Succede tutto. Longo cade, Van Vleuten ipoteca il Giro

04.07.2023
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CERES – Il momento chiave nell’economia del Giro Donne avviene quando mancano circa sette chilometri alla fine della quinta tappa, quella considerata regina e che supera le attese della vigilia. Si scende da Sant’Ignazio, l’ultimo Gpm di giornata, verso Pessinetto. Prima di un tornante stretto a destra c’è una curva veloce che va verso sinistra. Sono quelle che possono fare la differenza nel bene o nel male. E’ lì che si costruisce la forte ipoteca della maglia rosa sulla generale.

Van Vleuten e Longo Borghini inseguono Niedermaier. Prima l’olandese e poi l’italiana sbagliano l’entrata in curva e cadono a distanza di pochissimi secondi l’una dall’altra ma con esiti diametralmente opposti. La leader del Giro Donne tira dritto nel prato e riparte subito. La campionessa italiana della Lidl-Trek scoda e vola oltre un cumulo di terra e sassi in mezzo alle piante facendo vivere un grosso spavento a tutti finché non ricompare. Sul traguardo di Ceres si avverte il pathos tipico delle tappe che mantengono alta l’attenzione di chi la segue. Alla fine vince Niedermaier che resiste al violento assalto di Van Vleuten mentre Fisher-Black completa il podio parziale.

La giovane Antonia

La ventenne Niedermaier trova il successo più importante della carriera in Italia dove nel 2021 a Trento da junior aveva colto l’argento europeo a cronometro. Ora è seconda a 2’07” da Van Vleuten, indossa la maglia bianca di miglior giovane e per lei è lecito pensare a difendere il piazzamento da Ewers (terza a 2’18”) e tutte le altre.

«Oggi ho sfruttato l’occasione – racconta la tedesca della Canyon Sram con un grande sorriso – per attaccare considerando che le big si stavano studiando. Ho scollinato con 15” di vantaggio e in discesa ho solo pensato a mantenere quel margine. Sentivo di avere buone gambe, soprattutto negli ultimi cinque chilometri ma onestamente devo dire che l’ultimo chilometro (tutto in salita, ndr) sembrava ne durasse dieci. Solo quando ho passato la linea ho realizzato quello che avevo appena fatto».

«Naturalmente il mio obiettivo è stare nelle posizioni alte della generale, cercando di portare a casa la maglia bianca. Vedremo quello che succederà nei prossimi giorni».

Minuti e cadute

Dietro Niedermaier, le atlete arrivano alla spicciolata ed il tassametro sale. I volti delle ragazze che si infilano nella strettoia dopo il traguardo tra municipio e chiesa sono scavati dalla fatica.

Alcune di loro portano i segni delle cadute. Fisher-Black ha il braccio sinistro e parte del mento abrasi da una caduta di inizio tappa. Longo Borghini invece ha la maglia tutta rovinata, sporca e maschera il dolore delle forti botte. Per lei sarà d’uopo una visita all’ospedale per accertamenti anche se apparentemente sembra voler trasmettere tranquillità a Francesca Della Bianca, medico della squadra che l’accompagna al bus, sotto gli occhi preoccupati di mamma, nipote e cittì Sangalli.

Marta Cavalli si tocca il fianco destro seppur non abbia strappato i pantaloncini. Bocche cucite, difficile strapparle qualche dichiarazione in questi momenti concitati. Ma qualcuno parla per lei.

«Marta è molto delusa per oggi – commenta Stephen Delcourt, il general manager della Fdj-Suez – più per la caduta nell’ultima discesa che altro. Il nostro piano di oggi era quello di fare un buon ritmo sulla prima salita. Dal Gpm è transitata staccata ma è rientrata sulla testa della corsa insieme ad altre atlete. Davanti c’erano Van Vleuten e Longo Borghini e Marta ha saputo tornare su di loro. Però lei adesso non è al meglio della condizione.

«Deve avere pazienza, ha bisogno di accettare che non è un robot. Step by step potrà rientrare a combattere per le classifiche generali».

Cavalli spiega a Delcourt la sua caduta. Giornata difficile per la cremonese della Fdj-Suez
Cavalli spiega a Delcourt la sua caduta. Giornata difficile per la cremonese della Fdj-Suez

«Gli obiettivi di Marta – continua Delcourt – erano e sono sia il Giro Donne che il Tour Femmes ma dopo la caduta dell’anno scorso lei ha sempre più bisogno di continuare a correre. Noi siamo davvero molto tranquilli e pazienti per il suo ritorno ad alto livello. Il suo morale è buono anche se la seconda tappa poteva dare l’impressione contraria. Adesso deve concentrarsi sul conquistare una tappa (ora è tredicesima a 6’15”, ndr). Anzi, come squadra dobbiamo proprio vincere prima che inizi il Tour».

Vista da Gaia

L’interminabile cerimoniale del Giro Donne obbliga tutti a fare i conti con l’orologio e con difficoltà logistiche. Però sotto il podio delle premiazioni c’è spazio per farsi raccontare la tappa da Realini, quinta in classifica a 3’14” e maglia azzurra di miglior italiana.

«La Van Vleuten – ci dice Gaia – ha attaccato subito sul Pian del Lupo (Cima Coppi del Giro Donne, ndr), una salita lunga e dura. Io l’ho seguita e abbiamo fatto la differenza sulle altre. Ci aspettavamo questa azione della maglia rosa. Nella riunione pre-gara ci eravamo detti di fare molta attenzione. Il resto della tappa però era vallonata e siamo state riprese finché ci siamo raggruppate in una decina. Sull’ultima salita Van Vleuten ha attaccato ancora ma stavolta è stata Elisa ad andarle dietro. Alla fine ho chiuso in sesta posizione e va bene così. La seconda tappa aveva fatto già la differenza».

«Questo Giro non era disegnato molto duro però sapevamo che Van Vleuten ad ogni tappa avrebbe tentato qualcosa. Noi ci siamo difese, lo faremo fino all’ultimo giorno e vedremo come andrà a finire».

Realini (qui col cittì Sangalli) ha dimostrato di saper tenere le ruote di Van Vleuten
Realini (qui col cittì Sangalli) ha dimostrato di saper tenere le ruote di Van Vleuten

«La mia discesa è andata bene – conclude Realini, spettatrice diretta dell’incidente a Longo Borghini – l’ho presa con le altre dietro. Avevamo un ritardo di circa 20” e siamo scese un po’ più tranquille. Invece Elisa ha avuto questa caduta. Sono passata di lì poco dopo.

«Un po’ ho preso paura perché non vedevo Elisa e in radio ho subito chiesto cosa fare ad Ina (la diesse Teutenberg, ndr). Mi ha risposto di proseguire senza preoccuparmi che ci avrebbe pensato lei. Adesso vediamo com’è messa e chiaramente spero stia bene».

Gasparrini, il successo che mancava e i dettagli da curare

26.06.2023
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«Finalmente è arrivata la prima vittoria WorldTour. Un po’ cercata, un po’ inaspettata, è stata una liberazione». Proprio una settimana fa, al Tour de Suisse Women, Eleonora Camilla Gasparrini ha fatto centro nella terza tappa suggellando a dovere un bel momento di forma.

