Persico, un bel Fiandre. «Ma ora penso alle Ardenne»

07.04.2023
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L’azione di Lotte Kopecky sull’Oude Kwaremont, che ha deciso il Giro delle Fiandre, è stata potenza pura. La campionessa belga si è tolta dalle ruote l’unica atleta che era riuscita a rimanere con lei: Silvia Persico. La bergamasca del UAE Team ADQ ha chiuso poi quarta sul traguardo di Oudenaarde, seconda delle italiane, dietro a Elisa Longo Borghini.

«Tutto sommato – ci racconta mentre sta andando a fare i massaggi – sono felice del mio quarto posto. Per i primi due giorni dopo la corsa ero leggermente amareggiata, poi mi è passata, alla fine ho dato tutto quello che avevo».

Dopo il Koppenberg si sono avvantaggiate in quattro, in ordine: Reusser, Kopecky, Persico e Wiebes
Dopo il Koppenberg si sono avvantaggiate in quattro, in ordine: Reusser, Kopecky, Persico e Wiebes

Koppenberg primo punto chiave

Sulle pietre del Koppenberg la corsa delle donne si è accesa. Persico e tre atlete della SD Worx, tra cui Lotte Kopecky, si sono avvantaggiate, complice una caduta nelle prime posizioni che ha causato un rallentamento in gruppo. 

«Lo avevamo già visto dalla ricognizione – ci confida – che il Koppenberg sarebbe stato un punto chiave della corsa. Abbiamo provato a farlo a piedi, capendo fin da subito che ripartire su quelle pendenze sarebbe stato difficilissimo. L’obiettivo, concordato con i diesse nelle riunioni pre gara, era prenderlo nelle prime posizioni. Chiara (Consonni, ndr) mi ha dato una grande mano nel tratto di pianura che precedeva il Koppenberg.

«E’ uno dei Muri più impegnativi del Fiandre, lungo, con pendenze toste, anche se lontano dal traguardo risulta decisivo. Per molte delle mie compagne rappresentava una finish line, il posto nel quale terminare il loro lavoro. Dalla tattica prestabilita saremmo dovute rimanere in tre della UAE ADQ: Bastianelli, Consonni ed io. Chiara però quel giorno non si sentiva bene e così si è messa a nostra disposizione».

Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Wiebes e Kopecky
Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Wiebes e Kopecky

Fra tre fuochi

«Sul Koppenberg – afferma – è successo quello che avevamo pensato in partenza. Una mezza caduta in testa al gruppo ha messo in croce le altre. Così davanti, oltre a me, sono rimaste tre atlete della SD Worx: Kopecky, Wiebes e Reusser.

Persico all’inizio ha collaborato con le compagne di fuga, senza farsi intimorire. L’occasione era ghiotta e mettere più secondi possibili con le inseguitrici era fondamentale

«Anche dalla macchina – continua Silvia Persico – mi hanno detto di collaborare. E’ stata la mossa giusta a mio modo di vedere, non sono rimasta passiva a subire il ritmo delle avversarie, ma mi sono data da fare. Certo, sarebbe stato meglio non essere in mezzo ad atlete della stessa squadra, ma è andata così. Sono dell’idea che anche se mi fossi messa a ruota, non sarebbe cambiato nulla. In quell’azione non ho sprecato tante energie, ho sempre cercato di andare il più regolare possibile. Una volta sul Taaienberg – prosegue la bergamasca – si è staccata Wiebes. Ho respirato un po’ e siamo andate via ancora del nostro passo».

Le inseguitrici hanno agganciato la Persico solamente sul Paterberg
Le inseguitrici hanno agganciato la Persico solamente sul Paterberg

Oude Kwaremont: il giudice

Sulla strada verso l’Oude Kwaremont dal trio di testa si è staccata anche Reusser, e così si è formato il duo Persico/Kopecky. Le inseguitrici non riuscivano a guadagnare terreno, complici la fatica ed il poco accordo. Lotte Kopecky ha preso in testa il penultimo muro, l’Oude Kwaremont, ed ha imposto il suo ritmo. Silvia Persico ha tentato di tenere il passo, ma la pedalata della belga era più incisiva. 

«Kopecky – conferma Persico – ha avuto una marcia in più sull’Oude Kwaremont. Lo avevo visto già dai Muri precedenti, ma in quel caso ero riuscita a rimanere agganciata perché lo sforzo era di breve durata. La differenza in quei due chilometri è stata tanta, le mie gambe non hanno retto. Kopecky ha fatto la differenza proprio dove serviva molta forza, non ho potuto fare nulla. Una volta staccata ho deciso di andare su regolare e di aspettare il gruppetto dietro di me, che mi ha raggiunto solamente sul Paterberg».

In volata la bergamasca è stata anticipata da Vollering e Longo Borghini: quarto posto finale
In volata la bergamasca ha concluso quarta, dietro a Vollering e Longo Borghini

Volata beffarda

La volata del gruppetto è stata vinta da Demi Vollering che ha coronato una grande giornata per la SD Worx. Una doppietta come quella delle Strade Bianche, ma questa volta a posizioni invertite. Alle spalle dell’olandese si è piazzata Elisa Longo Borghini, per Silvia Persico è arrivato un quarto posto, con qualche rammarico, forse. 

«Non è stata la mia migliore volata – ammette – ma ero davvero poco lucida. Sarebbe stato meglio battezzare la ruota della Vollering. In più, ho fatto un errore di valutazione nel lanciare lo sprint e sono partita troppo tardi, per saltare la Longo mi sarebbero serviti due o tre metri in più di strada. Tuttavia, il rettilineo di Oudenaarde è difficile da interpretare, perché la strada scende leggermente ma poi spiana. Ti invoglia a partire ma poi rischi di rimanere piantata nel mezzo. Alla fine mi sono confrontata anche con Arzeni ed entrambi ci siamo ritenuti soddisfatti. La corsa è stata studiata e gestita nel migliore dei modi. Ora mi aspettano un po’ di giorni di allenamento a casa e poi ripartirò in vista delle Ardenne».

Van Aert rialza la testa e apre la pagina sulla Roubaix

06.04.2023
4 min
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«Domenica ci riprovo». A margine di una di quelle delusioni che lasciano il segno, Van Aert si è lasciato andare a pochi commenti. Il belga ha una grande capacità di metabolizzare le sconfitte e forse il fatto che a vincere il Fiandre sia stato Pogacar e non l’eterno rivale Van der Poel ha reso meno amaro il quarto posto di Oudenaarde.

Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti
Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti

Pogacar non c’è

L’assenza dello sloveno alla Roubaix è stata già salutata con una punta di ironia da Van der Poel dopo il Fiandre, ma è tema di ragionamento anche fra gli altri corridori.

«Abbiamo ancora molta fiducia – fa sapere Nathan Van Hooydonck, che domenica è stato in fuga con Trentin e Pedersen – perché comunque Wout ha sprintato per il terzo posto e Pogacar domenica non ci sarà. Abbiamo grandi possibilità di vincere, si tratta di recuperare e spostare il focus sulla Roubaix in cui rientrerà Van Baarle (l’olandese è caduto e si è ritirato alla E3 Saxo Classic, ndr), che l’ha vinta l’anno scorso e potrà essere utilissimo».

Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto
Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto

Torna Van Baarle

E’ ancora una volta il diesse Van Dongen, che avevamo già sentito alla Tirreno a proposito di Roglic, a tirare le fila della squadra che al Fiandre ha mostrato una fragilità tattica cui non eravamo più abituati. O forse il rendimento al di sotto delle attese di Van Aert e Laporte ha reso meno incisivo il blocco Jumbo-Visma.

«Se avessimo avuto Van Baarle in quel gruppo di testa – ha detto il tecnico dopo il Fiandre – la corsa sarebbe potuta andare in modo completamente diverso. Domenica però sarà un’altra storia. Dylan si è allenato bene a Monaco e per la Roubaix sarà pronto e decisivo. Non dobbiamo rimanere bloccati sul Fiandre. Abbiamo perso contro uno più forte e ora dobbiamo prenderci la rivincita. Mio padre diceva sempre: non saltare troppo in alto quando le cose vanno bene e non andare troppo in profondità quando le cose non vanno come previsto».

Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, a sinistra, il vincitore della scorsa edizione. Con lui Van der Hoorn
Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, il vincitore della scorsa edizione

Zero salita

Sarebbe bastato che Van Aert avesse la gamba dei giorni migliori. Non si sarebbe staccato dagli altri due o quantomeno sarebbe rimasto accanto a Van der Poel nella rincorsa a Pogacar, che a quel punto sarebbe stata più complicata. Il Fiandre ha confermato quanto si era visto anche nella E3 Saxo Classic: in questo momento Wout è inferiore agli altri in salita, mentre è la solita… moto in pianura. E sul pavé l’esplosività di Van der Poel potrebbe fare meno male che sui Muri fiamminghi.

«Nella Roubaix non c’è salita – ha detto ancora Van Dongen – e anche il fattore fortuna gioca un ruolo importante. Il percorso va bene per Wout, che proprio al Fiandre ha dimostrato di sapersi gestire nei tratti in cui c’era da fare velocità».

Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato
Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato

Maestro di reazioni

Nessuno nel team giallonero mette in dubbio la capacità di reazione di Van Aert, che ha sempre saputo rialzarsi molto bene dalle sconfitte. E’ capace di dargli subito una collocazione e poi di servirsene come di una motivazione supplementare. E’ indubbio che domenica nel pullman della squadra fosse parecchio giù, ma i compagni e il suo entourage scommettono che già da martedì fosse con la testa sull’impegno successivo.

«Non penserò alla Roubaix fino a lunedì – ha detto il capitano dopo l’arrivo – ma di certo non ho intenzione di strisciare in un angolo. Mi sembra di non avere avuto nulla da perdere a causa della caduta. La ferita è stata curata e a prima vista non sembra esserci più alcun problema. Non c’era niente che non andasse nemmeno nella mia condizione a causa di questo. Domenica ci sarà un’altra occasione da cogliere e poi tireremo un po’ il fiato».

Pedersen, quel podio ha un retrogusto agrodolce

06.04.2023
5 min
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A qualche giorno di distanza, si parla ancora del Giro delle Fiandre, perché alcune considerazioni continuano a vagare nell’ambiente, destate dalle parole di Mads Pedersen terzo al traguardo. Si parte da una constatazione: è sempre più difficile riuscire a scalfire il dominio della “triade” (Pogacar, Van Der Poel, Van Aert) nelle classiche d’un giorno. La Sanremo ha visto il colpo di mano dell’olandese con gli altri due beffati sul Poggio dal suo scatto e poi dall’arrembante volata di Ganna, ma dietro c’erano loro: 3 su 4.

E3 Saxo Classic: fuga insieme del trio e gli altri guardano da lontano. Vince Van Aert: 3 su 3. Gand-Wevelgem: vince Laporte per gentile concessione del capitano Van Aert dominatore occulto della corsa, gli altri due assenti. Giro delle Fiandre: Pogacar mette tutti d’accordo con un’azione monstre, Van Der Poel prova a tenere senza riuscirci, Pedersen beffa Van Aert in volata: 3 su 4.

Il podio del Fiandre. Il danese era stato già 2° nel 2018 a 12″ dall’olandese Terpstra
Il podio del Fiandre. Il danese era stato già 2° nel 2018 a 12″ dall’olandese Terpstra

L’obbligo di anticipare

Tenete presente questo andamento nel giudicare le parole di Mads Pedersen, l’ex campione del mondo che ha centrato un podio comunque importante. Il danese della Trek Segafredo ha seguito un copione ben preciso, che aveva addirittura annunciato ai microfoni di Eurosport prima della partenza: «L’unica arma per poter recitare un ruolo importante è anticipare quei tre, questo è il modo in cui voglio correre la Ronde».

Parole che ha ribadito al traguardo: «Dovevo agire in quel modo, senza paura di rimanere senza proiettili. Non c’erano altre tattiche possibili anche se sapevo essere dispendiosa. Non stavo pianificando un momento specifico per attaccare, non avevamo fatto calcoli precisi alla vigilia, ma sapevo che dovevo essere davanti ai ragazzi, prevenire le loro mosse e guadagnare terreno e alla fine ha pagato, il podio in una Monumento rappresenta qualcosa d’importante, soprattutto per me dopo che ci ero già andato vicino».

Pedersen davanti, ma già dietro la moto si profila minaccioso Pogacar, che lo salterà di netto
Pedersen davanti, ma già dietro la moto si profila minaccioso Pogacar, che lo salterà di netto

«Ciao, Tadej, ci vediamo dopo»

Fin qui siamo abbastanza nell’ordinario. Registrato dai microfoni di Spaziociclismo, però, Pedersen alla fine si è lasciato sfuggire alcune considerazioni interessanti: «Che cosa ho pensato quando ho visto arrivare Pogacar? “Ciao, goditi la corsa, ci vediamo dopo”. Non mi sono dannato l’anima per seguirlo, andava a una velocità pazzesca in salita e non ci ho nemmeno provato. Quello è uno che vince i Tour de France, è naturale che su certi terreni è più veloce di me. Penso che se avessi provato a seguirlo sarei crollato e poi mi sarei staccato dal gruppo e addio piazzamento. A volte devi saper riconoscere i tuoi limiti».

