Zakarin, dice addio il tartaro dalle mille facce

16.06.2022
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Il’nur Zakarin chiude la sua carriera. Lo avrebbe fatto a fine stagione, ma per il tartaro la fine è arrivata prima, decisa dai vertici Uci quando hanno chiuso le porte alla Gazprom senza se e senza ma. Zakarin ha aspettato pazientemente, ma ormai gli era chiaro che non ci sarebbero state altre occasioni agonistiche. Chiude lasciando un velo di mistero e d’incertezza su chi era veramente, su come posizionarlo in quella scala di valori che va dal buon corridore al campione. Perché la sua carriera è fatta di alti e bassi, è di difficile interpretazione, rispecchia abbastanza fedelmente quel carattere derivato dalle sue radici tartare, sempre in bilico fra gli estremi.

Zakarin Romandia 2015
Il’nur vincitore del Romandia nel 2015, con il compagno Spilak e Froome in maglia Sky
Zakarin Romandia 2015
Il’nur vincitore del Romandia nel 2015, sul podio con Froome in maglia Sky

Le accuse di Kwiatkowski

Perché Zakarin è un tartaro vero, fieramente legato alle sue radici. Uno dal quale non sai mai che cosa aspettarti, uno che è difficile decifrare. Cosa che spesso lo ha portato in situazioni difficili e che non sarebbero state tutte rose e fiori.

Il’nur (l’apostrofo è d’obbligo, proprio rispettando la trascrizione tartara) lo capì presto, agli europei junior del 2007 quando vinse il titolo nella cronometro. Secondo giunse il polacco Michal Kwiatkowski, proprio quello che sarebbe diventato collezionista di classiche, che lo accusò apertamente di pratiche illecite. I controlli non rivelarono nulla e Zakarin si portò a casa la maglia, ma due anni dopo la federazione russa lo sospese per uso di metandrostenolone. Risultato: due anni di stop.

Solo chi cade si può rialzare. Quello che riapparve nel mondo delle due ruote era un Zakarin che aveva fatto i conti con i suoi errori, ma che cercava ancora di capire chi fosse. Approdato al professionismo nelle file della Katusha, era un corridore diverso da quello che ci si aspettava rispetto alle sue imprese giovanili. Passista? No, tutt’altro, un vero e proprio scalatore.

Zakarin discesa
La discesa è sempre stata un momento difficile per Zakarin, che spesso ha accusato distacchi pesanti
Zakarin discesa
La discesa è sempre stata un momento difficile per Zakarin, che spesso ha accusato distacchi pesanti

Il tallone d’achille della discesa

Ci si era sbagliati nel giudicarlo e ci si sbaglierà ancora. Giro d’Italia 2015, tappa con arrivo all’autodromo di Imola, una di quelle frazioni dove il meteo fa la differenza e trasforma una frazione semplice in qualcosa di epico. Freddo e pioggia scompaginano il gruppo. Zakarin è in fuga con corridori di nome e di peso, come Hesjedal e Kuijswijk. Si scala il Tre Monti, colle infido, quasi un’astrusità nel panorama geografico regionale. Al terzo passaggio il russo va via, nessuno tiene la sua ruota, ma la differenza Zakarin la fa in discesa, ampliando il divario e andando a conquistare la sua prima vittoria al Giro.

Abbiamo trovato un discesista… Appena si dà una definizione, ecco che Zakarin ci mette del suo per smentirla. La sua carriera infatti sarà ben presto caratterizzata proprio dal divario fra le sue capacità in salita e la sua proverbiale sofferenza in discesa. Sono tanti i gran premi della montagna conquistati, che dovrebbero portarlo a traguardi ben più importanti, ma poi c’è la discesa, dove le sue capacità di guida sono sempre messe a dura prova, costano tempo, secondi, distacchi.

Più forte del dolore

Anche cadute: terribile quella del Colle dell’Agnello nel 2016, quando sta giocandosi qualcosa di realmente importante. Il suo volo ripreso da dietro, dalle telecamere mobili fa scorrere un brivido in tutti coloro che guardano. E quei secondi che separano la caduta dai soccorsi non fanno presagire nulla di buono. Ma Zakarin è come un gatto. Si rialza con una clavicola rotta, appena un mese dopo va al Tour e vince con una fuga da lontano la 19ª tappa. Con arrivo in salita, così non si rischia niente…

Solo che quando hai un tallone d’Achille, anche piuttosto evidente, è difficile combattere ad armi pari per la conquista dei grandi Giri. Ma Il’nur ha il sangue tartaro, quello dei conquistatori, di gente che prima di tutto fa appello al coraggio. Nei grandi Giri parte sempre con grandi ambizioni e spesso si ritrova a riaggiustare i cocci. Perde molto in frazioni che dovrebbero essere tranquille e recupera con azioni da lontano e fughe a lunga gittata. Questi tira e molla costano, difficile che possano portare al massimo successo, ma in fin dei conti Zakarin chiude con un bilancio congruo: una top 10 conquistata in tutte e tre i grandi Giri con il 2017 come anno principe, 5° al Giro e 3° alla Vuelta.

Zakarin Giro 2019
L’ultima grande vittoria del russo, al Giro 2019 a Ceresole Reale
Zakarin Giro 2019
L’ultima grande vittoria del russo, al Giro 2019 a Ceresole Reale

Cosa farà? Per ora triathlon…

Uomo chiuso e di poche parole, quasi arroccato nelle sue radici e nella sua lingua, con l’inglese utilizzato solo per quel che serve per girare il mondo, Zakarin aveva già detto a inizio anno che questo sarebbe stato l’ultimo, ma pensare che sparisca dalla scena sarebbe sbagliato.

Già si è dedicato a qualche gara di triathlon, ora passa il suo tempo con la famiglia nella sua residenza di Cipro, ma presto o tardi tornerà a farsi vedere proprio come faceva in corsa. Lo vedevi staccato e derelitto il giorno prima e dopo neanche 24 ore eccolo lì, all’attacco, in fuga, a dare tutto per la vittoria. Perché Zakarin è così, tartaro fiero di esserlo, impossibile da essere identificato con un’etichetta.