La torinese di None ieri ha corso il campionato italiano a Comano Terme per difendere la maglia tricolore U23 (andata a Realini), ma sapendo contemporaneamente che con ogni probabilità avrebbe dovuto lavorare per Magnaldi e Persico (poi seconda al fotofinish dietro Longo Borghini) più adatte di lei al percorso. Nessun problema però per la 21enne del UAE Team ADQ. Gasparrini sa quando bisogna sacrificarsi per le compagne o quando è il proprio turno per entrare in scena in prima persona. Ora è già concentrata su ciò che l’aspetta e mentre lei chiude la valigia per la prossima trasferta ne abbiamo approfittato per farci raccontare questo suo recente periodo.

Al Tour de Suisse Eleonora Camilla Gasparrini ha conquistato la sua prima vittoria WorldTour
Al Tour de Suisse Eleonora Camilla Gasparrini ha conquistato la sua prima vittoria WorldTour
Eleonora come sono stati questi ultimi giorni?

Intensi (risponde con un sorriso e un sospiro, ndr). Martedì scorso dopo l’ultima tappa del Tour de Suisse ho preso il volo da Zurigo per Londra perché mercoledì avevo i test nella galleria del vento a Silverstone, in una struttura a fianco del circuito di Formula Uno. Poi in serata sono ripartita da Londra per Torino. Ho fatto un giorno a casa e poi sono andata in Trentino per gli italiani. A Comano il tracciato era piuttosto duro, più di quello che ho dato non ne avevo, ma sono molto contenta per il risultato di Silvia (Persico, ndr).

Come sono stati questi test?

Li ho fatti sulla bici da crono. Li considero una sorta di investimento per il futuro per migliorare la posizione ed il coefficiente di aerodinamicità. Già a febbraio nel velodromo di Valencia avevamo lavorato su alcune misurazioni, ma stavolta è stato qualcosa di molto più approfondito, che per la verità non avevo mai fatto in precedenza. Ho capito che curare questi dettagli è fondamentale. Mentre ero su ne parlavo con Alejandro Gonzalez (uno dei diesse della UAE ed head of performance, ndr), che mi ha accompagnato assieme ad un meccanico ed altre compagne. Abbiamo constatato come si possano guadagnare 15/20 watt in ogni fase di spinta.

Gasparrini è in continua crescita. Per lei non solo obiettivi con il UAE Team ma anche con la nazionale
Gasparrini è in continua crescita. Per lei non solo obiettivi con il UAE Team ma anche con la nazionale
Bastianelli ci ha detto tante volte di quanto tu sia precisa e scrupolosa. Questo investimento di cui parlavi è rivolto alle gare a tappe?

Marta è sempre molto buona con me (sorride, ndr). Per me lei è diventata subito un riferimento, ammiro la sua determinazione e la sua capacità di tirare sempre fuori qualcosa dal cilindro. Personalmente non voglio mai lasciare nulla al caso. Sono giovane, ma forse perché sono figlia di una generazione moderna, mi viene facile cercare sempre il miglioramento. L’idea è proprio quella di diventare più competitiva nelle corse a tappe più corte, visto che ormai una cronometro la mettono sempre. Il livello è sempre più alto e voglio farmi trovare pronta. Stando tanto tempo in camera con Marta, ho avuto modo di parlare anche di queste cose. Anzi, ho cercato di imparare da lei, oltre a strapparle qualche segreto del mestiere.

Gasparrini in galleria del vento ha lavorato sulla posizione a crono. Vuole migliorare per le gare a tappe
Gasparrini in galleria del vento ha lavorato sulla posizione a crono. Vuole migliorare per le gare a tappe
Torniamo al tuo successo al Tour de Suisse. Che sensazione è stata?

Sapevo di avere una bella condizione, ne ero consapevole, ma per un motivo o l’altro non riuscivo ad impormi. Arrivavo da buoni piazzamenti alla Ride London e Het Hageland, dovevo solo finalizzare. In Svizzera c’erano un paio di tappe più indicate per me. Alla prima ho fatto terza, a Ebnat-Kappel invece ho aggiustato la mira e ho vinto. Oltre tutto avevo una spinta morale in più. Era venuto a mancare mio nonno da pochi giorni e credo che da lassù mi abbia aiutato a vincere. E’ a lui che ho dedicato questa mia prima vittoria WorldTour.

Cosa cambia in Eleonora Gasparrini dopo questa vittoria?

Sicuramente c’è molta più responsabilità rispetto a prima. Un po’ come dopo la prima vittoria UCI con la Valcar lo scorso agosto, anche se c’era meno pressione. Di base ho una giusta autostima e riesco a farmi scivolare addosso la tensione. Sono convinta dei miei mezzi e so dove posso essere competitiva. Ecco, adesso mi sento più grintosa. E so a maggior ragione che partire alle gare con compagne favorite è un ulteriore stimolo a fare bene.

Gasparrini correrà il Tour Femmes in supporto alla squadra, ma è pronta a giocarsi le sue carte
Gasparrini correrà il Tour Femmes in supporto alla squadra, ma è pronta a giocarsi le sue carte
Che programmi ci sono nel tuo calendario?

Sono arrivata a Livigno ieri sera direttamente da Comano Terme. Farò altura per tre settimane poi correrò il Tour Femmes. Andrò in Francia con aspettative ben precise, ovvero essere di supporto alla squadra e alle compagne che cureranno la generale. Ovvio che poi vedremo se ci sarà l’occasione di giocarmi le mie carte in qualche tappa.

Mondiale ed europeo? Il cittì Sangalli ti tiene molto in considerazione per entrambe le gare…

Lo so e per questo ho fatto una programmazione ragionata per questi due appuntamenti. Sono due obiettivi importanti. Per arrivarci pronta, ogni giorno sto cercando di mettere un mattoncino, ma senza angosciarmi. Se preparo a dovere il Tour e ne esco bene, so che al mondiale potrò fare altrettanto.

Realini tira, non vince ma è campionessa italiana U23

25.06.2023
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COMANO TERME – Quando la strada sale, Gaia Realini risponde sempre presente. Oggi ha portato a casa una maglia tricolore tirando senza alcuna riserva su ogni rampa del circuito finale. Il titolo è under 23, ma rappresenta la vincita da gregaria, il che non è quasi mai possibile quando la capitana alza le braccia.

«Secondo me sono più felice io di lei» ha detto la Realini sul palco delle premiazioni dopo aver sputato lo spumante appena stappato, raccogliendo la risata di tutto il pubblico. L’esuberanza dell’abruzzese non va di certo di pari passo con la sua stazza. Piccola e minuta, è l’anima della squadra, non a caso dopo l’arrivo ha cominciato a urlare di gioia per la vittoria di Elisa Longo Borghini. 

