Lo schiaffo che l’UCI ha riservato alle formazioni professional italiane è stato forte e ben assestato. I regolamenti cambiano, lo fa anche il ciclismo e bisogna adattarsi, tuttavia le tempistiche dell’Unione Ciclistica Internazionale sono alquanto rivedibili. In meno di una settimana è andato in frantumi buona parte del lavoro fatto durante l’estate da parte delle squadre professional e dei vari progetti legati ai giovani. Il primo a parlarne è stato Roberto Reverberi, che ha ammesso di chiudere quello che era il reparto dedicato agli under 23. Un’altra squadra che ha subito lo scossone del terremoto causato dall’UCI è la MBH Bank-Ballan-Csb.
«Era già nell’aria – racconta Gianluca Valoti, che a breve sarà alle prese con i corsi UCI per il patentino da diesse nei professionisti – si sapeva qualcosa, ma la notizia è arrivata in maniera inaspettata in quanto a tempistiche. E’ uscita una regola a ottobre che ci ha lasciato ben poco da interpretare. Certo che in alcuni casi determinati cambiamenti sarebbe bene comunicarli con un po’ di anticipo».
La MBH Bank-Ballan-Csb dal 2026 sarà professional e da mesi lavora alla rosa per l’anno prossimoLa MBH Bank-Ballan-Csb dal 2026 sarà professional e da mesi lavora alla rosa per l’anno prossimo
L’UCI pensa ai corridori?
Le parole di Gianluca Valoti non fanno una piega, la MBH Bank lavora da mesi con l’intento di costruire una squadra che sia in grado di essere competitiva a diversi livelli. Oltre ai nomi di esperienza come quello di Felline e Masnada erano arrivate le notizie di alcuni profili interessanti come quello di Fancellu. Ma la struttura era pronta a partire dalle fondamenta, quindi molti dei ragazzi che in questi anni sono stati protagonisti tra le corse under 23 erano stati promossi al team professional con l’obiettivo di continuare il cammino e raccogliere quanto seminato.
«Saperlo prima ci avrebbe dato il tempo di metterci in regola – continua Valoti – anche perché già è difficile fare ciclismo se non si è nel WorldTour, in questo modo tutto diventa ancora più complicato. Il progetto under 23 lo avremmo portato avanti comunque, anche se la comunicazione di questo nuovo regolamento fosse arrivata con anticipo. Dispiace per i ragazzi, perché in questo modo non possono partecipare a corse di rilievo come Giro Next Gen, Trofeo Piva, Recioto, Belvedere e tutte le classiche italiane under 23».
In questi anni come continental la formazione bergamasca ha corso spesso tra i pro’, qui Nespoli al LaiguegliaIn questi anni come continental la formazione bergamasca ha corso spesso tra i pro’, qui Nespoli al Laigueglia
Un ciclismo sempre più di vertice
La norma della quale stiamo discutendo è quella che dispone il divieto per le squadre professional di partecipare alle corse internazionali U23. Di per sé il ragionamento sarebbe anche corretto, se non fosse per il fatto di aver in qualche modo agevolato il lavoro dei devo team, ovvero le squadre di sviluppo delle formazioni WorldTour. Siamo chiari, tra le prime 30 squadre al mondo secondo il ranking UCI, ci sono 12 professional, di queste la metà ha una formazione development. Ma fino a quando il regolamento prevedeva che agli atleti under 23 dei team professional era permesso partecipare alle corse internazionali di categoria questa decisione rimaneva interna al team.
«In qualche modo l’UCI ha comunque agevolato le formazioni devo – spiega Valoti – perché in questo modo noi team professional non possiamo portare in nostri ragazzi alle corse under 23 in quanto professionisti. Tuttavia i ragazzi delle devo vanno spesso a correre con le formazioni WorldTour, quindi hanno comunque modo di fare esperienze che i ragazzi di una normale continental non possono permettersi.
«Noi stessi avevamo pensato di fare una formazione devo – prosegue – ma voleva dire sacrificare una parte del budget dedicato ai professionisti. Se avessimo saputo prima del nuovo regolamento magari avremmo portato avanti l’idea della squadra under 23, anche perché lo sponsor MBH Bank tiene ai giovani, come testimonia il fatto di avere una squadra juniores».
Dalla prossima stagione i corridori under 23 delle squadre professional non potranno più correre le gare di categoriaDalla prossima stagione i corridori under 23 delle squadre professional non potranno più correre le gare di categoria
Ricalibrare l’attività
Senza la possibilità di partecipare alle principali corse del calendario internazionale under 23 si dovrà trovare il modo di garantire loro un’attività adeguata che permetta di crescere e fare le giuste esperienze.
«Dovremo capire come gestire le corse – conclude Valoti – e questo passerà dai prossimi incontri che faremo. Uno dei primi è avvenuto proprio lo scorso fine settimana, abbiamo già avuto conferma dei primi inviti ufficiali. Non è nemmeno semplice visto che siamo una formazione nuova. Troveremo le corse adatte ai giovani per farli adattare al meglio al ritmo e alle corse dei professionisti».
Conferenza stampa nel giorno di riposo per richiamare l'attenzione. I corridori Gazprom stanno sprofondando, l'UCI li ignora. Cosa si fa se continua così?
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Antonio Tiberi è ripartito dal Giro dell’Emilia, è vero siamo a fine stagione e le corse in programma sono ancora due: Tre Valli Varesine e Il Lombardia, ma per il corridore della Bahrain Victorious si può davvero parlare di ripartenza. Lo raggiungiamo al telefono mentre era in stazione a Milano Centrale, destinazione Bologna. Il viaggio davanti non è lungo e così per una breve parte lo abbiamo affrontato insieme, il tono è quello solito: leggero, ma serio e determinato. Antonio Tiberi ha ritrovato l’equilibrio dopo una Vuelta che lo ha scombussolato parecchio, tanto da rinunciare alla trasferta iridata di Kigali.
«Ho passato questi ultimi giorni sul lago di Como – racconta – per questo sto raggiungendo Bologna da Milano. Sono stato insieme alla mia fidanzata, che è originaria di un paese che si affaccia proprio sulle sponde del lago, sulla sponda di Lecco. Torno in corsa e le sensazioni sono buone, mi piacciono. Durante i giorni di allenamento avevo un buon feeling, ho voglia di provare a chiudere al meglio questa stagione».
Durante i duri giorni della Vuelta Tiberi ha parlato con il cittì Villa e ha rinunciato ai mondiali di KigaliDurante i duri giorni della Vuelta Tiberi ha parlato con il cittì Villa e ha rinunciato ai mondiali di Kigali
Dopo i giorni difficili della Vuelta ti sentiamo di nuovo allegro e convinto…
Vero, i giorni successivi alla Vuelta avevo il pensiero e il pallino di arrivare pronto a queste ultime gare dell’anno. Penso di aver lavorato nel miglior modo possibile e per fortuna il fisico ha risposto ottimamente.
Come mai questo cambio d’aria?
Sono venuto sul lago di Como per restare insieme alla mia fidanzata e la sua famiglia. Qui sto tranquillo e stare insieme a lei mi fa sentire sereno, posso concentrarmi bene su quel che devo fare. Ho anche avuto modo di provare il percorso del Lombardia.
Tiberi è tornato in corsa ieri al Giro dell’Emilia dopo un periodo di staccoTiberi è tornato in corsa ieri al Giro dell’Emilia dopo un periodo di stacco
Abbiamo visto che per un tratto di ha accompagnato Gianluca Valoti…
E’ stato gentilissimo perché gli avevo chiesto solamente il giorno prima se fosse disponibile a farmi fare un po’ di dietro moto per le fasi finali dell’allenamento. Mi ha fatto piacere condividere un po’ di tempo anche con lui, mi ha ricordato i tempi della Colpack quando ci accompagnava con lo scooter in allenamento.
Quali parti del percorso hai visto?
