A Fiorenzuola il punto con Viviani, da Glasgow a Parigi

29.06.2023
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FIORENZUOLA D’ARDA – L’agenda di Elia Viviani forse non sarà fittissima come in altre stagioni, ma è certamente pesante in termini di appuntamenti fissati. Negli ultimi tre giorni ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti, ma sintetizzando nel mirino ci sono i mondiali in pista e l’europeo su strada. Due eventi che ne richiamano un altro ancora.

Per il veronese della Ineos Grenadiers velodromo chiama velodromo. L’anello di Fiorenzuola, su cui si sono svolti i campionati italiani, stimola sempre a spostare lo sguardo su manifestazioni importanti. La rassegna iridata di agosto di Glasgow dista meno di cinque settimane e per gli azzurri del cittì Marco Villa non sarà solo un semplice mondiale. Bisogna ottenere innanzitutto la qualifica olimpica dopo di che dalla Scozia si aprirà già l’orizzonte oltre Manica, verso la guglia della Tour Eiffel di Parigi 2024. Nella zona box del “Pavesi” abbiamo avvicinato Viviani per capire come si stia preparando (in apertura, foto Fiorenzuola Track).

Elia finora com’è andata la stagione?

E’ iniziata così così. Ho passato un buon inverno ,ma nonostante quello non riuscivo a trovare il buon colpo di pedale, a parte qualche top 10 in Argentina al Tour de San Juan. Ovvio poi che il mio calendario si sia sbilanciato sulle gare di seconda fascia. A quel punto ho dovuto resettare. Sono andato in altura e ne sono uscito bene. In Occitania a metà giugno ho ricominciato a vedere gli ordini d’arrivo nonostante due volate sbagliate. Mancano ancora un po’ di coraggio e confidenza, però un terzo posto l’ho centrato. Il colpo di pedale sta arrivando.

Agli italiani in pista ti abbiamo visto in crescita.

Sono soddisfatto di come vado. La performance nell’inseguimento individuale è stata ottima quindi ho avuto più garanzie lì che nelle gare di gruppo. Sto ritrovando le buone sensazioni e spero di svoltare in questa seconda parte di stagione, che solitamente mi è abbastanza favorevole nel mese di agosto.

Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
La mente è già proiettata verso altri obiettivi, giusto?

Adesso sono concentrato al 110 per cento sul mondiale in pista. Sto facendo una preparazione simile a quella che sarà l’anno prossimo per le olimpiadi. Quindi voglio vedere come arriverò a Glasgow fra poco più di un mese e capire qualcosa per Parigi 2024. Non mancherà tuttavia un importante momento su strada in previsione dell’europeo. Correrò il Giro di Vallonia (22-26 luglio, ndr) che mi servirà per i mondiali in pista ed anche per mettermi a confronto con gli altri, sperando magari di provare a vincere la prima corsa del 2023. Poi da metà agosto in poi farò Amburgo, il Renewi Tour (l’ex Eneco, ndr) e poi Plouay prima della prova in linea del 24 settembre.

Apriamo una parentesi su quella gara.

L’europeo in Olanda ha un percorso che mi si addice e naturalmente ci penso. Vediamo come andrà il periodo che lo precede. Chiaramente per chiedere una leadership devo fare dei risultati ed essere competitivo. Il cittì Bennati sa che posso essere una figura di riferimento. Le probabilità di essere all’europeo ci sono, per il mio ruolo dipenderà da me. Sento di stare meglio rispetto all’anno scorso, dove ero stato catapultato in extremis al posto di Nizzolo e dove avevamo portato a casa il miglior risultato possibile (settimo posto, ndr). Voglio pensare che sto facendo l’avvicinamento migliore.

Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Torniamo in Scozia. Questi mondiali in pista sono molto sentiti da tutti…

Si avverte questa sensazione. Averli ad agosto ha portato tutti a sperimentare e fare una sorta di prova generale in vista di Parigi. Diciamo che per tanti versi è un po’ contrario all’immaginario classico dei mondiali, ma il lato positivo è che avremo tanti riferimenti per l’anno prossimo.

Il lavoro della nazionale come sta procedendo?

Bisogna dire che quest’anno con la pista ci stiamo trovando poco. Nel mio programma individuale io ci sto riuscendo supportato dalla squadra, ma col quartetto ci stiamo incrociando poco perché Milan, Consonni e lo stesso Pippo (Ganna, ndr) stanno seguendo altri programmi. L’anno prossimo invece sappiamo tutti che finito il Giro d’Italia, si tirerà una riga e tutti lavoreremo per l’Olimpiade.

Manca poco per la certezza del posto a Parigi. Elia Viviani e la nazionale sentono un po’ di pressione?

Il nostro gruppo è solido. La qualifica alle Olimpiadi è cominciata benissimo con la vittoria degli europei, proseguita così così con le prime due prove di Nations Cup poi nella terza a Milton i ragazzi hanno fatto un super lavoro con un bel secondo posto. Non dico che siamo chiamati a vincere, ma dobbiamo fare un buon mondiale per essere tranquilli. Non abbiamo pressione per la qualifica quanto più invece per vincerlo, visto che l’anno scorso lo abbiamo perso dagli inglesi. Io credo che arriveremo bene a Glasgow, ma non saremo al livello dell’anno prossimo ad agosto per le Olimpiadi. E credo che sia un bene, perché sarà sì uno specchio, ma avremo ancora margini di miglioramento. Rispetto agli altri, il nostro punto forte è che all’Olimpiade mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle.

Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Tu sei da sempre uno a cui piace fare approfondimenti con i meccanici per i studiare e provare i materiali. Ne state già discutendo?

Loro sanno che posso dare dei riscontri. Mi piace proprio ed è questo il punto fondamentale. Se non hai pazienza di testare durante i ritiri, non puoi fare quello scatto in più. Abbiamo scoperto che la mia metodologia nel preparare l’Olimpiade di Rio è poi continuata. Non si vince per queste cose, ma quando si è tutti uniti si può fare la differenza, basta guardare i tempi dell’oro di Tokyo. Non siamo una nazionale ricca come altre, però siamo supportati bene da sponsor tecnici enormi tutti italiani, che a qualsiasi nostra richiesta rispondono sempre presente. I nostri prodotti per Parigi li presenteremo a Glasgow. Il regolamento prevede che sia il mondiale l’ultimo momento dove dichiarare quali bici, ruote e altro materiale userai all’Olimpiade. Ad agosto però non useremo questi upgrade tecnici. Ho sempre pensato che vadano usati solo quando servono. Per questo dico che a Parigi arriveremo al 100 per cento.

Il tricolore di Cosma, fra i pro’ con Pippo nella scia

28.06.2023
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A un certo punto, in un tratto di discesa del campionato italiano, Cosma Gabriele Rausa ha sentito un tifoso che lo incitava. «Forza Pippo! Forza Pippo!». I compagni di squadra alla D’Amico-UM Tools, ma anche i pochi tifosi giù a casa lo chiamano così, perché è alto quasi 1,90 e ricorda Ganna se non altro per le misure. Però quel tifoso era troppo agitato, ha pensato il diciottenne pugliese, così si è voltato e alle sue spalle, spianato sulla bici come un jet da caccia, ha riconosciuto il vero Pippo. E gli è venuto un colpo.

«Era un tratto in cui spingeva abbastanza – sorride – e mi è venuta un po’ di tremarella. Era vicinissimo. E ho pensato che se per caso fossi stato la causa di una caduta, non avrei potuto perdonarmelo. Così sono stato super attento. E poi, quando la corsa si è un po’ calmata, sono andato a presentarmi. Ci siamo scambiati un saluto, lui non ha fatto mezzo problema, poi si è rimesso a parlare con Affini e io sono tornato dietro. Non volevo disturbarlo».

