Zanini e lo spirito ritrovato tra le pietre del Nord

18.04.2025
5 min
Salva

Un anno fa raccontavamo del Giro delle Fiandre concluso con il ritiro dell’ammiraglia da parte dell’Astana Qazaqstan. Qualcosa che rimane dentro e che ha ferito l’animo del team e del suo staff. 365 giorni dopo, più o meno, i ragazzi della XDS Astana Team sono tornati sulle pietre di Fiandre e Roubaix per prendersi la rivincita. Il risultato è stata una campagna del pavé vissuta in prima linea e con il coltello tra i denti, guidati in macchina da uno Stefano Zanini che da queste parti ha lasciato un pezzo di cuore e tante emozioni. Lo sentiamo mentre si trova in macchina e ha appena ritirato l’ammiraglia dal tagliando.

«Anche i veicoli – dice Zanini con un sorriso – devono fare un controllo dopo due settimane nelle Classiche del Nord. Per fortuna tutto a posto. Ora torno a casa e mi godo un periodo di riposo prima di ripartire con le gare nel mese di maggio».

La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini
La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini

L’altra faccia del pavé

Quest’anno la XDS Astana ha un altro spirito, lo si è capito fin dalle prime gare in Spagna e la campagna del Nord ne ha dato conferma. La rincorsa ai punti ha portato tutti a fare un salto a livello mentale e di approccio alle corse. La ciliegina sulla torta è arrivata al Fiandre e alla Roubaix, dove la squadra ha corso da protagonista. 

«Abbiamo avuto l’impressione di un cambio di mentalità fin da dicembre – racconta Zanini – l’ambiente dei corridori era diverso. L’arrivo di ragazzi nuovi ha portato qualcosa in più e lo si è visto. C’era tanta motivazione e il riscontro lo abbiamo avuto fin da subito. Nel 2024 le pietre ci erano rimaste indigeste, un anno dopo posso dire che è andata in maniera totalmente diversa e il grazie va a tutti. Anche ragazzi giovani come Romele e Toneatti si sono dimostrati all’altezza della situazione. Da questo punto di vista siamo contenti perché per loro si prospetta un bel futuro. Con il mix di corridori esperti e giovani sono convinto che in futuro potremo fare delle belle cose».

Dicevi della mentalità che è cambiata, ci spieghi meglio?

Mi riferisco all’approccio a questo tipo di gare. Tatticamente la strategia non cambia, negli anni ci troveremo sempre a competere contro i soliti Pogacar, Van der Poel, Pedersen e Van Aert. Però l’atteggiamento dei ragazzi deve essere quello di dire: «Non vedo l’ora che arrivino queste gare». Solo così ti viene la voglia di soffrire e di provarci fino in fondo. 

Hai rivisto la corsa?

Lunedì, una volta rientrato a casa. Abbiamo corso bene, fin dai primi tratti eravamo davanti. La Roubaix è una corsa nella quale serve fortuna ma anche tanta calma, tra cadute e forature il gruppo esplode ma poi si ricompatta sempre. Bisogna avere una gran dose di fortuna ma la si deve anche cercare. I momenti difficili vanno gestiti e interpretati. Non si può correre solamente quando tutto va bene. 

Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Chi è rimasto dall’anno scorso, a partire da voi dello staff, ha cercato di instillare questa voglia di rivincita anche nei nuovi arrivati?

Per quanto mi riguarda no. I corridori sanno che queste sono le mie corse preferite, chi viene qui capisce che è un altro modo di vivere il ciclismo. Forse inconsciamente riesco anche a trasmettere questa mia passione. Le Classiche del pavé le senti maggiormente rispetto alle altre, sarà per l’ambiente o altro, ma non c’è bisogno di tante parole. Chi viene a fare queste gare percepisce nell’aria il ciclismo.

I due punti di riferimento quest’anno per il Nord erano Ballerini e Bettiol…

Sì, poi purtroppo Bettiol ha avuto un’infiammazione ai polmoni e ha saltato tutta la campagna del pavé. Ballerini, invece, ha fatto una buona serie di gare con ottimi risultati: sesto alla Gand, decimo al Fiandre. Peccato per la Roubaix dove è stato messo fuorigioco dalla sfortuna e da un incidente con uno spettatore. 

La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La squadra, nonostante l’assenza di quello che poteva essere il leader, non si è disunita. A testimonianza di quanto dicevi sulla mentalità giusta.

E’ stato un modo per capire quanto valgono anche gli altri, da Ballerini a Bol e passando per Teunissen. Quest’ultimo mi ha sorpreso in positivo, ha dimostrato una grande professionalità ed è stato un perfetto capitano in corsa. Perché a volte c’è il capitano che trascina con la sua personalità, altre invece servono corridori come Teunissen. Dotati di carisma e di una grande gestione dei momenti di gara. 

Fedorov ha fatto degli ottimi passi in avanti rispetto allo scorso anno.

A mio avviso è fortissimo, ha una forza sovrumana. Deve imparare a correre meglio e leggere le fasi di gara. Alla Roubaix fino alla Foresta di Arenberg è rimasto tra i primi, poi ha speso troppo per rientrare su un gruppetto e da lì è mancato. Sono passi naturali da fare, ha comunque venticinque anni. Non voglio dimenticarmi nemmeno di Gazzoli, è stato una pedina importante e di supporto alla squadra.

La cosa più importante che portate a casa?

Che la stagione non finisce con le Classiche del Nord. Quello che abbiamo fatto fino ad ora è solamente l’inizio e dobbiamo proseguire su questa strada.

Ricorda di santificare le feste: guardare il Fiandre in tv

10.04.2025
5 min
Salva

Finalmente è arrivato aprile con le sue lunghe domeniche da dedicare all’unica cosa più bella di pedalare in prima persona: guardare pedalare i campioni nella settimana santa del ciclismo.  A cominciare, naturalmente, dal Giro delle Fiandre

L’organizzazione

Per godersi al meglio queste giornate campali occorre, come per tutto, una certa organizzazione.  La prima cosa è individuare il luogo. Fondamentale che vi sia uno schermo che proietti la gara, sia esso tv (meglio) o computer: nessun telefonino vale quando ci sono in gioco le Monumento sulle pietre. Poi, la compagnia. Personalmente chi scrive preferisce godersi questi momenti con un gruppetto ristretto di amici il cui numero può variare tra uno e tre.

Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)
Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)

Infine, i rifornimenti. Difficile godersi un Giro delle Fiandre senza qualche birra, meglio se belga d’accordo, ma l’importante è che ci siano. Il loro numero varia secondo le abitudini personali, ma l’esperienza insegna che l’intensità dell’assunzione segue il ritmo della corsa. Velocità di crociera nella prima parte (quasi 270 km sono lunghi) poi accelerazione costante via via che ci si avvicina ai muri decisivi.