Gli ultimi 170 chilometri, ho preso il percorso da Lecco e l’ho fatto tutto. Alla fine è venuto fuori un bell’allenamento da 250 chilometri perché da casa della mia ragazza a Lecco sono una quindicina di chilometri, ai quali c’erano da aggiungere quelli da Bergamo fino a casa. Nella parte iniziale mi ha fatto compagnia il fratello della mia fidanzata che fa triathlon, poi sono andato avanti da solo fino a quando non ho trovato Valoti. Devo dire che mi sono goduto la giornata, pedalare da quelle parti mi piace, le strade e i panorami sono davvero unici.
Cosa ne pensi di questo Lombardia?
Il fatto che si parte da Como e si arriva a Bergamo mi piace. L’arrivo in Città Bassa mi fa dire che sia il vero Lombardia.
Ricognizione fatta il giorno del Mondiale, un caso?
Sì, dovevo fare l’allenamento lungo quel giorno. Però è anche vero che non mi sono concentrato molto sulle prove iridate, ho guardato le cronometro ma il resto meno perché coincideva con gli allenamenti. Il giorno della ricognizione quando ho visto Valoti gli ho chiesto come fosse andata la corsa.
Dopo una Vuelta complicata il ciociaro aveva bisogno di recuperare energie mentali, ora vuole provare a fare un bel finale di stagioneDopo una Vuelta complicata il ciociaro aveva bisogno di recuperare energie mentali, ora vuole provare a fare un bel finale di stagione
Ti sei pentito di non essere andato a Kigali?
No, è stata una mia decisione, mi serviva fermarmi un attimo per ricaricarmi sia fisicamente che mentalmente.
Come si ricarica la mente a fine stagione?
E’ stato un qualcosa che è tornato in automatico, da solo. Staccare mi ha dato modo di recuperare dai ritmi serrati delle corse. In queste settimane mi sono preparato in maniera diversa, con maggiore libertà negli allenamenti. Non un’autogestione ma quasi. Seguivo tanto la testa e quello che mi chiedeva, se sentivo di aver bisogno di riposare e stare più tranquillo cambiavo programma. Così ho ritrovato la voglia di fare ancora fatica.
Tiberi correrà ancora alla Tre Valli Varesine il 7 ottobre e poi finirà la stagione con Il Lombardia sabato 11 ottobreTiberi correrà ancora alla Tre Valli Varesine il 7 ottobre e poi finirà la stagione con Il Lombardia sabato 11 ottobre
Non un qualcosa che si può fare sempre, ma ogni tanto fa bene…
Sicuramente, sono convinto che le cose si devono fare con metodo e sono un corridore a cui piace avere delle tabelle precise che mi permettono di arrivare ad alti livelli. La maggior parte dell’anno è importante seguire un metodo e dei programmi ben definiti, ogni tanto però restare più leggeri è bello. Soprattutto in certi momenti dell’anno.
Se ti chiedessimo quali sono i tuoi obiettivi per queste ultime gare?
Non saprei a cosa posso ambire, non conosco esattamente il mio livello per le gare di un giorno. So di avere buone sensazioni e di essere sereno, carico e con la voglia di fare il massimo in quest’ultima settimana di gare.
Dopo il debutto di Perugia, torna in gara oggi il casco Wingdream di Rudy Project. E' il caso da crono di Tiberi. Grande aerodinamica e forme futuriste
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Dal 2026 Pavel Novak sarà un nuovo corridore del Team Movistar, dopo tre anni alla corte della MBH Bank-Ballan-Csb è arrivato l’addio del ragazzo arrivato dalla Repubblica Ceca per diventare grande. I riflettori intorno a Novak si erano già accesi in passato, ma la vittoria di Prato Nevoso al Giro Next Gen e il terzo posto finale alle spalle di due atleti dei devo team hanno fatto capire di avere davanti un corridore maturo (in apertura foto LaPresse).
La squadra di Antonio Bevilacqua dalla prossima stagione sarà professional, e sulle qualità di Novak contava per affermarsi nelle corse internazionali under 23. Allo stesso tempo il ceco si sarebbe messo alla prova in gare più importanti, pronto a migliorare ulteriormente.
Novak quest’anno si è confermato tra gli under 23 vincendo la tappa di Prato Nevoso e conquistando il terzo posto finale al Giro Next Gen (foto LaPresse)Novak quest’anno si è confermato tra gli under 23 vincendo la tappa di Prato Nevoso e conquistando il terzo posto finale al Giro Next Gen (foto LaPresse)
A malincuore
L’addio di Pavel Novak è come quello di un figlio, non perché ci siano preferenze all’interno del team. Ma lo scalatore taciturno si era trasferito definitivamente nell’appartamento del team ad Almé, esattamente al piano sopra rispetto a quello in cui vive Gianluca Valoti. Nel tempo Novak è diventato come un figlio per il diesse bergamasco.
«Purtroppo saremo costretti a salutare Pavel (Novak, ndr) – continua Valoti – è stata una decisione sofferta per tutti. Lui stesso ci ha pensato per un po’ di giorni, ma quando arriva una squadra WorldTour l’offerta è troppo allettante, come fai a rifiutare?».
Novak in questi tre anni con la MBH Bank-Ballan è cresciuto e maturato molto, ora è pronto per il WT(foto NB Srl)Novak in questi tre anni con la MBH Bank-Ballan è cresciuto e maturato molto, ora è pronto per il WT(foto NB Srl)
Quando è arrivata l’offerta della Movistar?
Un mese fa più o meno, lo hanno chiamato per dirgli che erano interessati al suo profilo, poi sono passati un po’ di settimane. E’ normale, la squadra era alla Vuelta e alla fine è arrivata la proposta. Ci abbiamo pensato tutti insieme perché Novak si fida di noi e ci ha coinvolto. Purtroppo alla fine lo abbiamo lasciato andare, non c’era modo di tenerlo con noi.
Quanto dispiace?
Ho detto “purtroppo” perché a noi è dispiaciuto tanto sia umanamente che ciclisticamente. Dal punto di vista sportivo avere un corridore come Novak ci avrebbe permesso di affrontare il salto a professional in un certo modo.
Pavel Novak aveva dato segnali importanti già nel 2024, qui alla vittoria del Trofeo Piva (fotobolgan)Pavel Novak aveva dato segnali importanti già nel 2024, qui alla vittoria del Trofeo Piva (fotobolgan))
Ne avevamo parlato quel giorno a Prato Nevoso, Novak sarebbe dovuto diventare il vostro punto di riferimento.
Vero, ma come fai a dirgli di no quando arriva una squadra WorldTour? E’ giusto che faccia la sua strada e inizi a diventare grande. Un team come la Movistar fa gola a tutti. Diventare professionista è il sogno di ogni ragazzo, lo avremmo fatto insieme il prossimo anno ma quando si presenta un’offerta del genere… E comunque per noi vedere un nostro ragazzo che va nel WorldTour è motivo di orgoglio, vuol dire che abbiamo lavorato bene insieme. Se vogliamo il merito è un pochettino anche nostro…
Sembra che anche Novak fosse poco convinto di lasciarvi…
Mi ha chiesto subito cosa ne pensassi con quel suo tono di voce lento e sempre calmo. Penso che anche per lui lasciare un ambiente familiare come il nostro sia difficile. Sai, alla fine sono anni che vive al primo piano della nostra palazzina ad Almé. Per noi è come un figlio, sempre un po’ coccolato. Probabilmente ha paura che possa fare fatica a trovare la stessa cosa alla Movistar, ma credo che lì troverà il giusto ambiente.
Novak nel 2024 ha corso come stagista con la Jayco AlUla, qui al Giro della ToscanaNovak nel 2024 ha corso come stagista con la Jayco AlUla, qui al Giro della Toscana
In passato erano già arrivate squadre WorldTour a chiederlo?
Era arrivata Cofidis, poi aveva fatto degli stage con Ineos, Jayco-AlUla e Q36.5. Ma alla fine non si era fatto nulla.
Secondo te perché quest’anno si è convinto?
Movistar è stata convincente e anche Novak stesso si è deciso che fosse arrivato l’anno giusto.
Può essere la squadra giusta per lui?
Sicuramente sì, Movistar è una squadra WorldTour ma con una dirigenza e delle figure di riferimento italiane. C’è Formolo che può essere un ottimo punto di riferimento per Novak.