Avendolo avuto accanto per qualche chilometro, hai capito il segreto di tanta forza?

La postura della schiena in bici era quasi orizzontale, parallela al telaio, quindi per questo era molto aerodinamico. In bici tagliava il vento in una maniera impressionante, nonostante la sua stazza. E poi ho notato anche la cadenza che in salita era abbastanza elevata, ma allo stesso tempo la pedalata era molto rotonda. Anche in pianura si distingueva facilmente rispetto agli altri proprio per la cadenza di pedalata.

Maturità in corso

Cosma Gabriele Rausa compirà 19 anni il 16 luglio, mentre il 4 (martedì prossimo) avrà l’esame orale della maturità. Studia da ragioniere, ma da quest’anno il suo sogno è diventato fare il corridore. Prima no, almeno non così tanto. Aveva anche smesso.

Il pugliese di Casarano, cittadina di 20 mila abitanti nel cuore del Salento, si è ritrovato a correre il tricolore dei professionisti. Il suo team manager Ivan De Paolis ha scelto così, nel pieno di una stagione che lo ha visto anche al Giro di Sicilia e all’Appennino. Cosma era arrivato in Abruzzo per accompagnare un amico e si è ritrovato con una maglia sulle spalle.

Perché dunque il tricolore con i pro’ a 18 anni?

Abbiamo deciso così con la squadra. Perché alla fine correre con i professionisti è un’emozione e anche un’esperienza che ha più senso fare adesso che da grande. Quando mi sono ritrovato sulla linea di partenza, avevo accanto i ragazzi della Mg.KVis e anche Davide Ballerini che si era messo all’ombra e armeggiava con un sacchetto pieno di ghiaccio.

Con che spirito si parte per un campionato italiano pro’, sapendo di avere alle spalle una storia ciclistica così breve?

Si parte con grande grinta. Devi essere sicuro di te stesso, fare il possibile, anche sapendo che non otterrai mai risultato. Però se parti con la forza di andare in fuga o fare qualche azione, facendo il possibile per metterti in mostra, allora è un’esperienza che vale.

In Puglia, Cosma pratica ciclocross, che nella sua regione ha grande tradizione (foto Instagram)
In Puglia, Cosma pratica ciclocross, che nella sua regione ha grande tradizione (foto Instagram)
E come è andata?

E’ stata una corsa un po’ travagliata, perché sono arrivato senza avere la forma migliore. La settimana scorsa non ho fatto dei grandi allenamenti, ho avuto dei problemi, quindi sono arrivato in Trentino senza essere al 100 per cento. Ho provato a fare qualcosa all’inizio, ma l’andatura era abbastanza elevata. Sono rimasto nel gruppo il più possibile per cercare di aumentare il mio ritmo gara. Soffrire il più possibile per migliorare la mia capacità di prestazione.

Da quanto tempo corri in bici e come mai hai scelto il ciclismo?

Ne avevo 12, quindi sono circa 6 anni. In famiglia non ho ciclisti e soprattutto in Puglia c’è poco. Ricordo qualche amico che faceva gare al mio paese, li ho visti e alla fine ho iniziato anche io. Per i primi tempi è sempre stato un gioco, l’anno scorso mi sono messo anche a fare il bagnino. Adesso invece mi ha preso parecchio. Pensavo che diventare professionista fosse un obiettivo impossibile da raggiungere, però ormai ci sto credendo di più. Sto lavorando molto meglio. 

Con chi ti alleni quando sei a casa?

Purtroppo vado sempre da solo, qui ci sono veramente poche persone. A volte incontro un compagno pugliese, ogni tanto ci incontriamo con lui e il preparatore e andiamo insieme, ma solamente la domenica se non ci sono gare.

Cosma Gabriele Rausa è alto 1,88 e pesa 75 chili. Compirà 19 anni il 16 lulgio. Nel 2022 ha corso il Lunigiana (foto D’Amico)
Cosma Gabriele Rausa è alto 1,88 e pesa 75 chili. Compirà 19 anni il 16 lulgio. Nel 2022 ha corso il Lunigiana (foto D’Amico)
Fare il campionato italiano durante la maturità ti ha convinto?

Se hai la capacità di distribuire i giorni di studio, non c’è problema. E’ lo stesso per l’allenamento di tutti i giorni. Sono abituato, non è un impegno grosso. Però ad esempio ho saltato i due giorni in cui avevo gli scritti e questo può avermi tolto qualcosa alla preparazione per il campionato italiano. Quei 2-3 allenamenti magari potevano essere importanti prima della gara.

Come è stato il viaggio da Casarano a Trento?

E’ durato un’eternità, ho impiegato 13 ore. Quando sono arrivato in Trentino, ho avuto la sensazione di essere in capo al mondo. Sono partito in treno, poi sono sceso a Bologna dove mi ha preso la squadra. E al ritorno ho preso il treno sabato sera e sono arrivato la domenica mattina alle 10 a Lecce, viaggiando tutta la notte. E’ stato un po’ pesante, però almeno non ho perso una giornata di studio. Da qui agli esami non corro. Era previsto un periodo di riposo, che adesso viene benissimo.

Cosa ti piace del ciclismo?

Il fatto di spingersi oltre quando in salita sei veramente al limite, oltrepassare la soglia della fatica. Questo ne fa uno sport bellissimo.

Overtraining in altura (e la non-menata di Ganna)

28.06.2023
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Altura, caldo e allenamento: argomento che attira sempre, specie d’estate. Oggi i corridori salgono in quota praticamente tutto l’anno, ma la stessa altura può anche essere controproducente se non la si fa a dovere. Il rischio di overtraining è dietro l’angolo.

In tempi più o meno recenti ci sono stati casi di corridori che, scesi dall’altura, non sono andati come ci si aspettava per sospetto di overtraining. Un paio di corridori italiani all’ultimo Giro, per esempio. Oppure la Zalf al Giro U23 di due anni fa e persino i corridori della Ineos Grenadiers qualche stagione addietro dopo una lunga permanenza in altura e il successivo Giro di Colombia. Per approfondire questo argomento abbiamo interpellato il preparatore Pino Toni.

Le squadre, almeno quelle più importanti, ormai si allenano spesso insieme in quota. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)
Le squadre ormai si allenano spesso insieme. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)
Pino, altura e overtraining come è possibile che le due cose coincidano?

In teoria non ci sono le condizioni per l’overtraining in altura. Quelle sono condizioni fisiologiche e non di performance e oggi i corridori in overtraining in altura non ci arrivano, almeno i top rider che sono ben seguiti, che si allenano con criterio. Poi ci può stare che non si ottengano i benefici che ci si aspettava.

Eppure il caso degli Ineos di qualche tempo fa fu eclatante…

Attenzione, non sbagliarono l’altura, trovarono chi andava più forte di loro. Adesso non conosco i valori precisi di quel ritiro, ma non erano bassi. Semplicemente per la prima volta (o quasi) avevano trovato qualcuno che andava più forte di loro.

Si era alzata l’asticella nel frattempo… eravamo a cavallo del Covid.

Esatto. Io ricordo sempre le parole di Inigo San Millan, il preparatore della UAE Emirates, quando disse che se non hai una base di 5,8 watt/chilo non vai da nessuna parte. Col tempo questa soglia si è alzata. Disse così perché in pochi ancora non avevano fatto meglio. Quest’anno, per esempio, nelle salite del Giro in cui hanno deciso di fare la corsa non sono mai scesi sotto i 6 watt/chilo, prima della selezione, degli attacchi. Magari chi era davanti andava a 6,2 watt/chilo e chi era coperto a 5.8 e anche nella terza settimana: in ogni caso parliamo sempre di valori alti.

