, controllare.
Cosa ne pensi della posizione del Mortirolo? Non ti sembra un po’ lontano dal traguardo?
No, per me è il Mortirolo è posizionato bene: tiene gli atleti sempre sotto pressione, ma sposta l’attenzione verso la parte finale della tappa e del Giro. Dopo il Mortirolo, ci sono altre salite come Le Motte, che sono impegnative. Il Mortirolo e le altre salite lasciano il segno nelle gambe. Anche il giorno successivo, con il Sestriere, potrebbe essere decisivo. Questa sequenza mi ricorda molto la battaglia tra Hindley e Geoghegan Hart. Molto dipenderà dal supporto delle squadre.
Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Ecco, hai toccato un tasto centrale: i team. Quanto conta la squadra in un Giro così?
Conta tantissimo. Con un dislivello così importante, è fondamentale avere un team in grado di supportarti fin dalle prime tappe. L’obiettivo è quello di risparmiarsi. Se a metà Giro i tuoi compagni sono già stanchi, rischi di rimanere solo nella parte più impegnativa, e quello è un problema.
Qual è la salita più dura secondo te?
Non ho analizzato tutto nei dettagli, ma il Mortirolo è sicuramente una salita vera, che si fa sentire soprattutto se dopo devi affrontare altre difficoltà. La fatica si accumula ed è qui che si vedono i corridori davvero forti. Mentre il Finestre è duro perché è lunghissimo: quello più il Sestriere sono salite che ti logorano.
E tra le tappe trabocchetto, quale ti preoccupa di più?
Siena ha i suoi insidiosi sterrati, ma anche la tappa di Castelraimondo nelle Marche o quelle abruzzesi possono riservare brutte sorprese. La salita di Tagliacozzo è il primo arrivo in quota e questo rende i corridori sempre un po’ nervosi. Non sanno mai davvero come andranno le cose. Tutti vorranno stare davanti. L’arrivo di Tagliacozzo (Marsia, ndr) non è impossibile, ma gli ultimi tre chilometri sono molto duri. E poi, come dicevo, il vento in Puglia: quello è un altro elemento che non va sottovalutato.
Dalla neve di Livigno dello scorso maggio durante il Giro d’Italia, all’alluvione di Valencia. Dall’ondata di calore d’inizio Vuelta, che ha portato al ritiro di Antonio Tiberi, allo stop della Tre Valli Varesine. E tutto questo solo negli ultimi cinque mesi, anzi, persino meno, a essere precisi. Cosa sta succedendo al clima?Perché si verificano eventi meteo così violenti?
Siamo nel pieno dibattito sulle possibili cause di un cambiamento così netto e rapido, ma è un dato di fatto che il clima stia mutando e che gli eventi meteo estremi siano sempre più frequenti. Un clima che cambia ha ripercussioni anche sul nostro settore, il ciclismo.
Il professor Enrico Luigi Fagnani (classe 1955) ha oltre 50 Giro d’Italia all’attivoIl professor Enrico Luigi Fagnani (classe 1955) ha oltre 50 Giro d’Italia all’attivo
Ne abbiamo parlato con il dottor Enrico Fagnani, per tutti l’esperto meteo del Giro d’Italia. In realtà, il dottor Fagnani è un otorinolaringoiatra specializzato in audiologia, quindi un esperto di onde radio e, di conseguenza, di comunicazione: quella tipica del ciclismo, che coinvolge sempre di più radiocorsa, le comunicazioni della Polizia, gli interventi in tv e tutta una serie di informazioni legate alla gara, tra cui appunto il meteo. «La meteorologia – spiega Fagnani – è una passione che ben si legava all’altra mia passione di radioamatore. Ho una stazione meteo a casa e ad altre mi collego da remoto.»
Quest’anno nelle prime tappe della Vuelta si sono superati anche i 45 gradi. Il cuoco dell’Astana fece un video in cui cuoceva un uovo con la padella sull’asfaltoQuest’anno nelle prime tappe della Vuelta si sono superati anche i 45 gradi. Il cuoco dell’Astana fece un video in cui cuoceva un uovo con la padella sull’asfalto
Dottor Fagnani, cosa sta succedendo al clima?
È indubbio che sia cambiato. Non so dire se per eventi naturali o per colpa dell’uomo. Ciò che lega il meteo e il ciclismo, in particolare per gli eventi in Italia, è che abbiamo ottimi mezzi per comunicare in tempi brevi e decidere cosa fare. Abbiamo sistemi LTE e ridondanza, quindi, se un’informazione non arriva da un canale, giunge da un altro. E c’è anche un ottimo spirito di squadra e una rete radar molto valida.
Lei ha una grande esperienza, con oltre 50 Giri d’Italia…
Abbiamo sempre avuto un’ottima tradizione. Una decina di anni fa, al Giro, era presente una troupe dell’Aeronautica Militare con la quale ero in contatto tutto il giorno. Avevano un loro mezzo parcheggiato nel compound della Rai e degli altri mezzi al seguito del Giro, un loro radar e persino un pallone sonda che lanciavano al mattino per avere previsioni ancora più specifiche. Negli ultimi anni ci siamo appoggiati sempre più a società private, anch’esse molto valide, come 3B Meteo, l’App ufficiale del Giro fino alla scorsa edizione.
La foto simbolo dell’alluvione di Valencia. le cui dinamiche sono state molti simili a quelle delle alluvioni in Emilia-Romagna (foto Biel Alino)La foto simbolo dell’alluvione di Valencia. le cui dinamiche sono state molti simili a quelle delle alluvioni in Emilia-Romagna (foto Biel Alino)
Clima e ciclismo: come si legano le due cose?
La prima cosa è che il ciclismo coinvolge un gran numero di persone: circa 200 ciclisti e tutta la carovana al seguito, sia prima sia dopo la corsa. Ogni tappa copre un’area di 150-200 chilometri, attraversando territori molto diversi: pianure, colline, arco alpino… ognuno con le sue caratteristiche. Un aspetto spesso sottovalutato è che, quando la corsa è allungata o c’è una fuga, si possono verificare differenze meteo notevoli. Può capitare di sfiorare un nubifragio o che piova solo su una parte del percorso, il che crea difficoltà se le intensità sono forti.
Come capite queste variazioni?
Con i radar Doppler, che ci consentono di visualizzare le celle temporalesche a colori, dal giallo al viola, identificando le intensità maggiori. Poi ci sono i satelliti, che oggi forniscono una quantità enorme di informazioni. Tuttavia, queste informazioni vanno interpretate con cautela, perché prima di fare una dichiarazione si deve essere molto prudenti. Il rischio è quello di creare allarmismi eccessivi o, al contrario, sottovalutare l’evento climatico. E qui torna in gioco la tecnologia. Oggi abbiamo strumenti straordinari come mappe meteo, dati da App o da istituti come l’Aeronautica Militare o l’Istituto Europeo di Meteorologia. Ma per la corsa, in tempi brevissimi, i radar Doppler restano i più importanti.