Pedersen è andato presto in fuga con altri corridori. Una tattica studiata
Pedersen è andato presto in fuga con altri corridori. Una tattica studiata

Una resa ormai prestabilita?

I fatti, a ben vedere, gli hanno dato ragione e poi precedere Van Aert in volata ha sempre il suo significato (foto di apertura). Le sue parole però possono essere anche lette in versione opposta: di fronte allo strapotere dello sloveno (ma in altre occasioni varrebbe lo stesso per gli altri due) c’è la tendenza a non opporsi neanche più. La Sanremo è stata uno spettacolo assoluto e non si può dire che gli altri non abbiano combattuto, nella classica belga E3 Saxo Classic, quando i tre sono andati via, c’è stata invece la sensazione che non ci fosse grande fiducia nel gruppo inseguitore, considerando anche il lavoro dei rispettivi team che hanno la “fortuna” di avere simili campioni. Al Fiandre stesso discorso, quando Pogacar ha aperto il gas la velocità era enorme e gli altri ormai sembrano disarmati. Anche perché “se è l’uno, è l’altro…”.

Probabilmente questo tema, con l’andare avanti della stagione, verrà riproposto. Pedersen dal canto suo alla fine ha avuto ragione e alla Trek Segafredo possono anche essere soddisfatti, proprio perché bisogna considerare anche l’impegno di chi collabora con la triade. Il danese ha dimostrato di saper leggere la corsa.

«So bene che la mia era anche la tattica di altri. Ogni corridore di valore – ha spiegato – ma non facente parte del magico trio, voleva anticipare ed essere davanti quando la corsa fosse esplosa. Si trattava di trovare il momento giusto e soprattutto essere nelle condizioni di andare. Le due cose in me hanno coinciso, il risultato è derivato da quello e dalla giusta lettura tattica della corsa e soprattutto delle mie condizioni».

Per il danese della Trek Segafredo una primavera positiva. Qui alla Gand-Wevelgem chiusa al 5° posto
Per il danese della Trek Segafredo una primavera positiva. Qui alla Gand-Wevelgem chiusa al 5° posto

Ora a Roubaix, senza Pogacar…

Ora Pedersen punta alla Parigi-Roubaix, che chiuderà la sua stagione delle classiche. Una stagione con un enorme segno positivo, considerando che dopo la positiva Sanremo (chiusa al 6° posto, era tra quelli che avevano potuto profittare dello strategico “buco” creato da Trentin), ha colto la quinta piazza sia alla Gand che alla Dwars door Vlaanderen, poi il 3° posto al Fiandre, mancando di fatto solo la E3 Saxo Classic (14°). Unendo ciò a resto, ossia a un totale di 16 giorni di gara con ben 10 Top 10 tra cui due vittorie, si può ben dire che l’iridato 2019 sia tornato ai suoi antichi fasti. Il fatto è che contro quei terribili tre non basta…

Le bici per il pavè, diverse, ma non troppo

05.04.2023
9 min
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Il pavé e le corse del Nord in genere sono sempre interessanti anche per le soluzioni tecniche adottate sulle biciclette, ma le differenze con le bici usate nelle configurazioni standard sono sempre più sottili. Vediamo nel dettaglio cosa abbiamo documentato alla partenza della Ronde Van Vlaanderen 2023 con l’occhio che intanto si proiettava verso la Roubaix.

Le nuove Corima tubeless dell’Astana

Per la campagna del Nord 2023 fa il suo esordio la ruota Corima tubeless sulle Wilier Zero del Team Astana. Il cerchio è identico alla versione gravel Essentia. Abbiamo chiesto a Gabriele Tosello, meccanico del team.

«Le ruote tubeless che stiamo utilizzando – spiega – sono del tutto accostabili alle nostre classiche WS47, quelle che usiamo da sempre e con la predisposizione per i tubolari. Stesso mozzo e raggiatura, una tipologia di ruota apprezzata per la versatilità e leggerezza complessiva, ma anche per la guidabilità. Quelle tubeless hanno il cerchio sempre in carbonio, ma con un’altezza di 40 millimetri e un canale interno da 23. Hanno il cerchio più spanciato ed il canale interno più largo, in modo da poter alloggiare in modo ottimale i tubeless da 28 in avanti. I corridori che hanno deciso di usare i tubeless Vittoria sul pavé del Fiandre, hanno optato per la sezione da 28, nella versione Control. Una sezione più grande si potrebbe usare alla Roubaix, ma si valuterà anche in base al meteo».

Pidcock con i 28 e le ruote “basse”

Tutti i corridori del Team Ineos Grenadiers hanno optato per le ruote con il profilo da 50 (le Dura Ace C50) e quasi tutti hanno scelto la sezione da 32 per i tubeless Continental GP5000TR. L’eccezione tecnica è stata rappresentata da Tom Pidcock, che ha optato per le ruote dal profilo medio/basso, ovvero le C36, gommate con i tubeless larghi 28 millimetri.

Un’altra particolarità della sua bicicletta è rappresentata dal montaggio del plateau anteriore “vecchio” (power meter compreso), ovvero dalla guarnitura della generazione Dura Ace precedente con la combinazione 53-39.

70 millilitri di liquido anti-foratura

Non è una cosa inusuale anzi, possiamo considerare questa scelta tecnica come una sorta di standard usato da tutti i meccanici dei diversi team. In questo caso è interessante notare lo sticker applicato sulle ruote DT Swiss delle bici Dare, quelle del Team Uno-X, dove si vede anche la data dall’ultimo controllo degli pneumatici.

Sul pavè del Giro delle Fiandre è stata utilizzata una Dare VSRu nell’ultima versione per quanto concerne il telaio ed il manubrio integrato, ma non per la forcella.

Lo stem da 170 millimetri

Un attacco manubrio lunghissimo, quello montato sulla nuova Cannondale SuperSix Evo Lab71 del tedesco Rutsch in forza alla EF Education-Easypost. Si tratta di una versione anziana OS ed in alluminio dell’attacco FSA, lungo 170 millimetri e fatto su misura per l’atleta tedesco.

«Interessante, vero?», così dicono sorridendo i meccanici del team, appena prima della partenza della Ronde 2023: «Non è un attacco di dimensioni standard, ma il corridore si trova bene con questo setting e allora si è deciso di fare un attacco manubrio custom per lui».

Diversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE Emirates
Diversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE Emirates

Anche una sella da mtb

Si tratta della Prologo Scratch NDR, quella sviluppata con la collaborazione di Henique Avancini, campione del mondo marathon nel 2018: un prodotto usato parecchio anche in ambito strada, dai team e dagli atleti supportati dall’azienda lombarda.

Pogacar e Trentin, manubri agli antipodi

Il riferimento è diretto al cockpit. L’atleta sloveno usa un attacco manubrio in carbonio Enve (modello SES AR), abbinato ad una curva manubrio, sempre full carbon e con un profilo alare estremizzato.

«La bici è la stessa della Milano-Sanremo anche per quanto concerne le gomme – ci spiega Giuseppe Archetti, meccanico di Pogacar – ma rispetto alla Sanremo ci sono delle pressioni più basse dei tubeless. Anche per quanto riguarda la sezione, Pogacar ha scelto di usare sempre la stessa, la 30 millimetri, la stessa usata alla Parigi-Nizza, alla Sanremo e anche sul pavé».

Tornando al reparto manubrio, Trentin usa una combinazione attacco/piega in alluminio, scelta tecnicamente opposta a quella di Pogacar, anche perché il manubrio del corridore trentino è rotondo, soluzione che ormai è una rarità.

La bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-Segafredo
La bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-Segafredo

Una Madone con i tubolari

La bici di scorta di Pedersen, terzo sul traguardo di Oudernarde, riconoscibile anche per la catena ed il pacco pignoni dorati, ha i tubolari. Il forte corridore danese è stato tra i primissimi a prediligere l’utilizzo dei tubeless, a prescindere dalla bici, dalle condizioni meteo e dalla planimetria del percorso, ma una delle sue bici di scorta ha sempre i tubolari montati.

Canyon Aeroad R065

R065 è l’acronimo numerico specifico della Canyon Aeroad. Lo troviamo sulle biciclette dei compagni di Van Der Poel, lo troviamo anche sulla Aeroad del corridore olandese. Quella rossa usata al Giro delle Fiandre è la stessa bicicletta della Sanremo e non si tratta della nuova versione della Aeroad, come paventato da qualcuno. La bicicletta nella versione aggiornata potrebbe esordire ufficialmente al Tour de France. La bici di Van Der Poel ha anche un foro aggiuntivo nella parte superiore dell’orizzontale, per “irrobustire” ulteriormente il serraggio.

La vita delle terze bici

Oltre alle bici di scorta numero 2 di Van Aert e di Laporte, due Cervélo S5 (modello usato anche in gara), una delle ammiraglie del Team Jumbo-Visma portava anche le bici numero 3. Una Soloist per l’atleta francese, una R5 per il belga, con dei montaggi curiosi, con particolare riferimento al comparto ruote. Entrambi i corridori hanno optato per il profilo differenziato, 63 posteriore e 52 anteriore, con le gomme tubeless da 28.

Le S5 che hanno usato in gara avevano le ruote da 52, davanti e dietro. «Una terza bici pronta per ogni evenienza e nell’ottica di fornire un’alternativa in caso di bagnato, ma con assenza di vento – ci hanno spiegato dal team». Il Giro delle Fiandre 2023 verrà ricordato anche per il forte e gelido vento, soprattutto nelle fasi iniziali della gara.

I tubeless con la scritta “limata”

L’anno passato le Factor del Team Israel-Premier Tech montavano le guarniture Rotor, con i relativi power meter (qualcuno per la verità usava la combinazione Shimano Dura Ace). Le foto ritraggono la scelta di Sep Vanmarke sulla sua Factor Ostro pronta per il pavé, con le corone anteriori 54-40 ed il power meter PowerBox di FSA.

Sempre in merito alle Factor, tutte le bici pronte per il pavé, a prescindere dal corridore e dal profilo delle ruote, erano pronte con i tubeless Continental GP5000TR da 30 millimetri, ma con il logo “limato”, in quanto il team ha un sponsorizzazione diversa.

Baldato, il volo di Pogacar e le moto della tivù

04.04.2023
6 min
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Il giorno dopo ha portato in Belgio un bel sole tiepido che sa di primavera, tanto da rendere allegri anche i tetti scuri di Kortrijk. Baldato è rientrato in Italia e tornerà su per la Roubaix, mentre i social hanno reso virale il video di Velon (immagine di apertura) che racconta l’esultanza e le lacrime sue e di Marcato nell’ammiraglia del UAE Team Emirates. Avevamo incontrato Fabio il venerdì prima del Fiandre, per approfondire con lui il ragionamento di Bartoli sul fatto che Pogacar fosse avvantaggiato rispetto ai due contendenti più grandi e più grossi. Oggi vogliamo vivere la corsa nei ragionamenti dell’ammiraglia. E’ fuori discussione infatti che la tattica della squadra guidata da Baldato sia stata praticamente perfetta.

La serenità di Pogacar al via da Bruges poggiava su una squadra unita e motivata
La serenità di Pogacar al via da Bruges poggiava su una squadra unita e motivata
Quando si parte per il Fiandre sapendo di avere due rivali così forti, si ragiona anche sulle loro squadre, quindi su Alpecin-Deceuninck e Jumbo-Visma?

Principalmente su di loro, ma ci siamo accorti subito che la Alpecin si è spremuta per riportare dentro Van der Poel, rimasto indietro per una sua leggerezza e poi per essersi fermati a fare pipì poco prima del punto in cui Team DSM e Ineos hanno fatto il barrage. A lui non è costato nulla, ma di certo ha sfruttato i compagni.

Trentin dice che con lui davanti, Alpecin e Jumbo sono state costrette a tirare.

E’ vero in parte. A un certo punto anche in ammiraglia non eravamo sicuri che la Alpecin riuscisse a tenere la fuga sotto controllo. Noi avevano due punte e una delle due era nella fuga. Ma si trattava di scegliere fra Trentin contro altri otto e Pogacar contro altri due. Con la Jumbo-Visma invece c’è stata una guerra di nervi.

La Alpecin (qui Michael Gogl) ha sprecato tanto per riportare due volte VdP in gruppo: nel finale non c’erano
La Alpecin (qui Michael Gogl) ha sprecato tanto per riportare due volte VdP in gruppo: nel finale non c’erano
In che senso?

Anche loro avevano uno davanti, Van Hooydonck, che però dava meno garanzie di Trentin. Quindi mi aspettavo che tirassero, invece non si muovevano. Non è bello avere un uomo davanti e tirare con quelli dietro, ma quando Tadej ha detto che stava bene, ci siamo mossi come nel piano previsto. Sapevamo che se sul Koppenberg fossero andati via, come sempre negli ultimi anni, la corsa si sarebbe aperta e avere Trentin davanti avrebbe avvantaggiato Pogacar.