Avere un corridore come Novak in squadra avrebbe reso più facile il passaggio a team professionalAvere un corridore come Novak in squadra avrebbe reso più facile il passaggio a team professional
Si trasferirà in Spagna?
Vedremo. Perché il fratellino piccolo (Filip, ndr) lo raggiungerà nel team continental, dal prossimo anno Movistar avrà una squadra di sviluppo. La cosa da capire è se sarà devo team o una squadra satellite. Entrambi, sia Pavel che Filip, sono abituati a passare l’inverno a Calpe, quindi potrebbero trasferirsi definitivamente in Spagna.
Voi come ripartirete senza Novak?
Ripartiremo, stiamo cercando un corridore che possa sostituirlo, quindi un under 23. E’ difficile perché i migliori sono già nei devo team o nel WorldTour. Poi comunque in casa abbiamo nomi interessanti: Chesini, che ha vinto in Romania, Bracalente, Cipollini.
Come sarà non avere più Novak al piano di sopra?
Non ci sarà più nessuno che rompe le scatole (ride, ndr). Non è vero, Pavel è tranquillissimo, non lo sentivi mai. Anzi, ogni tanto andavo a controllare che fosse ancora lì.
PRATO NEVOSO – La tappa regina del Giro Next Gen va a Pavel Novak, lo scalatore della MBH Bank-Ballan-Csb che viene dalla Repubblica Ceca. Un ragazzo taciturno che sembra dare l’idea di tenersi per sé certi ragionamenti e riflessioni (in apertura foto Jacopo Perani-think bold). Una fuga lunga 140 chilometri, la seconda per distanza in questo Giro Next Gen dopo quella di Vervenne a Cantù. Questa però è stata dura, sofferta. Una frazione di 161 chilometri di cui quasi la metà con la strada che punta verso il cielo, le statistiche snocciolate durante la corsa parlano di un 20 per cento di pianura in totale. Era facile pensare alla vittoria di uno scalatore, ben più difficile che arrivasse dalla fuga partita al mattino.
Novak taglia il traguardo e indica il nome della squadra sulla maglia, prosegue fino alla fine delle transenne e si ferma. Intorno a lui c’è il silenzio, non parla e non esulta. Nemmeno un urlo o un cenno con la mano. Svuota una bottiglietta d’acqua in pochi secondi, metà in bocca e l’altra metà cade sul collo e prosegue sul petto.
Quella di Novak è stata la seconda vittoria per un team continental italiano in questo Giro Next Gen dopo quella di Agostinacchio (foto La Presse)Dopo l’arrivo lo sguardo fisso e il silenzio intorno, l’unico rumore era quello della macchine fotografiche che scattavanoLa vittoria di Novak è stata la seconda per una continental italiana in questo Giro Next Gen dopo quella di Agostinacchio (foto La Presse)Dopo l’arrivo lo sguardo fisso e il silenzio intorno, l’unico rumore era quello della macchine fotografiche che scattavano
Ribaltare tutto
Dal chilometro uno di gara esce un gruppetto di undici corridori in cui Pavel Novak non era presente. C’era però il suo compagno di squadra Lorenzo Masciarelli, pedina importante nella gestione delle energie. Una presenza che è valsa per due perché mentre l’abruzzese pedalava forte in testa alla corsa il ceco restava ben coperto alla sua ruota.
«Siamo contenti – il plurale difficilmente abbandonerà i discorsi di Novak – eravamo venuti al Giro Next Gen con la voglia di fare classifica. Alla fine della giornata di ieri ci trovavamo in undicesima posizione così oggi siamo partiti con l’idea di provare a ribaltare la situazione, o comunque di rientrare tra i primi cinque. Il grazie però va a tutta la squadra perché ogni compagno ha fatto qualcosa di importante per me. L’anno scorso avevo vinto il Trofeo Piva ma questa penso sia una vittoria di altro spessore, sia per difficoltà che per prestigio. Pensavo che la salita finale fosse più dura, stavo bene fin dal mattino. Domani sarà una tappa difficile, la speranza è di recuperare bene».
Novak dopo la premiazione si è fermato a parlare con i parenti e la fidanzata che sono venuti a sostenerloSopra al numero 41 della sua bici ci sono ancora incastrate le carte dei gel usati in gara come piccole bandiere colorateNovak dopo la premiazione si è fermato a parlare con i parenti e la fidanzata che sono venuti a sostenerloSopra al numero 41 della sua bici ci sono ancora incastrate le carte dei gel usati in gara come piccole bandiere colorate
Una portiera nuova
L’ammiraglia della MBH Bank-Ballan-Csb ha bisogno di una portiera nuova dopo tutte le volte che Gianluca Valoti l’ha suonata come un tamburo per spronare Novak. Per diversi momenti della tappa Pavel Novak è stato anche il leader virtuale del Giro Next Gen. Nel dopo tappa i ragazzi della Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies hanno detto di non essere mai stati preoccupati dal distacco dello scalatore ceco, fatto sta che Novak sul traguardo ha ridotto il suo distacco dalla maglia rosa di Tuckwell a solamente ventisette secondi, rientrando prepotentemente in classifica.
«Stamattina – racconta il diesse Valoti – il programma era di anticipare i migliori e attaccare sullo strappo che anticipava la salita di Prato Nevoso. Anche il fatto di avere Masciarelli subito davanti era parte del piano, uscire subito con Novak ci avrebbe costretti a sprecare tante energie. E’ stata una tappa lunghissima, sembrava durare 300 chilometri. Il traguardo non arrivava mai. La vittoria è di tutti perché in questo Giro Next Gen eravamo venuti con l’obiettivo di fare bene in classifica con Novak e di provare a vincere una tappa. Siamo stati sempre in fuga e questa vittoria è anche per Masciarelli, Nespoli, Chesini e Tacaks che ci hanno provato nei giorni precedenti andando spesso in avanscoperta».
Il Giro Next Gen, con la settima tappa è arrivato nelle Langhe (foto La Presse)Dietro Novak Nordhagen e Omrzel hanno attaccato la maglia rosa che è rimasta sulle spalle di Torckwell per 11″ (foto La Presse)Il Giro Next Gen, con la settima tappa è arrivato nelle Langhe (foto La Presse)Dietro Novak Nordhagen si è mosso e ha conquistato il secondo posto di tappa (foto La Presse)Omrzel ha attaccato la maglia rosa che è rimasta sulle spalle di Torckwell per 11″ (foto La Presse) (foto La Presse)
Il cammino prosegue
Pavel Novak è arrivato alla MBH Bank-Ballan-Csb quando ancora si chiamava Colpack-Ballan nel 2022. Ha lasciato casa sua trasferendosi nell’appartamento di Almè, alle porte di Bergamo, per inseguire il suo sogno di diventare un ciclista professionista. Questo passo arriverà nel 2026 perché la storica formazione continental bergamasca diventerà professional. L’affiliazione sarà ungherese, come lo sponsor che ora dà il nome al progetto. La certezza è che sotto batterà ancora un cuore bergamasco, forte e silenzioso come le gambe di Novak e con lo spirito di sacrificio tipico dello staff guidato da Antonio Bevilacqua.
«In questo Giro – dice ancora Valoti – la squadra e lo sponsor hanno investito tanto. Hanno creduto in noi e penso che una vittoria nella tappa regina sia il massimo che avevamo da offrire in cambio. Novak sarà un pilastro anche del nostro futuro, ha già firmato con noi restando fedele al nostro progetto che continua. Avere un ragazzo come lui che per me è come un figlio sarà un’emozione unica (si ferma e respira con gli occhi lucidi, ndr). Per tutti questi anni Pavel ha vissuto al primo piano della nostra palazzina che usiamo come ritiro, mentre io sto al terzo. Averlo vicino tutti i giorni mi ha permesso di vederlo crescere, come tutti i giovani ha bisogno del suo spazio. E’ gentile e buono e oltre alle qualità che ha come ciclista è un ottimo ragazzo».