Tre Valli Varesine: corridori fermati in seguito al nubifragioTre Valli Varesine: corridori fermati in seguito al nubifragio
Perché?
Perché offrono una visione del meteo reale, delle precipitazioni in corso, della loro intensità e del movimento delle celle. A quel punto, si possono fornire informazioni preziose alla direzione di corsa. È fondamentale avere anche un buon sistema di comunicazione interno.
Cosa può fare il ciclismo di fronte a questi eventi estremi sempre più frequenti?
Conoscendo il territorio si possono proporre percorsi che riducano i rischi meteorologici.
Il classico passaggio sullo Stelvio o su altre cime alte, per intenderci?
Esatto. Oppure, per esempio, essere consapevoli che nelle zone pedemontane del Nord-Est sono frequenti temporali violenti in pianura. Un po’ la stagione delle precipitazioni si è spostata avanti e un po’ il Giro inizia prima. Una volta, lo Stelvio e le cime alte erano meno a rischio perché vi si arrivava a giugno inoltrato; ora si transita a maggio. La sicurezza degli atleti deve essere sempre al centro: è irrinunciabile.
Quindi, per evitare situazioni come quella di Livigno, serve sempre un “piano B”?
Non sempre. Questa situazione riguarda soprattutto le tappe a rischio, come quelle di alta montagna. In pianura, se succede qualcosa di particolare, lo sai subito. Per neutralizzare, deviare o interrompere, serve una figura preposta che prenda la decisione. Ricordo Morbegno, per esempio, in cui Virgilio Rossiradiocorsa gestì brillantemente le comunicazioni tra le varie componenti: team, polizia, direzione corsa, motociclisti al seguito…
Un esempio di immagine radar: i temporali ieri sera sul Mar Tirreno (immagine da Meteo Am)Un esempio di immagine radar: i temporali ieri sera sul Mar Tirreno (immagine da Meteo Am)
Insomma, convivere con questo clima non è semplice…
Non è facile, ma avere buone informazioni e una comunicazione efficiente è determinante per prendere le decisioni giuste. Abbiamo un ottimo spirito di squadra: dai radar alla comunicazione interna al Giro. Questo è un aspetto fondamentale per affrontare situazioni potenzialmente rischiose.
Come evolve il vostro lavoro?
Molto interessante è lo studio del vento, specie nelle tappe in linea e a cronometro. Valutiamo le variazioni delle condizioni meteo nelle prove a cronometro. Oggi, disporre di una stazione meteorologica presso il traguardo non è male. Si potrebbe persino considerare un piccolo radar Doppler portatile nell’area traguardo. Negli anni, ho sempre utilizzato la nostra postazione radio su un ponte, in una posizione elevata, variabile dai 5 ai 40 chilometri dall’arrivo. Una sorta di postazione avanzata di “nowcasting” per informare i responsabili sugli sviluppi meteo. Questa postazione è gestita dall’esperto Sergio Mometti, che ha una storia particolare.
Ci racconti…
Mometti ha corso in bicicletta da giovane, è stato per molti anni motociclista di Radioinformazioni e poi si è appassionato al ruolo di “pontista”; dalla sua postazione, le cui coordinate sono frutto di attenti studi, ascolta tutte le frequenze radio della corsa e le ritrasmette al traguardo. Inoltre, assiste i mezzi in corsa quando non riescono a comunicare tra loro. Ho scoperto che, essendo stato agricoltore da giovane, ha sviluppato una sensibilità particolare per le scienze naturali. Durante la giornata, gli chiedo spesso: «Sergio, come ti sembra oggi? Com’è l’aria? Ci sono fenomeni in arrivo?» Un esempio di nowcasting basato sulle risorse umane, completato e arricchito dalla tecnologia attuale.
PAVIA – Il bianco delle maniche della maglia di campione australiano risaltano la pelle scura, “quasi Maori”, di Luke Plapp. Occhiali da sole da passeggio e un sorriso stampato sul volto: è così che si presenta il corridore della Jayco-AlUla. .
Plapp sarà uno dei protagonisti del prossimo Giro d’Italia. Dopo la sua ottima prestazione alla Parigi-Nizza volevamo conoscerlo meglio, per capire soprattutto con quali velleità, quali obiettivi, lo vedremo sulle nostre strade a maggio.
Luke Plapp (classe 2000) al via della Sanremo. E’ campione australiano in carica sia a crono che su stradaLuke Plapp (classe 2000) al via della Sanremo. E’ campione australiano in carica sia a crono che su strada
Intelligenza tattica
Nella Parigi-Nizza Luke è arrivato sesto assoluto. Ha persino indossato la maglia gialla di leader per due giorni. E la cosa un po’ ci ha stupito. L’australiano infatti non è certo uno scalatore. E la maglia l’ha presa proprio in salita.
E’ andato in fuga e si è trovato davanti con Buitrago. Poi lungo la scalata finale, sapendo come va il grimpeur colombiano, ha deciso subito di staccarsi, di lasciarlo andare e di salire col suo passo. «Se avessi provato ad inseguirlo avrei impiegato più tempo nel fare la salita», disse quel giorno Plapp dopo l’arrivo, già vestito di giallo.
Però poi ha lottato. Anche contro la pioggia che, dice: «Non vedevo da quattro mesi». Doveva dunque ritrovare un certo feeling con l’acqua.
Plapp è nativo di Melbourne. E’ un classe 2000. E’ un ottimo cronoman e un super pistard. A Tokyo faceva parte del quartetto che è riuscito a conquistare la medaglia di bronzo. E la sua presenza al Giro d’Italia va letta soprattutto in quest’ottica a quanto pare, anche se non lo vedremo sul parquet.
Ha vinto diversi titoli nazionali a crono sin dalle categorie giovanili e poi anche quelli tra gli elite. Per esempio questo gennaio ha fatto doppietta, strada e crono. La Jayco-AlUla, la squadra australiana, lo ha sfilato alla Ineos Grenadiers. E lo ha blindato con un contratto quadriennale.
Parigi-Nizza: verso il Mont Brouilly gli scappa Buitrago, ma Luke limita i danni e va in giallo (foto Aso)Parigi-Nizza: verso il Mont Brouilly gli scappa Buitrago, ma Luke limita i danni e va in giallo (foto Aso)
Crono rosa nel mirino
Il sesto posto alla Parigi-Nizza poteva indurre a pensare che Luke stesse mutandosi in un uomo da corse a tappe, che mirasse alla generale. Qualche dubbio ci era venuto. A gennaio ci aveva detto altro.
