Parigi, la caduta di Consonni e una scheggia nel muscolo

08.10.2024
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La caduta di Consonni a pochi giri dalla fine della madison olimpica. Le parole di Simone nel racconto successivo a far capire che non fosse stata una scivolata come tante e dare una dimensione anche più grande a quell’argento che sapeva già di oro. Che cosa è successo al bergamasco in pista il 10 agosto? E in che modo gli uomini della nazionale gli hanno permesso di ripartire e lo hanno curato nelle ore successive?

Lo abbiamo chiesto a Fred Morini, uno dei fisioterapisti della nazionale. Un passato da atleta e poi una vita che varrebbe il racconto di un bravo scrittore. L’umbro ascolta e annuisce. Ha ben chiaro quel che è accaduto, a partire dalla caduta. L’impatto di Consonni con il legno della pista è stato così fragoroso che, pur con tutto il rumore del palazzetto, si è percepito come il suono di uno schiaffo.

La foto dopo con Viviani e Morini mostra nello sguardo di Consonni certo la gioia, ma ancora i postumi della caduta
La foto dopo con Viviani e Morini mostra nello sguardo di Consonni certo la gioia, ma ancora i postumi della caduta
Che cosa è successo, dal tuo punto di vista?

La caduta può accadere, ma nessuno se l’aspettava, soprattutto perché eravamo alla fine. Cominciavamo già ad assaggiare più l’oro che l’argento. Erano abbastanza al limite e i portoghesi per certi versi stavano correndo un po’ meglio nella parte finale. Però per come si era messa, i nostri potevano riuscire a contenerli. Era chiaro che facessero corsa su Leitao e Oliveira, perché erano gli unici in grado di incrementare. La caduta è stata una grande botta, ce ne siamo accorti subito.

Che cosa avete visto?

Eravamo il meccanico Giovanni Carini ed io. Quando siamo arrivati, Consonni aveva il pantaloncino girato e uno strappo molto grande. Ma la prima cosa che ho visto era il casco completamente ruotato, tanto che l’ho tirato da dietro e lui subito se l’è rimesso a posto. Quindi sicuramente ha battuto anche la testa, per questo sembrava un po’ rintronato. La testa, la gamba e la spalla. E comunque è risalito su, non ci ha pensato un secondo. Un po’ per la foga, un po’ perché noi lo incitavamo, poi i fischi, il rumore, la gente. Non ha guardato più niente, ha fatto la sua corsa. Ma il grande shock che ha accumulato si è visto appena è arrivato.

Che cosa si è visto?

Appena è sceso giù dalla balaustra si è messo seduto e ha scaricato la tensione, come a Tokyo dopo il quartetto. Sembrava dovesse svenire da un momento all’altro. E così ho fatto le stesse manovre di tre anni prima. Sono intervenuto sulla parte cervicale, dove ci sono dei punti neurologici che di solito si attivano sulle persone che rischiano di perdere i sensi o che effettivamente svengono. Ho cominciato a premere forte e sembrava che si riaccendesse. Poi si è alzato, perché lo chiamavo alle interviste. E’ andato, solo che nei primi 4-5 minuti non sapeva nemmeno dove si trovasse. Era in crisi di zuccheri, perché nella madison è arrivato proprio al limite del limite. Allora gli ho dato un gel, ha bevuto qualcosa, poi si è incamminato verso la tv. E a me a quel punto è caduto l’occhio sul pantaloncino.

Cosa c’era?

Una scheggia del parquet del velodromo, che sarà stata di due centimetri, che usciva fuori dal muscolo. Dritta come uno spillo. Allora sono andato da lui e gli ho detto: «Dai Simo, bevi qualcosa» e gli ho passato una lattina di Fanta. Lui l’ha accettata e mentre la guardava, ho preso la scheggia con le mani e l’ho tirata via. Non l’avessi mai fatto… Ha imprecato, ha sentito come un coltello che invece di entrare, usciva dalla sua gamba. C’era la telecamera e Stefano Rizzato per qualche istante ha abbassato il microfono, chiedendomi cosa fosse successo. E allora gliel’ho fatta vedere e gliel’ho detto: «Avevi una scheggia di legno di due centimetri infilata nella gamba!».

E’ possibile che nel momento in cui si è ritrovato per terra abbia avuto anche un crampo?