Il primo rinforzo per la MBH Bank-Ballan di quest’anno, con un occhio sul prossimo, è un ragazzo di 35 anni che corse con la UC Bergamasca-Colpack nel 2009 vincendo fra le altre il Giro delle Valli Cuneesi. Mise a segno una fuga in alta montagna che gli consegnò la classifica e un biglietto per il professionismo con la Footon-Servetto. Aveva vent’anni e lo portarono al Tour. Quando Fabio Felline si è ritirato alla fine del 2024, pochi e lui per primo erano convinti che fosse arrivato il momento di fermarsi. Così quando parlando con Davide Martinelli è uscita l’idea di correre ancora un po’ nella squadra che il prossimo anno sarà professional, la risposta è stata affermativa ed entusiasta.
«Felline – dice Gianluca Valoti, diesse della squadra – aveva iniziato a collaborare con Davide Martinelli per i training camp che organizza. Si è sempre allenato ed era chiaro che avesse ancora voglia di correre. Solo che non c’erano posti liberi e noi come continental non possiamo avere più di 20 corridori. Poi è venuto fuori che Gabriele Casalini avrebbe smesso e allora abbiamo proposto a Fabio e allo sponsor di entrare da quest’anno e lui ha accettato».
Un periodo di prova in continental per un atleta che ha corso fino a ieri nel WorldTour per convincere lo sponsor ungherese dell’opportunità di prenderlo nella professional. Di certo è la dimostrazione che Felline avrebbe continuato ben volentieri a correre e che probabilmente la mancata riconferma sia stata un fulmine a ciel sereno.
Felline aveva salutato il ciclismo professionistico al Motovelodromo di Torino, poco convinto di doversi ritirareFelline aveva salutato il ciclismo professionistico al Motovelodromo di Torino, poco convinto di doversi ritirare
Con Verre a Sestriere
Valoti racconta, ancora poche parole su Felline e si prosegue nel discorso. Lo avevamo incontrato per caso all’arrivo di Sestriere del Giro d’Italia, quando il “suo” Verre si era… destato azzeccando una giornata da scalatore vero. Gli chiedemmo se lo avrebbe ripreso in squadra l’anno prossimo. «Ne parlavo con Antonio giusto ieri sera – aveva detto con riferimento al suo collega Bevilacqua – e gli ho detto che se avesse fatto una bella tappa, gli avremmo proposto di tornare».
Verre era seduto sull’asfalto con la schiena sulla transenna. Ansimando, con dolori in ogni parte del corpo, ma un sorriso stampato sul volto che parlava della immensa soddisfazione di essere stato per un giorno al suo livello. Valoti lo guardava e poi lo perdemmo di vista. Quando un paio di giorni fa lo abbiamo richiamato, scoprendo proprio nella circostanza la novità Felline, lo scopo era proprio ragionare su quali suoi ex corridori vedrebbe volentieri nella squadra che il prossimo anno sbarcherà nel professionismo.
«Ma quelli che potrebbero – ha detto ridendo – sono pochi, perché costano un po’ tanto, nel senso buono ovviamente. Gli ho sempre detto: ”Adesso passi il professionista, devi solo pensare a guadagnare il più possibile per sistemarti la vita”. Ce ne sono pochi che sono liberi, per fortuna».
Sestriere, due settimane fa: sul Colle delle Finestre il risveglio del vero VerreSestriere, due settimane fa: sul Colle delle Finestre il risveglio del vero Verre
Ma sono tutti valorizzati al punto giusto? Verre ad esempio, tra sfortune e incomprensioni, alla Arkea ha spesso dovuto adeguarsi a scelte insolite.
Al primo anno era l’Alessandro che conoscevamo. E’ partito subito bene, si faceva sentire, entrava nel vivo della corsa, ha fatto qualche piazzamento. Poi si è un po’ smarrito. E’ stato sfortunato per due anni, invece quest’anno si è fatto vedere di più. Al Giro, forse è l’unico della squadra ad aver lasciato un segno.
E’ dipeso dal fatto che non fosse pronto per passare o che non abbia trovato l’ambiente giusto?
Ci sono corridori che hanno bisogno di un certo tipo di comunicazione per andar forte. Spesso accusano le squadre italiane di coccolarli troppo, ma voglio vedere se alla UAE Emirates non coccolano Pogacar, Del Toro o lo stesso Ayuso. Anzi forse a Juan bisogna stare dietro più che a Pogacar, perché Tadej ha i risultati che gli tengono alto il morale. Invece gli altri corridoi hanno bisogno di risultati e di un aiuto in più. Sono giovani e hanno bisogno di persone di riferimento, non solo di mail e whatsapp. Hanno vent’anni, sono ancora dei ragazzini.
Facciamo noi un nome: Masnada è uno con cui si potrebbe lavorare bene?
Secondo me sì. Fausto ha avuto tanti problemi ed è stato in ottime squadre, seguito bene. Però, conoscendolo sin da quando era un ragazzo, secondo me ha bisogno di una squadra familiare e di persone capaci di stargli vicino in modo diverso. Ripeto: viene da squadre importantissime dove è stato gestito in modo perfetto. Però, ritorniamo sempre lì: sono ragazzi che magari hanno bisogno di una parola in più, di una pacca sulla spalla.
C’è qualcuno che ti piacerebbe riavere tra le mani?
Il gruppo pista, che era affiatatissimo. Lamon, Boscaro, Ganna, Consonni… Andavano forte, vincevano, però nello stesso tempo ci divertivamo.
Gp Citta di Boscochiesanuova 2015, Masnada pilota Ciccone: nel giro di due anni saranno entrambi pro’ (photors.it)Gp Citta di Boscochiesanuova 2015, Masnada pilota Ciccone: nel giro di due anni saranno entrambi pro’ (photors.it)
Invece degli under 23 della squadra 2025 qualcuno passerà professionista?
L’intenzione è quella di tenere ancora un gruppo di under 23, soprattutto visti i risultati recenti di Vesco e Bracalente, che sono riusciti a vincere corse internazionali. Essendo ancora under 23, ci piacerebbe portarli al professionismo. Quest’anno abbiamo 20 corridori e tutti sicuramente non riusciremo a farli passare, però penso che una parte la porteremo con noi. E poi preferisco tenermi i ragazzi che conosco da due o tre anni, che prenderne altri che non conosciamo.
Alcuni di quelli che avete portato avanti hanno smesso poco dopo essere passati o non sono riusciti a fare il salto. Vengono in mente in ordine sparso i nomi di Gidas Umbri, Zaccanti oppure Trainini.
Sicuramente ci sono dei ragazzi che hanno abbandonato e potevano far bene. Va detto però anche che qualcuno è portato maggiormente a fare sacrifici e tener duro, nel senso di fare una vita da atleta adeguata, e invece qualcuno che al posto di fare l’ora di allenamento in più ne fa una in meno. Il ciclismo non è per tutti. Dispiace sempre quando un corridore smette, però purtroppo le cose vanno così.
Alcuni di quelli che sono passati con le stimmate del campione fanno fatica a trovare la loro dimensione: uno forse è lo stesso Verre.
Secondo me dopo tre anni da professionista, riesci a capire qual è il tuo ruolo. Ne parlavo durante il Giro al telefono con Baroncini e si diceva esattamente questo: dopo tre anni capisci se puoi ancora vincere o se ti conviene fare il gregario. Io penso che Verre in questi anni abbia capito dove può arrivare o dove può migliorare. Certamente a tutti i ragazzi fa gola il WorldTour, però devono anche capire che in una squadra ci sono 30 corridori, fra cui 10-15 corridori con delle qualità superiori, quindi entrare nella prima squadra diventa difficile. E alla fine rischi che per stare nella grande squadra ti ritrovi a fare un’attività di livello inferiore. Se invece accetti di correre in una squadra più piccola, magari riesci ad avere un calendario più programmabile e forse le cose potrebbero andare in modo diverso.
Nel 2021 per Verre, qui con Valoti, il sesto posto al Giro d’Italia U23 vinto dal compagno Ayuso, poi il passaggio all’ArkeaNel 2021 per Verre, qui con Valoti, il sesto posto al Giro d’Italia U23 vinto dal compagno Ayuso, poi il passaggio all’Arkea
Quando Verre passò, l’Arkea era ancora una professional, ma forse Alessandro aveva ancora qualcosa da fare tra gli under 23?