«Io alla generale? Impossibile, impossibile… – ripete due volte – il Giro è troppo duro. Se devo essere sincero il risultato alla Parigi-Nizza ha stupito anche me. E ancora ne sono sorpreso! E’ la prima volta che verrò al Giro e non conoscevo nulla. Prima della Sanremo ho fatto delle ricognizioni delle tappe 6, 7 e 14 (quella di Rapolano sullo sterrato e le due crono, ndr). Penso che la sesta frazione sia fantastica. La ghiaia sarà durissima. Molte persone pensano forse ad uno sprint, ma non credo sarà così».
«Mentre credo che un giorno importante per la classifica generale, sarà la settima tappa. Il traguardo di Perugia è davvero difficile. La salita di Casaglia a cinque chilometri dall’arrivo è molto ripida. E poi è bellissima la tappa 14 (l’altra crono, ndr). Lì si andrà a 55 all’ora: sarà una crono super veloce. Quindi ecco, le tappe 7 e 14 sono quelle a cui miro».
Plapp ha chiuso la Parigi-Nizza al sesto posto nella generale. Ha un contratto con il team di Copeland fino al 2027Plapp ha chiuso la Parigi-Nizza al sesto posto nella generale. Ha un contratto con il team di Copeland fino al 2027
Per Dunbar ed Ewan
Come dicevamo, Plapp ha iniziato a correre a gennaio. Dopo la Sanremo starà lontano dalle corse per un po’ e inizierà la vera preparazione per il Giro. Prima della corsa rosa prenderà parte al Giro di Romandia.
«Al Giro cercherò di dare il massimo. Al tempo il Giro stesso mi consentirà di costruire al meglio le Olimpiadi. Queste sono il mio obiettivo principale della stagione». Plapp spiega come il Giro s’incastri perfettamente con i suoi programmi in vista di Parigi. In questi programmi non mancherà l’altura.
«E poi al Giro il nostro leader sarà Eddie Dunbar (già settimo lo scorso anno, ndr). Lui adesso è in quota e so che si sta allenando molto bene. Quindi sarò lì per supportare lui e anche Caleb Ewan, il nostro velocista. Vogliamo davvero vincere una tappa con Caleb. Ha avuto un inizio d’anno difficile, ma voglio solo il meglio per lui e per il team. Faremo di tutto per vincere una tappa».
Nel ritiro della Jayco-AlUla incontriamo Dunbar che alla Vuelta ha riscattato la caduta del Giro. La fiducia è cresciuta. E ora il sogno è andare al Tour
«Quel giorno sul Grappa c’era un grande tifo. Il supporto del pubblico fu tantissimo. Io poi ero giovane ed erano le prime volte che mi affacciavo ai piani alti delle classifiche. In più non mi funzionava la radiolina. Ad un certo punto “Martino” mi urlò dall’ammiraglia che ero sul filo con Quintana e allora andai ancora di più a tutta». Fabio Aru ricorda così la scalata del Monte Grappa.
Era la 19ª tappa del Giro d’Italia del 2014 e quell’anno una cronometro individuale portava da Bassano alla vetta del Grappa appunto, passando da Semonzo. Lo stesso versante che si affronterà, per due volte, nella prossima edizione della corsa rosa.
«In carriera ho scalato tre versanti del Grappa – dice Aru – di quel giorno ricordo che cercai di trattenermi nei primi 7-8 chilometri di pianura e poi mi scatenai in salita, soprattutto dopo il cambio di bici. Ero partito con quella da crono. Io non ero tipo da fare troppi calcoli o sopralluoghi. E anche quella mattina ricordo che visionai in bici solo un pezzetto, poi il resto lo feci in macchina. Preferivo prestare più attenzione ad aspetti come quello dell’alimentazione, per dire».
Fabio Aru impegnato sul Grappa. Era il 30 maggio 2014 e dopo quella scalata il sardo guadagnò il podio del GiroFabio Aru impegnato sul Grappa. Era il 30 maggio 2014 e dopo quella scalata il sardo guadagnò il podio del Giro
Come l’Alpe Huez
I dati ufficiali della salita dicono che è lunga 18,1 chilometri, che ha una pendenza massima del 17 per cento e una media dell’8,1, per un dislivello pari a 1.475 metri. Fino a Campo Croce, metà salita, la strada è abbastanza stretta, nella vegetazione, e si conta una ventina di tornanti. Poi lo scenario si apre sempre di più… Anche fino a scorgere il campanile di San Marco a Venezia, ma non è certo questa l’occasione per ammirare la Serenissima!
«Si tratta di una salita dura – prosegue Aru – ma soprattutto lunga. Le pendenze non sono impossibili tipo uno Zoncolan. Il Monte Grappa ricorda quasi una scalata del Tour, ma è proprio la sua lunghezza a far sì che non passi “inosservata”.
E guarda caso la pendenza media del Monte Grappa dal versante di Semonzo è identica a quella dell’Alpe d’Huez, che in Francia è un totem.
«La prima parte, se ben ricordo, è quella che tirava di più, poi nella parte centrale c’erano dei tratti in cui ti faceva respirare un po’. E di nuovo era molto dura nel finale».
Il profilo del Grappa da Semonzo che il prossimo Giro affronterà due volte, prima di planare su BassanoIl profilo del Grappa da Semonzo che il prossimo Giro affronterà due volte, prima di planare su Bassano
Quasi un’ora
Ma come diceva Aru la caratteristica principale del Monte Grappa è la sua lunghezza. La salita è piuttosto regolare e le pendenze raramente vanno in doppia cifra. L’effetto quota poi è limitato visto che non si toccano i 1.700 metri.
«Parliamo di uno sforzo di circa un’orae anche alimentarsi sarà importante. Rispetto ai miei tempi – spiega Aru – anche se sono passati pochi anni, sono stati fatti passi da gigante su questo campo. Oggi si usa molto di più l’alimentazione liquida, con malto e gel. Alimentarsi servirà senza ombra di dubbio, poi saranno i team a definire al dettaglio questi aspetti».
Prima parte fino a Campo Croce con molti tornanti e strada mai troppo larga: due motivi in più per stare davantiNel finale meno tornanti, spazi più aperti e paesaggio di vera montagnaPrima parte fino a Campo Croce con molti tornanti e strada mai troppo larga: due motivi in più per stare davantiNel finale meno tornanti, spazi più aperti e paesaggio di vera montagna
Quali rapporti?