Non è possibile che la Jumbo-Visma esitasse, sapendo che Van Aert non fosse al meglio?

Possibile anche questo. Loro hanno perso Affini, come noi abbiamo perso Wellens, quindi c’è da capire come stessero. Per noi perdere Tim è stato un brutto colpo, perché anche lui davanti sarebbe stato un ottimo supporto per Tadej.

Van Aert ha tenuto Laporte con sé: poteva mandarlo in fuga?
Van Aert ha tenuto Laporte con sé: poteva mandarlo in fuga?
Intanto però Van der Poel ha fatto fuori Van Aert.

Ha fatto quello scatto sul Kruisberg. Tadej era a ruota di Van Aert e ha dovuto fare lo sforzo per rientrare, poi però non ha avuto mezzo problema a stare con lui. Ma la corsa è diventata dura. Tanto che quando Pogacar e VDP sono rientrati sulla fuga, Trentin ha tirato per non far rientrare Van Aert. A quel punto avevano entrambi mal di gambe, Tadej ha detto che sul Paterberg gli bruciavano, conosco quella sensazione.

Dallo scollinamento all’arrivo, è stata una lunga crono…

Esatto, con Van der Poel che per un po’ ha avuto il vantaggio di una moto della televisione che gli ha permesso di guadagnare dieci secondi. Per fortuna sono riuscito ad affiancare la macchina della Giuria e farglielo presente, finché è stato dato via radio l’annuncio che non dovevano più esserci moto davanti ai due, solo di lato, come poi è stato. Ma gli ultimi 4,5 chilometri, dritti e col vento contro, sono stati una sofferenza.

Il plauso di Baldato va a tutti i corridori del team: capaci di avvicinare la fuga
Il plauso di Baldato va a tutti i corridori del team: capaci di avvicinare la fuga
Il vantaggio non è mai sceso in modo preoccupante.

Lo so, ma ci siamo tranquillizzati quando siamo arrivati con l’ammiraglia dietro Van der Poel e abbiamo visto che non aveva moto davanti e che Tadej era 300-400 metri davanti.

L’emozione in macchina dipendeva dalla tua storia col Fiandre o dalla grandezza della vittoria?

Un po’ entrambe. Sembrava che per me il Fiandre fosse una corsa stregata. Due volte secondo da corridore (nel 1995 e 1996, ndr), secondo e terzo anche in ammiraglia con Van Avermaet (nel 2014 e 2015, ndr). Sembro burbero, ma quello è il mio carattere. E se faccio questo lavoro è perché ti fa emozionare e ti dà delle scariche di adrenalina. Non stavamo recitando. Bisogna stare al gioco dei social, ma per fortuna prima che quei video vengano pubblicati, possiamo rivederli. In ammiraglia con Marcato parlavamo dialetto veneto e qualcosa di troppo colorito potrebbe essere anche venuto fuori (ride, ndr).

Durante l’inseguimento finale, Van der Poel è stato agevolato da una moto della televisione, poi mandata via dalla Giuria
Durante l’inseguimento finale, Van der Poel è stato agevolato da una moto della televisione, poi mandata via dalla Giuria
Tadej sembra così naturale, ma lo è davvero?

Lo è davvero, ma gli piace vincere e fare le cose per bene. Quindi serve gente che lo capisca e non gli metta stress, affinché lui possa rimanere com’è. Il Fiandre gli era rimasto in gola dallo scorso anno: voleva trovare il modo per vincerlo e lo ha trovato.

La squadra ha lavorato bene.

Benissimo. Perso Wellens, sono contento di tutti, uno per uno. Hanno tirato solo per una decina di chilometri, ma hanno limato quel minuto alla fuga che ha permesso a Pogacar di attuare il piano. Si tira a denti stretti avendo uno davanti, però Trentin sapeva quello che avremmo fatto. Lui stesso in fuga non ha mai tirato a fondo. Ha corso come doveva. Peccato solo per i 100 metri persi sul Paterberg. Se fosse passato in cima con gli altri, avrebbe potuto sprintare per il podio, perché come esplosività non ha niente da invidiare a Pedersen e Van Aert. Trentin ha fatto un grande Fiandre, seguendo uomini molto pericolosi. Se lo sarebbe meritato.

Trentin in fuga ha svolto il lavoro stabilito, alla fine secondo Baldato avrebbe potuto lottare per il podio
Trentin in fuga ha svolto il lavoro stabilito, alla fine secondo Baldato avrebbe potuto lottare per il podio
Tornando alla volata, sei davvero convinto che in uno sprint a due con Van der Poel, Pogacar non avrebbe vinto lo stesso?

No, non lo avrei dato per battuto. La forza di Van der Poel in volata è devastante se ti porta quasi fermo ai 200 metri, se gli permetti di farlo, come si è accorto Van Aert ai mondiali di cross. Ma se lo costringi a una volata lanciata che parte da 45-50 all’ora dopo 270 chilometri, sono convinto che Tadej potrebbe giocarsela. Ma secondo me ha pensato che non gli conveniva mettersi a pensare a come fare la volata e ha preferito staccarlo. Cos’altro dire? E’ stato bravissimo…

Azzardi e tattiche. La moviola del Fiandre con Ballan

03.04.2023
6 min
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Il day-after del Giro delle Fiandre consente sempre a tutti di riavvolgere il nastro della corsa e rivivere con più calma tutte le emozioni. Perché se le emozioni sono connaturate alla “Ronde” solo per definizione, la gara di ieri non ci ha lasciato davvero tranquilli un minuto.

Una successione di eventi che hanno caratterizzato il Fiandre nel bene e nel male senza paura di essere banali. Prendendo spunto da una curiosa azione corale del Team DSM sul Kortekeer (in apertura immagini tv), abbiamo estrapolato alcuni momenti della gara e li abbiamo sottoposti ad Alessandro Ballan, uno che se ne intende parecchio di quel tipo di gare. Messo davanti ad una sorta di moviola, il vincitore del Fiandre 2007 ci ha dato il suo parere, trovando delle similitudini con le edizione dei suoi tempi.

Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro innanzitutto, ti è piaciuta la corsa?

Sì, tantissimo. E’ stato il Fiandre più veloce della storia (media oraria di oltre 44 km/h, ndr) e farlo su 273 chilometri di quel genere non è poca cosa. E’ stata una gara spettacolare che ti teneva sveglio. Un po’ per gli scatti dei campioni quando mancava tanto alla fine oppure per il salto di catena di Van der Poel sul Taaienberg. E anche un po’ per le cadute. Purtroppo quelle, che fanno parte del gioco, rendono viva una corsa.