Obiettivo principale

«L’obiettivo principale era quello di riportare la maglia Elite a casa». Gaia esordisce così quando le si chiede com’è andata la corsa. Unendo i puntini infatti, tutto diventa più chiaro. «Averla aiutata – continua – mi rende ancora più felice. Abbiamo eseguito tutto quello che avevamo deciso ieri. Tutti quanti avranno qualcosa da ridire sulla mia tattica di gara. Diranno “potevi attaccare prima” oppure “potevi giocarti le tue carte”. Possono criticare quanto vogliono ma abbiamo portato a casa il tricolore e questa è la cosa più importante. 

«Sinceramente – dice – sono molto più contenta per il suo risultato che per il mio. E’ una maglia importante e stasera magari metabolizzerò anche io questa mio risultato tricolore». L’impressione è proprio questa, per Gaia il fatto di aver vinto il campionato italiano U23 con il suo quarto posto assoluto conta ma non così tanto. Per onor di cronaca a comporre il podio insieme a lei c’erano seconda Francesca Barale e terza Gaia Masetti.

Una parola

La mamma l’ha definita “la più pazza del gruppo”. Gaia è un concentrato di energia. «Stasera festeggeremo con un chilo di gelato». La sua solarità e spensieratezza ha ammaliato ogni membro del gruppo. Dalle compagne ai diesse. Perfino i genitori di Elisa si sono avvicinati a lei per complimentarsi e sussurragli «Gaia i diamanti e le cose preziose spesso sono piccole, mai grandi». 

A renderla ancora più mascotte del team c’è però una parola che riecheggia da ogni membro dello staff Trek Segafredo. Una parola detta in dialetto “ngul”. Di facile comprensione anche per chi non bazzica nelle terre abruzzesi. Anche Slongo non ha potuto fare a meno di essere contagiato da questo essere esuberante di Gaia. Tant’è vero che proprio a Paolo la piccola neo-campionessa U23 ha regalato una maglia con quella parola stampata sul petto giusto pochi giorni fa. Ma questa è una storia da “spogliatoio“ e tale deve rimanere. 

Qui la Realini in uno dei suoi tanti scatti non così convinti
Qui la Realini in uno dei suoi tanti scatti non così convinti

Ora il Giro

Tra meno di una settimana il Giro Donne scatterà da Chianciano Terme e la Trek-Segafredo che oggi ha fatto bottino pieno, è pronta a puntare alla classifica generale. La Realini è e sarà a tutti gli effetti una delle chiamate in causa insieme alla olandese Shirin van Anrooij. Per loro, entrambe giovanissime rispettivamente 22 e 21 anni, la corsa rosa sarà un test importante per la stagione. 

«Sicuramente questa gara – conclude la Realini – mi ha dato molta fiducia e partiremo con una squadra forte e determinata. Cercheremo il miglior risultato e combatteremo su ogni fronte. Sono in condizione di dire la mia e mi farò trovare pronta anche per questo importante appuntamento».

Nove tappe per dimostrare di essere all’altezza per dire la propria. Da inizio stagione nessuno ha mai messo in dubbio la sua lealtà e forza in salita. Sarà da vedere ora se lo stesso vale quando la sua ruota dovrà arrivare prima di tutte le altre.

Slongo su Realini: dalla Vuelta Femenina tante certezze

21.05.2023
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Una paio di settimane fa Gaia Realini concludeva al terzo posto la sua Vuelta Femenina. Dopo le belle prestazioni d’inizio stagione e nelle classiche delle Ardenne ancora un traguardo di successo per la portacolori della Trek-Segafredo. Ormai Gaia è una realtà a tutti gli effetti del nostro ciclismo femminile. 

E della Vuelta e non solo vogliamo parlare con Paolo Slongo suo direttore sportivo, e preparatore di lungo corso. Paolo non segue direttamente Gaia, ma ha l’occhio dell’allenatore e comunque ha accesso a dati e tabelle. Partendo da questa Vuelta facciamo un punto con lui.

Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo, ti aspettavi una Realini già a questo livello al suo primo anno di WorldTour? Ha disputato una grande Vuelta…

Sicuramente Gaia ha dalla sua la carta d’identità. E’ giovane. Noi l’avevamo notata due anni fa al Giro Donne quando si faceva tappa su Matajur e lei ottenne un ottimo piazzamento (fu 11ª, ndr) nonostante fosse una ragazzina e corresse in un team più piccolo. Guercilena la volle prendere subito e la lasciò poi un altro anno a maturare in quella squadra. Che dire, è una bella persona e un’atleta molto determinata. Non ha paura del lavoro ed è predisposta ad imparare. Lavorarci insieme è piacevole.

E delle sue doti? Già in parte te lo avevamo chiesto dopo la super prestazione al UAE Tour Women…

E’ senza dubbio un’ottima scalatrice e con queste sue doti potrà portare a casa tanto. Io l’ho diretta al UAE Tour, come detto, al Trofeo Oro, alla Vuelta e presto anche al Giro. Vedo che sta imparando tanto. Anche col vento e nel muoversi in gruppo.

A proposito di gruppo: come la vedi? Non era facile entrare in un team, di grandi campionesse. Nelle Ardenne dopo gli arrivi abbiamo notato grandi abbracci…

Gaia si è ben integrata e adesso sempre di più col fatto che capisce e parla meglio l’inglese. Poi è simpatica, è piccolina… insomma si fa voler bene. E’ entrata in pieno nelle dinamiche del team e questo credo le dia ancora più forza.

Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Alla Vuelta era partita da capitana?

Le leader erano lei e Amanda Spratt. Poi Amanda è stata sfortunata nel giorno dei ventagli. Quando il gruppo si era spezzato, nel primo gruppo ne avevamo tre, tra cui le due leader appunto. Ma Amanda ha forato nel momento clou. A quel punto senza compagne Gaia è scivolata in coda al gruppo e poi si è staccata. Se non fosse successo tutto ciò avrebbe potuto vincere la Vuelta.

Beh, detto da te, che ne hai viste di storie, è una dichiarazione importante e che fa ben sperare in ottica futura…

E’ un bel bagaglio di esperienza. Chiaramente con le sue caratteristiche fisiche Gaia soffre certi ritmi e certe situazioni in pianura. Comunque dopo che anche lei si è staccata a quel punto ho fermato l’unica atleta che ci era rimasta davanti per limitare i danni. Quel giorno abbiamo perso 2’41”.

Una bella batosta.

Esatto. Il giorno dopo sul bus, ho prima fatto i complimenti alle ragazze per l’impegno che ci avevano messo. Ho detto loro che si era trattato solo di sfortuna ma che in vista del finale della Vuelta c’era spazio per recuperare. «Possiamo fare una top 5», dissi. Tutte mi guardavano con incredulità. Ma io conoscevo bene l’ultima salita, quella dei Lagos di Covadonga, l’avevo fatta ai tempi di Nibali e mettendo insieme tutte le cose tra quella tappa e la penultima – anch’essa frazione dura – si poteva fare bene.

Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
E infatti Gaia ha vinto a Laredo e ha fatto seconda ai Lagos… Quindi che motore ha? E’ pronta per i grandissimi appuntamenti?

Beh, è giusto dire che la allena Matteo Azzolini, io l’ho diretta in corsa. Certo che si è visto come su certi percorsi abbia combattuto alla pari con Van Vleuten e le altre che hanno espresso valori assoluti. Valori che di solito si esprimono d’estate nel clou della stagione, parlo di roba da Giro e Tour. Lei è lì e con un certo margine per il futuro.