Primo brivido, la caduta di Van der Poel

Con queste promesse si può cominciare a godersi un Giro delle Fiandre secondo tutti i crismi che un evento del genere merita.  Chi scrive si è sintonizzato verso ora di pranzo, attorno alle 13 (ma i veri puristi, onore a loro, erano davanti allo schermo già dalle 9:45). In tempo per vedere il vantaggio della fuga di giornata, controllare chi tira il gruppo, la posizione dei favoriti. 

Fiandre e birra sono un binomio inscindibile
Fiandre e birra sono un binomio inscindibile

Da lì è iniziata una lunga attesa verso i momenti clou, animata comunque dal brivido della caduta di Van der Poel: sospiro di sollievo, il divino non mostrava segni di ferite e dopo un po’ di trambusto è rientrato in gruppo. Lo spettacolo era salvo. Ma ormai abbiamo imparato che in quest’epoca quasi ogni momento può essere un momento clou. E infatti dai -100 km non c’è stato quasi mai un attimo di respiro. 

La faccia di Pogacar e telefonate inopportune

L’attacco del gruppo di passistoni tra cui Ganna, Kung, Benoot e compagnia. Dunque la Visma era belligerante, ottima notizia. Solo la UAE non aveva qualcuno in fuga: sarebbero riusciti i compagni di Pogacar a non far prendere troppi minuti a quei cavalloni lì davanti? Ma i (pochi) dubbi sulle chance del campione del mondo non sono durati molto.

Quando il gruppo volava ad altissima velocità verso l’inizio del 2° Kwaremont, Morgado si è portato in testa per dare un’ultima trenata. L’ha fatto con tutto l’impegno possibile, quindi anche un po’ scomposto nella pedalata, con la testa ciondolante.

Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot
Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot

In quel momento Pogacar l’ha visto passare e ha riso, gli ha fatto il verso divertito, come fosse seduto al bar, o sul divano a fianco a noi. Dalla tv si è visto benissimo, poco dopo è stato riproposto anche il replay. In quel momento chi scrive ha pensato: “Non c’è niente da fare, salvo cataclismi, oggi vincerà lui”.

Un’amica ha telefonato giusto quando i migliori erano all’imbocco del Kwaremont. Errore da principianti, durante il Fiandre il telefono va spento e basta. Da quel momento in poi è stato puro show, il massimo che questo sport può regalare agli spettatori seduti (o anche in piedi o, perché no, sdraiati) in ogni parte del mondo. 

Tutto lo spettacolo dei grandi

Pogacar che attaccava talmente tante volte che anche a riguardare la gara è stato quasi impossibile tenere il conto. Van der Poel che lo seguiva sempre, e sembrava sarebbe stata di nuovo una sfida tra loro due. Il commovente Pedersen che come al solito provava ad anticipare, si staccava ma poi rientrava. Van Aert finalmente lì davanti giocarsela: gaudium magnum, il belga era tornato tra i grandi. 

Ma quell’espressione sul viso del campione del mondo non lasciava dubbi, infatti allultimo passaggio sul Kwaremont lo sloveno ha salutato tutti e se n’è andato, anche il divino Mathieu ha dovuto cedere. Nei chilometri tra il Paterberg e il traguardo l’amico con cui guardavo la gara ha posto una domanda che tecnicamente non faceva una piega

Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale
Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale

La legge del Fiandre (e della Roubaix?)

«Com’è possibile che uno scalatore guadagni in pianura contro quattro tra i passisti più forti al mondo?». Perché questa è la legge del Giro delle Fiandre, la gara che inaugura la settimana santa della bicicletta.  Una gara di 269 chilometri, zeppa di insidie, pietre e muri in cui si sfidano tutti i migliori corridori del mondo, in cui però il più forte, alla fine, può piegare le leggi che normalmente regolano il ciclismo

E tra pochi giorni, in questo inizio aprile che tutti ricorderemo per molti anni, c’è la Parigi-Roubaix: un’altra grande domenica da santificare davanti alla tv. 

La “Ronde” da protagonista, ma ora Borghesi vuole di più

09.04.2025
4 min
Salva

La voce è squillante come da tempo non capitava. Le emozioni del Fiandre sono ancora fresche, nella mente e nel cuore di Letizia Borghesi. Una di quelle corse dove anche un piazzamento, nel suo caso il 6° posto, ha un valore particolare e un sapore dolce…

La gioia di Letizia e dei dirigenti del team per un piazzamento di grande spessore (foto Facebook)
La gioia di Letizia e dei dirigenti del team per un piazzamento di grande spessore (foto Facebook)

Quella corsa, per la trentina di Cles ha sempre avuto un proprio fascino: «La prima volta l’ho corsa nel 2017, ero una ragazzina e capii subito che era nelle mie corde, anche se mi ritirai. Poi l’ho disputata praticamente ogni anno ma per una ragione o per l’altra non riuscivo mai a centrare il risultato. Questa volta è andata come volevo, almeno in gran parte…».

Che intendi dire?

Sono rimasta coinvolta nella maxicaduta che è costata la corsa alla Longo Borghini. Non mi sono fatta male, ma la bici si è danneggiata, ho dovuto aspettare per sostituirla, ho così perso tempo e anche energie nei 20 chilometri d’inseguimento. In quei lunghi minuti pensavo che fosse finita, che ancora una volta tornavo a casa con nulla in mano, invece sono riuscita ad agganciarmi. Ma quando c’è stata l’azione decisiva io ero rimasta un po’ indietro e forse non avevo la gamba per poter tenere quel ritmo, chissà che sarebbe successo se avessi avuto un approccio meno traumatico.

Letizia la fianco della Kopecky. Non è un caso, la Borghesi appare sempre più al livello delle più grandi (foto Facebook)
Letizia la fianco della Kopecky. Non è un caso, la Borghesi appare sempre più al livello delle più grandi (foto Facebook)
Che cosa ti piace del Fiandre?

A me piacciono un po’ tutte le classiche del Nord – sentenzia la ragazza dell’EF Education-OatlyIl pavé, le salite ripetute, gli strappi brevi ma molto ripidi, le strade strette: è tutto un mix nel quale mi trovo bene. Mi sarei trovata ancora meglio con il clima classico di quelle corse, tra pioggia e freddo, invece abbiamo trovato una giornata calda e serena.

Il piazzamento ottenuto impreziosisce un inizio stagione nel quale, a fronte di pochi squilli, c’è però la consapevolezza che sei molto più vicina alle cicliste più forti…

Effettivamente è così, mi accorgo che qualcosa è cambiato, che c’è stato un salto di qualità e guardandomi indietro so anche da che cosa è dipeso: quest’inverno ho abbinato la preparazione a qualche gara di ciclocross, anche in Belgio, nel periodo di Natale, quindi nelle grandi classiche. Correre per un’ora fuori soglia, costantemente al limite, ti dà quella resistenza e quella brillantezza che fanno la differenza. Appena ho iniziato a correre ho visto che andavo meglio, purtroppo a Maiorca mi sono ammalata e ho perso qualche giorno, ma è servito ora perché ho raggiunto un’ottima forma. Tanto è vero che le corse precedenti il Fiandre mi avevano un po’ innervosito, perché non si traducevano nei risultati che mi aspettavo.