Certo. Si è alzato di colpo e sicuramente era già parecchio provato. Il crampo l’ha avuto perché quando ha dato la botta, è rotolato e rialzarsi ha richiesto la massima contrazione muscolare. Un po’ era stanco, un po’ disidratato e di fatto è partito il crampo. Anche dietro la coscia, non dove c’era la ferita, ma tra coscia e polpaccio. Anche il senso di svenimento è connesso a una reazione adrenalinica. Il nervo vago comincia a scaricare, aveva comunque dato una bella botta. Passavano le ore e lui peggiorava, anziché migliorare. Il giorno dopo si è alzato e sembrava un novantenne che camminasse a quattro zampe, perché cominciava a sentire la botta. Aveva più segni addosso l’indomani che dopo la caduta. Ha dormito male tutta la notte, si è goduto male anche la medaglia. Anche la sera che abbiamo fatto il brindisi, era molto dolente.

Come lo hai trattato?

Un lavoro manuale, decontratturante, ma non un vero massaggio. La sera stessa e il giorno dopo. Poi un trattamento osteopatico a livello cranio-sacrale, per allentare un po’ la tensione. Il terzo giorno abbiamo lavorato sulla mobilizzazione: sempre lavoro manuale, ma anche attivo. Qualche piccolo esercizio sul bacino, sulla parte bassa della schiena, per recuperare la mobilità. Dopo due giorni già stava meglio, ma il giorno dopo è stato veramente male.

Finita la madison, Consonni torna alla balaustra. E’ frastornato e dolorante
Finita la madison, Consonni torna alla balaustra. E’ frastornato e dolorante
E’ andato in ospedale? La botta alla testa lo richiedeva?

No, l’ha visto il dottor Angelucci. Non c’erano i sintomi di fratture, per cui il dottore ci ha detto di trattarlo. La cosa in più che abbiamo fatto sono state delle medicazioni con il Duoderma, perché c’erano anche delle belle abrasioni. Abbiamo anche ripulito la ferita con delle pinzette. Per il colpo alla testa, il dottore l’ha valutato. Ha fatto anche dei test di risposta neurovisiva e neurobiologica, ma non c’era nulla di particolare. Però ci ha raccomandato di osservarlo e segnalare se avessimo visto qualcosa di particolare. Ma Simone non aveva lo stimolo di vomitare, non aveva giramenti di testa improvvisi o mancamenti. Per cui abbiamo proseguito così.

Quanto è durata la fase… novantenne?

Due giorni, poi ha cominciato rimuoversi degnamente. Ha fatto un po’ di rulli ed è uscito su strada. E devo dire che la sua caduta è stato il solo problema di queste Olimpiadi, a parte i classici problemi del quartetto, che vanno sempre in sofferenza con la schiena perché la partenza con quei rapporti è impressionante. Hanno sempre la solita patologia al fondo della schiena soprattutto a destra dove fanno l’attivazione per la partenza. E poi per il resto tutto bene, ordinaria amministrazione. Null’altro da segnalare.

Il doloroso massaggio post Roubaix. Le dritte di Morini

11.04.2023
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Anche l’ultima Parigi-Roubaix ha messo in evidenza una fatica bestiale. All’arrivo tutti si buttavano sul prato del velodromo. I ragazzi erano sfiniti. E questo nonostante dei mezzi sempre più “confortevoli” ed efficienti sul pavè. Di contro si va più forte. E alla fine forse il discorso dei sobbalzi si compensa.

Al via di Compiegne abbiamo incontrato Federico “Fred” Morini, massaggiatore della nazionale. Fred era venuto da spettatore appassionato con un occhio dedicato soprattutto ai suoi due azzurri: Filippo Ganna e Jonathan Milan. Non a caso lo abbiamo intercettato al bus della Ineos Grenadiers di Pippo.

Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Fred, Colbrelli ci ha detto che dopo tre giorni le sue gambe post Roubaix erano ancora “distrutte”. Ci spieghi dunque com’è il massaggio post Inferno…

La maggior parte degli atleti, dopo la Roubaix, anche a distanza di qualche giorno, sentono dei dolori muscolari. Dolori che vanno dalle braccia, al corpo, alle gambe chiaramente. Questo perché subiscono scosse continue, vibrazioni incredibili e per qualche giorno, magari non i migliori perché sono forse i più adatti a questo percorso, sono messi male. 

Dunque ciò che diceva Colbrelli è vero: gambe messe male anche a distanza di giorni… E cosa sente il massaggiatore nei polpastrelli? Cosa c’è di diverso in quei muscoli?

Si sente una bella differenza. Si sentono tante contratture lungo il decorso muscolare. Ed è anche  l’atleta che te lo conferma mentre lo tocchi. Ti dice l’entità del dolore. E infatti è un massaggio che in alcuni casi può anche far male, come nella maggior parte dei casi.

Questo massaggio conviene farlo subito oppure meglio aspettare?

