Il viaggio di Khalil Amjad, corridore con la barba

21.09.2021
4 min
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Quando Khalil Amjad è passato sul traguardo di Bruges, i migliori dovevano ancora partire. E mentre riprendeva fiato, lui sorrideva, dietro la sua barba crespa e scura. Lo avevamo visto riscaldarsi avanti e indietro sul lungomare di Knokke-Heist, con lo sguardo avido di dettagli. Ogni volta che passava davanti al pullman di una nazionale forte, guardava dentro come un bimbo davanti alla vetrina dei giocattoli. E intanto girava le gambe magre sulla sua Specialized da crono e il body verde del Pakistan. Non solo la barba ci aveva strappato il sorriso, anche i peli, rasati a filo dell’elastico del body, per chissà quale idea o concezione.

«Non vedevo l’ora di correre – sorride – sono stato selezionato per i mondiali per la prima volta, ero molto eccitato. Ho dato il mio meglio e spero che in futuro potrò migliorare nel mio allenamento per fare molto meglio di così».

Khalil Amjad si allena in Pakistan agli ordini di un tecnico britannico
Khalil Amjad si allena in Pakistan agli ordini di un tecnico britannico

Scalatore e inseguitore

Il cronometro non fa sconti e il tempo abbinato al suo nome è impietoso. Penultimo, in 54ª posizione, a 13’20” da Ganna. Avendo percorso i 43,3 chilometri della cronometro iridata alla media di 42,509. Però, al di là dell’ironia, rincorsi dall’attualità dei Paesi circostanti, abbiamo pensato di farlo raccontare un po’ di sé.

«Vivo a Karachi – dice – la più grande città del Pakistan, sul Mare Arabico. Mi alleno lì, ma ho un allenatore dalla Gran Bretagna. Ho un piano di allenamento strutturato come i professionisti. Faccio molta fatica ogni giorno per migliorare le mie prestazioni. Sulla bici da strada sono uno scalatore, visto il mio peso. Nel mio Paese sono anche un buon inseguitore. Il mio collega qui – e fa un cenno alla volta di Ali Jawaid che ha concluso la crono poco meglio di lui – è uno sprinter, così il mio lavoro è aiutarlo».

Sfinito al traguardo, Khalil ha chiuso i 43,3 chilometri a 42,509 di media
Sfinito al traguardo, Khalil ha chiuso i 43,3 chilometri a 42,509 di media

Corse a 5.000 metri

Diciamocelo chiaramente: non abbiamo idea di cosa significhi correre in quella parte del mondo, probabilmente facciamo anche fatica a immaginare che ci siano corse. Khalil se ne accorge e fa un sorriso, nel suo inglese fluente.

«Abbiamo diverse corse – spiega – alcune anche internazionali. Organizziamo corse alle alture più alte del mondo. La più bella è il Tour de Khunjerab, che si corre fino ai 5.000 metri di quota. L’ultima volta che si è fatto, c’erano 90 corridori, però lo scorso anno fu cancellato per il Covid. Ma se Dio vorrà, l’anno prossimo lo faremo di nuovo. Vengono corridori da diversi Paesi. Abbiamo molto corridori e buoni talenti. Mi piacerebbe, visto che siamo un Paese sottosviluppato, che l’Uci facesse qualche passo per venire nel nostro Paese. Per visionare quei talenti e provare a sviluppare il ciclismo anche in Pakistan. Ci sono tanti appassionati di ciclismo, guardiamo tutte le corse. Non conosco tutti i corridori, ma seguo tutti i più forti e in futuro mi piacerebbe correre in mezzo a loro».

Ecco il gruppo dei pakistani: due atelti uomini e le due ragazze
Ecco il gruppo dei pakistani: due atelti uomini e le due ragazze

La barba e il suo umorismo

E’ al settimo cielo, non se ne andrebbe mai dalla zona mista in cui i corridori possono incontrare i giornalisti, ma un paio di persone della delegazione del Pakistan continua a chiamarlo.

«Dopo questa esperienza, vorrei davvero diventare un professionista. Mi piacerebbe partecipare ad altre corse internazionali, con l’obiettivo di migliorare il mio livello, la mia classifica e anche il ranking del mio Paese. In questo modo magari nei prossimi anni potremo partecipare anche alla corsa su strada».

E poi quando si accorge che stiamo osservando la sua barba, scoppia a ridere anche lui. «E’ la mia religione – spiega – devo seguire anche quella. Ho rotto qualche convenzione, cercando di dimostrare che la barba è più aerodinamica, ma non è andata bene…».

Due le ragazze pakistane ai mondiali: Malik Kanza e Jan Asma
Due le ragazze pakistane ai mondiali: Malik Kanza e Jan Asma

Un esempio da seguire

Il resto sono poche parole spezzettate per allontanare argomenti scomodi su cui la sensazione è che non abbia il permesso e forse neppure la voglia di esprimersi. «Nel mio Paese – dice – non abbiamo più molti disordini e non mi occupo molto di politica. Non so bene quello che succede in Afghanistan. Sono concentrato solo sul ciclismo, per migliorare ancora».

Nella delegazione pakistana c’erano anche due ragazze – Malik Kanza e Jan Asma – classificate in penultima e ultima posizione nella crono vinta da Ellen van Dijk. Anche loro vestite di verde e con lo stesso sguardo entusiasta. Ora Khalil saluta e si allontana ciondolando verso il furgone che fa loro da ammiraglia. Ha 34 anni, chissà se lo rivedremo. Ma se il suo esempio servirà da spinta per i ragazzi del suo Paese, allora anche il suo piazzamento faticoso avrà avuto il gusto della vittoria.