Per la Borghesi le apparizioni invernali nel ciclocross le hanno fatto fare un salto di qualità (foto Facebook)
Per la Borghesi le apparizioni invernali nel ciclocross le hanno fatto fare un salto di qualità (foto Facebook)
E’ il tuo momento di carriera migliore?

Diciamo che ho sempre dimostrato di essere costante, di andare forte a inizio come a fine anno, ma ogni stagione mi ha dato qualcosa in più. Mi accorgo di essere più matura e di essere migliorata e lo vedo soprattutto confrontandomi con le più forti, vedendo che tengo il loro passo. E’ un segnale importante. Ci sto arrivando piano piano, senza bruciare le tappe e questo mi dà molto coraggio.

Domenica c’è la Roubaix, che per chi ha dimestichezza con il ciclocross può essere un campo di battaglia favorevole…

Si adatta a me, lo scorso anno ho chiuso tredicesima ma fino all’ultimo ero nel vivo della corsa, in grado di giocarmi qualcosa d’importante. In quella corsa la guida conta tantissimo, le capacità tecniche, ma sappiamo bene quale influsso abbia la fortuna, quanto incida sull’esito finale. Sicuramente l’attendo con curiosità, proprio per verificare sul posto i miglioramenti scaturiti dall’inverno trascorso sui prati.

L’italiana dell’EF Education-Oatly guarda ora con fiducia alla Roubaix
L’italiana dell’EF Education-Oatly guarda ora con fiducia alla Roubaix
Per ora non hai gareggiato tanto, perché?

E’ dettato dal calendario, considerando come detto che ho perso qualche giorno in Spagna. Ho disputato solamente prove in linea, nessuna corsa a tappe. In tutte le gare però sono andata abbastanza bene, stando sempre con le prime fino alle battute decisive. Non ho raccolto molto, ma c’ero.

A Oudenaarde, quando sei arrivata, che cosa hai pensato?

Ero felicissima, lo ammetto, proprio per com’era scaturito quel risultato. Per il fatto che ero riuscita a fare la volata pur con tutta la fatica accumulata lungo la gara e soprattutto nell’inseguimento. Poi, a freddo, riguardando la corsa capisco anche che con un po’ di fortuna si poteva ottenere anche di più. Ma avere un po’ di credito con la fortuna non fa mai male, no?

Cavalli, il cammino prosegue. Prossimo step le Ardenne

09.04.2025
6 min
Salva

Il cammino prosegue e Marta Cavalli si sta avvicinando con passo regolare al ruolo di leader e alle corse che più le piacciono. Gli ordini di arrivo raccontano una parte. Il tredicesimo posto della Sanremo è stato la conferma delle buone sensazioni e anche il Fiandre, che dopo la Roubaix è la corsa che meno le si addice, per un po’ ha fornito dati interessanti.

Ora Marta è a casa. Ci rimarrà fino a domenica, poi si sposterà a Sittard, nel quartier generale del Team Picnic-PostNL, nell’avvicinamento alle corse delle Ardenne. Prima che parta siamo curiosi di avere i suoi feedback su questo avvio di stagione.

«Sta andando abbastanza bene – dice – meglio delle mie aspettative. Innanzitutto non mi aspettavo che mi inserissero addirittura nel Fiandre, una corsa veramente esigente. Abbiamo visto che negli ultimi anni ha sempre fatto tanta differenza, perché ha il chilometraggio importante e richiede tanto, inclusa una bella preparazione. La primavera italiana è andata bene, sono corse che sento particolarmente. Non ho raccolto il risultato, ma non l’ho neanche cercato…».

La Strade Bianche e le corse italiane di inizio stagione hanno riallacciato il filo con le giuste sensazioni
La Strade Bianche e le corse italiane di inizio stagione hanno riallacciato il filo con le giuste sensazioni
Come mai?

Fa parte del processo di inserimento in una nuova squadra, di reinserimento in un ambiente che è cambiato molto e che all’inizio stagione mi sembrava tanto estraneo. Invece adesso mi ci ritrovo, ho ripreso le misure, ho visto l’andamento generale e siamo nella fase in cui ambientarsi senza pretendere nulla. Per questo dico che forse è arrivato qualcosa in più e questo ci dà fiducia, quella che loro chiamano confidence, per le gare che più mi si addicono. Cioè quelle delle prossime settimane.

Che esperienza è stata il Fiandre?

Fino a un certo punto è andato bene, ma è stato duro tenere la concentrazione per quattro ore e mezza di corsa. Come alla Strade Bianche, il Fiandre è una corsa che chiede costantemente attenzione. Devi fare il settore, poi devi riposizionarti bene, fai lo sforzo, poi devi riposizionarti. Due, tre, quattro, cinque, sei volte e a un certo punto ho impattato contro questo mio limite attuale, che mi fa piacere aver incontrato.

Per prendere la misura?

Per capire dove ancora devo migliorare e dove dobbiamo lavorare come squadra e come individualità. Fisicamente non sto male, non posso dire di essere ai livelli migliori, però riesco a mantenere una buona continuità nella preparazione e questo prima o poi si tradurrà in risultati. 

La nuova squadra e le nuove abitudini sono uno step ormai quasi compiuto
La nuova squadra e le nuove abitudini sono uno step ormai quasi compiuto
Qual è stata finora la difficoltà di inserirsi nella nuova squadra?

Un approccio differente con il ciclismo. Hanno un modo totalmente diverso di correre. Tengono molto a essere presenti come squadra, a posizionarmi bene, a farmi sentire coperta. C’è dietro una struttura forte creata per me e faccio ancora fatica ad abituarmi anche solo a chiedere. Non perché abbia delle pretese, ma perché il loro obiettivo è aiutarmi a essere nella giusta posizione al momento giusto. Piano piano sto prendendo l’abitudine a gestire la squadra, ad averla in mano, a dire senza essere arroganti o troppo pretenziosi quello che preferirei facessero. Mi dicono costantemente che sono lì per me e mi hanno fatto capire che, senza il loro capitano, non sarebbero niente. Che io abbia buone sensazioni o che non sia il periodo migliore, loro fanno ugualmente il loro lavoro.

Un nuovo modo di pensare?

Alla fine il bus ce l’hanno tutti. I gel e le barrette li hanno tutti e tutti hanno il top dei materiali. Invece la differenza la fai nei rapporti con le persone, con lo staff, con il direttore sportivo, la comunicazione, l’ammiraglia, il grado di responsabilità che ti danno: quelle sono le cose che poi si vedono in corsa. E sono le cose alle quali sto cercando di adattarmi.

Il passato è passato o serve come riferimento?