L’ideale è sempre meglio aspettare un po’, perché si riduce il trauma del tessuto. Poi magari il discorso non vale per tutti, ma per buona parte del gruppo sì. Meglio farlo a distanza di due o tre giorni. In più va considerato che oggi, a differenza del passato, abbiamo a disposizione dei macchinari elettromedicali che possono favorire la vascolarizzazione e quindi il rilassamento del tessuto e di conseguenza il passaggio delle mani sul muscolo.

Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Prima abbiamo accennato alla tecnologia: le nuove gomme, le pressioni più basse… Questo contribuisce a ridurre i traumi? Oppure le velocità maggiori pareggiano le cose?

Io credo che tutto sia utile. Ma credo anche che ci sia un fondamento ulteriore che va valutato ed è l’aspetto  mentale. Il fatto di poter contare sugli ausili, durante e dopo, aiuta mentalmente l’atleta stesso a subire meno la situazione.

Invece a livello di idratazione, di alimentazione c’è qualche accorgimento per favorire questo recupero?

Come per tutte le corse, devi prestare molta attenzione. Nel caso della Roubaix ancora di più perché la tensione muscolare, e non solo quella, è tanta. Il fatto di dover essere sempre molto vigili in gruppo, è fondamentale, e richiede energie. Senza contare che hai un percorso che è massacrante in tutti i sensi.

Noi pensiamo sempre alle gambe, ma finita la Roubaix quali altre sono le parti massacrate?

Molte! Tecnicamente lo chiamo sistema viscerale. Fondamentalmente è quello degli organi, perché una delle sensazioni peggiori dell’atleta quando pedala sul pavé è appunto la sensazione di avvertire che sta “perdendo” lo stomaco, l’intestino, tutto… Sono le vibrazioni, ma sono forti, tremende e prolungate.

Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Quindi tu massaggiatore cosa fai?

Si tratta tutto: dal collo al decorso della colonna vertebrale. Va trattato il decorso d’innervazione degli organi: va rilassato, va inibito… Bisogna cercare di riportarlo a una situazione di normalità più velocemente possibile. Anche perché la stagione non finisce dopo la Roubaix.

E quanto tempo ci vuole per riportare il tutto alla normalità?

Un po’ di ricerca è stata fatta anche su questo. E tra quello che è stato raccolto dai vari colleghi, sembra che una settimana sia il tempo ideale per recuperare completamente lo sforzo della Roubaix.

Ma in quella settimana però l’atleta pedala, si allena…

Assolutamente. Ripeto, la stagione non si conclude dopo la Roubaix. Oggi più che mai i ragazzi hanno un calendario molto fitto. Per molti di loro queste classiche sono il clou della stagione (e possono mollare un po’ di più, ndr), ma per altri c’è un periodo molto importante da affrontare. Di conseguenza già dopo due o tre giorni in cui si è fatto meno, si torna con il programma di allenamento normale. E’ un riadattamento vero e proprio. E a distanza di 4-5 giorni si torna a pedalare come se non si fosse corso. Ecco perché questo recupero deve essere veloce e concentrato. E non riguarda solo il riposo, ma anche l’alimentazione e tutto il resto.

E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
Hai parlato di esercizio fisico e alimentazione. Che cosa bisogna fare?

Bisogna cercare di ridurre i cibi acidi (carni grasse, crostacei, salumi, affettati, formaggi, ndr) che ovviamente potrebbero continuare a portare una componente negativa riguardo al recupero. E poi bisogna dormire tanto e bene. Ed è importante nei primissimi giorni tornare in sella con un programma ben ponderato ai fini dello smaltimento dello sforzo accumulato.

E gli esercizi tipo stretching?

Allungamento posturale, correzione di tutti quelli che sono i vari scompensi che si sono creati perché, ahimé, in alcuni casi c’è anche da gestire qualche botta che si è presa a terra. Durante la Roubaix è facile cadere, anche più di una volta.

Il Villaggio, la mensa, l’acqua su Amazon e oggi vanno per l’oro

04.08.2021
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Dietro le quinte, nel mezzo della scena. Gli orari sono incrociati, perciò quando qua stamattina è l’alba, in Giappone sono le 15,20 e in meno di due ore i ragazzi si sposteranno nel velodromo. Viviani è già andato di mattina. Fred Morini – fisioterapista al seguito della squadra, ex corridore e ottimo amico – racconta con un occhio all’orologio. I tempi sono serrati e guai sciupare un solo minuto che potrebbe servire agli atleti. Sono in un Villaggio dall’altra parte del mondo, la distanza accresce la sensazione di vivere un evento immenso.

L’una di notte

Ieri sera sono rientrati all’una, fra un controllo e una navetta, gli orari sono spostati avanti di circa due ore rispetto al solito.

