Dal Giro al Tour. La preparazione di Cattaneo tra crono e montagne

13.06.2025
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Sarà l’unico italiano a prender parte sia al Giro d’Italia che al Tour de France, e il periodo tra le due corse più importanti del mondo sarà cruciale per Mattia Cattaneo. L’atleta della Soudal-Quick Step ci ha raccontato nel dettaglio come sta gestendo questa fase così delicata.

Per capire al meglio tutto quello che sta affrontando, bisogna tenere a mente due concetti chiave evidenziati dallo stesso Mattia: come si interpreta il Giro e come se ne esce. Due punti fondamentali per impostare tutto il lavoro di giugno.

Alla fine del Giro, Cattaneo ci aveva confidato che sarebbe rimasto due giorni a Roma. Qualche passeggiata nella Città Eterna con la famiglia, un bel piatto di amatriciana e cacio e pepe, ma soprattutto tanto relax, specie per la testa.

Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Mattia, iniziamo parlando del riposo totale. Quanto tempo sei stato senza bici dopo il Giro?

In realtà fermo del tutto sono stato tre giorni. I due a Roma da turista e un altro di riposo appena tornato a casa. Poi ho fatto altri quattro giorni di recupero attivo.

Cosa facevi in questo riposo attivo?

Il primo giorno poco più di un’ora, ma super tranquillo. Poi per due giorni ho fatto tre ore, sempre a ritmi molto blandi, e al quarto giorno ancora un’ora. Poi ho ripreso ad aumentare i carichi. Ma tenendo conto che vengo da un grande Giro: i volumi sono diversi. Da questa settimana ho ricominciato ad allenarmi, considerando sia i numeri dal punto di vista scientifico sia le mie sensazioni.

E quali sono i parametri scientifici?

Ce ne sono tanti che osservano i preparatori e chi di dovere, ma penso ai battiti del mattino, alla variabilità cardiaca, alla qualità e alla durata del sonno

E poi c’è l’esperienza…

Esatto. E’ quella che conta di più, almeno per come vedo io il ciclismo. Anche pensando al recupero mentale. Dopo un grande Giro spesso non ti va di pedalare e quando quella voglia ricomincia a farsi sentire, è un ottimo segnale. Io, che sono vecchio, la metto al primo posto. La voglia di andare in bici è uno dei primi sintomi del recupero.

Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Come stai lavorando?

Di base faccio due giorni di carico e uno di scarico, ma è tutto molto variabile. Se sto bene, ci aggiungo anche il terzo giorno. E’ una programmazione difficile, che vivo giorno per giorno, molto in base alle sensazioni. E ovviamente in accordo con il mio preparatore. Al pomeriggio mi confronto con il coach: gli dico come sto, come ho reagito al lavoro, se ero stanco in generale oppure solo a livello muscolare. Se non sono al top, o recuperiamo o non si fa il terzo giorno di carico. E viceversa. Altri invece vanno avanti con il loro programma indipendentemente dalle sensazioni.

E davvero ci sono questi atleti?

Tra noi “vecchi” non credo, ma tra i giovani di oggi che si affidano molto alla scienza, immagino di sì.

Cosa fai nei giorni di carico?

Okay il Tour, ma adesso mi sto concentrando anche molto sulla cronometro dei campionati Italiani. Vorrei arrivarci nel miglior modo possibile. In questo periodo sto usando ancora di più la bici da crono. Già di mio la uso tanto, ma adesso faccio proprio allenamenti mirati. So che vincerà Ganna, che Affini mi batterà, ma spero in un posto sul podio! Poi, sapendo che farò il Tour, sto inserendo anche salite lunghe, a ritmo medio-medio alto (quello che oggi chiamiamo Z3-Z4, ndr). Salite anche da 50’-60’.

E dove trovi salite così lunghe?

Vivo in Engadina, nella zona di Saint Moritz in Svizzera (a circa 1.800 metri di quota, ndr), e qui non mancano proprio. Ci sono il Bernina, il Maloja, il Fluela, il Fuorn, lo Stelvio quando passo da Livigno…

Stelvio: domanda più da cicloamatore che da giornalista, Mattia: quando arrivi al bivio dell’Umbrail e mancano 3 chilometri alla cima dello Stelvio, giri o vai in cima?

Dipende da come sto. Se sono “mezzo e mezzo” giro verso valle, l’Engadina. Ma se sto bene tiro dritto. Lo Stelvio è sempre lo Stelvio: quando arrivi lassù e vedi il cartello con scritto 2.700 e rotti metri ti gasi!

Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Non era una domanda tanto sbagliata allora! E’ bello però sentire certe cose da un pro’. Torniamo seri: prima hai parlato di volumi. Volumi di carico pensando che si esce da un grande Giro. Cosa significa?

Significa fare leva sul volume di lavoro accumulato al Giro. Tutto dipende da come ne esci. Se sei stanchissimo devi per forza puntare al recupero. Se esci bene, come è capitato a me, puoi lavorare. Ma perché sono uscito bene? Perché, anche se nella settimana finale ero spesso in fuga e ci ho provato, ho potuto interpretare la corsa rosa in un certo modo. A volte, anche se stavo bene (e questo è fondamentale), mi staccavo subito e risparmiavo energie facendo gruppetto. Nella terza settimana un paio di volte che mi sono ritrovato in fuga mi sono detto: «Cavolo, ma ho anche il Tour!». Però sapete, se stai bene e hai voglia, ti butti. L’importante è non finirsi. Così puoi sfruttare il meglio del Giro per arrivare al top al Tour. E qui si apre un altro tema: cosa vado a fare al Tour?

E cosa vai a fare?

Dovrò lavorare per Remco, soprattutto in salita. Anche per questo sto cercando di sfruttare il fatto che sono uscito dal Giro molto magro, per aumentare le mie performance in salita. E sto facendo quei lavori sulle scalate lunghe. Se avessi dovuto lavorare per un velocista, avrei recuperato di più e cercato di mettere massa, avrei fatto altri lavori. Ripeto: se non ne esci distrutto, il grande Giro ti aiuta tantissimo. Almeno per me. Anche mentalmente: in vista del Tour non esiste allenamento migliore. Ti dà una gamba che nessun lavoro a casa può darti… a meno che non ti massacri da solo. Ma io non ho né la testa né l’età per farlo. Magari qualche giovane sì.

Un quadro perfetto. Sei stato chiarissimo, Mattia. E si percepiscono i tuoi grandi stimoli.

E’ la prima volta che faccio la doppietta Giro-Tour, quindi è tutto nuovo anche per me. Ma, per come vivo io il ciclismo, è meglio così. Oggi c’è quasi più il rischio di finire sfiancati dagli allenamenti a casa che in gara.

Invece dopo i campionati Italiani, nella settimana che precede il Tour, cosa si fa? Si scarica?

In realtà dopo l’Italiano si sta a casa un giorno solo, perché il martedì si parte già per Lille. Si tratta di ricaricare le energie. Tra viaggio e tutto si hanno tre giorni per pedalare. Magari in uno di questi tre giorni si fanno tre ore, tre ore e mezza un po’ più tirate, e poi basta. Solo recupero, prima e dopo.

Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Voi, soprattutto nelle squadre più importanti, testate spesso materiali nuovi. Quelli del Tour li provate a casa?

Sul fronte tecnico e della crono, personalmente non ho nulla di nuovo. La bici che avevo prima del Giro è la stessa che avrò in Francia. Quindi a casa sto usando il mio setup classico

E sul fronte dell’integrazione? Se arriva qualche prodotto nuovo?

Qui qualcosa di nuovo c’è. Al Tour avremo una nuova barretta di carbo e un gel nuovi. E questi vanno provati assolutamente. E’ un allenamento per l’intestino. Ho riportato questi prodotti direttamente dal Giro. In realtà avevamo già iniziato a usarli nel finale della corsa rosa, ma in questa fase è giusto testarli e acquisire feedback.

Ultima domanda, Mattia. Hai accennato a Remco: ormai sei uno dei suoi fedelissimi… Lo hai sentito? Sta bene, a giudicare dal Delfinato.

Ci sentiamo come è normale che si sentano due compagni di squadra. Dire che io sia un suo fedelissimo… fa piacere, ma magari lo dirà lui! Il Tour con Remco era molto probabile sin dall’inizio della stagione e quando mi hanno confermato che sarei andato in Francia con lui, quella è diventata la priorità. Soprattutto con un capitano del genere: ci sono enormi stimoli.

Nimbl: cinque anni per trasformarsi da “start-up” a player globale

12.06.2025
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PORTO SANT’ELPIDIO – In soli cinque anni, Nimbl ha stravolto le regole del gioco nel mondo delle calzature da ciclismo. Dalla produzione artigianale di 200 paia di scarpe l’anno, l’azienda è oggi un player di primissimo piano nel segmento “premium”, con una nuova sede da 2.500 mq, 30 dipendenti e ben 150 corridori del WorldTour che pedalano con scarpe firmate Nimbl. Ne abbiamo parlato direttamente con Francesco Sergio, Co-Founder e Managing Director del brand, che ci ha restituito una storia di visione, qualità e ambizione internazionale.

Simon Yates ha vinto il Giro d’Italia 2025 indossando scarpe Nimbl
Simon Yates ha vinto il Giro d’Italia 2025 indossando scarpe Nimbl
In soli cinque anni Nimbl è passata da “start-up” a player globale. Come avete fatto?

Il punto di partenza è stato chiaro sin da subito: volevamo rompere lo “status quo”. Il settore delle scarpe da ciclismo era dominato da pochi grandi nomi, ma noi sapevamo che si poteva fare qualcosa di diverso. Abbiamo puntato tutto sulla qualità, sull’artigianalità vera e sul Made in Italy, posizionandoci fin dall’inizio nel segmento “premium”. La risposta del mercato è stata forte e immediata, e i numeri ci hanno dato ragione.

Ci racconti un po’ della struttura attuale?

Oggi Nimbl conta trenta dipendenti, di cui ben venticinque sono impegnati direttamente nella produzione. Questo dimostra quanto teniamo al controllo diretto della qualità. A luglio 2024 ci siamo trasferiti in una nuova sede da 2.500 metri quadri, dove realizziamo internamente il 100% della nostra produzione. Solamente cinque persone lavorano negli uffici: la nostra priorità è produrre scarpe eccellenti, non gonfiare l’organico amministrativo.

Una scelta controcorrente in un’epoca di delocalizzazione.

Assolutamente. Abbiamo scelto la via più difficile, ma anche quella che ci permette di offrire un prodotto che si distingue. Tutto è fatto in Italia, ogni scarpa è un pezzo unico curato nei dettagli. È proprio questo che cercano i professionisti, che infatti ci trovano: oggi sono 150 i corridori del WorldTour che usano scarpe Nimbl.

Francesco Sergio, Co-Founder e Managing Director Nimbl
Francesco Sergio, Co-Founder e Managing Director Nimbl
Dal Giro vinto con Yates al Tour de France: cosa succederà nei prossimi mesi?

Con Visma Lease a Bike, nostro partner da tempo, stiamo facendo un lavoro enorme. Li supportiamo in tutte le categorie: dal WorldTour al team femminile, fino al devo team dei più giovani. Al Tour de France lanceremo nuove linee di prodotto iniziando a esplorare segmenti di mercato diversi… Sarà un altro punto di svolta. Inoltre, stiamo già sviluppando una nuova gamma di scarpe per il 2026, che sarà molto bella ed al tempo stesso innovativa.

Sembra che ci sia “fame” di Nimbl. Come gestite la domanda?

Con molta attenzione. Attualmente la richiesta giornaliera è più del doppio rispetto a quanto riusciamo a produrre. Questo ci impone una crescita organica e controllata, perché non vogliamo in alcun modo compromettere la qualità. Vogliamo crescere, ma senza snaturarci.

Come immagini il futuro di Nimbl?

Lo vedo oltre le calzature. Vogliamo mantenere il focus sulle scarpe, certo, ma stiamo già ragionando su nuove categorie di prodotto. L’obiettivo è evolverci in un marchio globale che sappia interpretare le esigenze del ciclista in modo più ampio, senza mai perdere la nostra identità.

Per Nimbl è stato un Giro ricco di soddisfazioni, Lorenzo Fortunato ha vinto la maglia blu dei GPM indossando il modello Pro Edition
Per Nimbl è stato un Giro ricco di soddisfazioni, Lorenzo Fortunato ha vinto la maglia blu dei GPM indossando il modello Pro Edition
Il Giro d’Italia 2025 è stato un grande successo per voi. Cosa ha rappresentato?

Il Giro lo abbiamo vinto con Simon Yates, e siamo stati anche partner ufficiale come fornitore di scarpe. Per me, da italiano, è un’enorme soddisfazione. Il Giro è la corsa più bella al mondo, ed essere presenti in questo modo, vincere e vedere i nostri atleti salire sul podio con le nostre scarpe, è stato qualcosa di speciale. Anche a livello internazionale è stato un trampolino di visibilità.

Torniamo indietro: come nasce la tua carriera nel ciclismo?

Nel 2000 ho iniziato in Cinelli, grazie ad Antonio Colombo, a cui devo tantissimo. E’ stato lui ad aprirmi la porta del settore, e considero quegli anni una vera università del ciclismo. Da Cinelli sono usciti tanti manager che oggi guidano aziende importanti…

E poi è arrivata Cervélo

Esatto. Ho vissuto 13 anni in Cervélo, seguendo tutto il percorso di crescita del marchio canadese. Sono stato il primo assunto europeo, e ho personalmente aperto la sede Cervélo in Svizzera nel 2005. Lavorare al fianco di Gerard Vroomen, il fondatore, mi ha insegnato l’importanza della visione strategica e del corretto posizionamento di mercato.