E dove lo può pescare questo margine? 

Per lei è tutto nuovo. E’ importante che l’atleta prenda consapevolezza di quanto fatto. Capire che anche nei grandi Giri puoi competere con Van Vleuten e Vollering vuol dire molto. Più passa il tempo e meno avrà paura. Senza contare che poi certe corse ti portano ad una crescita fisiologica.

E ora, Giro d’Italia Donne?

Tra qualche giorno la porterò con le altre ragazze al San Pellegrino. Ci resteremo fino all’11 giugno. L’idea è di preparare il Giro, il Tour e l’italiano. Spero solo che questa pioggia sia alle spalle per quei giorni! 

In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
Per Gaia è il ritiro in quota? Anche questo contribuisce al margine di cui dicevamo…

Sicuramente è il suo primo ritiro in quota di squadra. Per lei sono tutte cose nuove che fanno parte del ritrovarsi in un team grande. Anche solo fare i massaggi ogni giorno lassù non è poco, ti dice del salto di qualità. E stare con atlete di livello come Longo Borghini, Chapman o Spratt è stimolante.

Come lavorerete? Tanta endurance?

Tanta endurance, ma anche sui volumi. Mi spiego: essendoci lassù delle salite lunghe le ragazze possono stare per tempi più lunghi su determinate zone d’intensità. Poi inserirò anche qualche seduta più spinta e con il mio storico scooter le farò fare anche del dietro motore per il lavoro a crono, pensando al prologo del Giro.

Vuelta Femenina, dietro le olandesi spunta Realini

09.05.2023
6 min
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Chi meglio la conosce sa che, sul podio finale della Vuelta Femenina, Gaia Realini si è chiesta cosa ci facesse accanto a Van Vleuten e Vollering. Lei si è limitata a godersi il magnifico stupore, mentre gli altri hanno iniziato a ragionare sulla sua prestazione. Se a 21 anni hai la forza per tenere testa alla campionessa del mondo e all’astro nascente del ciclismo femminile, il terzo posto nella corsa spagnola significa qualcosa di importante.

«Ho pensato proprio a questo – sorride Realini col gusto di raccontarlo – cosa ci faccio qui? Non riesco a realizzare dove sono arrivata e dove posso arrivare. Proprio non lo so. La vittoria di tappa e il terzo posto sono stati inaspettati. Quando domenica sono arrivata al traguardo e ci siamo messi a guardare i distacchi, la ragazza che era lì con me mi fa: “Guarda che sei terza in generale!”. Le ho detto che non era possibile. Dopo le prime tappe ero a dir tanto cinquantesima. Poi sono diventata quindicesima e adesso sarei stata terza? Io ero incredula di tutto, lei prendeva i tempi e alla fine ha avuto ragione. Ai Lagos de Covadonga sono volati distacchi pesanti. Ma è stato davvero inaspettato…».

Il viaggio di Gaia alla Vuelta è iniziato dopo il terzo posto alla Freccia Vallone e il settimo alla Liegi: altre anticipazioni di futuro da cogliere con discrezione e mettere da parte. Da qui a dire che sia andata in Spagna per puntare alla generale ce ne vuole, ma il bello del suo stupore è che le impedisce di porsi limiti.

Sei andata sapendo di stare così bene?

Sicuramente la preparazione era buona, però sono andata senza nessuna pretesa, con l’idea di godermi la mia prima Vuelta. Per imparare e mettermi a disposizione della squadra.

Prima Vuelta, ma avevi già esperienza di Giro d’Italia. Ci sono tante differenze?

Molta differenza non c’è stata, perché comunque le ragazze sono le stesse. Forse cambia il modo di correre, dato che in Spagna ci sono solo sette tappe e al Giro invece sono dieci. Con tre giorni in meno, si combatte subito, c’è più bagarre. Ci si risparmia meno.

Siete partite con il terzo posto nella cronosquadre.

Ce la siamo cavata benissimo. Poi sapevamo che la seconda e la terza tappa sarebbero state completamente piatte, senza aspettarci la batosta così dura per i ventagli nella terza. Abbiamo preso il buco, io per prima. Dietro di me Amanda Spratt ha bucato, quindi tutto il team è rimasto nel secondo gruppo. E’ stata una giornata difficile da mandar giù (a La Roda, il distacco della Trek-Segafredo all’arrivo è stato di 2’41”: lo stesso che sul podio la dividerà da Van Vleuten, ndr). 

Parlando a febbraio con Larrazabal, capo dei preparatori alla Trek, si ragionava sui ventagli e ci avvisò che quelli del UAE Tour in cui ti eri mossa benissimo fossero più semplici di quelli belgi o spagnoli…

Le strade erano molto più strette. Siamo sempre 150 ragazze, un conto è metterle su una strada immensa come quelle nel deserto, che di lato c’è la sabbia, altra cosa in Spagna, che a lato ci sono l’erba, le buche e le scarpate. Hai quasi paura, è molto più pericoloso.

Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Dal giorno dopo è scattata la rabbia?

Non abbiamo perso la concentrazione, siamo rimaste sempre noi stesse e super motivate. Sapevamo che la classifica si poteva comunque ribaltare nelle tappe di montagna. Ho dei rimorsi legati a quel giorno, però fino a un certo punto. Sono ancora giovane, devo imparare molto da questo lavoro. Non è scattata la rabbia, semplicemente sapevo che iniziavano le tappe adatte a me. Quindi testa bassa e non mollare. Non voltarsi indietro e guardare avanti. E alla fine, grazie anche al team e al bellissimo clima che c’è, abbiamo portato a casa un bellissimo risultato.

A Laredo ti sei trovata davanti con Van Vleuten, scatti e controscatti e poi l’hai battuta. Come è stato?

Mi sono vista al primo anno in una WorldTour insieme alla campionessa del mondo. Emozione tanta, ma nessuna pressione, perché ero fuori classifica, quindi non dovevo fare chissà cosa. Qualcuno mi ha criticato perché non ho dato mai il cambio, ma io non avevo pretese, non dovevo prendere io la maglia rossa, quindi non avevo niente da perdere. Poi in volata ce la siamo giocata e vedendo il fotofinish, ho vinto davvero per poco.

Van Vleuten ha fatto il forcing perché voleva guadagnare su Vollering, compreso l’attacco mentre Demi si era fermata per fare pipì. Tu cosa hai capito di questa storia?

Van Vleuten sa bene quello che vuole, è molto concentrata e la squadra la asseconda. Non so bene come siano andate le cose. Ho sentito dire che Vollering si è fermata per un pit stop e la Movistar si è messa davanti ad attaccare. Non lo vedo come una cosa molto rispettosa, non c’è stato un grande fair play. Tutti abbiamo necessità fisiologiche.

Van Vleuten ha detto che quello era il punto in cui avevano deciso da tempo di attaccare. Ha sbagliato Vollering a fermarsi proprio lì?