«Ieri sera c’è stata tantissima euforia – racconta – e un po’ di crisi emotiva. Soprattutto Consonni era molto scosso. Siamo arrivati con una tensione altissima, dopo tanto tempo che non correvano. Non sapevamo niente degli avversari. Dall’Australia c’erano giornalisti e persone dell’Istituto dello Sport che annunciavano un quartetto pronto per distruggere il record del mondo. Facevano paura tutti, poi dopo le qualifiche si è sciolto un iceberg. Abbiamo capito dove si sbagliava, hanno messo a posto i turni. Ieri hanno seguito alla lettera la tabella di Villa e sono arrivati al record del mondo. Ma l’euforia è rientrata in fretta. Quando siamo arrivati al Villaggio, c’erano altri atleti che avevano vinto la medaglia. Per cui dopo un po’ siamo rientrati nelle nostre stanze. Abbiamo fatto i nostri trattamenti sui ragazzi. Villa ha detto qualcosa dopo aver rivisto i tempi degli avversari e siamo andati a dormire».

Viviani è riserva del quartetto, in questi giorni lascia il Villaggio di buon mattino e anticipa sempre i compagni in pista
Viviani in questi giorni lascia il Villaggio di buon mattino e anticipa sempre i compagni in pista

Il Villaggio della pista

Vivono in un ex villaggio turistico a 15 chilometri dal velodromo. Camere da quattro. In una i due massaggiatori (Morini e Baffi, figlio di Adriano, quello del fantacyclig) più Bertazzo e Milan. Nell’altra il resto del team. Si spostano con navette che passano ogni trenta minuti e ne impiegano circa 25. La sistemazione non è il massimo, ma dopo un po’ si sono abituati. Hanno dimenticato il modo di mangiare italiano e si sono adattati a quello che trovano in mensa. Per fortuna lo chef degli stradisti al momento di ripartire ha lasciato loro parmigiano e olio, mentre per l’acqua gasata si sono organizzati i ragazzi: l’hanno ordinata su Amazon e hanno riempito tutti i frigo a disposizione.

I giorni più impegnativi per lo staff sono stati i primi in cui Ganna e Viviani erano ancora con il gruppo strada e bisognava fare avanti e indietro. Poi, una volta entrati nella dimensione della pista, le cose hanno preso un corso più normale.

Ganna sa scherzare, ma è una delle colonne della nazionale
Ganna sa scherzare, ma è una delle colonne della nazionale
Che effetto fa essere alle Olimpiadi?

Non capita tutti i giorni. Era un sogno per me quando facevo il corridore e ogni giorno che vado a colazione e passo davanti ai cinque cerchi sul muro, resto un po’ a guardarli. Ieri Villa, che pure le ha fatte da atleta, diceva che è un sogno anche per lui. E professionalmente esserci è un riconoscimento importante.

E i ragazzi invece come la vivono?

La fortuna di questo gruppo è che ci sono due atleti che certi eventi li sanno sostenere. Il capitano, cioè Viviani. E poi Ganna, che è giovanissimo, ma è stato capace di vincere tutto. A loro si è aggiunto il bimbo, Jonathan Milan, che hanno adottato perché è giovanissimo e perché va davvero forte. E’ un gruppo che sa di avere dei mezzi importanti. E poi zero stress e grandi motivazioni.

Spiega meglio.

Si sta vivendo tutto giorno per giorno. Per noi la qualifica era una semifinale, facendo calcoli sul risultato da centrare per avere il miglior abbinamento nel turno successivo. La semifinale di ieri l’abbiamo vissuta come una finale e in un certo senso lo era, perché c’era un palio la finale per l’oro. Eravamo lì a preparare gli abiti per la cerimonia, sapendo che oggi non avranno nulla da perdere. Il record del mondo potevano farlo i danesi, che in allenamento girano a ritmi pazzeschi. Però l’abbiamo fatto noi.

Milan è il più giovane e va fortissimo: il gruppo lo ha adottato
Milan è il più giovane e va fortissimo: il gruppo lo ha adottato
Non c’è rischio che si siano appagati?

Sono cattivissimi. Ieri sera sono arrivati stanchi, abbiamo fatto i nostri trattamenti, ma stamattina alle 9 erano già in giro per fare colazione e chiedere i rulli. Anche Villa è rimasto colpito. Alle 10 erano già sul lettino per l’attivazione muscolare del mattino. Viviani invece è andato in pista di mattina, perché comunque domani corre.

C’è possibilità secondo te che corra anche il quartetto?

E’ riserva e fino a un’ora prima può subentrare, ma queste sono cose che riguardano Villa. Stamattina Elia ha lavorato un po’ qui al Villaggio, dove abbiamo una bellissima palestra e anche i rulli, poi è andato a Izu.