Edoardo Affini, atleta del team Visma Lease a Bike ha vinto il titolo europeo nel 2024 con una scarpa realizzata appositamente per lui da Nimbl
Edoardo Affini, atleta del team Visma Lease a Bike ha vinto il titolo europeo nel 2024 con una scarpa realizzata appositamente per lui da Nimbl
Esperienze che hai poi portato in Nimbl…

Assolutamente sì. Da Vroomen ho imparato a pensare in modo ambizioso ma concreto. Poi, negli ultimi anni in Cervélo, con PON Group, ho avuto l’opportunità di apprendere le dinamiche finanziarie e organizzative di un brand globale. Tutto questo mi ha preparato al passo successivo: fondare Nimbl.

C’è anche un percorso accademico dietro le quinte…

Si, ho conseguito un Master in Economia dello Sport alla Luiss di Roma, che mi ha fornito una solida base teorica. L’ho voluto fortemente perché volevo unire la passione per il ciclismo con una competenza gestionale solida e strutturata.

Qual è il messaggio che lanceresti ai giovani che sognano di entrare nel bike business?

Che servono passione, pazienza e competenza. Nulla si costruisce in pochi mesi, ma se si ha un’idea forte, se si crede in un progetto e si lavora bene, si può arrivare lontano. Nimbl ne è la dimostrazione: da un’idea artigianale a un’azienda che oggi calza i migliori ciclisti del mondo. Ma siamo solo all’inizio.

Nimbl

Magli, uno step in più fra conferme e nuove ambizioni

10.06.2025
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Sembra passato un secolo dal Giro d’Italia, ma i protagonisti girano ancora nei nostri occhi e nei nostri ricordi. Okay gli uomini di classifica e Pedersen, ma ci sono stati alcuni italiani che si son dati da fare e in qualche modo distinti. Uno di loro è Filippo Magli.

Il corridore della VF Group-Bardiani il Giro forse se lo è lasciato alle spalle più di noi, visto che ha già ripreso a correre. Era in Belgio per la Brussels Classic – dove è caduto e da buon toscano ha sentenziato: «Qualche gratta che fa mestiere» – e la Antwerp Port Epic.

Filippo Magli (classe 1999) ha concluso il suo secondo Giro d’Italia
Filippo Magli (classe 1999) ha concluso il suo secondo Giro d’Italia

La solidità dell’esperienza

E’ un Magli sereno e riflessivo quello che incontriamo a pochi giorni dal Giro. Ha già la testa avanti, ma è ben consapevole di cosa ha appena vissuto.
«E’ stato un Giro duro – racconta – siamo andati veramente forte rispetto a quello che avevo fatto nel 2023. Sembra passato tanto tempo, ma in realtà sono solo due anni. Il ciclismo però va avanti ad una velocità incredibile. Il meteo ci ha aiutato, perché non abbiamo quasi mai preso acqua e arrivare a Roma è sempre un’emozione. Bellissimo».

Lo si è visto spesso davanti, con coraggio. Niente fughe da vetrina, solo attacchi con l’idea del risultato.
Si dice che le squadre italiane non vanno che il WorldTour vola, ma partiamo da quello che abbiamo in Italia.

«Secondo me – spiega Magli – a volte ci piangiamo un po’ addosso. Noi, per le nostre possibilità, ci siamo difesi. Come squadra siamo una realtà piccola, però abbiamo fatto 8 top 10, sempre con l’obiettivo di arrivare, non solo per farci vedere. E’ mancata la vittoria, ma in un Giro in cui metà delle tappe le ha vinte Pedersen, è difficile per tutti».

Ecco Magli nella fuga di Cesano Maderno con Van Aert
Ecco Magli nella fuga di Cesano Maderno con Van Aert

Quante gare…

Filippo racconta il giorno più duro, quello che si è portato dietro anche a livello emotivo e di come quando si parla di esperienza ci sia anche un riscontro concreto.
«Sicuramente il giorno dopo Cesano Maderno, quando ho fatto quarto – racconta Magli – è stato tosto. La tappa da Biella a Champoluc mi ha fatto soffrire. Sin dalle prime salite sentivo già che non stavo bene, ma in quel caso l’esperienza del Giro 2023 mi ha aiutato. Se tieni duro, quei momenti passano».

E da qui scatta anche un ricordo (misto paragone) con la corsa del debutto, quella del 2023.
«Quel Giro è stato una bella batosta – ricorda – io e Marcellusi siamo stati sempre insieme, anche in camera. Era il nostro primo grande Giro e ci siamo detti: “Se abbiamo superato questo, non ci fa più paura niente”. E infatti quest’anno ci siamo divertiti».

Intanto già dopo la serata di Roma Magli guardava avanti. Come molti suoi compagni, forti anche della condizione accumulata durante la corsa rosa, pensava alle prossime gare. Del Belgio vi abbiamo accennato ma il calendario non si ferma lì.
«Poi andremo a Gippingen. Le corse in Nord Europa mi piacciono, anche quando il meteo è un po’ avverso. E’ un altro ciclismo, molto intenso, ma mi stimola. Voglio sfruttare la forma che arriva da tre settimane di fatica vera».

Il toscano è veloce e tiene sulle salite brevi
Il toscano è veloce e tiene sulle salite brevi

Quel che resta del Giro

Ma si guarda anche al futuro più remoto e non solo prossimo. Questo Giro d’Italia ha significato molto. Dalla corsa rosa Magli esce con più di qualche certezza in tasca.
«Mi sento un corridore migliore – afferma Filippo – e più completo. Non ho un picco eccezionale in nulla, ma vado bene quando le condizioni si fanno dure, in Belgio, in Francia, quando il tempo cambia. O le corse si fanno caotiche. E’ lì che mi trovo a mio agio».

E a proposito di caos si è visto a Cesano Maderno, quando è stato il primo degli italiani.
«Quel giorno non si poteva fare molto quando è partito Denz – spiega allargando le braccia – abbiamo un po’ dormito a dire il vero. Quando Denz parte è difficile tenerlo. Ha fatto un gran numero. Appena ha preso il largo ci siamo guardati e sapevamo che si correva per il secondo posto. Forse ho impostato male la volata, potevo fare meglio. Però anche il quarto posto mi soddisfa, sono sincero».

La consapevolezza di aver fatto bene alimenta la voglia di crescere ancora: «Adesso cominciano ad essere un po’ di anni che corro – conclude – prima si parlava di che corridore potessi diventare, oggi mi chiedo cosa voglio essere davvero. La risposta è chiara: uno che non si tira mai indietro, che prova a giocarsela».

Il Giro Next Gen a Prato Nevoso: Garzelli racconta la salita

10.06.2025
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Una volta svelato il percorso del Giro Next Gen è stato chiaro a tutti che la tappa decisiva sarà quella con arrivo a Prato Nevoso. La settima frazione del Giro d’Italia degli under 23 apparecchia la tavola per un finale da vivere metro dopo metro. 4.000 metri di dislivello in 160 chilometri senza mai trovare un metro di pianura. Se è vero che la categoria under 23 sta diventando l’antipasto al professionismo, ecco un bel boccone da masticare per i ragazzi delle 35 squadre che prenderanno il via domenica 15 giugno da Rho. 