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15.06.2022
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Si potrebbe pensare che adesso sia tutto finito. Nicola Conci farà oggi il suo debutto in maglia Alpecin-Fenix al Giro di Slovenia, lasciandosi alle spalle il caso Gazprom. Se l’UCI avesse sveltito la burocrazia, oggi il trentino sarebbe tesserato con la professional, la stessa di Van der Poel e Oldani. Invece il massimo organismo del presidente Lappartient ha fatto ancora una volta ostruzionismo e Conci concluderà la stagione del development team, per poi salire in prima squadra da gennaio. Il punto è chiedersi se questa storia possa semplicemente essere lasciata alle spalle, come se nulla fosse successo. Come sperano coloro che l’hanno gestita.

«Si riparte e sono contento – dice il trentino – era un po’ che lo volevo. Ma resta il grosso dispiacere nell’aver visto che il governo del ciclismo, l’UCI, ci ha lasciato nel dimenticatoio. Posso capire che volessero fare qualcosa contro la Russia, ma l’hanno fatta contro di noi…».

Il debutto di Conci con la Alpecin-Fenix porta la data del 15 giugno con il Giro di Slovenia
Il debutto di Conci con la Alpecin-Fenix porta la data del 15 giugno con il Giro di Slovenia

Fino al Giro di Sicilia

Nicola aveva raggiunto l’accordo con il team belga ai primi di aprile. Sarebbe bastato che venisse concessa rapidamente una deroga e avrebbe potuto correre il Giro con la nuova squadra.

«Ci ho creduto fino al Giro di Sicilia – dice – ma una volta capito che la deroga non sarebbe mai arrivata, abbiamo cominciato a pensare alla squadra continental. Sono dispiaciuto per non aver fatto il Giro, perché mi sentivo in crescita. E ora mi ritrovo in questa squadra completamente nuova, in cui non conosco nessuno. Mi sembra di aver capito che la linea fra la continental e la professional sia piuttosto labile, tanto che allo Slovenia correrò con i grandi. Ma in ogni caso non potrò prendere parte a gare WorldTour».

La Valenciana è stata per Conci una delle poche corse con la maglia della Gazprom
La Valenciana è stata per Conci una delle poche corse con la maglia della Gazprom
Quando ti hanno dato la bici nuova?

Nel secondo giorno di riposo del Giro a Pescara. Sono andato giù e l’ho recuperata. E poi sono andato per due settimane a Livigno con Masnada, in modo da fare un bel periodo di allenamento. Invece il materiale e i vestiti me li hanno dati oggi (ieri, ndr) ed è stata una bella emozione.

Il passaggio a questo punto è stato liscio?

Neanche un po’. Sembrava che ci fossero ancora dei problemi a correre. Hanno voluto la prova che io avessi rinunciato ai miei rapporti con Gazprom. Una dichiarazione scritta. Avrebbero potuto snellire la burocrazia, se avessero voluto. E io, qui adesso, non posso dire che la situazione sia risolta. Resta una squadra cancellata dalla faccia della terra e una lunga fila di persone che non hanno più lavoro.

Conci era appena arrivato alla Gazprom. E’ parso brillante nelle corse con la nazionale
Conci era appena arrivato alla Gazprom. E’ parso brillante nelle corse con la nazionale
Che cosa hai pensato vedendo vincere Scaroni e Carboni alla Adriatica Ionica Race?

Le vittorie sono sempre un bel segnale, mi ha fatto tanto piacere. Spero che qualcosa si muova, anche se dovranno tutti adattarsi come è successo a me. Comunque sono corridori che hanno dimostrato di valere.

Hai un programma di gare?

Quello che viene, viene. Non avrò un programma definito, andrò ai campionati italiani e poi vedremo. Sarà importante partire concentrati e con la voglia di fare bene. E’ qualcosa che ci portiamo dentro sin dal giorno in cui ci hanno tolto tutto. La rabbia per questa indifferenza. E la voglia di farci sentire.

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13.06.2022
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Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. Pertanto, in questo giocare a saper fare tutto, può capitare di scambiare telefonate con dei team manager sul tema dei corridori della Gazprom, rendendosi conto di quanto la vicenda non interessi a nessuno. O di quanto non ci sia in giro nessuno che sia stato finora capace di metterci mano.

Il caso Conci

Avremmo dovuto capirlo in realtà seguendo la vicenda di Nicola Conci. Dopo tanto bel lavorare d’inverno e aver finalmente risolto con intervento il problema dell’arteria femorale, Nicola avrebbe voluto fare un grande Giro d’Italia. E per questo, fermata la squadra russa, Fondriest era riuscito a piazzarlo con la Alpecin-Fenix, che lo avrebbe portato in Italia proprio per questo. L’UCI ha ricevuto la richiesta ai primi di aprile, in tempi ragionevoli. Ma come per ogni cosa riferita a questa spiacevole vicenda, s’è presa il suo tempo per decidere, infischiandosene dell’esigenza dell’atleta. Così Conci non ha corso il Giro e adesso finirà la stagione con la Alpecin Development Team, debuttando mercoledì prossimo al Giro di Slovenia, in attesa del 2023 in prima squadra.

Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development
Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development

Aiuti di Stato

I procuratori sono tutti al lavoro per sistemare questi ragazzi, che hanno tirato fuori una grinta mai mostrata prima, dimostrando come la rabbia sia più potente di ogni test e ogni legge dell’allenamento. Ma cosa succede?

Succede che le squadre sono a posto e hanno il budget tutto assegnato. Sarebbero ben liete di far correre ragazzi rimasti a piedi e per giunta vincenti, ma come succede quando c’è da gestire il fallimento di un’azienda, avrebbero bisogno di un intervento che coinvolga l’Istituzione e la componente sindacale. E visto che l’UCI fa orecchie da mercante, avrebbero bisogno di un sindacato veramente capace, che vada oltre la consegna di un braccialetto azzurro.

Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla
Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla

Casi disperati

Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. E ci chiediamo in che modo il mondo del ciclismo potrebbe venire incontro alle squadre che intendessero investire su questi corridori. Ci sarebbe la fideiussione della Gazprom: si è fatta pressione sull’UCI perché renda quei soldi disponibili al pagamento degli ingaggi dei corridori, lasciando le spese vive alle nuove squadre? I soldi dei premi che vengono gestiti dal sindacato non potrebbero costituire copertura finanziaria per simili operazioni?