C’è poi un altro discorso legato alle pendenze, quello dei distacchi e delle differenze. E’ vero che non ci sono molti tratti sopra al 10 per cento, ma proprio per questo ci si possono attendere delle velocità non bassissime. E questo porta con sé altri ragionamenti tecnici.
«Sinceramente non ricordo di preciso a quanto salissi, anche perché sul computerino non tenevo sott’occhio i watt. Ricordo però che all’epoca in Astana avevamo il Campagnolo e di sicuro avevo la corona da 39 con la cassetta posteriore 11-29. Ovviamente il 29 non l’ho mai utilizzato. Al massimo ho usato il 21 nei tratti più duri e poi a scendere negli altri. E quando spingi questi rapporti, su queste pendenze che non sono quelle di uno Zoncolan i distacchi possono essere alti. Stare a ruota può aiutare tantissimo».
Con queste velocità, chi è al gancio potrebbe davvero sfruttare al massimo la scia e salvarsi. Ma se si aprisse un buco ecco che il divario di velocità sarebbe subito importante. La questione è delicata quanto interessante.
La doppia scalata da Semonzo è inserita nella Alpago – Bassano del Grappa, 20ª tappa del prossimo GiroLa doppia scalata da Semonzo è inserita nella Alpago – Bassano del Grappa, 20ª tappa del prossimo Giro
Vam, velocità, tattica
Tattica e non solo gambe. Aru sottolinea questo aspetto molto importante. E’ presumibile che viste la VAM (velocità ascensionali medie) attuali, la scalata potrebbe durare 54′-58′, il che significa una velocità media sul filo dei 20-21 all’ora.
Per farci un’idea. Quintana vinse quella crono con 17” su Aru e impiegò 1h05’37” alla media di 24,5 chilometri orari, compreso però il tratto pianeggiante di 8 chilometri, che i big come Nairo, impiegarono in circa 9′. Pertanto la scalata di Quintana fu di 56′, pari ad una VAM di 1.580 metri/ora, la stessa identica VAM di Pogacar e Vingegaard sul Ventoux nel 2021 al Tour, tanto per individuare una salita di durata simile.
Ma quella era una cronoscalata. Quindi corridori a tutta per tutto il tempo, gambe fresche. Stavolta ci si arriverà in gruppo, ci sarà anche una componente tattica. Quindi veramente si potrebbe salire per un’ora.
Il tutto senza considerare il fattore vento. Nelle giornate “normali” si avverte solo nel finale, quando si è in prossimità della vetta. Ci sono davvero dunque tutti i presupposti per godersi un grande spettacolo e soprattutto che questa montagna possa davvero essere decisiva ai fini della maglia rosa.
Per Egan Bernal la tappa di Sega di Ala ha segnato un momento chiave del suo Giro d’Italia, nel bene e nel male. Bene perché si è salvato, male perché ha perso alcune certezze. Quel giorno il colombiano ha vissuto il momento più difficile della sua corsa e quella “botta” ne ha poi caratterizzato anche il resto, con determinati atteggiamenti tattici (più difensivi) adottati nelle frazioni successive.
Bernal nei giorni a venire continuava a dire di aver mangiato, di aver bevuto… come se la piccola defaillance a Sega di Ala fosse dipesa da una “crisi di fame” e non dal mal di schiena a cui tutti pensavano. Dario David Cioni però non la pensa così.
Dario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-GrenadiersDario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-Grenadiers
Una giornata no
La Canazei-Sega di Ala veniva dopo il giorno di riposo, prevedeva un’altimetria particolare (molta discesa all’inizio e salite alla fine) ed è stata corsa ad una velocità folle: la frazione pertanto nascondeva molte insidie.
«Io non credo si possa far riferimento ad una questione di alimentazione – dice Cioni – per me si è trattato di una normale “giornata di traverso”. Come si sa nelle gare di tre settimane un giorno storto capita a tutti. Io ero nell’ammiraglia che stava sulla fuga quel giorno dietro Moscon, ma da quello che mi risulta non ci sono state comunicazioni sul fatto che Bernal non si sia alimentato bene. Tutto è filato nella norma».
Inizia la scalata di Sega di Ala: la BikeExchange tira e Bernal manda giù un gel
Ai -2,5 chilometri, ripreso da Caruso, Bernal ha ancora la borraccia
Ultimo chilometro, la borraccia non c’è più. Una scalata ben gestita sul piano alimentare
Inizia la scalata di Sega di Ala: la BikeExchange tira e Bernal manda giù un gel
Ai -2,5 chilometri, ripreso da Caruso, Bernal ha ancora la borraccia
Ultimo chilometro, la borraccia non c’è più. Una scalata ben gestita sul piano alimentare
Alimentazione nella norma
La maglia rosa è seguita da Ainoha Prieto, nutrizionista spagnola della Ineos-Greandiers. Lei calibra quantità e qualità dei cibi a seconda dello sforzo fatto e quello da fare e anche in questo caso tutto è filato secondo la norma. Anche nel dopo tappa e nel giorno successivo, la frazione verso Stradella.
Fino a qualche tempo fa il giorno di riposo era uno dei più duri dal punto di vista dell’alimentazione. Tanti corridori ci dicevano che non era facile mangiare pochissimo e al tempo stesso avere meno impegni durante la giornata e lo stomaco che brontola per la fatica fatta nei giorni precedenti. Adesso però molto è cambiato. Magari, ma è una supposizione, Bernal ha tirato un po’ la cinghia per paura di ripartire con quel “chiletto” di troppo (che poi è soprattutto di liquidi). Gli scalatori hanno queste “fissazioni” legate al peso, tanto più prima di una tappa di salita.
Tanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldoTanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldo
Riposo anomalo…
Ma allora cosa può essersi inceppato quel giorno?
«Piuttosto – riprende Cioni – se proprio dovessi trovare una spiegazione oltre alla classica giornata no, punterei più il dito sul giorno di riposo. Quello potrebbe aver influito. E’ stato un giorno di riposo un po’ strano: faceva freddo, c’era maltempo e i ragazzi, Egan incluso, non sono riusciti a fare molto. E infatti Bernal ha fatto i rulli, 45′ un’ora al massimo. Senza contare che quel giorno è stato il primo un po’ più caldo e i corridori venivano dal gelo della tappa di Cortina».
A questo punto la prima cosa che ci viene in mente è la “disidratazione”, ma con due virgolette grosse così. Primo perché ha fatto un’ora scarsa di rulli, secondo perché comunque li ha fatti il giorno prima e terzo perché non possiamo neanche lontanamente immaginare che la Ineos, o comunque una squadra di professionisti, commetta un simile errore.