Il profilo della settima tappa del Giro Next Gen: 163 chilometri e 4.000 metri di dislivello
Il profilo della settima tappa del Giro Next Gen: 163 chilometri e 4.000 metri di dislivello

Con voglia e rabbia

Sulla salita di Prato Nevoso il Giro è passato tre volte (una anche il Tour): una di quelle che rimane negli occhi degli appassionati e nel cuore di chi l’ha vissuta ha visto come protagonista Stefano Garzelli. Nella corsa del 2000, esattamente venticinque anni fa, lo scalatore varesino trovò la sua prima vittoria al Giro d’Italia. Mentre qualche giorno dopo tolse la maglia rosa dalle spalle di Francesco Casagrande e la portò fino a Milano. 

«Era una salita adattissima alle mie caratteristiche – ricorda Stefano Garzelli che in questi giorni è impegnato con le dirette del Delfinato con la RAI – ovvero quelle di uno scalatore con un buon spunto veloce. La strada sale costantemente tra il 7 e l’8 per cento con qualche punta al 9. In generale è una salita dove a ruota si sta bene. Di quel giorno ricordo la voglia che avevo di vincere, chiusi su tanti attacchi negli ultimi tre chilometri mi sono mosso tantissimo. Nella volata finale, in cui arrivò un gruppetto di una decina di corridori, vinsi per distacco».

La scalata di Prato Nevoso ha delle pendenze regolari tra il 7 e l’8 per cento ed è lunga 13 chilometri
La scalata di Prato Nevoso ha delle pendenze regolari tra il 7 e l’8 per cento ed è lunga 13 chilometri
Il fatto che sia arrivato un gruppo ristretto ci fa pensare che sia una salita in cui si fa fatica a fare selezione…

Sono convinto che se dovessero farci arrivare il Giro nei prossimi anni arriverebbero a giocarsi la corsa quindici corridori. Le bici sono sempre più veloci e l’aerodinamica conta tanto anche in salite del genere. Questo mi fa pensare che anche al Giro Next Gen sarà difficile vedere trionfare un atleta da solo. 

Nei chilometri precedenti saliranno tanto prima di arrivare alla salita finale.

Questo può cambiare le carte in tavola. Se all’inizio della tappa si mette tanta fatica nelle gambe allora poi la scalata finale cambia volto. Penso il gruppo arriverà a prenderla con una velocità costante e per fare selezione si deve partire forte fin da subito.

A Prato Nevoso nel 2018 Simon Yates perse 30 secondi da Froome, la maglia rosa il giorno dopo andò incontro alla crisi sul Colle delle Finestre
A Prato Nevoso nel 2018 Yates perse 30 secondi da Froome, la maglia rosa il giorno dopo andò in crisi sul Colle delle Finestre
Sarà difficile gestire la salita visto che le squadre avranno solo cinque corridori e saremo alla fine del Giro Next Gen?

Pensare di coprire tutti e 13 i chilometri di salita con due o tre atleti intorno al capitano è difficile. Si dovranno capire le mosse dei team e quello che potrà succedere. Se si dovesse arrivare ad avere solo gli uomini di classifica davanti si apre uno scenario da uno contro uno. In questo caso potremmo vedere tanti attacchi, ma attenzione che in una salita del genere solo uno può essere quello decisivo. 

Cioé?

Che è difficile prendere tanto margine in una salita del genere con pendenze abbordabili. I distacchi potrebbero aggirarsi intorno ai venti secondi. E’ importante trovare il momento giusto e questo può arrivare o da molto lontano, anche se è difficile, o quando si è negli ultimi due chilometri. Però con tutto quel dislivello prima qualcuno potrebbe andare in crisi.

Prato Nevoso è stato anche arrivo di tappa nel Giro d’Italia Internazionale Femminile 2021 vinse Van Der Breggen in maglia iridata
Prato Nevoso è stato anche arrivo di tappa nel Giro d’Italia Internazionale Femminile 2021 vinse Van Der Breggen in maglia iridata
E cosa cambierebbe?

Se ti pianti, non vai più su. Pensateci, su quali salite si fa maggiore differenza quando un corridore va in crisi? Quelle con pendenze dove si riesce a fare velocità. Prato Nevoso è una scalata da fare a 22 o 23 chilometri orari, ma se uno va in crisi si sale a 14 all’ora. Cambia tutto. I divari si possono fare davvero ampi. 

Come correresti?

A ruota del primo gruppo, respirando e risparmiando qualcosa. Poi una volta che si decide di attaccare bisogna farlo fino in fondo, senza pensare al giorno dopo. Nel finale di una corsa a tappe tra andare al 90 per cento o andare al 100 per cento non cambia nulla. Anche perché in una salita come quella di Prato Nevoso la differenza la si può fare solo con uno scatto secco, convinto. 

Un viaggio nell’anima con Garofoli al suo primo Giro d’Italia

09.06.2025
5 min
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I giorni dopo il Giro d’Italia sono dedicati al riposo e a ritrovare le forze per la seconda parte di stagione. La Corsa Rosa chiude un capitolo e ne riapre un altro, arriva l’estate e la stagione dei Grandi Giri prende il via. Gianmarco Garofoli non fa eccezione, il marchigiano della Soudal-QuickStep dopo aver corso il suo primo Giro d’Italia in carriera si trova a casa. Appena sceso dalla bici si è sottoposto a un piccolo intervento chirurgico agli occhi. Nulla di preoccupante, un’operazione di routine che attendeva il momento giusto per essere fatta.

«Male fa male – racconta – è pur sempre un intervento all’occhio, ma dopo un paio di giorni la situazione è migliorata. Ho anche ripreso ad andare in bici, senza stress ma con l’obiettivo di recuperare al meglio per i prossimi impegni. A fine giugno sarò ai campionati italiani, non sarà un percorso adatto alle mie caratteristiche, ma credo sia un bel modo per tornare ad attaccare il numero sulla schiena».

Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco
Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco

Finalmente il Giro

Negli anni abbiamo imparato a conoscere Gianmarco Garofoli come un giovane arrembante e con le idee chiare. Il sogno era quello di diventare un corridore da Grandi Giri e l’obiettivo rimane quello. Nel corso delle ultime stagioni ci sono stati diversi momenti in cui le cose sono andate in maniera diversa da quanto ci si sarebbe aspettato e augurato. La forza del corridore e dell’uomo, perché intanto Garofoli è cresciuto e diventato tale, non cambia.

«E’ stato un bel viaggio – continua – ripensare a tutte le tappe e ai tanti momenti vissuti direi che è stato anche lungo, ma viverlo da dentro ha fatto sì che tutto passasse velocemente. Però una volta che mi sono fermato e ci penso, mi accorgo di aver vissuto tante emozioni, positive e negative. Per un bambino nato con il sogno di correre il Giro, è stato bello viverlo e soprattutto è stato bello correrlo. Non sono stato tra i protagonisti assoluti ma mi sono fatto vedere e ho ottenuto buoni risultati. Una delle cose più belle è aver sentito il mio nome sulle strade anche da gente che non avevi mai visto prima».

Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Eravate partiti con Landa capitano, ma alla prima tappa avete perso il vostro riferimento…

Sì, è stato strano all’inizio perché eravamo venuti con un obiettivo ma è sfumato presto. Ci siamo trovati a dover cambiare tutti i piani e da lì sono nate nuove opportunità sia per me che per i miei compagni. Abbiamo cercato una vittoria di tappa che purtroppo non è arrivata. Però io posso ritenermi soddisfatto perché dopo diverse cadute e qualche costola rotta sono riuscito a stare nelle fughe e ho sempre dato spettacolo.

Il ricordo che ti porti a casa da questo Giro?

Credo la tappa di Asiago, ho capito di poter avere concrete chance per vincere una tappa. Quel settimo posto mi ha dato ottime sensazioni, essere lì davanti, poi all’arrivo ero dispiaciuto perché quando vedi la vittoria così vicina ci credi. Ma non ho rimpianti, sono convinto di aver dato tutto.

Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)
Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)s
Anche perché correvi con tre costole rotte…

Dopo tutto quello che ho passato non avrei mai mollato per tre costole rotte. Forse il momento in cui ho pensato di fare un passo indietro è stato dopo la seconda caduta nella tappa con arrivo a San Valentino. La botta alla schiena si è fatta sentire, tanto che la sera sono andato in una clinica a farmi visitare, per fortuna non avevo nulla di rotto. Mi sono detto: «Continuo solo se posso fare qualcosa di buono».

Ed è arrivato il quarto posto a Sestriere…

Diciamo che ho dato un po’ un senso alla mia sofferenza. E’ stata un po’ una liberazione, soffrivo tanto e non riuscivo a pedalare bene perché mi faceva male alla schiena. La gamba destra era un po’ bloccata. La mattina stessa non avrei mai detto di poter arrivare così vicino alla vittoria ma è stata una bella sensazione.

A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
Che effetto fa aver scoperto queste tue qualità durante il Giro e soprattutto aver avuto una risposta dopo tanti anni complicati?

Dentro di me ci ho sempre creduto, bisogna sempre crederci. Per me non è stato difficile correggere il Giro d’Italia con tre coste rotte e andare forte, è stato molto più difficile continuare a crederci negli anni in cui tutto era più difficile.

In una corsa difficile hai risollevato il morale della squadra?

Tutti credevamo tanto anche Paul Magnier, era al suo primo Giro ma le qualità non si discutono. Quando a Gorizia non è arrivato il risultato sperato il morale era a terra, fortunatamente nella tappa successiva ho conquistato quel settimo posto che ha risollevato un po’ gli animi. Ci siamo convinti che avremmo potuto fare ancora qualcosa di buono.

Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Hai colpito tutti in maniera positiva, tanto che proprio durante il Giro è arrivato il rinnovo fino al 2027…

E’ molto importante perché crede in me e mi trovo bene. Mi piace lo spirito vincente, si sente molto ed è quello che mi è mancato negli ultimi anni: andare alle corse e partire per vincere. Qui ho ritrovato la fiducia in me stesso ed è bello, spero di migliorare ancora e di ripagarli della fiducia.

Allora in bocca al lupo.

Crepi! E speriamo di sentirci presto, vorrà dire che sono andato forte!

Punti UCI al Giro. La solita regina, ma in coda non è andata male

09.06.2025
5 min
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In qualche modo, il Giro d’Italia continua a tenere banco. Un fattore che è emerso in questa edizione della corsa rosa è stato quello relativo alla questione dei punti. I famosi punti UCI che determinano la permanenza nel WorldTour, ma anche la possibilità di accedere alle wildcard 2026, restando quindi nei primi trenta del ranking mondiale.

La squadra che ha ottenuto più punti è stata, come spesso accade, la UAE Emirates, nonostante il Giro sia andato alla Visma-Lease a Bike. E infatti la squadra della maglia rosa, nel finale, ha accorciato moltissimo le distanze rispetto a quella di Del Toro.

Anche grazie a molti piazzamenti Del Toro è stato colui che durante la corsa rosa ha raccolto più punti: 1.992
Anche grazie a molti piazzamenti Del Toro è stato colui che durante la corsa rosa ha raccolto più punti: 1.992

Del Toro maglia rosa dei punti

La vittoria del Giro d’Italia, infatti, apporta ben 1.100 punti. Al secondo ne vanno 885, al terzo 750. Questo però non è bastato a Simon Yates per essere maglia rosa anche nei punteggi UCI. Grazie alla vittoria di tappa, ai giorni in maglia rosa e allla piazza d’onore a Roma, il primo è stato Isaac Del Toro. Per il messicano: 1.992 punti, contro i 1.457 dell’inglese. Terzo è Richard Carapaz (1.425 punti) e quarto Mads Pedersen (1.280). Loro sono gli unici quattro atleti ad aver superato quota mille.

In questa particolare graduatoria, il miglior italiano è stato Damiano Caruso con 800 punti, seguito da Giulio Pellizzari con 620. Chiaramente, essendo un grande Giro, la classifica finale conta moltissimo. E sia Pellizzari che Caruso si sono comportati bene. Questo spiega perché Pedersen, nonostante abbia vinto più tappe di tutti tra i nomi citati sin qui, sia “solo” quarto.

Per Mads Pedersen quattro vittorie di tappa e maglia ciclamino
Per Mads Pedersen quattro vittorie di tappa e maglia ciclamino

Lidl-Trek sul podio

Ma veniamo all’analisi della classifica a squadre per punti UCI di questo Giro d’Italia. Una classifica che, anche se non prevede una premiazione ufficiale, è molto ambita dai team. Se si tolgono le primissime squadre del ranking, anche le formazioni WorldTour vi prestano grande attenzione.

La classifica UCI oggi è davvero importante e quando si vedono due corridori dello stesso team disputare una volata, non bisogna pensare che siano sempre errori tattici. E’ il caso, per esempio, della VF Group-Bardiani alla terza tappa, quando Marcellusi e Fiorelli fecero entrambi lo sprint. E’ chiaro che, contro gente del calibro di Pedersen, sapevano che avrebbero perso al 99 per cento. Tanto valeva ottimizzare il bottino.

E questo, sia chiaro, non è qualcosa che si è visto fare solo dai ragazzi di Reverberi, e non solo al Giro. In tanti lo fanno ormai. Pensate che Sedun, uno dei dirigenti della XDS-Astana, a Viareggio ci disse come finalmente potevano rifiatare un po’ e permettersi di iniziare a puntare a qualche vittoria, ora che la situazione del team era migliorata.

«A lungo – ha rivelato Sedun – ho dovuto dire ai miei che sarebbe stato meglio fare terzo, quinto e settimo, piuttosto che lottare per la vittoria. Non è bello, è vero, ma così facendo ci siamo ripresi».