L’indice della disperazione sta nelle proposte che in questi giorni stanno arrivando ai cellulari dei team manager, con corridori disposti a correre gratis, quindi a restituire i soldi percepiti alla firma dell’eventuale contratto. Qualcuno ha già rifiutato, ma in tutta onestà verrebbe da sperare che qualcuno accetti per vederli nuovamente in gruppo.

Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola
Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola

Una situazione inedita

Perché alla fine gli unici a rimetterci sono loro, i corridori. Non l’UCI. Non le squadre. Non i rappresentanti del CPA e dell’ACCPI. Che sono stati anche sfortunati, perché finora si era trattato di gestire uno sciopero per troppa pioggia e stabilire quando sia troppo caldo o troppo freddo per correre. Ma adesso che ci sono in ballo i destini di uomini e delle loro famiglie, la voglia di andare d’accordo con tutti senza arrivare a rottura suona davvero stonata. Il rispetto si guadagna anche alzando la voce e combattendo quando è necessario. Il fatto che l’UCI non si senta in dovere di accoglierli, dimostra che il rispetto non c’è o che non è stato guadagnato.

In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?
In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?

Una partita da giocare

I braccialetti, la voglia di ribadire che non si cerchi lo scontro, il non essersi incatenati ai cancelli del centro UCI di Aigle, il non aver voluto incidere minimamente sull’andamento di una gara sono un atteggiamento da opposizione di facciata che lascia il tempo che trova. Forse eredità di quel passato, in cui i corridori avevano paura di metterci la faccia perché esposti al rischio di varie forme di ricatto. Chissà se davvero a Pantani fecero pagare le sue posizioni contro il sistema dei controlli selvaggi, prima al Tour del 1998 (foto Reuters di apertura) e poi al Giro 1999, quando si espose anche a vantaggio di altri corridori e di colpo una mano oscura intervenne per fermarlo.

Ma se nessuno ha cose da nascondere, perché non giocarsi la partita e accettare la lotta, cercando di vincerla? Verrebbe quasi da pensare che ci siano altri interessi da difendere o competenze inadeguate e che nel nome di questi si sia scelto di non scegliere. Il tempo passerà, qualcuno come Zakarin sceglierà il ritiro, altri si sistemeranno. E dal prossimo anno potremo ricominciare facendo finta che non sia successo niente.

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08.06.2022
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Questa volta non l’ha fatto con la rabbia, ma col cuore. Cristian Scaroni ha vinto la prima e poi anche l’ultima tappa della Adriatica Ionica Race, in una sorta di lungo e accorato appello per i destini dei corridori Gazprom. E vi possiamo giurare che in certi momenti ci sentiamo persino fastidiosi a ricordarlo, ma niente si muove e bisogna fare in modo che accada. Alla partenza i ragazzi della nazionale avevano detto che se si fosse arrivati in volata, avrebbero lavorato tutti per Malucelli. Per questo Scaroni è entrato nella fuga senza collaborare, mentre dietro il romagnolo pedalava sperando che li sarebbero andati a prendere.

«Non sapevo come stessi – dice con la fronte che gronda di sudore e aloni su tutto il corpo – perché dopo il Grappa ho avuto un affaticamento muscolare conseguente al crampo, per cui nei due giorni successivi, in cui avrei potuto combinare qualcosa, ho fatto peggio. Oggi sono entrato nella fuga, ma non per vincere. Volevo proteggere Malucelli, il velocista più forte di questa corsa…».

Corsa conclusa, foto ricordo di Argentin, con l’assessore regionale Castelli
Corsa conclusa, foto ricordo di Argentin, con l’assessore regionale Castelli
Negli ultimi 25 chilometri si è capito che non vi avrebbero preso…

E infatti sono stati tremendi. Ho dovuto chiudere tanti buchi e lo stesso hanno fatto Boaro e Zardini. Ci siamo parlati per impedire che se ne andassero quelli della Kern e della Eolo, che erano in due.

Dopo l’arrivo Stoinic ti ha urlato dietro qualcosa…

Quando sono partito ai 150 metri ero a metà carreggiata e mi sono spostato leggermente sulla destra, ma non mi sembra di aver fatto nulla di male. Mi dispiace che abbia avuto da dire, ma la volata di testa l’ho fatta io…

Per l’Italia tre vittorie di tappa e la certezza di aver aiutato tre ragazzi che lo meritano
Per l’Italia tre vittorie di tappa e la certezza di aver aiutato tre ragazzi che lo meritano
La prima vittoria è venuta di rabbia, questa?

Questa col cuore. Ieri ero sofferente alla coscia, non credevo di avere più gambe per mettere insieme qualcosa. Proprio col cuore.

Ci voleva?

Ci voleva. Diciamo che adesso mi sono sbloccato definitivamente. Speriamo di trovare una soluzione per tutto il resto e magari anche una squadra per quest’anno.

L’abbraccio di Bertazzo a Scaroni ha molti significati
L’abbraccio di Bertazzo a Scaroni ha molti significati

Situazione assurda

Se le WorldTour non possono ritoccare i loro organici, sembra francamente incredibile che a fronte delle vittorie di questi ragazzi, non ci siano professional disposte a ingaggiarli sino al termine della stagione.

«Correrei anche gratis – diceva ieri mattina Malucelli – l’importante è correre per arrivare al prossimo anno senza essere rimasti fermi per otto mesi».

Sul traguardo di Ascoli, fra i primi ad abbracciare Scaroni è arrivato Liam Bertazzo, uomo d’oro della pista, che ha lavorato in vista della Nations Cup di Cali e ha aiutato i compagni. Come i ragazzi della Gazprom, anche lui alla fine del 2021 si è trovato a lungo senza squadra.

«Posso capirli bene anche io – dice – perché mi sono ritrovato a lungo senza niente. Allenarsi è dura, perdere completamente il ritmo gara rende difficile anche allenarsi. Da questi particolari si distingue che hanno testa, grinta e cuore».