In cosa consistono i vostri trattamenti?

Siamo partiti con i classici massaggi e poi con il passare dei giorni abbiamo personalizzato il lavoro. Piero Baffi segue il discorso della riattivazione muscolare, ma per fortuna non ci sono state richieste attività particolari, al di fuori di qualche trattamento di osteopatia.

Ieri hanno parlato tutti bene di Marco Villa, il loro riferimento.

Sono con lui da tanti anni, oltre che tecnico è anche un amico. Sa farsi voler bene e anche se parla poco sa farsi capire fino nei dettagli.

La decisione sull’ammissione della Danimarca in finale è stata presa nella notte
La decisione sull’ammissione della Danimarca in finale è stata presa nella notte
Che cosa significa essere a Tokyo per te sul piano professionale?

Lo stimolo per continuare ad aggiornarmi. Si giocano qualcosa di importante, non puoi non essere all’altezza. Tornerò a casa con un’agendina in cui ho scritto i punti su cui lavorare.

Villa parlerà in velodromo della gara di oggi?

Ha parlato ieri sera, come ogni giorno. Parlerà poi in pista.

Strana la decisione di far correre in finale la Danimarca?

Strana e meno facile di come è apparsa. Prima a colazione con Villa e Baffi mi sono trovato al buffet con un inglese e gli ho chiesto. Hanno presentato ricorso e sono stati in pista con i giudici fino a notte fonda, la decisione non è stata presa subito come è parso ieri. In pratica, per quello che ho capito, il danese ha sbagliato, doveva superare l’inglese e non tenere la testa bassa. Ma alla fine il fattore che ha portato alla decisione è stato lo sparo, avvenuto prima dell’incidente. Se lo avesse colpito prima dello sparo, avremmo avuto in finale gli inglesi.

Federico Morini, Michele Scartezzini, ritiro Noto, 2020

Scartezzini, la bilancia e il cronometro sovrano

18.12.2020
5 min
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La Sicilia è un buon posto per allenarsi e riflettere, pensa Scartezzini dalla sua stanza d’hotel a Noto. Il quartetto dell’inseguimento è volato giù dal 7 dicembre e rimarrà fino a domani, poi si sposterà a Formia per gli ultimi quattro giorni di lavoro prima di Natale.

«Stiamo facendo prevalentemente strada – dice il veronese, che nella foto di apertura è con Federico Morini – ma solo ieri siamo andati in velodromo per provare un po’ di partenze. Era pieno di bambini venuti a vederci e a girare in pista. Come quando arriva in paese la Juventus. E’ un altro mondo. Caldo, percorsi pedalabili. Siamo sempre in maglietta e pantaloncini. Eravamo già venuti a Noto per un solo giorno l’anno scorso durante un raduno sull’Etna, ma in questa fase l’altura non serve».

Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Michele Scartezzini impegnato nell’individuale a punti ai mondiali di Berlino 2020
Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Scartezzini nell’individuale a Berlino 2020

Agli ordini di Marco Villa, in questo angolo incantato d’Italia più a sud dell’Africa, ci sono Scartezzini, appunto, più Bertazzo, Lamon, Simion (fresco di firma con la Giotti Palomar), Plebani, Pinazzi, Gidas Umbri e Tommaso Nencini. Come dire lo zoccolo duro dell’inseguimento a squadre, più qualche giovane e senza i due o tre nomi da aggiungere in vista di Tokyo: Consonni, Ganna, Milan e Viviani.

Cominciate a essere in tanti…

Si è visto al mondiale. Siamo un gruppo forte con esigenze diverse. Noi che siamo qua abbiamo corso poco e abbiamo bisogno di fare allenamenti di sostanza, mentre Viviani, Ganna e Consonni tutto sommato hanno avuto una stagione frenetica ma quasi normale. E comunque non è più come una volta, la differenza tra stradisti e pistard si sta facendo più netta.

Che cosa intendi?

Io ormai faccio quasi solo pista. In allenamento non serve che faccia chissà quali dislivelli, come se dovessi prepararmi per una gara a tappe. Mi sto concentrando molto più sulla forza rispetto a un tempo, che mi agevola per le partenze. Debutterò in Argentina alla Vuelta San Juan, ma sarà per avvicinarmi meglio al calendario della pista. Siamo tanti per quattro posti, prima o poi saremo scelti sulla base dei tempi che saremo in grado di fare.

Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Marco Villa a Noto per la seconda volta
Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Villa a Noto per la seconda volta
Quindi la prima sfida è interna?