A proposito della velocità, la prima ora di gara l’hanno fatta a quasi 50 di media. Incide questo sull’economia della corsa per chi resta impigliato nella rete?

Bisogna dire che su più di sei ore di gara, c’è il tempo per recuperare e smaltire alcuni sforzi. Però al Fiandre tutto può contare alla fine, dipende quanto consumi in situazioni simili. Van der Poel, Van Aert, Sagan e tanti altri si sono fatti sorprendere da qualche ventaglio in avvio e hanno dovuto usare subito la squadra per rientrare. Forse sprechi più energie nervose che fisiche e quello può penalizzarti. Non è mai bello quando succede, perché non sai se riuscirai a rientrare in fretta. E’ capitato anche a me. Ricordo che in alcune strade vallonate potevi vedere ad occhio la situazione. Tra la testa del gruppo allungatissima e la coda c’erano più di trenta secondi. Facevi fatica a farli diminuire.

Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Torniamo alle cadute. Quella provocata da Maciejuk è stata scioccante. Davide Ballerini, caduto più volte, sul traguardo si è toccato con Theuns per un piazzamento attorno alla quarantesima posizione. Poi ce ne sono state tante altre. Non si rischia un po’ troppo?

Al Fiandre si fa di tutto per guadagnare posizioni. Alcune sono le classiche cadute per limare e stare davanti. Come quella in cui è rimasto coinvolto Girmay. Altre sono davvero incomprensibili. Io credo che il polacco della Bahrain Victorious non l’abbia fatto apposta. Sono certo che quando si è reso conto di quello che aveva combinato, avrebbe voluto sprofondare. Poi non so se è ancora valido nel regolamento il divieto di usare le piste ciclabili, perché ne ho visti tanti utilizzarle. Sulla caduta di Ballerini all’arrivo posso dire che a volte succede di fare uno sprint solo per un tuo orgoglio personale. Dopo che hai fatto tanta fatica, cerchi di prenderti una tua soddisfazione e onorare la gara.

A più di 120 chilometri dalla fine abbiamo assistito al Team DSM che ha affrontato un muro quasi in surplace, facendo da tappo, per poi accelerare poco prima dello scollinamento. Sono stati anche attaccati su twitter. Una mossa però che non ti è nuova, giusto?

Esatto. E’ una manovra che facevano già ai miei tempi. Ricordo che quando sono passato pro’ e andavo in Belgio a correre, mi avevano messo in guardia. «Se vedi dei team belgi assieme davanti, preoccupati», era stato l’avvertimento. In effetti è stato così tante volte. Si mettevano d’accordo gli squadroni tipo Quick Step e Lotto e facevano quello che ha fatto la DSM. Salivano pianissimo, tu restavi intrappolato dietro, eri costretto mettere piede a terra. Poi quando loro ripartivano a tutta,non ti restava che farti aiutare a ripartire dal pubblico oppure ti facevi il muro a piedi, con le tacchette che non fanno aderenza. Comunque guardando l’ordine d’arrivo dei DSM (Degenkolb 19° a più di 6′, ndr) direi che è stata una tattica della disperazione perché al Fiandre provi davvero il tutto per tutto.

I Jumbo-Visma sono i grandi sconfitti di giornata. La loro tattica invece come la giudichi?

Potevano vincere la corsa o comunque giocarsi meglio le fasi salienti. Potevano fermare prima Van Hooydonck per Van Aert, ma può darsi che la radio non avesse la giusta copertura. Tuttavia per me il loro vero sbaglio è stato quello di non riuscire a mettere Laporte in una fuga così ben assortita, oltre allo stesso Van Hooydonck. A parte i tre fenomeni, il francese era quello più in forma delle cosiddette seconde linee e dava parecchie garanzie perché è molto veloce. Mancavano cento chilometri e la gara era già entrata nel vivo.

Ultimamente le azioni da lontano spesso arrivano in fondo. Pedersen ha ottenuto così i suoi due podi al Fiandre. Sono tattiche che possono continuare a dare frutti?

Personalmente penso di sì. In corse del genere dove dietro si va a scatti, rischiando di pagare, è meglio andare in fuga dove invece vai molto più regolare. Pedersen è un ottimo corridore ed è andato fortissimo. Lui ha queste azioni nelle sue corde e infatti ha colto un bel terzo posto. Avevo fatto anche io una cosa simile nel 2005. Avevo attaccato a 90 chilometri dalla fine riprendendo la fuga. Poi quando sono stato raggiunto dai più forti, sono rimasto agganciato a loro chiudendo sesto. Questo consiglio l’avevo dato a Pasqualon pochi giorni prima del via, perché so che è in forma e che va bene in queste corse.

Trentin in avanscoperta, menata della squadra all’imbocco dell’Oude Kwaremont e le stoccate di Pogacar. Il Fiandre della UAE si può riassumere così?

Hanno fatto una grande corsa. Hanno inserito nella fuga un uomo di esperienza come Matteo che avrebbe potuto giocarsi le sue carte qualora dietro non fossero rientrati. Tatticamente erano tranquilli. Poi ovvio che se in squadra hai uno come Pogacar che sta bene, allora è giusto fare gara dura da lontano e sfruttare Trentin come appoggio. Per vincere dovevano fare solo così e così hanno fatto.

Tu spesso sei stato uno dei terzi incomodi nel dualismo Boonen-Cancellara. Rispetto al tuo periodo vedi qualche affinità con i grossi calibri di adesso?

Naturalmente sono tempi diversi. Noi avevamo molte fasi di studio, di attesa, mentre le generazioni di adesso attaccano. Ma intendo tutti i corridori. Ora sai che su 200 partenti ce ne sono 4-5 che possono vincere sempre a mani basse, quindi gli altri devono inventarsi qualcosa per poterli battere. Abbiamo visto che partire da lontano può essere una soluzione, ma ieri contro un Pogacar così si poteva fare poco.

EDITORIALE / Troppe cadute o va bene così?

03.04.2023
5 min
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«Adesso nelle radio – ha detto Sagan alla vigilia del Fiandre, a proposito di sicurezza e cadute – parlano ogni 100 metri. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, ma hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio e la concentrazione si interrompe. Prima non c’era tutto questo stress».

«Andiamo sempre più veloci – ha detto Trentin dopo la corsa – ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante, ma a volte ti dimentichi che a volte è necessario frenare. Siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che ammazzare 25 corridori». 

Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns
Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns

La mossa di Maciejuk

Chissà se Filip Maciejuk aveva nelle orecchie la raccomandazione a stare davanti quando ha deciso di superare il gruppo sulla sinistra passando nella banchina (immagine televisiva in apertura). Oppure se ha deciso di farlo per un suo impeto sconsiderato. Di sicuro è giovane: 23 anni. Di sicuro, come diceva Sagan non conosce le strade e ha tanta grinta. E di sicuro ha capito di aver fatto una cavolata quando per uscire dal fango si è catapultato nel gruppo, abbattendo Wellens e altri 30 corridori. E’ stato squalificato, ma pare che l’UCI stia valutando una sanzione disciplinare.

«Mi sento davvero una merda – ha detto il giovane polacco dopo la corsa parlando con i giornalisti anche contro il parere della squadra (fonte Het Nieuwsblad) – volevo spostarmi a sinistra per arrivare ai miei compagni. E improvvisamente ho visto l’erba. Non riuscivo a fermarmi, sono rimasto bloccato nel fango e ho perso il controllo del manubrio. Devo davvero scusarmi. Spero solo che stiano tutti bene. Sono triste, ci penserò molto nei prossimi giorni. Ma cosa posso fare ora? Niente».

Nella caduta Wellens si è rotto la clavicola, Sagan si è ritirato, Alaphilippe ha compromesso la sua corsa: il tutto per una mossa stupida, di quelle indicate da Trentin. Se non c’è spazio, si frena.

A chi giova la radio?

La posta in gioco è sempre più alta. I corridori vanno più forte e sulle ammiraglie c’è parecchia tecnologia più di prima: come per ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa.

Racconta Roberto Damiani, che da domani sarà in corsa al Circuit de La Sarthe, che alla Strade Bianche si era riproposto di dare ai corridori della Cofidis la distanza fra un settore di sterrato e il successivo. Solo che dopo la corsa, uno dei suoi è andato a dirgli che non gli bastava sapere che mancassero 5 chilometri, voleva il conto alla rovescia. E il direttore sportivo lombardo ha obiettato che nel computerino hanno l’indicazione delle curve, della pendenza e delle distanze: per fare il professionista serve essere autonomi, non aspettarsi sempre le indicazioni dalla macchina. Lo stesso Damiani racconta che per non turbare la concentrazione degli atleti, non parla lungo le discese. Insomma, i corridori lamentano l’eccesso di informazioni, i direttori sportivi dicono di esaudire le loro richieste. Chi ha ragione?

«E’ anche possibile – prosegue Damiani – che qualcuno in radio continui a dire allo sfinimento di stare davanti, stare davanti e stare davanti. Ma da una parte non credo che ieri al ragazzo polacco qualcuno abbia detto di superare il gruppo nell’erba a quel modo. Dall’altra, se ti dicono di andare davanti, servono anche le gambe per farlo. Perché se alla Sanremo dopo i Capi, quindi dopo 250 chilometri, ti dico di stare davanti, devi avere la forza e la lucidità per farlo. Altrimenti sembra davvero di giocare con il joystick».

Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute
Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute

La giusta misura

Questo editoriale non vuole puntare il dito nei confronti di nessuno, eppure lo punta su tutti. E’ fisiologico che a denunciare l’eccesso di stress siano stati due corridori maturi, che hanno conosciuto un ciclismo meno asfissiante e non per questo meno duro. I ragazzini cresciuti con auricolare e VeloViewer ne sono tuttavia dipendenti e, se nessuno si propone di educarli dando una misura, finisce come nella vita di tutti i giorni, in cui non si leggono più libri e si vive con lo smartphone impiantato nel cervello.

Le cadute ci sono sempre state, anche quando non c’era la diretta integrale e non c’erano i social a ingigantire ogni cosa. Ma questa non può essere una scusante per continuare a spingere sul gas senza insegnare che ci si può far male e non è mezza posizione guadagnata a 120 chilometri dall’arrivo a cambiare il corso della storia.

Nella diretta di ieri di procyclingstats.com la parola crash ricorre per 14 volte: forse un po’ troppe. Prima di arrivare a invocare nuovamente divieti anacronistici e miopi, sarebbe utile che ciascuno in casa propria trovasse il modo più redditizio e sicuro per andare avanti.

«A volte – chiudiamo con un’altra frase di Trentin – tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te».

Trentin, la corsa perfetta e le mosse stupide

03.04.2023
5 min
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«Quando il gruppo si divide e torna indietro – ha sorriso Trentin – si divide e torna indietro, si divide e torna indietro… Ovviamente capisci che sarà una giornata molto dura!».

Matteo ci ha raggiunto allo spazio delle interviste quasi svuotato di giornalisti. Ieri la macchina organizzativa del Fiandre non è stata impeccabile: gli unici a mostrare tratti di efficienza infallibile sono stati gli steward, che in fiammingo stretto, impedivano alla stampa di arrivare alla zona di arrivo. Perciò si è fatto tutti un grande esercizio di pazienza, aspettando che i corridori arrivassero da noi.

Il trentino è entrato nella fuga che, con più di tre minuti, a un tratto ha anche preoccupato i favoriti, Van der Poel su tutti. C’erano corridori forti. Oltre al nostro, Pedersen, Van Hooydonck. Powless, Vermeersch, Wright, Narvaez e il vincitore 2021 Asgreen davano al tentativo una consistenza interessante. E anche se era scritto che sulla testa della corsa sarebbero rientrati “quei tre” e davanti non hanno mai collaborato alla morte, a un certo punto il susseguirsi delle cadute e la Jumbo-Visma non troppo in forma al pari del suo leader, hanno dato ossigeno al tentativo.

Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Matteo, qual era il piano?

Il piano era di avere almeno un uomo davanti quando lui (Pogacar, ndr) fosse arrivato con i favoriti, in questo caso Van der Poel e Van Aert. In realtà è andata così, più o meno. E quando è arrivato, il mio compito è stato tirare sul Qwaremont, per far soffrire tutti gli altri prima che lui lanciasse il suo attacco e ha funzionato abbastanza bene anche questo. Direi una corsa perfetta.

Eri tu quello preposto a entrare nella prima fuga?

Io o Wellens. Poi sul Molenberg ho visto che il gruppo era già spezzettato e valeva la pena andare. Abbiamo guadagnato addirittura molto più di quello che pensavamo. A un certo punto sembrava addirittura che dietro nessuno volesse tirare, ma alla fine abbiamo messo la Alpecin e la Jumbo nella condizione di dover inseguire.

Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Stando così le cose, non avete mai pensato di andare all’arrivo?

C’era collaborazione il giusto, non troppo almeno. Tutti quanti erano veramente a tutta. Se pensate che io ho tirato un chilometro e mezzo o due prima di entrare sul Qwaremont, è partito lui con Van der Poel e poi alla fine sono rientrato davanti e ho scollinato veramente per un pelo sul Paterberg. Mi è mancato un soffio e ho dovuto farmi addirittura 12 chilometri da solo, che bello…

Sapevi dalla radio che Pogacar stava arrivando?

No, ho tolto la radio perché stavo soffrendo a sufficienza. Ero stufo di sentire gente che parlava. E’ stata veramente una corsa tosta. Penso che di tutti i Fiandre che ho fatto, è stato il più duro e forse anche per questo ne sono uscito molto bene. Perché comunque a un certo punto si è smesso di limare. Vedevi che la gente non aveva le gambe per continuare a tener duro, tener duro, tener duro.

E alla fine Tadej ha vinto nel modo che aveva indicato alla vigilia: arrivando da solo.

Pensavamo tutti che potesse riuscirci. Però è ovvio che dovessimo preparare la gara in maniera perfetta e lo abbiamo fatto. E’ stato un peccato aver perso Tim Wellens nella prima caduta, però penso che abbiamo fatto una bella gara.

Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Che cosa hai visto di quella caduta?

Noi eravamo davanti quando è successo. Sono stato davvero vicino alla caduta e neppure sapevo che fosse stata causata da quel corridore che è saltato sulla strada. E’ impossibile transennare tutto il percorso, ma dobbiamo essere noi in grado di evitare alcune mosse stupide. Perché entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che… ammazzare 25 corridori. 

Perché questi gesti stupidi?

Andiamo sempre più veloci. Ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante e ti dimentichi che a volte è necessario frenare.

A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
Le stesse parole con cui ieri Sagan ha descritto le dinamiche del gruppo.

Sono cose che si continuano a dire. Purtroppo siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Anche la scelta di determinati approcci andrebbe ripensata, sapendo che si va così, perché tutti vanno forte. Poi dall’altra parte, come ho detto prima, a volte tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te.

E’ stato uno dei Fiandre in cui sei andato più forte?

Sono arrivato decimo, il miglior piazzamento su undici volte che l’ho fatto. Penso sia quello dove sono andato più forte in assoluto. Sono giovane (ride, ndr), quindi dai… Quasi quasi potrei puntare nei prossimi anni a diventare un corridore da classiche!

Van der Poel si inchina a sua maestà Tadej

03.04.2023
4 min
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Con Van der Poel parliamo prima che vada al podio. Il suo addetto stampa Nico Dick lo ha accompagnato nella zona mista e l’olandese non sembra neanche di pessimo umore. Ha corso in modo splendido, con qualche sbavatura che nulla toglie al suo gigantismo atletico. Peccato che lungo la strada abbia trovato in Pogacar un gigante più grande di lui. Prima si è trattenuto a scambiare due parole con Tom Dumoulin e Philippe Gilbert: il primo in visita, il secondo appena sceso dalla moto di Eurosport. Se si può quantificare la delusione, di certo il secondo posto del 2021 dietro Asgreen fu peggiore.

«Siamo andati tutti a fondo nella fatica – dice – e per certi versi è stato piacevole, perché in realtà avevo gambe piuttosto buone. Solo che quando Pogacar attacca, semplicemente non va bene seguirlo. Puoi conviverci, puoi gestire, allora forse puoi farci qualcosa. E’ spiacevole finire di nuovo secondo, ma d’altra parte sono orgoglioso. Penso che sia stata la mia migliore prestazione al Fiandre di tutte le edizioni che ho corso, anche se non mi è bastato per vincere». 

Energie sprecate

Eppure il suo Fiandre è stato per metà un lungo rincorrere. Mathieu infatti si è fatto sorprendere nelle retrovie quando a 230 chilometri dall’arrivo il gruppo si è rotto ed è toccato alla sua squadra riportarlo davanti, con un sacrificio di uomini poi venuti meno nel finale.

«Questo è il prezzo che si paga – ammette – se nei chilometri iniziali ti piace pedalare nelle retrovie. I miei compagni di squadra hanno dovuto salvarmi, tanto che io non ho sparato una sola cartuccia perché mi hanno sempre tenuto ben al riparo dal vento. Ma è stata completamente colpa mia, dovrò chiedere scusa a tutti loro. Però non credo di aver perso lì il Fiandre. Non mi sono staccato sul Qwaremont perché ho perso energie all’inseguimento. Non sarebbe servito neppure avere un compagno accanto. Quando Tadej se ne è andato, non c’era nessuno che potesse usare i suoi compagni di squadra. Nel finale ognuno ha dovuto pensare per sé».

Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar
Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar

Salto di catena

Una delle fasi che lo ha preoccupato, racconta, è la fuga in cui viaggiavano Trentin, Pedersen e Van Hooydonck. Non avere nessuno lì dentro per un po’ gli è parso l’errore più grossolano.

«Per un momento – dice Van der Poel – ho pensato che non li avremmo mai più rivisti. Quando invece abbiamo riguadagnato un minuto sul Qwaremont, ho capito che li avremmo presi. Devo dire che poi ci si è messa la sfortuna sul Taaienberg. Mi è caduta la catena, ma ho chiuso il buco abbastanza facilmente. Quello è stato il primo momento in cui ho iniziato a sentirmi davvero bene. Nelle prime due ore ho sofferto il freddo, ecco perché ho avuto difficoltà a rispondere al primo allungo di Tadej. Il mio attacco al Kruisberg invece era pianificato, perché è uno dei tratti più difficili del percorso. Ma è stato impossibile togliersi Tadej di ruota».

Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa
Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa

I migliori wattaggi

E da quella risposta sul Kruisberg, la corsa ha preso la piega voluta da Pogacar, che Van der Peol ha provato in tutti i modi a scongiurare.

«Ha vinto l’uomo più forte – spiega Van der Poel – perché non ho mai avuto wattaggi migliori nel tratto dal Paterberg fino al traguardo, eppure non sono riuscito ad avvicinarmi di un secondo. Al contrario, lo ripeto, questo forse è stato il miglior finale di Fiandre che abbia mai fatto. Ammettere di essere stato battuto da uno più forte rende più facile accettare il secondo posto. Sapevamo che fosse un corridore speciale, ma oggi lo ha dimostrato una volta di più. Spero di rifarmi alla Roubaix: quel giorno almeno, sono certo che Tadej non ci sarà»·