Non posso cancellarlo perché mi può essere utile. Mi dà esperienza e tranquillità, mentre dall’altro lato potrebbe mettermi pressione, ma quell’aspetto lo considero una storia chiusa. Sono una Marta differente, che ha padronanza della propria condizione fisica. Consapevole di non poter fare la voce grossa. Quindi, come si dice in dialetto da me: “schiscia”, che significa schiacciata, volando basso.

Freccia Vallone 2022, Cavalli si impone su Van Vleuten, pochi giorni dopo aver vinto l’Amstel
Freccia Vallone 2022, Cavalli si impone su Van Vleuten, pochi giorni dopo aver vinto l’Amstel
Quale preferisci tra Amstel, Freccia e Liegi?

La Liegi! Insieme al Fiandre, è da sempre tra le mie preferite, perché è tra le più esigenti. Se però dovessi indicare la più adatta a me, dovrei dire sicuramente la Freccia Vallone. L’arrivo secco in salita: tutto o niente. Il 90 per cento della corsa che si decide sul Muro d’Huy: è quella più adatta, però d’istinto e di pancia, dico la Liegi.

Da domenica si va in ritiro con le compagne?

Esatto, nel loro Keep Challenging Center. Abbiamo degli impegni con la squadra e poi faremo un paio di ricognizioni dei percorsi, un buon modo per entrare nell’atmosfera. Quello che ho imparato è godermi un po’ di più ciò che sta attorno alla corsa. E’ un bell’ambiente, con le ragazze mi trovo bene, si lavora bene. Lontani dalle gare si trascorre un bel tempo insieme, è una dimensione che mi piace.

Ultima cosa: hai cambiato squadra, ma la bici è rimasta Lapierre.

Non me l’aspettavo. Nel primo ritiro mi avevano dato l’altra bici (una Scott, ndr), dicendomi che sarebbe stata la mia bici da allenamento. Ho iniziato a usarla, invece pochi giorni prima del ritiro ci hanno chiamato e hanno annunciato il passaggio con Lapierre. Da una parte è stata una sorpresa, dall’altra lato sono contenta perché mi sono sempre trovata bene, sia in salita che ancora di più in discesa. Abbiamo rifatto la posizione, cambiato la sella e mi trovo nuovamente benissimo. Ovviamente è un modello differente, leggermente più aerodinamico, quindi più reattivo e questo aggiunge valore a un telaio che era già buono.

In cosa è cambiata la posizione?

E’ più aerodinamica. Siccome ho sempre fatto fatica in pianura, abbiamo cercato a livello di preparazione e anche di posizionamento, di migliorare il mio coefficiente aerodinamico. Per cui sono sempre molto avanzata, ma leggermente più lunga. Un assetto molto sbilanciato in avanti, che però mi permetta, in caso di necessità, di abbassarmi ancora per essere più aerodinamica.

Quindi Pasqua a Liegi?

Pasqua a Liegi, vero. Pasquetta invece a casa.

Quei tre italiani sui Muri: orgoglio e coraggio. Trentin racconta

09.04.2025
4 min
Salva

Diciamoci la verità, un po’ abbiamo anche sognato quando domenica scorsa, ad un certo punto, in testa al Giro delle Fiandre c’erano tre italiani. E che italiani: Matteo Trentin, Davide Ballerini e Filippo Ganna. A un certo momento, dopo le bordate di Pogacar, erano rimasti in tre in un drappello di quattro. Da italiani ci siamo esaltati. Eravamo orgogliosi. In quei momenti anche i social hanno segnalato una certa gioia per quell’azione.

Tutto era nato con una fuga di quelle importanti, volte ad anticipare. In questa fuga c’era Ballerini. Poi è arrivato un contrattacco con Ganna e Trentin. Chiaro che nessuno si aspettava (o chiedeva loro) di vincere. Ma essere stati nel vivo della corsa è stato importante.

E alla fine, come Italia abbiamo ottenuto un ottavo, un decimo e un 22° posto. Con l’aiuto proprio di uno di quei protagonisti, Matteo Trentin, riviviamo il Fiandre dei tre italiani, che nella fuga di testa hanno trovato ad accoglierli il giovane Romele.

Matteo Trentin (classe 1989) è un veterano del Nord… e non solo!
Trentin (classe 1989) è un veterano del Nord… e non solo!
Matteo, come è andato questo Fiandre? E cosa ci puoi dire del gruppetto degli italiani, se così possiamo chiamarlo?

La gamba è buona, dispiace che i risultati non lo siano altrettanto. Sì, una bella azione per noi italiani, peccato che ci siamo staccati! Non era un attacco previsto, però se si andava a rivedere l’andamento delle corse precedenti al Fiandre si sarebbe potuto capire chi avrebbe fatto quell’attacco. Un attacco volto ad anticipare, prima del secondo Qwaremont. C’era giusto un intruso…

Chi?

Jasper Stuyven. Lui era un altro calibro e alla fine è andato forte. Abbiamo cercato di anticipare per trovarci davanti nel momento clou della corsa, il più duro, quando poi appunto fosse esplosa la gara. Tutto per fare qualcosa di meglio del “piazzamentino”… ma non è andata a buon fine.

Vi hanno ripreso, eravate nel terzo drappello: Pogacar, il gruppetto Van der Poel e poi voi. Cosa è successo?

E’ successo che sono finite le gambe! Davanti e dietro andavano forte.

Matteo, sei un veterano. E dunque in questa veste di esperto, come hai visto Ballerini e Ganna? Partiamo da Pippo…

Devo dire che al primo scatto, se non fosse stato per Pippo, non sarei rientrato sulla fuga. Io ero al vento già da un po’ e lui ha davvero tirato forte, ha dato un ottimo impulso all’azione. Come l’ho visto? Sui muri ha sofferto molto, si vedeva, ma poi nel finale ne aveva eccome. Ha fatto una volatona.

Ecco i tre italiani in azione alla Ronde… Vedere tre nomi del genere ha esaltato i tifosi del Belpaese
Ecco i tre italiani in azione alla Ronde… Vedere tre nomi del genere ha esaltato i tifosi del Belpaese
Lunga…

Lunga, ma soprattutto forte. Io ho anche provato, ma non è stato possibile uscire dalla sua ruota. Segno che ha forza. E’ Pippo: è così, ha una potenza immensa.

E Ballerini?

Ballero bene. Mi aveva fatto un’ottima impressione già alla Gand e in corsa si è mosso molto bene. Lui è bravo su certi percorsi. In bici si muove anche bene, meglio di Pippo da un punto di vista tecnico. Anche lui, come me e Ganna, ha avuto un momento di crisi prima del finale, però poi ha disputato una buona volata anche lui.

Matteo, sappiamo che andate forte e che si parla poco, ma c’è stata una sorta di alleanza italiana?

No, direi di no. Ognuno ha fatto la sua corsa, poi certo è stato bello ritrovarsi in tre in quel momento. Di sicuro quando eravamo rimasti in quattro e tre eravamo noi, non ci siamo risparmiati e nessuno di noi faceva il furbo. Poi neanche a dire che qualcuno ha fatto qualche scatto sciocco, del tipo che ci si corre contro, perché non ce n’è stata occasione.