Prima dell’europeo mi sentivo davvero in palla e non tutti fra noi andavano allo stesso modo. Se il Covid non ci avesse decimato, durante gli allenamenti ci sarebbe stata la selezione. Poi magari stavo lo stesso a casa perché altri andavano meglio, ma l’importante era sapere di aver fatto tutto il massimo.

Non ti dà fastidio pensare che probabilmente alla fine arriveranno gli altri quattro dalla strada e tanto lavoro sarà vanificato?

No, per due motivi distinti. Il primo è che le Olimpiadi sono una cosa immensa, ma l’anno prossimo ci sono anche gli europei, i mondiali e un calendario molto ricco. Il secondo è che davanti a un atleta capace di fare tempi migliori, hai poco da restarci male. Certo, sportivamente rosichi. Siamo cresciuti insieme nello stesso gruppo, è brutto che qualcuno parta e qualcuno no. Però è lo sport. Non ne conosco tanti di fenomeni, ma noi ne abbiamo un bel concentrato. E se di colpo arriva uno come Milan, che dopo un solo anno in pista fa certi tempi, posso solo togliermi il cappello.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Per Scartezzini, momento di sosta con vista mare durante il ritiro che finirà domani
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Sosta con vista mare, ma domani si riparte
Le Olimpiadi, dicevi…

Per la prima volta sono alla nostra portata. Prima le vedevamo come irraggiungibili. A Londra ci andò Viviani e fece anche bene. A Rio arrivammo quasi per caso. Intorno a noi erano tutti serissimi, noi sembravamo superficiali. Ma adesso che siamo nella situazione per cui la medaglia è alla nostra portata, vogliamo esserci a tutti i costi. Sarà una sfida anche fra noi, altrimenti sarebbe troppo facile, ma non sarà certo l’esclusione a chiudere la mia carriera. Sono nelle Fiamme Azzurre. Mi hanno preso per la pista e posso lavorare sereno. Se salto Tokyo, c’è Parigi quando avrò 32 anni. Non sono un atleta tanto sfruttato. Sto facendo molta meno strada, perché ho individuato la mia dimensione. Non serve sfinirsi sulle salite per fare qualche risultato di là e poi spremersi per tirare fuori qualcosa su pista. Una volta che ho capito questo, ho cominciato a cambiar pelle.

Che cosa significa?

Nel 2019 pesavo circa 62 chili, ma agli europei mi ero sentito spesso in debito di forza. Così sono andato da una nutrizionista. Le ho spiegato che volevo privilegiare l’aspetto della forza, per la durata delle prove che devo fare. Da allora ho messo su circa 10 chili di massa magra. Adesso ho più forza, ma ammetto che inizialmente mangiare così tanto mi faceva quasi star male.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia significa anche stare bene. Bella la Spagna, ma non c’è storia…
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia può essere anche piacevole…
Mangiare e basta?

Mangiare, ma non a caso. E palestra. Da quando ho cominciato, mangio 500 grammi di alimenti pesati a crudo, nel senso che quando poi vengono cotti, con l’aggiunta dell’acqua il peso aumenta. E poi ho lavorato sul tronco, perché in partenza certi sforzi di gambe si ripercuotono sulla schiena. In sostanza sono alto 1,83 e ora peso 72 chili con la mezza idea di arrivare a 75. Non sono più un passista scalatore, ma se osserviamo lo sviluppo degli stradisti ci si accorge che gli scalatori da 58 chili stanno scomparendo e quelli che fanno classifica sono tutti intorno ai 70 chili. Perché con l’avvento delle compact, più del peso conta la potenza. Se sul Mortirolo riesci a demoltiplicare i rapporti fino a trovare la cadenza che ti fa esprimere al meglio i tuoi watt, non serve essere leggerissimi come quando avevi soltanto il 25.

Quei massaggi frenetici in pista a Plovdiv

17.11.2020
4 min
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I campionati europei su pista di Plovdiv si sono conclusi da poco, ma le emozioni della spedizione azzurra sono ancora forti. I protagonisti di questa avventura non sono stati solo gli atleti, ma anche lo staff che li ha supportati. Meccanici e massaggiatori che correvano di qua e di là in pista, in albergo, tra albergo e pista. Tra loro c’era anche Federico “Fred” Morini, il massaggiatore e fisioterapista della Fci. Mani esperte e veloci quelle dell’umbro che è anche un asso nella psicologia, per questo “capitan” Marco Villa lo ha voluto a Plovdiv. 

Ciao Fred, allora come è andata in Bulgaria?

La spedizione azzurra non è partita nel migliore dei modi. Prima Ganna che salta e poi a ridosso del via che si fermano anche Michele Scartezzini e Liam Bertazzo, sempre per covid. Poi però è andata fin troppo bene, non ci aspettavamo così tanto. 