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07.06.2022
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«Giovanni è un ragazzo caparbio – dice Benfatto parlando di Carboni – quando punta un obbiettivo riesce a fare il corridore al 110 per cento. Nel periodo senza gare abbiamo lavorato bene con la palestra per incrementare i suoi livelli di forza, poi in avvicinamento alla competizione lavori più specifici vicini a ritmi gara. Lui e Malucelli si sono supportati a vicenda allenandosi assieme l’ultimo periodo».

Come si fa a stare per quasi due mesi senza correre e farsi poi trovare pronti quando arriva la chiamata? Lo abbiamo chiesto a Marco Benfatto, ex velocista e poi diventato uno dei preparatori della Gazprom-RusVelo, che assieme a Maurizio Mazzoleni ha continuato a seguire i ragazzi della Gazprom che ne hanno avuto voglia e necessità.

La vittoria di Carboni è stata la conferma (sofferta) del buon lavoro svolto a casa
La vittoria di Carboni è stata la conferma (sofferta) del buon lavoro svolto a casa

Il veneto era passato a dare un saluto il mattino di Castelfranco Veneto, sua patria negli anni da corridore, quando indossava la maglia della Zalf. Pizzetto e fisico ancora tirato, ha parlato a lungo con i “suoi” ragazzi alla partenza di tappa della Adriatica Ionica Race e la vittoria di Carboni dell’indomani è stata davvero la ciliegina sulla torta.

E’ vero come dice Scaroni che stanno ancora sfruttando la base di lavoro fatta nell’inverno?

Diciamo che abbiamo lavorato bene e che Sedun aveva creato un bel gruppo di lavoro. Stiamo ancora raccogliendo i frutti, soprattutto i ragazzi sono tanto motivati, perché alla fine devono trovare una sistemazione, quindi io gli auguro di vincere ancora. Stanno dimostrando sul campo che meritano comunque un posto in un’altra squadra.

Assieme a Mazzoleni avete continuato a lavorare con loro anche se la squadra era stata fermata?

Alcuni hanno voluto arrangiarsi, con altri stiamo lavorando ancora. Li abbiamo seguiti, diciamo ufficialmente, fino a un mese fa poi alcuni hanno preso altre strade. Malucelli e Carboni li sto ancora seguendo, quindi sono venuto anche un po’ per dargli un sostegno morale, anche una pacca sulla spalla. Questi ragazzi hanno bisogno anche di sostegno, di un punto di riferimento.

Prima della vittoria di Carboni a Brisighella, anche Scaroni e Malucelli avevano lasciato il segno
Prima della vittoria di Carboni a Brisighella, anche Scaroni e Malucelli avevano lasciato il segno
Cosa significa allenarsi senza sapere quando si correrà?

E’ molto più duro e molto più stressante, perché praticamente devi simulare le gare. Anche a livello ormonale, non è come essere in competizione. Quindi servono tanta testa e tanta voglia di lavorare.

Un certo tipo di lavoro va programmato, come avete fatto?

Fortunatamente Bennati ci ha confermato quasi subito che ci dava la possibilità di correre con la nazionale, perciò a parte le prime settimane di mantenimento, siamo riusciti a lavorare per obiettivi. Quindi abbiamo puntato prima il Giro di Sicilia dove Malucelli ha vinto e poi siamo andati avanti dove si poteva. Per fortuna c’è la nazionale che li sta sostenendo.

Benfatto con Loris Confortin, cardiologo oggi in pensione, che per anni è stato medico della Zalf Fior
Benfatto con Loris Confortin, cardiologo oggi in pensione, che per anni è stato medico della Zalf Fior
Sedun ci ha parlato di come il gruppo stia vivendo questa fase. Cosa pensi della situazione?

Ci sentiamo spesso, però ormai che c’è poco di cui parlare perché alla fine i discorsi sono sempre gli stessi. Quindi più che altro siamo in contatto per sapere come va. E’ un buon gruppo e speriamo di riprendere l’anno prossimo. Anch’io avevo investito su questa squadra e preso le mie decisioni. Rifarei la scelta comunque perché, anche se per un breve tempo, è stata una bellissima esperienza. Penso che la vita sia una ruota, quindi anche se adesso abbiamo avuto questo stop, prima o dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto ritornerà. Sono fiducioso e penso positivo per il futuro.

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Carboni, a tutta rabbia: «Adesso una squadra per la Vuelta!»

06.06.2022
6 min
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Mentre Giovanni Carboni sul podio riceve fiori e applausi, il padre Ivan e la mamma Lucia ai piedi del palco trattengono a stento l’emozione. Brisighella è riarsa da un sole duro il cui riverbero sulle pietre rende il centro una fornace. La mamma è commossa. Dice Giovanni che negli ultimi tempi hanno anche litigato, perché lei chiedeva ogni giorno se ci fossero novità e la situazione dei corridori Gazprom sembra congelata nel nulla. Stesse domande, stesse risposte: zero. In certi frangenti si vive con i nervi a fior di pelle.

«E’ stata un’emozione grande – dice il padre – lo seguo da quando era esordiente e ci credevamo che oggi potesse fare qualcosa di buono. Anche se con la testa era difficile restare concentrati, si è sempre allenato e ha sempre dato il massimo».

La vittoria di Carboni a Brisighella è stata il modo per sfogare la grande rabbia
La vittoria di Carboni a Brisighella è stata il modo per sfogare la grande rabbia

Strade amiche

La corsa, in breve. La terza tappa della Adriatica Ionica Race è partita da Ferrara ed è arrivata in questo paesone medievale sulle colline romagnole. Su strade simili e in un caldo altrettanto torrido, Giovanni aveva preso il sesto posto ai tricolori vinti da Colbrelli a Imola. Buono a sapersi.

Racconta Gabriele Bonetti, che è di qui e ha scritto il pezzo di lancio della tappa di domani parlando con Carboni, che in realtà Giovanni gli fosse parso molto interessato alle salite di oggi. Ora si capisce il perché. Ripresa la fuga di Monaco e Fancellu, infatti, Carboni si è messo a fare il diavolo a quattro. Ha attaccato e lo hanno ripreso. Ha attaccato e attaccato ancora e alla fine ha vinto.