In quel punto c’era molto vento, era molto aperto. Si capiva che potesse succedere qualcosa, però è anche vero che stavamo andando piano, quindi forse Demi ha valutato di potersi fermare. Ma non so davvero bene come sia andata.

Si rivede anche Marta Cavalli: 10ª nell’ultima tappa e 13ª in classifica finale
Si rivede anche Marta Cavalli: 10ª nell’ultima tappa e 13ª in classifica finale
Il tuo calendario prevede anche il Giro d’Italia?

Sì e sarò a disposizione della squadra. Quello che mi diranno di fare si farà senza pretese né pressioni. Non mi sarei aspettata che a 21 anni mi sarei trovata così bene, ma bisogna rimanere sempre coi piedi a terra, perché oggi può andare bene e domani può andarti male. Tutto questo è il punto di partenza per migliorare. Ecco, io almeno la penso così.

Sangalli, dal Nord garanzie solide dalle sue azzurre

28.04.2023
6 min
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Quasi come un lampo, la prima parte di stagione del ciclismo femminile è volata via ed è già in archivio. All’orizzonte c’è una lunga sequela di giri a tappe che daranno altri spunti e indicazioni. Col cittì Paolo Sangalli abbiamo tracciato un bilancio sulla campagna del Nord delle nostre ragazze, tra elite e junior.

Quella di quest’anno non è stata sicuramente la grande primavera del 2022, ma dietro ci sono in maniera altrettanto certa più motivazioni che giustificazioni. Alla luce di tutto sono mancate alcune vittorie, non però risultati e prestazioni. E questo il tecnico azzurro, oltre che sul proprio profilo instagram, lo ha sempre riconosciuto a tu per tu con le sue atlete.

La nazionale junior schierata da Sangalli alla Omloop Van Borsele in Olanda (foto instagram)
La nazionale junior schierata da Sangalli alla Omloop Van Borsele in Olanda (foto instagram)
Paolo iniziamo dalle juniores, per le quali volevi che facessero innanzitutto esperienza estera. Come sono andate?

Sono molto contento di loro. In Belgio e Olanda hanno toccato con mano cosa significa correre lassù. Quest’anno ho voluto fortemente che cambiassero alcuni regolamenti in modo che anche un nostro team potesse partecipare. La BFT-Burzoni è venuta alla Gand-Wevelgem mentre la Valcar Travel&Service era presente alla recente Omloop Van Borsele. Direi che il loro contributo lo hanno dato ai fini della nazionale stessa. Dopo la Gand eravamo settimi nel ranking, ora invece siamo secondi. Tenete conto che le prime cinque nazioni della Nations Cup possono portare cinque atlete al mondiale, quindi una in più rispetto alle altre. E questo cambia tanto. Fra una settimana saremo al Tour du Gevaudan Occitanie con nazionale e BFT-Burzoni ed è l’ultima prova valida prima di Glasgow. Dobbiamo solo completare l’opera mantenendo o migliorando il nostro punteggio.

A livello individuale cosa puoi dirci?

Ho avuto buone risposte da tutte le ragazze. Venturelli è in crescita. Ha fatto seconda sia alla crono sia nella generale della Van Borsele tra le due britanniche Sharp e Ferguson. Iaccarino ha collezionato piazzamenti. Quarta alla Gand, poi terza e quinta di tappa in Olanda. Anzi, è stata pure sfortunata. Nella crono inaugurale dopo una svolta a destra si è trovata davanti a sé un camion che procedeva occupando tutta le sede stradale per tanti metri. Mai visto una cosa del genere. Ha perso comodamente trenta secondi e magari poteva piazzarsi anche lì. Hanno corso bene anche Baima e La Bella ma anche loro non sono state troppo fortunate con una serie di cadute. Anita (Baima, ndr) che aveva fatto ottava alla Gand, si è rotta una clavicola. Peccato ma so che tornerà presto in forma.

Venturelli ha corso la Van Borsele con la Valcar chiudendo al secondo posto nella generale (foto Ossola)
Venturelli ha corso la Van Borsele con la Valcar chiudendo al secondo posto nella generale (foto Ossola)
Passando alle elite invece come valuti questo periodo delle classiche?

In tutte le gare le ragazze sono state protagoniste e ben presenti negli ordini d’arrivo. Al netto di tante considerazioni, mi ritengo molto soddisfatto. Finora è stata una stagione un po’ falsata da varie defezioni o stati di forma che hanno stravolto le dinamiche di gara. Se in corsa ti mancano elementi come Longo Borghini o Van Dijk e la stessa Van Vleuten non è quella che siamo abituati a vedere, è ovvio che la gara può prendere una certa piega più facilmente. Sia chiaro, il valore di una corazzata come la SD-Worx non si discute perché sarebbe ingrato dire il contrario, ma possiamo dire che quest’anno i team rivali hanno pagato più del dovuto alcuni intoppi.

Come hai viste le tue ragazze specialmente nell’ultimo mese?

Una bella vittoria è senza dubbio quella di Persico al Brabante. Ha battuto in volata la dominatrice Vollering e credo che questo significhi qualcosa. Si vede che Silvia ha imparato la lezione del Fiandre. Longo Borghini è una garanzia, ormai non so più come definirla (sorride, ndr). Dopo un mese ferma per covid è rientrata facendo subito risultati. Peccato per il secondo posto alla Liegi ma a me ha entusiasmato il terzo al Fiandre. Dopo che aveva tirato tutto il giorno, senza risparmiarsi, ha avuto la forza di fare quel tipo di sprint. Per le altre posso andare un po’ in ordine sparso?

La vittoria di Persico su Vollering ha avuto un grande significato per Sangalli
La vittoria di Persico su Vollering ha avuto un grande significato per Sangalli
Certo, prego…

Un’altra costante è Paladin. Ha fatto bella figura ovunque. Il suo quinto posto all’Amstel meritava qualcosa in più dopo che aveva fatto una bella azione solitaria nel finale. Sono di parte, certo e ci mancherebbe altro, ma forse le sue compagne potevano fare qualcosa in più per proteggerla poco prima del Cauberg. Alla Roubaix davanti c’erano Tomasi e Ragusa. Laura è stata brava ma sfortunata nel cadere in uno degli ultimi settori altrimenti poteva arrivare col gruppetto di testa. Katia finalmente è stata ripagata di tutto il lavoro fatto. E’ un’atleta generosa ed ha avuto del coraggio andando in fuga da lontano. Non ha mollato e ha centrato un grande secondo posto. Sono contento per lei.

Andiamo pure avanti.

Una menzione la faccio volentieri per entrambe le sorelle Fidanza. Martina ha vinto a Mouscron grazie alla volata tirata da Arianna. Anche Gasparrini e Bastianelli, che ha vinto Le Samyn, hanno fatto molto bene. Uguale Consonni per i suoi podi e Bertizzolo, che ha avuto diversi problemi fisici. Sono contento di Barale e Ciabocco che non hanno sfigurato in generale. Mi dispiace per l’infortunio di Guazzini perché penso che avrebbe potuto ottenere qualcosa di importante. Barbieri ha corso poco, ma era impegnata con la Nations Cup in pista. Poi non posso dimenticare di tre ragazze come Sanguineti, Guarischi e Cecchini. Loro non compaiono in cima agli ordini d’arrivo ma prima svolgono sempre un lavoro encomiabile per le loro capitane.