E infatti sempre Cioni aggiunge: «Non credo. Bernal consuma 2-3 borracce ogni ora. Una bella quantità, tra l’altro lui alterna molto acqua e maltodestrine». Ed è stato così anche verso Sega di Ala.
Edward Ravasi doveva essere il capitano della Eolo-Kometa, l’uomo di classifica della squadra di Ivan Basso e invece il corridore lombardo ha reso meno di quel che ci si aspettava. Come mai? Cosa è successo? Facciamo questa analisi direttamente con lui che, con grande lucidità, conferma la nostra idea e ci spiega come sono andate le cose nel suo difficile Giro d’Italia.
Edward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generaleEdward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generale
Edward, innanzi tutto come è stato il risveglio in questi giorni? Sei stanco?
Mi sono risvegliato a casa e ho potuto riabbracciare il mio letto e ammetto che ho faticato un po’ a alzarmi. In più in la sera di Milano con la squadra abbiamo fatto un’apericena a “Casa Eolo” con staff, diesse, corridori, Spada… un modo per salutarci e per festeggiare il nostro primo Giro d’Italia.
Cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto della corsa rosa?
Parto da cosa non mi è piaciuto. Mi sono dovuto scontrare con giorni abbastanza duri, nei quali il freddo, che soffro veramente tanto, mi ha bloccato. Soprattutto nelle prime tappe sugli Appennini e lo stesso quel giorno sul Giau: credo che se non avessero accorciato la tappa mi sarei fermato. In più sono caduto a Chieti. Mi sono rialzato subito convinto che non fosse niente, invece strada facendo mi si è gonfiato il braccio sinistro e la gamba. Ho passato 3-4 giorni difficili, facevo fatica a rilanciare la bici, a stare in gruppo.
E le cose belle?
Il pubblico. E’ stato bello rivedere tanta gente a bordo strada. E poi la nostra vittoria sullo Zoncolan. Ha vinto Fortunato, ma potevo esserci io. Quel giorno ce la sentivamo proprio. Dovevamo andare in fuga, eravamo motivati a fare bene. Sarebbe toccato ad uno di noi entrare nella fuga buona.
Il varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limiteIl varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limite
Tu dovevi essere il capitano del team, secondo a un Tour de l’Avenir, hai fatto una Vuelta…
E anche un Giro – puntualizza Ravasi – nel 2017 da neopro’. Purtroppo come ho detto le cose non sono andate bene. Già nella tappa di Sestola il freddo mi ha bloccato e ho perso subito velleità di classifica. Da quel momento il corpo non ha più risposto come volevo. Sono andato bene a Sega di Ala. Quel giorno ho provato a lottare per la top ten, avevo ripreso e staccato Bardet nel pezzo più duro, ma forse ho anche un po’ esagerato e nel chilometro finale ho pagato un po’. Ma è anche vero che avevo speso molto, avevo provato a fare il “pronti e via” per andare in fuga. Ci ho riprovato anche verso l’Alpe di Mera e l’Alpe di Motta ma nella prima ora di pianura uno di 60 chili come me (Ravasi è alto 1,81 metri, ndr) spreca molto.
Basso è stato corridore e uomo di classifica, ti dava consigli?
Ivan è sempre stato con noi. Lui così come Zanatta e i diesse. Ogni giorno ci spronavano a dare il massimo, a dirci quando mollare perché magari si poteva fare qualcosa il giorno dopo. Non abbiamo mai corso solo per far vedere la maglia. E credo si sia visto. Ivan mi ha detto di stare tranquillo sin dalla sera di Sestola. Mi ha detto che a quel punto avrei cercato una vittoria di tappa. Mi resta l’amaro in bocca per non essere riuscito ad esprimermi come volevo e mi dispiace perché ho fatto davvero tanti sacrifici, sarebbe bastata una giornata fatta bene e sarebbe cambiato tutto.
Però è stata un’esperienza, non sei un ragazzino (Ravasi è un classe 1994, ndr) ma neanche un vecchietto…
Sì certo. A Sega di Ala ho capito che posso stare davanti. E infatti Ivan me lo ha detto subito a fine tappa: visto che c’eri nonostante tu abbia fatto il “pronti e via”? Mi ha fatto notare che potevo stare con i primi dieci della classifica. Questo Giro ha evidenziato qualche qualità e anche dove ho sbagliato, a cominciare dalla testa e dall’aspetto fisico.
A Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finaleA Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finale
In che senso?
Che non serve a nulla essere troppo magri se poi paghi così tanto gli eventi naturali, il freddo per intenderci, anche se poi io lo soffro lo stesso. Sono partito sin troppo tirato. Però tutto questo adesso è utile per tirare una riga per il prosieguo della stagione e della carriera.
Che programmi hai?
Farò qualche giorno di riposo, poi andrò all’italiano e poi ancora staccherò del tutto. E penserò alla seconda parte di stagione. Non ho un calendario definitivo, ma l’idea è di fare un bel “reset”. Non ho corso molto, ma ho lavorato tanto, per questo mi spiace di come sia andato il Giro: so quanto avevo fatto e come andavo. Comunque credo che farò il blocco delle corse italiane, quelle da fine agosto ad ottobre per chiudere la stagione al top con qualche gara tipo il Giro dell’Emilia più adatta a me. E nel mezzo non so se farò Burgos o il Giro di Sardegna.
Ravasi ammette molto: errori e qualche limite. Ma la presa di coscienza è già un ottimo passo e se il corridore della Eolo-Kometa riuscirà a farne tesoro sarà un ottimo passo in avanti per lui e per il nostro ciclismo. Questo ragazzo è un talento e va tutelato fino alla fine.
Basso apre la porta e bici.PRO è il primo media a entrare in Casa Eolo, la base del team Eolo-Kometa. Un luogo simbolico. E i due sponsor pazzi di ciclismo
E come succede al termine della scuola anche per il Giro d’Italia ecco arrivare le pagelle. Chi è promosso, chi è bocciato e chi rimandato. I nomi da inserire in questo elenco potrebbero essere moltissimi, noi abbiamo selezionato coloro che nel bene o nel male ci hanno colpito e che sono entrati nell’economia della corsa o nel cuore dei tifosi.
I promossi
Partiamo da coloro che hanno ben figurato, non solo per i risultati ma anche per la tenacia e la gestione della gara, pensando anche ai direttori sportivi.