Se ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia foto
Se ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia foto
E allora Pino, giriamo la questione: come si può lavorare male in altura tanto da finire in overtraining? Pensiamo per esempio ai fuorigiri prolungati, agli scatti…

Sostanzialmente vai in overtraining in altura, o lavori male, quando non ti sei adattato alla quota, quando non hai rispettato tempi e intensità. Per me un rischio grande è dato dal gruppo. Mi spiego: se ci sono più corridori con uno stesso programma, qualcuno che non si è ancora ben adattato o è un po’ più indietro di condizione, potrebbe esagerare nello stare con gli altri. Magari fa più fuorigiri, lavora ad intensità che non sono le sue in quel momento. E non recupera. Un altro aspetto sono i feedback dei corridori.

Cioè?

Siamo sicuri che i corridori diano sempre i feedback giusti ai loro coach? Spesso gli atleti ti dicono: «Sto bene», invece magari non è del tutto così. Forse credono di stare bene, ma queste cose oggi non dovrebbero più accadere in quanto ci sono degli strumenti fisiologici per misurare questi aspetti.

Quali?

Per esempio la varianza cardiaca (l’Hrv) o gli strumenti che rilevano la qualità del sonno… Questi dati, se incrociati con quelli degli allenamenti ti dicono molto sullo stato del corridore e del suo recupero in particolare. E poi bisogna vedere se i ragazzi sono in altura da soli o con il preparatore.

Cambia molto la presenza del coach?

Parecchio. Al netto dei valori riportati dagli strumenti, che il preparatore può vedere anche da remoto, l’allenatore sul posto vede in faccia i suoi atleti. Ci parla in modo più diretto. Nota i suoi comportamenti anche dopo le uscite. Se un ragazzo dopo pranzo scende in hotel, guarda magari una corsa in tv, parla e scherza con gli altri, è attivo… e un altro resta buttato sul letto in camera e scende solo a cena, qualcosa vorrà dire.

L’altura ormai si fa sempre: inverno ed estate. Il rischio di overtraining è lo stesso?

Dipende tutto da quello che si fa. Solitamente l’altura d’inverno è più di costruzione, di preparazione. Quella estiva di ristorazione… A parte per chi punta a Vuelta e mondiale. Nella maggior parte dei casi, chi sale in quota a luglio è gente che ha staccato a giugno, dopo il Giro, le classiche…

Restiamo sempre in tema di altura, ma più che in ottica overtraining di gestione dello sforzo. Qualche giorno fa Filippo Ganna, dopo la vittoria al tricolore crono ha detto: “Nella parte centrale potevo fare la differenza, ma con questo caldo non è mai facile. Devi fare quasi come in altura: devi abbassare di tanto i valori”. Cosa intendeva?

La macchina umana è un po’ come un motore termico e questo rende al meglio con determinate temperature d’esercizio, esattamente con la quantità di ossigeno, che in quota è minore. Pertanto la mancanza di ossigeno è paragonabile all’innalzamento della temperatura. C’è un calo prestazionale.

E se Pippo avesse insistito, si sarebbe “cotto”…

E ci sarebbe stato un calo prestazionale molto più sensibile. Bisogna pensare che con 1,5 gradi d’innalzamento della temperatura corporea interna l’organismo va in “standby”, con 2 gradi sorgono problemi molto importanti. Non a caso oggi si usa il “Core” (il sensore attaccato alla fascia del cardio, ndr) che ci dà questo valore. Personalmente non lo faccio usare molto, anche perché non avrei comunque modo d’intervenire.

Beh, con acqua addosso, maglia aperta…

Attenzione, parliamo di temperatura interna, non esterna. Tanto per restare nel paragone coi motori, se il corpo umano avesse un radiatore, okay… ma non c’è! Diciamo che Ganna è stato bravo a gestirsi, altrimenti avrebbe “fuso il motore”, sarebbe andato in blackout e di conseguenza più piano.

Il poker tricolore di Ganna, nella fornace di Sarche

22.06.2023
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SARCHE – Un caldo appiccicoso e molesto come quello che a Faenza lo aveva annientato, relegandolo al quarto posto dietro Sobrero, Affini e Cattaneo. Quando ieri Ganna è andato a farsi un giro sul percorso della crono tricolore, ha mandato un messaggio proprio a Sobrero, scrivendogli che sarebbe stata magra.

«E quando diciamo che è magra – sorride rinfrancato Pippo nella sala stampa, ricavata al fresco della Cantina Toblinovuol dire che proprio non ce n’è, che va proprio tutto male. E lui mi ha ricordato che nel 2018 ci aveva già fatto un campionato italiano da under 23, arrivando secondo dietro Affini (si partiva e si arrivava a Cavedine, ndr). Sapevo che nella prima parte avrei sofferto veramente tanto per non perdere e rimanere vicino a loro. Nella parte centrale potevo fare la differenza, ma con questo caldo non è mai facile. Devi fare quasi come in altura, che devi abbassare di tanto i valori. Però è andato tutto bene, siamo riusciti a portare a casa questo bel risultato. Fa piacere essere tornati».

L’amarezza del Giro

Mano a mano che gli arrivi si succedevano, ci siamo resi conto che seppure breve, la crono li ha messi veramente alla prova. Arrivavano lanciati in fondo al rettilineo e uscivano dal percorso per dare modo al cuore di riprendere i battiti e non fermarsi troppo bruscamente.

«Fino a questo momento – racconta Ganna – è stata una stagione tra alti e bassi. Mi sembra di fare le partenze in pista: parto e mi fermo: parto e mi fermo… Speriamo che adesso si parta e si vada avanti, sennò la situazione diventa critica. L’ultimo colpo me l’ha dato il Giro, dovermi ritirare è stata la mazzata più grande. Ero partito con la voglia di finirlo con una squadra che era ben presente e ha fatto vedere di poterselo giocare fino all’ultima tappa.

«Tornare a casa mi ha lasciato un nodo allo stomaco, però purtroppo la capacità di rimettersi in gioco fa parte dello sport e dello sportivo. Saper trovare di nuovo la motivazione per andare avanti quando le cose non vanno come si deve. E questa volta ho ricominciato in altura insieme a Matteo Sobrero ed Elia Viviani. Abbiamo fatto un bel blocco di lavoro insieme, abbiamo passato dei bei momenti a Livigno, cercando di resettare il cervello per ricominciare».

Fra le sorprese di giornata c’è anche il quarto posto di SImone Velasco. Sono stati 20 i corridori all’arrivo
Fra le sorprese di giornata c’è anche il quarto posto di SImone Velasco. Sono stati 20 i corridori all’arrivo

Una maledizione da sfatare

Dopo Livigno c’è stato il Tour de l’Occitanie. Racconta Cioni che il programma originario prevedeva il Giro di Svizzera, ma un paio di giorni prima Ganna ha avuto dei problemi di stomaco e così la squadra lo ha dirottato sulla corsa francese. Non essendoci crono, gli hanno prima chiesto di mettersi a disposizione dei compagni. E poi nell’ultima tappa gli hanno permesso di andare in fuga, per provare a vincere ed è arrivato il quinto posto.

«Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo – annuisce Ganna –  in previsione di questi giorni. Forse di testa l’italiano è uno degli appuntamenti che patisco di più, perché ogni anno fa sempre caldo e soffri veramente. E’ il rientro alle corse dopo un lungo periodo, ma questa volta siamo riusciti a sfatare anche questo mito. Sono stato sui miei valori e ho fatto quello per cui mi sono allenato. Quindi adesso meglio pensare a recuperare, perché sabato ci sono altri 200 e passa chilometri da affrontare».