Sangalli sorpreso del veloce ambientamento di Realini ai vertici delle gare WT
Sangalli sorpreso del veloce ambientamento di Realini ai vertici delle gare WT
Che impressione ti ha fatto Realini?

Gaia è stata davvero una sorpresa in positivo. Il terzo posto alla Freccia Vallone e il settimo alla Liegi sono davvero tanta roba. Quest’ultimo piazzamento per me vale di più di quello che dice la classifica. Conoscevo Realini ma non mi aspettavo che andasse subito così forte e che corresse come una che ha più esperienza. Merito suo e merito della Trek-Segafredo, dove si vede che è seguita molto bene. Questa sua crescita è un’ottima risposta in prospettiva Tour de l’Avenir ed anche mondiale 2024, visto che dicono che a Zurigo ci sarà un percorso molto duro.

Facciamo gli ultimi due nomi. Il primo è Balsamo.

Non è stata la stessa primavera per Elisa. Non tutte le stagioni sono uguali e direi che sta facendo un suo programma. Elisa ha fatto seconda a De Panne, poi è caduta alla Gand. Anche lei ha disputato la Nations Cup ed ha risentito in squadra di assenze come Longo Borghini e Van Dijk, come dicevo prima. Con Balsamo abbiamo un obiettivo ben preciso ed è quello iridato di Glasgow ad agosto. Sta lavorando per arrivare al top in quel periodo.

Il secondo è Cavalli.

Neppure Marta ha avuto lo stesso aprile dell’anno scorso e anche lei, seppur con obiettivi diversi, sta facendo un proprio percorso. Ci vuole più tempo e pazienza. Sta recuperando bene e con la calma necessaria. Ha subito un trauma importante e solo l’opinione pubblica pensava che dovesse essere già là davanti in testa al gruppo a fare risultato. Mi sento spesso con lei e capisco che è ancora una questione mentale per sentirsi sicura in gruppo. I dati che ho visto parlano di una atleta in forze, da corridori di vertice. Ha fatto una buona Liegi. Come dicevo a lei, vedrete che da un giorno all’altro le passerà questo timore. Ora iniziano le gare a tappe dove si corre in un altro modo e lei potrebbe già farsi vedere un po’ di più. Noi la aspettiamo senza fretta.

Vollering a mani basse. Ma dietro spunta a tutta Realini

19.04.2023
7 min
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«Gli ultimi 800 metri sono talmente ripidi che questo muro ti guarda in faccia». Così parla del mitico Muro d’Huy, Gaia Realini. La portacolori della Trek-Segafredo è alla prima esperienza nelle corse del Nord e ha subito colto un podio.

La Freccia Vallone Donne se l’è presa – quasi da programma – Demi Vollering. Troppo più forte, troppo più in condizione in questo momento. Questa mattina vi avevamo proposto l’intervista con Elena Cecchini. Ebbene quel che ha detto la friulana si è verificato: sia il successo di Demi, sia il rilancio della Trek-Segafredo.

Vollering dominatrice

Nel fresco mattino di Huy, ad un’orario insolito, prende il via la Freccia Vallone Donne. La corsa si rivela un filo meno combattuta di quel che ci si poteva attendere. Forse proprio in virtù dell’orario alquanto mattutino.

Nel finale sembra quasi che ad essere decisiva possa essere la penultima cote, quella di Cherave. Scappano via in quattro, ma poi il Muro è il Muro e nessuna tira con convinzione. Si presentano sotto l’impennata finale, tra fumi di barbecue e bicchieroni di birra di chi è a bordo strada, una ventina di atlete. Ci sono tre italiane: Gaia Realini, appunto, la sua compagna Elisa Longo Borghini e Silvia Persico.

Vollering anticipa un po’. «Era questo ciò che voleva fare», ci confida la Cecchini dopo l’arrivo. Voleva togliersi dai guai, impostare il suo ritmo. E comunque ne aveva molta di più. 

E dietro? Dietro Niewiadoma sembra tenere e le altre non si muovono. Eppure c’è quello scricciolo bianco, azzurro e nero che si vede pedalare bene. Che danza sui pedali. E infatti dopo la terribile “S” al 20 per cento eccola che esce come una freccia. L’abruzzese rimonta veloce ed è terza.

Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Gaia, anche Longo Borghini ci ha detto che eri leader oggi. Come si reagisce di fronte a queste responsabilità? Si dorme la sera prima?

Sì, sì! Da quando sono arrivata in questa squadra c’è la pressione, ma la pressione giusta. Quella buona. Credono in me, nelle mie potenzialità. Mi hanno detto: «Tu domani sarai leader, si farà la corsa per te». Io all’inizio ho detto: «No, ma dai, sono nuova. Sono giovane, sono inesperta del mestiere. Non datemi questa responsabilità». Ma tutte le altre mi hanno detto che avevo fatto vedere buone potenzialità in salita e quindi si sarebbe corso per me.

E per fortuna! 

Le ragazze hanno fatto un gran lavoro. E’ indescrivibile quello che sono riuscite a fare per me. Mi hanno tenuto sempre coperta. Ho avuto un problema al penultimo giro, ho bucato e sono rientrsata grazie a loro che mi erano vicine. Ho sprecato il minimo delle energie e sono riuscita a finalizzare quello che è stato fatto. 

All’arrivo le tue compagne erano davvero contente. Ti hanno abbracciato e chiesto come fosse andata, Elisa Longo Borghini prima di tutte. Che consigli ti ha dato?

Elisa mi è stata molto vicina (in conferenza stampa Gaia ha aggiunto anche quanto sia felice di essere compagna di colei che è stata un suo mito, un riferimento che vedeva alla tv, ndr), ma anche le altre ragazze. Devo un grande, grande grazie a “Lizzie” Deignan.

Perché?

Era alla prima gara, al rientro sei mesi dopo la gravidanza. Lei mi ha guidato in tutto e per tutto. Si girava in continuazione per cercarmi e io cercavo lei. Davvero un bel feeling. Ma ripeto, anche con le altre ragazze.

A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini. In generale abbiamo notato grande solidarietà fra le italiane, specie tra le più giovani
A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini
Che impressione ti ha fatto il Muro d’Huy?

Eravamo venuti a provarlo la settimana scorsa e diciamo che in questi 800 metri finali hai la strada davanti agli occhi. Però il Muro mi piace, è duro e ho capito che in fondo mi sarei potuta giocare le mie carte.

Ci racconti come lo hai approcciato? Abbiamo visto che Vollering lo ha anticipato, non hai pensato di seguirla?

Lei ha accelerato fin dall’inizio, però ieri riguardando anche le gare degli anni passati, Elisa Longo Borghini mi ha consigliato di non prenderlo subito di petto, perché poi piano, piano quelle che lo aggrediscono fin da subito spesso rimbalzano (si veda giusto Niewiadoma, da 2ª a 11ª, ndr). E così mi ha detto: «Prendilo del tuo passo. Cerca il tuo ritmo. Non strafare fin dall’inizio». Io così ho fatto. E infatti sono riuscita a recuperare la terza ragazza proprio negli ultimi 100 metri.