Puccio in testa e Ganna alla sua ruota, la Ineos-Grenadiers ha controllato il GiroPuccio in testa e Ganna alla sua ruota, la Ineos-Grenadiers ha controllato il Giro
Tosatto e la Ineos: 10 e lode
Praticamente perfetti. Hanno attaccato quando c’era da attaccare, si sono difesi quando c’era da difendersi. Hanno vinto con Ganna le due crono. Cosa aggiungere? Verso l’Alpe Mera poi un capolavoro tecnico-tattico nella gestione della scalata di Bernal. Yates attacca, il colombiano sta bene ma vede anche le streghe per quel suo mal di schiena. Dall’ammiraglia MatteoTosatto gli fa ignorare gli avversari, gli tiene vicino Catsrovejo e Martinez ed Egan va recupera.
E poi che amalgama nel team. Ineos che ride, che si diverte, un team di amici. Puccio ormai è più che un capitano, un manager in corsa che gestisce tutto e tutti. Se Pellaud è il re dei chilometri in fuga lui è quello con più chilometri in testa a tirare. Moscon un gioiello che sa far male come pochi. Tosatto ha cambiato volto alla corazzata dal cuore di pietra.
A Verona Nizzolo rintuzza Affini e coglie il suo primo successo al GiroA Verona Nizzolo rintuzza Affini e coglie il suo primo successo al Giro
Nizzolo, non più solo secondo
Campione italiano, campione europeo, velocista formidabile e “poco personaggio”, eppure questo Maciste del pedale è rimasto in un team che lo scorso autunno stava per sparire, sarebbe potuto andare (quasi) ovunque ma è rimasto a tirare la carretta. Con lui sono rimasti anche altri leader, vedi Campenaerts. Zitto, zitto ha preso per mano la squadra sudafricana ed eccoli: tre tappe vinte (una con lui stesso a Verona) e un po’ più di ottimismo verso il futuro, per lui e per il team. Lo aspettiamo a Leuven per i mondiali.
Alberto Bettiol vince la frazione di Stradella. L’urlo liberatorio del toscanoAlberto Bettiol vince la frazione di Stradella. L’urlo liberatorio del toscano
Bettiol, l’urlo che tutto cambia
Finalmente. Bello. A tratti bellissimo. Era ora che Alberto Bettiol mostrasse chi è per davvero. Questo ragazzo ha un motore grosso come una casa e una classe infinita. Ha corso il Giro spesso davanti, anche nelle tappe in cui non te lo aspetti, ha vinto con una cattiveria che non aveva mai mostrato. Quando ha detto che non credeva si potesse vincere con il mal di gambe, più che la frase ci ha colpito il fatto che forse davvero è cambiato qualcosa nella sua testa. Ha lavorato bene. Ha passato un inverno durissimo. Fossimo in Cassani stamattina andremmo a fargli il biglietto per Tokyo.
Andrea Vendrame in fuga verso Bagno di RomagnaAndrea Vendrame in fuga verso Bagno di Romagna
Vendrame, benvenuto tra i grandi
Stesso discorso di cui sopra, ma fatte le debite proporzioni. Almeno per ora. E sì perché se a Bettiol mancava la testa quella era l’arma di vincente di Andrea. Bellissima ed entusiasmante la sua vittoria a Bagno di Romagna. Un trionfo voluto, cercato, studiato al dettaglio, quasi (anzi senza quasi) curva per curva. Vendrame è un lottatore, un corridore moderno che ha dalla sua uno spunto veloce come pochi altri, specie se si pensa alla sua tenuta in salita. Adesso deve trovare continuità e potrà entrare a far parte dell’Olimpo dei grandissimi del nostro ciclismo.
Oltre a non smarrirsi dopo il ritiro di Landa, la Bahrain ha vinto il premio fair playOltre a non smarrirsi dopo il ritiro di Landa, la Bahrain ha vinto il premio fair play
Volpi e Pellizotti, camaleontici…
Sono venuti al Giro con la squadra più forte dopo la Ineos, un capitano, Landa, solido e che dava certezze. Dopo cinque tappe gli è crollato il mondo addosso. In poco più di una settimana hanno perso tre uomini e che uomini (Landa, Mader e Mohoric). A quel punto potevano, tanto più che avevano già vinto una tappa, continuare ad andare a caccia di questo o quel traguardo senza dannarsi l’anima, invece… Pellizotti e Volpi hanno ridisegnato la squadra, riassegnato i ruoli, resettato la testa di Caruso. E’ anche grazie a loro se abbiamo vissuto un Giro bellissimo e pieno di emozioni.
I bocciati
E i bocciati? Ecco la parte più difficile di queste pagelle. Non tutti hanno dato il massimo e raccolto quel che ci si aspettava, a volte per sfortuna, altre per negligenza.
Ewan primo a Termoli, il giorno dopo lascerà il GiroEwan primo a Termoli, il giorno dopo lascerà il Giro
Velocisti senza grinta
Si era partiti da Torino un gran parterre di ruote veloci. Invece hanno corso senza un grande piglio dimostrando poco rispetto per il Giro. Una volta poi che Sagan ha indossato la ciclamino per loro, o meglio per quei pochi di loro rimasti, si trattava solo di arrivare ogni giorno nel tempo massimo. Sono arrivate fughe su fughe denotando uno scarso interesse.
In tanti si sono smaterializzati. Merlier cinque giorni dopo il ritiro ha vinto la Ronde van Limburg, lo stesso Nizzolo è sparito dai radar, Groenewegen idem… Peccato non si sia smaterializzato il comodino addosso al quale “ha sbattuto” Caleb Ewan in hotel. Queste scuse risparmiatecele. Andrebbe reintrodotta la regola che fino a che non termina la gara a cui si stava partecipando non si può prendere parte ad un’altra competizione.
Montalcino, Evenepoel non va e Almeida lo aspettaMontalcino, Evenepoel non va e Almeida lo aspetta
Deceuninck-QuickStep, un disastro?
La presenza e la gestione di Remco Evenepoel li ha fatti vacillare. Si è deciso di puntare, non si sa bene come, sul giovane belga che non correva da otto mesi, che rientrava da un infortunio mostruoso e che era alla prima esperienza in un grande Giro. Tutto ciò aggravato anche dalla contemporanea gestione di Almeida, messo troppo presto a fare da spalla a Remco.
Capiamo che in un team belga, un corridore che in patria è già leggenda, che ha un seguito mediatico enorme e che ha da poco rinnovato il contratto meriti delle attenzioni, ma farsi scombussolare così proprio non ce lo aspettavamo dalla corazzata di Lefevere. Unica, piccola, attenuante è che per la prima volta partivano per far classifica in un grande Giro.