Per noi fu un piccolo dispiacere, perché avere un ragazzino come Verre al terzo anno dopo avergli visto fare sesto in classifica al Giro d’Italia, ci avrebbe permesso di fare con lui una programmazione importante. Aveva tutte la possibilità di diventare professionista, non era certo all’ultima spiaggia. Invece ha deciso di passare subito e nessuno poteva sapere quale fosse la cosa migliore o quale la peggiore. Anche adesso gli juniores che passano non possono sapere se gli andrà bene oppure no. Alessandro ha visto passare Tiberi, poi Ayuso e Baroncini, ha trovato l’opportunità ed è stato giusto che abbia fatto la sua scelta. L’offerta era vantaggiosa e in certi casi anche per le famiglie è difficile rinunciare a cuor leggero a certi contratti.
Avete già cominciato a sondare il mercato?
Fino ad ora non ci siamo mossi tanto, l’arrivo di Felline è un test interessante. Abbiamo dei contatti con qualche corridore, però siamo in attesa di vedere cosa fanno le WorldTour e poi inizieremo a fare anche noi i nostri passi.
Nel panorama delle continental italiane che ogni giorno cercano di fare i conti con i devo team e con le squadre pro’, il Team MBH Bank-Ballan e la Biesse-Carrera sono due delle realtà più solide. Lo dicono i risultati e il tipo di programmazione con cui cercano di resistere all’ingerenza dei team WorldTour.
Gianluca Valoti e Marco Milesi sono due dei loro tecnici e a loro abbiamo sottoposto le stesse 14 domande per cercare di evidenziare differenze e punti di contatto.
Gianluca Valoti (classe 1973) è stato professionista dal 1996 al 2002. Qui è con Sergio Meris, ora pro’ alla Unibet-TietemaGianluca Valoti (classe 1973) è stato professionista dal 1996 al 2002. Qui è con Sergio Meris, ora pro’ alla Unibet-Tietema
1) Per far bene nella continental comanda il budget o la qualità del lavoro?
VALOTI: «Il budget, poi viene la qualità del lavoro. Adesso sono collegati molto più di prima. Negli ultimi due anni abbiamo investito un po’ di più sul lavoro, quindi con i ritiri in altura, il materiale e tutto il resto e per forza è stato necessario aumentare il budget».
MILESI: «Per stare al passo con le devo, devi investire di più sui ritiri su altura o su qualcosina da migliorare. Pertanto il budget serve soprattutto a questo».
2) Stiamo parlando di una categoria vicina al professionismo: qual è il ruolo del direttore sportivo?
VALOTI: «Nel ciclismo attuale, il direttore sportivo deve comporre il puzzle, cercare di incastrare tutte le pedine, tra corridore, allenatore, impegni e logistica. Ovviamente in corsa, rimane fedele al suo ruolo storico: quello di sempre».
MILESI: «Adesso come adesso, il direttore sportivo è una sintesi di tanti aspetti. Cerco di stargli vicino come si faceva una volta, però giustamente adesso hanno altre esigenze e bisogna dargli attenzione. Le nuove figure che sono entrate in questi ultimi anni richiedono spazio per cui devi essere una figura di raccordo tra tutte e però mantenere l’ultima parola».
3) Una volta si diceva che nei dilettanti è sbagliato imporre un ruolo ai corridori: al leader e al gregario. In continental è ancora così?
VALOTI: «Sì, noi continuiamo a gestirli al vecchio modo. Magari in certe corse dove non si usano le radio e i ragazzi possono ancora usare la loro fantasia, non ci sono ruoli immutabili. Non c’è il gregariato nel dilettantismo, non lo vedo».
MILESI: «Io cerco di lasciare a ciascuno le sue possibilità, però a conti fatti emerge sempre chi ha la condizione migliore. Non si impongono ruoli che poi non cambiano, anche se alla fine tutti notano che a fare risultato sono spesso gli stessi, dai Bessega, a Tommaso Dati, come pure Bicelli che sta andando bene».
Marco Milesi (classe 1970, qui dopo la vittoria di ieri con Bessega al GP General Store) è stato pro’ dal 1994 al 2006 (photors.it)Marco Milesi (classe 1970, qui dopo la vittoria di ieri con Bessega al GP General Store) è stato pro’ dal 1994 al 2006 (photors.it)
4) I corridori arrivano dagli juniores molto preparati: che cosa devono ancora imparare?
VALOTI: «Hanno sempre più bisogno di una persona di riferimento per quando hanno delle fasi negative e quando la condizione non gli permette di fare risultato. Sono molto deboli, quindi in certi casi il direttore sportivo deve fare anche da psicologo. La prima cosa che dobbiamo insegnargli è reagire quando ci sono dei momenti negativi».
MILESI: «Bisogna fargli capire che devono crescere, diventare un po’ più uomini e più consapevoli di sé. Tanti arrivano e pensano di essere già pronti, invece prima devono crescere di testa. Bisogna lavorare su questo, dargli la consapevolezza che ormai non sono più bambini. Chi va avanti con la pretesa di essere già arrivato, sparisce anche più velocemente».
5) Quanto è importante parlare chiaramente e non creare false illusioni?
VALOTI: «Se le cose non vanno, lo capiscono da sé. Essendo una continental, quando andiamo a fare le gare dei professionisti, vedono chiaramente che non riescono ad arrivare con i primi. Noi non facciamo gare WorldTour, per cui si rendono conto che ai piani alti c’è un livello ancora più alto. Cerchiamo di farli ragionare anche su questo. Per cui capita che qualcuno smetta o vada in squadre che fanno attività regionale per tirare avanti ancora un po’».
MILESI: «Se nascondi l’evidenza o cerchi di dipingerla in modo diverso, non gli fai un favore. Il direttore sportivo deve essere giusto e soprattutto onesto anche nel dire le cose giuste al momento opportuno».
6) La spinta verso il passaggio al professionismo genera ansia?
VALOTI: «Sì, perché arrivano e vogliono tutto subito. Magari già da juniores hanno in mano dei contratti da professionisti e allora pensano di poter bruciare le tappe».
MILESI: «Su questo aspetto preferisco prospettargli un cammino di costruzione, soprattutto i più giovani non li vedo ancora pronti per il professionismo. Secondo me, non sono maturi. Puoi trovare uno come Finn e allora benvenga, però sono casi rarissimi. Per tutti gli altri c’è una costruzione da fare e per me tre anni sono necessari. Mi rendo conto di quanto sia stressante per loro la voglia di passare professionisti».
Finn (qui primo al Belvedere) potrebbe essere l’eccezione alla gestione dei primi anni: sia Valoti sia Milesi credono in una crescita graduale (photors.it)Finn (qui primo al Belvedere) potrebbe essere l’eccezione: sia Valoti sia Milesi credono in una crescita graduale (photors.it)
7) Che rapporti avete con i procuratori?
VALOTI: «Con qualcuno lavori bene, però da quando ci sono i devo team abbiamo meno rapporti. I procuratori cercano di mandare i ragazzi più all’estero che nelle continental italiane. Siamo stati fortunati che nel 2021 i devo team non c’erano ancora, altrimenti Ayuso e forse neppure Tiberi non sarebbero venutl da noi e sarebbero finiti in una di quelle squadre. Noi italiani abbiamo subito parecchio questa situazione, eppure siamo capaci anche noi di valorizzare i migliori».
MILESI: «Bisogna conviverci, perché tanti ragazzi che prendiamo hanno già il procuratore. Prima venivano a proporti gli under 23, adesso ti offrono gli juniores. Sinceramente cerco di avere un buon rapporto con tutti cercando di capire in che modo collaborare. A volte capita che abbiano un ragazzo che non vogliono mandare nei devo team, perché non è ancora pronto. E allora lo portano da noi perché lo facciamo maturare ancora un po’. Magari il ragazzo che deve finire la scuola o che non è pronto per uscire dal suo ambiente. Io ho corso tanto in Belgio, ma ero adulto e so cosa vuol dire essere lo straniero della squadra. Non tutti i ragazzi giovani se ne rendono conto e non tutti si adattano».
8) Vi capita di osservare e ragionare sulle strutture dei devo team?