Un altro podio per Mattia Cattaneo, con un distacco di appena 24 secondi da Ganna

Freschezza e mondiale

A detta di Viviani, che si è allenato con lui a Livigno e lo scorterà sabato nella prova su strada, Ganna era motivato sulla crono, ma anche sulla prova in linea. Fino a ieri, anche Pippo avrebbe indicato Zana tra i favoriti, ma l’uscita di scena del veneto apre altri scenari.

«A differenza degli altri anni – sorride mentre sorseggia la granita che gli ha portato il suo massaggiatore – ho fatto sì dei blocchi di lavoro, ma anche tanti blocchi di riposo. Forse l’arma vincente è riuscire ad arrivare freschi, non finiti: sia mentalmente che di gambe. E’ un aspetto su cui ridiamo ogni volta col massaggiatore Baffi. Non aver finito il Giro e passare dall’Occitania potrebbe avvantaggiarmi nell’avvicinamento al mondiale? Vediamo e incrociamo le dita, perché certo quella maglia mi piacerebbe riprendermela».

Per Tiberi e la sua (ancora) fresca maglia del Bahrain, un buon quinto posto a 1’02” dal vincitore
Per Tiberi e la sua (ancora) fresca maglia del Bahrain, un buon quinto posto a 1’02” dal vincitore

Il club delle crono

Affini lo sapeva di essere stanco: lo aveva detto alla vigilia e lo ha dimostrato con il settimo posto. Invece Cattaneo e Sobrero, usciti forte dal Giro di Svizzera, lo hanno messo alla prova. E’ come se gli uomini delle crono formassero una famiglia nella grande famiglia del gruppo. E se Sobrero è notoriamente suo… cognato, sentire che Cattaneo ha definito un onore essere finito secondo dietro di lui, lo fa sorridere.

«Con Mattia l’anno scorso abbiamo fatto insieme l’europeo – sorride – abbiamo condiviso la stanza, passato bei momenti. Abbiamo guardato film, abbiamo riso. E’ un bravissimo ragazzo. Quest’anno nelle prime tappe del Giro, prima che anche lui dovesse ritirarsi, si diceva: “Caspita, l’anno scorso abbiamo fatto il Tour e in gruppo non riuscivamo mai a parlare. Qui almeno ogni tanto riusciamo a scambiare due parole”. E’ bello riuscire a trovare dei momenti di leggerezza anche durante la corsa, quando si è tranquilli. E forse ti aiuta a legare di più con le persone».

Una granita sul tavolo e il pieno di registratori davanti: Ganna si racconta
Una granita sul tavolo e il pieno di registratori davanti: Ganna si racconta

Tre contro tutti

Sabato sarà bene avere buoni amici.  I corridori che militano in squadre straniere sanno di essere circondati dai tanti italiani, che per questa sola volta all’anno giocano in superiorità numerica.

«Il problema di sabato – ammette Ganna – è anche il numero dei corridori. Siamo in tre contro squadre che ne hanno magari 12, quindi non sarà semplice. Cercheremo di stare passivi, poi se si avrà la gamba, magari nel finale si proverà a fare qualcosa. Ovviamente non potremo essere noi a dettare le regole della corsa, quindi mi aspetto una partenza forte, perché ci saranno tante squadre che vorranno avere i corridori in fuga per non dover tirare. Perciò adesso si recupera. E’ divertente essere nello stesso hotel con squadre di ragazzini che vengono a chiedere la foto, è bello pensare di poter regalare un sogno. Se poi arrivasse una bottiglia di buon Trento Doc, stasera ne avremmo per brindare…». Bottiglia consegnata, il brindisi avrà certamente la sua origine controllata.

Crono di Cesena: Ganna favorito, ma qualcosa non va

11.05.2023
5 min
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Domenica sarà nuovamente crono e questa volta, su un percorso totalmente piatto, bisognerà capire se gli equilibri che si sono delineati a Ortona saranno invariati o se fra specialisti e uomini di classifica sarà cambiato qualcosa. Nella prima sfida, lunga 19,6 chilometri, Evenepoel… ha legnato pesantemente i rivali della classifica e piegato anche la resistenza di Ganna. Gli altri hanno mostrato ciascuno punti di forza e criticità, che abbiamo pensato di analizzare con Adriano Malori, il nostro guru per le crono.

Evenepoel ha vinto la crono di Ortona, coprendo i 19,6 chilometri a 55,211 di media
Evenepoel ha vinto la crono di Ortona, coprendo i 19,6 chilometri a 55,211 di media
Che cosa ti ha stupito di Ortona?

Immaginavo che vista la salita finale, anche se non era dura, Evenepoel potesse battere Ganna. Però mi aspettavo che sarebbero arrivati alla fine del tratto in pianura con Pippo in testa o quantomeno a pari merito. Però una superiorità così schiacciante anche in pianura, su un percorso tutto piatto e lineare dove in teoria Pippo doveva volare, non l’avrei mai immaginata. Se guardiamo, in quel primo tratto ha dato poco anche ad Almeida.

Come te lo spieghi, considerando che lui ha dichiarato di essere andato fortissimo?

Non so cosa sia cambiato, però io Pippo a crono non lo vedo più quello che era alla fine dell’anno scorso. Mi spiego: si muove tanto di più. Ogni 30 secondi si butta indietro, fa il saltino per andare indietro sulla sella. E poi notavo un’altra cosa. Un cronoman cerca sempre la parte più coperta dal vento, è istintivo. Però questo spostamento lo fai sempre gradualmente, perché se lo fai repentinamente perdi velocità, fai uno zig zag. Invece ho visto che lui continuava a passare una parte all’altra in modo repentino, stilisticamente non è quello che ci siamo abituati a vedere.

Ganna, secondo, non è parso troppo a suo agio: problema di posizione?
Ganna, secondo, non è parso troppo a suo agio: problema di posizione?
Può essere dipeso dal fatto che fosse davvero al limite?

No, perché l’ho visto così fin da subito. Quello che a me faceva impazzire di Ganna era che, anche se era a 70 all’ora, era un fuso sulla bicicletta. Non so come mai, non so se hanno inciso le nuove regole dell’UCI e Pippo non si trova più bene sulla bici o se hanno provato a cambiare qualcosa. Però stilisticamente non è quello di prima. Se invece guardavate Evenepoel, che sulla carta non è a livello di Pippo come cronoman, se gli mettevi un bicchiere sulle spalle, l’acqua rimaneva ferma.

Il fatto che Evenepoel sia così più piccolo migliora la sua penetrazione aerodinamica?

Questa è la verità. In una situazione di vento contrario, il vantaggio è esponenziale per uno come lui, idem in assenza di vento. Se invece il vento è a favore come c’era, è favorito Ganna, perché fa più effetto vela rispetto a Evenepoel. E poi comunque resta il fatto che in pianura il rapporto potenza/peso conta praticamente niente e un cronoman più alto e più forte fa molti più watt.

Roglic forse è arrivato al Giro senza essere al top, ha pagato nella crono e ora rischia sul Gran Sasso
Roglic forse è arrivato al Giro senza essere al top, ha pagato nella crono e ora rischia sul Gran Sasso
Si notava che Evenepoel era in vantaggio anche al primo intermedio, è sceso dalla ciclabile senza neanche frenare ed è arrivato in vantaggio all’inizio della salita…

Faccio una considerazione, magari mi sbaglio. Per essere alla prima tappa, Evenepoel ha già mostrato una condizione già troppo avanti secondo me. Vista l’ultima settimana e, specialmente gli ultimi tre giorni, con due tappe come le Tre Cime di Lavaredo e la cronoscalata, vedendo anche quello che è successo nel 2018 tra Froome e Yates, mi sarei tenuto un po’ più di riserva. Il Giro non è la Vuelta…

Cioè?