«Il Monte Grappa di ieri – dice – era troppo lungo per uno che non ha corso il Giro d’Italia. Sarebbe stato irrealistico pensare di arrivare davanti. E poi a un certo punto si è pure rotto il cambio e ho pensato che la sfortuna non volesse abbandonarmi. Per questo oggi ho deciso di anticipare l’ultima salita, perché non avrei potuto reggere i migliori. Ho una bici da 8 chili. Dovevano arrivare le ruote leggere, ma dal primo marzo non è arrivato più niente. Anzi, è già buono che non si siano ripresi tutto».

Arrabbiato e deluso

Carboni è il terzo corridore della ex Gazprom a vincere in questa fase di purgatorio che minaccia di piegare verso l’inferno. Malucelli in Sicilia e Scaroni l’altro giorno a Monfalcone (in apertura i tre sono insieme dopo il traguardo di oggi a Brisighella). Prima di loro, Fedeli era andato fortissimo in Sicilia e come lui Conci e Canola. Questa situazione balorda, per la quale bisogna ringraziare il presidente dell’UCI Lappartient, li ha dotati di una cattiveria senza precedenti. Carboni, che è un mite, ha lo sguardo indurito, parla a fatica e solo perché deve farlo, ma si vede che dentro ha il terremoto.

«Questa situazione – conferma – mi sta tirando fuori la cattiveria. Prima ero più calmo e meno istintivo. Ora sono un fascio di nervi e non è per niente facile. Dovrei essere felice, invece sono arrabbiato e deluso».

Alla partenza da Ferrara, Scaroni, Monaco e Zana: Monaco sarà presto in fuga
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Una squadra per la Vuelta

La ragazza mora con la macchina fotografica alla transenna era sulle spine. Non conoscendola e avendo riconosciuto dall’altro lato i genitori di Carboni, abbiamo pensato che fosse la sua ragazza. Poi la maglia azzurra del vincitore è piombata nella scena e il padre è corso in mezzo alla strada per abbracciarlo. Sono stati attimi lunghi come la lunga attesa. Quindi Giovanni è andato dalla mamma e solo alla fine si è diretto verso la moretta, che gli ha detto qualcosa sul fatto che abbia voluto farla morire di crepacuore.

«E’ la mia prima vittoria – dice Carboni (anche Scaroni due giorni fa ha centrato in azzurro il primo successo) – ed è venuta con la maglia azzurra. E’ tutto così strano… Questa maglia è la cosa più bella che ci sia. Quella ragazza? E’ la compagna di Malucelli. Io e “Malu” abbiamo vissuto gli ultimi tre mesi praticamente insieme come dei fratelli. Non ho dubbi che anche lei sia stata contenta. Ma adesso datemi una squadra per correre la Vuelta. Ne ho bisogno. Ho 27 anni, sono maturo per farlo…».

Brindisi con la birra, per Zana il primo giorno da leader è passato senza grossi scossoni
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Protesta sbagliata

Sono le stesse parole che ha detto dopo l’arrivo, appena tagliato il traguardo. Solo che quelle le ha ruggite, mentre ora, seduto davanti all’antidoping, ha trovato il tempo per prendere fiato e mandare giù qualche sorsata d’acqua.

«In gruppo di queste cose se ne parla – dice – ma lo sapete com’è, il minimo necessario e non con tutti. Anche quel braccialetto… A me non l’hanno neanche dato».

Bisognava prendere in mano la situazione senza aspettare. A Laigueglia, nel primo giorno di questo colossale casino, bisognava andare alla partenza vestiti di bianco e fare in modo che la protesta fosse subito vibrante. Invece il silenzio ha lasciato credere di aver colpito persone inermi e incapaci di reagire, alle quali non è neppure necessario dare spiegazioni. Probabilmente è vero che Lappartient non dirà nulla sul tema, essendo ancora in piedi il ricorso di Renat Khamidulin al Tas, ma i corridori ne sono esenti.

Ai corridori andava offerta una via d’uscita. Il fatto che si sia pensato di poterne fare a meno basta per chiedere le dimissioni di una dirigenza impegnata a far girare manifestazioni e milioni di euro, ma incapace di prendersi cura dei suoi figli. Ma chi le chiederà?

La vicenda Gazprom ha tirato fuori in Carboni e nei suoi compagni una cattiveria inedita
La vicenda Gazprom ha tirato fuori in Carboni e nei suoi compagni una cattiveria inedita

Tutti grandi

Domani si parte da Fano, la sua città, e la ricorrenza avrà un sapore particolare. Chissà se nel frattempo la grande stampa deciderà finalmente di sporcarsi le mani con questa vicenda o continuerà ad ignorarla.

«Sono stati giorni duri – chiude suo padre – bisognava tenerlo tranquillo e gestire la situazione. Speriamo di venirne fuori presto. Questa vittoria è un premio inaspettato per tutti i ragazzi del gruppo Gazprom. Sono tutti dei grandi».

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04.06.2022
7 min
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Vedendolo piangere, c’è scappata la lacrima. Cristian Scaroni ha vinto la prima tappa della Adriatica Ionica Race nella fornace di Monfalcone. E mentre i compagni di nazionale lo abbracciavano, sono risalite su per la gola le sue parole di quel giorno a Salò, a margine della conferenza stampa del CPA, quando ci raccontò che certe notti faceva fatica a dormire. Oggi invece Scaroni ha vinto. E ride. E piange. E abbraccia. E urla. E respira forte perché vincere gli è costato due anni di vita dopo 50 giorni senza corse. E un po’ forse s’incazza, perché l’anno del rilancio sta diventando una discesa agli inferi. E’ il pomeriggio del 4 giugno in Friuli, e come quando Malucelli vinse a Bagheria la prima tappa del Giro di Sicilia, oggi s’è giocata una partita di gambe, cuore e carattere.

«Questa vittoria – quasi piange – significa non mollare mai. Io ho sempre pensato che la differenza non la fa chi vince sempre, ma chi tiene duro. In questi 15 giorni, da quando abbiamo saputo che avremmo corso qui, mi sono buttato a capofitto per puntare a fare un discreto risultato. Sull’ultima salita ho avuto mal di gambe. Mi sono staccato dai primi 5 corridori, è inutile, manca un po’ di ritmo gara». 