Simon Yates, il suo Giro è stato un continuo di alti e bassiSimon Yates, il suo Giro è stato un continuo di alti e bassi
Simon Yates, il più misterioso
Questo ragazzo è proprio un oggetto misterioso. Ed è per questo che lo mettiamo tra i bocciati, non tanto per i risultati: ha vinto una tappa ed è salito sul podio finale. Se è in giornata sarebbe in grado di battere persino Alaphilippe, altrimenti potrebbe arrivare col gruppetto dei velocisti. Tre anni fa dominò il Giro per due settimane salvo pagare dazio nella terza. Memore di quella disfatta quest’anno sembrava essere partito più piano, ma poi è andato a corrente alternata. L’exploit della terza settimana non c’è stato o è stato effimero. Si dice che dopo il Tour of the Alps abbia avuto un piccolo stiramento ad una gamba.
Per Viviani (Cofidis) due terzi posti in questo GiroPer Viviani (Cofidis) due terzi posti in questo Giro
Viviani e il trenoCofidis che non va
Caro Elia non ci siamo proprio. L’arrivo nella sua Verona è la foto del suo attuale momento: parte lo sprint ma si tocca con un avversario e addio sogni di gloria. Ma perché si tocca? Perché è troppo indietro nel momento cruciale. I rivali continuano a dire che va forte, che è sfortunato, però da qui a non azzeccare nessuna volata ce ne passa. Non ha mai dato la reale sensazione di poter vincere. Manca qualcosa e deve sbrigarsi a capire cosa: Tokyo è qui.
Ma se il veronese ha le sue colpe il suo treno non è da meno. Un treno che su carta era il più corposo del Giro. Sabatini non si è visto, Consonni idem: il suo momento di visibilità lo ha trovato grazie ad una fuga. Al termine di questa stagione andranno riviste molte cose: squadra, obiettivi, treno, preparazione.
Per Giovanni Visconti qualche intoppo prima del Giro ma qualche fuga l’ha azzeccataPer Giovanni Visconti qualche intoppo prima del Giro ma qualche fuga l’ha azzeccata
Battaglin e Visconti, poche gambe
Spiace dirlo ma da due così ci si aspettava parecchio di più. Visconti qualcosa ha fatto vedere, ma “Battaglia”… Era il momento più importante della loro stagione. Capiamo che il livello è alto ma potevano e dovevano farsi vedere di più, avere più inventiva. Visconti qualche fuga l’ha azzeccata e ci ha provato anche in frazioni che non erano troppo adatte alle sue corde, Battaglin mai della partita. Reverberi di certo non avrà gradito.
I rimandati
Infine uno sguardo a chi è rimandato: né bocciato, né promosso. Corridori che in qualche modo si sono visti e che meritano una riflessione.
Per Nibali un Giro difficile, un paio di tentativi di fuga e tanta faticaPer Nibali un Giro difficile, un paio di tentativi di fuga e tanta fatica
Nibali, dicci presto cosa fare
Cominciamo dallo Squalo. Il suo Giro sta tutto nelle parole dette ad Alessandra De Stefano al Processo alla Tappa: «Sarebbe stato più facile restare a casa che venire al Giro dopo l’incidente al polso di fine aprile». E qualche giorno prima: «Sto soffrendo come un cane». Parole di una sincerità e di un ‘umiltà che se dette da un campione della sua portata gli fanno onore per la sua onesta ma che al tempo stesso pesano come un macigno.
Cosa si fa, Vincenzo? Cosa si può raccogliere ancora? C’è spazio per trovare la condizione in vista delle Olimpiadi? Sarebbe importante saperlo a breve così da tirare una riga ed eventualmente tararsi su altri obiettivi. Il credito Nibali ce l’ha, ma la posta in palio è alta. Questa situazione va risolta quanto prima.
Lorenzo Fortunato in azione sulle rampe dello ZoncolanLorenzo Fortunato in azione sulle rampe dello Zoncolan
Fortunato, che non sia una meteora
Bravo, bravissimo. Lorenzo ha vinto una delle frazioni più attese di questo Giro, quella dello Zoncolan, ha concluso alla grande la terza settimana. E’ arrivato 16° nella generale, primo dei corridori delle squadre professional. E’ un classe 1996, c’è subito da capire cosa vuol fare da grande. Qui urgono italiani per le grandi corse a tappe visto che anche Ciccone ancora non scioglie “la sua prognosi”.
Partito bene (7° a Torino) Evenepoel si è ritirato dopo 17 tappePartito bene (7° a Torino) Evenepoel si è ritirato dopo 17 tappe
Evenepoel, adesso viene il bello
Facciamo fatica a giudicare Remco, credeteci. Per forza e determinazione dovrebbe stare tra i promossi, ma i suoi sorrisi, le dichiarazione continue «Va tutto bene», sono diventate ridondanti e poco credibili. La squadra lo ha protetto e gli ha lasciato fare ciò che voleva, come per esempio esordire al Giro dopo tanti mesi di stop tanto per infortunio. A nostro avviso una scelta scellerata. Questo non è un corridore come gli altri. Per tutelarlo troppo si rischia di fare peggio.
La speranza è che abbia davvero recuperato al 100% e che, passato questo “rodaggio”, torni l’Evenepoel spaccamontagne che tanto piace, altrimenti il ciclismo avrà perso molto.
Per alcuni doveva essere la sua consacrazione definitiva e magari anche la maglia rosa di Milano. Per altri doveva solo fare esperienza e ritrovarsi dall’infortunio: c’erano tante aspettative e pressioni su Remco Evenepoel.
Qui più che parlare di cosa ci si aspettava dal belga, vogliamo analizzare il suo Giro d’Italia, spulciando piccoli dettagli e comportamenti tenuti tappa per tappa. E non solo in corsa.
Remco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvioRemco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvio
Leone a Torino
Le prime frazioni sono filate con il sorriso stampato sulla bocca. Il ritornello stava quasi diventando un “disco incantato”: «Sono contento di essere tornato in gara dopo l’incidente al Lombardia», diceva Evenepoel.
E con il sorriso, ma anche con tanta determinazione il gioiellino di Lefevere si lancia dalla rampa della crono di Torino. Cosa ci ha colpito? La scioltezza con cui ha guidato la sua bici da crono. Solo Ganna ha fatto (e rischiato) di più, segno che ci credeva e che si allena molto su quella bici. L’ultima volta che Remco aveva affrontato Pippo a crono era stato in Argentina un anno fa e lo aveva schiantato. Su tali presupposti si potrebbe dire che il belga abbia perso una battaglia invece è stato il primo tra gli uomini di classifica.
Nelle due tappe successive non commette errori, né atti particolari se non che corre davanti, scortato dai compagni il che fa pensare che in Deceuninck-Quick Step ci credono eccome e non ci sia solo la storiella dell’esperienza. Tutto scorre tranquillo e la gamba sembra esserci.
Sempre sorridente, forse troppo?
Ogni mattina al via era assalito dai giornalisti
Sempre sorridente, forse troppo?