Ci sono tappe più dure. Qui basta salire due gradini e sei già sopra quota 2.000. Secondo me, questo è il ragionamento che invece ha fatto Roglic. Con lo spauracchio della crono della Planche des Belles Filles del 2020, Primoz è però un altro che a Ortona ha avuto una prestazione totalmente insufficiente. Non è normale che il campione olimpico a cronometro, che a Tokyo ha dato un minuto e mezzo a tutti, arrivi dopo Vine e Geoghegan Hart. Va bene essere in ritardo, ma non tanto da toppare la cronometro. Aveva una cadenza che non era da lui. Duro, piantato, gonfio. Sarei preoccupato…

Tao Geoghegan Hart, re del Giro 2020, fa una grande crono: 4° a 40 secondi
Tao Geoghegan Hart, re del Giro 2020, fa una grande crono: 4° a 40 secondi
Per cosa?

Okay che sono in ritardo di condizione per venir fuori nell’ultima settimana, però in mezzo c’è Campo Imperatore, dove da un Remco così avrei paura di prendere subito un minuto. Comunque tornando al discorso della cronometro, mi ha sorpreso tantissimo Tao Geoghegan Hart, che ha finito in crescendo, è arrivato in spinta. Prima dicevo che il rivale numero uno era Almeida, ma se non capita niente potrebbe essere lui l’outsider del Giro.

Perché?

Almeida ha fatto una bella crono, ma dei due Tao è quello che ha già vinto un Giro, invece Almeida è sempre stato “un comprimario”, uno che arrancava dietro i big. Tao ha vinto il Giro, sa cosa vuol dire andare forte nell’ultima crono con la maglia e addosso tutte le pressioni del mondo. Insomma, per come l’ho visto in Trentino, potrebbe essere lui il vero outsider.

Almeida ha disputato una grande crono, chiudendo 3° a 29 secondi
Almeida ha disputato una grande crono, chiudendo 3° a 29 secondi
Proiettando tutto questo sulla crono di Cesena, che è sicuramente più lunga, cosa possiamo aspettarci?

Secondo me la crono di Cesena la vince Ganna. Ha il percorso più piatto e Pippo ci ha fatto vedere quanto va forte quando è incazzato. Come quando l’anno scorso ha toppato il mondiale e poi ha fatto il buono e il cattivo tempo in pista col record dell’Ora e il record del mondo dell’inseguimento. Quindi secondo me domenica sarà il suo giorno, anche se sicuramente non vincerà di un minuto, quello è chiaro. Secondo me sarà comunque un fatto di secondi…

Chiusa la parentesi classiche, Magrini tira le somme

27.04.2023
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Mettiamo un punto alla stagione delle classiche, chiusa nel segno dei fenomeni, ma con tanti spunti di discussione. Riccardo Magrini attraverso Eurosport ha seguito e commentato tutte le corse del Nord e si è fatto un quadro abbastanza chiaro della situazione, non solo in base ai risultati ma anche a tutte le chiacchiere che hanno fatto da contrappunto alle corse.

Il toscano è entusiasta di quanto visto, ma con la sua consueta verve non manca di sottolineare alcuni aspetti: «Siamo di fronte a un ciclismo bellissimo fatto di fuoriclasse, le corse sono state tutte molto combattute e non è un caso se si siano quasi tutte concluse con arrivi in solitaria, a cominciare dalla Sanremo. L’unica uscita un po’ dai binari è stata la Freccia Vallone, ma quella ormai è una gara atipica, praticamente si corre solo per il chilometro finale. Dico la verità, non mi piaceva quando la correvo e non mi piace ora, ma i belgi si affollano sul Muro e la corsa vive di quello. Ha vinto Pogacar ma poteva anche vincere un altro, è una corsa abbastanza casuale, contano solo quei metri finali…».

Pogacar con VDP e dietro Van Aert. I grandi hanno dato davvero spettacolo
Pogacar con VDP e dietro Van Aert. I grandi hanno dato davvero spettacolo
A conti fatti però a vincere sono sempre gli stessi, un manipolo di fuoriclasse che si staccano dal gruppo…

E meno male che è così… Se tornate indietro con la mente vi accorgerete che prima di questa generazione si mancava di continuità, c’era un livellamento dei valori che portava sì a vittorie sempre diverse, ma alla fine non restava nulla. Oggi la gente si appassiona, si formano i partiti a favore di Pogacar come di Van Der Poel, c’è chi tifa per l’uno o per l’altro o per l’altro ancora e questo è bellissimo. Certo, nel gruppo affiora un po’ di nervosismo, ma è normale quando emergono vincitori assoluti. E non dipende solo dai risultati, ma dallo spirito. Tanti ad esempio paragonano Pogacar a Merckx per i risultati che ottiene, a me ricorda il belga per l’atteggiamento, la voglia spasmodica di vincere che aveva Eddy, è quello il vero punto in comune.

Parlavi di nervosismo nel gruppo e alcuni non lo trattengono più, vedi le parole di Madiot a cui ha risposto Gianetti…

Per certi versi Madiot proprio non lo capisco, ma anche da corridore era uno con idee tutte sue. E’ vero, ci sono squadre che hanno 40 milioni di budget da gestire, ma è sempre stato così. Chi ha il fenomeno se lo tiene e lo gestisce al meglio: la Uae Emirates ha messo una clausola rescissoria per lo sloveno di 100 milioni, la Soudal ha blindato Evenepoel. I campioni ci sono sempre stati, il bello è cercare di contrastarli come meglio si può. Ai tempi di Merckx, quando vinceva tutto lui gli altri che avrebbero dovuto fare?

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. Lavora per Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. Lavora per Eurosport dal 2005
Sarebbe plausibile introdurre un sistema di salary cap per le squadre? Gianetti ha subito detto di no…

E ha ragione, qui siamo su un altro piano economico. Pogacar, che è il corridore più pagato, ha uno stipendio che non è neanche lontanamente paragonabile a quello dei giocatori di basket o football americano. Il problema è che quando si parla di ciclismo si pensa alle squadre composte da 30 corridori: non è così, un’azienda che investe su un team deve provvedere a 200 persone. Guardate ad esempio l’universo Jumbo-Visma, che coinvolge 3 team ciclistici e uno di pattinaggio, che cosa c’è intorno, quanta gente vive di quel lavoro. Una struttura talmente evoluta che non subirà ripercussioni con il prossimo cambio di sponsor. In questo discorso c’è qualcosa che stona…

Che cosa?

Parla Madiot che nel complesso è uno che sta lavorando molto bene, che ha costruito una splendida filiera e sta portando su autentici talenti. Il suo sistema è collaudato dal tempo, ma funziona sempre. Ci sono altre squadre che soffrono molto di più. L’Astana allora che dovrebbe dire?

Ganna non ha deluso, ma da solo non poteva salvare il bilancio azzurro al Nord
Ganna non ha deluso, ma da solo non poteva salvare il bilancio azzurro al Nord
Proprio dell’Astana è pero Velasco, che almeno alla Liegi ha provato a far qualcosa. Come giudichi il bilancio italiano nelle classiche?

Ci si aspettava di più, soprattutto dopo l’ottimo inizio di stagione. Velasco e Sobrero sono quelli che più si sono fatti vedere, di Ganna sappiamo tutto, è l’unico che davvero ha le qualità per emergere in queste corse come si è visto a Sanremo e Roubaix, per il resto c’è poco. Viviamo una fase involutiva che non cambierà se non cambia la cultura. Non dico solo ciclistica, di un mondo dove i procuratori vanno a cercare gli esordienti e allievi spacciandoli per campioni del futuro, facendoli bruciare sul nascere. Il problema per me è più profondo, riguarda la cultura sportiva generale. Posso fare un esempio?