SQUADRANAZIONEPUNTI
1. UAE Team Emirates – XRGEmirati Arabi Uniti3.264
2. Visma – Lease a Bike  Olanda3.098
3. Lidl – TrekStati Uniti2.135
4. EF Education – EasyPosStati Uniti1.695
5. Bahrain – VictoriousBahrain1.429
6. XDS – AstanaKazakistan1.417
7. Ineos GrenadiersRegno Unito1.257
8. Red Bull – BoraGermania1.192
9. Israel – Premier TechIsraele1.090
10. Picnic PostNLOlanda1.069
11. Movistar TeamSpagna992
12. Decathlon-Ag2RFrancia800
13. Tudor Pro Cycling TeamSvizzera724
14. Soudal Quick-StepBelgio690
15. Alpecin – DeceuninckBelgio680
16. Jayco AlUlaAustralia612
17. Q36.5 Pro Cycling TeamSvizzera577
18. Polti VisitMaltaItalia412
19. VF Group – BardianiItalia400
20. CofidisFrancia325
21. Arkéa – B&B HotelsFrancia264
22. Groupama – FDJFrancia245
23. Intermarché – WantyBelgio190
La graduatoria dei punti UCI raccolti durante il Giro d’Italia 2025 (fonte ProCycling Stats)

Intermarché maglia nera

Quindi, la classifica UCI a squadre del Giro è andata alla UAE Emirates, seguita dalla Visma-Lease a Bike e dalla Lidl-Trek. Alla squadra di Guercilena va il plauso di essere arrivata così in alto senza un uomo di classifica. Ma hanno vinto sei tappe e la maglia ciclamino, che vale 180 punti, come una vittoria di tappa.

Sempre per questo motivo, al quinto posto si trova proprio la XDS-Astana: nessun uomo tra i primi dieci in generale, ma una vittoria di tappa (con doppietta Scaroni-Fortunato) e la maglia blu portata a casa. Senza contare i tanti piazzamenti.

Scendendo ai piani bassi delle 23 formazioni in corsa, chiude la graduatoria la Intermarché-Wanty con appena 190 punti. Al penultimo posto troviamo la Groupama-FDJ che, al netto delle fughe dei volenterosi Lorenzo Germani ed Enzo Paleni, ha raccolto davvero pochino. Al terzultimo posto c’è l’Arkéa-B&B Hotels sollevata in extremis dal secondo posto di Verre al Sestriere, che è valso 130 punti al team bretone. Senza quello, sarebbe stata ultima. Quello di Verre è stato l’unico piazzamento rilevante.

E a proposito di francesi, al quartultimo posto troviamo un altro team d’Oltralpe: la Cofidis. Possiamo dire che i francesi non sono venuti al Giro con le migliori intenzioni? Giudicate voi…

Marcellusi e Maestri rispettivamente di VF Group-Bardiani e Polti-VisitMalta in azione sulle strade del Giro
Marcellusi e Maestri rispettivamente di VF Group-Bardiani e Polti-VisitMalta in azione sulle strade del Giro

Il derby italiano

E veniamo alle italiane. Le squadre impegnate al Giro erano solo due: la Polti-Kometa e la VF Group-Bardiani. Due organici simili per qualità, almeno nella formazione schierata nella corsa rosa.

Alla fine hanno concluso rispettivamente al 18° e al 19° posto, con appena 12 punti di differenza: 412 punti per la Polti, 400 per la VF Group. La Polti si è avvalsa del piazzamento di Davide Piganzoli, 14° nella generale, che ha fruttato 90 punti, e soprattutto del secondo posto di Maestri a Cesano Maderno: altri 130 punti.

Più omogenea la distribuzione dei punti in casa VF Group, con Fiorelli, Marcellusi e Magli. E a proposito di Marcellusi: senza il declassamento della terza tappa in Albania, il bottino sarebbe stato più ricco e le posizioni tra i due team si sarebbero invertite.

Ma per valutare bene questa classifica bisogna guardare anche oltre il Giro. E quest’anno, tutto sommato, non è andata male per chi lotta nelle retrovie. Nel caso delle due italiane, hanno rosicchiato punti e posizioni rispetto alla Solution Tech-Vini Fantini, relegandola al 31° posto nella graduatoria annuale per team, nonostante le ottime prestazioni in Asia. Tra l’altro un 31° posto che la porrebbe fuori dal computo delle wildcard 2026.

In chiave WorldTour, invece, la Lotto non è andata fortissimo nei giorni del Giro come in altre occasioni. Quindi, nonostante Cofidis, Jayco-AlUla e PicNic-PostNL non abbiano brillato (anche se poi il team olandese ha vinto una tappa con Van Uden) hanno comunque messo da parte punticini preziosi. Tuttavia con la XDS-Astana in risalita, oggi la Cofidis sarebbe fuori dal WorldTour.

EDITORIALE / C’è ancora posto per Ayuso alla UAE?

09.06.2025
5 min
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Caro Ayuso, ti scrivo dopo il Giro d’Italia, perché questo mi offre il modo per allargare lo sguardo sulla direzione del ciclismo. Scrivo a te perché la tua situazione è per me emblematica e scusatemi tutti se anche questa volta scrivo in prima persona.

Caro Ayuso, dicevamo, hai 22 anni e tanta voglia di correre e vincere: correre per vincere, quantomeno, perché non sempre le due azioni coincidono. La tua ambizione è evidente, l’avevamo annotata sin da quando sbranavi le corse U23 con la maglia della Colpack e temiamo che questo non ti abbia creato grosse simpatie. Sennò come si spiega che al Giro tutti i compagni si siano schierati spontaneamente dalla parte di Del Toro? A Siena erano tutti felici per lui, anche quelli che avevano pedalato con te cercando di guadagnare su Roglic (in apertura lo spagnolo in azione sulla salita finale).

Il tuo contratto con il UAE Team Emirates-XRG arriva fino al 2028 e si suppone che sia anche piuttosto profumato, altrimenti come si spiega la clausola rescissoria di cui si va raccontando? Magari sono chiacchiere da bar, ma l’ammontare sussurrato nei capannelli fra giornalisti è da capogiro: chi vuoi che possa pagarla?

Tutela o prigione?

Sei blindato, tutelato, garantito, forse persino imprigionato per altri tre anni e mezzo. Nessuno ti ha costretto a firmare e ha ragione Martinelli a chiedersi se la squadra abbia pensato a dove metterti e tu abbia chiaro dove vorresti trovarti.

Quando il tuo contratto sarà scaduto, avrai 26 anni: gli stessi di Pogacar adesso. Sarai ricco, più maturo, ma forse non avrai nel tuo carnet tutte le esperienze che avresti altrove. Il contratto di Tadej arriva fino al 2030 e a lui spetta la prima scelta. Quello di Del Toro, che ne ha 21, arriva al 2029. Al 2030 arrivano invece i contratti di Pablo Torres (19 anni) e di Jan Christen (20 anni). Senza guardare Almeida e Yates, abbiamo fatto i nomi dei futuri talenti della squadra con cui, pur con uno step di vantaggio, dovrai dividerti le corse.

Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente
Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente

Opzione Movistar?