Quindi eri in spinta fino alla fine?

Sì, in spinta. La gamba era buona e sono contenta per questo. Non posso che godermi questo terzo posto per me e per la mia squadra.

Guardiamola invece dall’altro lato: cosa ti manca per chiudere questo gap?

L’esperienza – replica diretta Realini – sicuramente l’esperienza incide tanto. Ma piano piano, sia io sia il mio allenatore e tutta la squadra ci arriveremo.

Rimpianti? Anche no

Prima di chiudere il capitolo Freccia Donne, merita una considerazione il fatto che Gaia Realini abbia finito il Muro in crescendo, ancora in spinta. Questo è un punto per noi fondamentale, specie in ottica futura.

Ma partiamo da oggi. Se si arriva in cima con tanta forza, è anche lecito chiedersi se invece si poteva dare di più. La risposta sta nel mezzo. Gaia è una scalatrice pura e forse potrebbe averlo preso un po’ più di petto rispetto a quel che le aveva suggerito Longo Borghini, ma sette secondi (tanto ha preso dalla Vollering), non sono pochi. Di certo non avrebbe vinto. Anche perché l’atleta della Sd Workx nonostante abbia anticipato ha guadagnato costantemente, poco, ma costantemente per tutto il muro.

Poi perché serve esperienza, come ha ribadito Gaia stessa. Bene dunque ha fatto Elisa Longo Borghini a suggerirle di andare di passo. Magari spingere anche solo 20 watt in più per 5 secondi prima avrebbe cambiato l’esito della sua scalata.

E poi la verità è che le misure, quelle vere, le può capire solo la protagonista. E’ lei e solo lei che può dosare lo sforzo in base alla distanza e quel che ha in corpo. E questo, specie da queste parti, lo si fa solo con l’esperienza. E di solito chi finisce il muro in spinta di solito la Freccia Vallone la vince. Chiedete a Valverde.

Quanto vale Gaia Realini? Risponde “capo” Josu

10.03.2023
6 min
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Sapete quanto tempo ha impiegato Gaia Realini per ambientarsi nella grande Trek-Segafredo? Meno di zero. E questo dà esattamente l’idea dello stupore con cui nella squadra americana stiano scoprendo l’abruzzese che al UAE Tour ha selezionato le più forti in salite e ha poi vinto il Trofeo Oro in Euro a Cinquale.

«Per come è fatta – spiega Josu Larrazabal – si è inserita nel gruppo in modo velocissimo. L’hanno accolta tutti come la giovane che devono curare e un po’ anche proteggere. Ha imparato l’inglese alla svelta e si buttava dentro senza problemi a parlare con tutte, anche quando magari non era ancora padrona della lingua. E questo ha fatto tanto a livello sociale, nel gruppo. Mentre per le prestazioni, mi ha stupito che sia riuscita a vincere così presto».

Josu Larrazabal è il responsabile dei preparatori della Trek-Segafredo
Larrazabal è il responsabile dei preparatori della Trek-Segafredo

Josu è il coordinatore dei preparatori della Trek-Segafredo: sovrintende il lavoro degli interni e coordina il lavoro degli esterni. Così come prima cosa ci tiene a dire che l’allenatore di Gaia Realini è Matteo Azzolini, tecnico di Mapei Sport in appoggio al team americano. Poi si accinge a raccontarci la Realini che ha conosciuto e sta ancora scoprendo corsa dopo corsa, test dopo test.

Che idea ti sei fatto di questa atleta?

La prima cosa è che ha un grosso talento di scalatrice a livello internazionale. Quello magari si sapeva dai risultati e quanto ha già mostrato. Però quando l’ho conosciuta, mi ha stupito il suo approccio al lavoro, la sua capacità di far fatica. Sono le cose che trovi nel profilo degli scalatori e quelli che sono adatti a fare classifica in certe gare. Rispetto al velocista, lo scalatore magari ha una diversa proporzione tra lo sforzo che profonde e il numero di vittorie. Gaia sa che per vincere deve far fatica e a allenarsi più di altre. Ma poi quando la vedi in salita, ti dà l’impressione di essere nel gruppo del WorldTour da tre anni e non da pochi mesi

In salita Realini ha dimostrato di avere il livello delle prime al mondo
In salita Realini ha dimostrato di avere il livello delle prime al mondo
Nel ciclismo maschile lo scalatore puro sparisce davanti ad atleti molto più potenti. Fra le donne, un’atleta come Realini può dire la sua?

Tra le donne non c’è il livello di specialità che c’è nel ciclismo degli uomini. Nel gruppo maschile, lo scalatore piccolino in certe tappe soffre di più, perché la differenza è troppo grossa. Uno scalatore minuto in una tappa di ventagli ha una differenza di watt troppo evidente e rischia grosso. La specializzazione è troppo alta. Il ciclismo delle donne si sta sviluppando molto velocemente, ma la differenza di livello tra gli specialisti non è così evidente.

Motivo per cui Gaia si è vista davanti nei ventagli del UAE Tour?

Il fatto che si sia difesa bene laggiù non è la conferma di questo ragionamento, perché i ventagli del UAE Tour vengono fatti in strade larghe dove non si deve lottare così tanto per la posizione. Non sono come i ventagli su strade strettissime delle gare in Francia, però averla vista così davanti fa capire che lei è forte e si ritaglierà il suo spazio molto più facilmente di quanto accadrebbe a uno scalatore uomo della sua taglia.

In che modo aver fatto ciclocross l’ha aiutata a essere così forte?

Non è una cosa che si vede nei valori, ma certamente serve. I vantaggi che derivano da un’altra disciplina non si vedono nei test, soprattutto se si tratta di sforzi così diverso. La gara di cross è uno sforzo di 45-60 minuti a tutta e quello le ha dato l’endurance e la tecnica che per una scalatrice è sempre preziosa. Però a volte sottovalutiamo il ciclismo su strada. Sembra che se uno è bravo nel ciclocross, sappia far già tutto anche su strada. Ovviamente sei bravissimo a gestire la bicicletta, però il ciclocross si corre tutto sotto i 20 all’ora, mentre in bicicletta si fanno le discese a 80 all’ora che è una cosa completamente diversa. Allora il cross aiuta, la fa più completa. Ma nel ciclismo su strada deve ancora crescere e svilupparsi in modo più completo. Anche la strada ha la sua tecnica e non è per niente scontato.

Cosa vi aspettate da questo primo anno?

Come con tutti i ragazzi appena arrivati, anche con Realini facciamo un programma a lungo termine. Devono fare un incremento nel carico di lavoro, adattarsi a una struttura più sviluppata di di lavoro, con più supporto da parte del direttore sportivo, dell’allenatore, del dottore, dello psicologo, del nutrizionista. Lei adesso sta facendo questi step di adattamento, sapendo di avere davanti un programma di 3-4 anni di sviluppo. Per questo dico che mi ha stupito il fatto che abbia già vinto e in genere sia andata così forte.