Tu come hai vissuto questa esperienza?

A trattare gli atleti eravamo io e Mariano Gambaretto. Ne avevamo cinque a testa. Io seguivo più la parte fisioterapica, lui quella del massaggio. Abbiamo dedicato molto tempo ai ragazzi tra hotel e pista e siamo riusciti a rimetterli in sesto in corso d’opera. Bisognava mantenere muscoli e serenità al top.

Matteo Donegà, il saluto del “pugno” prima di scendere in pista
Donegà, il saluto del “pugno” prima di scendere in pista
Pista e hotel? Come vi organizzavate con i tempi così serrati?

Un bell’intrigo. Tra velodromo e albergo c’erano 5 chilometri spaccati di distanza. Capitava anche di fare avanti e indietro più volte durante il giorno. La sera e il pomeriggio, l’organizzazione diramava il programma di gare, qualificazioni, prove e noi ci sedevamo per buttare giù la nostra “tabella oraria” per ogni singolo atleta. C’è chi gira, chi deve mangiare, chi gareggia, chi ha una qualificazione, chi fa i rulli…

In questo tran tran dovevi essere concentrato. Com’è il muscolo del pistard?

Quello dello stradista è più morbido e allungato. In quello del pistard si avverte più la densità del tessuto. Lo stradista è impiegato in uno sforzo di ore, il muscolo è più facile da palpare. Chi corre in pista invece ha un muscolo che lavora in acidosi ed è chiamato a sforzi intensi e di pochi minuti, per questo è più duro e meno mobile. Insomma è bello tosto!

I corridori cosa ti chiedevano?

Non solo un massaggio. Un trattamento più generale, a partire dalla schiena.

Perché dalla schiena?

Perché è un punto cardine. Pensiamo solo alla fase di partenza con quei rapportoni. Si tirano su, si spostano indietro e scaricato tutta la forza sui pedali tirando anche con braccia e e busto. E la prima pedalata conta più di tutte, pertanto ci sono grosse rotazioni di busto e alla lunga queste differenze si sentono. Quindi chiedevano un qualcosa di più viscerale…

Milan e Morini, al massaggio in hotel
Milan e Morini, al massaggio in hotel
Cosa intendi per viscerale?

In giornata c’erano da fare più competizioni, che si alternavano a rulli, a momenti in cui mangiare, a prove… pertanto era giusto lavorare sulla mobilità degli organi, come il trattamento diaframmatico. E bisognava lavorare chiaramente sui distretti muscolari come lo psoas o sui muscoli traversi. Per esempio nell’ultimo giorno Jonathan Milan aveva una qualificazione alle 12 e la finale alle 14, in quelle due ore ho lavorato sulle gambe, ma anche sul sistema respiratorio, sugli organi addominali. E ancora di più con Stefano Moro.

Raccontaci?

Moro ha fatto l’Omnium ed è stato impegnato da mattina sera, l’ho trattato almeno due volte in modo completo. Completo nel limite delle possibilità: mezz’ora per volta. E’ capitato che me lo sono portato in hotel perché lì c’era un ambiente più tranquillo. Nel velodromo regna più stress. L’atleta vede i tempi di quello, il riscaldamento di quell’altro, il via vai di corridori e tecnici. Mentre in stanza sono riuscito anche a fargli un bendaggio per drenare l’acido lattico. Dettagli che fanno la differenza.

Chi hai visto più tesi, gli uomini o le donne?

Forse gli uomini, questo gruppo era davvero giovane. Loro hanno sofferto un po’ di più. In confronto le donne a Plovdiv erano più navigate. Tra gli uomini a parte Francesco Lamon erano tutti inesperti.

Chi era quello con più fisse?

Milan!

Forse senza Ganna sentiva il peso della squadra e del quartetto addosso?

No, quello semmai più Lamon. Francesco non ci è arrivato al top, nonostante tutto si è preso il quartetto sulle spalle. L’ho sentito quando parlava ai ragazzi: facciamo così, tu fai questo, tu quest’altro… E poi magari pensava dentro di lui: e se salto io? Ma come dice Ganna, il “Conte Lamon” non tradisce. Prima della madison era preoccupato di un riuscire a dare tutto: mi dispiacerebbe per Moro, mi ha detto. Poi in pista è stato un grande. E infatti… Il Conte non ha tradito!