Il gruppetto di Trentin, Ganna e Ballerini si giocava l’8° posto, andato proprio a Ganna (foto Instagram)
Il gruppetto di Trentin, Ganna e Ballerini si giocava l’8° posto, andato proprio a Ganna (foto Instagram)
Si è visto. Proprio Ballero ci aveva detto prima del Fiandre che almeno non ci si corre contro…

Ma sì dai, alla fine è stato bello. Sono contento di come sia andata sotto questo punto di vista. Pippo e Ballero hanno ottenuto dei buoni piazzamenti, ma non dopo essere stati invisibili per tutta la corsa: sono stati nel vivo. Mi spiace solo non aver raccolto qualcosa di più, ma almeno mi porto via una buona gamba.

Matteo, ne hai fatti ben 13 di Fiandre e domenica avete siglato una media record. Mentre pedalavate ti stupivi di vedere certi wattaggi o certe velocità?

In corsa non si ha tempo di pensare a queste cose, poi però a fine gara vai a vedere il tempo di percorrenza, la media oraria, e ti accorgi che almeno 60-70 corridori sono andati più forte del vincitore di 5-6 anni fa. Ormai la cosa bella è che non mi stupisco più di questi “record”: si va forte sempre! Se vedi, ci sono quei 4-6 atleti e poi un drappello dietro di 30-40 corridori.

Che Roubaix ti aspetti? Tatticamente vedremo un andamento simile al Fiandre?

Difficile. Alla Roubaix tanto dipende dal vento, dal meteo… e poi è tutta piatta. E’ più complicato fare certe azioni o la selezione davanti. Si va via veloci e si fa una scrematura.

Primo Fiandre in fuga, Romele e il sogno di una vita

09.04.2025
7 min
Salva

OUDENAARDE (Belgio) – «Penso che l’obiettivo principale l’ho raggiunto. Per tutto quello che è venuto dopo, anche in accordo con la squadra e avendone parlato con i direttori, penso si possa essere contenti. Il rimpianto potrebbe essere non aver finito il Fiandre. Però se penso al bambino che la sognava fin da piccolino, posso dire di averne avuto un piccolo assaggio, anche fosse essere passato per primo sul Qwaremont (foto di apertura, ndr). E poi in futuro si vedrà».

La fuga di Romele al Fiandre potrebbe sembrare un racconto scontato, ma se foste stati lì e gli aveste visto brillare gli occhi, capireste che di banale nel viaggio di questo ragazzo c’è veramente poco, se non la considerazione di chi potrebbe ritenerlo tale. Noi lo abbiamo vissuto da vicino prima e dopo, seguendo il durante attraverso il maxi schermo della sala stampa. E alla fine lo abbiamo raggiunto con mille domande.

Ti sei ripreso?

Tutto okay, grazie. C’è voluta una buona giornata di riposo lunedì, senza fare nulla, ma ieri sono già tornato in bici. Non so da quanto sono qua, ho perso il conto dei giorni. Ho fatto la Nokere Koerse (19 marzo, ndr) e non me ne sono più andato. Domenica farò anche la Roubaix, non era nel programma, ma abbiamo deciso così. Un po’ per scelta tecnica e un po’ perché, tra un infortunio e una malattia, servivano corridori. Io però sono super contento della decisione della squadra.

Allora facciamo due passi indietro: che cosa hai pensato quando ti hanno detto che avresti fatto il Fiandre al primo anno da pro’?

Era dicembre ed è stato a particolare. Mi hanno consegnato il programma e mi sono messo a scorrerlo. Nella prima parte ho visto la Strade Bianche e già lì ero super emozionato. Poi ho continuato a scendere e ho letto Gent-Wevelgem. Mi sono detto: bella la Gent, l’ho fatta da U23. Vado oltre e leggo Dwars door Vlaanderen e Ronde. Lo rileggo e chiedo: la Ronde sarebbe il Fiandre? Siete sicuri?

E loro?

«Sì, sì – mi hanno risposto – vogliamo fartela fare. Sappiamo che è super dura, probabilmente la corsa più dura e più importante che avrai quest’anno in calendario». Diciamo che mi hanno dato questa grande opportunità. Nella campagna del Belgio, tutte le corse sono importanti, ma il Fiandre è un’altra cosa.

Ecco Romele al via del suo primo Fiandre: la Piazza del Mercato di Bruges è stracolma
Ecco Romele al via del suo primo Fiandre: la Piazza del Mercato di Bruges è stracolma
Torniamo a un passato più recente: nella riunione del sabato ti hanno detto che dovevi andare in fuga?

In realtà no. Ero stato designato come uomo squadra assieme Gazzoli e a Toneatti. Dovevamo tenere coperta la squadra il più possibile, lavorare nei nostri punti, nei nostri ingressi nei vari settori di pavé. Ovviamente se andavano via 20 corridori, non si poteva non essere dentro. La proposta di andare in fuga a qualsiasi costo l’ho lanciata io e devo dire che alla fine è stata accolta bene. Mi hanno detto che effettivamente poteva avere un senso per la squadra e da quello spunto è nata anche la decisione di Ballerini di anticipare il suo attacco. Quindi penso che alla fine sia stata una scelta che ha anche ripagato.

Scendere dal pullman, pedalare lungo quella strada e arrivare nella piazza del mercato di Bruges…

Fa specie, perché ti rendi conto di quanta gente c’è. Non sai il numero, ma sentire che solo alla presentazione erano stimate 30-35 mila persone, fa venire la pelle d’oca. Sei su quel palcoscenico in mondovisione, qualcosa di paragonabile forse a un Tour de France. E poi, proprio a livello di gente, sentivi questa enorme vicinanza al mondo del ciclismo. Dei miei amici erano qua e si sono fatti qualche giro nei bar e c’era un’atmosfera quasi da festa nazionale. E’ proprio la percezione del ciclismo che è diversa: lo senti e lo vedi, lo vivi.

Sono servite decine di scatti perché la fuga giusta prendesse il largo
Sono servite decine di scatti perché la fuga giusta prendesse il largo
Come è nata la fuga?

Impossibile prenderla, è stato veramente difficilissimo. Ho impiegato una quantità elevatissima di scatti e di energie. La partenza del Fiandre ha tutta una serie di elementi pericolosi che ci sono nelle città del Belgio. Spartitraffico, aiuole, siepi, isole del traffico che rendono la partenza più nervosa e pericolosa. Però dai ero lì e volevo andare in fuga fin dall’inizio. Penso che questa cosa mentalmente mi abbia aiutato a non fare trasparire le emozioni col rischio di perdere completamente il filo.

Che effetto fa passare da primo del Fiandre, con tutta quella gente? E’ vero che le forze si moltiplicano?