Sangalli e Realini alla Valenciana: il cittì azzurro pensa a Gaia per il Tour de l’Avenir
Sangalli e Realini alla Valenciana: il cittì azzurro pensa a Gaia per il Tour de l’Avenir
Un fatto di tempi, quindi?

Ha ottenuto molto velocemente queste performance, sia nel UAE Tour, sia a Cinquale, andando in fuga con Amanda Spratt. Mi sarei aspettato certe cose più avanti, invece sono state una bellissima sorpresa. Però guardiamo sempre lungo termine: dato quello che abbiamo visto, sappiamo che Gaia è già pronta per darci qualcosa subito. Se una ragazza è capace di una partenza così, sono sicuro che arriverà qualcos’altro. Ragionare a lungo termine significa essere consapevoli che potrà diventare un’atleta di riferimento.

Il cittì Sangalli pensa a lei per il Tour de l’Avenir: per Trek-Segafredo andrebbe bene?

Per dire se potrà lottare per vincerlo, bisognerà valutare il percorso. Se c’è dentro una crono piatta magari no, ma se c’è una cronoscalata partirebbe come favorita. A prescindere dal percorso, dovrà imparare ad essere un’atleta completa su tutto. Parlando del suo potenziale, l’abbiamo vista andare in salita al livello di Elisa Longo Borghini che è un riferimento mondiale. Per cui correre contro le più giovani all’Avenir potrebbe metterla nella condizione di fare bene. E se anche il percorso non fosse adatto a lei, andrebbe bene ugualmente se partecipasse. Certe corse fanno crescere a prescindere.

Tra uomini e donne, una differenza di 100 watt

18.02.2023
4 min
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Ora che il ciclismo femminile è sempre più al passo di quello maschile, iniziano ad esserci dei paragoni. Paragoni che in qualche caso riguardano anche le prestazioni e i numeri. A rilanciare questo dibattito è stata la prestazione super di Gaia Realini, ma anche di Elisa Longo Borghini, al UAE Tour Women. Le due portacolori della Trek-Segafredo, verso Jebel Hafeet hanno staccato tutte e lo hanno fatto con numeri importanti. Per la Realini si è parlato di 4,75 watt/chilo. Numeri che tra gli uomini e per giunta su una salita finale, non sarebbero degni di nota. A parità di durata di sforzo avrebbero fatto registrare oltre i 6 watt/chilo.

E proprio per questo vogliamo saperne di più. E lo facciamo con l’aiuto di Paolo Slongo, coach della Trek-Segafredo. Va precisato che non abbiamo scelto il coach veneto perché segue le due atlete in questione, ma perché è abituato a lavorare, da anni, sia con campioni di primissimo piano che con campionesse… di primissimo piano.

Paolo Slongo con Elisa Longo Borghini. Il coach veneto ha sempre lavorato con grandi campioni, uno su tutti: Nibali
Paolo Slongo con Elisa Longo Borghini. Il coach veneto ha sempre lavorato con grandi campioni, uno su tutti: Nibali
Paolo, una bella differenza si è notata tra uomini e donne, almeno ad una prima analisi…

Partiamo dal presupposto che i numeri tra uomini e donne sono poco confrontabili. Chiaro che in fisiologia la componente della forza per le donne è minore e certi valori sono distanti. Ma il ciclismo femminile è in evoluzione. Le atlete crescono grazie a staff sempre più importanti, con preparatori, nutrizionisti, materiali… Il livello femminile si sta alzando e così i suoi numeri.

Quindi non si può dire che i 4,5 watt/chilo delle donne corrispondano ai 7 watt/chilo degli uomini?

Non è un paragone corretto. Più che parlare di watt/chilo posso dire che tra i top rider di uomini e donne c’è una differenza di 100 watt. Un corridore che primeggia in una tappa del Giro d’Italia ha 410-420 watt alla soglia, una donna che fa le stesse cose al Giro Donne ne ha 310-320.

Hai parlato di soglia, staccandoci per un attimo dal discorso dei watt, sul piano fisiologico le capacità aerobiche tra uomini e donne sono le stesse?

La capacità aerobica è la stessa e idem le zone di riferimento: medio, soglia… semmai quel che è diverso è la capacità aerobica di base che nel ciclismo femminile è meno allenata. E questo è un errore a parer mio.

Uomini e donne a confronto. Per Slongo la differenza è di circa 100 watt (foto Sam Needham)
Uomini e donne a confronto. Per Slongo la differenza è di circa 100 watt (foto Sam Needham)
E perché è meno allenata?

Perché qualcuno sostiene che ce n’è meno bisogno, in quanto le donne fanno tappe e corse più corte, quasi mai superiori alle 4 ore. Però le cose stanno cambiando. Adesso iniziano ad esserci Giri di 10 giorni e corse come la Liegi, la Roubaix o la Strade Bianche che richiedono un consumo energetico molto importante. E in questo caso chi ci lavora ha qualcosa in più sul piano aerobico.

E invece parlando sempre di capacità fisiologiche, i valori di smaltimento e accumulo dell’acido lattico sono differenti?

Sarebbe un discorso molto ampio, ma da quel che ho visto io, posso dire che sono uguali o molto, molto simili. Poi ogni atleta, a prescindere dal genere, ha le sue caratteristiche, ma di base non ci si discosta molto. Alla fine che si spinga a tutta per 3′ o per 20′, la forbice resta di quei 100 watt che dicevamo prima. Questo margine cresce un po’ in volata. In uno sprint, al termine delle frazioni, una donna arriva a 1.150 watt e un uomo a 1.450-1.500.

Gaia Realini con Longo Borghini a ruota verso Jebel Hafeet. L’abruzzese viaggiava sul filo dei 210-220 watt
Gaia Realini con Longo Borghini a ruota verso Jebel Hafeet. L’abruzzese viaggiava sul filo dei 210-220 watt
Tornando ai 4,75 watt/chilo della Realini è un valore di livello assoluto tra le donne, un po’ come i 7,3 watt chilo di Geoghegan Hart alla Valenciana, oppure è un dato “normale”?

E’ sicuramente un ottimo valore, ma quando Van Vleuten ha staccato tutte in quella tappa dello scorso Tour de France, ha fatto 6 watt/chilo sui 10′-12′ di sforzo, mentre quel valore medio di Gaia era riferito ad una salita la cui durata è stata di circa 34′.

E’ chiaro, l’aspetto della durata va considerato. I numeri snocciolati vanno presi con le molle e solo voi avete quelli certi, tanto che secondo alcuni Gaia avrebbe superato i 5 watt/chilo…

Quella che ha fatto è comunque un’ottima prestazione.

Sei stato chiarissimo, Paolo. Chiudiamo con un giudizio proprio su questa giovane scalatrice.

Non la conosco ancora moltissimo. E’ stata una gran bella sorpresa. Ma se devo dirla tutta lo è stata non tanto per la salita, perché lo sapevamo che lì andava forte, ma per come si è comportata in pianura all’UAE Tour. Lei è davvero piccola (150 centimetri, ndr) ed è rimasta, e bene, davanti. Si è mostrata a suo agio con i ventagli. Ha dei bei margini e di certo è una scalatrice pura.