L’abbraccio di Bennati 

Arriva Bennati con una camicia bianchissima che dopo l’abbraccio è zuppa di sudore. Anche il cittì ride di gusto e lo copre di complimenti. Lui forse lo intuisce, ma il suo primo abbraccio è stata la convocazione. Il tempo del saluto e poi il toscano prenderà la via di casa. In settimana partirà per l’Australia, dove potrà finalmente farsi un’idea del percorso iridato di Wollongong.

«Non era previsto che venissi – dice il tecnico azzurro – ma ieri sera ho voluto passare del tempo con loro in hotel. Io sono con questi ragazzi al 100 per cento e quello che stiamo facendo come Federazione lo dimostra. Non è banale vincere dopo quasi due mesi che non si corre, questi ragazzi stanno dimostrando grandissima serietà. Secondo è arrivato Zana che usciva dal Giro d’Italia, Scaroni in tutto l’anno ha corso 15 giorni».

Il primo abbraccio di Bennati è stata la convocazione, quello per la vittoria è la ciliegina sulla torta
Il primo abbraccio di Bennati è stata la convocazione, quello per la vittoria è la ciliegina sulla torta

«Lo sapevo che appena avessimo ripreso quei quattro corridori – continua Scaroni – ci sarebbe stata la mia occasione. E appena li abbiamo agganciati, sono scattato con tutta la rabbia che avevo in corpo. Ho tirato fuori un gruppo di cinque. Sono stato bravissimo, perché non mi sono fatto prendere dal panico. Ho gestito bene gli ultimi 2 chilometri, controllando. Anche quando hanno provato ad andarsene in tre… Mi ero accorto che Riccardo Luca aveva gambe e ho fatto chiudere lui. Sapevo di essere veloce e ho vinto la prima corsa da professionista. Un’emozione indescrivibile, per il momento che stiamo passando tutti noi corridori ex Gazprom».

Cuore, testa e gambe

Arrivano a chiamarlo, perché le interviste si dovrebbero fare altrove. Scaroni riprende la bici. Malucelli lo abbraccia ancora. Carboni gli dice di parlare chiaro, sono percepibili i nervi a fior di pelle di questi ragazzi.

Zana è stato protagonista del finale, ma in volata ha pagato pegno: secondo
Zana è stato protagonista del finale, ma in volata ha pagato pegno: secondo

«Io credo che ce la meritiamo dal primo all’ultimo chilometro questa vittoria – annuisce lui – e sono sicuro che ne arriveranno altre alla fine della corsa. Aver vinto significa tantissimo. Significa che a volte non serve solo allenamento, ma servono anche cuore, testa e gambe…».

Via con le domande

Va a sedersi sotto una tenda nera e calda come un forno. Telefona a qualcuno. Suda a vista d’occhio. Il dottor Corsetti lo assiste, consapevole della difficoltà di Scaroni e dei suoi compagni di squadra. E consapevole anche del fatto che questo ragazzo ha talento e per motivi discutibilissimi rischia di non farlo brillare. Solo dopo le premiazioni, ripresa una parvenza di equilibrio, il bresciano in maglia di leader torna al racconto, rispondendo alle domande.

Al via anche Lorenzo Fortunato con il numero uno. Domani il Grappa gli ricorderà la vittoria 2021 (foto Scanferla)
Al via anche Lorenzo Fortunato con il numero uno. Domani il Grappa gli ricorderà la vittoria 2021 (foto Scanferla)
Siete una squadra nella squadra…

Vero, ma abbiamo dimostrato una volta in più che quando sei in nazionale non corri per te stesso. Portiamo un nome importante che è Italia. Oggi avevamo più carte da giocare. Potevamo arrivare in volata con Malucelli, potevamo provare il contropiede con un corridore veloce come me oppure poteva andare via una fuga in salita con Carboni. E’ andata bene a me, domani potrebbe andare bene a Carboni che su una salita lunga come il Monte Grappa potrebbe dire la sua. Vedremo come gestire le forze. Sicuramente quello che viene da adesso in poi è tutto guadagnato. E se dovessi mollare, comincerei a pensare alla terza tappa che fa nuovamente al caso mio.

Non te l’aspettavi?

Non me l’aspettavo e sicuramente ripaga di tutti gli sforzi che stiamo facendo in questi 2-3 mesi in cui stiamo davvero faticando a trovare continuità nell’allenamento. Oggi abbiamo dimostrato che siamo dei corridori e delle persone che hanno volontà e grinta per andare avanti.

Seduto nella tenda prima delle premiazioni, Scaroni è riuscito a sfogare le sue emozioni
Seduto nella tenda prima delle premiazioni, Scaroni è riuscito a sfogare le sue emozioni
Con che animo ieri sera hai attaccato il numero sulla maglia?

Non so neanch’io. E’ un mix tra bello, perché era da due mesi quasi che non si indossava il numero di gara e quindi una cosa che conforta. Ma d’altra parte non so quale sarà il prosieguo della stagione dopo questa corsa. Noi siamo venuti qua per far bene e oggi l’abbiamo dimostrato una volta in più, come è stato in Sicilia e alla Coppi e Bartali. Quando veniamo a correre, siamo preparati. Quando si indossa una maglia del genere, non si può fare altro che bene.

Due mesi senza correre e subito vittoria…

Penso che a volte più che le gambe risponda il cuore e io oggi ho corso col cuore. Ho pensato a divertirmi, ho pensato a tantissime cose. Alla situazione che stiamo vivendo. Non so se questa sarà l’ultima corsa, ma oggi volevo divertirmi. Volevo far bene per la nazionale che anche oggi e una volta in più ha creduto in noi e sicuramente li abbiamo ripagati dal primo all’ultimo. Siamo una squadra perfetta.

L’Adriatica Ionica Race porta bene alla nazionale: l’anno scorso rilanciò Viviani. Argentin soddisfatto
L’Adriatica Ionica Race porta bene alla nazionale: l’anno scorso rilanciò Viviani. Argentin soddisfatto
Ti sentirai con gli altri Gazprom stasera?