Si percepiva la spinta della gente, si sentiva. Parlavo con Cucinotta che mi seguiva con la seconda ammiraglia e quando ha visto che mi stavo avvantaggiando, ha cominciato a urlarmi via radio che li stavo staccando. Eppure era una cosa involontaria. La presenza della gente era enorme in uno spazio relativamente piccolo, perché la strada lì è veramente stretta. Poi mettiamoci anche l’emozione, perché sicuramente ero lì che mi godevo tutta quella gente. Mai mi sarei aspettato una cosa del genere. Pensavo al tifo e a tanta gente, ma così tanto è difficile anche da spiegare. E’ quasi inconcepibile che ci sia tanto casino da far vibrare tutto il corpo. Era veramente qualcosa di fuori di testa che non ho mai vissuto e ho ancora i brividi nel raccontarlo.

Correre fra due ali di pubblico rumoroso ha moltiplicato le forze
Correre fra due ali di pubblico rumoroso ha moltiplicato le forze
Quando hai saputo che stava arrivando Ballerini, hai chiesto di aspettarlo?

In un primo momento si stava avvicinando tutto il gruppo, quindi assieme ai ragazzi della fuga abbiamo accelerato fino a riportare il vantaggio intorno ai 2’40”. Poi è arrivato il Molenberg di cui avevamo parlato la sera prima. Mi ero riguardato la corsa del 2024 e quello era stato il punto in cui il gruppo si era spaccato e da dietro erano rientrati. Non sapevo che Ballerini si fosse avvantaggiato e quando è arrivato ho sperato di potergli dare una mano.

Invece sono arrivati i crampi, come mai secondo te?

Non sono venuti perché avessi bevuto poco, quello ormai è difficile. Il crampo arriva e ti ferma, difficilmente continui. Dipende dalla tipologia, ma quella è stata una tensione al muscolo dovuta allo sforzo. Non credo alla carenza di carboidrati, su quel fronte ero a posto. Secondo me è stato tutto lo sforzo fatto all’inizio e magari anche il fatto che sono passato primo sul Qwaremont. Mettiamo tutto assieme, mettiamoci i chilometri che erano già 200 e prendiamola come esperienza.

Quando hai realizzato che ti dovevi fermare, è stato come avere la morte nel cuore?

Quando sono stato raggiunto dal gruppo, ho capito che non sarebbe stato neanche troppo utile per la squadra che io finissi in fondo, cercando di rimanere a galla. Piuttosto meglio aiutare Teunissen e Bol a stare davanti all’ingresso dei settori che arrivavano. Finché sono rimasto senza energie, non avevo più nulla da dare. E probabilmente questa cosa, il fatto che avessi finito tutto quello che potevo, mi ha fatto stare bene anche con me stesso.

Gazzoli e Romele alla fine del viaggio: uno 72° all’arrivo, Romele purtroppo ritirato
Gazzoli e Romele alla fine del viaggio: uno 72° all’arrivo, Romele purtroppo ritirato
Quanto è importante conoscere i muri del Fiandre?

Fa la differenza e per questo sono stato ripreso dai ragazzi. Bol una volta si è un po’ arrabbiato, e aveva ragione, perché non ne sapevo proprio nulla, non sapevo dove passasse la corsa. Da piccolino le guardavo, ma solo gli ultimi 30 chilometri. Invece per capire davvero una corsa, c’è da studiare. E così ho iniziato a concentrarmi guardando il percorso al computer su VeloViewer.  Da un lato lo schermo e accanto l’elenco delle salite. Tutto per essere consapevole delle cose e alla fine devo ringraziare i ragazzi perché mi hanno quasi obbligato a studiare e mi hanno anche aiutato a conoscere, capire e interpretare bene anche dinamiche tipiche di queste corse.

Quando hai riacceso il telefono, hai ricevuto più messaggi che dopo qualunque altra corsa della tua carriera?

Secondo me sì. Adesso sto cercando di limitare un pochettino, però subito dopo la corsa tendo sempre a rivedere i messaggi. Anche per capire se ho lasciato un qualcosa o se quello che ho fatto ha avuto un po’ un senso. Voglio una sorta di conferma mia e ammetto che ho avuto parecchi messaggi, da quelli che mi conoscono sin da quando correvo da ragazzino. Ma alla fine i messaggi importanti sono più quelli stretti, quelli della famiglia.

Che cosa hai imparato da questo Fiandre?

Non nascondo che mi abbia lasciato tanto, quindi penso che a livello di caratteristiche possa entrare tranquillamente fra le corse cui potrei ambire e che per ora si possono solo sognare. Ammetto che mi è piaciuto, mi ha sfinito. E mi ha anche emozionato tanto.

Già pronti per la Roubaix, ma stavolta Pedersen vuole vincere

08.04.2025
5 min
Salva

OUDENAARDE (Belgio) – Il velocista lo sa che quando la corsa è dura la sua unica chance è quella di restare nascosto sino alla fine e tentare semmai la volata. Solo che il Giro delle Fiandre non è una corsa per velocisti. Perciò se ti chiami Mads Pedersen, hai appena vinto la Gand, non sei solo un velocista ma certo il più veloce nel gruppo di testa, devi adattare la tattica alle sfuriate di Pogacar, Van der Poel e di Van Aert che per un giorno è parso quasi parente del miglior se stesso.

Il primo dietro Tadej

E’ stato davanti e poi l’hanno staccato. E’ tornato davanti. Quindi è stato in fuga con Pogacar e Van der Poel: tre campioni del mondo in testa al Giro delle Fiandre, spot migliore per la corsa non poteva esserci (erano insieme anche in partenza, foto di apertura). Li ha visti attaccare e un paio di volte ci ha provato anche lui, poi ha capito che sarebbe stato un suicidio e si è messo a ragionare. Ha fatto l’elastico per un tempo eterno. E quando alla fine gli inseguitori si sono raggruppati alle spalle di Pogacar, il danese è entrato nuovamente in modalità velocista. E nella volata finale ha anticipato e colto il secondo posto: chi guarderà l’albo d’oro potrà dire che al Fiandre del 2025, il migliore dietro Pogacar è stato Mads Pedersen, danese di 29 anni in maglia Lidl-Trek.

«Abbiamo lottato tutto il giorno per cercare di vincere – ha detto nella zona mista – tutti hanno dato il massimo anche prima che Tadej chiudesse il discorso. Poco da dire, siamo stati battuti da un corridore più forte di noi e non abbiamo rimpianti. Dobbiamo accettare che è il migliore di sempre e ci sta battendo in modo leale e onesto. Chapeau a lui, sta facendo così tanto per il ciclismo e sta rendendo l’immagine di questo sport follemente grande. E’ una rottura di scatole correre contro questi fenomeni (ha riso, ndr), ma è anche bello ritrovarsi fra loro in una gara come il Fiandre».

Tre campioni del mondo in testa al Fiandre, ma Pedersen sapeva già di doversi guardare da “quei due”
Tre campioni del mondo in testa al Fiandre, ma Pedersen sapeva già di doversi guardare da “quei due”

L’aiuto di Stuyven

Ragionando da velocista, c’è da dire che la speranza di riprendere Pogacar da solo in quegli ultimi chilometri di pianura con il vento contrario non si è spenta subito, ma neppure ha avuto vita troppo lunga.