VALOTI: «Da quando sono direttore sportivo, dal 2003, ho sempre osservato le squadre più grosse. Allora magari c’erano dei team di dilettanti più grandi di noi e i ho sempre ammirati e osservati per imparare. Osserviamo anche il lavoro che sta facendo la VF Group-Bardiani. In più abbiamo alle spalle gli anni in cui Stanga e Bevilacqua avevano la squadra dei pro’ e anche allora cercavo di imparare tutti i dettagli dalla categoria superiore».
MILESI: «Sinceramente non li guardo troppo. Abbiamo da anni la nostra idea e su quella andiamo avanti. Si può sempre migliorare, questo è chiaro, ma non so quanto guardare loro e le loro realtà sia di ispirazione per farlo».
9) Con che criterio si portano i ragazzi a fare le corse dei professionisti?
VALOTI: «Prima di tutto la condizione, perché cerchi sempre di fare bella figura. Diciamo che in generale ci sono tre fattori. La condizione, appunto. La possibilità di cercare in queste corse un vantaggio per quando torneremo fra gli U23. E terzo magari la possibilità per un giovane di fare esperienza. Quando gli dico che faranno le gare coi professionisti sono contenti e più motivati».
MILESI: «Di solito mandiamo quelli che sono più pronti, i più esperti. Il giovane lo inserisco verso fine stagione, per dargli morale e fargli capire il mondo dei grandi. Poi ci sono le eccezioni. Ci hanno chiamato di recente a Reggio Calabria, ma c’era la concomitanza con San Vendemiano e le classiche di qua, così ho iscritto chi c’era. Però di solito mando i più maturi e ai più giovani anni lascio fare esperienza».
Nel 2021, Ayuso corse per un anno nell’allora Colpack, vincendo anche il Giro U23: oggi andrebbe al devo team della UAE EmiratesNel 2021, Ayuso corse per un anno nell’allora Colpack, vincendo anche il Giro U23: oggi andrebbe al devo team della UAE Emirates
10) Il primo anno di talento viene coinvolto in questo discorso?
VALOTI: «Quando ci sono le tre condizioni precedenti, non si fanno eccezioni».
MILESI: «I primi anni vanno rispettati. Ne ho avuti tanti molto forti, penso a Rota e Svrcek, ma non li ho mai buttati subito nella mischia. Il giovane deve fare il suo percorso e poi, da metà anno in poi, si può pensare di fargli fare qualche esperienza superiore».
11) Invece come si impiega il quarto anno U23 che ha ancora necessità di farsi vedere?
VALOTI: «Si cerca il risultato. Si spera sempre che il risultato gli permetta di ottenere un contratto nel professionismo, per cui si cerca anche di portarlo a fare esperienza. A volte anche un risultato o un piazzamento in una corsa professionistica gli dà qualcosa in più. Guardate Sergio Meris. Ha vinto nei dilettanti, poi ha fatto dei piazzamenti coi professionisti e la Unibet-Tietema l’ha voluto».
MILESI: «Come ha detto anche Agostinacchio nell’intervista che gli avete fatto, nel quarto non devono guardare in faccia nessuno. E’ dentro o fuori, per questo di solito i ragazzi di quarto anno sono i nostri leader. Sia che li prendiamo di proposito sia come Arrighetti che è cresciuto con noi. Quando vado in una corsa con due o tre ragazzi di quarto anno, sono loro che fanno la corsa. Sono più consapevoli degli altri di quello che devono fare. Hanno un programma pensato proprio per questo».
12) Essere stato corridore è ancora un vantaggio oppure è passato troppo tempo da quando hai smesso?
VALOTI: «E’ passato un po’ troppo tempo! Me ne accorgo osservando Martinelli, che è più aggiornato tecnologicamente. Però magari gli manca l’esperienza per cogliere piccole cose di organizzazione e di tattica che invece a me saltano all’occhio».
MILESI: «Mi aiuta su certi aspetti della gara. Capire come si muovono le altre squadre e riuscire a gestire la mia. Quando invece si tratta di parlare con i ragazzi, che ormai tengono al centro di tutto i test e i wattaggi, allora smetto di parlare come ex corridore e cerco di correggere il tiro. In questo caso l’esperienza da professionista conta al 50 per cento e il resto devi metterlo con l’aggiornamento».
Tenere le posizioni in salita in mezzo ai pro’ non è sempre agevole per le continental. Qui Dati al Giro d’AbruzzoTenere le posizioni in salita in mezzo ai pro’ non è sempre agevole per le continental. Qui Dati al Giro d’Abruzzo
13) Fino a un paio di anni fa era difficile per una continental essere accettata nella gare pro’: questo sta cambiando?
VALOTI: «La situazione è un po’ cambiata. Grazie alle continental gli organizzatori hanno un bel numero di partenti, ma dipende sempre dalla corsa, dall’organizzatore e ovviamente dala squadra. Resta superiore la divisione rispetto agli altri team. Ci rispettano e noi diciamo ai nostri ragazzi di rispettare i corridori professionisti. Però quando cerchi di andare avanti per puntare la salita, c’è un po’ di… razzismo, chiamiamolo così. Ti vedono come una continental e vorrebbero che restassimo al nostro posto. Succede fra professional e WorldTour, a maggior ragione con noi».
MILESI: «Per tenere la posizione in mezzo ai professionisti, c’è da combattere. E’ dura scontrarsi, perché sono più organizzati di noi e spesso anche più forti. E’ dura tenere le posizioni del gruppo e certamente un conto è prendere la salita nei primi 10, altro è prenderla in cinquantesima posizione. Non è bullismo, è esperienza. I professionisti sanno come muoversi, noi dobbiamo ancora imparare. Ho fatto anch’io quel lavoro, tenevo i miei capitali davanti e non facevamo entrare nessuno. Sull’altro fronte, vedo che con gli organizzatori va molto meglio. Ho avuto tanti inviti, anche nelle gare di RCS, ma ovviamente non è così per tutti. Neppure Valoti ha problemi con la sua squadra. Vedono come ti muovi, l’immagine che hai, la struttura. E’ tutto l’insieme che fa la differenza».
14) Valoti-Milesi: che cosa ti pare del modo di lavorare del tuo collega?
VALOTI: «Mi piace come lavorano, perché sono partiti da zero e hanno creato una bella struttura. Lavorano bene, è una delle squadre meglio organizzata».
MILESI: «Hanno sempre lavorato bene, con una storia importante alle spalle. Hanno un nome di prestigio, sono conosciuti e sin da quando hanno fatto la continental, sono stati il riferimento. Siamo amici/nemici, si può dire così?».
RICCIONE – Il programma scouting della MBH Bank Ballan CSB Colpack è sempre di primissimo ordine e non si limita solo agli atleti. Funziona anche sulle figure che lavorano a stretto contatto o dietro le quinte. Ed è così che conosciamo Elisa Romele al seguito della squadra come nutrizionista alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.
Dopo la linea del traguardo di ogni tappa, la sorella maggiore di Alessandro (pro’ della XDS Astana, che giusto ieri ha debuttato al Giro delle Fiandre) era già posizionata assieme ai massaggiatori del team continental italiano per dare le prime assistenze ai propri corridori.
«Oggi i ragazzi hanno preso pioggia tutto il giorno – ci spiega Elisa prima dell’arrivo mentre ha in mano le bottigliette di integratori – e per loro abbiamo preparato diversi passaggi per recuperare lo sforzo. Berranno subito una di queste, poi quando arriveranno al minivan per una bella doccia calda berranno un altro preparato liquido e poi mangeranno ciò che gli abbiamo già preparato. Se si riesce a sfruttare la finestra metabolica dei tre quarti d’ora dopo lo sforzo è meglio, ma bisognerà vedere se i ragazzi arriveranno molto infreddoliti o meno perché potrebbero metterci più tempo a scaldarsi e quindi mangiare».
Raccogliamo volentieri l’assist delle parole di Elisa e anche quello del diesse Gianluca Valoti che ci aveva anticipato la sua presenza, per conoscerla meglio.