Prego…

Tutti si stupiscono del fenomeno della Slovenia con campioni come Pogacar e Roglic e tanti buoni corridori. Io ci sono stato, ma lì c’è un’attività sportiva nelle scuole che noi ce la sogniamo. Non si parla solo di sport, ma di mobilità sin dalla scuola materna. Questa è la strada giusta, lì ci si diverte. Il problema è che qui copriamo tutto con i successi del campione di turno e questo vale per qualsiasi sport. Anche nel ciclismo, dove se chiedi in Federazione ti dicono che in fin dei conti hanno vinto un titolo olimpico e quindi la crisi dov’è?

Mentre gli altri se le davano al Nord, Vingegaard continuava a vincere gare a tappe. Magrini ci punta molto
Mentre gli altri se le davano al Nord, Vingegaard continuava a vincere gare a tappe. Magrini ci punta molto
Torniamo ad allargare il discorso. Parliamo sempre del manipolo di fenomeni che vincono tutto, ma dietro che cosa c’è?

C’è un movimento professionistico dove il livello si è alzato tantissimo, dove ci sono corridori come Gaudu e Kung, per fare due nomi, che vincerebbero molto di più esattamente come si diceva di Gimondi ai tempi di Merckx. Poi abbiamo dei campionissimi e siamo fortunati ad averceli. Io però vorrei che i campioni assoluti avessero un calendario comune: non dico che dovrebbero fare tutte le corse, sarebbe follia, ma almeno nelle Monumento bisognerebbe inventarsi qualcosa per farli correre tutti.

A proposito delle Monumento, Pogacar e VDP ora sono a 3 a 5. Chi ha più possibilità di completare il Grande Slam?

Secondo me Pogacar, perché per Van Der Poel il Lombardia mi pare proprio indigesto, anche se lo preparasse specificamente. La Liegi potrebbe anche portarla a casa, ma la classica di fine stagione è lontana dalle sue caratteristiche. Per lo sloveno è diverso, la Roubaix se ben preparata, un anno potrà anche vincerla come fece Hinault. Io però resto della mia idea: il più poliedrico di tutti è Van Aert, per certi versi il più forte perché può emergere dappertutto. Certo, se poi si mette a far regali come a Gand

Sulle crono iridate, Velo ha qualcosa da ridire

13.04.2023
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Tra i tecnici nazionali volati a Glasgow per prendere visione dei tracciati mondiali di agosto c’era anche Marco Velo. Il suo taccuino è pieno di indicazioni, nomi e annotazioni che si sono aggiunte anche dopo il ritorno a casa. Dove gli è arrivata la notizia del grave infortunio occorso a Vittoria Guazzini che cambia un po’ le carte in tavola.

Nella particolare conformazione dei mondiali di quest’anno (tutte le discipline su due ruote convogliate in un unico luogo per una sorta di Olimpiade ciclistica, coinvolgendo tutte le categorie), Velo sarà chiamato a un vero tour de force, dovendo selezionare e guidare tutte le nazionali su strada impegnate contro il cronometro. Per questo il suo lavoro in terra scozzese è stato meticoloso.

L’infortunio della Guazzini non ci voleva proprio, ma c’è tempo per recuperare
L’infortunio della Guazzini non ci voleva proprio, ma c’è tempo per recuperare

«Per certi versi mi è andata meglio che a Bennati – racconta il tecnico bresciano – che si è fatto tutto il percorso della strada in bici. Abbiamo visionato i tracciati in normali giornate di lavoro, quindi significava anche pedalare contromano e in certi casi il Benna se l’è vista brutta… Per fortuna comunque non ci sono stati incidenti, solo un po’ di paura, non lo nego».

Partiamo dal tracciato per la cronometro mista…

E’ molto simile a quello dello scorso anno purtroppo e sottolineo questa parola tre volte. Mi sono molto arrabbiato: è mai possibile proporre per una cronosquadre un tracciato così pieno di curve, dove il rettilineo più lungo è di 800 metri? Non siamo motociclisti… In questo modo le doti tecniche dei corridori non vengono esaltate, al contrario.

Ci saranno problemi per entrambe le frazioni, quella maschile e femminile?

Sì, di interpretazione del percorso e non solo, perché è un continuo rilanciare, non c’è mai da spingere. Comunque questo è e dobbiamo farcene una ragione, si dovrà pensare bene a chi potrà farla, anche in base al calendario delle altre discipline e a come interpretarla. Noi lo scorso anno abbiamo perso per appena 2” e quella sconfitta ancora brucia, abbiamo tutte le possibilità per riprenderci il titolo. Molto dipenderà anche dalle formazioni che potremo schierare, l’incognita Guazzini pesa…

Hai notizie sulle possibilità di averla al via a Glasgow?

Diciamo che sono ottimista, ma in questo momento quel che conta è che faccia il giusto cammino di ripresa, senza bruciare le tappe. Dobbiamo considerare che rispetto ai mondiali ci sono ancora 4 mesi, la pista ci sarà a fine luglio e la strada a inizio agosto. Bisognerà vedere quanto sarà lunga la riabilitazione: è impossibile fare previsioni, ogni persona reagisce in modo diverso. Dopo la mia brutta caduta alla Gand-Wevelgem del 2007 dicevo che avevo chiuso già la stagione, invece presi parte alla Vuelta e andai anche forte. Quindi è impossibile fare previsioni sui tempi.

Lo scorso anno a Wollongong l’Italia si fermò all’argento del Mixed Team Relay per appena 2 secondi
Lo scorso anno a Wollongong l’Italia si fermò all’argento del Mixed Team Relay per appena 2 secondi
Resta però l’incognita delle sue eventuali condizioni atletiche…

Le mancherà sicuramente l’abitudine a queste gare. Considerate che la crono individuale femminile sarà di 36 chilometri, distanza inusuale per le donne. La cosa che mi dispiace di più – ammette Velo – è che Vittoria stava progredendo esattamente com’era nelle previsioni, sono convinto che stia attraversando un cammino di crescita che la porterà lontano e uso l’indicativo non a caso, perché ritengo questo solo un intoppo, del quale avremmo comunque fatto volentieri a meno.

Oltretutto su di lei, dopo il risultato dello scorso anno, ci sono forti aspettative per Parigi 2024, perché la sua gara sarà tra le primissime ad assegnare l’oro olimpico nel corso della prima giornata di finali…

A Parigi penseremo poi, su quell’appuntamento non c’è il minimo dubbio che la ritroveremo al massimo della forma. E’ quello l’obiettivo vero, lo sappiamo bene, ma intanto guardiamo a Glasgow con tanta speranza di averla nel gruppo.

Per Velo, Ganna potrebbe essere favorito sul percorso scozzese, per scatenare il suo motore
Per Velo, Ganna potrebbe essere favorito sul percorso scozzese, per scatenare il suo motore
Torniamo ai percorsi individuali…

A differenza di quello a squadre, questi sono belli, con poche curve, tecnicamente delle cronometro “vere”, che faranno emergere i veri valori in campo. Quello degli uomini si sviluppa in campagna, strade libere e molto scorrevoli, dove si possono liberare tutti i “cavalli”… La prima parte è pianeggiante, la seconda più ondulata, ma c’è un’incognita: l’arrivo è al termine di uno strappo di 900 metri, con pendenza al 9% e pavé sotto le ruote. Quella salita farà una gran differenza: servirà gestire bene lo sforzo e arrivare al finale con ancora energie per affrontarla come si deve, perché chi sarà a corto rischierà di perdere anche una ventina di secondi solo in quel tratto.

E’ difficile a distanza di così tanto tempo fare previsioni, ma su chi punteresti conoscendo le caratteristiche del tracciato?