Quest’anno sei partito come capitano per il Giro, ma lo scherzetto di Del Toro a Siena ti ha tolto la leadership e la serenità (se il leader cade, di solito i gregari lo aspettano). Chiunque abbia seguito la corsa si è accorto che da quel giorno qualcosa è cambiato. E quando sei stato costretto al ritiro, a meno di cambiamenti non previsti, è stato subito chiaro che per quest’anno di Grandi Giri non si parlerà più. Quanto al prossimo, si aspetteranno giustamente i piani di Pogacar, poi si vedrà che cosa ti toccherà in sorte.

Pare che il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull abbia permesso una diversa interpretazione della norma: non più la penale, ma un indennizzo pari al nuovo ingaggio moltiplicato per ciascuno degli anni residui. Se Ayuso dovesse andare alla Movistar (che parrebbe molto interessata) e la Movistar gli versasse 2 milioni di euro all’anno, l’indennizzo per la UAE ammonterebbe a 2 milioni per ciascuno dei tre anni di contratto residui. Quindi 6 milioni di euro. La UAE Emirates lo lascerebbe andare, mettendo su un piatto il rischio di rinforzare una rivale e sull’altro la ritrovata serenità domestica?

Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti
Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti

Solo un capitano

Il ciclismo è uno sport di squadra, ma il capitano è uno solo. Nel Paris Saint Germain che ha da poco vinto la Champions League c’è un’altissima densità di star, ma nel calcio possono giocare insieme e portare al risultato di squadra. Tu, caro Ayuso, ti vedi nei panni della star che aiuta un altro a vincere? Nelle ultime due occasioni – il Tour 2024 e il Giro 2025, finché sei stato in corsa – l’esperimento è stato piuttosto deludente.

Le corse che contano sono tante, ma non tantissime. E se una squadra ha 4-5 capitani di livello stellare, difficilmente ciascuno di loro potrà correre, vincere, avere la rivincita, provarci e riprovarci. Non avrà la stagione a disposizione. Ci sono dei turni, ci sono programmazioni atletiche, ci sono programmi da incastrare. Per cui se il prossimo anno Pogacar vorrà riprovare il Giro e il Tour oppure tentare il tris come tanti pensano avrebbe potuto fare lo scorso anno, a te cosa rimarrebbe?

Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)
Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)

La distribuzione del talento

Forse a questo punto qualcuno si starà chiedendo cosa cambierebbe se alle squadre più ricche fosse impedito di bloccare corridori così forti per periodi così lunghi. Ci sarebbe la possibilità di trovarli altrove come capitani? E questo potrebbe avere un effetto a cascata sulle altre squadre, in modo che anche le professional tornino un luogo di incubazione ed esperienza per futuri leader?

Certo nessuno mai accetterebbe di scendere di livello, però forse un neoprofessionista di 19 anni non vedrebbe così male la possibilità di farsi le ossa correndo da protagonista le grandi corse in una squadra minore che lo facesse sentire il principe di casa. Come è stato per Pellizzari lo scorso anno alla VF Group e Piganzoli al Team Polti.

Perciò caro Ayuso, nel salutarti e augurarti ancora una splendida stagione, invitiamo te e chi ti assiste a fare una riflessione sul tuo modo di porti e sul contratto che hai firmato. E a chiederti, a prescindere dalla causa, se sia davvero tutto oro quel che luccica.

Carapaz il più deluso? Forse sì, ma già pensa alla maglia a pois

09.06.2025
5 min
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E’ stato il più deluso, il meno espansivo… Forse a 32 anni suonati Richard Carapaz si è reso conto dell’enorme occasione persa. Se ieri per Del Toro avevamo parlato di consapevolezza, questo vale ancora di più per Carapaz.

Il corridore della EF Education-EasyPost ha fatto il punto della sua corsa. «Abbiamo perso una grande opportunità – spiega Carapaz con un tono asettico, ma anche laconico – possiamo però ancora lottare per qualcosa di grande e di importante, ma questa è andata». In questi giorni di riposo, per lui è tempo di guardare avanti, ma prima va metabolizzata questa sconfitta.

Carapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del Giro
Carapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del Giro

Quel feeling col Giro

«Il Giro d’Italia è la mia corsa preferita – ha continuato Carapaz – l’ho sempre detto. Qui sono sempre andato bene. Ho vinto una volta la generale, ho sfiorato un podio e altre due volte ci sono salito. Ho vinto quattro tappe e da qui voglio ripartire».

C’è un’immagine del campione olimpico di Tokyo che ci torna in mente ed è il suo volto verso Sestriere. Pedalava a bocca chiusa, con l’espressione che era il ritratto della delusione. Gli occhi erano nascosti dagli occhiali, ma il taglio della bocca diceva molto. Chissà quali erano i suoi pensieri in quel momento.

«Abbiamo fatto vincere il più intelligente, non il più forte. Alla fine Del Toro ha perso il Giro. Non credo che sappia ancora correre bene. Sono molto soddisfatto di essermi ritrovato e di aver lottato di nuovo per un Grande Giro. Nella mia situazione, non è facile ritrovarsi a lottare con i migliori. Me ne vado con la sensazione di essere tornato sul podio in un grande Giro e soprattutto per il lavoro svolto qui, segno che avevamo fatto bene anche il cammino di avvicinamento».

Lo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di sé
Lo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di sé

Fuorigiri sul Finestre?

In qualche modo tutti, a partire da Carapaz stesso, sapevano che la grande salita piemontese avrebbe deciso le sorti della corsa. E’ vero che sin lì era stato l’unico ad attaccare veramente Del Toro, ma a parte il giorno di Brentonico, in cui più che esser stato bravo lui era andato in difficoltà il messicano, non lo aveva mai messo in crisi. Anzi, nei finali aveva perso i secondi di abbuono. Del Toro, vuoi per caratteristiche fisiche, vuoi per l’età, era più esplosivo di lui.

Restava solo il Colle delle Finestre, dunque, temuta anche in casa UAE Emirates. Salita lunghissima, ad alta quota, a fine Giro: ci si giocava tutto lì. Secondo gli esperti, uno di questi Johan Bruyneel, oltre alla questione dei battibecchi tattici tra i due, il vero grande errore di Carapaz è stato lo scatto all’inizio del Finestre. Uno scatto troppo violento che forse ha pagato più di quel che si è pensato e scritto.

Le volte successive in cui ci ha provato non aveva più quella brillantezza per fare la differenza. Sì, qualche spinta, ma mai con quel dente più duro che ti permette di dare continuità e velocità all’azione. Cosa che invece è riuscita a fare Simon Yates. E forse questa è la cosa che più di tutte pesa a Carapaz.

C’è un dato molto interessante che va analizzato. Un dato che riguarda direttamente Simon Yates a dire il vero, ma che può dare importanti indicazioni circa il fuorigiri di Carapaz. Dal momento dello scatto di Richard, Yates ha impiegato quasi 4 minuti per rientrare su di lui e su Del Toro, sprigionando 430 watt medi con una punta di 660 watt (dati Velon).