Elisa si è confrontata con gli atleti della MBH Bank, chiedendo pareri e proponendo anche il suo metodoElisa Romele è nata nel 2001, si è laureata lo scorso novembre in dietistica. Il suo diabete l’ha spinta a scegliere questi studiElisa si è confrontata con gli atleti della MBH Bank, chiedendo pareri e proponendo anche il suo metodoElisa Romele è nata nel 2001, si è laureata lo scorso novembre in dietistica. Il suo diabete l’ha spinta a scegliere questi studi
Partiamo con una veloce introduzione di Elisa Romele.
Ho ventiquattro anni, due in più di mio fratello Alessandro. Mi sono laureata lo scorso novembre in dietistica alla facoltà di Medicina all’Università di Brescia. Essendo diabetica da giovanissima, ho sempre avuto interesse nell’alimentazione. Fin da piccola questo tema mi ha appassionata e l’ho unito al ciclismo. Ho corso fino ai G3, poi sempre a causa del diabete mi avevano consigliato di smettere. Adesso mi sto approcciando a questo mondo delle gare, cercando di capire com’è.
Hai preso una sorta di ispirazione ulteriore vedendo Alessandro correre?
Col passare degli anni, seguendo mio fratello alle corse, ho preso spunto per approfondire certi argomenti studiati all’università. Specialmente quando correva in Colpack, guardavo ciò che mangiava e l’ho usato come cavia per sperimentare ciò che ha avevo imparato (dice sorridendo, ndr). Gli avevo aumentato i carboidrati ad esempio.
E com’è andata?
Direi bene. Dopo due gare in cui aveva iniziato a seguire questo nuovo metodo di alimentazione, Alessandro ha vinto la sua prima gara (la Coppa Zappi ad aprile 2023, ndr). Non so se era stata una casualità, però da quando lui aveva iniziato a fare più attenzione alla sua alimentazione, aveva notato miglioramenti sia a livello muscolare che in termini di risultati.
Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)
Tu sei molto giovane, hai seguito dei quasi coetanei e solitamente la tua figura è ricoperta da persone un po’ più grandi. Com’è stato il rapporto con la squadra? Ti hanno ascoltato i ragazzi?
E’ vero, gli atleti si aspettano gente più esperta. E magari si può pensare che non rispettino il ruolo o la credibilità vista la mia età in questo caso. Sono alla mia primissima esperienza in questo ambito ed è una prova anche per me, ma io ho avuto la fortuna di trovare un gruppo di ragazzi molto disponibili. Mi hanno ascoltato ed anzi, ci siamo confrontati. Mi hanno aiutato a scoprire qualcosa di nuovo.
Cosa ad esempio?
Per l’integrazione in gara ho chiesto pareri ai corridori. Essendo al seguito della squadra, chiedo come sia meglio partire per una tappa, scoprendo una strategia pratica ancora più efficace rispetto alla teoria. Successivamente io poi cerco di perfezionare la teoria con la pratica, proponendola ai ragazzi.
Al mattino si guardano gli ultimi dettagli?
Più o meno. Nelle riunioni pre-gara parliamo di quanti carboidrati all’ora bisogna prendere. Per le tappe della Coppi e Bartali, che sono state quasi tutte mosse ed alcune col brutto tempo, in media siamo stati sui 120 grammi di carboidrati all’ora, ma è molto soggettivo. C’è chi ne mangia anche di più, però dipende da quanto questi ragazzi sono riusciti ad allenare l’intestino a riceverli. Quello è un altro aspetto fondamentale.
Elisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteoElisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteo
Immaginiamo che sia stato importante anche l’apporto del resto della squadra, che si è fidato di te.
Sono giovane ed è difficile trovare chi ti dia spazio. Gianluca (Valoti, ndr) è stato bravissimo, mi ha aiutato nell’inserimento e sa lavorare molto bene con i giovani. Ringrazio lui e tutta la squadra per avermi concesso questa grande opportunità sul campo in cui mi sono messa in gioco provando qualcosa di più.
Rivedremo Elisa Romele alle prossime corse?
Al momento avevamo stabilito solo la Coppi e Bartali, ma ne riparleremo nei prossimi giorni per capire se hanno avuto benefici o meno. E quindi per capire se anche loro hanno bisogno di una figura fissa per tutta la stagione. Attualmente sto finendo il master, poi la mia idea sarebbe quella di aprire uno studio e collaborare con qualcuno. Questo intanto è stato un ottimo inizio.
Una squadra giovanissima, tanta grinta e tanta esperienza da maturare. Con Gianluca Valoti, diesse della MBH Bank – Colpack, parliamo della Coppi e Bartali dei suoi ragazzi. Non è certo la prima volta che una continental di under 23 prende il via a questa gara, ma l’idea che dei “dilettanti” si ritrovino in mezzo ai pro’ ha sempre il suo fascino.
Con il tecnico lombardo cerchiamo di capire cosa è stata per loro questa corsa e dove li può portare. Valoti ha parlato di prospettive, ma quali?
Gianluca Valoti (classe 1973) è uno dei diesse storici del team bergamasco (foto Instagram)Gianluca Valoti (classe 1973) è uno dei diesse storici del team bergamasco (foto Instagram)
Partiamo un po’ dalla fine, Gianluca. Che bilancio fai dei tuoi ragazzi alla Coppi e Bartali?
La Coppi e Bartali è importante perché viene in un periodo abbastanza di transizione, cioè senza troppe gare importanti per noi, e proprio per questo è utile per preparare le corse di aprile. E’ una corsa a tappe impegnativa e il livello prestativo è molto alto e questo ci aiuterà.
Chiaramente la tua squadra in una corsa del genere sa che non può vincere, salvo rari casi come quando avevi Ayuso! Che tipo di formazione porti? Una squadra di “costruzione” o con il fine delle fughe per ottenere visibilità?
Noi in questi anni abbiamo cercato sempre di portare corridori e un team in prospettiva per costruire il mese di aprile e, per qualcuno, mettere in bagaglio una corsa a tappe in più in vista del Giro Next Gen. Tuttavia, quest’anno, con la prima tappa molto facile, abbiamo portato il nostro velocista: Samuel Quaranta. Purtroppo per una sbandata non è riuscito a sprintare. Per il resto abbiamo puntato su una squadra di scalatori.
Come uscite da questa Coppi e Bartali?
Soddisfatti, nel senso che più o meno tutti hanno raggiunto una condizione buona. Venivamo da 15 giorni di altura sull’Etna, quindi l’obiettivo era far crescere la forma. L’unico problema, se proprio vogliamo scavare, è stato il meteo: pioggia e freddo non ci hanno aiutato.
A ruota dei giganti (Majka nello specifico): grandi fatiche, ma anche grandi esperienzeA ruota dei giganti (Majka nello specifico): grandi fatiche, ma anche grandi esperienze
Fate dei test pre e post Coppi e Bartali per valutare la condizione dei ragazzi?
Abbiamo fatto qualche mini test, ma niente di specifico. Più che altro test su strada. E in effetti si sono visti risultati migliori dopo la corsa. La Coppi e Bartali aiuta, ma va anche detto che il periodo precedente non era il migliore per i nostri scalatori, quindi era normale vedere un miglioramento netto dopo la corsa.
Chi è andato più forte? Nell’ultima tappa siete stati autori di un gran bell’attacco…
Esatto, Luca Cretti ma anche Lorenzo Nespoli, che nell’ultima tappa ha mancato di poco il passo di Jay Vine. Se fosse riuscito a scollinare con loro, avrebbe potuto giocarsi la tappa o arrivare secondo, che per noi sarebbe stato come una vittoria. Anche Cesare Chesini si è fatto vedere, Diego Bracalente ha tentato qualche fuga, Pavel Novak ha sofferto il brutto tempo. Mentre Manuel Oioli ha faticato un po’ di più, essendo meno scalatore degli altri e corridore più completo.
Ci sono stati aneddoti particolari? Cosa dicevano i ragazzi la sera a tavola?
Parlavano molto di numeri, di KOM, di wattaggi. In questi casi, io cerco sempre di far evitare il confronto con i professionisti perché influisce molto mentalmente. E gli consiglio di nascondere i watt sul computerino. Perché quando vedi che una squadra WorldTour tira a 400 watt (e in gruppo sono ancora tantissimi, ndr) può essere demotivante per un under 23.