Fra le donne penso che le protagoniste dello scorso anno resteranno le favorite e ci metto anche Vittoria perché voglio essere comunque fiducioso. In campo maschile – la voce di Velo si fa perentoria – il percorso sembra fatto su misura per Ganna per quel che ha dimostrato e anche per quel che ha fatto vedere sul Poggio alla Sanremo. Un Pippo così su quello strappo finale è in grado persino di guadagnare sugli avversari…

18 marzo-9 aprile: scelte diverse fra Sanremo e Roubaix

12.04.2023
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Il solo programma di allenamento che va osservato alla lettera è quello invernale. Durante la stagione invece si asseconda il corpo, in modo da andare incontro alle esigenze che si creano. Alla luce di questa massima, che ci fu consegnata tempo fa da Michele Bartoli, torniamo alle scelte recenti di tre campioni – Van der Poel, Van Aert, Ganna – e al diverso programma che hanno seguito dopo la Sanremo del 18 marzo e la E3 Saxo Classic della settimana successiva.

Ciascuno dei tre aveva esigenze diverse. Van der Poel, in ottima condizione (in apertura durante il sopralluogo sul pavé di venerdì 7 aprile), cercava freschezza per contrastare Pogacar in salita e poi brillantezza sulla via della Roubaix. Van Aert sapeva già dalla Sanremo di non avere una grande condizione in salita, ma ha scelto le fatiche della Gand. Ganna ha usato le corse fino alla Gand per prendere confidenza con il terreno, poi ha scelto di allenarsi a casa. E allora siamo tornati da Bartoli, per sentire quale idea si sia fatto dei tre avvicinamenti.

Tre diversi avvicinamenti

Ecco il programma delle gare di Van der Poel, Van Aert e Ganna a partire dalla Milano-Sanremo, di cui hanno occupato i tre gradini del podio. Hanno tutti fatto la E3 Saxo Classic, poi le loro strade di sono divise, seguendo ragionamenti tecnici diversi.

DataGaraMathieu Van der PoelWout Van AertFilippo Ganna
18 marzoMilano-SanremoVincitore3° a 15″2° a 15″
24 marzoE3 Saxo Classic2° s.t.Vincitore10° a 1’31”
26 marzoGand-Wevelgem=2° s.t.Ritirato (caduta)
29 marzoDwaars door Vlaanderen==91° a 3’38”
2 aprileGiro delle Fiandre2° a 16″4° a 1’12”=
5 aprileScheldeprijs124°==
9 aprileParigi-Roubaix3° a 46″6° a 50″
Caro Michele, intanto vale la pena dire, dopo aver letto l’intervista sulla Gazzetta dello Sport, che Van der Poel ha ammesso di aver vissuto un inverno meno impegnativo nel cross e di aver trovato di conseguenza più freschezza su strada…

Insomma, lo si disse già due anni fa: le energie non sono infinite. Anche se mentalmente sono forti e sopportano la fatica, prima o poi il conto lo paghi. Non si può far tutto. La vita è sempre stata una questione di scelte.

Come vedi il fatto che dopo Harelbeke, Van der Poel che è parso più forte in salita si sia fermato, mentre Van Aert ha corso la Gand?

Se si fosse fermato anche lui, forse avrebbe avuto un po’ di margine per il Fiandre. Non a caso a volte certe corse vengono saltate, per privilegiare quelle che contano. Quando sei al 100 per cento, non sempre ti conviene correre. Perciò se si salta una corsa, privilegiando un allenamento ben fatto, a volte si migliora. Andare a correre e subire il ritmo della gara, se non stai bene a volte un po’ ti toglie.

Già alla E3 Saxo Classic si era capito che Van Aert, già sofferente alla Sanremo, fosse meno forte in salita
Già alla E3 Saxo Classic si era capito che Van Aert, già sofferente alla Sanremo, fosse meno forte in salita
Si parla per ipotesi, ma secondo te, non correndo la Gand, Van Aert sarebbe stato più forte al Fiandre?

Non si può dire che sia andato piano, perché anche lui almeno inizialmente ha staccato tutto il gruppo. Però poi ha pagato dagli altri due. A questi livelli si considerano anche i dettagli in apparenza più piccoli. Per cui, pur non potendo cambiare il rendimento di un atleta in un periodo breve come gli 8 giorni fra Harelbeke e il Fiandre, lo si sarebbe potuto amministrare diversamente. Non è che puoi metterti a fare lavori sul VO2 Max, perché allora ti converrebbe quasi correre. Ma se ti rendi conto che ti manca qualcosa, staccare per qualche giorno può restituirti un po’ di brillantezza. Recuperi un po’ più a lungo, ti concentri sui lavori aerobici con la speranza di arrivare al momento decisivo un po’ più carico di energie e poi incroci le dita…

Quindi è più un fatto di recupero e di freschezza?

Esatto. A quel punto il motore difficilmente lo cambi. Lavori un po’ più sulla fase aerobica, magari speri che in tutti i momenti della gara dove non si spinge a fondo, il dispendio energetico sia inferiore e arrivi un pochino più carico al finale. E’ anche vero che se devi inseguire, è sempre più difficile.

Nel mercoledì tra Fiandre e Roubaix, Van der Poel ha chiesto di correre la Scheldeprijs per trovare ritmo
Nel mercoledì tra Fiandre e Roubaix, Van der Poel ha chiesto di correre la Scheldeprijs per trovare ritmo
Tra il Fiandre e la Roubaix, Van der Poel ha inserito la Scheldeprijs dicendo di volere più ritmo…

E’ quello che si sta dicendo. Quando sei al top, sai su cosa puoi lavorare. Si tratta di aggiustare piccole cose, non hai il tempo per cambiare completamente la situazione, ma a quei livelli le piccole cose sono decisive.

E’ possibile che la Gand una settimana prima del Fiandre abbia appesantito Van Aert, perché non era al top, mentre la Scheldeprijs prima della Roubaix abbia dato più qualità a Van der Poel, che stava già molto bene?

Puo essere assolutamente così. Non so cosa abbiano fatto nel periodo dopo il cross, mi pare però che siano rientrati su strada negli stessi giorni di marzo. Normalmente il valore principale di Van Aert è la resistenza. Lo dimostra al Tour, andando in fuga e tenendo anche sulle montagne come Hautacam. Invece sembra che ora la resistenza gli manchi. Fa uno sforzo, due sforzi e il terzo lo subisce. Gli anni non sono tutti uguali e si sta discutendo su sottigliezze, perché magari si sarebbe staccato anche non correndo la Gand. Però se si vuole un’analisi, qualcosa di diverso poteva essere fatto.

Van Aert ha speso molto alla Gand (26 marzo), tre giorni dopo Harelbeke. Uno sforzo su cui ragionare per il futuro
Van Aert ha speso molto alla Gand (26 marzo), tre giorni dopo Harelbeke. Uno sforzo su cui ragionare per il futuro
In carriera ti è capitato di aggiungere o togliere corse dal programma in base alla condizione?

Certo, più di una volta. Sono cose che si fanno. Quella che è programmata e bisogna cercare di mantenere il più possibile fedele alla tabella è la preparazione invernale, perché si strutturano gli allenamenti con una cadenza articolata. Quando iniziano le gare, devi lavorare in base a quello che ti senti. La programmazione potrebbe andare a perdersi e devi essere bravo ad adeguare il calendario.

In che modo?

Se sono sul filo, magari una gara in più mi potrebbe danneggiare, allora la tolgo. Oppure sto bene, mi manca un po’ di ritmo e allora la inserisco come ha fatto Van der Poel. Ha recuperato qualche giorno in più, ha messo dentro la Scheldeprijs, ha ripreso il ritmo e alla Roubaix era a posto. Sono calcoli che si fanno.