Sono valori importantissimi per un corridore di 57-58 chili quale è Yates. Pensate dunque che attacco aveva portato poco prima Carapaz, che non si discosta troppo dal peso dell’inglese. Anche Jens Voigt, commentatore dalla moto di Eurosport, aveva immediatamente sottolineato questo aspetto. Ci sta quindi che poi i gli attacchi di Carapaz non fossero più così violenti da poter staccare Del Toro. E innescando di conseguenza tutto quello che poi ormai ben conosciamo.

All’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero deluso
All’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero deluso

Tra Tour e rinnovo

Carapaz da dopo il Giro si è ritirato nel suo silenzio e nel suo mondo. Anche sui social non è più apparso. Ora l’obiettivo è recuperare. Prima di congedarci però aveva fatto una battuta sul suo futuro in EF. «Non ho ancora firmato, ma credo che in questi giorni, e dopo questo comunque buon Giro, lo firmerò». Carapaz ha anche sottolineato il buon lavoro fatto dalla sua squadra, di cui ha detto che la parola d’ordine sin dall’Albania è stata provare, e provare ancora… E tutto sommato, di questo gli va dato atto. Anche se col senno di poi anche loro potevano inserire un uomo in fuga nel giorno del Sestriere. Ma di questo già ne avevamo parlato con il direttore sportivo Juan Manuel Garate.

Da quanto sembrava, Carapaz doveva fare anche il Tour de Suisse, ma lui ha tagliato corto: «No, ora recupero e poi andrò direttamente al Tour de France». In Francia, l’obiettivo non sarà la classifica generale, bensì bissare la maglia a pois, re dei GPM, conquistata l’anno scorso.

Batosta digerita, ora Del Toro è consapevole del suo potenziale

08.06.2025
5 min
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E’ passata una settimana dalla fine del Giro d’Italia e a mente fredda torniamo a parlare di Isaac Del Toro, l’uomo, anzi, il ragazzino che in qualche modo ha segnato questo Giro più di tutti. E quello che è successo sul Colle delle Finestre è stato qualcosa di incredibile, di forte e misterioso.

Pensate che durante questi giorni, anche noi, ritornati alla base dopo le fatiche del Giro, per le vie del paese, in un bar o a fare la spesa, amici e conoscenti, sapendo del nostro lavoro, ci chiedevano: «Ma come mai la maglia rosa non ha seguito “quell’inglese?”». «Perché il messicano lo ha lasciato andare?». Per dire come certe storie varcano i confini. Noi abbiamo cercato di fare un’analisi anche con il più esperto dei direttori sportivi, Giuseppe Martinelli.

Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo
Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo

Parla Isaac

Adesso riportiamo anche le parole di Del Toro stesso. Ancora un po’ scosso quando lo abbiamo incontrato a Roma dopo il podio a Caracalla: «Cosa porto via da questa cosa? Credo di avere imparato a credere in me e a fare le cose bene… e sempre con il sorriso. Ovviamente. Tutti vogliono cambiare qualcosa, ognuno ha la sua opinione, ma ormai non possiamo più cambiare nulla di questo Giro.
«Tutte le decisioni che ho preso negli ultimi tre mesi mi hanno portato in questa posizione. Ho 21 anni e per diventare il corridore che sono, ho fatto tutto quello che dovevo fare al meglio. Ovviamente sono triste. L’ultimo giorno è stato difficile. Ma devo essere orgoglioso di quanto fatto».

Sul Colle delle Finestre non è stata solo questione di gambe insomma. La  UAE Emirates aveva detto a Del Toro di marcare Carapaz e lui lo ha fatto. Poi quando Simon Yates prendeva il largo sono arrivate le direttive di reagire all’assalto dell’inglese. Ma lì è venuta fuori l’inesperienza. Carapaz e Del Toro hanno iniziato a battibeccare.

Pare che Del Toro abbia detto, testuali parole: «Okay, la corsa è persa ma almeno salvo il secondo posto». La volata a Sestriere e i complimenti in corsa fatti a Van Aert, ripreso mentre completavano la scalata finale, non sono segnali di chi non aveva più gambe. O almeno che non ne aveva neanche per provare a difendersi.

La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader
La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader

UAE compatta

Una cosa è certa: la squadra non lo ha abbandonato e anzi ha capito che l’erede di Pogacar è Del Toro. Rafal Majka ci aveva detto di essergli stati vicini. Adam Yates, non in grande spolvero, lo ha sempre affiancato finché ha potuto e lo stesso vale per McNulty e tutti gli altri. Tanto è vero che hanno fatto corsa compatta attorno al messicano.

«Mi dispiace soprattutto per i compagni di squadra – riprende Del Toro – loro mi hanno sempre supportato. Mi sono stati vicini. Ormai è acqua passata. Ma voglio tornare più forte. E anche essere più intelligente (di nuovo il messicano ha usato questa parola che gli abbiamo sentito dire sin dal giorno di Siena, quando prese la maglia rosa, ndr) di quanto sono stato nelle ultime settimane.
Ogni giorno mi sentivo più fiducioso, anche nello stare in gruppo. Aver perso fa male, ma di buono adesso so che ce la posso fare. Ora so che quello che mi ha detto Pogacar può essere vero: e cioè che ce la posso fare. Devo solo stare tranquillo, scaricare la pressione e divertirmi in bici. So che posso lottare per vincere un grande Giro».

Intanto dalla squadra si è saputo che Del Toro non farà la Vuelta. Ma è il modus operandi della squadra di Mauro Gianetti: con i giovani si fa al massimo un solo Grande Giro l’anno. Pensate che lo stesso Pogacar ne ha affrontati due solo a 25 anni, l’anno scorso, quando mise a segno la doppietta Giro‑Tour.

Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani al Giro. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese
Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese

Sogno messicano

Però, ed è qui che si vedono gli effetti del “ciclone Del Toro”, qualcosa di enorme Isaac lo ha fatto, anzi, forse sarebbe meglio dire: lo ha provocato. A distanza di una settimana dal Giro e un paio dalle imprese in maglia rosa, il Messico del ciclismo si è risvegliato.

Forbes Mexico (bisettimanale di finanza e marketing) ha evidenziato il potenziale economico del ciclismo in un Paese di quasi 130 milioni di abitanti, sottolineando come Del Toro rappresenti un diamante in grezzo per il mercato. Isaac potrebbe scatenare un boom di vendite di materiale tecnico e, soprattutto, aprire le porte a nuovi accordi per i diritti tv come già avviene nei Paesi andini. In effetti, un aumento di audience e sponsorizzazioni per le gare in chiaro o a pagamento si profila come realizzabile grazie all’interesse mediatico attorno al messicano.

In questo senso, il “Sogno Messico” non è solo sportivo ma strategico: Del Toro, grazie ai numeri e al carisma, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella negoziazione di nuovi accordi media tra Europa e Centro‑America. Ma soprattutto potrebbe far salire in bici tanti ragazzini. Qualcosa del genere ce lo aveva già accennato Alejandro Rodriguez che tanto sta facendo, con la sua squadra Monex, per i ragazzi del suo Paese. E Del Toro viene proprio da lì.