Siamo in contatto ogni giorno. Abbiamo un gruppo su whatsapp e credo che in questi due mesi abbiamo formato un team davvero speciale. E’ davvero un peccato che un gruppo così importante e tutto il lavoro che hanno fatto il manager Renat Khamidulin e i direttori sportivi, da Sedun a Rosola, sia finito. 

Hai vinto contro gente che viene dal Giro d’Italia.

E’ una cosa strana perché hanno una gamba diversa dalla nostra e oggi l’ho percepito. Però quando sei in corsa, a certe cose non ci pensi. Agisci in modo spontaneo. Sull’ultima salita ho fatto davvero fatica, ma è la conferma del buono che abbiamo fatto lo scorso inverno con i nostri preparatori. Un grazie va a loro, a Benfatto e Mazzoleni, con cui quest’inverno abbiamo costruito una base solida che ci ha permesso di arrivare bene fino a giugno, anche se con appena 15 giorni di corsa nelle gambe.

Tappa e maglia, così Scaroni inizia a brindare dopo la vittoria
Tappa e maglia, così Scaroni inizia a brindare dopo la vittoria

Alla salute del presidente

Il Monte Grappa di domani potrebbe fare più per Carboni che per lui. Lo dice e non se ne fa un problema. Corsetti viene a prenderselo per portarlo all’antidoping e sentiamo Scaroni dire che stasera un brindisi si potrà fare, con tutte le cautele del caso. Anche se domani si sale, un bicchiere ci sta. Alla salute. Agli amici. A chi sta tribolando come lui. A chi gli è stato vicino. E alla salute di monsieur David Lappartient, presidente sordo di un’Uci mai così cieca. Stasera finalmente Scaroni riuscirà a dormire. Lui ascolta, guarda e sorride. Probabilmente penserà di essere già in un bel sogno.

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03.06.2022
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A cosa è servito quel braccialetto azzurro con su scritto Why? Che cosa è cambiato nella vita dei corridori della ex Gazprom-RusVelo, ancora in attesa d’un treno che probabilmente non passerà? Nel mattino di Verona, mentre si succedevano le partenze della crono, Alessandro Fedeli si nascondeva dietro a un sorriso pieno di amarezza e sarcasmo. Canola ha fatto le sue apparizioni televisive. Conci ha trovato un posto nella continental della Alpecin-Fenix e ha già in tasca il contratto 2023 quando il team sarà WorldTour: Nicola è il solo che sia riuscito a ripartire. Gli altri tre italiani del team – Scaroni, Malucelli e Carboni – partono domattina per la Adriatica Ionica Race grazie all’interessamento del cittì Bennati che li affiancherà al gruppo degli inseguitori. Un’altra corsa dopo il Giro di Sicilia di metà aprile, quasi due mesi fa.

A cosa è servito concretamente indossare questo braccialetto del CPA? La domanda resta: perché?
A cosa è servito concretamente indossare questo braccialetto del CPA? La domanda resta: perché?

La tappa di casa

Il 2022 parla di 15 giorni di corsa per Malucelli e Scaroni, 16 per Carboni. La particolarità per quest’ultimo, il vero motivo per cui è riuscito a tenere la direzione sta probabilmente nel fatto che una delle tappe della corsa di Argentin partirà dalla sua Fano. Si tratta della quarta, da Fano alla Riviera del Conero: 164,5 chilometri, con due volte la scalata di Poggio nel finale.

«Non mi era mai successo da dilettante e da professionista – dice – giusto qualche circuito nelle giovanili. Nel momento di difficoltà che stiamo vivendo, questa convocazione mi ha dato lo stimolo per allenarmi. L’ho saputo venti giorni fa. Una cosa relativamente fresca, una bella notizia visto il momento».

L’ultima corsa di Carboni, 26 anni, è stato il Giro di Sicilia in cui ha lavorato per Caruso
L’ultima corsa di Carboni, 26 anni, è stato il Giro di Sicilia in cui ha lavorato per Caruso
A cosa è servito quel braccialetto azzurro?

Spero che ci siano riscontri. Con gli altri ci sentiamo, ma come per tutte le cose, il tempo che passa fa cadere il silenzio. E forse certe azioni andavano fatte prima.

Che cosa si è mosso?

Di concreto niente. Non c’è una via d’uscita. L’unica cosa è trovare una squadra per il 2023, ma io ho bisogno di correre. Non posso mettere via la bici e dire che ricominciamo a parlarne per il prossimo anno. Ho bisogno dell’agonismo, dei chilometri…

Giocando a fare il modello nel negozio dell’amico Francesco Cingolani alle porte di Ancona (foto Instagram)
Giocando a fare il modello nel negozio dell’amico Francesco Cingolani alle porte di Ancona (foto Instagram)
Con quale spirito si comincia questa corsa?

Senza tanti pensieri. Si va e basta. Mentalmente fingerò di aver corso fino a ieri, poi magari le gambe mi apriranno gli occhi. Quando ti alleni fra una corsa e l’altra, hai un certo tipo di riscontro. Se invece vieni da due mesi a casa, puoi avere dei bei numeri, ma non sai come risponderà il corpo. E’ come riprendere dopo la pausa invernale, che di solito dura così. Abbiamo fatto due pause invernali dall’inizio dell’anno, ma stavolta non c’era proprio lo spirito per andare in vacanza…

E avere il Monte Grappa il secondo giorno non aiuta…

Infatti vado in corsa senza fare voli pindarici, non posso permettermeli. E’ tutto un fatto di testa, anche il tenere duro in salita, perché in questo momento fisicamente non sono pronto per fare certi sforzi in mezzo a gente che arriva dal Giro d’Italia.

Allenamenti con bici Look e maglia bianca: la squadra si era offerta di proseguire con questi colori (foto Instagram)
Allenamenti con bici Look e maglia bianca: la squadra si era offerta di proseguire con questi colori (foto Instagram)
In Sicilia però stavi bene?

Stavo bene e si è visto. Credo che abbiamo dato una bella mano a Caruso, anche se non era per me un periodo d’oro a causa dell’allergia.