Alla Roubaix, Ganna è andato forte, ma ha pagato il conto all’inesperienza. Qui è con Mads Pedersen
Alla Roubaix, Ganna è andato forte, ma ha pagato il conto all’inesperienza. Qui è con Mads Pedersen
Cosa possiamo dire di Ganna, che non ha corso il Fiandre per preparare la Roubaix?

E’ un caso diverso, perché Ganna non ha l’esperienza di Van Aert e Van der Poel per le gare in Belgio. Non ha la loro sicurezza, non conosce i percorsi. Gli mancano tante sfumature, quindi una corsa in più per lui sarebbe stata più utile di un allenamento fatto a casa sua. Lo avrei buttato anche sul Fiandre.

E’ stata l’osservazione fatta lassù dopo averlo visto così forte alla Sanremo.

Alla Sanremo si è visto che dopo Van der Poel il più forte è stato lui, poi è mancato qualcosa: questo è lampante. Su Ganna vorrei parlare poco, perché spesso sono stato critico: non su di lui, ma sul programma che ha fatto. Filippo è una forza della natura e forse andrebbe sfruttato un pochino meglio. Sappiamo che vince in pista, che fa record dell’Ora, che diventerà campione del mondo a crono, però a lui ora serve qualcosa in più. Quest’anno ha iniziato.

Van Aert e Van der Poel hanno chiuso la stagione del cross al mondiale, debuttando su strada ai primi di marzo
Van Aert e Van der Poel hanno chiuso la stagione del cross al mondiale, debuttando su strada ai primi di marzo
Hanno detto che il Fiandre sia troppo duro per lui.

L’ho sentito dire anche io. Sarà anche pesante rispetto agli altri, ma ha una qualità muscolare adeguata al suo peso. Se Van der Poel sul Paterberg fa 600 watt, Ganna naturalmente ne fa 680. Perché è strutturato per supportare quel carico lì. Quindi anche il fatto del peso, alla fine, non è così proibitivo.

Correndo di più lassù avrebbe dei vantaggi nella guida e spenderebbe meno?

Rilanciare dopo ogni curva costa tanto, soprattutto perché le curve sono quello che si vede. Mi viene da pensare che forse Ganna, non essendo tanto esperto, molte volte ha dovuto rilanciare per una traiettoria sbagliata e tutti gli altri movimenti che succedono in gruppo e che da fuori non noti. Se è successo in curva, mi viene da pensare che lo abbia fatto anche in altre situazioni. Quindi la sua è stata una gara dispendiosa e ugualmente è andato fortissimo. Era lì fino all’ultimo tratto, quindi sono convinto che in futuro, quando avrà più esperienza, la Roubaix sarà la sua gara. Dovrà solo lavorare per arrivare con un po’ di riserva nel finale, quando si fa la vera differenza…

Dopo la Sanremo, Ganna può volare anche sulle pietre

10.04.2023
4 min
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Okay Van der Poel e okay Van Aert, ma ieri il numero lo ha fatto anche Filippo Ganna. Il campione della Ineos Grenadiers è arrivato sesto. Di fatto era la prima volta che dava assalto con determinate velleità di successo alla classica delle pietre.

Il piemontese è sempre stato nel vivo della corsa. Sempre sulle ruote dei favoriti. E con loro se l’è giocata a viso aperto e petto in fuori.

La sua giornata era inizia ta con molta calma. Avendo l’hotel a poche centinaia di metri dalla partenza, gli Ineos erano arrivati al bus in bici, con lo zaino in spalla. Il bus era stato saggiamente spostato con anticipo così da assicurarsi il miglior posto. Ganna firmava autografi ed era tranquillo. Prima del via, ma proprio al momento dello “sparo”, ha trovato anche il tempo di salutare la sua compagna.

Dai baci alle pietre

Ma da un’immagine così soft ad una ben più dura è bastato un attimo. Anzi, ci sono 96 chilometri, quelli che separano Compiegne dal primo settore in pavè. E lì Pippo e la sua Ineos si sono fatti trovare pronti. Da Arenberg in poi, la storia la conosciamo. 

Ritroviamo Ganna, stremato, dopo l’arrivo. E’ seduto nel velodromo. Guarda nel vuoto, beve un po’ d’acqua e continua a tossire. Una tosse da sforzo. Da sfinimento.

Eppure questa fatica è servita a qualcosa. Come dopo la Sanremo, il bicchiere va visto assolutamente mezzo pieno.

«Cosa mi porto a casa da questa Parigi-Roubaix? Tante botte e che devo essere sempre attento: ci sono colleghi che ti dicono di avere i crampi e poi… Li devi guardare in faccia. Chi sono potete immaginarlo». Il riferimento potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, rivolto a Pedersen e Kung.

«Non voglio far polemiche, però potevamo giocarci il podio magari. Sarebbe stato più carino».

Dopo aver tirato tanto, Ganna perde la volata con Pedersen e Kung. I tre sono giunti a soli 4″ dal drappello di Van Aert e a 50″ da VdP
Dopo aver tirato tanto, Ganna perde la volata con Pedersen e Kung. I tre sono giunti a soli 4″ dal drappello di Van Aert e a 50″ da VdP

Consapevolezza acquisita

Ganna però alla fine è soddisfatto. In cuor suo ha capito, come a Sanremo, che questa corsa la può vincere. E non è poco. Significa che il palmares può aspirare a tanto e che dopo le prossime Olimpiadi si potrà tornare quassù con tutt’altra verve e tutt’altra convinzione.

E provarci, anche se non ancora al 101%, ma al 100% è fondamentale. Per fare bene in certe corse non è importante solo parteciparvi, ma come vi si partecipa. Bisogna “impararle a vincere”, se così si può dire.

«Comunque è andata bene, dai – aggiunge Ganna – quest’anno sono stato presente più spesso del dovuto in testa al gruppo. Sono stato nel vivo della corsa. C’è stato anche un momento in cui ci ho creduto, ma dal crederci all’arrivare cambia tutto.

«Ora voglio solo riposarmi un po’, perché in questa stagione ho già consumato tanto, e voglio pensare al Giro d’Italia».

Pippo era alla sua 4ª Roubaix da pro’, la prima con l’idea di vincere veramente. Cosa che gli era riuscita da U23
Pippo era alla sua 4ª Roubaix da pro’, la prima con l’idea di vincere veramente. Cosa che gli era riuscita da U23

Cioni: pollice in su

E il discorso del provarci Dario David Cioni lo conosce bene. «Sono contento della prestazione di Filippo – ha detto il coach e diesse di Ganna – in quanto era la prima volta che si trovava in quella posizione in questa corsa. Ed è tutto diverso che farla da dietro. Oggi (ieri, ndr) Filippo ha imparato molto. 

«Certo, sicuramente c’è ancora molto da fare. Come sempre c’è da migliorare e da lavorare su tutto. Ma il lavoro svolto sin qui è stato buono. La strada è questa».

Anche Cassani ha fatto una disamina molto interessante sulla Roubaix di Ganna. E siamo d’accordo con lui quando dice che Pippo fa ancora un po’ fatica non tanto sul pavé, quanto nelle curve e nei rapidi cambi di direzione. E qui torniamo al punto di prima: queste corse vanno fatte e rifatte. E soprattutto vanno fatte davanti dove frenesia, pressione, avversari e velocità sono diverse.

«Fisicamente Ganna c’era – prosegue Cioni – perché comunque è rimasto con i primi fino alla fine, fino a 16 chilometri dal traguardo. A parte Van der Poel che è scappato, poi erano tutti lì e il distacco è nell’ordine dei secondi, non dei minuti. E questo per me è molto importante. In prospettiva il suo sesto posto è un risultato che fa ben sperare. Anche la squadra ha lavorato bene, portandolo davanti fino alla Foresta di Arenberg, dove poi è esplosa la corsa».