«Con 8 chilometri di vento contrario e quattro corridori a inseguirlo – ha ammesso – speravo che saremmo riusciti a riprenderlo. Non si sa mai come finiscono queste corse, non sono mai chiuse fino al traguardo. Ma non c’è stato molto da fare, se non aspettare la volata e avere con me Jasper (Stuyven, ndr) è stato la cosa migliore. Lui sa che preferisco gli sprint ad alta velocità, per cui a 500 metri dall’arrivo ha iniziato ad accelerare e mi ha dato la possibilità di partire ai meno 250. Devo dirgli grazie per avermi lanciato alla perfezione, devo dire grazie a tutta la squadra. E’ stata una gara davvero bella, abbiamo ottimizzato le nostre possibilità di vincerla. Sono orgoglioso della gara che ho fatto e di come sono riuscito a gestirmi sulle salite, ma semplicemente non c’era altro da fare».

Il sogno di Pedersen

Il Fiandre non è una corsa per velocisti, Pedersen è più di un velocista e la musica sta per cambiare. Gli occhi dei corridori iniziano a convergere verso la piazza di Compiegne da cui domenica mattina alle 11,10 partirà la Roubaix. E allora le taglie forti avranno meno salite con cui fare i conti e più che il rapporto potenza/peso conterà, come ci ha spiegato Angelo Furlan, la potenza pura.

«Il prossimo fine settimana mi si addice meglio – ha ammesso con lo sguardo fermo – senza così tante salite. Finora è stata una bella campagna del Nord e mi piacerebbe concluderla con una vittoria a Roubaix. Di tutte le gare Monumento, credo sia quella che mi si addice di più. Ma ci sono corridori molto forti e saranno sempre gli stessi a giocarsi la vittoria. Quindi non ci sono dubbi: ci sarà da lottare anche domenica».

EDITORIALE / Lo spettacolo (negato) del Fiandre

07.04.2025
5 min
Salva

BRUGES (Belgio) – La ragazza alle reception dell’hotel di Kortrijk ci ha salutato con il rammarico di non essere sul percorso del Fiandre assieme al gruppo di famiglie e amici con cui lo segue da quando è piccola. Deve lavorare, ma sottolinea che domenica prossima sarà alla Roubaix. Li vedranno in tre punti e poi, quando la corsa sarà nel Carrefour de l’Arbre, si fermeranno in un caffè per assistere al finale. Pensiamo a lei mentre emergiamo dal parcheggio nel centro di Bruges, accanto al parcheggio delle squadre, compiaciuti per il privilegio di avere un posto riservato al centro della scena.

La piazza del mercato è uno stadio rumoroso e variopinto. Le guglie dei palazzi danno un tocco di fiaba gotica ai preliminari della grande battaglia. La strada che vi conduce dal parcheggio è una passerella assordante, in cui i corridori vengono chiamati per nome, applauditi, venerati. Per scortare alla firma i big è stato predisposto un servizio di steward sul monopattino elettrico che indicano loro la via. Alessandro Romele, debuttante al primo anno da pro’, racconta di aver avuto i brividi e immaginiamo sensazioni identiche quando nella prima fuga ha aperto la strada al passaggio del gruppo.

Piccole sbavature: per la conferenza stampa di Pogacar si è dovuto attendere il podio in comune con Kopecky: un tempo eterno…
Piccole sbavature: per la conferenza stampa di Pogacar si è dovuto attendere il podio in comune con Kopecky: un tempo eterno…

La cura del tifoso

Il ciclismo e il Belgio sono tutt’uno. Non c’è un dettaglio che non sia curato al meglio. Una piazza immensa: quest’anno Bruges, l’anno prossimo Anversa. Opportunità di merchandising e consumazioni lungo il percorso. Servizi di navetta. Agenzie che ti portano nei vari punti per vederli passare. Maxi schermi dovunque. La domenica del Fiandre è una festa a parte, ma non c’è corsa WorldTour che non abbia un seguito massiccio. Per la Ronde ci si ferma. Quando si sa che allo spettacolo penseranno Pogacar, Van der Poel, Pedersen, Ganna, Van Aert, la Kopecky, Wiebes, Van der Breggen, Longo Borghini, Niewiadoma e gli altri, c’è da capire che l’afflusso di pubblico si moltiplichi.

Peccato che sulle tavole degli italiani questo banchetto non sia arrivato, se non attraverso immagini televisive a pagamento (ottimo comunque il lavoro di Eurosport) e articoli scritti impastando comunicati da parte di bravi giornalisti tenuti in redazione, come se essere quassù non valesse il costo del biglietto. Si è detto, letto e commentato della RAI che non ha acquistato i diritti, va anche segnalata però l’assenza dei quotidiani. Per il Fiandre di Pogacar su Pedersen e Van der Poel, in Belgio c’erano 5 fotografi italiani e 3 giornalisti. Si potrebbe pensare: meglio, così fate più visite. Invece no: se il sistema si indebolisce, ci indeboliamo tutti, il ciclismo per primo.

Pavia ha accolto la Sanremo con grande calore, ma il suo palcoscenico naturale sarebbe Piazza Duomo a Milano
Pavia ha accolto la Sanremo con grande calore, ma il suo palcoscenico naturale sarebbe Piazza Duomo a Milano

Calcio, nient’altro che il calcio

Se lo sport è specchio della cultura di un Paese, allora in tutto questo si rintracciano le consuetudini di un’Italia dominata dagli interessi di pochi a scapito degli altri. Schiacciata in ambito sportivo dal calcio e dai suoi debiti oceanici per i quali si ricatta il Governo, perché se finisce il calcio, finisce la vita. Ne siete davvero sicuri? L’informazione è monotematica. Parla di due guerre e nasconde le altre cento. Parla dei dazi per distrarre dagli aumenti e i nuovi armamenti. E ti serve un buffet ricchissimo di partite, schiacciando il resto in fondo all’elenco e legittimando quelli che leggono il giornale dalla fine. Il pubblico, al pari dei figli, andrebbe invece educato.

Mandare un inviato al Fiandre non significa danneggiare il calcio, significa accrescere la cultura sportiva che paradossalmente renderebbe più ricco e competente anche il pubblico degli altri sport. Significa avere un piatto forte da offrire e non un semplice artificio di parole. Invece si insiste in direzione unica e il resto non conta. Se poi ci chiediamo il motivo per cui le aziende non investano altrove, magari la risposta ce la siamo appena data.