Date l’idea di attraversare il fiume passando da un sasso all’altro: quale sarà il prossimo?

Speriamo tutti di poter correre il campionato italiano, anche se non c’è sicurezza circa la modalità di partecipazione. Per ora penso a godermi il buono della vita fuori dalle corse, ma non credo di poter durare ancora a lungo. Non so cosa dire. Quando anche il procuratore ti dice che non sa cosa fare, vuol dire che ormai hai proprio raggiunto il fondo.

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24.05.2022
5 min
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Il silenzio dell’UCI sul caso Gazprom è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle a 21 corridori rimasti senza squadra dal primo di marzo. Anzi, i 21 corridori cui quel giorno ha chiuso la squadra.

La vicenda Gazprom resta una ferita aperta, anche se il mondo del ciclismo passa avanti e finge di non accorgersene. Al punto che alcuni corridori, invitati a indossare il braccialetto azzurro con cui l’Accpi e il CPA intendono fare una garbata pressione sull’UCI, hanno declinato l’invito.

Nella conferenza stampa che si è tenuta ieri a Salò, le parole più giuste le ha usate Mauro Vegni, padrone di casa. «Era una questione straordinaria – ha detto il direttore del Giro che in apertura stringe la mano a Canola – è stato sbagliato affrontarla come fosse ordinaria».

Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY
Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY

No agli scioperi

Bugno ha ripetuto ad oltranza lo stesso concetto: non si tratta di una protesta. E mentre lo diceva ci chiedevamo: perché dopo tre mesi così non dovrebbero protestare?

«I corridori non hanno colpe – ha detto – abbiamo cercato di trovare alleanze e soluzioni, che non sono mai state accettate. Non ci sono molte soluzioni. I braccialetti con cui intendiamo sensibilizzare il gruppo e la stampa servono a capire il perché di questo atteggiamento. Non sono una protesta. Chiediamo che questi ragazzi possano parlare e l’UCI ha il dovere di farlo. Una richiesta che deve arrivare da tutto il gruppo, perché loro ne fanno parte pur essendone stati allontanati. Non è un discorso di soldi, correrebbero anche domattina. Sono stato corridore anche io, so che in questo momento la bici è tutto. Ma gli scioperi non portano a risultati. Ne ho fatti e ho visto come sono finiti (qui però in ballo non c’è una tappa da correre sotto la pioggia, qui si parla di vite umane, ndr). Il nostro scopo è sensibilizzare l’ambiente».

Canola al limite

Se stai male, vuoi un dottore che ti curi o uno che ti tenga la mano sulla fronte? La ricerca della soluzione diplomatica in tre mesi non ha prodotto alcun frutto. E se non fosse per la nazionale che ha fatto correre a sprazzi gli italiani, sarebbero fermi da marzo.

Dopo un po’ si nota che Marco Canola al tavolo dei diplomatici ci sta stretto. Forse perché l’ammalato è lui e delle cure palliative ricevute sinora comincia ad averne le tasche piene. Lo tengono a freno, perché l’obiettivo non è protestare, ma distendere.

«Questo braccialetto non aiuterà a risolvere il problema – dice – ma a far capire quello che stiamo passando. Non capisco perché dei colleghi non debbano metterlo, non è un brand, non danneggia il loro sponsor. La situazione è insostenibile. Siamo qui in due (facendo un cenno a Cristian Scaroni, seduto accanto, ndr), gli altri sono a casa col morale a terra e stanno male per la disperazione. Non sanno se potranno continuare, quello che sta accadendo rende vani i sacrifici di una vita. Non è giusto che paghiamo per una colpa non nostra. Vogliamo che l’Uci ci dia risposte, quelle che abbiamo avuto sono state molto vaghe. Abbiamo provato la via diplomatica, senza sortire effetto. Se questi sono i capi del ciclismo, non meritano di governare il nostro bellissimo sport, perché non ne incarnano i valori».

Le bugie di Lappartient

Il silenzio dell’UCI è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle ai 21 corridori cui il primo marzo ha chiuso la squadra. All’indomani della Liegi, ha organizzato una conferenza online, invitando tutti i professionisti – uomini e donne – tranne quelli della Gazprom. E a Gilbert che ha chiesto loro come mai, ha risposto che li avrebbe chiamati di persona. Non lo ha mai fatto. E’ troppo presto per parlare di dimissioni?

Le richieste erano chiare, le risposte sono state secche e prive della volontà di arrivare a una soluzione.

Non si può alzare il tetto dei 31 corridori, perché siamo al primo anno delle retrocessioni e promozioni. Perciò, se una squadra si mettesse al riparo dalla discesa o conquistasse la salita al WorldTour grazie a corridori presi durante l’anno, si potrebbe creare il presupposto per un ricorso. Non sarebbe sufficiente stabilire che i corridori ex-Gazprom ingaggiati non portano punti alla squadra? Nessuna risposta.

In Italia c’è il limite di 16 corridori per continental e il tetto a due soli ex professionisti. Non si può concedere una deroga? Nessuna risposta.

Nessun rispetto

Se questa è la considerazione dell’UCI per i suoi interlocutori, atleti e loro rappresentanti, viene da pensare che quantomeno i secondi non si siano conquistati il rispetto sul campo. Che forse dire sempre di sì non paga. Magari è giusto continuare a perseguire la via diplomatica anche dopo tre mesi di mancate risposte. Secondo altri però si potrebbe pensare di protestare come quando nelle fabbriche avvengono licenziamenti di massa.

«Così facendo – risponde Salvato – si danneggerebbero gli organizzatori». Si è mai visto uno sciopero che non abbia creato disagio? Si sciopera per quello. Ci fosse un po’ di Francia anche in Italia… Scommettete che se si trattasse di corridori francesi, una soluzione l’avrebbero trovata?

Comunque per ricordare al signor Lappartient che sta disprezzando le vite di uomini e non le loro statistiche, abbiamo realizzato due brevi interviste ai corridori presenti ieri a Salò. Canola e Scaroni. Guardatele. Parlano di dolore e carne viva. Non concorreranno all’Oscar del cinema, ma almeno in questo modo il presidente potrà guardarli in faccia. E magari chiedergli scusa.

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