Chi li ha impressionati di più tra i professionisti?
Ovviamente chi ha vinto, ma anche i più esperti come Ulissi e Bettiol. Hanno grande ammirazione per questi corridori e questo, ammetto che mi ha fatto molto piacere. Mi ha colpito sentirli parlare di Ulissi o che lo hanno osservato in corsa.
Luca Cretti all’attacco nella 4ª tappa: per lui 115 km di fugaLuca Cretti all’attacco nella 4ª tappa: per lui 115 km di fuga
E ti hanno fatto qualche domanda “strana”?
Sempre la stessa: la fuga partirà? La lasceranno andare? Arriverà? Io rispondo sempre che se fossi un mago non farei il direttore sportivo! Gli dicevo che le fughe oggi vengono tenute sotto controllo e difficilmente arrivano. Raramente gli lasciano più di 3′.
Li vedi più tesi rispetto alle gare di aprile?
Sì, inizialmente sì. E’ una corsa professionistica e il livello è alto. A volte vanno giù di morale perché prendono distacchi importanti, allora sta a noi tecnici motivarli, fargli capire che stanno affrontando un livello superiore, qual è per noi la Coppi e Bartali. Bisogna supportarli ancora di più rispetto alle corse dilettantistiche. Non è facile, perché qualcuno reagisce meglio, qualcun altro soffre di più. Sta a noi trovare il giusto equilibrio tra stimolo e supporto morale.
Gianluca, ora quali sono i prossimi obiettivi?
Come detto prima, le corse internazionali in Veneto ad aprile, poi il Giro di Reggio Calabria e Giro d’Abruzzo, per chiudere la prima parte di stagione. Poi avremo delle corse in Bretagna e il Giro Next Gen, anche se ancora non si sa quante squadre italiane saranno invitate…
Alla Tirreno-Adriatico la lotta per conquistare il Tridente che sancisce il dominio sui Due Mari che uniscono questa corsa a tappe è stata una questione a tre. Alla fine l’ambito trofeo lo ha portato a casa lo spagnolo Juan Ayuso davanti a Filippo Ganna e Antonio Tiberi. Da sempre la Tirreno-Adriatico è la corsa che lancia un primo sguardo al Giro d’Italia, chi vince a marzo sulle strade del nostro Paese allora entra di diritto tra i candidati al Trofeo Senza Fine. Dall’Albania partiranno due dei tre protagonisti: Tiberi e Ayuso. Due ragazzi rispettivamente di 24 e 23 anni pronti a darsi battaglia per tre settimane, e a giudicare dalla piega che ha preso il copione alla Tirreno-Adriatico la sfida sembra prendere una direzione abbastanza netta.
Antonio Tiberi e Juan Ayuso condividono anche una piccola fetta del loro passato, perché entrambi (come pure Ganna) sono stati atleti della Colpack-Ballan quando erano under 23. Tiberi è passato sotto lo sguardo dello staff del team bergamasco nel 2020. L’anno successivo Ayuso fu indirizzato in Italia per fare un netto passo in avanti di crescita. Pochi mesi dopo lo spagnolo entrò a pieno regime al UAE Team Emirates.
Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-BallanIl podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan
Leggerezza e determinazione
I talenti di questi due giovani talenti hanno avuto Gianluca Valoti in ammiraglia al loro fianco, seppur per una stagione o anche meno. Il diesse della Colpack (ora MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack) li ha visti crescere e imparare. Due cammini diversi raccontati da chi li ha scortati nelle loro esperienze. Abbiamo deciso così di farci aiutare proprio da Gianluca Valoti a lanciare la sfida alla maglia rosa, partendo dal passato e guardando al futuro.
«Iniziamo con Tiberi – dice Valoti – visto che ha corso con noi un anno prima di Ayuso. Era il 2020, l’anno del Covid. Da questo punto di vista abbiamo avuto modo di vederlo correre solamente una volta prima che tutto si fermasse. Alla ripresa partì forte con il terzo posto al campionato italiano a cronometro, non una novità visto che qualche mese prima aveva vinto il mondiale juniores proprio in quella disciplina. Una delle caratteristiche positive di Tiberi è la sua spensieratezza, aveva una capacità incredibile di staccare dal ciclismo e passare alla vita di tutti i giorni. Penso sia una bella qualità, tanti corridori sono fin troppo focalizzati».
Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)
Imparare
In una stagione interrotta dal Covid Tiberi è comunque riuscito a mettere insieme tante esperienze diverse, anche se tutte al primo anno da under 23. Un fattore determinante se si vanno a considerare i pochi successi ottenuti quell’anno dal frusinate. Ma le qualità erano sotto gli occhi di tutti.
«Il Giro Under 23 – continua Valoti – fu l’unica vera corsa a tappe di spessore, ma si intravedevano le qualità atletiche di Tiberi. Lui è un corridore che ha avuto bisogno di fare ogni anno dei passi di crescita, calibrati e importanti. Lo abbiamo visto sia noi della Colpack e lo avete visto tutti negli anni da professionista. Come caratteristiche Tiberi è il classico passista forte a cronometro, ha nella costanza la sua qualità migliore. Tuttavia questa è una caratteristica che emerge con il tempo, se mi chiedete quale possa essere il suo limite non saprei rispondere. Ha sempre avuto ampi margini di crescita.
«Tiberi – riprende Valoti – è un ragazzo che ha imparato tanto facendo errori e capendo le lezioni da solo. Al Giro ricordo che in una tappa di pianura attaccò e rimase al vento per molti chilometri, uno sforzo che pagò il giorno successivo uscendo di classifica. Però sono cose normali per un ragazzo di diciannove anni».
Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)
Tornado Ayuso
L’anno successivo Matxin, team manager del UAE Team Emirates, portò alla Colpack il giovane Ayuso, una tempesta pronta a travolgere il panorama under 23 italiano.
«Atterrò a Bergamo a gennaio – ricorda Valoti – in un giorno di freddo e pioggia. Sceso dall’aereo ha voluto allenarsi comunque. Ayuso aveva ed ha ancora una determinazione e un focus fuori dal comune. Sapevamo avesse una marcia in più rispetto agli altri under 23 e alle corse lo dimostrò con una costanza disarmante. Vinse praticamente tutte le gare del calendario nazionale e internazionale e conquistò il Giro U23 senza avere rivali.
«Tatticamente era già maturo e con la voglia di conquistare tutto. Ma la gara che mi fece capire il suo valore fu il Trofeo Laigueglia. Arrivò a 15 minuti dal vincitore ed era al primo anno da U23, ma gli si vedeva in faccia che non fosse contento. Lui non vuole essere secondo a nessuno, ha un carattere vincente che lo porta a volere tutto e subito. Un pregio dal mio punto di vista».
Ayuso è arrivato alla Colpack un anno dopo Tiberi mostrando tutto il suo enorme potenzialeOltre alle vittorie nelle gare internazionali U23 è arrivata anche la maglia rosa al Giro di categoria con tre tappe all’attivoAyuso è arrivato alla Colpack un anno dopo Tiberi mostrando tutto il suo enorme potenzialeOltre alle vittorie nelle gare internazionali U23 è arrivata anche la maglia rosa al Giro di categoria con tre tappe all’attivo
Di nuovo verso il rosa
Non si sono mai sfidati a viso aperto da under 23 Tiberi e Ayuso. Il loro primo incontro su un palcoscenico importante arriverà tra qualche mese e chiediamo a Gianluca Valoti quali siano i valori in campo.
«Ayuso – conclude il diesse bergamasco – è un corridore più completo, tanto forte in salita quanto a cronometro ed ha anche uno spunto veloce importante. Tiberi è un passista vero che non cala mai, fa della solidità il suo punto forte. Sulle tre settimane non ho timore a dire che Tiberi riesce a gestirle bene anche mentalmente. Lo stesso si può dire di Ayuso. A cronometro li vedo allo stesso livello, forse leggermente avvantaggiato Tiberi. Ma in salita è lo spagnolo ad avere margine. L’ago della bilancia va in direzione di Ayuso, anche per la forza dei compagni che avrà al suo fianco. La cosa che mi auguro, in fondo, è di vederli entrambi sul podio, come alla Tirreno».