Ogni mattina al via era assalito dai giornalisti
A Sestola si salva
A Sestola, primo arrivo duro e con brutto tempo, Remco perde 10”. Si fa un po’ sorprendere nel momento dell’attacco. Per la prima volta resta solo. Tuttavia quello è, crono a parte, uno dei momenti migliori del suo Giro. Di certo lo è sulla gestione dei nervi. Piove, è solo, è il primo vero banco di prova, resta indietro, nel finale ci sono degli avvallamenti in discesa affatto semplici… Lui però si rimbocca le maniche e perde molto meno di quel che ci si poteva aspettare dopo gli attacchi di Landa e Bernal.
Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)
Voglia di rosa
Le tappe passano, la fatica inizia a farsi sentire. Remco però continua a recuperare posizioni in classifica generale (è secondo) e anzi punta alla maglia rosa. E’ un furetto pronto persino a sprintare sui traguardi volanti pur di indossarla come verso Foligno. Un atteggiamento che ci è piaciuto, sia nei confronti del Giro sia per il suo entusiasmo.
Ma non corriamo avanti e facciamo un passo indietro. Ascoli, Guardia Sanframondi, Campo Felice: si affrontano tappe impegnative, nervose, tatticamente delicate e spesso corse sotto l’acqua. E’ forse questo il nemico principale di Evenepoel: la pioggia in discesa.
Il forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosaIl forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosa
Assaggi di fatica sugli Appennini
Scendendo da Forca di Presta attorno a lui la Deceuninck piazza degli uomini. Remco fa un po’ l’elastico: a volte è in fondo al gruppo, anche un po’ rigido, e a volte è davanti. E’ evidente che ha delle difficoltà. Difficoltà che però non sono di gambe, in quanto in quella stessa tappa, a San Giacomo, arriva con Bernal staccando i migliori.
Qualcosa di simile lo ripete due giorni dopo a Campo Felice. Nel giorno della consacrazione di Bernal, Remco resta imbrigliato nel tratto sterrato tra le transenne e un corridore. Smette di pedalare, mentre Egan scappa. Nei 400 metri finali forse è il più veloce in assoluto, rimonta 7-8 corridori. Chiude quarto, senza abbuoni e sfiora la maglia rosa.
In ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da BernalIn ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da Bernal
Lo schiaffo di Montalcino
Ogni mattina in mix zone Evenepoel è letteralmente preso d’assalto dai giornalisti, belgi soprattutto. E lui imperterrito continua a ridere e a dispensare tranquillità. Noi invece qualche dubbio iniziamo a nutrirlo. Il sorriso c’è, ma inizia ad essere inespressivo, “vuoto”.
Nel giorno di riposo va in scena un conferenza stampa fiume. Remco non sta fermo un attimo, ride. Parte il refrain: «Sono già contento di essere qui – ma poi aggiunge – se pensavo di non poter vincere il Giro non sarei neanche partito». La bomba è definitivamente innescata. Lo stress della corsa inizia a salire e il giorno dopo a Montalcino quella bomba scoppia.
Una tappa delicata, complicata per un veterano, figuriamoci per un novellino (dal quale media e tifosi si aspettano la luna). Scricchiola sul primo sterrato ma in qualche modo anche grazie all’Astana ci mette una pezza, poi crolla prima di nervi e poi (un po’) di gambe nel secondo. In quel momento cambia tutto il suo Giro. Si stacca la radiolina, non vuol parlare con l’ammiraglia.Almeida prima lo aspetta, poi lo la lascia lì, poi lo riaspetta. Dieci minuti di totale blackout. Sembrava si ritirasse. La cosa “strana” di questa crisi era che nonostante davanti menassero forte, Remco non perdeva poi così tanto. Nei tratti su asfalto andava quasi come i migliori e se non hai gambe questo non puoi farlo. A fine tappa, il diesse Bramati ancora in ammiraglia è delusissimo, ma più per l’atteggiamento. «Stasera riordineremo le idee», ci disse a botta calda.
Prima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borracciaPrima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borraccia
Il crollo…
Remco continua a sorridere, ma è un sorriso senza entusiasmo. Forse ha capito che in bici si soffre anche. Va lodato però il suo comportamento. Continua a correre nelle posizioni che contano del gruppo (ma non più in salita e si vede già verso Bagno di Romagna), si muove bene. Sul piano tecnico non sbaglia un colpo: mantellina quando serve, alimentazione (notiamo che mangia spesso), ha sempre la borraccia nel portaborraccia e lo vediamo anche quando a fine tappa fra le transenne dopo l’arrivo le regala ai tifosi. Sotto questo punto di vista è ineccepibile.
Ma il destino lo aspetta al varco. Anche se fai tutto bene, un grande Giro e il meteo non sono facili da domare. Neanche se ti chiami Evenepoel. Il gelo della Sacile-Cortina lo respinge. E lo fa già prima del Giau. Adesso sì che forse inizia a pagare anche sul piano fisico. Arriva stremato nella Perla delle Dolomiti, ma non molla ancora.
La fatica sullo Zoncolan
Keisse lo spinge a Sega di Ala, in serata il comunicato della squadra: Evenepoel si ferma qui
La fatica sullo Zoncolan
Keisse lo spinge a Sega di Ala, in serata il comunicato della squadra: Evenepoel si ferma qui
Il ritiro
Sfrutta il giorno di riposo e ci riprova verso Sega di Ala. Di fatto il suo Giro finisce sul Passo di San Valentino, penultima ascesa di giornata. Il sole lo aiuta e lui si apre la maglia. Rispetto ai giorni dello Zoncolan e del Giau si muove proprio in modo diverso sulla bici, tuttavia si stacca quasi subito. E’ solo, non ha compagni. Si mette con la testa bassa e mulina il rapporto. Ad un tratto si riaccoda alla scia delle ammiraglie. In questi casi il corridore sa che il gruppo non è lontano e con ancora maggiore piglio rientra sulla maglia rosa. Da applausi, se non altro per il carattere.
Poi però in discesa cade. Riemergono (forse) i fantasmi del Lombardia e prende una forte botta al braccio sinistro. Gli ultimi 35 chilometri sono uno stillicidio. Arriva a Sega di Ala scortato dai compagni che in precedenza gli erano dietro a 36’28”. La squadra lo ferma: «Continuare così adesso non ha più senso». «Tornerò», dice lui. E noi glielo auguriamo, in fin dei conti è un patrimonio del ciclismo mondiale.
Mathieu Van der Poel parla del percorso iridato e della gioia che gli ha dato essere stato iridato. Eppure non si dà per vinto. Domenica ci sarà anche lui
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