Torniamo alle fisse di Milan…

Jonathan è giovane ma sa che quel che vuole. Era teso, ma chiedeva, stava attento a tutto. Nell’ultima giornata ha fatto anche il chilometro, cosa che non era in programma. Si è qualificato con il secondo tempo. Al termine della qualifica era euforico. Poi a 30′ dalla finale ha rimesso tutto in discussione. «Ho le gambe dure» mi diceva. Era sui rulli e gli ho detto: «Okay, scendi. Fammi sentire il diaframma, la cervicale…». Andava giusto un po’ tranquillizzato. Poi è andato in pista e senza aver mai fatto il chilometro ha chiuso al terzo posto. Sono le cose belle della gioventù. 

Filippo Ganna, mondiali crono, Imola 2020

Trattamento diaframmatico, che cos’è?

03.11.2020
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«Prima della crono iridata – ha raccontato Fred Morini a Filippo Lorenzon – mentre eravamo già sul bus, Ganna mi ha chiesto un trattamento diaframmatico. Lui scherza, è giovane, ma è un vero campione anche in questo. Stava bene, ma un po’ di tensione ce l’aveva, era pur sempre un mondiale. Aver richiesto un mio intervento in quel momento è un attestato di stima. Mi lascia qualcosa sia sul piano lavorativo sia su quello emotivo. Pippo avrebbe vinto comunque, ma mi piace sapere che un piccolo aiuto l’ho dato. Con quei 20 minuti di manipolazione si è rilassato e ha aperto al massimo i polmoni».

Che cos’è un trattamento diaframmatico? Che cos’è il diaframma? E perché metterci mano prima di un mondiale? La frase di Morini meritava approfondimento, per cui ci siamo rivolti al dottor Maurizio Radi, fisioterapista- osteopata, titolare del centro Fisioradi di Pesaro, che oltre a trattare decine di pazienti, ha spesso a che fare con atleti e in passato ha lavorato con corridori come Gilberto Simoni e Andrea Tonti.

Diaframma, disegno di OsteoMov

Diaframma: una cupola muscolo-tendinea che separa il torace dall’addome (foto OsteoMov)
Diaframma, disegno di OsteoMov
Il diaframma separa il torace dall’addome (foto OsteoMov)
A cosa serve il diaframma nella respirazione?

Ha un ruolo molto importante. Contraendosi si abbassa e permette al polmone di gonfiarsi d’aria. Una corretta respirazione dipende all’80 per cento dal diaframma e il restante 20 dagli altri muscoli respiratori.

Vigilia di un mondiale, la tensione può limitare la capacità polmonare?

Assolutamente sì, un blocco fisiologico del diaframma può sfalsare il rapporto funzionale respiratorio di cui abbiamo parlato poco fa e limitare la capacità respiratoria.

Il corretto funzionamento del diaframma ha riflessi anche sulla postura dell’atleta?

Esatto. Il diaframma è una cupola muscolo-tendinea che separa il torace dall’addome, ponendosi tra i polmoni e i visceri. Ha inserzioni nella parte lombare del rachide, nelle coste e nello sterno ed è innervato dai nervi C3-C5. Questo stretto rapporto fra tratto cervicale e diaframma fa intuire l’interferenza tra diaframma e postura.

Massaggio diaframma, foto Stefano Esposito
Il massaggio del diaframma (foto Stefano Esposito)
Massaggio diaframma, foto Stefano Esposito
Massaggio del diaframma (foto Stefano Esposito)
Quali sono le cause di malfunzionamento del diaframma?

Possono essere la tensione, la retrazione causate da trauma, ma anche da uno scorretto equilibrio funzionale respiratorio. Questo può influire anche sull’apparato digerente provocando stitichezza o gastriti. Quindi una corretta respirazione diaframmatica può ridurre lo stress, le tensioni, aumentare l’ossigenazione del sangue, migliorare la postura e di conseguenza il benessere generale della persona/atleta. Tutto questo migliora sicuramente la performance.

Che cos’è e quali obiettivi ha un trattamento diaframmatico?

Quando parliamo di trattamenti dobbiamo prendere in considerazione l’atleta a 360 gradi. Quindi si tratta di togliere tensione con trattamenti manuali e manipolativi al diaframma e alla colonna vertebrale, migliorare l’equilibrio funzionale delle catene muscolari con trattamenti di rieducazione posturale globale, con l’obiettivo di portare il diaframma a lavorare nel miglior modo possibile.

Quindi prima di una gara il trattamento diaframmatico ha buoni influssi sull’atleta?

Come detto finora, lo rimette in asse, gli permette di respirare meglio, allontana la tensione… Decisamente sì.

Esistono pratiche autonome per tenere in efficienza il diaframma?

Ci sono esercizi di respirazione diaframmatica che inizialmente vengono eseguiti con il fisioterapista che successivamente posso essere insegnati al paziente o all’atleta per mantenere o migliorare la funzionalità respiratoria.