ROUBAIX (Francia) – Forse il sorriso di Letizia Borghesi è anche più grande di quello di Elisa Balsamo, nonostante l’ex iridata abbia sfiorato la vittoria della Parigi-Roubaix Femmes. Nel velodromo gli occhi della portacolori della EF Education Tibco SVB la dicono lunga.
La prestazione di Borghesi è stata buona, eccellente se si pensa che si tratta di una classica monumento: 13° posto, nel drappello inseguitore, ad appena 28” dalle ragazze che si sono giocate la vittoria. Il bicchiere è decisamente è mezzo pieno.
Feeling da crossista
«E’ stata una gara durissima – ha detto la trentina – Questo terreno, il pavé, mi piace veramente tanto. Quando c’è da spingere sulle pietre mi trovo a mio agio. Entravo bene nei settori. Sarà anche perché vengo dal ciclocross, ma sento che mi muovo con naturalezza».
Tutto facile? Neanche per sogno. La corsa delle donne, rispetto a quella maschile all’inizio muoveva verso Sud. E in quei giorni di vento caldo, nell’alta Francia, questo significava avere il vento contro o di lato, facendo aumentare lo stress della gara.
E così succede che nella bagarre iniziale Letizia si difenda bene, ma poi nei primi settori di pavé incappa in una noia meccanica. Tutto quello di buono fatto sin lì, tutto quello fatto per restare davanti rischia di sfumare.
Di sfumare, ma non di svanire, perché la gamba c’è. Ed è anche bella piena.
«Mi è scesa la catena – racconta Borghesi – pensavo fosse tutto finito. Invece sono ripartita e ho continuato a lottare davvero duramente. Ho fatto uno sforzo enorme per rientrare nel primo gruppo. E poi sono riuscita a tenere le migliori».
Ritmi da leader
Borghesi è un fiume in piena. Ascoltarla mentre ci racconta di una Roubaix con il viso ancora impolverato e le tracce di sudore infangate è un contesto che esalta le emozioni.
Lei ha parlato di riuscire a tenere le migliori, ed è vero, ma ad un tratto il drappello in cui viaggiava stava quasi per riprenderle… le migliori. Andava più forte di Kopecky e compagnia bella.
«Sì, sì – si accende Borghesi – ad un certo punto quasi abbiamo creduto di riprenderle. Andavamo davvero forte. Io però ero a tutta per restare attaccata. Si spingeva tanto e non c’era respiro. Non volava una mosca. Io almeno non dicevo nulla. Speravo solo di arrivare qui al velodromo».
«Mi spiace un po’ per il finale, perché nella volata mi sono ritrovata con i crampi». E poi, dopo una breve pausa, aggiunge: «Ma questa Roubaix per me è un ottimo punto di partenza per il futuro».
Sguardo in avanti
A 25 anni Borghesi ha tutte le carte in regola per poter continuare a crescere e a sognare in grande.
Prestazioni del genere in gare simili ti danno qualcosa. Ti lasciano qualcosa: consapevolezza in primis, ma anche piccoli “ritocchi” al motore. Sai che se le cose vanno bene ci puoi essere. Così capisci dove limare, dove poter guadagnare quel qualcosa. E in più in queste gare spingi il tuo corpo un po’ oltre, spostando l’asticella dei parametri fisici.
Senza contare che sono occasioni di vivere in prima persona il ciclismo al massimo livello. Giusto l’altro giorno l’altra Letizia, Paternoster, ci spiegava come studiasse le grandi: nei movimenti in gruppo, nel mangiare, nei rapporti. Anche Borghesi non perde occasione di osservarle.
«Kopecky – dice – si è mostrata in grande forma e riesce ad essere competitiva su ogni terreno. Poi c’è Vos che è, e resta, una garanzia. L’obiettivo è quello di arrivare al loro livello. E di lavorare per farlo. Si cerca d’imparare dalle più forti.
«La cosa bella che ho notato è che riescono ad essere tranquille e a dare tranquillità alle compagne anche nei momenti più concitati della corsa. E questa credo sia una grande qualità».