La prima pagine de L’Equipe di oggi è un tributo alla grandezza di Pogacar e del Fiandre
La prima pagine de L’Equipe di oggi è un tributo alla grandezza di Pogacar e del Fiandre

Le pari opportunità

Il Fiandre propone nello stesso giorno la gara degli uomini e quella delle donne, come la Sanremo. Partenze separate, entrambe trattate con pari enfasi e spiegamento di forze: i primi da Bruges, le seconda da Oudenaarde. Se una sbavatura vogliamo rintracciare, sta nell’averci costretto a iniziare il lavoro alle 19,30 per aspettare l’arrivo delle donne e far parlare solo dopo il vincitore degli uomini. Per il resto, ha prevalso un gigantismo che ha dato del ciclismo un’immagine quasi sacrale. Ben altra cosa rispetto alla miniaturizzazione di casa nostra, fatta di una piazza bella come una bomboniera, ma piccola e soffocata dall’hospitality dei vip. Un palco basso e invisibile dalle retrovie e quel senso di doversi togliere presto dai piedi, per non disturbare. La Milano-Sanremo dovrebbe tornare nel centro di Milano, con il Duomo sullo sfondo e la politica dovrebbe spingere perché accada. Il ciclismo ha una storia da rivendicare, ma si fa dura se i primi a voltarle le spalle sono coloro che dovrebbero raccontarla e magari anche venderla.

Mentre siamo presi da tanto elucubrare, ci assale il dubbio di aver indugiato troppo nel vittimismo. Magari in Belgio va così, ci diciamo, perché hanno Van Aert e Van der Poel è nato appena oltre il confine. Perché forse non hanno altri sport da magnificare. Deve essere per questo, ci diciamo. E mentre ce ne siamo ormai convinti, apriamo L’Equipe e restiamo a bocca spalancata. Prima pagina per Pogacar, da testa a piedi. Le cinque successive per il Fiandre, eppure i francesi non vincono un Fiandre dal 1992 (con Jacky Durand) e non hanno all’orizzonte qualcuno che prometta di farlo. Il grande spettacolo dello sport non ha bandiera e non richiede necessariamente un costo di ingresso. Nessuna tessera del tifoso per assistere alla Ronde, biglietti solo nelle aree vip. Per il resto, bastavano solo qualche birra e tanta voglia di assistere a uno spettacolo pazzesco.

Longo fuori, Fiandre a Kopecky: finale giocato alla grande

07.04.2025
4 min
Salva

OUDENAARDE (Belgio) – Cominciamo col dire che Longo Borghini sta bene. Sarebbe potuta stare meglio, magari a quest’ora sarebbe da qualche parte a festeggiare il terzo Fiandre, invece ai brindisi si è dedicata Lotte Kopecky. Elisa ha passato la notte in osservazione all’ospedale di Gand. La caduta l’ha sorpresa al chilometro 35, assieme a Lorena Wiebes, Marthe Truyen, Letizia Borghesi e Christina Schweinberger. Lei si è rialzata, come fanno sempre i corridori. Silvia Persico ha provato a riportarla in gruppo, ma a un certo punto si sono fermate di nuovo e la campionessa italiana, grande favorita per il Fiandre, ha abbandonato la corsa. Ed è così nato il terzo successo di Lotte Kopecky.

«Questa è una vittoria che ricorderò a lungo – dice la campionessa del mondo – più ci avvicinavamo e più sognavo di vincerlo con questa maglia indosso. Ero nervosa per lo sprint? Avevo fiducia nel mio spunto. Sapevo che Liane Lippert è veloce, ma non sapevo quasi nulla di Pauline Ferrand-Prévot. Mi aspettavo un attacco da parte di Kasia Niewiadoma, ma non è mai arrivato. Quindi ho creduto nel mio sprint e ci ho dato dentro».

Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie
Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie

Vento contro, zero attacchi

La campionessa del mondo del Team SD Worx-Protime ha regolato allo sprint il gruppetto di quattro con cui è sopravvissuta alla serie dei muri, in una corsa dura che ha visto l’arrivo di sole 87 ragazze. Distanza di 168,9 chilometri con 1.324 metri di dislivello, corsi a 38,304 di media.

«In realtà non sono rimasta troppo sorpresa – ha detto dopo l’arrivo – che nessuna abbia provato ad andare da sola sul Paterberg. Il vento non era favorevole, per cui potevi pure attaccare, ma con tre corridori forti che inseguono insieme, non sarebbe stata la mossa più intelligente. Io mi sono sentita bene per tutta la salita, ma affrontare uno sprint del genere è sempre rischioso. Quando Anna Van der Breggen mi ha detto che ero quella con le gambe migliori, ho trovato grande sicurezza. Per cui, si è trattato solo di sopravvivere al Qwaremont e poi al Paterberg».

Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta
Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta

I dubbi dopo Waregem

Kopecky non era la favorita del Fiandre, perché il ruolo spettava a Elisa Longo Borghini. Scendendo dal pullman per andare alla firma, la piemontese ci aveva detto di essere molto concentrata e di aver ben recuperato lo sforzo di Waregem. Peccato che poi tanta condizione sia finita su quel lembo di asfalto in cui Elisa è rimasta per istanti lunghissimi in posizione fetale.

«Solo sul Berendries – ha detto Kopecky – ho notato che Longo Borghini non c’era. Dall’ammiraglia mi hanno confermato che prima è caduta e poi si è dovuta fermare, spero davvero che stia bene. Mi sembra logico, avendola vista vincere a quel modo, che avessi dei dubbi dopo la Dwars door Vlaanderen. Però ho imparato a non farmi condizionare da certe sensazioni. L’anno scorso il Fiandre non fu la mia gara migliore, ma una settimana dopo vinsi la Roubaix. Avrei potuto farmi prendere dal panico, invece ho semplicemente accettato che non fosse andata bene, magari perché non avevo recuperato bene dagli allenamenti dei giorni precedenti. Quindi era importante riposarmi per essere più fresca possibile alla partenza del Fiandre. E ha funzionato».

Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita
Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita

Il podio con Pogacar

Quel gesto col bicipite (foto di apertura) non è passato inosservato e Lotte ha spiegato che risale al team building fatto lo scorso inverno in Lapponia. Era il gesto per quando si spostavano con le motoslitte e dovevano segnalare la necessità di accelerare. Un’espressione scherzosa. Poi ha ammesso di aver molto gradito il podio tutto iridato assieme a Pogacar.

«E’ speciale condividere il podio con Tadej – ha ammesso – soprattutto perché siamo entrambi campioni del mondo. Mi rendo conto di quanto sia stato unico. Di solito non appendo le foto in casa, ma questa volta guarderò le immagini migliori, per vedere se tra loro c’è un bello scatto di questo podio. Tadej è una persona molto rispettosa e mi ha fatto i complimenti. Io invece volevo sapere come ha vinto il suo Fiandre, se allo sprint o da solo. Anche se avevo pochi dubbi che avesse vinto arrivando da solo».

Sarà perché siamo in Belgio, dove il ciclismo è più prossimo a una fede che a uno sport. Sta di fatto che quando Lotte Kopecky ha tagliato il traguardo, il boato del pubblico è stato probabilmente superiore a quello per la vittoria di Pogacar. Entrambi primi al Fiandre, entrambi campioni del mondo. Lei belga, lui no.